Di poeti maledetti e insegnanti avvenenti

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    Ho scritto questo racconto lungo/ pseudo-romanzo breve tra novembre e dicembre del 2022, inizialmente per occupare le ore che avevo libere dato che facevo ormai mezza giornata di lavoro e mezza di cassa integrazione, la parte conclusiva invece l'ho scritta gli ultimi dieci giorni dell'anno, quando ero senza lavoro.
    Pensavo fosse un racconto molto più breve, quando ho iniziato a scriverlo, pensavo a sei o sette capitoli, invece ho raggiunto la ventina. L'ho pubblicato su EFP riscuotendo più successo della media delle mie pubblicazioni: in sintesi, hanno commentato in tre, invece di restare a quota zero recensioni, e mi ha fatto molto piacere soprattutto leggerr le loro congetture.
    Diciamo che c'è un po' di tutto: ambientazione pre-epoca digitale, romance, mistero e - spero - colpi di scena in grado di sorprendere. Ho deciso di condividerlo anche qui, sperando possa piacervi. Oppure farvi schifo, sono aperta a tutto! :P




    DI POETI MALEDETTI E INSEGNANTI AVVENENTI

    Esplode la tempesta
    poco dopo le nove,
    chissà se mi pensi
    intanto che piove,
    chissà se mi sogni
    in una sera sprecata,
    oppure vuoi fuggire
    dalla vita incantata
    di poeti maledetti
    e insegnanti avvenenti,
    chissà se andrai via
    coi tuoi sorrisi ridenti.


    Aveva diluviato sia nel corso della notte sia nelle prime ore del mattino. La spiaggia era ancora deserta, nonostante il sole iniziasse a filtrare tra le nubi. Anche sul molo c'erano solo un paio di pescatori. L'aria era ancora fresca, ma presto la temperatura sarebbe salita.
    Aurora fu scossa da un brivido mentre camminava accanto agli scogli. Non le piaceva stare dall'altro lato, più esposta al vuoto. Le probabilità di inciampare e scivolare in mare erano minime, ma preferiva sentirsi sicura. Non era molto brava a nuotare e, soprattutto, non l'aveva mai fatto in situazioni in cui non potesse, in caso di necessità, mettere i piedi sul fondo. Ripensava, frattanto, agli stupidi versi, ma tracciati da una grafia elegante, che aveva trovato sotto la porta quella mattina, e a quanto non fosse stata una buona idea accettare l'invito, partendo per quella vacanza.
    "Per fortuna domenica arriverà presto."
    Era già venerdì mattina ed erano passate già più di dodici ore dal suo arrivo. Aveva cenato in un bar, durante il tragitto, mentre fuori scoppiava il temporale. Negli ultimi chilometri aveva guidato sotto al diluvio, più concentrata sulla strada che sulle persone che avrebbe incontrato.
    Zia Luisa non le aveva detto esplicitamente che anche Oscar sarebbe stato presente, ma Aurora l'aveva sospettato fin dal primo minuto. Si erano incrociati solo di sfuggita, scambiandosi solo un rapido saluto. Si era detta che evidentemente aveva dimenticato cosa fosse accaduto tra di loro due anni prima - e non le sarebbe dispiaciuto affatto trovarne una conferma - ma era molto probabile che, proprio in quel momento, il figlio della padrona di casa fosse già al lavoro su qualcosa con cui stupirla.
    "E di sicuro non mi ha sorpresa in positivo. Da uno scrittore pubblicato, mi aspetterei qualcosa di meglio che quella poesiola da ragazzino."
    Stava riflettendo sul fatto che, tutto sommato, non le dispiacesse più di tanto essere definita "insegnante avvenente", quando all'improvviso, dietro di lei, qualcuno le posò una mano su una spalla, facendola sussultare.
    «Disturbo?» chiese una voce che Aurora conosceva fin troppo bene.
    Si girò lentamente e subito domandò: «Che cosa ci fai qui, poeta maledetto?»
    Oscar sfoggiò uno dei suoi irritanti mezzi sorrisi.
    «Potrei farti la stessa domanda. Non sei tu quella che ha detto che non le piace il mare?»
    «Ho detto che non mi piace prendere il sole» puntualizzò Aurora, «Che non mi piacciono il tanfo delle creme solari, la pelle arrossata, le scottature, la sabbia che si infila dappertutto... Qui è bellissimo. E poi anche tu hai sempre detto che non ti piace il mare.»
    «Non mi piace andare in giro per la spiaggia in mutande e ciabatte di plastica» chiarì Oscar. «In fondo siamo simili, io e te, anche se tu non te ne sei ancora accorta.»
    Aurora alzò gli occhi al cielo, sospirando.
    «Certo, io non mi accorgo di niente. Stai per caso pensando di essere in dovere di spiegarmi come si sta al mondo? E perché, poi, questa pretesa? Perché scrivi poesie da decerebrato e me le fai trovare sul pavimento della mia stanza?»
    «Ehi, prof, non c'è bisogno che ti scaldi tanto» ribatté Oscar. «Io non ti insegno a vivere e tu non mi insegni a scrivere. Mi sembra una buona proposta, tu cosa ne dici? Accetti?»
    «Ho una proposta ancora migliore» replicò Aurora. «Fai dietrofront e te ne torni da dove sei venuto.»
    Oscar le indicò un uomo di mezza età seduto sugli scogli con la lenza in mano, a pochi metri di distanza.
    «E se invece volessi rimanere qui e chiedere a quel tizio come va la pesca?»
    «Non penso che ti interessi davvero» sbottò Aurora. «Comunque fai quello che vuoi, basta che mi lasci in pace!»
    «Okay, come vuoi» disse Oscar, in tono arrendevole, ma solo prima di afferrarla per un braccio e di trascinarla con di sé.
    «Ehi, che cazzo fai?» esclamò Aurora, cercando di liberarsi con uno strattone.
    «Cosa sono queste parole, prof?» ribatté Oscar, in tono beffardo, lasciandola andare. «Hai ragione, a me non interessa cosa sta pescando questo signore, ma magari a te sì.» Fece qualche passo, avvicinandosi al pescatore. «Scusi, buon uomo, la mia amica vuole sapere se i pesci abboccano.»
    Aurora avvampò, mentre l'uomo si girava verso di loro.
    «Se ne intende di pesca, signorina?»
    «Mi scusi, non volevo disturbarla» si giustificò Aurora. «Purtroppo il mio... ehm... diciamo amico, solo perché in alternativa mi vengono in mente solo termini offensivi, è una persona invadente. Non è stata una mia idea quella di disturbarla.»
    «Si figuri, nessun disturbo.» Il pescatore la squadrò con attenzione. «A proposito, lei è una parente della signora Molinari, vero?»
    Aurora annuì.
    «Sì, più o meno. Zia Luisa», l'aveva sempre chiamata zia anche se era solo un'amica di famiglia, «è la mia madrina.»
    «La conosco di vista, la signora Molinari» le raccontò il pescatore. «Trascorre qui quasi tutta l'estate, ogni tanto mi capita di vederla. Sembra così tanto una brava donna, eppure dicono che abbia un figlio così scapestrato. Mi pare scrivesse per un giornale, ma sembra che abbia lasciato il lavoro e non si sa esattamente che fine abbia fatto.»
    «Proprio uno scapestrato, il figlio della povera signora Molinari» convenne Oscar, in tono divertito. «Anch'io ho sentito parlare molto male di lui. Meno male che la signora Luisa ha delle parenti acquisite a modo come la signorina qui a fianco.»
    Aurora fu costretta a uno sforzo per non scoppiare a ridere.
    «Il figlio di zia Luisa ha pubblicato un romanzo, che io sappia» disse, rivolgendosi al pescatore. «Ad ogni modo non vogliamo disturbarla con le nostre chiacchiere, quindi la lasciamo alla sua pesca e ce ne andiamo.»
    Salutarono l'uomo e tornarono indietro. Aurora continuò a trattenersi ancora per parecchi metri, poi finalmente si fermò e si lasciò andare a una risata.
    «Cosa ti diverte, prof?» scherzò Oscar. «L'idea di andartene in giro con un giovane scapestrato ti fa ridere?»
    «Avresti potuto dirgli che lo scapestrato in questione sei tu» ribatté Aurora. «È stato così... surreale, diciamo.»
    «Surreale, buona definizione» replicò Oscar. «Te la cavi piuttosto bene con le parole, per essere una che ha sempre a che fare con noiosissimi numeri e insopportabili radici quadrate.»
    «La matematica è qualcosa di concreto. Sono certa che quel pescatore apprezzerebbe il mio lavoro.»
    «Io non ne sono tanto sicuro. Sai, sono in pochi ad apprezzare il lavoro di voi insegnanti, qualunque sia la materia.»
    «Me ne rendo conto. La metà dei miei studenti non ha la benché minima voglia di ascoltarmi, ma è la strada che ho scelto e gradirei che almeno tu, che ti sei diplomato da quindici anni, non infierissi.»
    «Avevo diciannove anni quando mi sono diplomato. Ne sono passati sedici. Devo insinuare che non ti ricordi la mia età, oppure che non sai fare trentacinque meno diciannove?»
    Aurora sbuffò.
    «Non sei divertente.»
    «Nemmeno tu, prof!»
    «Sono un'insegnante, dopotutto. Il mio ruolo non mi chiede di essere divertente.»
    «Adesso, però, sei in vacanza e, nello specifico, stai passeggiando insieme al discendente scapestrato di una brava donna che ha un sacco di soldi.»
    «Nello specifico siamo fermi, non stiamo passeggiando.»
    «Allora facciamo un giro lungo la spiaggia. Non passerà molto che si riempia di gente priva del benché minimo senso del decoro.»
    «Di che decoro parli?»
    «Di quello che manca alla gente che gira in mutande e mette in mostra pelo arruffato.»
    Aurora ridacchiò.
    «Da come ne parli, sembra che le spiagge siano tunnel degli orrori.»
    «E allora facciamoci una passeggiata nel tunnel degli orrori» la esortò Oscar. «Ormai il molo non è più il posto che fa per noi, ci sono troppi pescatori che potrebbero indignarsi, se sapessero chi sono e che sto cercando di corrompere una brava ragazza come te.»
    «Le brave ragazze come me non si lasciano corrompere» rispose Aurora, avviandosi verso la spiaggia, «Ma sono ben disposte a fare due passi insieme a te.»
    Oscar la seguì, rimanendo il silenzio per qualche istante. Infine le domandò: «Cosa ne è stato di te in questi due anni?»
    «Niente di che» ammise Aurora. «Non c'è niente di particolarmente interessante nella mia vita. Continuo a insegnare, sperando di riuscire a rimanere nella stessa scuola, ogni tanto do lezioni private, poi quando capita vado al cinema oppure a ballare.»
    «E quel fidanzato che avevi?»
    «L'ho lasciato. Non lo vedo più. Penso si sia trovato un'altra.»
    «E tu?»
    «Io cosa?»
    «Pensi di trovarti un altro fidanzato oppure no?»
    Aurora alzò le spalle.
    «Se capita.»
    «Ma frequenti qualcuno?»
    «Mi stai chiedendo se scopo con qualcuno con cui non sono fidanzata?»
    «Attenta a come parli, prof. Cosa direbbero i tuoi studenti se ti sentissero in questo momento?»
    Aurora scoccò a Oscar un'occhiata di fuoco.
    «Non ci sono buone ragioni per cui i miei alunni dovrebbero sentirmi mentre parlo della mia vita sessuale... e ringrazia di non essere uno di loro. Sarà da dieci minuti, al massimo un quarto d'ora, che ci siamo incontrati. In questi dieci minuti, ti avrei già spedito dal preside minimo venti volte.»
    Oscar ammise: «So di potere essere irritante, ma per fortuna non sono un tuo studente. Mi posso permettere qualche libertà in più.»
    «Oppure» replicò Aurora, «Potresti raccontarmi cos'hai fatto tu in questi due anni. Perché le domande devono essere a senso unico?»
    «Ti ha già detto tutto quel tipo che pescava, non c'è molto altro da sapere» puntualizzò Oscar. «Ho lasciato il giornale e adesso sono uno scapestrato che rovinerà il buon nome della propria famiglia.»
    «Come ti è venuta l'idea del romanzo?»
    «Ci lavoravo già da un po'. Da quando ho lasciato il giornale, sono riuscito a mettermi a scrivere sul serio.»
    «E l'editore? Come l'hai convinto a pubblicarti?»
    «L'editore lo conosco da anni. Ho già pubblicato con lui, ma mai con il mio vero nome.»
    «Interessante. Cos'hai pubblicato?»
    «Raccolte di poesie.»
    «Con quale pseudonimo?»
    Oscar scosse la testa.
    «Questo non credo di potertelo dire.»
    Aurora obiettò: «Perché no?»
    «Perché ti metteresti a ridere.»
    «È un nome così ridicolo?»
    Oscar sbuffò.
    «Va bene, come vuoi. Olivia Passante.»
    Aurora spalancò gli occhi.
    «Olivia Passante?!»
    «Olivia Passante» ripeté Oscar. «L'editore pensava che i miei testi fossero adatti a un pubblico prevalentemente femminile, che non avrebbe letto volentieri poesie d'amore scritte da un giornalista di cronaca.»
    «Perché hai scelto un nome da donna?» volle sapere Aurora.
    «È stata una scelta condivisa, venuta fuori quasi per caso. La segretaria dell'editore ha letto alcuni miei testi e ha detto che le sembravano scritti "da una donna romantica e non da un uomo arrapato". Quindi è venuta fuori Olivia Passante.»
    «Che tristezza.»
    «No, non è un problema. Mi piace chiedermi come scriverebbe Olivia, di tanto in tanto. È un po' come se fosse un'amica immaginaria.»
    «Che tristezza non potere essere chi siamo davvero solo perché qualcuno ci etichetta in modo strano» spiegò Aurora. «Perché un uomo non dovrebbe potere scrivere poesie d'amore?»
    «E perché dovrebbe essere uno scapestrato solo perché scrive opere di fantasia invece che articoli di giornale?» ribatté Oscar, prima di abbassare lo sguardo. «Comunque, se ti può consolare, quel pescatore non ha tutti i torti. Ho combinato un po' di casini, in questi ultimi due anni.»
    Aurora sorrise.
    «Quindi sei davvero un poeta maledetto.»
    Oscar non replicò. Continuarono a camminare, in silenzio, l'una accanto all'altro. Si fermarono solo quando giunsero nei pressi di uno stabilimento balneare.
    «Torniamo indietro?» suggerì Aurora. «Non vorrei che tu fossi infastidito dalla vista di uomini senza decoro in mutande e ciabatte di plastica.»
    «Torniamo indietro» concesse Oscar. «Non vedo persone interessanti nei paraggi.»
    «Che genere di persone interessanti?»
    «Non so, venditori ambulanti abusivi con cui scambiare qualche parola.»
    «Per trovare spunti?»
    «No, semplicemente perché potrebbero avere storie interessanti da raccontare. Per oggi dovrò accontentarmi di professoresse di matematica che girano per la spiaggia in abito a fiori e scarpe di tela.»
    «Noi professoresse di matematica in abito a fiori e scarpe di tela non abbiamo molto di interessante da raccontare.»
    «Noi poeti maledetti, invece, di cose da raccontare ne avremmo tante, ma rimanere in silenzio è l'unico modo che abbiamo per non far scappare a gambe levate le professoresse di matematica.»
    Aurora azzardò: «E se noi professoresse di matematica fossimo più maledette di voi poeti?»
    Oscar ribatté: «Tu non sei per niente maledetta, prof. Sono sicuro che arrossisci ancora al pensiero di avere fatto sesso con me due anni fa, allo stesso modo in cui a suo tempo arrossivi quando mi raccontavi di non averlo mai fatto prima.»
    Aurora avvampò.
    «Perché hai tirato fuori questo discorso?»
    «Per farti arrossire.»
    «Sei un cretino!»
    «Vorrà dire che, quando torneremo a casa, ti concederò di mettermi in punizione dietro la lavagna.»
    «Non ci sono lavagne a casa tua, che mi risulti.»
    Oscar precisò, secco: «È casa di mia madre, non casa mia. Anzi, è una delle sue case.»
    «A proposito, com'è casa tua?» gli chiese Aurora.
    Oscar si fermò di scatto.
    «È mia madre che vuole saperlo, vero?»
    Aurora aggrottò la fronte.
    «No, di cosa parli?»
    La tensione che aveva colto sul volto di Oscar e nel suo tono svanì subito, mentre replicava: «No, niente, pensavo che fosse lei a volerlo sapere.»
    «Non l'hai mai invitata a casa tua?»
    «No, e non lo farò.»
    «Posso chiederti, almeno, dove abiti?»
    «Da quello che ho saputo, al massimo a quindici chilometri di distanza da te. Però, se vuoi chiedermelo, non inviterò nemmeno te.»
    Aurora gli strizzò un occhio.
    «Non ti ho chiesto di essere invitata a casa tua. Sono certa che tu abbia compagnie femminili migliori di noi professoresse in abito a fiori che arrossiamo ancora pensando ai nostri... ehm... trascorsi erotici.»
    Oscar chiarì: «A casa mia non ho nemmeno un letto matrimoniale, non è il luogo più adatto per portarci le mie donne. Non lo faccio nemmeno adesso, che sono da solo.»
    «Avevi una compagna?» azzardò Aurora. «E dove la mettevi a dormire?»
    «Avevo un coinquilino» rispose Oscar, «Ma non voglio parlarne. O meglio, se vuoi sapere dove dormisse, dormiva nel suo letto e io nel mio. Però non ti dirò altro. E adesso torniamo a casa, prima che mia madre o mia zia pensino che ti ho rapita. Sono un cattivo ragazzo, dopotutto. Nemmeno una prof graziosa come te potrebbe salvarmi.»
    «E se invece di salvarti volessi diventare una cattiva ragazza io stessa?»
    «Potrei baciarti, se vuoi provare questa ebbrezza.»
    «Ho ventotto anni. Ne sono passati almeno quindici da quando pensavo che essere baciata fosse un comportamento da cattiva ragazza. Dovrai inventarti qualcosa di meglio se vuo-...»
    Le parole morirono in bocca ad Aurora, mentre Oscar scattava verso di lei e si avventava sulle sue labbra.
    Quando qualche istante più tardi si allontanò, le assicurò: «Farò molto di più, se lo vorrai.»
     
