La casa sulla collina

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    Capitolo 1 - Dentro


    La collina si ergeva imponente. Si diceva che in quella collina ci abitasse una casa. Una casa parlante e con vari mostri dentro a cazzo de cane. Bastava avvicinarsi alla casa e lei ti indicava dove andare a fare in culo oppure ti mostrava le creature dell’inferno.
    Camillo guardò sé stesso allo specchio ridendo. Si spalmò la schiuma da barba sulla faccia ridendo mentre ascoltava i Pink Floyd ridendo. Prese il rasoio e si tagliò la barba. Di colpo gli squillò il telefono.
    - Ehi, coglione, sono Sara, ti ricordi di me? Quella con cui hai parlato ieri, e forse anche l’altro ieri, o comunque durante questo anno. Hai presente?
    - No, chi è lei? Perché mi disturba mentre eseguo operazioni delicate?
    - Perché mi annoiavo.
    - Ci sta.
    - C’è questa collina, con questa casa, forse ci sono dei mostri e forse si può morire e provare emozioni forti, ti va di venire?
    - No.
    - Se vieni ti regalo un cervello.
    - Ah, allora vengo subito, vengo, vengo – rispose Camillo e attaccò il telefono.
    Uscì di casa e si finì di radere per la strada.
    Raggiunse Sara e la riconobbe perché era quella che faceva il dito.
    Il freddo era sopportabile, a seconda della forza della persona che lo sentiva. La collina era bella. Di quelle che ti colpivano per l’erba che si muoveva grazie al vento e a quell’atmosfera da film horror figo, non trash, serissimo, e per gli alberi naturali naturevoli.
    Camillo si avvicinò a Sara e la salutò ridendo come un ebete.
    Sara rise e iniziò un dialogo stupido:
    - OK, Camillo. Perché ti chiami così? Comunque, quella è la casa, queste sono le mie tette, belle vero? Quella è la casa, entriamo, vediamo che cazzo c’è dentro e poi boh.
    - Sì, belle tette. Andiamo.
    Camminarono e basta.
    Gli alberi si mossero grazie allo spostamento d’aria biricchino e li guardarono ridendo.
    - Guarda Pietro, quei due entrano in una casa a caso come degli idioti! Che idioti! – disse l’albero a sinistra all’albero a destra.
    - Sì, ho visto, prepara i popcorn, anzi... che mangiano gli alberi? Vabbè… - rispose Pietro.
    Camillo sentì un lieve bruciore allo stomaco. La sera aveva esagerato coi fagioli. Forse avrebbe scorreggiato su qualche mostro. Oh, beh, ma per quello c’era tempo!
    Sara tirò fuori dalla giacca una fiaschetta e si bevve un sorso di whisky.
    - Vuoi? – domandò a Camillo ruttando.
    - Certo – disse Camillo ruttando.
    La casa li vide e li accolse minacciosa.
    - Ehi, datene un po’ anche a me, perdio! – disse arrabbiata la casa.
    - Neanche per sogno, questo è mio, tu sei una casa, zitta e fai la casa! – gridò Sara.
    La casa fece una faccia triste, poi si allungò e li mangiò entrambi.
    Incredibile, vero?
    Camillo si sentiva spaesato. Poi si rese conto che non contava il paese di nascita per sentirsi spaesato, contava il luogo in sé per sé. Subito dopo si domandò che cazzo aveva pensato.
    - Cazzo! Ci ha inghiottiti! Forse adesso ci divertiamo, è quello il senso, no? Sta vita è noiosa - disse Sara.
    - A me piace la noia – disse Camillo tirandosi su. Erano nel salone. La casa ancora non faceva paura, ma a breve ci sarebbe stato un fenomenale colpo di scena che avrebbe fatto saltare i lettori dalla sedia, o dal divano, o dal letto, o dal sedile della metro, o dalla vasca da bagno, o da dove cazzo stessero leggendo.
    Ci fu un lungo silenzio immotivato e comparve una musica leggera e amichevole.
    Buh!
    Fece Sara a Camillo e lo spaventò.
    - Cazzo! Mi hai spaventato! – disse Camillo ridendo.
    Poi comparve un vero mostro. Era uno zombie.
    Ma camminava in fretta. Raggiunse Sara e le si avventò addosso. Sara gli diede un pugno e Camillo gli fece uno sgambetto epico. Perché epico? Boh.
    - Cazzo, potevo diventare uno zombie – disse Sara.
    - Sì, menomale che sei salva, eh? – rispose Camillo sollevato.
    - Col cazzo, perché l’hai fermato? Sai che figata… - rispose Sara annoiata.
    - C’è tempo per quello… - concluse Camillo.
    Sospirarono, poi si diressero verso la cucina affamati. Camillo si bevve una camomilla e Sara si bevve un succo al sangue.
    - Uhm, buono – disse e per un momento capì cosa provava Dracula.
    Camillo si mangiò anche un panino al cane caldo, e poi vomitò nel lavandino.
    - Non pensavo fosse così letterale questa storia – disse Camillo.
    La cucina era buia, come il resto della casa. Sopra di loro penzolava una lampadina stupida. Di colpo si spense a caso giustificando l’aggettivo affibbiatogli in precedenza. I due andarono nel panico, anche se era tutta scena, volevano solo contagiare i lettori.
    - Ehi, Sara, tranquilla, usa l’istinto Jedi o qualcosa del genere – disse Camillo andandole a sbattere contro.
    - Visto come lo usi tu mi sa che è meglio che accendi il telefono, coglione – rispose Sara.
    - Ok – disse Camillo e quando lo accese un licantropo feroce comparve nella luce.
    Si incazzò senza motivo, poi tirò fuori della cocaina e si sniffò cinque strisce sul tavolo.
    Iniziò a sbavare e si lanciò verso di loro. Camillo saltò sul tavolo e afferrò una padella. Sara tirò fuori una katana smontabile dalla giacca.
    - Cazzo, quella giacca è come la borsa di Mary Poppins!
    - E chi è? – domandò Sara e tagliò in due il licantropo.
    Camillo scese dal tavolo e guardò meglio.
    - Ma che cazzo hai fatto, era un uomo in costume! Guarda! – disse Camillo facendo ampi gesti con le mani.
    - Come cazzo facevo io a sapere che ci stanno anche i mostri di Scooby-Doo? Perché si sa ragazzi, i veri mostri, beh, sono gli esseri umani… uuuuuuuuuuu... – disse Sara con teatralità.
    - Vabbè, comunque ‘sta gente non ha un cazzo da fare eh… - disse Camillo.
    - Un po’ come noi – disse Sara.
    Risero entrambi e proseguirono bevendo altro Whisky.

