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GIORNO UNDICI
Scroscia una bella pioggia mattutina l’acqua scende calda e limpida dal cielo e si raccoglie nelle conchette delle palme dove la guaina si attacca al tronco. Grosse gocce si raccolgono sulla punta delle foglie e volano in picchiata fino al suolo. Una raganella dagli occhi rossi scappa balzando lontano.
Mentre cammino nel podere rischio di spiaccicare una rana che, per fortuna, salta via. Appena il cielo ha smesso di piangere è salita un’afa terribile; ho lavorato tutta la giornata raccogliendo avocado su alberi molto alti, arrampicandomi con in mano una lunga forbice da potatura. Li tagliavo e cadevano giù, a livello del terreno, dove Delroy lì prendeva al volo… beh, in realtà non li agguantava quasi mai… lui sosteneva che “rotti maturano prima”. Abbiamo riempito varie casse in questo modo, abbiamo caricato il fuoristrada e finalmente, verso le tre del pomeriggio, ho raggiunto la mia solita spiaggetta attraversando con la bici la foresta costiera. Lungo il sentiero ho raccolto tre o quattro noci di cocco dal terreno. Con l’esperienza ho imparato a scegliere quelle giuste evitando i parassiti microscopici che ti pizzicano peggio delle pulci. Bisogna raccogliere solo quelle intere che hanno acqua all’interno, si ascolta scuotendole a fianco dell’orecchio. Spesso turisti di passaggio utilizzavano la mia capanna… ovviamente lasciavo far loro quello che volevano. Tutti avevano sempre rispettato le mie fatiche, mai nessuno ha vandalizzato la creazione a cui tanto tenevo: la utilizzavano per ripararsi dal sole cocente del pomeriggio. Sono arrivato sulla spiaggia e due ragazzi stavano seduti sotto la costruzione. Senza dire nulla ho lasciato lo zaino molto vicino a loro, mi sono seduto su di un grosso tronco e ho iniziato con il machete a tagliare il rivestimento esterno di una noce di cocco. I due ragazzi non mi avevano sentito arrivare e si sono girati di scatto, il maschio è alzato in piedi, un bonaccione che indossa una maglietta fluorescente con cerchi coloratissimi. “Oh accidenti! Non sapevamo fosse la tua casa!” Si scusa un po’ impaurito, occhi attenti, parlando in inglese e cercando di capire se conosco la sua lingua. “Non preoccuparti, l’ho costruita ma non è mia, è della spiaggia. Potete restare dove siete, adesso apro questo cocco se ne volete” gli rispondo con tranquillità. Forse si erano spaventati ma sinceramente non era mia intenzione... semplicemente non volevo disturbarli e sapevo bene che impiego molto tempo per aprire il frutto, nonostante abbia appreso la tecnica servono mesi di perfezionamento. Quando ho visto che stavano cercando di scappare il più in fretta possibile ho piantato il machete nel tronco e mi sono avvicinato a loro lentamente e in maniera più inoffensiva possibile. Mi sono presentato, gli ho spiegato che non vivo lì dentro anche se mi piacerebbe molto ma ho un monolocale a duecento metri, dentro alla foresta, sono in affitto da Francis, quello che cucina ottimi gamberetti nel suo semplice ristorante; ho spiegato loro che provengo dal nord Italia ma durante il giorno imparo a coltivare frutta tropicale supervisionato da abitanti locali. La ragazza è molto timida ma capisce che non sono un pericolo. Entrambi conoscono Ferrara perché vengono dall’Austria! Sono molto giovani, hanno appena ventuno anni sulle spalle e ovviamente sono due studenti fidanzatini in vacanza nel tropico! Gli do qualche dritta su quali parti della nazione visitare perché decidono di giorno in giorno dove muoversi: Tortuguero, difficile da raggiungere ma bellissimo, Bahai Ballena molto interessante per il parco nazionale, Tamarindo, anche detto Tamagringo, è assolutamente da evitare perché troppo americanizzato anche se ottimo per il surf. Loro mi ascoltano incuriositi ma alla fine non rimangono a mangiare il cocco di spiaggia., ringraziano e scappano. Forse per loro è stato troppo impattante visivamente vedere la lama da sessanta centimetri del mio coltellino portatile in una spiaggia praticamente deserta. Effettivamente per un europeo fa paura ma qui tutti i lavoratori hanno il coltello affilato, serve per muoversi nel proprio campo coltivato. La natura è forte e dopo una settimana le foglie sono triplicate di volume, le liane hanno coperto i sentieri e sono addirittura nati nuovi alberi che crescono ad una velocità incredibile! È necessario farsi spazio tra le fronde per evitare che qualche ragno o serpente ti cammini in testa. Anche sugli autobus si possono portare le lame se vengono chiuse bene dentro alla fondina di cuoio. I due ragazzi pensavano che vivessi in pianta stabile su quella spiaggia, bella come idea, magari un giorno ci proverò! Di certo la prova mi incuriosisce.
