All’alba e al tramonto, La Capanna sul Mare

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    GIORNO TRE

    Passeggiando sulla spiaggia
    odore di purezza,
    i primi raggi iniziano a schiarire la brezza del crepuscolo.

    La sensazione di freschezza si può respirare solamente in questo singolare momento della giornata. Non si vedono i corrotti mestieri delle persone, i loro passatempi noiosi, dettati più dal loro adeguamento allo stile di vita del cittadino medio che ad una vera voglia di vivere, di sperimentare;
    Adesso tutto sprizza di curiosità, di Allegria! Le prime onde del mattino si risvegliano piano piano ed iniziano ad accarezzare il bagnasciuga, i piccoli mammiferi si rincorrono sugli alberi in cerca dell’uva e delle mandorle, vedo anche il mio animale preferito mentre sta aprendo una noce di cocco con le zampe superiori: il coati, che gli abitanti della zona chiamano Pizote, un animaletto carino con un lungo naso, molto intelligente e con una forza spaventosa; neppure i cani randagi della zona lo avvicinano.
    Mentre avanzo lentamente tolgo le ciabatte infradito per aumentare il contatto con l’ambiente che mi circonda e per entrare in sintonia con esso.
    Passo davanti ad una ragazza, che a quanto pare si è svegliata prima di me, ha gli occhi chiusi ed è sistemata in una posizione rilassata e diretta verso l’oceano, suppongo che stia facendo Yoga. L’espressione del suo viso è chiara, è felice.
    Vedo i ruderi di una capanna costruita con bastoni di bambù legati assieme da pezzetti di corda, pare abbandonata da tempo e mezza distrutta dall’ultima mareggiata. È proprio quello che cercavo! Prendo tutto ciò che può essermi utile: trovo tre bastoni resistenti, ben diritti e foglie di palma appartenenti al banano selvatico e ad un'altra pianta locale di cui non so il nome; controllo bene che non ci siano parassiti e metto le stecche di bambù sotto il braccio sinistro mentre col destro trascino il restante materiale recuperato. Transito di nuovo davanti alla ragazza cercando di fare meno rumore possibile ma lei apre gli occhi. Mi fermo e ci fissiamo nelle pupille, entrambe le nostre iridi sono azzurre.
    Dopo due secondi mi sorride e io faccio lo stesso riprendendo il passo.
    Per fortuna non era la sua capanna che stavo razziando.
    Arrivato davanti alla mia “abitazione” con vista mare, situata a circa un chilometro di distanza, deposito il bottino.
    Ho impiegato molto tempo per trovare nuovi sostegni alla mia dimora e i primi turisti del mattino stanno iniziando a sistemarsi sulla sabbia; cerco di nascondere tutto quello che posso sotto alle palme e disegno il simbolo di un teschio sulla sabbia per disincentivare i bambini a distruggere la mia costruzione come per fargli capire che aleggia una maledizione, poi pianto due bastoni in maniera che si incrocino a formare una X.


