Il Boia di Druien

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    Salve a tutti, vorrei sottoporvi questo mio scritto, sperando possa piacere. Grazie fin da ora per l'attenzione e le critiche.

    La folla urlava.
    Urlava tanto da farsi sentire a due incroci di distanza.
    Per qualche motivo che gli sfuggiva, la folla doveva urlare sempre, soprattutto in circostanze come quella.
    Il carro procedeva lento, i cavalli neri avanzavano quasi a fatica, i soldati di scorta dovevano rallentare di frequente per non superarli.
    Doveva ricordarsi di chiedere due nuovi cavalli al Consiglio.
    Alla fine emersero sulla piazza piena di gente.
    Ogni volta che la vedeva aveva un colpo al cuore, sembrava quasi che tutta la cittadina si fosse radunata in quello stretto spiazzo.
    Si voltò verso l’altro occupante del carro scoperto.
    Il poveretto aveva le mani legate dietro la schiena con un corto tratto di catena fissato al carro, il torace nudo segnato da una brutta scottatura poco sotto l’ombelico, teneva il capo reclinato sul petto, i capelli scompigliati che gli ricadevano sugli occhi.
    I soldati avevano già iniziato a far aprire la folla davanti al carro, lui aspettò che fossero circa a metà tra la via ed il palco, poi afferrò i capelli dell’uomo.
    Quello sì agitò di colpo, strattonando le catene mentre gli tirava indietro la testa, la barba ed i capelli sfatti che si agitavano.
    Cacciò un urlo, parole senza senso logico, preghiere all’Eccelso, implorazioni, suppliche, imprecazioni, tutto mischiato insieme.
    -Muoviti Kraol!- disse ridendo il conducente del carro, tirando le redini per far rallentare ancora di più i cavalli
    Il prigioniero riuscì di colpo a formulare le parole, un lento salmodiare di “no,no,no”.
    Kraol lo tirò in piedi per i capelli, in modo che tutti potessero vederlo, ormai era abbastanza esperto da non lasciar trasparire ciò che pensava di quella pratica.
    Il prigioniero sgranò gli occhi, accelerò le parole, le mischiò di nuovo, la folla rispose con tutti gli insulti che l’uomo potesse pensare.
    Kraol sollevò lento la pinza nel pugno inguantato, l’estremità rossa come una ciliegia dopo quasi un'ora nelle braci.
    Il prigioniero urlò, strattonò le mani, scorticandole ancora di più negli stretti legacci.
    Kraol lo guardò per un secondo negli occhi, il classico, solito sguardo di chi vede il boia con la pinza incandescente; incredibile quant’era simile a quello prima dell’esecuzione.
    Il boia fece scattare la mano, afferrando la pelle floscia del torace, poco sotto il pettorale destro, stringendo forte.
    L’odore di carne bruciata invase la piazza.
    La folla urlò più forte.
    Il prigioniero lanciò un urlo disumano, batté le gambe, le braccia, agitò il capo, strattonò come un ossesso le catene ormai rosse di sangue.
    Kraol ritirò la pinza e mollò la presa, l’uomo si afflosciò sul carro mentre la folla lo copriva d’insulti.
    Il conducente fece schioccare le redini ed i cavalli ripresero ad avanzare verso il palco al centro della piazza.
    Il carro si fermò e Kraol si alzò di nuovo, afferrando per la seconda volta il prigioniero.
    Quando il boia aprì il lucchetto che lo teneva assicurato al carro, quello riuscì a trovare le ultime forze per strattonare e dibattersi, l’ultimo sforzo per la libertà prima della fine.
    Kraol era troppo forte per lasciarselo scappare, lo tenne fermo per qualche secondo poi lo gettò alle guardie in attesa sotto il carro.
    I soldati coi mantelli grigi afferrarono il condannato e lo trascinarono, urlante e dibattente sul palco.
    Kraol prese la lunga spada da esecuzione e li seguì.
    Sul palco non c’era nient'altro che un ceppo di legno con un canestro davanti, gli unici occupanti erano cinque guardie cittadine, un membro del consiglio ed un sacerdote.