    Edited by Matthew 98 - 3/5/2019, 10:26
     
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    Capitolo 2 - Cazzo, no


    Camillo e Sara si sedettero sul divano a vedere la televisione.
    In tv davano qualche stronzata di programma di cucina e qualche telefilm cialtrone.
    Mentre vedevano la tv aspettavano i mostri della notte, anche se non era notte.
    Di colpo la tv si spense e da essa uscì una creatura orribile.
    Era una donna dalla faccia morta, che potrebbe ricordare quella di qualche professoressa del liceo e dai capelli ritti sulla testa. Parlava una curiosa lingua sibillante di serpente yodel.
    A breve sarebbero sorti problemi.
    La donna li guardò negli occhi.
    - Siete morti. Come me. Non avete speranza.
    - Per me è solo una presa per il culo - disse Sara.
    - Già, non ci fai paura, mia madre è molto più inquietante di te! - gridò Camillo.
    - Ah sì? Comunque morirete e... - disse la donna ma venne interrotta da Sara che le infilò una patata nella bocca.
    - Che dici Camillo, andiamo?
    - Sì, questo programma non mi piace - concluse lui e sorrise.
    Continuarono a camminare e furono colti da visioni macabre, di guerre, di bambini morti e di comizi di Salvini.
    Non si sentivano per niente bene, e quindi decisero di tornare indietro verso la donna.
    Sara le tolse la patata dalla bocca e gridò:
    - Fallo smettere, cazzo!
    - Non so se è possibile.
    - Va bene, dobbiamo passare alla maniere forti, allora! - disse Sara e tirò fuori dalla tasca il telefono. Mise la fotocamera e le fece una foto. Poi gliela mostrò.
    La donna fu così schifata dalla foto di sé stessa che andò lentamente in frantumi diventando coriandoli.
    Poi Sara pubblicò la foto sui social, con l'hashtag #BadHairDay.
    Aspettò i commenti e li mostrò alla donna, ormai quasi distrutta completamente.
    - Facci tornare come prima e la cancello, o vuoi che la tua reputazione vada a rotoli?
    - Come faccio a sapere che non la terrai lo stesso?
    - Perché sono una ragazza sincera - disse Sara ridendo.
    La donna tolse dalle loro menti le visioni e poi si sparpagliò in mille coriandoli per tutta la casa, come Voldemort nell'ultimo film di Harry Potter.
    Camillo si sentì subito meglio, e con lui Sara.
    - Ehi, hai intenzione di cancellare sul serio la foto? - domandò Camillo a Sara.
    - Cazzo, no - rispose Sara e continuò a camminare con Camillo verso la prossima stanza come se nulla fosse.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:17
     