    GIORNO CINQUE

    Il buio sta per coprire l’azzurro del cielo, nuvole rosse stanno ferme sopra di me, sembrano pecorelle che scappano dal tramonto saltellando. Mi rimane solo mezz’ora di visibilità così inizio a cercare ansiosamente fra le palme i due bastoni di bambù per raddrizzare il tetto della capanna. Non so per quale motivo ho iniziato a costruirla, mi si era accesa la lampadina e senza pensarci due volte ho iniziato a costruirla, come se quel giorno avessi deciso, per la prima volta in vita mia: “Voglio vivere qui. Finalmente ho trovato un luogo che mi piace, in cui mi sento realizzato. Un luogo in cui non devo pagare le tasse, in cui non ho un vicino insolente, in cui non ho agi e mi va bene così”. Un muratore, un elettricista un idraulico… tutte persone di cui non ho bisogno davvero. È il nostro modo di vivere, la storia e la tradizione della nostra nazione che ci spingono ad avere bisogno di queste persone.
    Oggi tutti rincarano i prezzi. Il denaro è la nostra merce di scambio e chi dice che il loro lavoro è migliore del lavoro che faccio io?! Forse l’idraulico merita trenta euro all’ora? Più di me che sono insegnante e ho studiato anni? Più una mente è semplice più soldi ti chiederà, non di certo per onestà.
    Questo è ciò che ho imparato fino ad oggi. E' difficile discernere tra una persona onesta ed un ladro, solo col passare del tempo riusciamo a schiarire la fumosa realtà. Molti tentano di fregarti su ciò che non puoi conoscere. Perché gli esseri umani non possono essere onesti a prescindere?
    E’ così semplice essere onesti… e porta anche buoni frutti! I disonesti non ti fanno solo arrabbiare ma mettono in cattiva luce loro stessi… non solo dal punto di vista economico, anche nelle relazioni sociali.
    Fatto sta che dopo aver smontato e rimontato la casa gratuita con vista mare sono molto soddisfatto, rallegrato da una sensazione profonda di ottimismo e consapevolezza: basta la vera volontà per avere successo. Seduto su di un tronco pesante, che avevo trasportato qualche giorno prima, sto sotto ad un tetto di palme a guardare un semicerchio rosso infuocato che entra nel mare.


    GIORNO NOVE

    Ho appena piantato quaranta file di Ananas per Delroy. Lavoro per questo giamaicano gratuitamente, in cambio lui mi da una stanza per dormire oppure tre pasti al giorno.
    Questo è ciò che succede dal punto di vista materiale, devi ficcarti nella testa che la vita non è materiale… la realtà è che io sto imparando a coltivare le piante della zona, per questo il gioco vale la candela e ho accettato lo scambio.
    Ad oggi ho imparato a trapiantare i banani: ogni albero di banane dopo un anno (oppure due se arriva un clima poco arido nella stagione secca) produce un casco. Dopodiché l’albero non produrrà più frutti, mai più! Però dalla base di questo albero adulto, che ha fruttificato, nasceranno tanti altri piccoli alberini di banane produttivi. Tuttavia l’albero progenitore impedisce il loro sviluppo così non si recide solo il casco di banane bensì tutto l’albero, con un colpo di machete forte e deciso, sferrato più in alto possibile nel tronco acquoso. Successivamente il più grande dei figli viene lasciato dov’è mentre tutti gli altri, a volte cinque a volte sette, vengono trasportati e trapiantati in altre zone. L’albero progenitore, pieno di liquidi e sostanze nutritive viene usato per concimare gli altri alberelli.
    Io non ho bisogno della stanza che mi offrono ma mangio volentieri tutto ciò che prepara sua moglie Veronica, una discendente delle popolazioni indigene locali, i Brì Brì. La mamma e la nonna di Veronica erano “farmaciste”: conoscevano le erbe medicinali e hanno tramandato la saggezza a lei.
    Sono tornato dal loro podere in bici, schivando i buchi veloce, giù per la strada ghiaiosa della collinetta! Oggi ho finito di lavorare all’una e mezza. Tengo un grosso ananas organico nello zaino e voglio mangiarlo al più presto, peserà almeno due chili e profuma di floreale in una maniera che non puoi immaginare!
    Dopo una mareggiata ho trovato due assi di legno piatti: li ho lasciati due giorni ad asciugare e successivamente ho costruito i piedi del tavolo. Ho appoggiato sopra le assi e ho sistemato il tutto finché non traballasse.
    Adesso sto tagliando a fette l’ananas e lo sto gustando sempre in riva alla mia amata spiaggia con le braccia appoggiate sul tavolo, riparato dal sole cocente. Il gusto dei pomodorini ciliegini che mi coltivavo in Italia era totalmente diverso dal sapore di quelli che compravo al supermercato, i miei erano decisamente mille volte meglio. La stessa cosa succede per tutti gli altri frutti ed ortaggi. L’agricoltura industriale ha abbandonato quasi del tutto la ricerca di un cibo buono e sano ed ha sacrificato la naturalezza per dar spazio a vizi di forma, quali la grandezza del frutto e la sua perfezione esterna. In questa maniera la maggior parte degli occidentali mangiano vegetali che sembrano buoni ma che in realtà non hanno né il loro gusto naturale, né il grado corretto di maturazione né le sostanze nutritive che ci servono.
    Questo succede perché piano piano, nel corso dei secoli, le persone hanno iniziato a pensare più al denaro che a tutto il resto, il senso civico oggi esiste? In quale misura esiste? Se non ci prendiamo cura nemmeno di quello che mangiamo, possiamo avere rispetto e riguardo delle persone a cui vendiamo i prodotti del nostro lavoro?
    Adesso conosco il vero sapere dell’ananas e non riuscirò più a mangiare quella schifezza piena di pesticidi che vendono ai supermercati.
    Anche un paio di vespe la pensavano esattamente come me, loro non sono entrate al supermercato di Puerto Vieho per assaggiare il succo di ananas, infatti, ma hanno deciso di annusare l’odore della mia merenda da chilometri di distanza; dopo averle scacciate un paio di volte ho dovuto filarmela coraggiosamente a gambe levate e mi sono catapultato come un razzo dentro le grosse onde spumose del bagnasciuga per mostrar loro la mia superiorità ma soprattutto per evitare le punture dolorosissime. Accetto di buon grado questo prezzo da pagare per mangiare frutta vera.
     