    La loro piccola processione si fermò davanti al ceppo, il condannato al centro tra le guardie, Kraol di lato, la spada appoggiata alla spalla per farla ben vedere dalla folla.
    Il consigliere venne avanti, con addosso la lunga toga nera sotto il mantello bianco, al collo scintillava la collana d’argento simbolo della sua carica, dello stesso colore dei capelli dell’uomo; il viso attempato si scosse mentre tossiva in modo plateale prima d’iniziare a leggere da una pergamena che teneva stretta in pugno
    -Il qui presente Jank Valzerk, residente in questa cittadina di Druien e di professione panettiere in Via del Forno, è stato accusato dell’omicidio del signor Gerio Sernio Clamiore, mercante in visita alla nostra cittadina- l’uomo fece una pausa ad effetto mentre la folla riprendeva gli insulti
    -Dopo l’accurata indagine condotta dal capitano della guardia cittadina, il qui presente Jank Valzerk è stato trovato colpevole e pertanto condannato a morte come prescrive la legge, esegue la sentenza il mastro boia Kraol Krunisferz-
    La folla mandò qualche altro urlo d’approvazione, poi stettero in assoluto silenzio quando si fece avanti il prete.
    Ad Kraol sembrava sempre strano come tutti si zittissero davanti ai preti, anche davanti a quelli magri e scheletrici come riv Alzer; il prete fece un cenno alle due guardie e quelle si allontanarono il più possibile senza però lasciare la presa.
    Riv Alzer si avvicinò alla faccia del condannato ormai in lacrime, accostando il mozzicone dell’orecchio alla sua bocca.
    Per quelli che sembravano minuti interminabili stettero in quella posizione, poi il prete si ritrasse e segnò con un cerchio la fronte del condannato. E si allontanò.
    Le due guardie fecero inginocchiare a forza il prigioniero mentre quello dava fondo alle ultime urla.
    Kraol venne avanti con la sua andatura zoppicante, la spada sempre contro la spalla.
    Anche quello faceva parte dello spettacolo.
    Si posizionò ad un piede scarso dal ceppo, i piedi divaricati, il destro poco più avanti.
    Il prigioniero gli dava la nuca, ma poteva immaginarne l’espressione.
    Gli occhi pieni di lacrime, il naso arrossato, la bocca indecisa sulle ultime parole; forse un pensiero ai parenti, un ultima richiesta di perdono, una bestemmia.
    Kraol sollevò lentamente la spada, il sole autunnale giocò per un attimo sull’elsa e sulla lama, facendola brillare un poco.
    Il silenzio totale della folla prima del colpo gli dava sempre i brividi, gli occhi di tutti puntati sulla lama, su di lui, sul prigioniero, da qualunque parte che non fosse il palco.
    Poi la lama calò con il solito sibilo dell’acciaio che fende l’aria.
    Kraol mise tutta la sua forza nel colpo, la lama impattò sul collo esposto del condannato, troncandolo di netto in un colpo solo.
    Poche cose rodono l’anima come il suono di pelle tagliata di netto.
    Forse solo la sensazione di essere stato tu a tagliare.
    Il corpo si mosse nelle ultime convulsioni, mentre un fiotto di sangue sempre più sottile erompeva dal collo tagliato, andando ad innaffiare le tavole del palco fin quasi alla folla.
    Il popolo urlò la sua approvazione.
    Il boia prese la testa dal cestino, incurante del sangue che gli colava sui guanti neri, e con la solita espressione neutra la presentò prima al consigliere, che gli rivolse il consueto cenno d’assenso, poi alla folla esultante.
    Tra le tante facce festanti ce n’era solo una che non si concedeva di esultare, Kraol la trovò subito.
    La moglie del mercante ucciso teneva stretto il braccio della ragazza accanto a se, mentre un giovane dall’altro lato esortava la folla con gli insulti più coloriti che avesse mai sentito.
    Kraol attese qualche altro secondo, poi gettò la testa nel cestino e si avviò dietro il consigliere, il prete e le guardie nella mesta processione verso il Palazzo del Consiglio.

