QUARTO

Una storia che frantuma la quarta parete, e deforma il tempo e lo spazio.

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  1. Emilio Cardaropoli1
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    Patrick camminava a passo rapido tra la folla, evitando e sorpassando abilmente i passanti. Il suo elegante completo grigio si abbinava alla grossa valigetta che portava con sé.
    Questo era il suo primo colloquio di lavoro dopo tanto tempo. Se tutto fosse andato per il verso giusto, tra non molto si sarebbe trovato nelle mani una carriera da game designer; era contento la sua laurea potesse ancora servire a qualcosa.
    Salì su quel grosso palazzo, ricoperto fino alla cima da grandi vetrate. Metteva soggezione, tanto era grande: uno di quei palazzi talmente grandi da far sembrare insignificanti i palazzi che aveva accanto.
    <<andrà tutto bene. Sei grande. Ti prenderanno di sicuro.>>Continuava a ripetersi, con il fiatone che gli faceva rimpiangere anni migliori.
    Una volta entrato, si diresse verso il bancone. La giovane ragazza seduta dall’altra parte neanche lo notò. Era troppo concentrata a lavorare nel terminale.
    Andrà tutto bene. Sei grande. Ti prenderanno di sicuro.
    Passarono una decina di secondi abbondante, l’uomo non fece niente per farsi notare, pietrificato dalla paura com’era. Solo allora la donna si accorse della sua presenza.
    <<buongiorno.>> Salutò lei. <<nome?>>
    <<andr- >> Con un colpo di tosse smorzò le parole. <<mi scusi. Ho un appuntamento, Patrick Brooks.>>
    La donna iniziò a digitare. <<oh, eccola. Il signor Brooks.>>Prese un badge di carta, rivestito da uno strato di blastica trasparente. Il logo della società si esibiva fiero, e accanto il nome di Patrick.
    <<prosegua per di qua >> Indicò il corridoio alla sua sinistra. <<prenda l’ascensore e salga al nono piano. Da lì, la prima porta a sinistra.>>
    Patrick ringraziò, poi si incamminò.
    Passò per quel lungo corridoio lucido e schiacciò il pulsante di chiamata dell’ascensore. La porta si aprì dopo poco meno di un minuto.
    L’ascensore saliva lento. Alla sinistra di Patrick, una giovane ragazza, sulla ventina, o poco più, con lisci capelli neri e grossi occhiali, stava leggendo un qualche rapporto.
    <<andrà tutto bene. Sei grande. Ti prenderanno di sicuro.>>Ripeteva molleggiando, tentando di mandar via il nervosismo.
    La ragazza lo guardò stranita, accennando ad un sorriso, poi rivolse la sua attenzione al taccuino che teneva in mano.
    La ragazza si chiamava Sara, o così era scritto nel suo badge. Abbandonò l’uomo al quarto piano, così Patrick dovette continuare il suo viaggio da solo.
    L’ascensore si aprì, e Patrick uscì rapidamente, e la porta si chiuse alle sue spalle, procedendo per la sua strada.
    Seguì le indicazioni che gli vennero date dalla donna, entrando nella prima porta a sinistra.

