L'aggravante dei futili motivi

breve noir, che vorrebbe correre alla velocità della luce (non so se sono riuscito)

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    il Re dei ciarlatani

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    Modi per sprecare la vita? La scelta è assortita. Per quanto riguarda me, avete presente le cattive compagnie? Io non me ne sono mai dovuto preoccupare. Perché io, ero le cattive compagnie. Eravamo povere anime, che dovevano gestire un corpo per un certo periodo di tempo. Ma anime travagliate, procuravano corpi martoriati. E così metà della mia vecchia compa, si trovava in gabbia. L’altra, in comunità di recupero.
    Io grossi traumi non ne avevo mai avuti. Non mi ero mai invischiato in cose più grosse di me. E il controllo, l’ho sempre voluto, mai perderlo. Ergo, ero ancora vivo e godevo di ottima salute.
    Ma non avendo mai visto la morte in faccia, non sapevo quanto fosse brutta.
    Quella notte di luglio, nei pressi di Pavia, in auto con me, c’erano Teto, Eliseo e due semiautomatici calibro venti. Roba da caccia, tanto rumore ma non ammazza.
    Ero stato ingaggiato due settimane prima, all’ora di pranzo, al Caffè Visconti, zona Policlinico. Ovvero il bar di Tommy, uno della vecchia compa, che sapeva come girava il mondo.
    Un tizio grande e grosso come un orso, con un levriero al guinzaglio, talmente affusolato da sembrare una supposta, era entrato cercando di me.
    “Sei tu il Torcia?”
    “Si.” avevo risposto fissandolo negli occhi, mentre versavo il vino e spezzavo il pane. Torciani Fabio detto il Torcia, Che male c’era? Si sarebbe visto poi.
    Il tipo era tre volte me, ma una calibro nove infilata nei pantaloni, dava una certa sicurezza.
    Pareva che nella discoteca del suo capo, dalle parti di Robecco su Stocazzo o un nome simile, dei tizi del campo nomadi di Pavia, avessero chiesto dei soldi, per non organizzare una rissa ogni sabato sera, mandando all’aria gli affari del locale. Ma il padrone, aveva deciso di picchiare più di loro. Qualcuno gli aveva fatto il mio nome e c’erano cinquemila pezzi per me. Unica condizione, i tizi si sarebbero dovuti cagare talmente sotto, da non avvicinarsi mai più alla provincia di Milano.
    E così, mentre alla televisione, che capeggiava sul muro a lato del bancone, un economista spiegava la sua teoria per azzerare l’evasione fiscale, ovvero aggiungere l’Iva ad ogni banconota. Per cui ad esempio, la banconota da cinquanta euro, sarebbe diventata di sessantuno e quindici, avevo incassato l’acconto.
    “Welwcome to the jungle, we got fun and games…” cantavano i Gun’s & Roses.
    L’auto era stata rubata la notte stessa, appositamente per il raid. Avevamo attraversato il centro storico, per evitare i posti di blocco, che si trovavano nei viali esterni e raggiunto il Naviglio, lo avevamo costeggiato, direzione periferia.
    “Come va a casa?” avevo chiesto a Teto, che non stava passando un bel momento con la moglie.
    “Insomma…”
    “If you got the money honey, we got your disease…”
    Eravamo vicini. Teto guidava lento, io ed Eliseo ci preparavamo all’azione.
    “Porta pazienza, sono cose che si risolvono.” aveva detto Eliseo. “Pensa a me, quell’imbecille di mio figlio si farà bocciare anche quest’anno. E gli ho trovato pure della mariuana, nascosta nello zaino. Ho paura che stia imboccando una brutta strada…”
    “In the jungle, welcome to the jungle…”
    “Siamo stati ragazzi anche noi Eliseo.” avevo aggiunto io. “E se ti ricordi com’eravamo…”
    “Watch it bring to your shun n-n-n-n-n-n-n-n knees,knees…”
    Teto si era fermato a bordo strada, io ed Eliseo eravamo schizzati fuori, sovrapposti alla mano, senza sicura e colpi in canna. Lo spettacolo stava per cominciare.
    Fatti due piccoli tagli nella rete, a colpi di tenaglia, vi avevamo infilato le canne.