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    Dalla finestra, Oscar vide Aurora in cortile. La lampada che stava sul portone dava un insolito tono ai disegni floreali del suo abito - uno diverso, rispetto a quello che portava quella mattina, quando si erano incontrati sul molo e avevano proseguito facendo una passeggiata lungo la spiaggia ancora semideserta. Si chiese cosa fosse meglio fare, se cercare di fare qualcosa di costruttivo in attesa che venisse l'ora di andare a dormire, o se fosse più opportuno scendere e trascorrere un po' di tempo in compagnia di Aurora.
    "Forse" realizzò, "la cosa più costruttiva in assoluto è proprio andare da Aurora."
    La "prof" l'aveva evitato, dopo il bacio che si erano scambiati quella mattina, ma Oscar si rendeva conto di non avere fatto molto per avvicinarla. Era giunto il momento di rimediare, quindi uscì dalla camera, scese le scale e si affrettò a uscire, prima che Aurora si allontanasse oppure rientrasse in casa.
    Non si accorse di lui finché Oscar non comparve alle sue spalle, esclamando: «Buonasera, prof!»
    Aurora si voltò di scatto.
    «La devi smettere di saltare fuori all'improvviso spaventandomi!»
    «Non è colpa mia se ti spaventi facilmente» ribatté Oscar. «E poi, sentiamo, cosa dovrei fare? Attirare la tua attenzione da lontano, mettendomi a urlare?»
    «Non ho detto questo, anche perché non mi sembra il caso di farci vedere insieme.»
    «Perché no?»
    «Perché magari tua madre o tua zia potrebbero farsi delle strane idee.»
    «Cioè pensare che io ti piaccia? Quale sarebbe il problema? Hai paura che mettano in guardia i tuoi genitori raccontando loro che frequenti tipi poco raccomandabili?»
    Aurora ridacchiò.
    «Ormai non devo più rendere conto ai miei genitori di chi frequento, e da un bel po' di anni. Peraltro non credo sarebbero così dispiaciuti se sapessero che in questo momento mi trovo insieme a uno scrittore, qualunque cosa ne pensino di te i pescatori del posto... e, senza essere scortese e senza volerti fare i conti in tasca, neanche uno scrittore squattrinato, direi.»
    «Vedo un certo di attaccamento ai beni materiali, prof» replicò Oscar. «Comunque mi sta bene, se vuoi che spenda soldi per te, direi che possiamo iniziare subito. Andiamo a fare un giro e ti offro un gelato, ci stai?»
    Aurora obiettò: «Mi sono già lavata i denti.»
    «Anch'io me li sono appena lavati» rispose Oscar, «Ma ce li possiamo sempre lavare un'altra volta, non credi?»
    «Credo di sì. Dove mi porti?»
    «A pochi metri da qua. È l'unico posto in cui possiamo andare a piedi.»
    «Pensavo che mi accompagnassi con la tua Rolls Royce.»
    «Mi dispiace deluderti, prof, ma non ho una Rolls Royce. In realtà non ho nemmeno un'auto, quindi avresti dovuto accompagnarmi tu.»
    Mentre uscivano dal cancello, Aurora osservò: «Non sapevo che non avessi una macchina. Posso chiederti come mai? Non hai la patante, oppure non ti piace guidare?»
    «Ho la patente e, quando avevo una macchina, guidavo regolarmente» rispose Oscar. «In città, comunque, ci sono i mezzi pubblici e, all'occorrenza, i taxi. Non sento di avere bisogno di un'auto.» Non era esattamente quella la ragione per cui non possedeva più un'automobile, ma quantomeno era il motivo per cui non aveva sentito il bisogno di comprarne un'altra dopo quello che era accaduto. Ad Aurora sembrava bastare, dato che non chiese ulteriori spiegazioni. Oscar ne approfittò per indicarle una direzione e informarla: «Dobbiamo andare di là.»
    «Va bene, fammi strada tu» lo pregò Aurora. «Non le conosco molto bene, queste strade.»
    «Certo, e se te ne andrai tra appena due giorni non farai in tempo a imparare a conoscerle» ribatté Oscar. «Perché non ti fermi un po' di più?»
    «Ho fatto dei programmi e mi piace rispettarli» rispose Aurora, «E poi non vorrei approfittare di tua madre. È stata gentile a invitarmi, ma non mi sembra carino fermarmi qui all'infinito.»
    «E poi» replicò Oscar, «Passare il tempo qui, in compagnia di mia madre e di mia zia, non deve essere la massima ambizione di vita per nessuno. Io stesso, non appena capiterà l'occasione, me ne tornerò a casa.»
    «Il famoso appartamento in cui tua madre non ha mai messo piede?»
    «Esatto, proprio quello.»
    A Oscar non faceva piacere parlare apertamente di quel posto, ma sapere che Aurora era in buona fede - e non era invece stata istruita appositamente per fargli domande in proposito, come aveva sospettato in un primo momento - lo faceva sentire più sicuro. La gente aveva la malsana abitudine di impicciarsi nei fatti di cui gli altri non volevano discutere, ma tendeva a smettere in fretta di fare allusioni imbarazzanti quando non si rendeva conto di mettere in difficoltà i propri interlocutori. Fare qualche accenno all'appartamento in cui abitava, di conseguenza, non avrebbe incoraggiato Aurora a chiedergli di più, quanto piuttosto a pensare semplicemente che non ci fosse nulla di interessante di cui dibattere in proposito.
    Rimasero in silenzio per qualche istante, finché non svoltarono la strada in fondo alla quale svettava l'insegna colorata del bar-gelateria nel quale avrebbero concluso la serata.
    «Ecco, prof, è là che voglio portarti.»
    «L'avevo capito.»
    Qualche minuto più tardi si sedettero e ordinarono due coni. Oscar non era un consumatore abituale di gelati, quindi scelse gli stessi gusti di Aurora.
    Rimasero seduti in silenzio per un po', circondati dalle voci degli altri clienti e dalla musica che proveniva dal juke-box.
    Dopo avere finito il suo cono, fu Aurora la prima a parlare.
    «Cosa fai di solito nel tempo libero?»
    «Scrivo.»
    «Quello è il tuo lavoro. Intendo nel vero tempo libero.»
    Oscar alzò le spalle.
    «Niente di che.»
    «Non hai interessi?»
    «Faccio cose normali, probabilmente le stesse che fai tu. Leggo, guardo la televisione, a volte vado fuori.»
    Aurora sorrise.
    «Sì, in effetti, da questo punto di vista, si potrebbe quasi dire che facciamo le stesse cose.»
    «Non parlerei necessariamente di interessi in comune» mise in chiaro Oscar. «Voglio dire, quello che mi interessa davvero, come hai detto tu, ormai è il mio lavoro. Diciamo che per professione faccio quello che mi piace e, quando non sto lavorando, cerco di trovare un modo per fare venire sera.»
    «Hai qualche sogno da realizzare?»
    «Domande filosofiche, stasera, prof, o sbaglio?»
    «Ti dispiace che ti chieda di te?»
    «No, per niente, ma mi hai fatto una domanda a cui non so rispondere. Tu, invece, ce l'hai qualche sogno da realizzare? A parte una cattedra di ruolo, immagino. Nella vita non c'è solo il lavoro.»
    Aurora gli scoccò un'occhiataccia.
    «Specie se non abbiamo trasformato il nostro hobby nel nostro lavoro?»
    «Mai detto questo. Sei tu che stai dicendo che insegnare non ti piace.»
    «Nemmeno io ho mai detto questo. Insegnare mi piace, ma non è esattamente il modo in cui passerei il mio tempo libero. Dopotutto i miei alunni sono ben più difficili di te da gestire e ho a che fare con quindici o venti di loro alla volta.»
    «Mi sembra una risposta ragionevole, la tua» osservò Oscar. «Brava, prof, quando incontri uomini invadenti, fai bene a metterli a tacere così.»
    «No, figurati, non sei per niente invadente» lo rassicurò Aurora. «O quantomeno, non lo sei stato in questo momento. Sono sicuro che, con un po' di sforzo, riusciresti a fare di meglio.»
    Oscar rimase impressionato dal modo in cui Aurora sorrideva, mentre pronunciava quelle parole.
    «Mi stai sfidando?»
    «No, non direi.»
    «Eppure vuoi che ti chieda qualcosa di davvero imbarazzante.» Oscar rifletté per qualche istante, valutando fino a che punto potesse spingersi. Poi smise di riflettere e fece proprio la domanda che sapeva di non poterle fare. «Perché non sei mai stata a letto con il tuo ex fidanzato?»
    «Perché mi aveva detto di non volere fare sesso prima del matrimonio.»
    «E ti stava bene?»
    «Sì, finché non ho capito che si riferiva solo al fatto di non fare sesso con me, prima del nostro matrimonio, ma che nel frattempo era ben disposto a farlo con altre.»
    «Che stronzo!»
    «Oserei dire che sono d'accordo.»
    «Quanto tempo ci sei stata insieme?»
    «Quasi cinque anni.»
    «Cinque anni sprecati.»
    «Oserei dire che continuo a essere d'accordo. Però sto ancora aspettando la domanda imbarazzante.»
    «Era quella che ti ho fatto poco fa.»
    «Per essere uno scrittore, sei totalmente privo di immaginazione.»
    Oscar alzò gli occhi al cielo.
    «Cosa devo chiederti, allora, se sei politicamente schierata?»
    «Iniziamo ad andare meglio» ribatté Aurora. «Non perché mi senta di dire che ammiro molto la classe politica, quanto piuttosto perché associare il concetto di imbarazzo a quello di sesso non è esattamente quello che mi aspetto da un uomo che si atteggia a poeta maledetto e scrive poesie d'amore.»
    «Non ammiri la classe politica» replicò Oscar, «Ma non mi hai ancora detto se sei politicamente schierata.»
    «Non pensavo ti interessasse davvero.»
    «Perché no? Penso che le persone farebbero bene a frequentarsi quando hanno ideali compatibili.»
    «Bene, allora avrai quello che vuoi. Ogni volta in cui vado a votare, mi chiedo se la croce che metto porterà a qualcosa di buono. Mi sforzo di pensare che sarà così, ma da parte mia sono certa che non lo sarà. Eleggiamo rappresentanti che non hanno il benché minimo interesse per rappresentare né il nostro pensiero né i nostri dubbi. Quindi, in sintesi, voto perché, se non lo facessi, accetterei chiunque, anche chi non ha mai fatto niente per fingere di rappresentarmi in qualche modo.»
    «Mi piace la tua risposta.»
    «E tu? Sei politicamente schierato?»
    «Dipende da cosa intendi per politicamente schierato. Credo in un mondo ideale, in cui tutti dovremmo avere gli stessi diritti e in cui si dovrebbe ambire al meglio per chiunque. Quando entro in cabina elettorale, tuttavia, so per certo che il mio voto finirà nelle mani di qualcuno che mi direbbe che devo crescere e smetterla di comportarmi da ragazzino illuso che insegue la pace e l'amore.»
    «D'altronde loro cosa potrebbero dire? Se invitassero gli elettori a ragionare con la propria testa invece di aderire ciecamente a presunte logiche di partito, il loro successo sarebbe molto ridimensionato. Comunque adesso stiamo davvero iniziando a diventare fin troppo filosofici. Forse era meglio parlare di sesso. Mi pare di capire che tu non sia fidanzato, ma ultimamente ti stai portando a letto qualcuna?»
    «Al momento no.»
    «Fammi indovinare, adesso mi dirai che hai raggiunto un momento della vita in cui punti all'anima gemella.»
    «Non ho detto nulla di tutto ciò, hai detto tutto da sola. Ti piace leggere nella mia mente, prof?»
    «Non sono sicura che mi piacerebbe.»
    «Non ci sarebbero pensieri molto filosofici, in questo momento. Sto riflettendo sul senso di quello che è successo tra di noi due anni fa.»
    Aurora tagliò corto: «Non tutto deve avere un senso.»
    Oscar ribatté: «All'epoca sembrava che un senso ce l'avesse, per te.»
    «Dipende tutto da che prospettiva lo si guarda.»
    «Te ne sei pentita?»
    «Perché avrei dovuto?»
    «Sei sparita completamente, non ti sei più fatta vedere per due anni...»
    Aurora interruppe il discorso sul nascere.
    «Non sapevo nemmeno che fine avessi fatto. Non ho neanche il tuo numero di telefono, né so dove abiti. Avresti potuto cercarmi tu, se proprio ci tenevi.»
    «Va bene, io non ho cercato te e tu non hai cercato me» si arrese Oscar. «Forse non è colpa di nessuno, semplicemente potevamo fare a meno l'uno dell'altra.»
    Aurora abbassò lo sguardo.
    «Ho l'impressione che siamo finiti nel bel mezzo di un discorso senza senso.»
    «Possiamo uscirne parlando di nuovo di qualcosa di filosofico.»
    Aurora alzò gli occhi.
    «Del tipo?»
    «Sei religiosa?»
    «Dipende da cosa intendi. Penso di credere in Dio. Non avrei problemi a sposarmi in chiesa, far battezzare i miei figli o andare a messa a Natale, se il mio ipotetico marito fosse d'accordo.»
    Oscar azzardò: «Parli del matrimonio e del battesimo, vero?»
    Aurora aggrottò la fronte.
    «Non ho capito. Cosa intendi?»
    «Se si tratta della messa di Natale, non dovresti sposare qualcuno a cui devi chiedere il permesso per andarci. I soggetti che vogliono controllare completamente la tua vita, faresti meglio a evitarli.»
    «Sì, certo» convenne Aurora. «Non intendo sposare una persona di quel tipo.»
    «Posso chiederti com'è il tuo uomo ideale?»
    «Non saprei. Se l'avessi già incontrato, magari adesso sarei sposata.»
    Oscar annuì.
    «Mi sembra un'ottima risposta.»
    «Tu, invece? Com'è la donna dei tuoi sogni?»
    «Non vale. Sono io che ho fatto la domanda. Adesso sarò costretto a dare una risposta simile alla tua e mi accuserai di avere copiato.»
    «Sono una professoressa di matematica: è normale, per me, aspettarmi lo stesso risultato da tutti, anche se non hanno copiato.»
    «Vedo che hai sempre l'ultima parola. Credo sia meglio che ce ne torniamo a casa, altrimenti prima o poi sarei costretto a risponderti che la mia donna ideale ce l'ho seduta di fronte a me.»
    Aurora si alzò in piedi.
    «Hai ragione, andiamo.» Finse di guardarsi intorno. «Comunque non vedo donne sedute di fronte a te.»
    Si avviarono senza parlare. Oscar non aveva la più pallida idea di come replicare. Si ritrovò, non per la prima volta in quella serata, a sperare che fosse Aurora a salvare la situazione. Erano ormai vicini a casa quando Aurora, suo malgrado, lo deluse, nonostante le buone premesse.
    «Sai, forse mi ricordo di te, di quando eri bambino. Ricordi molto vaghi, io ero molto piccola, ma sono sicura di avere in mente qualche dettaglio.»
    «Qualche dettaglio di che tipo?»
    «Ti ricordo con i capelli tagliati a caschetto, nel giardino di casa tua, che giocavi con un altro bambino. Non so chi fosse, ma ricordo che ti vedevo sempre insieme a lui.»
    Oscar rabbrividì.
    «Può darsi.»
    «Forse era il figlio della governante.»
    Tanto valeva ammetterlo.
    «Sì, Nico era il figlio della governante.»
    «Che fine ha fatto?»
    «La governante? A un certo punto ha trovato un altro lavoro, si è licenziata e non l'ho più vista. Penso avesse proprio cambiato città.»
    «Intendevo il figlio. L'hai mai rivisto?»
    Rispondere di no sarebbe stato troppo facile, ma Oscar non vide il senso di mentire.
    «Nico era solo il figlio della governante, tutto qui. Quando non c'era lui, frequentavo altri bambini.»
    Aurora insisté: «L'hai mai rivisto?»
    Oscar replicò: «Per stasera ci siamo già fatti fin troppe domande. Magari ti rispondo domani, okay? Adesso è meglio andare a dormire, si sta facendo tardi. E, mi raccomando, torna a lavarti i denti, prof.»
    Aurora ridacchiò.
    «Non c'è bisogno che tu me lo dica. Va bene, in ogni caso, basta domande, almeno per oggi. Per domani cercherò di pensare a qualcosa di più particolare, che ti metta in difficoltà.»
    Oscar sospirò.
    «Mi hai già messo in difficoltà, prof. Mi dispiace, ma oggi non sono abbastanza preparato.»
    «Sei meno» ribatté Aurora, sorridendo. «Sei intelligente, ma dovresti applicarti di più, se non vuoi essere rimandato a settembre.»
     
