Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Posts written by BardoBlu

  1. .
    grazie ad entrambi per i commenti, sono molto graditi. posto anche la prima parte del I capitolo, sperando possa interessare e piacere quanto il prologo

    Kraol riuscì finalmente a fermarsi, non di sua volontà.
    Andare avanti ed indietro nel salotto di casa per poco non l’aveva fatto stramazzare a terra, il ginocchio destro urlava la sua protesta per quel movimento eccessivo, e alla fine era riuscito a far sedere il massiccio boia sulla prima sedia che aveva trovato.
    Si costrinse a calmarsi, resistendo all’impulso di bere di nuovo, la brodaglia per il dolore lo avrebbe fatto dormire per almeno un'ora.
    E lui voleva essere lucido quando sarebbe arrivato il ragazzo.
    Forse non sarebbe servito a nulla, ma voleva fargli una buona impressione.
    In fondo era l’unico parente che poteva vedere.
    Per l’ennesima volta in quel giorno si chiese cosa aveva fatto all’Eccelso per meritarsi una cosa del genere.
    Forse sarebbe dovuto andare di persona a prendere il ragazzo, ma le regole erano troppo rigide.
    E così l’unico parente che poteva vedere sarebbe stato accolto da Borvek, che in qualche modo si era tenuto lontano dagli alcolici per tutta la sera precedente.
    Un rumoroso bussare lo tolse dalle sue riflessioni.
    Facendo leva sulle braccia, Kraol riuscì ad alzarsi dalla sedia ed a caracollare verso la grossa porta d’ingresso. Ogni passo una mezza bestemmia al suo ginocchio destro.
    Dopo quelle che al boia parvero ore, finalmente riuscì ad aprire la porta per far entrare le due figure.
    Borvek entrò con la solita lunga falcata che aveva da sobrio, andando a buttarsi sulla prima sedia che trovò, l’altra figura rimase sulla porta per qualche secondo.
    Kraol poté dargli una lunga occhiata, d’altezza normale coi suoi cinque piedi scarsi, faccia larga e pulita, naso appuntito tipici delle zone vicino alla foresta, capelli del colore del legno ed occhi verdi, il boia avrebbe riconosciuto gli occhi anche da cieco, uguali identici a quelli di sua madre.
    Anche qualche altro dettaglio gli ricordava la madre, la forma delle orecchie, l’attaccatura dei capelli, il modo in cui teneva le mani dietro la schiena, anche i vestiti denotavano una certa ricchezza, il ragazzo portava una tunica corta blu scuro, stretta in vita da una cintura abbellita da decori argentati, sulle maniche c’erano i classici motivi vegetali in filo d’argento tanto usati vicino al Dangren, pantaloni di cuoio nero finivano in stivali robusti incredibilmente privi di fango o polvere, sulle spalle il ragazzo portava una mezza cappa di un blu più chiaro rispetto alla tunica; ad occhio poteva avere sedici anni.
    Kraol si spostò di lato per farlo entrare.
    Il giovane mosse qualche passo incerto, indeciso se continuare a fissare il cugino o cedere alla curiosità e guardare la casa.
    Alla fine vinse la curiosità, ed il ragazzo lasciò spaziare lo sguardo sul piccolo salotto interno dell’abitazione.
    Ispezionò con cura il tavolo rotondo con le poche sedie attorno, il camino sulla parete di destra con le tre poltrone davanti, la grande libreria dove il boia conservava i suoi libri, tutto illuminato dalla luce delle finestre sul muro a sinistra, che lasciavano entrare la luce in modi diversi a seconda del vetro
    -Impressionante eh?- chiese Kraol dopo aver chiuso la porta, dirigendosi a passi lenti verso una sedia del tavolo
    -Davvero- disse il ragazzo in un sussurro, poi sobbalzò come se si fosse ricordato di colpo qualcosa -cioè... si, è davvero notevole, signore... ehm, io, scusi... ecco...-
    Borvek non trattenne una risata, facendo diventare il ragazzo rosso come un tizzone
    -Scusalo, non capisce l’educazione- disse Kraol tirando un calcio al carrettiere sotto il tavolo.
    Quello comprese di dover smettere di ridere.
    Il ragazzo rimase in piedi per qualche secondo, incerto su cosa fare ed in evidente imbarazzo davanti a due perfetti sconosciuti
    -Allora- disse Kraol -sai perché sei qui?- forse era meglio prenderla alla larga
    -Perché mio padre ha perso tutti i suoi soldi- la tristezza nella voce del ragazzo era a malapena attenuata dall’imbarazzo
    -Ti hanno parlato del mio mestiere?- non temeva il giudizio dei cittadini, ma più lontano si andava più le voci giravano
    -Siete il mastro boia di Druien- rispose il ragazzo, facendo del suo meglio per guardare da qualunque parte che non fosse la sua faccia e nasconderlo, qualcuno doveva aver speso molte ore a cercare d’insegnargli l’etichetta.
    Uno spreco di tempo in casa di un boia
    -Tanto per cominciare- disse Kraol, cercando di rendere la sua voce meno ruvida del solito -quando parli con me, puoi tranquillamente darmi del tu, in fondo siamo parenti-
    Sorrise al ragazzo, poi si ricordò “al morto ride il boia”, e la sua faccia barbuta non era proprio una fatta per infondere fiducia. Il ragazzo fece del suo meglio per nasconderlo dietro un sorriso, ma il brivido che gli corse per le spalle era fin troppo evidente
    -Mi è stato anche detto che vostro, ehm... tuo fratello è stato esiliato- il ragazzo tentò di cambiare discorso, finendo nel peggiore che potesse scegliere
    -Si, una complicazione sul lavoro- il ragazzo lo guardò con un misto di curiosità giovanile e terrore istintivo -ma prima, posso sapere come ti chiami?-
    -Freinzev Sczit- rispose il giovane, provando a mettere orgoglio nel cognome e fallendo miseramente
    -Molto bene Freinzev- rispose Kraol, cercando di non sorridere -io sono Kraol Krun, o mastro boia Kraol Krunisferz, come dicono tutti-
    -Avete, hai due cognomi?- il dubbio vinse qualunque etichetta avesse appreso
    -I boia hanno molte regole da seguire quando praticano in una città- cominciò Kraol –ma in generale aggiungono un “sferz” ai loro cognomi, per distinguerli subito-
    Gli occhi del ragazzo scintillarono di pura curiosità, mentre frenava la lingua dal chiedere di sapere oltre. Forse sarebbe andato molto d'accordo con lui in fondo.
    -Anche tu avrai alcune regole da seguire purtroppo- disse Kraol mentre indicava una sedia
    -Allora io me ne vado- Borvek si alzò di colpo e si diresse verso la cucina
    -Lascia qualcosa anche a me botte umana!-
    Si voltò di nuovo verso il ragazzo, cercando un modo per esporgli il tipo di vita che avrebbe fatto senza farlo sembrare una condanna. Borvek avrebbe riso dell’ironia del momento.