GIORNO TREDICI
Nel tempo libero dei giorni che non ho documentato (prima di adesso) mi sono comportato come gli altri turisti della zona. A volte mi piaceva andare sulla spiaggia di Cocles fino all’arrivo della notte, a cinque chilometri di distanza dalla mia camera da letto, per giocare a pallavolo con i volontari del centro di recupero animali selvatici, il Jaguar Rescue Center. Erano sempre una cinquantina al giorno gli aiutanti del centro, per lo più giovani americani ed europei; ho incontrato anche il signor Peterson che aveva regalato la vacanza-volontariato alla figlia. Non volevo utilizzare veicoli a motore e per le “lunghe” distanze viaggiavo in bicicletta. Aiutavo uno dei veterinari più esperti del Centro a montare la sua rete da pallavolo portatile. Giocavamo fino al tramonto e chi voleva fare pausa e tuffarsi nell’oceano a prendere grandi onde spumose veniva subito sostituito da altri volenterosi agonisti. Una sera siamo persino andati a ballare. Trovo davvero assurdo che ci sia la discoteca in una spiaggia tropicale: questo da veramente la cognizione di quanto il turista medio sia spiritualmente lontano dall’ambiente che lo circonda; per loro trovarsi a Puerto Vieho oppure in piazza Roma è la stessa cosa… le attività da svolgere sono le medesime.
Per me, che ho uno stile di vita da italiano, è usuale entrare in discoteca… così era per gli altri europei, per gli americani, per i canadesi… quella sera era presente anche il figlio maggiore di Delroy, un surfista autentico: il mese scorso vidi due esperte di comunicazioni televisive fargli un’intervista da inserire in un documentario. Lui non ballava, se ne stava fermo ad osservare la situazione, con un paio di amici. Comprendevo benissimo la sua profonda perplessità tuttavia quei giovani festaioli che bevano liquidi colorati in bicchieri di plastica, ridendo e scherzando con leggerezza cercavano di staccarsi momentaneamente dalle loro abitudinaria vita in stile occidentale, un pochino alla volta, oppure erano capitati in quella zona per caso o per moda. Esiste una differenza fondamentale tra coloro che hanno assaporato il profumo sincero della vita e coloro che hanno sempre vissuto protetti sotto ad una campana di vetro, rimbalzando su morbidi, bianchi e confortevoli materassi. La nostra civiltà che viene definita “evoluta” (Levi Strauss la definirebbe "calda") ha per lo più lo scopo di proteggere la nostra esistenza dagli eventi naturali pericolosi, quali un temporale, un’inondazione, l’attacco di una bestia feroce… o per lo meno questo era il lato positivo agli albori della vita in società. A mio avviso la traiettoria iniziale è stata molto deviata e i più hanno totalmente perso il significato dell’esistenza. Tu vai in viaggio per vedere un mondo diverso da quello in cui vivi tutti i giorni e l’immagine, la rappresentazione ideale di quello che vedi, finisce per modificarti. Non posso più fare il turista. Da adesso in poi devo per forza vivere come gli abitanti del luogo, e se possibile, imparare direttamente dai nativi che mantengono tutt’oggi la connessione con la grande madre che ci sostiene e che permette alla vita stessa di autoregolarsi in una varietà incredibile di forme emotive e cognitive. L’esistenza della vita è fondata sulla vita stessa.
Ovviamente quella sera ho ballato con loro bevendo superalcolici ma questo non mi dava più la libertà che avevo imparato a guadagnarmi giorno per giorno. L’industria dell’alcol, come l’industria della carne, dei cellulari e via dicendo... vive per vendere e per creare dipendenza: si sono create illusioni persistenti nel tempo che hanno intrappolato un grande numero di persone e queste coercizioni si autoalimentano. L’individuo ha bisogno di una grande volontà per sconfiggere queste illusioni e liberarsi da catene millenarie. Per questo continuo a sostenere che la società occidentale corrompe e chi ci vive dentro viene via via corrotto col passare del tempo. Qui a Puerto Vieho davvero si può vivere mangiando solo i frutti degli alberi: Delroy e Veronica sono vegani da oltre dieci anni. Quando a colazione mangiavo uova con loro e chiedevo: “ma come fate a non mangiarle?” la risposta di Delroy era sempre la stessa “Non ne sento il bisogno, adesso sto molto meglio a non ingerirle e mi sento anche più forte di prima.” Il giamaicano sessantenne ha fatto il pescatore per tanti anni ma spesso accusava mal di stomaco. Poi diceva che il mare non è più facile da leggere. Addentrarsi troppo nell’oceano è pericoloso ed è difficile prevedere l’arrivo dei temporali.
Veronica mi ha spiegato che anche il cibo che mangi corrompe il pensiero. Proprio mentre sto pensando, seduto dentro alla capanna, vedo tre persone sulla riva che comunicano urlando, agitati, corrono a destra e a sinistra. Sembra che uno di loro abbia un filo invisibile in mano; Costui inizia a tirare, altri lo aiutano e alla fine riescono a sradicare dal mare un piccolo squaletto di mezzo metro. Questo è ciò che continuo a chiamare corruzione: L’allontanamento dello spirito umano dall’equilibrio naturale, dall'emotività. Ognuno di noi ha una responsabilità: mantenere la vita sul Pianeta in salute. Questo allontanamento ideale genera poi conseguenze sulle altre specie viventi. Visto che in Costa Rica la natura è florida credono di poter continuare a uccidere e distruggere gli animali che vivono in queste zone da sempre, pensano che queste specie esisteranno per sempre, nonostante il loro sfruttamento perpetuato nel tempo. Per fortuna in questa parte del mondo si stanno concentrando molte persone coscienziose e questo mi da fiducia.
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