    La Sala della Birra era un piccolo studio all’interno del Palazzo del Consiglio Cittadino.
    Oltre ad una mezza dozzina di sedie imbottite ed un paio di bassi tavolini, non c'era nulla oltre un paio di quadri rovinati.
    Da quando aveva iniziato a praticare come boia, era diventato ormai un rituale fisso per Kraol ed il consigliere Revken vedersi là dentro dopo un’esecuzione.
    E bere la birra che il consigliere acquistava dai nani.
    Anche per quello lui e le guardie avevano iniziato a chiamarla “Sala della Birra”, suscitando lo sdegno di buona parte della servitù.
    La birra scendeva fin troppo veloce lungo la sua gola.
    Kraol si buttò contro lo schienale, sospirando di piacere mentre allungava la gamba destra, il boccale mezzo pieno appoggiato sul bracciolo.
    Revken sedeva con la compostezza di una statua, la schiena lievemente appoggiata, la toga drappeggiata sulle gambe, il boccale ancora quasi pieno posato con noncuranza sul tavolino, il mezzo sorriso sul volto rugoso.
    Troppo largo.
    Quando il consigliere Revken Vreskre sorrideva in quel modo c’era da preoccuparsi. In senso buono spesso
    -Qualcosa da dire, consigliere?- chiese il boia prendendo un lungo sorso, la birra scura bruciava a fondo nella gola
    -Hai parenti? In città intendo- gli aveva dato del tu, buon segno
    -Nessuno- rispose lui, in certi casi la cosa migliore era stare al gioco, sopratutto quando il consigliere voleva tenerti sulle spine
    -Sta per arrivartene uno- il consigliere allungò la mano, prese il boccale e bevve un piccolo sorso.
    Dal tono sembrava gli avesse appena detto che piovesse, Kraol si bloccò a metà del suo sorso, poi posò il boccale sul tavolo.
    Preferiva rimanere lucido
    -State per revocare l’esilio a mio fratello?- chiese con poca convinzione.
    -Non proprio-
    Kraol guardò fuori dalla finestra, da dove il sole di mezzogiorno filtrava dai vetri colorati.
    Odiava il modo in cui sembrava un lago di sangue.
    Quando il consigliere giocava in quel modo non c’era verso di farlo desistere, tanto valeva assecondarlo.
    In fondo quel modo di fare piaceva anche a lui.
    -Un parente- disse il consigliere -molto alla lontana-
    Kraol lo fissò con aria interrogativa, chiedergli altro non sarebbe servito a nulla
    -Tua madre- continuò Revken –aveva una cugina, residente in una piccola cittadina vicino la foresta di Dangren, e questa aveva un figlio-
    Il boia annuì, fingendo poco interesse
    -Purtroppo il marito di questa cugina, mercante di stoffe, è riuscito a perdere tutte le sue sostanze, contraendo debiti pari a tre volte il suo patrimonio- il consigliere prese un sorso dal suo boccale, dando tempo a Kraol di prepararsi al peggio -ed il loro figlio è stato assegnato in custodia, secondo la legge, al parente più prossimo con la situazione economica più stabile-
    Kraol prese il boccale
    -Tu-
    Scolò la birra rimasta, poi afferrò direttamente la caraffa e prese un lungo sorso anche da quella.
    Fissò il volto del consigliere, alla ricerca degli indizi che stesse per dire qualcos'altro, che in realtà ci fosse un'altra frase in cui diceva che il ragazzo era stato assegnato a qualcun altro, alla fine rinunciò
    -A me- disse, parlando più al boccale che al consigliere -ad un boia cittadino-
    -È colpa mia se hai la “situazione economica più stabile”?-
    Kraol stava ancora decidendo se ridere o piangere, vedersi assegnato un ragazzo era l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettato
    -Non c’è un altro, dal lato paterno magari- chiese senza troppa convinzione, quando il consigliere Revken diceva qualcosa era perché era vera -un mercante, un fabbro, un... un... un qualunque cosa!-
    Senza volerlo aveva alzato la voce, protendendosi in avanti verso il consigliere
    -Non c'è nessun altro, sei il meglio che abbiamo trovato-
    Kraol dovette prendersi un paio di lunghi secondi per calmarsi, fissò il consigliere, facendo del suo meglio per togliersi l’espressione di totale confusione che sapeva avere in faccia
    -E cosa dovrei fare, con un ragazzo in casa?- chiese quando riuscì ad articolare le parole -insegnarli il mestiere?- neppure un sordo non avrebbe sentito il disgusto nella sua voce
    -Non necessariamente...- iniziò il consigliere
    -Immagino che il panettiere o il bottaio vorranno come apprendista il parente del boia-
    Revken dovette annuire
    -Non di meno, la legge è questa-
    Kraol riuscì in qualche modo a sorridere mentre alzava la testa
    -Temo mi serva altra birra-
    Il consigliere annuì di nuovo.
     