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    Finalmente sono riuscito a leggere (anche perché essendo in pochi il materiale postato è quello che è e si sa che non sono avvezzo in racconti e romanzi). Il poeta maledetto e l'insegnante che fa la pudica quando in realtà sprizza di desiderio. Lei cerca di fare resistenza, ma è una resistenza diciamo farlocca. Lui comunque provoca, ma ha tutto un modo, quello tipico dello scrittore rispetto a quello più tipico del tamarro.
     
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    Assolutamente, nessuna tamarraggine da parte di Oscar! :D
    Che Aurora sia attratta da lui è palese, anche se per ora trova l'attrazione un po' spiazzante.

    A presto con il prossimo capitolo e grazie per la lettura e per il commento!
     
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    Non so se spiazzante sia il termine giusto. A me è sembrato entrambi facciano una specie di gioco. Lei quello di resistere e lui quello dello sbruffone, ecco. Lei però dentro si sta totalmente sciogliendo come il ghiaccio nel deserto e lui dietro la spavalderia è innamorato perso.
     
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    L'odore della crema solare era talmente forte da dare fastidio. Non era comunque l'unica ragione di tedio: Aurora detestava la sensazione che le dava sulla pelle. Non aveva tuttavia potuto opporsi, quando era stata invitata da Luisa e dalla sorella Loredana a trascorrere il pomeriggio sulla spiaggia con loro. Entrambe avevano attribuito la sua reticenza alla scarsa volontà di esporsi agli sguardi altrui con addosso solo il costume, esibendosi in un coro di "stai benissimo" e "sei bellissima", senza mai centrare il vero problema: Aurora avrebbe preferito di gran lunga fare altro. L'unico costume che aveva portato con sé non le stava peggio di certi abiti e non provava vergogna per il proprio aspetto.
    "Incredibile ma vero" pensò, accogliendo con un forzato sorriso la rivista che Luisa le porgeva e iniziando a sfogliarla distrattamente, "l'unico che ha capito qualcosa di me è Oscar."
    Non aveva idea di dove fosse, d'altronde non gli chiedeva spiegazioni sui suoi spostamenti, sia per non essere invadente sia per non destare sospetti. Aveva capito che, nonostante la loro età, Oscar non ci teneva a farsi vedere da Luisa insieme a lei. In realtà, se non fosse stato per l'insistenza della madre, probabilmente non si sarebbe nemmeno trovato a casa con loro in quei giorni.
    Sembrava di stare in una trappola e Aurora vi si sentiva dentro come non mai. Per fortuna c'era la rivista. Fintanto che le due donne più anziane avessero pensato che fosse immersa nella lettura, magari si sarebbero degnate di non cercare di fare per forza conversazione con lei. Aurora sapeva dove sarebbero andate a parare. O meglio, non aveva la certezza di quali argomenti avrebbero toccato, ma senza ombra di dubbio si sarebbero in qualche modo intromesse nella sua vita privata. Ci avevano già provato, ma per fortuna era sempre riuscita a evitare di ritrovarsi da sola con loro. Luisa era terribile, ma Loredana sapeva essere anche peggio.
    Mentre Aurora stava cercando di concentrarsi sulla ricetta di un arrosto - ricetta che probabilmente non avrebbe mai messo in pratica, dal momento che difficilmente aveva ospiti a cena e non si sarebbe messa a cucinare piatti elaborati soltanto per se stessa - fu proprio la sorella della sua madrina a interrompere quella sorta di finto silenzio, fatto di un'accozzaglia di voci di sconosciuti che parlavano, urlavano e schiamazzavano, mescolandosi con il verso dei gabbiani.
    «Cosa farai la prossima settimana, Aurora?»
    Era una domanda innocente, in apparenza, ma Aurora non si fidava.
    «Non saprei.»
    «Allora perché non ti fermi ancora qualche giorno?»
    Era un'offerta gentile, ma non era il caso.
    «Non posso.» Cercò di trovare una scusa e gliene venne in mente una che, tutto sommato, non si discostava tanto dalla verità. «La prossima settimana mi scadono delle bollette, devo andare alle poste a pagarle prima che mi stacchino la corrente.»
    «Magari puoi tornare» suggerì Loredana. «A meno che, ovviamente, tu non abbia di meglio da fare. Immagino che stare in compagnia di due vecchie signore non sia la tua priorità.»
    Aurora si girò a guardare Luisa. Aveva solo sessant'anni, di sicuro non le sarebbe piaciuto essere definita con quelle parole. Tuttavia, da parte della sorella, sembrava accettarlo, specie se era un buon apripista per passare ad altro.
    «Magari in città avrà un fidanzato, è chiaro che potrebbe preferire la sua compagnia alla nostra.»
    «Beh, sì, è ovvio.»
    «Non c'è nessun fidanzato» chiarì Aurora. «Ho solo un po' di cose da fare, in più non voglio approfittare di voi. Siete già state molto gentili a invitarmi per il weekend.»
    «Sai che sono sempre stata molto legata a tua madre, Aurora» le ricordò Luisa, «Anche se...» Si interruppe, un po' come se dovesse misurare le parole. «Anche se le nostre strade si sono un po' separate.»
    Aurora sapeva cosa intendesse. "Io e tua madre eravamo molto legate, poi io ho sposato un uomo molto ricco, mentre tua madre ne ha sposato uno che aveva semplicemente uno stipendio dignitoso. Le nostre strade si sono divise perché io frequentavo solo persone che avessero lo stesso status economico di mio marito, dato che era questo che si aspettava da me. Non mi è mai pesato, ho sempre preferito i suoi soldi ai legami con le persone, perfino al legame con lui stesso." Doveva essere quello il pensiero di Luisa, anche se non si sarebbe mai spinta a pronunciarlo ad alta voce.
    Anzi, doveva essere già concentrata su altro, dato che aggiunse: «È un vero peccato che i tuoi genitori non siano venuti a trovarmi.»
    «Quando li vedrò» rispose Aurora, «Riferirò loro che avresti piacere di incontrarli.»
    Luisa rimase in silenzio. Dopotutto non poteva certo replicare che, in realtà, non le interessava nulla di rivederli, quanto piuttosto avrebbe gradito fare sfoggio anche davanti a loro della sua casa delle vacanze.
    Se una delle due sorelle rimaneva in silenzio, l'altra doveva necessariamente parlare, a quanto pareva, dato che fu Loredana a dire qualcosa, nello specifico tornando sull'argomento "fidanzato".
    «Non hai ancora conosciuto nessun giovane professore?»
    «Di professori giovani ne ho conosciuti» ammise Aurora, «Ma questo, di per sé, non è sufficiente. Alle persone non basta solo incontrarsi, devono anche avere qualcosa in comune.»
    «Voi giovani di oggi vi mettete troppi problemi» replicò Loredana. «Una volta ci mettevamo meno preoccupazioni. Io, al posto tuo, non mi sarei fatta sfuggire la possibilità di...»
    Luisa la interruppe: «Aurora è una ragazza bella, elegante e istruita. Può puntare a qualcosa di più che a un semplice professore. Non è vero, Aurora?»
    «Non c'è nulla di male a innamorarsi di un professore» ribatté Aurora. «Se mi succedesse non sarrbbrun problema. Il punto è che non mi è ancora successo e che non tutti i giovani professori sono celibi.»
    Luisa azzardò: «Possono sempre ripensarci.»
    «In che senso?»
    «Un giorno potrebbero lasciare le loro fidanzate, oppure le loro mogli. Anche mio marito, il padre di Oscar, era impegnato con un'altra donna, quando lo incontrai. Era fidanzato ufficialmente con la figlia di un suo socio in affari e si sarebbero senz'altro sposati, se non avesse incontrato me. Invece ci conoscemmo, feci subito colpo su di lui, e pure con certe difficoltà, in un secondo momento fui io a diventare sua moglie.»
    «Oh, non lo sapevo.»
    «Sono in pochi a saperlo. Te l'ho detto per ricordarti che non devi arrenderti alla prima difficoltà. Solo perché un uomo a cui punti non è libero adesso, non significa che non possa tornarlo, prima o poi. Adesso, peraltro, è molto più semplice. Quando ero giovane io, e ancora non si poteva divorziare, la presenza di una moglie iniziava ad essere un problema serio. Al giorno d'oggi una moglie potrebbe valere tanto quanto una semplice fidanzata.»
    Aurora puntualizzò: «Non ho messo gli occhi su un uomo impegnato, non è una faccenda che mi riguarda, al momento. Auguro ai miei colleghi sposati o fidanzati di avere una vita felice insieme alle loro compagne, anzi. Il fatto che io sia sola, al momento, non mi sembra un buon motivo per sperare che rimangano soli anche loro.»
    «Magari potrebbero avere qualche amico da presentarti.»
    «Non saprei. Non ne abbiamo mai parlato. Non è un'urgenza, per me, trovare qualcuno che voglia fidanzarsi con me o addirittura sposarmi.»
    Loredana le suggerì: «Se fossi al posto tuo, cercherei di sbrigarmi. Più il tempo passa e più i migliori finiranno per accasarsi. Allora non ti resterà altro da fare che puntare agli scarti delle altre donne, come mio nipote Oscar.»
    Aurora avvampò.
    «Perché Oscar dovrebbe essere uno scarto?»
    «Ha avuto parecchie ragazze, in passato» precisò Loredana. «Non ha funzionato con nessuna di loro.»
    «Magari è Oscar ad avere gusti difficili» ipotizzò Aurora.
    Loredana accennò una risata.
    «Stai dicendo che per te Oscar non è così male?»
    «Sto dicendo che non vedo perché dovremmo passare il pomeriggio a spettegolare su di lui» rispose Aurora, cercando disperatamente di cambiare argomento. «Magari Oscar sta bene così.»
    «Parlate di me?» chiese all'improvviso una voce alle loro spalle.
    Aurora sussultò, lasciando cadere la rivista e girandosi.
    «Oscar?!»
    Il figlio della sua madrina sorrideva e Aurora sentì, pur senza vederli, i suoi occhi che la scrutavano da dietro le lenti a specchio degli occhiali da sole.
    «N-no» balbettò, venendo subito smentita da Luisa.
    «Tua zia stava commentando il fatto che non hai una fidanzata fissa da... da quanti anni? Ce l'hai mai avuta una fidanzata fissa? Mi hai portato a casa un paio di ragazze, in passato, ma è stata una vita fa, quando c'era ancora tuo padre.»
    Aurora cercò di sviare l'argomento.
    «Tu, piuttosto, cosa ci fai qua?»
    Oscar ribatté: «Devo ipotizzare che la mia presenza ti infastidisca, prof?»
    «No, affatto» rispose Aurora, «è solo che non pensavo di incontrarti in spiaggia. Pensavo preferissi evitarla.»