    -Allora, sei proprio sicuro di voler vivere qui, sono sicuro che tua madre potrebbe tenerti con lei, o magari potresti stare da qualche altro parente-
    -No, io...- Freinzev spostò il peso da un piede all’altro, cercando un altro oggetto da guardare, Kraol poteva ben vedere le decine di domande che si affollavano sulla bocca del ragazzo -mia madre ha detto che il nonno non avrebbe potuto sostenere un altra persona, è già stato molto che ha accolto mia madre e le mie sorelle-
    Kraol sapeva il grosso della situazione famigliare, il consigliere era stato molto preciso nello spiegarla, ma forzare il ragazzo a parlarne avrebbe portato molti problemi
    -Lo so- disse per evitare che il ragazzo continuasse, era evidente che la situazione gli era molto dolorosa -ma hai capito che la mia non è una vita “allegra”-
    Il ragazzo annuì, Kraol pesò molto bene le sue prossime parole
    -Ho una serie di doveri nella città, ed una serie di restrizioni da osservare, oggi per esempio non sono potuto venire a prenderti perché è giorno di mercato, e non posso andarci senza un permesso-
    La faccia del ragazzo si fece attenta mentre si sedeva lentamente, uno strano misto di curiosità, paura e fascino. Quasi sicuramente stava già pensando a quali regole infrangere.
    -Tu, visto che non sei un boia, hai meno restrizioni, potrai andare e venire quanto vuoi ad esempio, ma non puoi uscire di notte, per nessun motivo- calcò molto sull’ultima frase, il viso del ragazzo annuì grave, ma i suoi occhi già stavano pensando a cosa fare nelle ore notturne. Kraol trattenne un sorriso, poi si appoggiò allo schienale, aspettando che fosse il ragazzo a fare le domande.
    Non attese molto
    -Quali altre regole ci sono?-
    -Dobbiamo vestire in un certo modo, portando un farsetto nero con un piccolo teschio al centro, ma solo in pubblico; non puoi bere né mangiare nelle taverne, porta sempre rispetto alla guardia cittadina, e soprattutto- Kraol smise di sorridere e si sporse in avanti, scandendo in modo accurato le parole -non portare mai, mai, per nessuna ragione al mondo, un’arma-
    Freinzev annuì a tutto, alle ultime parole sussultò, ogni ragazzo della sua età aveva il sogno nascosto delle armi, il mito dei cavalieri e dei soldati
    -Perché?- chiese dopo qualche momento
    -Nell’ordine, per riconoscerci come membri della gilda, perché alla gente non piace vederci in giro, perché alle guardie piace alzare il gomito, perché il boia ed il suo assistente possono usare armi solo alle esecuzioni-
    Il ragazzo assimilò tutto con una foga impressionante, annuendo serio e trattenendosi dal chiedere ancora.
    Aveva una fame di apprendimento all’apparenza insaziabile.
    Kraol decise di tacere altre piccole cose, che forse era meglio discutere più tardi.
    -Il grosso dei tuoi doveri, per adesso, sarà pulire ed oliare la spada da esecuzione, pulire gli attrezzi e portarli quando servirà, ed in generale, non fare nulla di quello che ti ho detto-
    Lui a quattordici anni, quando il padre gli aveva esposto le regole dei boia, era sgattaiolato fuori al tramonto per andare ad ubriacarsi per la prima volta.
    A Freinzev dava forse due settimane, poi avrebbe fatto lo stesso.
    -Hai fame?- chiese addolcendo la voce
    -Un po'-
    -E allora andiamo a vedere se Borvek ci ha lasciato qualcosa da mangiare-
  2. .
    Salve a tutti, vorrei sottoporvi questo mio scritto, sperando possa piacere. Grazie fin da ora per l'attenzione e le critiche.

    La folla urlava.
    Urlava tanto da farsi sentire a due incroci di distanza.
    Per qualche motivo che gli sfuggiva, la folla doveva urlare sempre, soprattutto in circostanze come quella.
    Il carro procedeva lento, i cavalli neri avanzavano quasi a fatica, i soldati di scorta dovevano rallentare di frequente per non superarli.
    Doveva ricordarsi di chiedere due nuovi cavalli al Consiglio.
    Alla fine emersero sulla piazza piena di gente.
    Ogni volta che la vedeva aveva un colpo al cuore, sembrava quasi che tutta la cittadina si fosse radunata in quello stretto spiazzo.
    Si voltò verso l’altro occupante del carro scoperto.
    Il poveretto aveva le mani legate dietro la schiena con un corto tratto di catena fissato al carro, il torace nudo segnato da una brutta scottatura poco sotto l’ombelico, teneva il capo reclinato sul petto, i capelli scompigliati che gli ricadevano sugli occhi.
    I soldati avevano già iniziato a far aprire la folla davanti al carro, lui aspettò che fossero circa a metà tra la via ed il palco, poi afferrò i capelli dell’uomo.
    Quello sì agitò di colpo, strattonando le catene mentre gli tirava indietro la testa, la barba ed i capelli sfatti che si agitavano.
    Cacciò un urlo, parole senza senso logico, preghiere all’Eccelso, implorazioni, suppliche, imprecazioni, tutto mischiato insieme.
    -Muoviti Kraol!- disse ridendo il conducente del carro, tirando le redini per far rallentare ancora di più i cavalli
    Il prigioniero riuscì di colpo a formulare le parole, un lento salmodiare di “no,no,no”.
    Kraol lo tirò in piedi per i capelli, in modo che tutti potessero vederlo, ormai era abbastanza esperto da non lasciar trasparire ciò che pensava di quella pratica.
    Il prigioniero sgranò gli occhi, accelerò le parole, le mischiò di nuovo, la folla rispose con tutti gli insulti che l’uomo potesse pensare.
    Kraol sollevò lento la pinza nel pugno inguantato, l’estremità rossa come una ciliegia dopo quasi un'ora nelle braci.
    Il prigioniero urlò, strattonò le mani, scorticandole ancora di più negli stretti legacci.
    Kraol lo guardò per un secondo negli occhi, il classico, solito sguardo di chi vede il boia con la pinza incandescente; incredibile quant’era simile a quello prima dell’esecuzione.
    Il boia fece scattare la mano, afferrando la pelle floscia del torace, poco sotto il pettorale destro, stringendo forte.
    L’odore di carne bruciata invase la piazza.
    La folla urlò più forte.
    Il prigioniero lanciò un urlo disumano, batté le gambe, le braccia, agitò il capo, strattonò come un ossesso le catene ormai rosse di sangue.
    Kraol ritirò la pinza e mollò la presa, l’uomo si afflosciò sul carro mentre la folla lo copriva d’insulti.
    Il conducente fece schioccare le redini ed i cavalli ripresero ad avanzare verso il palco al centro della piazza.
    Il carro si fermò e Kraol si alzò di nuovo, afferrando per la seconda volta il prigioniero.
    Quando il boia aprì il lucchetto che lo teneva assicurato al carro, quello riuscì a trovare le ultime forze per strattonare e dibattersi, l’ultimo sforzo per la libertà prima della fine.
    Kraol era troppo forte per lasciarselo scappare, lo tenne fermo per qualche secondo poi lo gettò alle guardie in attesa sotto il carro.
    I soldati coi mantelli grigi afferrarono il condannato e lo trascinarono, urlante e dibattente sul palco.
    Kraol prese la lunga spada da esecuzione e li seguì.