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    GIORNO UNDICI

    Scroscia una bella pioggia mattutina
    l’acqua scende calda e limpida dal cielo
    e si raccoglie nelle conchette delle palme
    dove la guaina si attacca al tronco.
    Grosse gocce si raccolgono
    sulla punta delle foglie
    e volano in picchiata fino al suolo.
    Una raganella dagli occhi rossi
    scappa balzando lontano.

    Mentre cammino nel podere rischio di spiaccicare una rana che, per fortuna, salta via. Appena il cielo ha smesso di piangere è salita un’afa terribile; ho lavorato tutta la giornata raccogliendo avocado su alberi molto alti, arrampicandomi con in mano una lunga forbice da potatura. Li tagliavo e cadevano giù, a livello del terreno, dove Delroy lì prendeva al volo… beh, in realtà non li agguantava quasi mai… lui sosteneva che “rotti maturano prima”. Abbiamo riempito varie casse in questo modo, abbiamo caricato il fuoristrada e finalmente, verso le tre del pomeriggio, ho raggiunto la mia solita spiaggetta attraversando con la bici la foresta costiera. Lungo il sentiero ho raccolto tre o quattro noci di cocco dal terreno. Con l’esperienza ho imparato a scegliere quelle giuste evitando i parassiti microscopici che ti pizzicano peggio delle pulci. Bisogna raccogliere solo quelle intere che hanno acqua all’interno, si ascolta scuotendole a fianco dell’orecchio.
    Spesso turisti di passaggio utilizzavano la mia capanna… ovviamente lasciavo far loro quello che volevano. Tutti avevano sempre rispettato le mie fatiche, mai nessuno ha vandalizzato la creazione a cui tanto tenevo: la utilizzavano per ripararsi dal sole cocente del pomeriggio.
    Sono arrivato sulla spiaggia e due ragazzi stavano seduti sotto la costruzione. Senza dire nulla ho lasciato lo zaino molto vicino a loro, mi sono seduto su di un grosso tronco e ho iniziato con il machete a tagliare il rivestimento esterno di una noce di cocco.
    I due ragazzi non mi avevano sentito arrivare e si sono girati di scatto, il maschio è alzato in piedi, un bonaccione che indossa una maglietta fluorescente con cerchi coloratissimi.
    “Oh accidenti! Non sapevamo fosse la tua casa!” Si scusa un po’ impaurito, occhi attenti, parlando in inglese e cercando di capire se conosco la sua lingua.
    “Non preoccuparti, l’ho costruita ma non è mia, è della spiaggia. Potete restare dove siete, adesso apro questo cocco se ne volete” gli rispondo con tranquillità. Forse si erano spaventati ma sinceramente non era mia intenzione... semplicemente non volevo disturbarli e sapevo bene che impiego molto tempo per aprire il frutto, nonostante abbia appreso la tecnica servono mesi di perfezionamento.
    Quando ho visto che stavano cercando di scappare il più in fretta possibile ho piantato il machete nel tronco e mi sono avvicinato a loro lentamente e in maniera più inoffensiva possibile. Mi sono presentato, gli ho spiegato che non vivo lì dentro anche se mi piacerebbe molto ma ho un monolocale a duecento metri, dentro alla foresta, sono in affitto da Francis, quello che cucina ottimi gamberetti nel suo semplice ristorante; ho spiegato loro che provengo dal nord Italia ma durante il giorno imparo a coltivare frutta tropicale supervisionato da abitanti locali.
    La ragazza è molto timida ma capisce che non sono un pericolo. Entrambi conoscono Ferrara perché vengono dall’Austria! Sono molto giovani, hanno appena ventuno anni sulle spalle e ovviamente sono due studenti fidanzatini in vacanza nel tropico!
    Gli do qualche dritta su quali parti della nazione visitare perché decidono di giorno in giorno dove muoversi: Tortuguero, difficile da raggiungere ma bellissimo, Bahai Ballena molto interessante per il parco nazionale, Tamarindo, anche detto Tamagringo, è assolutamente da evitare perché troppo americanizzato anche se ottimo per il surf. Loro mi ascoltano incuriositi ma alla fine non rimangono a mangiare il cocco di spiaggia., ringraziano e scappano.
    Forse per loro è stato troppo impattante visivamente vedere la lama da sessanta centimetri del mio coltellino portatile in una spiaggia praticamente deserta. Effettivamente per un europeo fa paura ma qui tutti i lavoratori hanno il coltello affilato, serve per muoversi nel proprio campo coltivato. La natura è forte e dopo una settimana le foglie sono triplicate di volume, le liane hanno coperto i sentieri e sono addirittura nati nuovi alberi che crescono ad una velocità incredibile! È necessario farsi spazio tra le fronde per evitare che qualche ragno o serpente ti cammini in testa. Anche sugli autobus si possono portare le lame se vengono chiuse bene dentro alla fondina di cuoio.
    I due ragazzi pensavano che vivessi in pianta stabile su quella spiaggia, bella come idea, magari un giorno ci proverò! Di certo la prova mi incuriosisce.