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    Capitolo 3 – Il vortice delle illusioni


    Camillo seguì Sara per i corridoi delle anime perse. Fantasmi di gente morta vagavano intorno a loro.
    - Ehi, secondo te ci sarà anche quello di James Dean? – domandò Sara a Camillo.
    - È morto, non puoi scoparti un fantasma, tranquilla.
    - Così mi ammazzi le ambizioni – rispose Sara.
    Mentre vagavano per quel corridoio Camillo ebbe un sussulto o dissidio interiore o quella roba là. Questo quando vide il fantasma di Stefano.
    E chi è Stefano?
    Domanda il lettore.
    Beh…
    Il fantasma di Stefano riconobbe Camillo.
    - Ehi, brutto pezzo di merda, Camillo ti ho visto! – gridò.
    - Chi? Io? Ma no, non so di cosa stai parlando… forse ti riferivi alla mia amica qui presente?
    - No, parlo di te, mi ricordo cosa hai fatto! Tu mi hai ucciso! Quel giorno… non potrò mai dimenticarlo…
    - Uau, colpo di scena! – gridò Sara e si accese una sigaretta.
    - È stato soltanto uno sbaglio! Non volevo farti cadere dalle scale, cazzo.
    - Ti perseguiterò per sempre, sensi di colpa, sensi di colpa! – gridò Stefano con astio.
    - Ok, figo, vieni con noi, se vuoi puoi perseguitarlo quanto ti pare, ti do io una mano – disse Sara e gli strinse la mano.
    - Ah, merda… vabbè… vieni con noi fratello coglione… - disse Camillo ridendo.
    - Ehi, non insultarlo, è morto! – gridò Sara.
    - La morte è stupida, quindi con lui abbiamo un idiota al quadrato – disse Camillo.
    - Ehi, ma lo sentite? Guardate che faccia tosta! – disse Stefano offeso.
    Schiamazzi continui, in un giorno di inverno come altri. Stefano, Sara e Camillo proseguirono fino ad entrare nel bagno spaventoso.
    Prima di aprire la porta, i tre sentirono un’altra porta aprirsi. Era la porta di ingresso.
    Di colpo ne uscì fuori una turista cinese. Era contenta e confusa. Voleva esplorare l’Italia. Peccato che non distingueva la merda dalla cioccolata.
    - E quella chi cazzo è? – domandò Stefano.
    - Uau, incledibile, casa belisima! – gridò e fece foto in giro.
    - Non lo so, ma mi sa che non ha capito dove cazzo si trova… perfetto, fatela venire qui! – disse Sara ridendo.
    - Ehi, tu! Vieni qui! – gridò Camillo sbellicandosi dal ridere.
    La turista si avvicinò e li squadrò tutti e quattro, poi fece loro delle foto.
    - Ehi, chi cazzo ti ha detto di fotografarmi? Te la spacco quella fotocamera di merda! – gridò Sara.
    -No, no, questa fotocamela è mia, tesolo mio – rispose la donna.
    Nel frattempo entrarono tutti e quattro nel bagno spaventoso.
    Davanti a loro si parò davanti Bill Cosby mentre stuprava una donna. Rimasero tutti a bocca aperta tranne la turista cinese che continuò a scattare foto.
    - Testa di cazzo, lasciala andare! – gridò Camillo e separò i due. La donna scappò con i vestiti nuda e corse chissà dove nella casa.
    - Scusate, è che… - disse Bill Cosby prima che Sara lo atterrò con un pugno facendolo cadere nella vasca da bagno.
    Poi prese il soffione della doccia e glielo diede in testa finché non spaccò sia il soffione che la testa. Sangue schizzò dappertutto, sulle pareti, su Camillo e nella bocca della turista cinese.
    Lanciò il soffione nella vasca sul corpo di Bill Cosby e si pulì le mani.
    -Ok, fatto, adesso datemi un minuto che mi sciacquo ‘sta merda di dosso, aspettatemi fuori – disse Sara.
    I tre si guardarono perplessi e uscirono.
    - Camillo… ma chi è quella? Cosa ho appena visto?
    - Non fare domande… - rispose Camillo e fece il dito alla turista che lo immortalò con un’ennesima foto del cazzo.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:21
     