    «Preferisco evitare di andarmene in giro in mutande dai colori imbarazzanti» le ricordò Oscar, che indossava una camicia hawaiana e un paio di pantaloncini bianchi. «E comunque, se dovessi fare un'opera buona, la farei ovunque, anche su una spiaggia.»
    «Che tipo di opera buona?»
    «Salvare una povera professoressa rapita da due tremende signore avanti con gli anni che, senza ombra di dubbio, stanno cercando di convincerla a prendere in considerazione un certo scrittore scapolo al quale non vedrebbero l'ora di trovare una donna.» Si girò verso Luisa e Loredana. «Perché è questo che state cercando di fare, vero, mamma?»
    «Oh, no, affatto» replicò Luisa. «Non mi permetterei mai di suggerire ad Aurora di frequentarti.»
    «Perché sono senza speranze?» azzardò Oscar. «Oppure perché Aurora non è abbastanza attaccata ai soldi?»
    Aurora sussultò. Non era sicura della piega che quella conversazione stesse per prendere.
    Oscar si rese conto che si sentiva a disagio e la rassicurò: «Tranquilla, tu non c'entri nulla. Anzi, ti porto a fare un giro, se vuoi. Andiamo sul molo a vedere se c'è qualche pescatore e se i pesci abboccano?»
    All'improvviso quella appariva come la migliore delle idee. Aurora si infilò il copricostume e i sandali, prima di alzarsi in piedi.
    «Sono pronta.»
    Oscar sorrise.
    «Ciao mamma, ciao zia. Ci vediamo stasera a cena. La compagnia dei pescatori, per ora, potrebbe essere più gradevole della vostra.»
    Aurora si allontanò in silenzio. Soltanto dopo molti metri, quando era sicura di essere al riparo da orecchie indiscrete, domandò a Oscar: «Come ti è venuto in mente di dire quelle cose a tua madre?»
    «Mi dispiace di averlo dovuto fare davanti a te, ma mia madre si meritava ogni singola parola che ho detto» puntualizzò Oscar. «Posso capire tutto, ma non la sua invadenza. Non ha alcun diritto di intromettersi nella tua vita privata. Perché è questo che hanno fatto lei e mia zia, vero?»
    «Un po' sì» ammise Aurora, «Ma non ho capito quella faccenda dei soldi.»
    «Mia madre gradirebbe che dessi un maggiore sfoggio del patrimonio di famiglia e che mi trovassi un'arrampicatrice sociale come moglie. Non ha capito niente di me. Non ha capito che voglio vivere come una persona normale.»
    «Perché, come vivono le persone normali?»
    «Senza guardare gli altri dall'alto al basso e senza trattare le persone come se fossero oggetti da comprare.»
    «È per questo che non vuoi che tua madre veda il tuo appartamento? Perché non riterrebbe alla tua altezza il posto dove abiti?»
    Oscar attirò a sé Aurora e la guardò negli occhi - o quantomeno fu l'impressione che diede dato che aveva gli occhi ancora coperti dalle lenti a specchio.
    «Quello era l'appartamento di Nico, il famoso figlio della governante. Ci andai ad abitare con lui per aiutarlo a pagare le spese. Era senza lavoro, ai tempi. Io, invece, avevo lasciato il giornale e avevo voglia di cambiare vita.»
    «Ed è così, quindi, che sei diventato il cattivo ragazzo tanto denigrato dai pescatori del luogo?» azzardò Aurora.
    Oscar la ignorò.
    «Nico è stato come un fratello per me. A mia madre farebbe inorridire il solo pensiero che io abbia condiviso un piccolo appartamento con quello che lei avrebbe considerato un individuo inferiore.»
    «E poi?» chiese Aurora. «Cosa ne è stato di lui? Abiti da solo, adesso, mi hai detto. Che fine ha fatto Nico?»
    «Questo sarebbe il momento giusto per metterti a tacere infilandoti la lingua in bocca» ribatté Oscar. «Peccato che mia madre e mia zia abbiano una vista fin troppo acuta e sarebbero capaci di vederci e di farsi un film, se lo facessi. Dovrò rimediare sul piano B, portarti a fare quattro chiacchiere con i pescatori.»
    «Va bene» si arrese Aurora. «Mi arrendo al fatto che tu abbia dei segreti.»
    «Chi non ne ha?»
    «Non credo di averne. O quantomeno, non ho dei segreti imbarazzanti. Ho solo accidentalmente bruciato il mio vestito preferito mentre stiravo. E poi, una volta, mentre correggevo i compiti dei miei studenti, ci ho ribaltato sopra per sbaglio una lattina di Coca Cola.»
    «Questi sono segreti piuttosto scabrosi, prof. Temevo che tu fossi perfetta, invece non lo sei e questo ti rende mille volte più interessante. Inoltre, se un giorno ti sposassi, so che non dovrei mai e poi mai farti stirare le mie camicie. Io non le ho mai bruciate.»
    «Stiri?»
    «Mi ha insegnato Nico a suo tempo. Anche questo è un segreto. Mia madre inorridirebbe di fronte a un simile pensiero.»
    «Un uomo che stira?»
    «No, diciamo piuttosto una persona abbiente che stira invece di pagare qualcuno perché lo faccia al posto suo. Ma basta parlare di queste cose, andiamo dai pescatori.»
    Il molo era più affollato della mattina precedente e, in realtà, Aurora e Oscar non rivolsero la parola a nessuna delle persone che stavano pescando, ma rimasero soltanto da soli ad attendere che venisse l'orario in cui si poteva ipotizzare che Luisa e Loredana avrebbero lasciato la spiaggia. Non c'erano più, quando tornarono indietro e ormai iniziava a calare la sera.
    «Sarà meglio andare» osservò Aurora. «Sbaglio o siamo stati invitati tutti a una grigliata da quelli della casa di fronte?»
    «Non sbagli, ma per quanto mi riguarda non mi preoccuperei se dovessimo fare tardi» ribatté Oscar. «Sarà una serata terribile. Voglio dire, la carne alla griglia e il vino la renderanno sicuramente molto meno terribile, ma per il resto non c'è niente a cui guardare con ansia. Ti va di farci un bagno?»
    «A quest'ora? L'acqua starà iniziando a diventare fredda.»
    «Non dirmi che hai paura del freddo, prof.»
    «Ho paura che tu possa entrare in acqua come la natura ti ha fatto, visto che cosa ne pensi dei costumi da bagno maschili.»
    «Vai tranquilla, non intendo fare il bagno nudo. Non con la gente che è ancora in giro, almeno. L'essere contrario all'idea di farmi vedere in costume non significa che non lo indossi sotto ai pantaloncini quando può venirmi utile.» Oscar si sbottonò la camicia. «Spero solo che non scapperai dopo che mi sarò spogliato.»
    «Perché dovrei?» ribatté Aurora. «Non penso che tu sia così orribile da dovere fuggire via terrorizzata.»
    «Diciamo che se fossi due o tre chili di meno non mi dispiacerebbe. Ho un po' un fisico da mangiatore di grigliate.»
    «Beh, non sono una grigliata, quindi sono abbastanza sicuro che non ti nutrirai di me.» Aurora si tolse i sandali e si sfilò il copricostume. «Avanti, sbrigati. Sei tu quello che vuole fare il bagno!»
    Si avviò verso la riva, mentre Oscar finiva di spogliarsi. Appena l'acqua le bagnò i piedi e le caviglie, le sfuggì un urlo.
    «È freddissima! Mi dispiace, ma qui dentro non ci entro.»
    «Invece faresti meglio a entrarci» scherzò Oscar. «Ora non ci sono più mia madre e zia Loredana. Potrei davvero baciarti.»
    «Puoi farlo qui.»
    «Sì, potrei, ma voglio metterti alla prova. Fino a che punto sei disposta a spingerti per ricevere il bacio di un poeta maledetto, prof?»
    La prese per mano e si avviò in direzione del mare. Aurora non poté fare altro che seguirlo. Non fu così terribile, almeno finché, in risposta alle sue proteste, diversi metri più avanti Oscar non si tuffò in acqua trascinandola con sé.
    «Ti stai prendendo troppe libertà con me» mise in chiaro Aurora. «Attento a quello che fai, poeta maledetto.»
    Oscar rise, beffardo.
    «Essere mandato in punizione dietro la lavagna da te rimane sempre il mio sogno proibito, farò tutto il possibile per farlo accadere.»
    Aurora scattò verso di lui.
    «Mi avevi promesso un bacio o sbaglio?»
    Era arrivato il momento di mettere le cose in chiaro. Si fiondò sulla bocca di Oscar, che non si ritrasse, anzi, si lasciò baciare con avidità.
    Quando si staccarono, le disse: «Complimenti, prof. Mi piacciono le donne che prendono l'iniziativa. La vedo come un invito a spingermi più in là.» La strinse a sé e con una mano le sfiorò i capelli. «Anzi, non è esatto. Le altre donne potrebbero prendere tutte le iniziative che vogliono, ma adesso mi interessi solo tu. E, attenzione, ho detto adesso. Non significa necessariamente per sempre.»
    «Al per sempre ci penserò poi» replicò Aurora, mentre la mano di Oscar abbandonava i suoi capelli e si abbassava. Senza il tempo di accorgersene, Aurora se la ritrovò tra le cosce, facendola avvampare. «Tu, invece, cerca di ricordare che siamo in pubblico.»
    Oscar sorrise.
    «Nessuno può vedere quello che faccio.»
    Aurora lo fulminò con lo sguardo.
    «Non qui.»
    «Solo una piccola anticipazione» ribatté Oscar, risalendo e insinuando le dita sotto al costume di Aurora. «Ti aspetto in camera mia stasera a mezzanotte. Verso le undici e mezza, dì a mia madre - se lei e zia Loredana sono ancora in giro - che sei stanca e pensi di andare a letto. Poi, quando non fanno più caso a te, mi raggiungi.»
    Non ci fu bisogno di riflettere, Aurora andò a colpo sicuro: «Va bene.»
     
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    Hai capito questa Aurora. Alla fine prende lei l'iniziativa. Ma si capiva già che avrebbe potuto fare cose del genere. Comunque, al di là dell'intrigante storia tra lei e Oscar, mi hanno colpito anche le figure della zia e della madre di Oscar, in cui hai accomulato le mediocrità e i condizionamenti della nostra società. Le ho sentite odiose fin da qui!

    Spiazzante e divertente la battuta "Questo sarebbe il momento giusto per metterti a tacere infilandoti la lingua in bocca".

    Edited by SoulsofBlack - 22/9/2023, 13:56
     
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    mi hanno colpito anche le figure della zia e della madre di Oscar, in cui hai accomulato le mediocrità e i condizionamenti della nostra società. Le ho sentite odiose fin da qui!

    Chissà che non riservino sorprese in futuro. :f:
    Perché questa non sarà *solo* una storia d'amore. ;)

    Grazie per la lettura e per il commento. A breve pubblicherò il prossimo capitolo.
     
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    NOTE: nel corso del capitolo ci sarà una poesia che ho pubblicato sul forum qualche tempo fa.
    L'interpretazione da me spiegata a suo tempo è diversa da quella che avrà nella storyline.