    Alla fine del colloquio, il grosso e pomposo uomo seduto dall’altra parte della scrivania allineò i foglio che teneva in mano, gli diede un ultima, rapida occhiata e fece un lieve sorriso a Patrick.
    <<entro questo fine settimana le faremo sapere, ma credo che potrà iniziare a lavorare già da lunedì.>>
    Patrick ringraziò, poi strinse la mano all’uomo. Se non fosse stato in un luogo così formale avrebbe gridato di gioia.
    Uscendo dall’edificio sfoggiò un sorriso da ebete, iniziando a farsi riconoscere prima ancora di iniziare a lavorare.
    Bravissimo, Pat, li hai conquistati! Si complimentava, mentre faceva rotta verso casa.
    Mentre marciava tra la folla, proprio come quando era venuto, pensò che un bicchierino non gli avrebbe fatto male.
    Si guardò intorno, tentando di scorgere un bar. Così fu.
    Era di fronte a lui: un piccolo edificio dal tetto piatto. L’insegna al neon aveva un bicchiere verde fluorescente, con accanto una scritta: QUARTO.
    Patrick entrò. Erano le 12:32.
    <<buongiorno.>>Salutò, poi si diresse verso il bancone.
    Dentro al locale pareva quasi notte, non era molta la luce che entrava dalla finestra, e l’unica fonte di luce presente nel bar era una lunga striscia di neon bianchi alla base del bancone stesso.
    Sotto ai piedi di Patrick si stendeva un parquet scuro, poi un lungo tappeto rosso.
    <<buongiorno, signore.>>Salutò il barman: un elegante uomo in gilet, dai capelli rossi e spettinati. Pareva un tipo cortese, dallo sguardo serio e le poche parole.
    Nell’aria non vi era pozza di fumo; che fosse un posto di classe?
    Ora che guardava bene, però, a parte il barman, nel locale non c’era anima viva.
    <<ordina qualcosa, signore?>>
    <<una birra, per favore.>>
    Patrick non fece in tempo a finire di parlare, che l’uomo gli porse un bicchiere di birra alla spina, come se lo avesse già pronto dietro il bancone.
    <<grazie. Alla salute!>> Si sedette, si incollò al bicchiere e ne bevve metà.
    <<È di suo gradimento, signore?>>Domandò il barman dai capelli rossi.
    Pat alzò la birra al cielo.<<la birra della vittoria. Il bis, grazie.>>
    Il barman obbedì, poggiando il secondo boccale sul tavolo, poi si voltò.
    Patrick aveva ormai finito la prima birra, e si preparava ad agguantare la seconda.
    <<congratulazioni per il suo colloquio, signor Brooks.>>
    L’uomo si interruppe un secondo prima di poggiare le labbra sul boccale.
    <<eh?>>
    <<ha fatto davvero un figurone.>>
    Pat aggrottò allora le sopracciglia, mentre la sua faccia s’incupiva.
    <<come fa a saperlo?>>
    Il barman rivolgeva le spalle a Patrick, leggendo da una grossa pila di fogli.
    <<”Buongiorno” Salutò l’uomo “Signor Brooks, giusto? Prego, si accomodi”>>Recitò il barman, continuando a leggere.<<patrick obbedì, sedendosi su una sedia dall’altro capo della scrivania. Poi aprì la sua valigetta, cedendo all’uomo di fronte a lui il curriculim. Lui prese il foglio e lo lesse attentamente, sistemandosi gli occhiali ogni tanto. Si avvicinò al foglio tanto che era possibile capire il tipo di albero abbattuto per fare i fogli.>>
    <<che sta dicendo?>>Chiese Patrick, mentre il volto gli si impallidiva, e gelido sudore iniziava a colare.
    <<”Come mai ha lasciato la precedente azienda, signor Brooks?”Domandò l’uomo.>>Dopo una piccola pausa, il barman riprese.<<”Quel lavoro non faceva per me, signore. Sentivo di poter fare di più.”L’uomo annuì lentamente.>>
    Patrick, dopo aver visto uno sconosciuto leggere da un foglio il colloquio che era avvenuto meno di mezz’ora prima, rimase come paralizzato.
    <<che cazzo di storia è questa?>>Domandò con voce alta e tremante.
    <<non si preoccupi, signore. La richiameranno tra tre giorni, alle 16:26:38.>>
    <<non mi hai sentito? Rispondi!>>Urlò Patrick, sbattendo il pugno sul bancone. Le due birre fecero un piccolo salto, seguito dal tintinnio del vetro.
    <<sei Patrick Michael Brooks, nato il 15/5/1995, a New York.>>Il barman voltò pagina.<<ti sei diplomato nel 2015, e attualmente non hai figli, né fratelli o sorelle. Sei un uomo quasi perfettamente nella media, ma alla tua nascita pesavi un chilo in più rispetto alla media di quell’anno. Alle 12:32 sei entrato nel mio locale: QUARTO. E, infine, presto ti verrà rivelata la verità riguardo a tutto ciò che ti circonda.>>
    Patrick si alzò, confuso e spaventato, correndo verso la porta d’uscita. La porta del locale, però, non voleva saperne di aprirsi.
    Provò a tirare e spingere con tutta la forza che aveva in corpo, poi iniziò a calciare energicamente. La porta sembrava essere stata sostituita da un muro di mattoni.