    Sul palco non c’era nient'altro che un ceppo di legno con un canestro davanti, gli unici occupanti erano cinque guardie cittadine, un membro del consiglio ed un sacerdote.
    La loro piccola processione si fermò davanti al ceppo, il condannato al centro tra le guardie, Kraol di lato, la spada appoggiata alla spalla per farla ben vedere dalla folla.
    Il consigliere venne avanti, con addosso la lunga toga nera sotto il mantello bianco, al collo scintillava la collana d’argento simbolo della sua carica, dello stesso colore dei capelli dell’uomo; il viso attempato si scosse mentre tossiva in modo plateale prima d’iniziare a leggere da una pergamena che teneva stretta in pugno
    -Il qui presente Jank Valzerk, residente in questa cittadina di Druien e di professione panettiere in Via del Forno, è stato accusato dell’omicidio del signor Gerio Sernio Clamiore, mercante in visita alla nostra cittadina- l’uomo fece una pausa ad effetto mentre la folla riprendeva gli insulti
    -Dopo l’accurata indagine condotta dal capitano della guardia cittadina, il qui presente Jank Valzerk è stato trovato colpevole e pertanto condannato a morte come prescrive la legge, esegue la sentenza il mastro boia Kraol Krunisferz-
    La folla mandò qualche altro urlo d’approvazione, poi stettero in assoluto silenzio quando si fece avanti il prete.
    Ad Kraol sembrava sempre strano come tutti si zittissero davanti ai preti, anche davanti a quelli magri e scheletrici come riv Alzer; il prete fece un cenno alle due guardie e quelle si allontanarono il più possibile senza però lasciare la presa.
    Riv Alzer si avvicinò alla faccia del condannato ormai in lacrime, accostando il mozzicone dell’orecchio alla sua bocca.
    Per quelli che sembravano minuti interminabili stettero in quella posizione, poi il prete si ritrasse e segnò con un cerchio la fronte del condannato. E si allontanò.
    Le due guardie fecero inginocchiare a forza il prigioniero mentre quello dava fondo alle ultime urla.
    Kraol venne avanti con la sua andatura zoppicante, la spada sempre contro la spalla.
    Anche quello faceva parte dello spettacolo.
    Si posizionò ad un piede scarso dal ceppo, i piedi divaricati, il destro poco più avanti.
    Il prigioniero gli dava la nuca, ma poteva immaginarne l’espressione.
    Gli occhi pieni di lacrime, il naso arrossato, la bocca indecisa sulle ultime parole; forse un pensiero ai parenti, un ultima richiesta di perdono, una bestemmia.
    Kraol sollevò lentamente la spada, il sole autunnale giocò per un attimo sull’elsa e sulla lama, facendola brillare un poco.
    Il silenzio totale della folla prima del colpo gli dava sempre i brividi, gli occhi di tutti puntati sulla lama, su di lui, sul prigioniero, da qualunque parte che non fosse il palco.
    Poi la lama calò con il solito sibilo dell’acciaio che fende l’aria.
    Kraol mise tutta la sua forza nel colpo, la lama impattò sul collo esposto del condannato, troncandolo di netto in un colpo solo.
    Poche cose rodono l’anima come il suono di pelle tagliata di netto.
    Forse solo la sensazione di essere stato tu a tagliare.
    Il corpo si mosse nelle ultime convulsioni, mentre un fiotto di sangue sempre più sottile erompeva dal collo tagliato, andando ad innaffiare le tavole del palco fin quasi alla folla.
    Il popolo urlò la sua approvazione.
    Il boia prese la testa dal cestino, incurante del sangue che gli colava sui guanti neri, e con la solita espressione neutra la presentò prima al consigliere, che gli rivolse il consueto cenno d’assenso, poi alla folla esultante.
    Tra le tante facce festanti ce n’era solo una che non si concedeva di esultare, Kraol la trovò subito.
    La moglie del mercante ucciso teneva stretto il braccio della ragazza accanto a se, mentre un giovane dall’altro lato esortava la folla con gli insulti più coloriti che avesse mai sentito.
    Kraol attese qualche altro secondo, poi gettò la testa nel cestino e si avviò dietro il consigliere, il prete e le guardie nella mesta processione verso il Palazzo del Consiglio.

    La Sala della Birra era un piccolo studio all’interno del Palazzo del Consiglio Cittadino.
    Oltre ad una mezza dozzina di sedie imbottite ed un paio di bassi tavolini, non c'era nulla oltre un paio di quadri rovinati.
    Da quando aveva iniziato a praticare come boia, era diventato ormai un rituale fisso per Kraol ed il consigliere Revken vedersi là dentro dopo un’esecuzione.
    E bere la birra che il consigliere acquistava dai nani.
    Anche per quello lui e le guardie avevano iniziato a chiamarla “Sala della Birra”, suscitando lo sdegno di buona parte della servitù.
    La birra scendeva fin troppo veloce lungo la sua gola.
    Kraol si buttò contro lo schienale, sospirando di piacere mentre allungava la gamba destra, il boccale mezzo pieno appoggiato sul bracciolo.
    Revken sedeva con la compostezza di una statua, la schiena lievemente appoggiata, la toga drappeggiata sulle gambe, il boccale ancora quasi pieno posato con noncuranza sul tavolino, il mezzo sorriso sul volto rugoso.
    Troppo largo.
    Quando il consigliere Revken Vreskre sorrideva in quel modo c’era da preoccuparsi. In senso buono spesso
    -Qualcosa da dire, consigliere?- chiese il boia prendendo un lungo sorso, la birra scura bruciava a fondo nella gola
    -Hai parenti? In città intendo- gli aveva dato del tu, buon segno
    -Nessuno- rispose lui, in certi casi la cosa migliore era stare al gioco, sopratutto quando il consigliere voleva tenerti sulle spine
    -Sta per arrivartene uno- il consigliere allungò la mano, prese il boccale e bevve un piccolo sorso.
    Dal tono sembrava gli avesse appena detto che piovesse, Kraol si bloccò a metà del suo sorso, poi posò il boccale sul tavolo.
    Preferiva rimanere lucido
    -State per revocare l’esilio a mio fratello?- chiese con poca convinzione.
    -Non proprio-
    Kraol guardò fuori dalla finestra, da dove il sole di mezzogiorno filtrava dai vetri colorati.
    Odiava il modo in cui sembrava un lago di sangue.
    Quando il consigliere giocava in quel modo non c’era verso di farlo desistere, tanto valeva assecondarlo.
    In fondo quel modo di fare piaceva anche a lui.
    -Un parente- disse il consigliere -molto alla lontana-
    Kraol lo fissò con aria interrogativa, chiedergli altro non sarebbe servito a nulla
    -Tua madre- continuò Revken –aveva una cugina, residente in una piccola cittadina vicino la foresta di Dangren, e questa aveva un figlio-
    Il boia annuì, fingendo poco interesse
    -Purtroppo il marito di questa cugina, mercante di stoffe, è riuscito a perdere tutte le sue sostanze, contraendo debiti pari a tre volte il suo patrimonio- il consigliere prese un sorso dal suo boccale, dando tempo a Kraol di prepararsi al peggio -ed il loro figlio è stato assegnato in custodia, secondo la legge, al parente più prossimo con la situazione economica più stabile-
    Kraol prese il boccale
    -Tu-
    Scolò la birra rimasta, poi afferrò direttamente la caraffa e prese un lungo sorso anche da quella.