    Oscar guardò per l'ennesima volta l'orologio che portava al polso, cercando di non dare l'impressione di essere desideroso di andarsene. Erano appena le dieci e un quarto e tutti i presenti - a parte Aurora che, esattamente come lui, doveva sentirsi spiazzata da tutte quelle chiacchiere - erano impegnati in conversazioni senza né capo né coda. La più scatenata di tutti era zia Loredana, che dopo l'ennesimo bicchiere di vino si stava lasciando andare più del solito. Per qualche strano motivo, sembrava desiderosa di spiegare ai vicini, autori dell'invito a cena, chi fosse esattamente Aurora, il tutto senza descrivere la sua famiglia in termini propriamente gentili.
    «...Così, mia sorella e la madre di Aurora si persero di vista, ma la madre di Aurora, di tanto in tanto, continuava a scriverle e a cercarla.» Zia Loredana spostò lo sguardo su Aurora stessa. «Non offenderti, cara, ma non è che tua madre c'entrasse molto con l'ambiente che frequentavano Luisa e suo marito.»
    Aurora annuì, distrattamente.
    «Lo so.»
    Zia Loredana si spinse ancora più in là.
    «Diciamo che Aurora è una sorta di parente povera che Luisa ci tiene a invitare... senza offesa, Aurora.»
    Aurora non dava segno di ascoltarla con grande partecipazione e, Oscar ne era certo, non era minimamente indignata dal fatto di essere stata definita "parente povera", per una semplice ragione: il giudizio di Loredana, offuscato dall'alcool, era l'ultimo dei suoi interessi. Era molto probabile che a sua volta stesse aspettando che venisse un orario ragionevole per andarsene.
    Oscar non si aspettava che sua madre - decisamente più sobria della zia - intervenisse in quella conversazione, ma venne stupito dal contrario.
    «Ovviamente non abbiamo mai considerato Aurora come una "parente povera".»
    Zia Loredana ridacchiò.
    «Certo, non è davvero una parente.»
    «Non dire idiozie, Loredana! Io e la madre di Aurora eravamo molto amiche, un tempo. Certo, abbiamo iniziato a frequentare ambienti diversi, come hai detto tu, ma la stai dipingendo come una miserabile da evitare. Non l'ho mai considerata così. Sono sempre stata legata a Costanza, anche quando ci siamo allontanate. Ho anche accettato di essere la madrina di Aurora, al suo battesimo, nonostante fossero anni che io e sua madre ci vedevamo a malapena.»
    «Non volevo essere scortese.»
    «Sì, invece, volevi proprio essere scortese.»
    «Allora vorrà dire che chiedo scusa ad Aurora.» Loredana si girò verso l'ospite. «Mi dispiace per quello che ho detto su di te e su tua madre.»
    Aurora rispose, in tono distaccato: «Non c'è problema. So che Luisa ha sempre avuto stima di mia madre.»
    «Di tua madre sì, di altre persone che frequentava un po' meno» ribatté Loredana, «Vero, Luisa?»
    Oscar fissò sua madre, mentre rimaneva in silenzio per quello che gli sembrava fin troppo tempo. Infine, la sentì replicare: «Non so di cosa tu stia parlando.»
    «Ricordo anche un'altra delle tue amiche, mi pare si chiamasse Floriana, quella che poi per un periodo lavorò da te come governante.»
    Oscar sussultò. Quella conversazione stava per prendere una piega che non gli sarebbe piaciuta, ne era certo.
    «Floriana? Sì, ricordo vagamente, ma sbagli, non eravamo grandi amiche. Per un breve periodo abbiamo abitato nello stesso posto. Non...» Oscar si rese conto che sua madre era in difficoltà. Evidentemente Loredana aveva tirato fuori un discorso che avrebbe di gran lunga preferito evitare. «A un certo punto, dopo essermene andata da casa dei miei genitori, da ragazza, ho affittato una stanza a casa di una vecchia signora che avevo conosciuto per caso. Aveva tanto spazio ed era completamente sola. Floriana era una delle altre ragazze. È stato prima di sposarmi. È così che ho conosciuto Floriana e, anni dopo, quando aveva bisogno di un lavoro, mio marito le ha offerto un posto come governante a casa nostra. A me non sembrava una buona idea, volevo chiudere con il passato... e, di fatto, con quel passato ho chiuso. Ti pregherei, quindi, di smetterla di ammorbare tutti con queste sciocchezze.»
    «Floriana aveva un figlio, giusto? Un figlio che non era stato riconosciuto dal padre.»
    «Sì, e non ha detto a nessuno chi fosse il padre.»
    «A volte giocava con Oscar, me lo ricordo.» Zia Loredana si rivolse proprio a lui. «Non so se te lo ricordi tu, era un bambino che, per un certo periodo, passava un sacco di tempo con te.»
    Oscar mentì: «Me lo ricordo vagamente, ma sono passati tanti anni. Ero bambino. Ci sono tante cose che non ricordo, di quando ero bambino, specie quelle che sono stato scoraggiato dal ricordare.» Se la prima parte di quell'affermazione era falsa, la seconda corrispondeva a verità. «La casa di quella signora trasformata in una sorta di pensione penso di ricordarmela.»
    Sua madre si voltò di scatto verso di lui.
    «Oh, no, è impossibile.»
    «Io invece ti dico che è possibile» ribatté Oscar. «È possibile che tu mi ci abbia portato, a un certo punto?»
    «Perché avrei dovuto?»
    «Non saprei. Magari per andare a trovare quell'anziana signora, oppure Floriana, se abitava ancora là, o qualcun'altra delle coinquiline.»
    Vide sua madre annuire, un po' come se le avesse messo in bocca la scusa perfetta, alla quale non aveva pensato in precedenza.
    «Oh, è possibile. Sono tornata più di una volta, dopo essermi sposata con tuo padre, a trovare qualcuna di loro, ma non ricordavo di averti mai portato con me. Non so, forse mi hai sentito parlarne e ti sei costruito dei ricordi. Eri piccolo, dopotutto.»
    «Può essere» replicò Oscar. «Io, però, sono sicuro di esserci stato, e non solo una volta. Ho dei ricordi abbastanza vividi. Comunque capisco, se quello era un periodo poco bello della tua vita, che volessi dimenticare. Anzi, ti dirò, non è possibile che ne sia venuto a conoscenza per caso. Non ti ho mai sentito parlarne, perché non ne parlavi mai. Anzi, non sono sicuro che la zia stasera abbia fatto una bella cosa, tirando fuori l'argomento.»
    «Tua zia stasera ha bevuto un po' troppo, vero, Loredana? Non sa quello che dice, non sa tenere a freno la lingua. Ad ogni modo non ha importanza. A chi interessa della casa della signora Caterina e delle sue pensionanti? Chissà che fine hanno fatto, ormai. le ragazze, intendo, la vecchia ormai sarà morta da anni.»
    Era chiaro che per zia Loredana il discorso non era chiuso.
    «Quella Floriana conosceva la verità?»
    «Quale verità?»
    «La verità.»
    «Non so di cosa tu stia parlando.»
    «Lo sai, Luisa. Quella Floriana sapeva quando ti eri sposata davvero.»
    Oscar decise di intervenire a sostegno della madre, anche se non era certo che la versione dei fatti che gli era stata comunicata molti anni prima dal padre corrispondesse totalmente a verità. Si trattava comunque di una versione ufficiale, seppure riservata al loro nucleo familiare, quindi riteneva potesse essere divulgata senza troppi problemi. Ciò che poteva essere considerato uno scandalo negli anni '50, aveva fortunatamente perso il potere di indignare la morale pubblica a distanza di trentacinque anni.
    «Non c'è niente di segreto, zia. Io stesso l'ho scoperto da papà, che lui e mamma si sono sposati qualche anno dopo che vivevano insieme e dopo la mia nascita.»
    Oscar si ritrovò con gli occhi di sua madre fissi su di lui.
    «Cosa ti ha raccontato?!»
    «Che si era sposato, in giovane età, e che quando vi siete conosciuti era già separato dalla sua prima moglie da anni, che ti amava, ma che non poteva sposarti, almeno finché quella donna era in vita. Era la figlia del suo socio in affari.» Oscar vide che Aurora appariva improvvisamente interessata. «Immagino che non sia esattamente questa la versione che racconti tu, ma non c'è niente di male, ti pare? Io sono nato prima che voi vi sposaste e se la sua prima moglie non fosse morta non avrebbe potuto sposarti, tutto qui.»
    Gli parve di scorgere almeno un po' di sollievo sul volto di sua madre. Forse c'erano altri dettagli della storia che non conosceva, ma la situazione era stata salvata. I vicini si misero in gran fretta a parlare d'altro e ben presto quella parte di conversazione venne dimenticata, almeno in apparenza.
    Oscar attese ancora un po'. Erano le dieci e quaranta, quando annunciò che sarebbe andato a farsi una doccia e poi a dormire. Aurora avrebbe dovuto, a quel punto, rimanere seduta a tavola ancora un po', per non destare sospetti.
    Rientrò in casa e si diresse verso il bagno. Mentre l'acqua gli scrosciava addosso, andò a cercare nei cassetti della propria memoria tutti gli accenni che aveva sentito, anche prima della "confessione" di suo padre, a proposito della cosiddetta oscura vicenda che riguardava il suo concepimento e la sua nascita.
    Era abbastanza certo che la parte relativa al primo matrimonio di suo padre corrispondesse a verità e che fosse davvero stato sposato con la figlia del suo socio in affari.
    "Ovviamente, se fosse venuto fuori il discorso in qualche circostanza, mamma avrebbe negato, dato che hanno sempre fatto credere, a chiunque non potesse sapere il contrario, di essersi sposati un anno prima che io nascessi."
    Tutto il resto, la separazione e il fatto che, al momento della sua nascita, i suoi genitori vivessero già insieme, non poteva provarlo in alcun modo. Quello che era certo era che, dopo la morte della prima moglie, suo padre si era risposato con sua madre. Il suo socio in affari, a quel punto, era già morto a sua volta e non vi era più nessuno a cui dovesse rendere conto delle proprie azioni.
    "Ma la madre di Nico cosa c'entra in tutto ciò?"
    Sua zia Loredana aveva menzionato Floriana e il fatto che potesse conoscere verità scomode. Non era forse una verità di cui anche altre persone erano al corrente? Era plausibile che una vecchia coinquilina di sua madre sapesse che aveva iniziato una relazione con un uomo che viveva separato dalla moglie, ma si trattava di un segreto condiviso.
    "Non è possibile che sia andata così, se davvero mamma voleva liberarsi di lei deve esserci sotto qualcos'altro. Però, più probabilmente, sono solo vaneggiamenti alcolici della zia."
    Oscar smise di riflettere e si limitò a pensare che, di lì a poco più di un'ora, avrebbe potuto dimenticare tutto, così come un giorno più tardi avrebbe potuto andarsene e lasciarsi alle spalle quella parentesi trascorsa nella casa al mare.
    Quando uscì dal bagno, si rese conto di avere ancora molto tempo a disposizione. Si infilò il pigiama più elegante che avesse portato con sé, anche se era un po' troppo pesante per quella stagione, e si sedette sul letto, chiedendosi se Aurora si sarebbe davvero presentata o se ci avesse ripensato. Se così fosse stato, la colpa poteva essere attribuita a quella svitata di sua zia, che l'aveva definita senza mezzi termini "parente povera". Possibile che non avesse nemmeno un minimo di contegno? Si poteva dare la colpa all'alcool che le aveva sciolto la lingua, ma chi avrebbe avuto l'indecenza di definire un'ospite con quelle parole, se non l'avesse pensato anche da sobria?
    Oscar rimase seduto sul letto per parecchi minuti, ma l'attesa era straziante. Si spostò alla scrivania e si mise a sfogliare il suo blocco di appunti. Sentiva la mancanza della sua macchina da scrivere, ma ne avrebbe potuto fare a meno, per quella sera. Prese una penna e si mise a scarabocchiare distrattamente il bordo di una pagina sulla quale aveva a suo tempo steso una scaletta di un progetto sul quale intendeva lavorare. Poi si mise alla ricerca di una bianca e le parole gli vennero fuori di getto.
    Più tardi, non si accorse dell'arrivo di Aurora fintanto che la porta non si scostò e non la sentì chiedere: «Posso entrare?»
    Trattenne a stento un sussulto e rispose: «Sì, vieni pure.» Non fece in tempo ad allontanarsi dalla scrivania, né gli venne in mente di chiudere il blocco, anche perché c'era una faccenda più urgente da risolvere. Aurora indossava un paio di sabot con il tacco alto, che rimbombavano a ogni passo. «Togliti le scarpe, le due svitate potrebbero sentirti.»
    Aurora se le sfilò, richiudendo la porta alle proprie spalle.
    «Scusa, non ci avevo pensato.»
    Oscar non poteva fare a meno di fissarla. Portava un indumento difficile da definire, troppo sexy per essere una camicia da notte, ma allo stesso tempo inadeguato per essere considerato una sottoveste. Le stava benissimo, come del resto qualunque cosa sarebbe stata bene addosso a lei.
    «Wow, sei uno schianto.»
    Aurora sorrise.
    «Grazie.»
    Gli si avvicinò e Oscar ci tenne a puntualizzare: «Mi dissocio da tutto quello che ha detto mia zia... e magari anche da quello che ha detto mia madre, ma non penso che almeno lei ti abbia insultata.»
    Aurora alzò le spalle, con indifferenza.
    «Ho sempre saputo cosa pensa Loredana di me. Tua madre è sempre stata molto più gentile. Voglio dire, probabilmente pensa davvero a me come una sorta di "parente povera", ma per lei non ha una connotazione negativa.» Non doveva essere molto interessata a quell'argomento, dato che il suo sguardo andava a posarsi sul blocco ancora aperto. «Ho interrotto qualcosa?»
    «No.»
    «Stavi scrivendo?»
    «Stavo abbozzando una cosa, ma avevo già finito, per il momento.»
    «Posso leggere?»
    Oscar sospirò.
    «Non penso di poterti dire di no.»
    «Una poesia di Olivia Passante?» azzardò Aurora, prendendo in mano il blocco.
    «Una poesia di Oscar Molinari, per il momento, e destinata a non essere letta da nessuno, se non da te.»

    So che ti affascino
    Da quando ti ho detto
    Che vivere è uno stato d'animo,
    Rischi di impazzire,
    Di non volere vedere,
    Sai che finché mi ammiri
    Allora vivi, anche se non respiri.

