Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Posts written by Matthew 98

  1. .
    Grazie ^_^

    Sì, ho scritto altri pezzi su questa linea, ecco perché il numero. Volevo iniziare a scrivere un libro ma ero più preso dalle riflessioni personali che questo periodo mi suscitava. Quando ho tempo posterò il seguito. Tra l'altro questi li ho scritti sulla macchina da scrivere per vedere che effetto faceva e se la scrittura veniva diversa, in effetti rispetto al computer è più lenta, però ha un che di romantico e retrò, suppongo.
  2. .
    Letto la prima parte, interessante direi, forte la riflessione sulle apericene, non ci avevo mai pensato. La componente autobiografica funziona e anche se è rivisitata è credibile ^_^
  3. .
    1.

    La birra aveva il sapore delle migliori. Le bollicine all'interno erano vivaci quanto il Covid. Il Covid-19 aveva fottuto tutti quanti. Aveva piegato la civiltà verso uno stato brado e primitivo. Facevano tutti finta che la pandemia non aveva cambiato i loro cervelli, ma invece...
    L'ennesima birra a casa significava che bere da soli era ormai abbastanza lapalissiano. Nessuno sapeva come si sarebbe evoluta la questione, si sperava solo in un futuro che forse non sarebbe stato più come il passato. Tutti avevano paura, chi più, chi meno. La solitudine si combatteva come si poteva, ma era sempre presente, era presente anche quando si era in compagnia. I negazionisti preferivano non crederci per il loro bene, era una realtà troppo squallida da accettare. Mettersi a rimpiangere gli anni duemila e gli anni dieci era qualcosa che nessuno si aspettava, ma proprio per niente. Se le cose fanno più schifo andando avanti è normale rivalutare il passato per quanto brutto, eppure era davvero meglio prima, lo era, cazzo. I migliori anni della tua vita sono quelli in cui non ci pensi, in cui lasci scorrere i giorni come vino in un bicchiere, non quelli in cui ogni giorno è un cazzo di macigno, una coltellata dietro la schiena. I gatti erano liberi da tutto ciò, correvano nei prati e si divertivano, o comunque non pensavano al Covid, beati loro. Ogni cosa a questo mondo è destinata a morire e questo spaventava più di tutto, perché alla fine della giornata quello che resta è il buio. Sperare in un miracolo sembrava l'unica prospettiva.
    La speranza rimaneva sempre, serviva agli uomini per sopravvivere, anche se sembrava e forse era stupida, ma tant'è...
    La distanza ci faceva sentire al sicuro ma solo in apparenza, in realtà eravamo protetti da una bolla di sapone, dove il freddo sostituisce il calore del contatto, quel contatto di cui si ha realmente bisogno nella natura umana delle relazioni.
    Il Natale aveva un sapore diverso, ma aveva quell'ingenuità di cui non si può fare a meno in questi casi. Chi muore prima non sa cosa diventa il futuro, una roba totalmente imprevista che era meglio non conoscere. Il mantra era rimanere forti, eppure questa forza da dove la tiri fuori? Basta non arrendersi mai? Se esiste un dio è un sadico che vuole liberarsi di un po' di zavorra, se non esiste, beh, si spiega tutto.
    Cosa ci resterà di tutto questo? Cristo, forse solo qualche storia horror da raccontare ai nipoti o a chi per fortuna se l'è risparmiata.
    Ogni epoca ha le sue cagate, ma questa è un opera di Piero Manzoni...
  4. .
    Grazie :b:
  5. .
    Ciao, chiedo di essere abilitato
  6. .
    Mi ci sono abbastanza immedesimato, bella poesia Bojack :D
  7. .
    Non voglio ammetterlo
    Meglio negarlo
    Ma in fondo
    In fondo in fondo

    Da quanto tempo è che non
    Troppo direi
    Non ricordo neanche più
    Che sensazione si provava.

    Chissà poi
    Se è una roba vera
    O soltanto menate
    Su menate.