    Fissò il volto del consigliere, alla ricerca degli indizi che stesse per dire qualcos'altro, che in realtà ci fosse un'altra frase in cui diceva che il ragazzo era stato assegnato a qualcun altro, alla fine rinunciò
    -A me- disse, parlando più al boccale che al consigliere -ad un boia cittadino-
    -È colpa mia se hai la “situazione economica più stabile”?-
    Kraol stava ancora decidendo se ridere o piangere, vedersi assegnato un ragazzo era l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettato
    -Non c’è un altro, dal lato paterno magari- chiese senza troppa convinzione, quando il consigliere Revken diceva qualcosa era perché era vera -un mercante, un fabbro, un... un... un qualunque cosa!-
    Senza volerlo aveva alzato la voce, protendendosi in avanti verso il consigliere
    -Non c'è nessun altro, sei il meglio che abbiamo trovato-
    Kraol dovette prendersi un paio di lunghi secondi per calmarsi, fissò il consigliere, facendo del suo meglio per togliersi l’espressione di totale confusione che sapeva avere in faccia
    -E cosa dovrei fare, con un ragazzo in casa?- chiese quando riuscì ad articolare le parole -insegnarli il mestiere?- neppure un sordo non avrebbe sentito il disgusto nella sua voce
    -Non necessariamente...- iniziò il consigliere
    -Immagino che il panettiere o il bottaio vorranno come apprendista il parente del boia-
    Revken dovette annuire
    -Non di meno, la legge è questa-
    Kraol riuscì in qualche modo a sorridere mentre alzava la testa
    -Temo mi serva altra birra-
    Il consigliere annuì di nuovo.
  3. .
    sono arrivato a leggere fino a Daris e la maga, molto interessante la reazione dei popolani di fronte all'angelo. anche io ho qualche confusione su questo mix di magia e tecnologia, ed ammetto che alcuni retroscena ancora li devo ben capire
  4. .
    Bella la trama e l'ambientazione, per ora ho letto solo il primo capitolo ma la faccenda si fa interessante. A livello di scrittura, descrizioni piccole vanno bene, ma proverei ad allungarle un poco ed a armonizzarle meglio con la storia, anche la punteggiatura andrebbe rivista, ci sono intere frasi senza una virgola o un punto
  5. .
    Bel pezzo, il lich continua ad essere il mio personaggio preferito, e la sua storia passata mi sta affascinando molto. Anche la seconda parte non è male, anche se devo ancora inquadrarla bene .
    Piccola curiosità: quindi esistono solo due stagioni che corrispondono ai due mesi? Poi, cosa intendi per 50 ore più frazionate? Perché già così un giorno locale equivale a due dei nostri, con tutto ciò che ne consegue
  6. .
    La vicenda si fa interessante. Molto ben scritto, complimenti. Se permetti una piccola correzione: alla frase di Tom c'è un piccolo refuso "nipote mie"di
  7. .
    Molto belli questi primi capitoli, l'atmosfera è molto fiabesca e pare adatta al genere di storia. Anch'io sono abbastanza sicuro che le farfalle e la foresta abbiano qualcosa da rivelare
  8. .
    Bel pezzo, si capisce che questo "machinomante" abbia una gran bella confusione, è il classico problema delle tre leggi della robotica.
    Solo non ho capito se il personaggio sia un unione di uomo e macchina o una macchina senziente.
  9. .
    Molto interessante come pezzo, il lich continua a piacermi come personaggio, ma devo ancora inquadrare bene Tyvell
  10. .
    Grazie del commento.
    I maghi sanno a grandi linee cosa fa l'occhio ed anche come fare a sfruttarlo, il punto è che non hanno la conoscenza pratica per farlo; hanno letto male il manuale d'istruzioni e non hanno mai fatto pratica, per capirci.
    Quanto alla guerra commerciale, Svotria esporta altro oltre che maghi e simili, il punto è che una buona metà viene da questo, e finora ha detenuto praticamente il monopolio per quanto riguarda l'impero
  11. .
    Ecco qui un nuovo aggiornamento per i nostri poveri legionari, grazie per ogni commento

    CAP 9
    Rinvigorito dalla conversazione con il nostro caro sacerdote, che ha il potere di cogliere gli scherzi con dieci anni di ritardo, torno dal maghetto.
    Da come guarda la maga, altra idea geniale del nostro sacerdote, devo dire che tiene a lei. E da come lei guarda lui, pare proprio che la cosa sia reciproca
    “Tipico di Mernello, gli chiedo di risolvere un problema e lui me ne porta un altro”
    I soldati ci stanno andando pesanti con gli insulti, e un poco li capisco pure. Finalmente possono sfogarsi su qualcuno senza ucciderlo. Meno male che non c'è Mernio, altrimenti le allusioni si sprecherebbero
    -Allora, Elvar- dico con calma al mago, rigirandomi il pugnale tra le mani -vuoi dirci come si chiama la tua amica?-
    Elvar mi guarda storto, e devo ammetterlo, ha coraggio. Forse non moltissimo, ma abbastanza da fissare negli occhi un morto vivente pronto ad ucciderlo, con due morti viventi alle sue spalle.
    Rimane zitto.
    Io continuo a rigirare il pugnale, alla fine lo impugno e mostro la lama al ragazzo
    -Vogliamo vedere se è ancora affilato?- faccio un cenno a Durfes e Crio, e loro fanno scattare all'indietro la testa del maghetto. Durfes si preoccupa che rimanga ferma.
    Io mi avvicino, lentamente, il pugnale sempre ben in vista.
    Elvar ha ancora abbastanza sangue freddo da stringere i denti, e devo ancora cominciare con le domande serie.
    Ma dopo un piccolo assaggio mi dirà tutto, ne sono sicuro. Ha funzionato tante volte in passato
    -Ultima possibilità, poi passo alle maniere forti- poggio il pugnale sulla sua guancia -sulla tua amica- aggiungo
    Elvar di Svotria mi fissa, ed io riconosco lo sguardo
    “Va bene, hai davvero le palle ragazzo, vediamo fino a quanto”
    affondo un poco il pugnale nella sua guancia, fino a far uscire una minuscola goccia di sangue, lui scuote la testa, ma Durfes stringe troppo forte, comincio a salire con la lama incidendo la carne.
    Il ragazzo stringe i denti, e si rifiuta di parlare
    -Alagarda!- l'urlo della ragazza mi blocca -mi chiamo Alagarda!-
    fermo il pugnale, fissando la faccia di Elvar. Comincia a piacermi il mio ghigno eterno
    -Perfetto- dico, dirigendomi verso la ragazza, che ora mi guarda con puro terrore -forse dovrei chiedere a te, sei più collaborativa-
    -Lasciala stare!- Elvar si dimena, rimediando solo un pugno nello stomaco da Crio, il mago si accascia sulla sedia, ma continua ad insistere.
    -Allora- faccio cenno a Erna di tenere ferma la ragazza, e mi rivolgo a Elvar senza guardarlo -il mio amico verificherà se menti, ogni volta che dirai una bugia, la tua amichetta perderà un pezzo di faccia- mi volto verso Mernello, indicando il mago.