    <<aprì questa cazzo di porta!>>
    <<non mi è possibile farlo, signore, mi spiace.>> Tornò poi a leggere il foglio. <<la porta si aprirà solo al termine della nostra conversazione.>>
    Gli occhi di Patrick erano lucidi.<<cosa vuole da me?>>
    <<io non voglio solo niente, signor Brooks. Ma è mio compito mostrarle la verità.>>
    <<...>>
    <<carta, inchiostro, immaginazione ed un pizzico di malizia: di ciò è fatto tutto ciò che ci circonda. Non siamo altro che personaggi immaginari, in un macro universo di lettere e parole.>>
    Il voltò di Patrick si deformò, e la sua gola gracchiò in una risata isterica.<<stai dicendo cosa? Che siamo dentro ad un fumetto, o un libro?>>
    <<un libro, un racconto, un appunto o una semplice idea. Non ci è dato saperlo. Non a lei, almeno.>>
    L’uomo si passò la mano negli occhi, poi annuì lentamente.<<ora che ha detto questa stronzata, posso andarmene?>>
    Il barman alzò la pila di fogli che stava leggendo.<<in questi fogli vi è tutta la sua vita. O comunque tutti gli avvenimenti narrati. Tra cui il colloquio e ciò che avverrà in futuro.>> Iniziò a leggere.
    <<il lavoro andrà a gonfie vele. Si farà vari amici, alcuni nemici, e si ricorda la ragazza dell’ascensore? Sarà un ottima moglie. In futuro potreste anche avere dei figli. Questo è ciò che l’autore ha deciso per te.>>
    Stronzate Pensò Patrick.
    <<mi dispiace, signore. Queste non sono stronzate. Come ho già detto, qui c’è tutto quel che c’è da sapere su di lei. Posso benissimo dirle ciò che pensa, ciò che dirà, così come posso leggere le mie prossime parole, riga per riga.>>
    <<perché?>>
    Il barman scrollò le spalle, posando poi i fogli sul bancone.<<per volere dell’autore. Forse vuole giocare con noi, con le nostre vite. Magari adora semplicemente scrivere, o forse vorrebbe guadagnare qualcosa con questa storia, chissà. In questo momento è come Dio, e noi siamo le sue creazioni. Non so neanche io quali siano le reali intenzioni dell’autore, ma so che vuole darti un opportunità.>>
    Il barman fece un profondo sospiro, poi gli pose la pila di pagine scritte.
    <<può accettare il suo destino, signore. Tutto sommato un destino piacevole, non troppo duro; ma pur sempre un destino già scritto, che non potrà cambiare in alcun modo. Non sarà possibile evitare nemmeno le peggiori disgrazie. Legga tutto, se vuole.>> Disse, indicando i fogli, facendo poi una breve pausa.<<può accettare il suo destino, oppure può strappare i fogli. Così facendo, signor Brooks, non verrà assunto, eppure, dal momento in cui uscirà da qui lei sarà libero. Ovviamente non ricorderà niente di tutto ciò che è accaduto qui dentro, ma sarà comunque libero di prendere le sue decisioni, decisioni non più influenzate dal volere dell’autore.>>
    Patrick fissò per qualche minuto il foglio, analizzando con attenzione le parole dell’uomo, che rimbombavano nella sua testa, pesanti come macigni.
    Non sapeva ancora se credere o no a tutta questa follia.
    Alzando lo sguardo verso il soffitto, tentò forse di scrutare la verità, di scrutare me, che ho scritto il tutto, o magari te, che stai leggendo in questo momento, poi sorrise.
    Passò dentro QUARTO un altra mezz’ora, prese un altro paio di birre, ringraziò il barman come se niente di tutto ciò fosse accaduto, poi uscì. Quando fu fuori dal locale, non ricordava niente. Era come se non fosse mai entrato all’interno del locale.
    Lì dentro aveva avuto l’occasione di decidere veramente per la prima volta in vita sua. Ovviamente prese la sua decisione, ed è tale proprio perché non è scritta da alcuna parte, perché non sono stato io a deciderla.
    È stato il buon vecchio Patrick a decidere per sé stesso, quindi la storia, per noi, può definirsi conclusa, ma chissà, per Patrick, magari, la storia è appena iniziata.
     
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    Un benvenuto a te, che hai scritto un ottimo racconto. Bello nello stile e nel contenuto.
     
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  3. Emilio Cardaropoli1
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    Grazie mille. Son veramente contento che piaccia^^
     
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    tutto il mio apprezzamento e la mia recensione per questo racconto li hai già avuti in altra sede ma già che mi trovo a commentare in altri tread ora facco un salto qui lo stesso dai ^_^.
     
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3 replies since 9/7/2020, 19:22   60 views
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