    Ma alla fine
    Fatto sta che
    Nonostante tutto
    Ho comunque
    scritto qualcosa.
  8. .
    L'ho capito da solo, secondo me non era difficile da capire :D
  9. .
    Il finale è geniale secondo me, porta il racconto a un livello ancora più metanarrativo, e anche il soggetto di base del racconto è molto originale ^_^
  10. .
    Mentre Sergio scopava con la sua ragazza a colpi di bestialità una cicogna entrò in camera loro. Faceva fin troppo caldo per non pensare che fosse un’allucinazione. Per forza. Non poteva non esserlo.
    La ragazza, Elena, vide la cicogna e le lanciò la sveglia.
    Sergio rise e diede la colpa alle allucinazioni del deserto che faceva venire la stanza, alla lava calda che usciva dal pavimento. Non diede la colpa a nient’altro.
    La cicogna guardò i due e lanciò un bambino, poi se ne andò volando verso la prossima casa.
    Sergio non riusciva a smettere di ridere e contagiò anche il bambino.
    Elena guardò i due perplessa. Poi si accese una canna.
    Sergio si infastidì e le disse di toglierla, che faceva male al bambino.
    - Non c’è nessun bambino - disse Elena.
    - Ah, menomale - rispose Sergio e le tolse la canna di bocca. Fece qualche tiro. Poi la spense.
    - Di chi è questo bambino? - domandò Elena.
    - Ah, allora esiste adesso? - chiese Sergio.
    - Immagino di sì - rispose Elena.
    - Molliamolo, non c’è tempo adesso - disse Sergio.
    - Giusto, è la scelta più etica - rispose Elena.
    Presero il bambino e lo lasciarono davanti la porta di casa di una persona che odiavano ma di cui non si può dire il nome.
    Poi ripresero a scopare.
    Circa 15 anni dopo Sergio uscì da un incontro dei sessodipendenti anonimi. Si accese una sigaretta e guardò il panorama. La vita non aveva lo stesso sapore di quando scopava, ma almeno aveva un sapore.
    Mentre camminava fu attaccato di colpo. Un ragazzino di circa 15 anni che sembrava odiarlo molto gli diede un pugno in pancia. Sergio decise di non attaccarlo. Poi lo guardò con attenzione.
    - Posso insultarti o mi arrestano? - gli disse.
    Il ragazzino gli diede altri colpi, ma Sergio si stufò. Continuò a camminare per andare da Elena a vedere un film.
    Quando arrivò notò che il ragazzino l’aveva seguito.
    - Coglione, mi avete abbandonato, vero? - gli gridò.
    - E come lo sai?
    - Adesso lo so.
    - Non prendertela a male, prenditela a bene, se te la prendi a male non puoi prendertela a bene, e se non te la prendi a bene è un peccato. Tutto qua.
    - Tutto qua?
    - No. C’è anche un… mi dispiace. Eravamo giovani e stupidi. Non prendertela. Tu non c’entri niente.
    - Ah, grazie, questo ha risolto completamente il problema.
    - Menomale, ciao - disse Sergio.
    Suonò a Elena che andò ad aprire e lo vide. Si spaventò. Elena era diventata un’eroinomane e le vene distrutte le pizzicavano e tutto il corpo era pieno di terminazioni nervose esplosive.
    - Chi cazzo è? Fallo uscire, non voglio bambini! - gridò Elena.
    - Ah, sì? Allora ciao - disse Sergio e decise di lasciarla per sempre.
    Elena pianse e sprofondò nella sua casa di siringhe.
    Altri 15 anni dopo Sergio stava scopando con sua moglie. Sua moglie era dipendente dalla palestra. Ci andava tutti i giorni, mattina e pomeriggio. Aveva paura del grasso.
    Quando Sergio le cucinava la carne e lei vedeva il grasso si aggrappava a lui spaventata.
    Ma proprio quel giorno Elena tornò nella sua vita prepotentemente. Adesso si era disintossicata e aveva recuperato un po’ di normalità. Mentre loro stavano scopando, lei volò contro la loro finestra, rompendo il vetro come Ralph dei Simpson. Insieme a lei c’era quello che un tempo era il ragazzino, che adesso era un adulto molto arrabbiato.