    Il sacerdote tira fuori i suoi onnipresenti sacchetti, si mette a cercarvi dentro ed alla fine ne tira fuori un oggetto rotondo, pieno di simboli e scritte vecchie di secoli. Lo cosparge con alcune polverine fino a quando tutte le incisioni non ne sono piene, e per finire eleva una piccola preghiera a Avael.
    I due maghi sobbalzano quando sentono il nome, in effetti hanno avuto la nostra stessa reazione.
    La maga mi fissa, ancora impaurita ma decisa a non mostrarlo davanti al ragazzo
    -Lasciateci andare- dice, sforzandosi di tenere salda la voce -possiamo dirvi e darvi tutto quello che volete, nel nome di Avael Misericordioso...-
    -Nel nome di Avael Misericordioso io sono davanti a te- la interrompo -e proprio per la sua misericordia devo essere sicuro di non fallire-
    Mernello nel frattempo ha finito le sue preghiere ed ha posto la runa sulla scrivania davanti a Elvar, mi fa cenno di poter cominciare
    -Come ti chiami?- chiedo, meglio partire sempre con una domanda sciocca
    -Elvar Hunveer, figlio di Goter Hunveer- risponde lui, la preoccupazione per la ragazza vince sulla curiosità dello strano congegno.
    Mernello mormora una parola ed i simboli ruotano sulla runa, indicando lo spazio con la polvere bianca. Ha detto la verità
    -Sei un mago?-
    -Si-
    Mernello ripete l'operazione, di nuovo polvere bianca
    -Fate parte di un grande impero umano? Il Grande Impero Fornale?-
    -No, Svotria è un principato autonomo-
    Ancora polvere bianca, è l'ora di vedere fino a che punto può spingersi il ragazzo, ed anche di divertirmi un po'
    -Vorresti portarti a letto la nostra cara Alagarda?-
    Stavolta Elvar si fa talmente rosso che temo possa cuocere, non che la ragazza sia da meno.
    Io ed i soldati ridiamo, non serve neppure la runa per capire se sia vero
    -Va bene, va bene- dico tornando serio di colpo -adesso le domande serie: cosa intendevi per spodestare gli elfi?-
    Alagarda sussulta, biascica qualcosa verso Elvar, il ragazzo la fissa, formula qualcosa solo con le labbra e poi risponde
    -L'Impero Fornale è ricco, ma per i principati autonomi è sempre più dura dal punto di vista economico- dice il mago -non parlo di cose come cibo, beni o altro, quelli possono essere commerciati con l'Impero, il problema è la concorrenza degli elfi-
    -Non voglio tutta la lezione di politica estera, vieni al punto- dice Mernello
    “Oh finalmente, ha detto una cosa buona”
    -Da qualche anno a questa parte- risponde svelto Elvar -l'Impero ha preso a rifornirsi di beni e materie prime dai regni elfici, e non solo grano o pietra, ma anche oggetti magici e servizi di questo tipo, potete capire per un principato come Svotria che problema sia, tutta la nostra economia è in quella direzione-
    -In pratica, gli elfi vi hanno fregato gli affari- sintetizzo al massimo per i soldati, neppure io voglio tutta la lezione completa
    -Si, e quando ci siamo rivolti all'imperatore, lui ha risposto che gli elfi facevano prezzi migliori ed offrivano merci migliori, la nostra economia era al collasso-
    Mernello ferma il ragazzo e ripete la formula magica, la runa torna ancora sulla polvere bianca
    -Va avanti, mago- il sacerdote sembra a suo agio nella parte dell'inquisitore
    -Non c'è molto da aggiungere, abbiamo cercato qualcosa che potesse permetterci di rivaleggiare con gli elfi in quanto a potere magico, perché se si continuerà su questa strada si potrebbe arrivare alla guerra aperta tra Svotria e gli elfi-
    -E loro vi devasteranno con le loro magie- finisco io per lui -così avete trovato traccia delle Reliquie-
    -Si, un piccolo verso in un vecchissimo poema epico, da lì siamo partiti a cercare altre notizie, ed alla fine abbiamo trovato quella che poteva essere la posizione di una reliquia-
    Mernello controlla anche queste parole, e risultano vere.
    “Bel problema, meno male che dovevano cancellare tutto”
    -Perché l'Occhio?- mi stavo tenendo dentro la domanda da un po', in effetti voglio proprio capire perché proprio l'Occhio di Merzio e non qualcosa di più diretto, come la Spada di Verzio o la Lancia di Aszio
    -Perché è stata la prima reliquia di cui abbiamo trovato la posizione-
    devo trattenermi, o meglio, decidermi.
    Se ridere in faccia al saccente Mernello o coprire d'insulti il rincoglionito Mernello.
    Alla fine non faccio nessuna delle due, ho tutta l'eternità per godermi questo momento
    -E cosa contavate di fare con la reliquia? Sapete come funziona o come si attiva?-
    Elvar si morde le labbra, sospira
    -Non sapevamo come usare l'Occhio, ma eravamo intenzionati a procurarcelo, avremmo capito in seguito come usarlo-
    Mernello scuote la testa, incredulo. Io invece riesco a capire cosa li abbia spinti.
    Si sono trovati in una bruttissima situazione, con l'economia a pezzi, abbandonati dal loro protettore e minacciati da qualcosa che non potevano sconfiggere.
    Nessuna sorpresa che si siano ridotti a giocarsi il tutto per tutto, dando ascolto ad una vecchia leggenda per procurarsi qualcosa con cui ribaltare le sorti del conflitto.
    In effetti, avremmo fatto lo stesso, e mi sarei pure offerto per compiere la missione
    -Hai detto “avremmo”, tu e quali altri maghi?-
    Alagarda si fa attenta, è da quando Elvar ha cominciato parlare che lo ascolta con attenzione, apprensione e, se gli occhi non mi ingannano, anche un poco di orgoglio.
    Adesso vuole sapere chi sono i compagni d'avventura del suo innamorato, lei che è rimasta esclusa
    -O maghe- Erna non riesce a trattenersi dalla battuta, Alagarda si agita nella sua stretta, mossa dalla gelosia
    -Il Gran Maestro Onnerio- Elvar sussurra quasi, ma sa di dover parlare chiaro. Alagarda sussulta ancora, vedo chiaramente lo stupore sul suo volto, il tizio dev'essere qualcuno d'importante
    -E chi è?- chiede Crio
    -Il capo del Consiglio degli Arcimaghi- risponde Elvar, con una minima punta di orgoglio nella voce. I miei uomini gli rispondono con un fischio
    -Allora forse dovremmo parlare con lui- dico con calma, mostrando di nuovo il pugnale.
    Elvar comprende la mia minaccia, con il taglio che ha quasi smesso di sanguinargli sulla guancia
    -A quest'ora il Consiglio dovrebbe aver finito di tenere corte- la polvere magica segna sempre la verità -il Gran Maestro dovrebbe essere nella serra occidentale-
    -Bene- dico io, indicando la porta -allora andiamo a fargli visita-
    I miei soldati spingono i due maghi fuori dalla stanza, ricordandogli che alla minima resistenza si troveranno morti.