    Poi bruci,
    Tutto è distrutto,
    Il tuo sguardo è vuoto
    Quanto ti vesti a lutto,
    Poi te ne vai,
    Mi dici: dimenticami,
    Non tornerò mai.

    Avevamo in mano le carte,
    Tra la gloria e il potere,
    Gli applausi costruiti ad arte,
    Dolceamara malinconia di vita,
    Non so più chi ha deciso
    Di truccare la partita,
    Ci credevamo determinati e accorti,
    Ma abbiamo perso tutto
    E mi hai detto: presto saremo morti.

    Non ti trattengo,
    Ma ci penso per ore,
    Non so cosa provo, se odio o amore,
    Sfuggi al mio sguardo,
    Vorrei inseguirti,
    Ormai sono in ritardo:
    Chiudi gli occhi,
    Scivoli via,
    Mi trascini nella tua follia.

    Mi dici: per me non sei più niente,
    Ma non dimenticherai,
    Tormenterò la tua mente,
    Cercherai di scappare,
    Mentre piove a dirotto
    Sentirai la mia voce
    Come un nastro rotto,
    Proverai a fuggire in volo,
    Ma nessuno di noi sarà mai solo.

    A volte ti immagino
    E ancora mi dico
    Che vivere è uno stato d'animo,
    Magari avrò torto,
    Ma non penso che respirare
    Significhi sempre non essere morto.

    In questo finale amaro
    Ancora non vedo chiaro,
    Sento la tua voce,
    Non so più se il tempo
    Scorre lento o veloce,
    Vorrei tornare a quando eravamo felici,
    Non voglio più fuggire,
    Ti ascolto mentre dici:
    Adesso stai per morire.

    Ti ho qui davanti,
    Non te ne sei mai andato,
    Ci fissiamo come gemelli
    Con il cuore spezzato,
    Sospesi tra la gloria e il potere,
    Tu con le ali bianche,
    Io con le ali nere.

    Tu inseguivi i sogni
    Che io sempre distruggo,
    Mi dici: sono qui,
    Stavolta non ti sfuggo,
    Nonostante tutto
    Ti voglio ancora bene
    E ancora non ci credo
    Che adesso siamo insieme.


    Aurora parve immersa nel testo, ma Oscar era sicuro che ben presto si sarebbe concentrata su altro.
    «La trovo molto profonda» commentò Aurora, dopo avere terminato la lettura, dimostrandogli che si sbagliava. «Davvero, mi ha colpito, nel profondo dell'anima. Parli di anime gemelle, ma dopo un amore finito?»
    «Non lo so nemmeno io di cosa parlo» mentì Oscar. «Pensavo a due lati della stessa persona, che convivono in un solo corpo. Quello più innocente tende a soccombere, ma senza spegnersi totalmente e senza arrendersi al lato più oscuro, che cerca di riemergere e di annientare la parte che ha cercato di cancellarlo. Non so se mi spiego, tu sei una prof di matematica, magari sei più razionale di me e tutto quello che viene da chiederti è se sono ubriaco.»
    «Oh, no, per niente» replicò Aurora, appoggiando il blocco sulla scrivania. «Anzi, mi piace questo lato romantico di te. Però c'è dell'altro, vero? Questa spiegazione sui due lati della stessa personalità è bella, ma non mi convince. Ci leggo qualcosa di più personale.»
    «Forse» ribatté Oscar, «Faresti meglio a leggere altre cose. Non so, equazioni e disequazioni.»
    «Ci leggo una dedica a una persona cara che non c'è più, e forse quello che penseresti se potessi rivederla» insisté Aurora. «È quel tuo coinquilino figlio della governante, vero?»
    «Non ti ho invitata qui per parlare di Nico. Anzi, proprio non mi va di parlare di Nico.»
    «Cos'è successo?»
    «Non ti arrendi mai, vero, prof?»
    «Non finché non ho risposte. Eravate amanti?»
    «Amanti? Io e Nico? No, era come un fratello per me. E poi a me piacciono le belle donne, non gli uomini dall'aspetto nella media.»
    «Però eri molto legato a lui.»
    «Ti ho detto che lo consideravo come un fratello.»
    «È morto, vero?»
    Oscar sbuffò.
    «Sì, è morto. Sei contenta, adesso che lo sai?»
    «No, anzi, mi dispiace molto» rispose Aurora, con tono sincero. «Mi dispiace per lui, ma anche per te.»
    «Non devi dispiacerti per me» obiettò Oscar. «Io ho solo fatto dei casini e, se Nico non c'è più, in parte è anche colpa mia. Ha fatto delle scelte sbagliate, verso cui io stesso l'ho spinto. Però non ti ho chiamata qui per parlarti dei miei deliri interiori.» Chiuse il blocco. «Questa è solo una bozza, ci lavorerò su in un altro momento. Adesso ho qualcosa di più importante di cui occuparmi, sempre ammesso che tu non preferisca trascorrere la notte a discutere di amicizie terminate tragicamente e di poesia.»
    Si alzò in piedi, allungò una mano e fece per abbassarle una spallina dell'indumento non definibile che portava.
    «No, aspetta» lo pregò Aurora, «Non con tutta questa luce. Tua madre e tua zia potrebbero vederla dal cortile. Non devono pensare che tu sia venuto nella tua stanza a dormire?»
    «Va bene, spegniamo la luce, ma almeno l'abat-jour me la concedi?»
    Aurora andò a spegnere l'interruttore.
    «Sì, certo.» Mentre Oscar andava ad accenderla, si diresse verso il letto. «Io sono pronta. Tu?»
     
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    Capitolo interessante, c'è di tutto anche qui. Ad esempio la differenza caratteriale tra Loredana e Luisa messa in evidenza dall'ubriachezza della prima. E poi ovviamente la storia tra Aurora e Ocar che prosegue e finalmente, ahahah, si "concretizza"! Ma nel frattempo si introduce sempre di più la figura dell'amico di Oscar.

    La poesia l'avevo letta e Oscar dà la spiegazione (falsa) di come la senti tu, ma in effetti opportunamente può essere rivoltata in altra chiave. Comunque è una bella poesia.
     
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    Scusami per il ritardo nella risposta. Effettivamente Loredana e Luisa sono diverse, almeno nel loro modo di comportarsi in pubblico. Se Loredana si lascia andare a osservazioni che possono anche essere viste come troppo esagerate, diciamo che Luisa quantomeno di facciata non sarebbe così esplicita.
    L'amico di Oscar tornerà a trovarci molto spesso, almeno nei ricordi, mentre la poesia... mi sembrava che, a primo impatto, potesse avere anche quella chiave di lettura e potesse essere azzeccata. Sono contenta che sia piaciuta. *-*
     