    “Fuoco alle polveri.” avevo detto fra i denti, nel silenzio circostante.
    “I wanna watch you bleed…”
    Pochi istanti e avevamo fatto saltare le finestre delle roulotte più vicine. E le prime urla avevano squarciato la notte, insieme al fischiare delle gomme della nostra auto. E se qualcuno avesse avuto la malsana idea di inseguirci, avremmo tirato fuori l’artiglieria. Quella vera.
    “Welekome to the jungle, we take it day by day…”
    Era passata poco più di una settimana. E mi trovavo sempre a pranzo da Tommy, rigirando fra le mani il giornale locale, che titolava sempre più in piccolo: “Far West al campo nomadi”.
    Gli inquirenti stavano battendo tutte le piste, ovvero brancolavano nel buio. Per cui potevo ritenermi soddisfatto. A parte che nessuno si era fatto ancora vivo con il saldo.
    Davanti al bancone e ad una birra, uno svalvolato stava tediando Tommy, con la solita noiosa storia strampalata.
    “Ne ho le prove Tommy, gli alieni sono fra noi da millenni! E lo sai chi sono? Sono i Cinesi!”
    “Immagino…”
    “Ieri stavo estirpando il bambù, dal giardino del dottor Varini. Quella cazzo di pianta, ha metri e metri di radici che si inabissano e si propagano dov’unque. Non può che essere una pianta aliena. E da dove viene il bambù? Dalla Cina! E quando ci sarà abbastanza bambù sulla Terra, ci stermineranno tutti, facendoci strangolare da quella maledetta pianta.”
    “Evidentemente…”
    Era passata poco più di una settimana dicevo e proprio in quel mentre, era ricomparso l’orso, con tanto di supposta al guinzaglio.
    “Sparisci.” aveva detto Tommy allo svalvolato, e tanto era bastato.
    “Sei stato bravo Torcia.” aveva detto l’omone senza salutare, buttando una busta sul tavolo.
    “Lo so.” avevo risposto poco cerimonioso ma soddisfatto, ritirando la paga del soldato.
    Teo era indietro con le rate del mutuo ed Eliseo doveva saldare i libri di scuola dei figli. Brave persone, che facevano quello che facevano, solo per sopravvivere alla merda che cercava di inghiottirli. Io invece, ero mosso solamente da futili motivi.
    “I can’t believe the news today…” cantavano gli U2.
    “Addio Torcia.” aveva detto dandomi le spalle ed avviandosi verso l’uscita. Ma i guai, erano entrati prima che lui uscisse. Sotto forma di tre uomini incappucciati, con spranghe di ferro alla mano.
    “How long must we sing this song?...”
    C’era voluto poco, per capire il motivo, per cui fossero lì.
    “But I won’t heed the battle call…”
    Un lampo, pochi istanti, attimi fugaci. Che avrebbero cambiato per sempre la vita dei presenti.
    “Sunday, bloody Sunday…”
    Senza dire una parola, il primo si era avventato contro il mio ingaggio. Mentre il levriero, aveva serrato le mascelle, sulla coscia dell’aggressore. Ma un secondo gli era già addosso, sferrando un colpo di spranga che aveva fatto crollare l’omone, con uno schiocco secco. Sintomo inequivocabile, che qualcosa si era spezzato.
    “Sunday, bloody Sunday…”
    Il terzo uomo aveva rovesciato un tavolino con un calcio e caricando tipo battitore di baseball, si stava dirigendo verso di me.
    Nessuna via di fuga, pochi metri e poco tempo per pensare. Cosa restava per portare a casa la pelle? Avevo tirato fuori la calibro nove e gliela avevo puntata contro.
    “Fermo.”
    Il tizio non mi aveva creduto, aveva ringhiato ed aveva sferrato il colpo. Ama il prossimo tuo come te stesso, a patto che non sia uno stronzo. Il piombo era arrivato prima del ferro e il resto era silenzio. Amen. E tutti mi avevano guardato, compreso Tommy, bianco come uno straccio, nonostante in vita sua, ne avesse viste di ogni.
    “And the battle’s just begun…”
    Il tizio che stava massacrando il mio ingaggio, si era tolto il cappuccio e aveva iniziato ad urlare, avanzando minaccioso verso di me. “Brutto figlio di puttana! Brutto figlio di puttana! Brutto figlio di puttana!” come un disco rotto di cattivo gusto.