    Io raggiungo Mernello
    -Evita commenti, grazie-
    -Hai un piano?- dice il sacerdote rimettendo a posto polveri e runa
    -Più o meno, contatta gli altri, che si facciano trovare pronti-
    Mernello mi guarda, non può fare la sua solita faccia scettica, ma non devo sforzarmi per immaginarla
    -Un altro piano suicida?-
    -Fino ad adesso ha funzionato bene- rispondo, ridendo per come dovrei continuare la battuta -non siamo ancora morti, no?-
    Che dire, ottocento anni fa faceva ridere.

    La serra occidentale è una grande struttura di vetro, mattoni e pietra. Devo ammettere che è una struttura impressionante, noto molti tubi che entrano nei muri, vetri offuscati dal vapore, aperture per far entrare l'aria e perfino un sistema di specchi per variare la luce.
    Devono aver copiato il sistema delle terme, ma già che hanno compreso come funzionavano mi fa ben sperare su quanto siano intelligenti questi uomini moderni
    “Riescono a creare una serra e non sanno costruire una strada...”
    Arrivare alla struttura non è stata un gran problema, se a qualcuno poteva venire in mente di fermare la maga, pare proprio che Mastro Elvar basti a far zittire molti da queste parti.
    La ragazza è ancora tenuta sotto controllo da un paio di soldati, ma ho deciso di fidarmi di Elvar, se tutta questa storia si rivelasse vera potrebbe avere una sua utilità.
    Mernello ha iniziato a lamentarsi, a dire che potremmo far fuori i due maghi e poi andarcene di corsa.
    Ce n'è voluto di tempo per fargli capire che sarebbe meglio ammazzare tutti quelli che sanno dell'Occhio. Mai come questa volta è stato facile zittirlo, mi è bastato ricordargli che in fondo è colpa sua se siamo in questa situazione.
    Entriamo nella serra, e subito noto che questi maghi devono spendere più denaro per questa serra che per una torre sulle mura.
    A giudicare dal vapore della prima stanza, dalle decorazioni sui vasi, da tutto il sistema di specchi interno e dal fatto che non riconosco neppure una foglia, con quello che spendono qua dentro si potrebbe sfamare tutto il territorio che ho attraversato per qualche mese almeno.
    O armarlo e fortificarlo in modo decente, vedano i maghi quale potrebbe essere la priorità.
    Elvar ci fa strada attraverso i piccoli spazi lasciati tra le piante, ogni volta che si ferma o pare indugiare, casualmente, Erna e Crio riavvicinano i coltelli alla gola di Alagarda.
    Il ragazzo è seriamente combattuto tra il voler fare l'eroe e salvare la sua bella, e la possibilità che noi diventiamo suoi alleati contro gli elfi.
    In effetti devo ancora decidere per bene cosa fare, massacrare la città in dieci è impossibile, ma se davvero l'influenza elfica si sta espandendo nel mondo, la nostra tomba potrebbe essere in serio pericolo.
    Sinceramente, mi limiterei a provare ad uccidere questo Gran Maestro, sfruttando l'effetto sorpresa, dare fuoco alla loro biblioteca o almeno al libro incriminato, e fuggire di corsa alla tomba.
    “Non è granché come piano, ma se la gente continua a mettermi fretta che posso farci?”
    Alla fine, il nostro caro maghetto ci porta in una sala quasi del tutto invasa dal vapore, dove le uniche piante che riesco a vedere sono degli strani rami flessibili che scendono da vasi tenuti in alto
    -Che piante sono?- Mernello non riesce a fare a meno di chiederlo, un ottimo momento per parlare di botanica
    “Stiamo solo cercando di uccidere un capo di stato, quale momento migliore per parlare di fiori?”
    Faccio cenno ad Elvar di stare zitto e di darsi una mossa.
    Il ragazzo mi indica una figura che tra tutto il vapore non avevo visto prima, la sagoma di un uomo alto e molto magro, avvolto in una lunga tunica bianco candido, con intricati ricami blu sulle maniche.
    Sta di spalle e sembra accovacciato a controllare i vasi
    -Maestro?- Elvar lo chiama piano, come se temesse di disturbarlo. Lo scosto di lato, faccio cenno a Durfes di afferrarlo e mi avvicino al Gran Maestro.
    Forse è duro d'orecchi o forse è talmente preso dalle sue piantine da non essersi accorto di noi.
    In entrambi i casi mi va benissimo.
    Ho il coltello pronto, nascosto anche agli altri due maghi, caso mai volessero fare un ultimo eroico gesto.
    Un colpo e basta, dritto dietro il collo in profondità, morte veloce e sicura.
    Noto adesso i suoi capelli grigi che cadono nella tunica, ed in effetti non è l'unica cosa che noto di strano.
    La posa delle braccia è strana, troppo innaturale, il destro non si appoggia quasi a niente ed il sinistro pende quasi inerte.
    Anche le gambe hanno una posa insolita, la sinistra ha poggiato quasi tutto il peso del corpo, mentre la destra pare buttata di lato.
    Afferro la spalla del mago, con una brutta sensazione.
    Non che mi aspetti un incantesimo protettivo o di essere fulminato sul posto, ma un sussulto, una parola, un fiato.
    Scosto i capelli e realizzo.
    Sangue. Qualcuno ha inferto al mago lo stesso colpo che stavo per infliggere io, e poi ha lasciato il corpo qui
    -Assassini!- l'urlo non proviene né da Elvar né da Alagarda, e di sicuro non dai miei soldati -prendete gli assassini del Gran Maestro!-
    Una quarantina buona di soldati irrompe nella stanza, facendosi largo tra il vapore e i rami.
    I miei uomini sono lesti a mettere mano alle lame nascoste, mentre i due maghi si stringono l'uno all'altro senza capire cosa stia succedendo.
    Non che io ci capisca molto di più.
    Nel dubbio metto mano alla spada, di sicuro servirà per uscirne vivo.
    O morto...
  12. .
    Grazie a tutti delle risposte, è che trovando questi termini solo in quel libro ero rimasto abbastanza spiazzato, e volevo sapere se anche altri avevano la mia stessa reazione.
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    Bello, trovo questi linch i "personaggi" migliori fino ad adesso. Se vuoi un consiglio, forse ti conviene approfondire un poco di più il background dell'ambientazione, o almeno farlo trasparire in qualche modo.
  14. .
    Grazie mille, se puoi dirmi la frase lo correggo appena ho un minuto, grazie 😊
  15. .
    Mi scuso per il grande ritardo, ma purtroppo sono stato molto occupato e non ho avuto tempo di rivederlo come avrei voluto. Questo è il primo capitolo col punto di vista del nostro "simpatico" sacerdote, spero possa piacere come i precedenti. A tutti, se avete consigli, critiche, domande o insulti, non fatevi problemi, ogni commento è ben accetto

    CAP 8
    L'aria della piccola stanza è incredibilmente pulita.
    Cosi tanto che nel piccolo fascio di luce che entra dalla finestra non si vede neppure galleggiare la polvere.
    Il pavimento di piastrelle bianche sembra appena spazzato, i muri appena intonacati, le coperte del letto appena lavate.
    L' unica cosa a stonare sono le urla ed i gemiti dei pazienti.