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    Mentre Aurora parlava, Nora dava segno di avere già adocchiato da tempo il pacchetto di sigarette che aveva appoggiato sul tavolo tempo prima. Non si stupì vedere l'amica prenderlo in mano e chiederle: «Ti dà fastidio se fumo?»
    Aurora ribatté: «Faresti meglio a smettere.»
    «Non in questo momento» replicò Nora. «Posso?»
    «Solo sul davanzale della finestra» rispose Aurora, con fermezza. «E portati il posacenere, che non voglio sentire lamentele da parte dei vicini.»
    Nora annuì.
    «Grazie, come vuoi.» Andò alla finestra e si accese subito una sigaretta, esortando Aurora a proseguire il loro discorso. «Dunque, ricapitoliamo: il figlio della tua madrina è un tizio estremamente sexy, che incarna tutti gli stereotipi di figaggine...»
    Aurora la interruppe: «Non ho detto nulla di tutto ciò.»
    «L'hai descritto essenzialmente come un divo del cinema, biondo, con i capelli lunghi fino alle spalle e due occhi azzurri che quando ti guardano ti fanno venire voglia di spogliarti.»
    «Non mi sembra di averlo descritto in questi termini.»
    Nora sbuffò.
    «Va bene, non l'hai descritto con queste parole esatte, ma era palese che tu lo pensassi.»
    «Non sapevo che avessi maturato la capacità di leggere nella mente delle persone. Potresti metterla in pratica con i tuoi studenti, per capire se stanno copiando. Li sento, ogni tanto, dicono che con te è troppo facile.»
    «I miei studenti credono che non me ne accorga, ma in realtà mi limito a chiudere un occhio.»
    «Se fossi in te, non me ne vanterei.»
    «Perché no? Mentre voi vi comportate come degli inquisitori, io lascio che si esprimano come meglio credono.»
    «Quindi impedire loro di copiare limiterebbe la capacità di espressione?»
    «Voglio che i miei studenti diventino persone mature. Se facessi tutto il possibile per impedire loro di copiare, il messaggio che passerebbe è che non bisogna copiare perché la prof di francese è una stronza. Io voglio che imparino a non copiare perché devono cavarsela da soli. Devono arrivare a capirlo anche senza di me.» Nora si allontanò dalla finestra, avvicinandosi ad Aurora. «Adesso, però, mi pare che stiamo divagando.»
    «E a me, invece, pare che tu stia fumando nel mio soggiorno» replicò Aurora. «Tornatene sulla finestra.»
    «Va bene, mi arrendo, tu però adesso mi racconti i dettagli.»
    «Mi sembra di averti già raccontato qualche dettaglio.»
    «Sì. Sei arrivata a casa della tua madrina giovedì sera e l'hai visto di sfuggita. Pioveva a dirotto, quella sera. La mattina dopo, hai scoperto che la pioggia l'aveva ispirato e che ti aveva dedicato una poesia in cui ti definiva un'insegnante avvenente. Quest'uomo ha molte doti. Nessuno mi ha mai detto che sono un'insegnante avvenente, figurarsi farlo dedicandomi una poesia.»
    «Non era una poesia» chiarì Aurora. «Erano un po' di versi buttati giù a caso con cui pensava di impressionarmi. E non ce l'ha fatta.»
    Nora rise.
    «A me pare il contrario, ma chi sono io per giudicare.»
    «Voglio dire, Oscar mi ha impressionata per molte ragioni, ma non per quella sorta di poesia» puntualizzò Aurora. «La mattina dopo sono andata a fare una passeggiata sul molo ed ecco che all'improvviso me lo sono ritrovata davanti. Anzi, me lo sono ritrovata dietro. Poi mi sono girata e...»
    «E, fammi indovinare, ce l'avevi davanti? Cosa facile da intuire, dato che prima era dietro di te.»
    Aurora la ignorò.
    «Ci siamo messi a parlare e l'ho criticato per quello che aveva fatto.»
    «Wow, sembra la trama di un film: la protagonista femminile è sconvolta dalla sfacciataggine del bel figo di turno, lo rimprovera per la sua presunta scortesia, ma poi si rende conto che il bel figo di turno non la fa indignare per niente. Al massimo la fa eccitare.»
    «Non la metterei esattamente in questi termini. Anzi, ero ancora indispettita quando questo si è messo a parlare con un pescatore. Però è stato divertente: il pescatore conosce di fama la mia madrina e si è messo a decantare le sue doti, specificando che ha un figlio che ha preso una cattiva strada.»
    «La tua madrina ha altri figli, oppure parlava proprio di Oscar?»
    «Parlava di Oscar.»
    «E il tuo bel figo cos'ha fatto? L'ha buttato in mare?»
    «No, affatto. Ha finto di non essere lui il figlio di Luisa.»
    «Oserei immaginare che, con un simile comportamento, abbia fatto sciogliere il cuore alla nostra protagonista femminile» dedusse Nora. «Se fosse stato un film, sarebbe andata a finire così.»
    «Non era un film, però ammetto che quella scena mi ha fatto ridere abbastanza. È stata dura, anzi, non scoppiare a ridere in faccia a quel povero pescatore sprovveduto. Comunque è bastato per convincermi a non mandare a quel paese Oscar e abbiamo fatto un giro lungo la spiaggia. Abbiamo parlato... e poi, a un certo punto, ci siamo baciati.»
    Nora azzardò: «Ci ha messo poco questo Oscar per far breccia nel tuo cuore. D'altronde ti capisco, avevi pochi giorni a disposizione, hai fatto bene ad approfittarne. Dimmi, piuttosto, te lo sei portata a letto quel giorno stesso?»
    «No, durante il resto della giornata se n'è andato in giro per i fatti suoi» rispose Aurora. «Quella sera, però, mi ha invitata a uscire con lui.»
    «E immagino che, da perfetto uomo bello e dannato, ti abbia fatto fare qualcosa di folle.»
    «Mangiare un gelato al bar è abbastanza folle?»
    «No, mi delude un po'.»
    «Invece è stata una bella serata» le riferì Aurora. «Abbiamo parlato di tante cose, ci siamo conosciuti meglio. Voglio dire, conoscevo già Oscar, ma non eravamo mai stati molto in confidenza. Mi sono trovata bene con lui.»
    «Poi siete tornati a casa» ipotizzò Nora, «E te lo sei portata a letto.»
    «Non ancora.»
    «Come sarebbe a dire?»
    «Sarebbe a dire che siamo tornati a casa e siamo andati a dormire, ciascuno nella propria stanza.»
    «Strano. Pensavo che...»
    Aurora non la lasciò finire.
    «Penso che Oscar volesse liberarsi di me, a quel punto. Abbiamo parlato di un argomento che per lui doveva essere abbastanza scottante.»
    «Wow, la vicenda si infittisce di mistero» rispose Nora. «Uomo bello, dannato e con segreti scottanti, cosa potrà mai andare male?»
    «Abbiamo accennato al suo ex coinquilino» precisò Aurora. «Era un tizio che conosceva fin da quando era bambino.»
    «Un altro tipo bello e dannato come lui?»
    «Non lo so, non mi ha detto molto. Ho solo capito che non ne voleva parlare e che per lui era arrivato il momento di salutarci.»
    «Quindi, se non l'avete fatto venerdì, immagino che la giornata giusta sia stata quella di sabato» osservò Nora, che dava segno di essere interessata soprattutto a quel dettaglio. «Com'è andata?»
    «È andata che non sapevo cosa fare, con Oscar, se fosse il caso di parlargli oppure di rimanermene per i fatti miei» ammise Aurora. «Sono andata in spiaggia con la mia madrina e con sua sorella, quel pomeriggio, sperando che non fosse una giornata così terribile. Naturalmente non è andata molto bene. Si sono messe a intromettersi nella mia vita privata, chiedendomi con insistenza se avessi intenzione di trovarmi un fidanzato, o roba del genere.»
    «Fammi indovinare» azzardò Nora. «A quel punto, per caso, il tuo cavaliere è comparso per caso, accorgendosi che eri in difficoltà, ed è intervenuto in tuo soccorso?»
    Aurora sorrise.
    «Una cosa del genere. Quando l'ho visto comparire, ho capito che avevo una possibilità per levarmi da quella situazione e ne ho approfittato al volo.»
    «Quindi siete andati a casa e siete andati a letto insieme.»
    «No. Possibile che tu sia fissata?»
    «È il dettaglio principale o sbaglio?»
    «Dipende da come vedi le cose. Io e Oscar siamo andati di nuovo a fare un giro sul molo, ma stavolta non si è spacciato per un altro con i pescatori. Anzi, non ha parlato con i pescatori. Abbiamo aspettato che sua madre e sua zia se ne andassero, poi siamo tornati in spiaggia.»
    «Se fosse un film, avreste fatto sesso in mare al tramonto.»
    «Non è un film, ma non ci siamo andati tanto lontani.»
    «Nel senso che non c'era il tramonto?»
    «Nel senso che non ci siamo spinti così tanto in là. Mi ha dato appuntamento per quella sera tardi nella sua stanza, poi ci siamo preparati per andare a una cena con quelli della casa di fronte.»
    Nora spense la sigaretta sul posacenere e tornò ad avvicinarsi.
    «Se fossi stata al posto tuo» disse, sedendosi sul bordo del tavolo, «Avrei praticamente fatto il conto alla rovescia. Deve essere stata dura fare venire sera.»
    «Diciamo che la cena ha riservato delle sorprese, purtroppo non particolarmente positive» replicò Aurora. «La sorella della mia madrina aveva decisamente bevuto troppo e ha parlato un po' a sproposito. L'unico lato positivo è che ho scoperto qualche segreto sulla famiglia di Oscar e che è stato menzionato di nuovo il suo presunto coinquilino.»
    «Presunto?»
    «È stato menzionato un bambino che Oscar frequentava durante la sua infanzia, il figlio di una governante. Mi aveva detto di avere conosciuto quel tizio, quando erano bambini, perché era figlio di una donna che lavorava per la sua famiglia, quindi sono abbastanza convinta che si tratti della stessa persona. Oscar ha fatto finta di ricordarselo a malapena. Quel pomeriggio ers saltato fuori l'argomento e mi era parso di capire che fosse una persona a cui era molto legato e dopo sono successe altre cose che me l'hanno confermato. Comunque sua madre non sapeva della loro amicizia - intendo da adulti. Oscar non gliene ha mai parlato perché è una donna piuttosto classista e voleva evitare che si comportasse in modo invadente e facesse commenti sgradevoli in proposito.»
    «Abbiamo un problema, Aurora, non so se te ne sei accorta. Dovevamo parlare di te e Oscar a letto insieme, invece stiamo parlando di un tipo che non c'entra niente.»
    «Invece stiamo parlando di una persona che ha fatto insindacabilmente parte della vita di Oscar. Dici che sono stata fortunata a incontrare uno come lui, eppure ti interessano solo le faccende più materiali. Lo chiami bello, dannato e pieno di segreti, ma non sembri molto interessata a come sia diventato "dannato e pieni di segreti".»
    Nora ammise: «Hai ragione, mi sono lasciata trascinare dai dettagli che mi sembravano più interessanti, lasciando da parte tutta la parte più romantica. È successo altro, quella sera?»
    «Sì» le riferì Aurora. «Quando mi sono presentata all'appuntamento, stava scrivendo.»
    «Scrivendo cosa?»
    «Stava abbozzando una poesia. Te l'ho detto, è uno scrittore.»
    «Avevi detto che ha pubblicato un romanzo. Voglio dire, mi hai raccontato di quei versi scombinati sul fatto che tu sia un'insegnante avvenente - ha scritto così, vero? - ma non avevo capito che fosse anche un poeta. Quest'uomo ha un sacco di doti. Se è anche bravo a letto, hai fatto centro, cerca di sposartelo.»
    «La poesia parlava del suo coinquilino.»
    «Dedica poesie al suo coinquilino?»
    «Non penso lo facesse una volta, ma da lì ho iniziato a capire che il suo coinquilino è morto.»
    «Quindi ha pure una storia tragica alle spalle? Roba da film, dall'inizio alla fine.»
    Aurora ignorò il commento di Nora e riprese a spiegarle: «Ho cercato di non essere troppo invadente, anche se ero piena di curiosità. Mi sono detta che questa fosse una storia da approfondire, ma non era il momento.»
    «E poi?» la esortò Nora.
    «Poi l'abbiamo fatto.»
    «Finalmente!»
    «Mi è piaciuto.»
    «Anche questa è una bella notizia. Immagino, tuttavia, che siamo arrivate alla fine della storia.»
    «No, affatto. Questo succedeva l'altro ieri e siamo tornati a casa soltanto ieri sera.»
    «Siete?»
    «È una lunga storia.»
    «Sono pronta ad ascoltarla.»
    Nora fece per aprire nuovamente il pacchetto delle sigarette, ma Aurora la bloccò.
    «No, non adesso.»
    «Guarda che sono in grado di ascoltarti e fumare nello stesso momento.»
    «Ti ho detto che faresti bene a smettere, ma per il momento mi posso accontentare che quantomeno non fumi come una ciminiera.»
    Nora sospirò.
    «Va bene, niente sigaretta, però pretendo una notizia positiva. L'avete fatto di nuovo, ieri?»
    «Ho cercato di passare con lui tutto il tempo possibile, ieri» riferì Aurora. «Purtroppo eludere la sorveglianza, se così la posso chiamare, della mia madrina e di sua sorella non era facile, ma quel giorno dovevano andare a pranzo con dei loro conoscenti e io e Oscar abbiamo declinato l'invito. Ne ho approfittato per cercare di scoprire qualcosa di più su Nico, il suo ex coinquilino, ma ovviamente Oscar non era tanto desideroso di parlarne.»
    «A quel punto, immagino, avrai lasciato perdere» rispose Nora. «Voglio dire, eravate soli, le vostre parenti non sarebbero rientrate almeno per qualche ora, potevate approfittarne.»
    «Sì, lo so, avrei dovuto lasciare perdere» ammise Aurora, «Ma quella faccenda mi incuriosiva molto. Insomma, se ti piacesse qualcuno che scrive poesie dedicate a un'altra persona, non ti piacerebbe sapere qualcosa di più su questa persona?»
    «Mi preoccuperei se scrivesse poesie dedicate ad altre donne che frequenta, non a un amico morto.»
    «Ma infatti non ero preoccupata, solo molto curiosa. Ho iniziato a pensare a un modo per convincerlo a parlare.»
    Nora ridacchiò.
    «Ci sei stata a letto sperando che dopo parlasse?»
    «Non è stato necessario, ha iniziato a parlare dopo i preliminari. Non ha detto molto, ma una cosa l'ho scoperta: Nico è morto a luglio dello scorso anno, in un incidente d'auto.»
    «È successo da queste parti?»
    «Penso di sì.»
    «E sai come si chiama di cognome, questo Nico?»
    «Non ne sono del tutto sicura, ma più tardi, con una scusa, ho chiesto alla mia madrina se si ricordasse il cognome di quella governante.»
    «Non ci sto capendo più nulla. Siamo rimaste ai preliminari.»
    «Oh, dopo abbiamo fatto sesso, se è questo che ti interessa sapere» chiarì Aurora. «Poi, però, nel primo pomeriggio Luisa e Loredana sono tornate a casa. A quel punto io e Oscar abbiamo fatto finta che nulla fosse accaduto. Io ne ho approfittato per mettermi a parlare con Luisa e mi sono ricordata di quando la sera precedente si era accennato a quella governante. Mi era parso di capire che si chiamasse Floriana e che fosse una ragazza madre. Quindi ho ipotizzato che Nico portasse il suo stesso cognome e ho chiesto a Luisa se si ricordasse quello di Floriana... con una scusa, ovviamente. Mi sono inventata di avere conosciuto una donna di servizio dai sessanta in su che si chiama Floriana e ho fatto finta di volermi accertare che si trattasse della stessa persona.»
    Nora la guardò con aria di approvazione.
    «Wow, hai una certa inventiva!»
    «Mi ha risposto che il nome di quella donna è Floriana Pizzi» continuò Aurora. «Le ho detto che non era la stessa persona che conoscevo io e mi sono scusata per l'invadenza. La mia madrina non vi ha dato peso. Anzi, sono sicura che non si ricordi nemmeno più della mia domanda.»
    «Poi?»
    «Poi niente. Alla sera sono tornata a casa e, siccome Oscar non ha una macchina e abita non troppo lontano da qui, l'ho accompagnato a casa a sua volta.»
    «Sei stata a casa sua?»
    «No.»
    «Quando vi rivedrete?»
    «Non lo so. Ci siamo scambiati i numeri di telefono. Probabilmente il prossimo weekend, ma non ne sono sicura.»
    «Mi sembra una buona idea, ma nel frattempo non sarebbe male fare un po' di ricerche a proposito del suo amico morto.»
    Aurora le scoccò un'occhiataccia.
    «Come mai adesso ti interessa così tanto? Prima sembrava ti importasse solo del sesso.»
    «Hai evitato tutti i dettagli più scabrosi, tutto quello che so è che l'avete fatto un paio di volte e che almeno un'altra ci siete andati vicini» replicò Nora. «Sembra che discutere di questo mistero ti interessi di più... e, ti dirò, una piccola idea ce l'avrei.»
    «Ovvero?»
    «Ovvero che, con un po' di fortuna, potrebbe bastare consultare dei giornali locali di luglio dello scorso anno, per venire a sapere se un certo Nico Pizzi o qualcosa del genere è morto in un incidente stradale. La legge del caso vuole che io sappia dove trovare giornali di quel periodo.»
    Aurora spalancò gli occhi.
    «Ah, sì? E dove?»
    «In uno scatolone, nella mia cantina.»
    «Posso chiederti come mai hai dei giornali di quel periodo in uno scatolone in cantina?»
    «Lo ammetto, è una cosa bizzarra, però c'è una spiegazione logica. Non li stavo tenendo da parte perché potessero essere utili a te. In quel periodo mi sono trasferita e dovevo tinteggiare le pareti del mio nuovo appartamento. Mi serviva della carta da mettere a terra per non sporcare i pavimenti e mi sono fatta mettere da parte dai miei genitori i giornali che girano per il loro bar, invece di buttarli ogni sera. Non pensavo me ne tenessero così tanti. Alla fine, quando ho finito i lavori, ho pensato di tenerli, perché potevano venirmi utili in caso di altri lavori. Ce li ho ancora e potrebbero essere utili per un tipo di lavoro molto diverso. Ti possono interessare?»
    Aurora guardò Nora piena di gratitudine.
    «Non avrei saputo da dove iniziare, se non fosse stato per te.»
    Nora prese una sigaretta.
    «Questa me la sono guadagnata, direi» scherzò, accendendola e recandosi in direzione della finestra.
     
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    Ahahah, e ora chi è questa Nora? Bella tipetta, sfacciata, ma la verità è che sui commenti sessuali che fa nei confronti di Aurora ci azzecca eccome sebbene Aurora cerchi sempre di mantenere un ritegno. Bene, quindi il mistero di Nico il, ehm, misterioso si addentra.
     
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    Diciamo che Nora non sa nemmeno dove stia di casa la discrezione. :lol:
    Comunque comparirà spesso, in futuro!

    Il mistero di Nico continuerà a farci visita anche nei prossimi capitoli.
    E presto compariranno personaggi che hanno avuto a che fare con lui.