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    la barba ed i capelli sfatti che si agitavano.

    Che "che si agitavano" penso sia inutile. Se lo levi la frase resta sempre d'effetto.

    Molto bello e ben descritto. Mi è piaciuto come hai descritto l'atteggiamento e le emozioni del condannato a morte. Ben riuscito anche il personaggio del boia, freddo e insensibile alla condanna che stava per emettere.
    Chissà se quel ragazzo gli porterà dei cambiamenti da questo punto di vista.
     
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  3. _Alba_Chiara_
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    Accipicchia complimenti per l'idea, già immagino le ricerche dietro al periodo storico, descritto bene. Come la dura realtà dell'epoca, ammetto che ho esitato a leggere nel momento dell'esecuzione, mettendo i giusti dettagli con le parole più adatte e poi la parte che adoro.
    Quella romanzata, la comparsa di questo giovane parente! Proprio una bella idea.
     
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    grazie ad entrambi per i commenti, sono molto graditi. posto anche la prima parte del I capitolo, sperando possa interessare e piacere quanto il prologo

    Kraol riuscì finalmente a fermarsi, non di sua volontà.
    Andare avanti ed indietro nel salotto di casa per poco non l’aveva fatto stramazzare a terra, il ginocchio destro urlava la sua protesta per quel movimento eccessivo, e alla fine era riuscito a far sedere il massiccio boia sulla prima sedia che aveva trovato.
    Si costrinse a calmarsi, resistendo all’impulso di bere di nuovo, la brodaglia per il dolore lo avrebbe fatto dormire per almeno un'ora.
    E lui voleva essere lucido quando sarebbe arrivato il ragazzo.
    Forse non sarebbe servito a nulla, ma voleva fargli una buona impressione.
    In fondo era l’unico parente che poteva vedere.
    Per l’ennesima volta in quel giorno si chiese cosa aveva fatto all’Eccelso per meritarsi una cosa del genere.
    Forse sarebbe dovuto andare di persona a prendere il ragazzo, ma le regole erano troppo rigide.
    E così l’unico parente che poteva vedere sarebbe stato accolto da Borvek, che in qualche modo si era tenuto lontano dagli alcolici per tutta la sera precedente.
    Un rumoroso bussare lo tolse dalle sue riflessioni.
    Facendo leva sulle braccia, Kraol riuscì ad alzarsi dalla sedia ed a caracollare verso la grossa porta d’ingresso. Ogni passo una mezza bestemmia al suo ginocchio destro.
    Dopo quelle che al boia parvero ore, finalmente riuscì ad aprire la porta per far entrare le due figure.
    Borvek entrò con la solita lunga falcata che aveva da sobrio, andando a buttarsi sulla prima sedia che trovò, l’altra figura rimase sulla porta per qualche secondo.
    Kraol poté dargli una lunga occhiata, d’altezza normale coi suoi cinque piedi scarsi, faccia larga e pulita, naso appuntito tipici delle zone vicino alla foresta, capelli del colore del legno ed occhi verdi, il boia avrebbe riconosciuto gli occhi anche da cieco, uguali identici a quelli di sua madre.
    Anche qualche altro dettaglio gli ricordava la madre, la forma delle orecchie, l’attaccatura dei capelli, il modo in cui teneva le mani dietro la schiena, anche i vestiti denotavano una certa ricchezza, il ragazzo portava una tunica corta blu scuro, stretta in vita da una cintura abbellita da decori argentati, sulle maniche c’erano i classici motivi vegetali in filo d’argento tanto usati vicino al Dangren, pantaloni di cuoio nero finivano in stivali robusti incredibilmente privi di fango o polvere, sulle spalle il ragazzo portava una mezza cappa di un blu più chiaro rispetto alla tunica; ad occhio poteva avere sedici anni.
    Kraol si spostò di lato per farlo entrare.
    Il giovane mosse qualche passo incerto, indeciso se continuare a fissare il cugino o cedere alla curiosità e guardare la casa.
    Alla fine vinse la curiosità, ed il ragazzo lasciò spaziare lo sguardo sul piccolo salotto interno dell’abitazione.
    Ispezionò con cura il tavolo rotondo con le poche sedie attorno, il camino sulla parete di destra con le tre poltrone davanti, la grande libreria dove il boia conservava i suoi libri, tutto illuminato dalla luce delle finestre sul muro a sinistra, che lasciavano entrare la luce in modi diversi a seconda del vetro
    -Impressionante eh?- chiese Kraol dopo aver chiuso la porta, dirigendosi a passi lenti verso una sedia del tavolo
    -Davvero- disse il ragazzo in un sussurro, poi sobbalzò come se si fosse ricordato di colpo qualcosa -cioè... si, è davvero notevole, signore... ehm, io, scusi... ecco...-
    Borvek non trattenne una risata, facendo diventare il ragazzo rosso come un tizzone
    -Scusalo, non capisce l’educazione- disse Kraol tirando un calcio al carrettiere sotto il tavolo.
    Quello comprese di dover smettere di ridere.
    Il ragazzo rimase in piedi per qualche secondo, incerto su cosa fare ed in evidente imbarazzo davanti a due perfetti sconosciuti
    -Allora- disse Kraol -sai perché sei qui?- forse era meglio prenderla alla larga
    -Perché mio padre ha perso tutti i suoi soldi- la tristezza nella voce del ragazzo era a malapena attenuata dall’imbarazzo
    -Ti hanno parlato del mio mestiere?- non temeva il giudizio dei cittadini, ma più lontano si andava più le voci giravano