    GIORNO TREDICI

    Nel tempo libero dei giorni che non ho documentato (prima di adesso) mi sono comportato come gli altri turisti della zona. A volte mi piaceva andare sulla spiaggia di Cocles fino all’arrivo della notte, a cinque chilometri di distanza dalla mia camera da letto, per giocare a pallavolo con i volontari del centro di recupero animali selvatici, il Jaguar Rescue Center. Erano sempre una cinquantina al giorno gli aiutanti del centro, per lo più giovani americani ed europei; ho incontrato anche il signor Peterson che aveva regalato la vacanza-volontariato alla figlia.
    Non volevo utilizzare veicoli a motore e per le “lunghe” distanze viaggiavo in bicicletta. Aiutavo uno dei veterinari più esperti del Centro a montare la sua rete da pallavolo portatile. Giocavamo fino al tramonto e chi voleva fare pausa e tuffarsi nell’oceano a prendere grandi onde spumose veniva subito sostituito da altri volenterosi agonisti.
    Una sera siamo persino andati a ballare.
    Trovo davvero assurdo che ci sia la discoteca in una spiaggia tropicale: questo da veramente la cognizione di quanto il turista medio sia spiritualmente lontano dall’ambiente che lo circonda; per loro trovarsi a Puerto Vieho oppure in piazza Roma è la stessa cosa… le attività da svolgere sono le medesime.