    Lo attaccarono entrambi. A Sergio non fregava niente di questa storia. Ma proprio niente.
    Disse solo qualche ti amo qua e qualche perdonami lì. Non servì a molto.
    Si sentivano tutti traditi.
    Poi la moglie, Filomena, si incazzò e gli disse di decidere.
    - Sergio, scegli, o me, o Elena, o lui.
    - Io scelgo… scelgo… scelgo tutti.
    - Cosa? - gridarono in coro.
    - Ménage à trois, lui fa il figlio, e se volete fare un threesome proprio adesso a me va benissimo - disse Sergio.
    - Ma vaffanculo - disse Elena.
    - No, aspetta, ci può anche stare, è uno scambio onesto - disse Filomena.
    - Lo so che vuoi che ti scopo perché mi trovi bella, ma non è corrisposto e… o al diavolo, facciamolo - disse Elena a Filomena.
    - Chiamatemi scemo - disse Sergio.
    - Sei peggio di uno scemo, sei uno scemo furbo - disse il ragazzino ormai divenuto uomo e uscì dalla stanza godendosi la sua nuova famiglia che ci dava dentro.
  11. .
    Interessante questo flusso di ricordi, è tutto autobiografico? Mi ha ricordato il racconto Stand by me di Stephen King.
  12. .
    Gianfranco Crispino si mosse per le vie oscure del suo cervello vuoto ed elettrico. Entrò dentro un cavo elettrico e saltò in aria all’idea di quello che poteva succedere, ma che era già successo.
    Evitò di capire cosa significava e tornò a sentirsi una persona unica come le persone narcisiste, che però erano esattamente come tutte le persone narcisiste. Però lui era veramente unico. Mentre si fumava il suo sigaro, una ragazza si avvicinò e gli domandò se aveva visto Gesù, che ne aveva bisogno.
    - Lo trovi sulla destra, sempre dritto, poi alla curva svolta in Via della buona scrittura e dovrebbe essere lì - disse Gianfranco.
    - No, non è vero, dimmi la verità.
    - Perché vuoi la verità? Nessuno la vuole, e ti farei del male così.
    - Perché ne hai bisogno.
    - Cosa? - domandò Gianfranco e la vide scomparire.
    Strano, pensò.
    Buttò il sigaro e continuò a correre nel suo cervello di merda e schifoso. Non riusciva a trovare niente. Era completamente elettrico e vuoto e privato di qualsiasi comprensione della vita.
    Inciampò contro un bambino. Era lui. Era lui da piccolo. Cazzo. Non andava bene.
    - Come va? Sei cresciuto bene? Sei diventato un astronauta? Come sta tuo figlio? - gli domandò il bambino.
    - Cosa? Non c’è nessun figlio, almeno per ora… - rispose Gianfranco.
    - Cazzo, e allora a che servi?
    - Stai zitto, bambino di merda, aspetta qualche anno e vedrai. E… sì, ok, lo so che sei me, ma cerca di capire che questo non aiuta minimamente, anzi. Vuoi solo farmi sentire in colpa se non ho soddisfatto i tuoi desideri e sogni?
    - No, sono solo deluso, tutto qua.
    - E allora sei tu che non mi servi a un cazzo - disse Gianfranco e gli diede un calcio nelle palle sciogliendolo nell’aria eterea.
    Ecco, quello che volevi, testa di cazzo, pensò Gianfranco.
    Mentre correva per il cervello continuava a bere a bere e a bere, e mentre beveva Vodka era sempre tutto più complesso e sdoppiato.
    Fu confrontato da un tizio con gli occhiali da sole che lo guardava molto male. Poi lo guardò compiaciuto.
    - Caro Gianfranco, non lo vedi che anche chi odi tanto ha capito tutto dalla vita, non lo vedi che tutti si stanno realizzando, e tu… ahahaha, tu, che cazzo stai facendo ancora qui?
    - Lo so, lo so, ma mica è così facile, io sono bloccato qui, sempre qui, porca troia.
    - Li conosco quelli come te, vi credete i migliori perché non fate le cazzate che fanno gli altri e poi finite che l’errore peggiore che fate è proprio che non avete mai rischiato e non avete ottenuto proprio nulla.
    - Ho detto che non è facile, mi senti quando parlo?