    Io avevo puntato su di lui e mi ero ritrovato a ripetere: “Fermo.”
    Ma lo stronzo, accecato dall’odio, aveva continuato ad avanzare urlando. “Quello era mio figlio!”
    Nessuna via di fuga, pochi metri e poco tempo per pensare. Giornata decisamente ripetitiva.
    “E allora non dovevi portarlo.”
    “There’s many lost, but tell me who has won?...”
    Il tizio aveva caricato il colpo, ed io per la seconda volta in pochi istanti e per la seconda volta nella mia vita, avevo tirato il grilletto contro un cristiano.
    Non è dato a noi scegliere, né dove né quando. L’uomo propone e Dio dispone. Altrimenti, chi mai sceglierebbe di crepare nel bar di Tommy? Niente di più stupido e assurdo. Come se tutta la crudeltà e la ferocia umana, si fosse data appuntamento a quell’ora di quel giorno, in quel bar.
    Scienziati di tutto il mondo, si accaloravano per trovare forme di vita intelligenti su altri pianeti. Evidentemente, avevano perso le speranze di trovarne sulla Terra.
    “Wipe the tears from your eyes…”
    Particolare non secondario, ero nella merda, profonda. Teatro di guerra: tre persone a terra, un lago di sangue e il levriero che si leccava una zampa. Pensando che i sapiens si sarebbero estinti, per lo stesso motivo dei dinosauri. Ovvero erano degli emeriti coglioni.
    Il terzo aggressore, se l’era già data a gambe e Tommy mi fissava scuro in volto.
    “Lo sai che sei nella merda fino alle orecchie, vero?” aveva detto con calma.
    “Già.”
    “E che hai solo una manciata di minuti, prima che tutta la madama di questa città, invada il quartiere?”
    “Già.”
    “E sai che la prima cosa che faranno, è interrogare me?”
    “Già.”
    “A meno che non mi trovino vivo.” aveva concluso, senza fare una piega.
    “Già.”
    Io ero un bastardo, ma Teto ed Eliseo no. E beccato me, sarebbero finiti dentro pure loro.
    Ma potevo io sparare a Tommy? La cui unica colpa, era stata quella di non aver tagliato i ponti, con i vecchi e stronzi amici.
    Sarebbe bastato puntarmi il revolver alla testa e chiudere la partita. In un sol colpo, risolti tutti i problemi di questo mondo e sciolti tutti i dubbi sull’altro. Ma era soluzione troppo facile e io ero un codardo. I minuti erano contati, ma dovevo riflettere.
    “E sufficiente che non ti trovino.” avevo detto a Tommy.
    “E cioè?” aveva chiesto lui, più incuriosito che spaventato.
    “Ci dileguiamo insieme. Cos’hai da perdere, a parte i creditori? ”
    “Niente. Ma se ci beccano durante la fuga?”
    “Dirò che ti ho rapito. Pluri omicidio o pluri omicidio con sequestro di persona, sai che differenza!”
    E così, Tommi e il Torcia, nuovamente sulla strada assieme. Come ai tempi del liceo.
     
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    Le virgole!

    Il racconto è bello.
     
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    Grazie Bastiano :D
     
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    Ho letto il racconto mentalmente con un forte accento pavese :P .
     
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    Vuoi dire che sei delle mie parti? :o:
     
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    Conosco molto bene la Lombardia, in più ho vissuto per lavoro tre anni a Milano.
     
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    Il noir non è il mio filone preferito del mystery, ma so apprezzarne uno ben scritto e credo che questo rientri di diritto nella categoria. Penso che tu sia riuscito a rendere bene i personaggi e a farli apparire credibili e che, quando si scrive questo genere, non sia affatto facile. Complimenti per il risultato ottenuto.
     
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    Grazie Milly, sei sempre troppo buona.
     
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