    Quando sono passato davanti a molte stanze mentre accompagnavo la guaritrice e Crio, tutte avevano all'interno un letto con un singolo malato. Tutti si agitavano in spasmi febbrili, altri rantolavano, altri tossivano di continuo.
    Crio invece, nonostante pare emettere a malapena un sibilo dalla labbra immobili, ride della grossa.
    Mi sono dovuto trattenere dall'andare nelle altre stanze, è evidente, almeno per uno con la mia esperienza, che la metà dei pazienti non vedrà un'altra alba, a molti altri do forse un paio di giorni al massimo.
    Quello nella stanza accanto forse vedrà il tramonto da come tossisce ed ansima.
    A giudicare dal rumore, ad una brutta asma si è sommata una qualche insufficienza muscolare che gli impedisce di muovere a dovere il diaframma, il continuo rantolare dev'essere prodotto da un corpo estraneo nei polmoni o da una loro malfunzione.
    E se i miei occhi funzionano ancora, quando siamo passati davanti alla sua stanza, quelli sulla barba del malato erano residui di bava verdastra.
    -Intossicazione da miasma della radice di Koff- non posso fare a meno di stare in silenzio, tanto nessuno mi sente -un tazza di decotto di marva con aggiunte foglie di ashaba e zafferano-
    -Cosa ?- chiede Crio, smettendo di ridere per un secondo.
    Mi giro verso di lui sulla sedia. Il soldato pare in tutto e per tutto un paziente come un altro, steso nel letto ed avvolto dalle coperte, le foglie di chiafra in bocca producono il respiro affannoso, e l'impacco di tavrava fa sembrare che la sua pelle perda sangue da ogni poro.
    -Quello che salverebbe il poveraccio nell'altra stanza- rispondo mentre contemplo soddisfatto il mio lavoro.
    Procurarmi l'occorrente era stato molto più semplice del previsto, in una grande città di maghi trovare erbe e polveri strane è cosa da tutti i giorni.
    Nel frattempo la guaritrice ritorna per l'ennesima volta, devo ammettere che prende molto sul serio il proprio compito.
    Finora ha dimostrato anche una certa competenza, ha fatto bere a Crio un decotto di mavva e gli ha applicato un impacco di rania e frenua.
    Avrebbe tranquillamente salvato il suo paziente, se ci fosse qualcosa da salvare.
    “Chissà se la loro magia può resuscitare i morti”
    Mentre si china a controllare l'impacco, Crio comincia a muoversi in modo incontrollato, come se avesse le convulsioni.
    -Non esagerare, non è credibile- gli dico, mentre la maga cerca di tenerlo fermo
    -Ah no?- chiede il soldato smettendo di colpo. La maga corre fuori dalla stanza urlando ai servitori, credo voglia provare a somministrare qualcosa a Crio
    -Mernello?- la voce di Clario mi rimbomba nelle orecchie, maledetta telepatia -qua ci serve una mano-
    vorrei davvero poter allargare il mio ghigno, il nostro caro centurione “faccio tutto io” è nei guai. Evidentemente il mago gli sta dando più problemi del previsto.
    L'immagine di Clario che scappa inseguito da una palla di fuoco mi fa ridacchiare
    -Mernello!-
    -Di cosa necessiti, centurione?- chiedo, più per allungare la conversazione che per altro
    -Un sacerdote per un responso, vieni subito qua!- conosco la posizione del centurione, il mio potere riesce a percepirlo
    -Qual è la parola magica?- Clario non risponde per un secondo buono, inizio a temere che il mago l'abbia colpito davvero
    -Muovi quel culo ossuto dannato ammasso di carne!- la risposta del centurione non è esattamente quella che volevo, ma dal tono comprendo che è meglio non scherzare.
    -Tutto bene sacerdote?- Crio si mette a sedere, deve aver percepito anche lui il messaggio
    -Ai nostri compagni serve una mano- rispondo, il soldato ridacchia facendosi scrocchiare le nocche
    -Perfetto, non ce la facevo più di fare la commedia-
    Io lo guardo mentre gongola tutto contento. Soldati.
    Se non hanno la possibilità di menare le mani se la costruiscono da soli, incapaci di stare fermi un secondo.
    In tutta la mia vita da sacerdote ho capito molte cose dei soldati, soprattutto quanto tendano a pensare solo e soltanto con le loro armi. Per loro l'unica soluzione dei problemi è una lancia nello stomaco, una freccia nell'occhio, una spada nella gola.
    Riflettere, pensare, dialogare sono tutte cose che lasciano volentieri fare agli altri
    -E come pensi che usciremo da qui, chiederemo alla signorina di accompagnarci?- Crio pare non capire l'ironia della mia battuta, ma si mette a fissare un secondo la porta
    -Credo proprio di si- mi risponde, poi aggiunge -lasci fare a me-
    “Cosa?!” sgranerei volentieri gli occhi, ma posso solo fissarlo con il mio volto immobile “lasci fare a me? Lasci fare a me? Io sono il sacerdote qui, io sono l'ufficiale al comando in mancanza del centurione!”
    Sono molto prossimo a dare voce al pensiero, quando la maga rientra nella stanza, Crio riprende con le convulsioni, urla e geme.
    Io mi alzo, più per prenderlo a sberle che per altro, ma la ragazza interpreta il mio gesto come se volessi aiutarlo.
    Lei si lancia su di lui, armeggia con le erbe e le fiale che porta alla cintura, mi implora di aiutarla a farlo stare fermo.
    Crio si slancia giù dal letto, come se le convulsioni lo avessero fatto cadere, la maga riesce a mantenere l'equilibrio, ma il soldato le è giusto tra i piedi.
    Io mi guardo intorno in cerca di qualcosa con cui colpire la maga, purtroppo ho dovuto lasciare il mio bastone alla locanda.
    La ragazza si china su Crio, continuando a chiedere il mio aiuto, il soldato coglie l'occasione ben prima che io possa fare qualcosa.
    Afferra le gambe della maga, le tira, la ragazza presa alla sprovvista cade faccia avanti. Crio è veloce a mettersi sopra di lei, la gira, le afferra i polsi, mentre con una mano estrae da chissà dove un pugnale e lo punta alla gola della maga
    -Stai calma e non ti succederà nulla- sibila il soldato all'orecchio della ragazza
    -Che c'è- fa la ragazza, cercando di ignorare il coltello alla sua gola -siete due porci che cercano di farsi una maga? Avete fatto qualche scommessa o cosa, intrufolarvi nell'ospizio e...-
    Crio le torce le mani e punge la gola, una minuscola gocciolina di sangue macchia la pelle immacolata. Io sono allibito dalla scena, imbambolato dalle azioni del soldato. Non so cosa fare, non so cosa dire, eppure dovrei essere io a dare gli ordini
    -Anche volendo non potrei, ma mi serve una maghetta che mi porti da una parte- Crio allontana il pugnale dalla gola -ne conosci una?-
    La ragazza ha capito che non deve scherzare con noi, o meglio con Crio, e prova a guardarmi in cerca di aiuto.
    La mia faccia è inespressiva, ma pure se potessi muoverla non credo potrei dire qualcosa.