    -Siete il mastro boia di Druien- rispose il ragazzo, facendo del suo meglio per guardare da qualunque parte che non fosse la sua faccia e nasconderlo, qualcuno doveva aver speso molte ore a cercare d’insegnargli l’etichetta.
    Uno spreco di tempo in casa di un boia
    -Tanto per cominciare- disse Kraol, cercando di rendere la sua voce meno ruvida del solito -quando parli con me, puoi tranquillamente darmi del tu, in fondo siamo parenti-
    Sorrise al ragazzo, poi si ricordò “al morto ride il boia”, e la sua faccia barbuta non era proprio una fatta per infondere fiducia. Il ragazzo fece del suo meglio per nasconderlo dietro un sorriso, ma il brivido che gli corse per le spalle era fin troppo evidente
    -Mi è stato anche detto che vostro, ehm... tuo fratello è stato esiliato- il ragazzo tentò di cambiare discorso, finendo nel peggiore che potesse scegliere
    -Si, una complicazione sul lavoro- il ragazzo lo guardò con un misto di curiosità giovanile e terrore istintivo -ma prima, posso sapere come ti chiami?-
    -Freinzev Sczit- rispose il giovane, provando a mettere orgoglio nel cognome e fallendo miseramente
    -Molto bene Freinzev- rispose Kraol, cercando di non sorridere -io sono Kraol Krun, o mastro boia Kraol Krunisferz, come dicono tutti-
    -Avete, hai due cognomi?- il dubbio vinse qualunque etichetta avesse appreso
    -I boia hanno molte regole da seguire quando praticano in una città- cominciò Kraol –ma in generale aggiungono un “sferz” ai loro cognomi, per distinguerli subito-
    Gli occhi del ragazzo scintillarono di pura curiosità, mentre frenava la lingua dal chiedere di sapere oltre. Forse sarebbe andato molto d'accordo con lui in fondo.
    -Anche tu avrai alcune regole da seguire purtroppo- disse Kraol mentre indicava una sedia
    -Allora io me ne vado- Borvek si alzò di colpo e si diresse verso la cucina
    -Lascia qualcosa anche a me botte umana!-
    Si voltò di nuovo verso il ragazzo, cercando un modo per esporgli il tipo di vita che avrebbe fatto senza farlo sembrare una condanna. Borvek avrebbe riso dell’ironia del momento.
    -Allora, sei proprio sicuro di voler vivere qui, sono sicuro che tua madre potrebbe tenerti con lei, o magari potresti stare da qualche altro parente-
    -No, io...- Freinzev spostò il peso da un piede all’altro, cercando un altro oggetto da guardare, Kraol poteva ben vedere le decine di domande che si affollavano sulla bocca del ragazzo -mia madre ha detto che il nonno non avrebbe potuto sostenere un altra persona, è già stato molto che ha accolto mia madre e le mie sorelle-
    Kraol sapeva il grosso della situazione famigliare, il consigliere era stato molto preciso nello spiegarla, ma forzare il ragazzo a parlarne avrebbe portato molti problemi
    -Lo so- disse per evitare che il ragazzo continuasse, era evidente che la situazione gli era molto dolorosa -ma hai capito che la mia non è una vita “allegra”-
    Il ragazzo annuì, Kraol pesò molto bene le sue prossime parole
    -Ho una serie di doveri nella città, ed una serie di restrizioni da osservare, oggi per esempio non sono potuto venire a prenderti perché è giorno di mercato, e non posso andarci senza un permesso-
    La faccia del ragazzo si fece attenta mentre si sedeva lentamente, uno strano misto di curiosità, paura e fascino. Quasi sicuramente stava già pensando a quali regole infrangere.
    -Tu, visto che non sei un boia, hai meno restrizioni, potrai andare e venire quanto vuoi ad esempio, ma non puoi uscire di notte, per nessun motivo- calcò molto sull’ultima frase, il viso del ragazzo annuì grave, ma i suoi occhi già stavano pensando a cosa fare nelle ore notturne. Kraol trattenne un sorriso, poi si appoggiò allo schienale, aspettando che fosse il ragazzo a fare le domande.
    Non attese molto
    -Quali altre regole ci sono?-
    -Dobbiamo vestire in un certo modo, portando un farsetto nero con un piccolo teschio al centro, ma solo in pubblico; non puoi bere né mangiare nelle taverne, porta sempre rispetto alla guardia cittadina, e soprattutto- Kraol smise di sorridere e si sporse in avanti, scandendo in modo accurato le parole -non portare mai, mai, per nessuna ragione al mondo, un’arma-
    Freinzev annuì a tutto, alle ultime parole sussultò, ogni ragazzo della sua età aveva il sogno nascosto delle armi, il mito dei cavalieri e dei soldati
    -Perché?- chiese dopo qualche momento
    -Nell’ordine, per riconoscerci come membri della gilda, perché alla gente non piace vederci in giro, perché alle guardie piace alzare il gomito, perché il boia ed il suo assistente possono usare armi solo alle esecuzioni-
    Il ragazzo assimilò tutto con una foga impressionante, annuendo serio e trattenendosi dal chiedere ancora.
    Aveva una fame di apprendimento all’apparenza insaziabile.
    Kraol decise di tacere altre piccole cose, che forse era meglio discutere più tardi.
    -Il grosso dei tuoi doveri, per adesso, sarà pulire ed oliare la spada da esecuzione, pulire gli attrezzi e portarli quando servirà, ed in generale, non fare nulla di quello che ti ho detto-
    Lui a quattordici anni, quando il padre gli aveva esposto le regole dei boia, era sgattaiolato fuori al tramonto per andare ad ubriacarsi per la prima volta.
    A Freinzev dava forse due settimane, poi avrebbe fatto lo stesso.
    -Hai fame?- chiese addolcendo la voce
    -Un po'-
    -E allora andiamo a vedere se Borvek ci ha lasciato qualcosa da mangiare-
     