    - Devi solo svegliarti.
    - Non ho mai detto che voglio farlo, né che non voglio - rispose Gianfranco.
    La felicità era un’illusione. Una bellissima illusione momentanea. Ne avevamo tutti bisogno. Ci serviva ad andare avanti. Ma a Gianfranco faceva andare indietro.
    Mentre cercava di ignorare altre figure fastidiose che gli parlavano, entrò dentro un cinema e si sedette su una poltrona. Davano il suo film odiato preferito. Potrei anche dirvi quale.
    Mentre mangiava i suoi popcorn si guardò intorno e il cinema era pieno di gente uguale a lui. Era pieno di Gianfranchi Crispini ovunque. Un’invasione di invasati. La sua mente faceva paura, ma solo lui doveva saperlo. Tutta quella gente uguale a lui si voltò a guardarlo. C’era chi rideva, chi piangeva, chi era spaventato, chi schifato, chi arrabbiato.
    Poi lo travolsero. Gli andarono tutti addosso. Lo inondarono di pugni e calci, e mentre lui si vedeva tutta questa gente che lo sommergeva, dalla testa ai piedi, tutto si faceva scuro ed era impossibile distinguere qualsiasi cosa.
    Vide nero per circa tre minuti, poi si risvegliò su una panchina. Vicino a lui c’era un cervello che leggeva un giornale, insieme a Forrest Gump che gli proponeva una scatola di cioccolatini.
    - No, grazie, sto a dieta, e i cioccolatini sono per i depressi! - disse il cervello sano e robusto.
    Gianfranco lo guardò sorridendo, poi si tastò la testa e capì che quello era il suo cervello.
    No.
    Cazzo.
    Nel panico più totale tentò di alzarsi dalla panchina ma era incollato.
    - Ehi, ma tu sei il mio cervello, cosa cazzo ci fai fuori dalla mia testa e cosa ci faccio io dentro la mia testa a parlare col mio cervello che non è dentro la mia testa? - chiese Gianfranco.
    - Troppe domande, giochiamo a Call of Duty - rispose il cervello.
    - No, noi dobbiamo andarcene, qui la situazione si fa seria, molto seria, non ci sarà scampo se non ce ne andiamo al più presto! - gridò Gianfranco.
    Il cervello era rilassato.
    Gianfranco si rilassò insieme a lui.
    E insieme a lui guardò il mondo e ogni strato della conoscenza crollargli davanti e addosso nella fine totale della sua esistenza.
    Ma mentre stava per accadere gli disse:
    - Sai, tutto sommato mi eri simpatico, caro cervello, lo sai? Non volevo farti del male, assolutamente no, io ti volevo bene e avrei voluto proteggerti… - disse Gianfranco al cervello in punto di morte.
    - Lo so, anche io - rispose lui.
    Poi il buio totale.
    Gianfranco si sorprese quando effettivamente aprì gli occhi. Era davanti il quartier generale della memoria e del pensiero selettivo e mutevolmente florido.
    Un generale baffuto gli parlò.
    - Hai vinto.
    - Cosa? - domandò Gianfranco.
    - Hai vinto, non chiedere altro. Quando ti sveglierai, non ricorderai niente di tutto questo, non devi saperlo.
    - No, aspetti, un momento, io… - disse Gianfranco, e venne interrotto.
    Ebbe un black out di circa sei giorni e si risvegliò sul pavimento freddo di casa sua.
    Uhm, ok, è ora di andare al lavoro, pensò Gianfranco e andò a vestirsi.

    Edited by Matthew 98 - 11/1/2020, 09:01
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    Grazie, era proprio quello lo scopo, fare uno spaccato su una realtà che ci coinvolge tutti ^_^
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    I motivi potrebbero essere molteplici, ma preferisco lasciare l'interpretazione al lettore, la poesia non deve dire tutto, ma lasciare spazio alla fantasia ;)
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    Bello come racconto, molto nostalgico e surreale in maniera interessante ^_^
671 replies since 17/12/2015
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