    -Dove dovete andare?- chiede dopo un altro sguardo alla mia faccia immobile
    -Ti guidiamo noi, tu dici solo che stai portando due amici da un maestro se ce lo chiede qualcuno-
    detto questo il soldato tira in piedi la maga, e le poggia una mano sul collo, il pugnale abilmente celato nella manica della tunica ma pronto ad affondare nella sua carne
    -E come giustifichiamo questa mano morta?- fa la maga inviperita
    -Stai portando un cieco no?- Crio si toglie il trucco che gli copre gli occhi, rivelando due orbite bianche e vuote. La ragazza sussulta, balbetta, ma poi si zittisce quando risente il metallo sulla spalla
    -Chi siete?- chiede con un filo di voce, bianca in faccia -cosa siete?-
    -Oh, gente molto simpatica- fa Crio -solo un poco assonnata, vero sacerdote?-
    la ragazza mi guarda, alla ricerca di chissà quale segno religioso che qualifichi il mio credo, i suoi occhi indagatori cercano e cercano, sempre velati dalla paura
    -Andiamo, ti guido io- faccio, recuperando il mio ruolo di comando, o almeno spero -tu sta zitta o rispondi come ti è stato detto-
    La ragazza prende coraggio, guarda ancora un attimo Crio nella speranza di aver visto male, ma i suoi occhi vedono solo la stessa immagine di prima.
    Il soldato le indica la porta
    -Andiamo signorina, abbiamo degli amici che ci aspettano-
    Io apro la porta, la ragazza viene spinta un poco da Crio per farla muovere, ma alla fine si decide a seguirmi.
    Spero solo che Crio non faccia parola a Clario di questa storia, oppure dovrò sentire le sue risate per almeno un secolo.

    Passiamo quasi inosservati tra la folla che si accalca nei corridoi, in effetti sembriamo davvero due poveri contadini scortati da una buona maga.
    Per nostra fortuna nessuno ci ferma, i popolani sono troppo terrorizzati all'idea di parlare con una maga, i paggi non hanno nulla da chiederle ed evidentemente non ci sono molti altri maghi che la conoscono.
    Noto che almeno in un paio di occasioni la nostra “guida” prova a richiamare l'attenzione di qualcuno, ma un sussulto ogni volta fa capire che Crio se ne sia già accorto.
    Arriviamo davanti alla porta, e mi ritrovo indeciso su cosa fare della ragazza.
    Mentre ci rifletto, busso piano sul legno
    -Chi disturba?- una voce che non riconosco mi risponde.
    Per un istante temo d'aver sbagliato porta, ma poi riconosco la traccia di Clario e dei suoi tre compagni
    -Un'aquila- Crio risponde per me, spalanca la porta e spinge avanti la ragazza.
    La scena che vedo nella piccola stanza mi farebbe sgranare gli occhi.
    Una libreria crollata ha riversato quasi del tutto il suo contenuto sul pavimento, Erna sta a lato della porta, spada pronta a colpire chiunque entri, Durfes e Clario sono a terra a tenere fermo un uomo, o meglio un ragazzo ora che lo guardo meglio
    -Elvar!- la ragazza non riesce a fare a meno di urlare, Erna e Crio anticipano tutto quello che potrebbe fare.
    Erna la afferra per una mano, gliela torce dietro la schiena e sbatte la ragazza al muro, la spada già pronta a tagliarle la gola da parte a parte
    -No!- il ragazzo sul pavimento si contorce -non la uccidete! Fermi!-
    -Sta buono!- Clario lo zittisce con la sua solita dolcezza innata -collabora e non le faremo nulla-
    Il centurione fa cenno a Crio di prendere il suo posto, ed il soldato non se lo fa dire due volte, insieme con Durfes afferrano il ragazzo, che deve essere Elvar di Svotria, e lo mettono sulla poltrona, sempre con le mani tenute dietro la schiena ed un pugnale alla gola.
    “Avael Santo, e poi si sorprendono se la gente li accoglie coi forconi! Hanno la delicatezza di un toro infuriato”
    -E anche meno pazienza- mi dice Clario, maledetto pensiero condiviso -ti avevo chiesto di aiutarmi con un mago, non di portarne un altro- si rivolge a Crio, come se io non esistessi, come d'altronde fa sempre quando deve chiedermi qualcosa
    -Ho pensato che alla truppa servisse un po' di divertimento- i cinque ridono, forse senza rendersi conto della follia che stanno dicendo
    -Beh, manca il tatto, ma a occhio ce ne sarebbe di che divertirsi!- Erna fa ruotare la ragazza, permettendo anche agli altri di verificare le sue parole.
    Io sono allibito, disgustato ed esasperato, ma non riesco ad introdurmi nella conversazione, e dare di matto non mi metterebbe in una buona posizione. Sono un sacerdote, devo mantenere la calma
    -Non lo so- commenta Durfes -potremmo avere qualche problema dopo tutto questo tempo- il soldato pare avere un'illuminazione -ehi mago, non è che conosci qualche incantesimo utile?-
    -L'incantesimo “asta di marmo”- l'umorismo di Crio fa pena, ma questi cinque pazzi sembrano trovarlo divertente.
    Dalla faccia dei due maghi, capisco che non sono l'unico a considerare di cattivo gusto tutto questo, oltre che immorale e pure un poco blasfemo
    -Direi di concentrarci sul nostro compito- dico glaciale a Clario, che per tutta risposta fa cenno a Erna di portare più vicino alla scrivania la ragazza
    -Solo un secondo, Mernello, voglio provare una cosa- Clario sa benissimo che quando usa il mio nome invece del mio titolo mi manda in bestia -forse non serviranno le tue erbe-
    Io potrei dare di matto, ed in effetti non so proprio cosa mi trattiene, afferro il centurione impazzito e lo trascino fuori portata d'orecchio degli altri
    -Ma ti rendi conto di quello che vai dicendo?- dico con tutta la rabbia che riesco a tirare fuori -ti rendi conto che stai pensando di stuprare una ragazza, o di sgozzarla davanti a quel mago? Avael santo credi davvero che te lo permetterò? Che direbbe il tribuno, che direbbero i Principi, che direbbe Farna?-
    Clario mi guarda negli occhi, non posso vederglielo sul volto, ma percepisco distintamente che ha una gran voglia di spaccarmi la faccia, ed anche qualcos'altro se ne interpreto bene i pensieri
    -Se hai pensato anche solo per un istante che avrei potuto fare una cosa del genere...- la sua voce è un sussurro appena accennato, perfino con la mente devo sforzarmi per sentirlo
    -Ti ricordo che Farna è...-
    -Basta!-
    riconosco il tono, riconosco di aver passato il segno, e capisco che Clario sta ancora soffrendo per quello che è successo, non che io stia molto meglio.
    Ma la somma di incomprensioni vecchie di secoli, rancori vecchi di millenni, errori mai ammessi e tutta questa situazione non fa molto per portare ad una riappacificazione.
    Annuisco, non ho molto altro da fare.
    A capo chino torniamo dagli altri, che nel frattempo hanno continuato con le allusioni a doppio senso.
    Solo ora capisco a cosa volevano arrivare, ed in effetti mi viene da ridere per non averlo capito prima.

    Edited by BardoBlu - 21/2/2017, 14:05
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