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    Questo capitolo è stato molto interessante, soprattutto per la spiegazione dettagliata ma non troppo pesante della vita del boia in città e delle restrizioni.

    Attenzione ai punti e alle virgole, però. All'inizio, ad esempio:

    CITAZIONE
    Andare avanti ed indietro nel salotto di casa per poco non l’aveva fatto stramazzare a terra, il ginocchio destro urlava la sua protesta per quel movimento

    Qua invece della virgola bisognava fare una pausa col punto e poi continuare.
     
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  6. CB-PR
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    Ho letto il prologo. Bello. Sono riuscito a immaginare la scena in modo soddisfacente nonostante siano le 6 di mattina. Si fa leggere anche a occhi stanchi.
    ___
    note:

    -->Ad<--- Kraol sembrava

    Kraol mise tutta la sua forza nel colpo, la lama impattò sul collo esposto del condannato, troncandolo di netto in un colpo solo.

    accanto a se
    ("sé". Se invece dici "se stesso" è senza accento)
    ----
    http://www.treccani.it/enciclopedia/soprat...ca-italiana%29/
     
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    Sono riuscito a immaginare la scena in modo soddisfacente nonostante siano le 6 di mattina. Si fa leggere anche a occhi stanchi.
    ___

    Se riesci a leggere a quell'ora... Complimenti XD
     
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6 replies since 6/9/2017, 10:14   167 views
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