    Per me, che ho uno stile di vita da italiano, è usuale entrare in discoteca… così era per gli altri europei, per gli americani, per i canadesi… quella sera era presente anche il figlio maggiore di Delroy, un surfista autentico: il mese scorso vidi due esperte di comunicazioni televisive fargli un’intervista da inserire in un documentario.
    Lui non ballava, se ne stava fermo ad osservare la situazione, con un paio di amici. Comprendevo benissimo la sua profonda perplessità tuttavia quei giovani festaioli che bevano liquidi colorati in bicchieri di plastica, ridendo e scherzando con leggerezza cercavano di staccarsi momentaneamente dalle loro abitudinaria vita in stile occidentale, un pochino alla volta, oppure erano capitati in quella zona per caso o per moda. Esiste una differenza fondamentale tra coloro che hanno assaporato il profumo sincero della vita e coloro che hanno sempre vissuto protetti sotto ad una campana di vetro, rimbalzando su morbidi, bianchi e confortevoli materassi. La nostra civiltà che viene definita “evoluta” (Levi Strauss la definirebbe "calda") ha per lo più lo scopo di proteggere la nostra esistenza dagli eventi naturali pericolosi, quali un temporale, un’inondazione, l’attacco di una bestia feroce… o per lo meno questo era il lato positivo agli albori della vita in società. A mio avviso la traiettoria iniziale è stata molto deviata e i più hanno totalmente perso il significato dell’esistenza. Tu vai in viaggio per vedere un mondo diverso da quello in cui vivi tutti i giorni e l’immagine, la rappresentazione ideale di quello che vedi, finisce per modificarti.
    Non posso più fare il turista.
    Da adesso in poi devo per forza vivere come gli abitanti del luogo, e se possibile, imparare direttamente dai nativi che mantengono tutt’oggi la connessione con la grande madre che ci sostiene e che permette alla vita stessa di autoregolarsi in una varietà incredibile di forme emotive e cognitive. L’esistenza della vita è fondata sulla vita stessa.

    Ovviamente quella sera ho ballato con loro bevendo superalcolici ma questo non mi dava più la libertà che avevo imparato a guadagnarmi giorno per giorno. L’industria dell’alcol, come l’industria della carne, dei cellulari e via dicendo... vive per vendere e per creare dipendenza: si sono create illusioni persistenti nel tempo che hanno intrappolato un grande numero di persone e queste coercizioni si autoalimentano. L’individuo ha bisogno di una grande volontà per sconfiggere queste illusioni e liberarsi da catene millenarie. Per questo continuo a sostenere che la società occidentale corrompe e chi ci vive dentro viene via via corrotto col passare del tempo.
    Qui a Puerto Vieho davvero si può vivere mangiando solo i frutti degli alberi: Delroy e Veronica sono vegani da oltre dieci anni.
    Quando a colazione mangiavo uova con loro e chiedevo: “ma come fate a non mangiarle?” la risposta di Delroy era sempre la stessa “Non ne sento il bisogno, adesso sto molto meglio a non ingerirle e mi sento anche più forte di prima.” Il giamaicano sessantenne ha fatto il pescatore per tanti anni ma spesso accusava mal di stomaco. Poi diceva che il mare non è più facile da leggere. Addentrarsi troppo nell’oceano è pericoloso ed è difficile prevedere l’arrivo dei temporali.

    Veronica mi ha spiegato che anche il cibo che mangi corrompe il pensiero.
    Proprio mentre sto pensando, seduto dentro alla capanna, vedo tre persone sulla riva che comunicano urlando, agitati, corrono a destra e a sinistra. Sembra che uno di loro abbia un filo invisibile in mano; Costui inizia a tirare, altri lo aiutano e alla fine riescono a sradicare dal mare un piccolo squaletto di mezzo metro.
    Questo è ciò che continuo a chiamare corruzione: L’allontanamento dello spirito umano dall’equilibrio naturale, dall'emotività. Ognuno di noi ha una responsabilità: mantenere la vita sul Pianeta in salute. Questo allontanamento ideale genera poi conseguenze sulle altre specie viventi. Visto che in Costa Rica la natura è florida credono di poter continuare a uccidere e distruggere gli animali che vivono in queste zone da sempre, pensano che queste specie esisteranno per sempre, nonostante il loro sfruttamento perpetuato nel tempo.
    Per fortuna in questa parte del mondo si stanno concentrando molte persone coscienziose e questo mi da fiducia.
     
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