    Grazie mille per la lettura e per il commento! *-*
     
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    Oscar entrò nel bar dove i suoi amici - o, per meglio dire, gli amici di Nico - lo stavano aspettando. Non avrebbe programmato di rivederli, se al suo ritorno, la domenica sera, non avesse trovato un messaggio nella segreteria telefonica. Era da parte di Vittorio, che gli chiedeva di mettersi in contatto con lui quando fosse tornato dalle vacanze. Oscar aveva lasciato passare alcuni giorni prima di ricontattarlo, poi si era deciso. Vittorio gli aveva proposto di vedersi quella sera stessa e gli aveva comunicato luogo e data.
    Arrivò puntuale, ma vide subito Paolo seduto a un tavolo. In un primo momento Oscar pensò che fosse solo, poi si accorse di Vittorio, a qualche metro di distanza. Stava facendo una partita a biliardo contro una donna che Oscar vedeva solo di spalle. Era bionda e aveva i lunghi capelli raccolti in una treccia. Non fu difficile riconoscerla dall'acconciatura.
    Oscar si sedette di fronte a Paolo e gli domandò, a bruciapelo: «Come mai Emilia è qui?»
    «Siamo in un luogo pubblico» ribatté Paolo. «Mi sembra che sia ancora consentito entrare in un bar. Comunque buonasera anche a te.»
    «Scusa se non ti ho salutato, ma quando l'ho vista sono rimasto un po' spiazzato.»
    «Non mi pareva che tu fossi così spiazzato, quando l'abbiamo conosciuta. Anzi, sembrava ti piacesse.»
    Oscar scosse la testa.
    «No, non ho mai detto che mi piacesse. Anzi, l'ho sempre trovata un po' strana.»
    «Però l'hai invitata a casa tua, se non sbaglio» replicò Paolo, «E di solito non inviti la gente a casa tua.»
    «L'ho invitata a casa mia a bere qualcosa insieme» puntualizzò Oscar. «Non c'è mai stato niente tra me e lei, qualunque cosa vi siate messi in testa tu e Vittorio. A proposito, è stata un'idea sua? È stato Vittorio a pensare che fosse bello se io ed Emilia ci fossimo rivisti?»
    Paolo precisò: «Emilia è venuta qui di sua libera iniziativa, nessuno l'ha costretta. Anzi, ha approfittato del fatto che sua madre potesse tenerle il bambino proprio stasera, per uscire. Non deve essere facile per lei organizzarsi per passare una serata fuori, da sola e con un figlio di sette anni.»
    «Vedo che conosci più dettagli su di lei rispetto a quanti ne conosca io» osservò Oscar. «Forse Emilia dovrebbe puntare a te.»
    «Emilia non ha niente che non va, e mi sembra che tu sia ancora single.»
    «Emilia non ha niente che non va, ma mi piacciono altri tipi di donne. Anzi, mettiamo le cose in chiaro, mi piace un'altra donna. Dire che sono ancora single non è del tutto sbagliato, ma spero di non rimanerlo a lungo.»
    «Chi è questa donna?»
    «È una persona con cui ero in vacanza fino a pochi giorni fa.»
    «Pensavo fossi da tua madre.»
    «C'era anche lei. Diciamo che è un'amica di famiglia.»
    «Una riccona, quindi.»
    «No, Aurora e i suoi genitori non sono ricchi come mia madre.»
    «Però, se i suoi genitori frequentavano i tuoi, sarà sicuramente una donna educata e a modo. Insomma, una con cui puoi mescolarti, non certo una come Emilia, giusto?»
    Oscar sospirò.
    «Sai benissimo che penso che le persone di diversa estrazione sociale dovrebbero frequentarsi normalmente, senza stupide barriere. Non significa, però, che siccome Emilia all'improvviso è entrata nella nostra vita qualche mese fa, allora mi devo mettere insieme a lei per combattere una battaglia sociale. Chi è, alla fine? Solo una donna che abbiamo conosciuto per caso a una fiera, sulla quale, a quanto pare, ho fatto colpo proprio io, nonostante Emilia abbia molta più confidenza con te e con Vittorio.»
    «Vittorio è sposato» gli ricordò Paolo, «Mentre io ero fidanzato quando l'abbiamo conosciuta. Non c'è da stupirsi che Emilia abbia messo gli occhi addosso proprio a te che eri disponibile. E poi, vogliamo parlarne? Hai sicuramente più fascino di me: hai un sacco di spasimanti, sei nato in una famiglia piena di soldi e sei perfino uno scrittore. Non c'è da stupirsi che, al confronto, io o Vittorio possiamo apparire insignificanti.»
    «Nessuno è insignificante» ribatté Oscar, «E prima o poi Emilia se ne accorgerà. Sei tu quello che non ha una donna, adesso. Dovresti pensarci.»
    Quel discorso fu interrotto da Vittorio ed Emilia, che arrivarono all'improvviso al tavolo. I due si sedettero e Oscar si ritrovò con Emilia alla propria destra, che lo salutava con entusiasmo.
    «Che piacere rivederti! Tutto bene?»
    «Sì, tutto bene» rispose Oscar, senza riuscire ad assumere un tono altrettanto entusiasta. «Tuo figlio come sta?»
    «Bene.»
    «L'hai lasciato con tua madre?»
    «Sì, è a dormire da lei stasera, quindi non dovrò correre subito a casa. Cosa mi racconti di bello, come sono andate le vacanze?»
    «Bene. Anzi, benissimo, oserei dire.»
    Vittorio intervenne: «Lo vedi, allora, che non ti sei annoiato a morte, come avevi detto che sarebbe successo?»
    «Diciamo che ci sono stati degli imprevisti» disse Oscar, vago. «Voglio dire, dei piacevoli imprevisti.»
    Si ritrovò immediatamente addosso lo sguardo di Emilia.
    «Quel tipo di imprevisti che riguardano l'incontrare per caso una bella donna?»
    «No» replicò Oscar, con fermezza. «Non ho incontrato per caso una bella donna. Questo non significa necessariamente che non ne abbia incontrata una.»
    Emilia parve meno delusa di quanto Oscar si aspettasse.
    «Com'è?»
    «Chi?»
    «La donna che hai incontrato, ma non per caso.»
    «Bella e intrigante.»
    Vittorio azzardò: «Credo che Emilia volesse una descrizione più fisica. Per esempio, com'è, bionda o bruna?»
    «Castana.»
    «Alta, bassa?»
    «Diciamo di media statura.»
    La domanda seguente fu pronunciata da Emilia: «Come si veste?»
    Oscar ridacchiò.
    «È così importante come si veste? Alla fine, quello che conta, è quello che succede quando si toglie i vestiti.»
    Anche Emilia rise.
    «È un modo per dirci che dobbiamo smetterla di intrometterci?»
    «No, le vostre domande sono legittime, solo, mi sento un po' in imbarazzo a rispondere. Voglio dire, non so nemmeno se io e Aurora ci rivedremo, anche se di fatto abbiamo deciso di sì, e voi già volete sapere tutto su di lei, un po' come se me la dovessi sposare.»
    «Non farlo.»
    Quelle parole, pronunciate da Emilia, spiazzarono Oscar.
    «Non fare cosa?»
    «Non sposarti.»
    «Di sicuro non lo farei a breve.»
    «Non sposarti, in generale» chiarì Emilia. «Io l'ho fatto e non è stata una grande decisione.»
    «Non lo sapevo» ammise Oscar. «Avevo capito che il padre di tuo figlio ti avesse abbandonata quando sei rimasta incinta, o poco dopo.»
    «No, siamo stati sposati, anche se non è durata a lungo» rispose Emilia, «E non sono sicura che sia corretto dire che mi ha abbandonata. Entrambi abbiamo capito che separarci era la cosa migliore. Ogni tanto veniva a trovare nostro figlio e mi portava dei soldi. O meglio, ogni tanto veniva a trovare nostro figlio e, solo nella minoranza dei casi, mi portava dei soldi, perché non ne aveva mai.»
    «Poi» azzardò Oscar, «Ha smesso?»
    Emilia abbassò lo sguardo.
    «Diciamo che le cose non stanno più come una volta.»
    Oscar non sapeva come replicare, né gli sembrava elegante fare altre domande. Sperò che Vittorio e Paolo dicessero qualcosa, in modo da rompere il silenzio, ma sembrava che nemmeno loro avessero molto da dire.
    Per fortuna fu la stessa Emilia a riprendere a parlare.
    «Scusami, Vittorio, non voglio dire che tutti i matrimoni falliscano. So che tra te e tua moglie va tutto a gonfie vele. A proposito, perché non l'hai portata? Secondo me le farebbe piacere uscire con noi, ogni tanto.»
    «Le ho proposto di uscire, infatti» ribatté Vittorio, «Ma ha detto di no. Domani mattina inizia a lavorare presto.»
    «Quindi non ha niente da ridire a sapere che esci con me?»
    «Sa che non siamo soli. E poi è convinta che tu sia la ragazza di Oscar, o qualcosa del genere.»
    «E se tra Oscar e la donna castana di media statura le cose dovessero andare bene? Cosa ti inventerai?»
    «Non mi sono inventato niente» mise in chiaro Vittorio, «Mi sono semplicemente limitato a non dire a Marcella che le cose stanno diversamente. Al massimo, se Oscar e la donna castana di media statura dovessero rivedersi, potresti passare per la ragazza di Paolo. Non c'è nessuna che lo prende in considerazione, per il momento, dovrebbe essere una versione dei fatti credibile.»
    Oscar obiettò: «Non vedo perché tu non possa dire a Marcella le cose come stanno. Tu ed Emilia non uscite da soli, né siete amanti, non sta succedendo niente di male stasera.»
    Fu Emilia a replicare: «Un po' lo capisco. Se mio marito, quando eravamo ancora sposati, mi avesse detto che quando usciva con i suoi amici c'era anche una donna che avevano conosciuto in modo strano, forse mi sarei un po' preoccupata. Sarebbe stato diverso se fosse stata una collega di lavoro, oppure un'amica d'infanzia, o quantomeno una che non avesse dato l'impressione di averli avvicinati per rimorchiare.»
    Vittorio ribatté: «Non ci siamo conosciuti in modo strano. Anzi, c'era anche il tuo bambino con te.»
    «E tu» rievocò Emilia, «Mi hai risparmiata da una grandissima figura di merda. Se non ci fossi stato tu, non so come avrei pagato il palloncino per Riccardo. Davvero, non mi capita mai di dimenticare il portafoglio a casa, ma a quanto pare doveva succedere proprio quella volta.»
    «È stato per una giusta causa» intervenne Paolo. «Prima non frequentavi molta gente, mi pare di capire.»
    «Beh, no.»
    «Adesso hai degli amici strampalati come noi. Io e Vittorio, intendo, Oscar è un uomo di classe.»
    «A proposito», Emilia si rivolse a Oscar, «Come vi siete conosciuti?»
    Oscar insinuò: «Ti sembra strano che uno scrittore frequenti dei tipi come Vittorio e Paolo?»
    «Provieni da un ambiente totalmente diverso, il dubbio viene.»
    «Diciamo che ci siamo conosciuti tramite conoscenze comuni.»
    «Quali conoscenze comuni? Uno cone te o uno sconclusionato come loro?»
    «Conoscenze comuni e basta» tagliò corto Oscar. «Cosa importa come ci siamo incontrati, alla fine? E poi, non è ancora ora di ordinare qualcosa da bere?»
    Emilia annuì.
    «Mi sembra una buona idea.»
    Per fortuna non fece altre domande. Di solito non parlava mai del passato, quantomeno con lui. Oscar si chiese se davvero né Vittorio né Paolo le avessero mai parlato di Nico e gli parve improbabile che non avessro mai pronunciato una sola parola su di lui.
    "In realtà" realizzò, "tutto quello che succede ogni volta in cui vedo Emilia è improbabile."
    Non si era mai chiesto chi fosse davvero quella donna, l'aveva semplicemente catalogata come la tizia che si era dimenticata a casa i soldi il giorno in cui a una fiera il suo bambino le chiedeva con insistenza un palloncino. Da quel momento in poi aveva legato con Vittorio e con Paolo, dimostrando interesse nei suoi confronti, ma senza mai farsi avanti in maniera esplicita. Nemmeno quando Oscar l'aveva invitata a casa sua - aveva insistito tanto, con la scusa di volere vedere l'abitazione di uno scrittore, senza rimanere particolarmente delusa nel constatare le piccole dimensioni dell'appartamento - aveva tentato di sedurlo, rendendolo piuttosto sollevato.
    Ordinarono da bere e per parecchio tempo gli argomenti di conversazione furono decisamente più leggeri. Vittorio, Paolo ed Emilia parlarono a lungo, mentre Oscar rimase quasi sempre in silenzio. Sentiva di non avere molto da aggiungere, come del resto spesso non aveva niente da dire nemmeno quando era solo con Vittorio e Paolo. Non li vedeva tanto spesso, ultimamente, ed erano sempre loro a cercarlo. Anche quell'aspetto, in effetti, era strano, dato che in più di un'occasione aveva temuto di non piacere né all'uno né all'altro, così come che lo tacciassero di avere spinto Nico verso decisioni sbagliate. Doveva essere stato un errore di valutazione, del resto ne aveva commessi tanti nella vita, anche se qualcosa in lui gli suggeriva di averci visto giusto, almeno in quel caso. Con il tempo si era convinto che, almeno inizialmente, Vittorio e Paolo fossero prevenuti nei suoi confronti, ma che l'avessero successivamente rivalutato. Doveva essere andata così, non vedeva altre spiegazioni.
    Stava riflettendo a tale proposito, quando Emilia gli chiese, all'improvviso: «Tutto il resto come va, invece?»
    Oscar sussultò, alzando gli occhi verso di lei.
    «Come hai detto?»
    «Ti ho chiesto come va tutto il resto. Hai incontrato quella donna, va bene, ma il... mhm... lavoro?»
    Oscar sorrise.
    «Penso che tu lo possa definire a questo modo.»
    «Ti stai occupando di qualcosa?»
    «Al momento sto mettendo insieme delle idee.»
    «Qualche anticipazione?»
    Oscar le ricordò: «Non hai nemmeno letto il mio primo romanzo.»
    Emilia replicò: «Hai ragione, ma non ho molto tempo, tra il lavoro, mio figlio e il poco tempo libero che mi ritaglio. Mi piacerebbe leggere, di tanto in tanto, ma credo mi faccia meglio uscire.»
    «Mi sembra una decisione legittima» ammise Oscar.
    Emilia azzardò: «La tua donna delle vacanze ha letto il tuo romanzo?»
    «Non lo so» ammise Oscar, «Non gliel'ho chiesto.»
    «È un'intellettuale anche lei?»
    «È un'insegnante.»
    «Cosa insegna?»
    «Matematica.»
    Emilia rise.
    «Allora non sono tanto sicura che mi starebbe simpatica!»
    «Nemmeno a me» convenne Paolo. «Non sono mai andato bene in matematica. In realtà non andavo bene neanche nelle altre materie, ma di tanto in tanto riuscivo a cavarmela senza studiare, cercando di improvvisare.»
    «Aurora insegna matematica» puntualizzò Oscar, rivolgendosi a Emilia, «Ma non parla di matematica con la gente che frequenta. Voglio dire, se tu la incontrassi, non si metterebbe a interrogarti come fa con i suoi studenti. Non avresti nulla di cui preoccuparti.»
    Emilia puntualizzò: «È meglio se la incontri da solo. Non vorrei che si mettesse delle preoccupazioni, che pensasse che hai altre donne a sua insaputa. Al massimo, se proprio dovesse capitare di vederci per caso, puoi farle credere che io sia la moglie di uno dei tuoi amici.»
    Pronunciò le ultime parole con una freddezza disarmante. Oscar si chiese per un attimo che cosa volesse dire, ma ritenne probabile che non intendesse nulla di particolare, che si trattasse di una banale allusione al discorso di prima, a proposito delle convinzioni della moglie di Vittorio.
    Il resto della serata fu tranquillo: nessuna osservazione strana, nessuna domanda imbarazzante. Quando lasciarono il bar, Emilia si offrì di accompagnarlo a casa con la macchina, ma Oscar preferì prendere un taxi, convinto che fosse meglio non darle troppa confidenza. Emilia non fu insistente e se ne andò a bordo della propria automobile.
    Al rientro a casa, Oscar trovò un messaggio nella segreteria telefonica. Lo ascoltò, scoprendo con una certa soddisfazione che glielo aveva lasciato Aurora. Avrebbe voluto incontrarlo, lo informava, e gli chiedeva se volesse uscire insieme a lei quel fine settimana. Era troppo tardi per telefonarle e, per quanto gli pesasse, rimandò al giorno seguente.
    La loro telefonata fu una conversazione molto piacevole. Si diedero appuntamento per il venerdì sera. Per fortuna non ci sarebbe stato molto da aspettare, dato che era già giovedì.
     
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