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    Capitolo 4 - Decisioni affettate


    I quattro beniamini proseguirono per le pieghe del tempo, dove le cose si dilatavano e si diluivano in un succo all'arancia.
    Sara uscì dal bagno e guardò gli altri come se nulla fosse.
    Camillo udì col suo senso di ragno una donna piangere e disse agli altri di seguirlo.
    - Chissene frega, ok? Pensa un attimo a me! - disse Stefano.
    - Lei esele un fantasma cativo, signole! - disse la turista giapponese.
    - Cazzo, basta cazzeggiare, è sicuramente la donna di prima, dobbiamo aiutarla! - disse Camillo.
    - Esatto, ma tu ne sei in grado? - disse Sara.
    - No, ma ci provo - disse Camillo riassumendo la filosofia dell'uomo comune.
    Sentirono i rumori di pianto farsi sempre più vicini, finché non raggiunsero la camera da letto, del conte Dracula o di chi cazzo fosse.
    Piangeva, nuda, coperta sotto le lenzuola. Era bionda, e aveva le lentiggini. Una bella donna, ma in quel momento il dolore che sentiva dentro non la faceva sentire bella per niente.
    Camillo si avvicinò preoccupato e insieme a lui entrarono gli altri.
    - Ascoltami, adesso stai tranquilla, ti aiuteremo noi! - disse Camillo con un sorriso.
    - Tieni, prendi questi vestiti - disse Sara e le lanciò degli abiti trovati dentro l'armadio.
    - G-grazie. Potete uscire mentre mi cambio per favore? - domandò debolmente.
    - Ehi, non ce l'hai mica solo te... - disse Sara.
    - Cazzo, adesso usciamo - disse Camillo.
    - Ma come te ne esci, Sara? - domandò Stefano.
    - Ok, scherzavo, stavo solo scherzando, cambiati pure - disse Sara.
    La turista cinese provò a tirare fuori la macchina fotografica ma la donna la sbatté fuori.
    - Ho fotoglafato la polta! - disse la cinese.
    I quattro risero e aspettarono, poi la sentirono chiamarli e tornarono.
    - Va meglio adesso? - domandò Camillo.
    - No, direi che... cazzo, non posso crederci... io... - disse la donna.
    - Senti, te lo dico io adesso cosa devi fare, andare a casa tua. Che poi, che cazzo ci facevi qui...? - chiese Sara.
    - Ho perso una scommessa. E poi quando sono andata in bagno è sbucato... quel...
    - In questa casa c'è di peggio - disse Stefano.
    - Cazzo, sei bravo a tirare su di morale le persone - disse Camillo a Stefano.
    - Dai, ti accompagniamo fuori, non dovevi venire qui - disse Sara porgendole la mano.
    - No, cazzo, voglio andare in fondo a questa storia, voglio rimanere con voi.
    - Il classico cliché da horror, merda, ma perché non ve ne andate e basta? Cazzo, qui si rischia la vita! - disse Sara.
    - Ok, andiamo via tutti allora, poi ritorniamo - disse la donna.
    - Ma che cazzo dici? Sono appena arrivati e... poi mi mancava Camillo... - disse Stefano.
    - Non ci crede nessuno, Stefano. E comunque da qui non se ne va nessuno - disse Sara.
    I dialoghi erano pesanti e l'aria pure, dopo le flatulenze misteriose e nascoste della turista cinese.
    Alla fine si sedettero tutti sul letto a passarsi una canna di Sara e a discutere fumando animatamente.
    Ma di colpo Camillo notò che la stanza si stava riempendo di serpenti che uscivano dal letto e dalle pareti.
    Andarono tutti nel panico, tranne la cinese che prese a giocare con uno di essi.
    Erano velenosi e feroci.
    Sara tirò fuori dalla giacca la katana e tagliò più teste che una ghigliottina nel cinquecento.
    La turista li abbagliava con lo scatto della macchina fotografica e Stefano tentava di spaventarli ma non ci riusciva.
    Camillo odiava i serpenti e uscì dalla stanza in fretta.
    Uscirono anche gli altri e scapparono.
    Pensando al peggio Camillo tirò fuori dallo zaino una fionda e dei proiettili d'argento che teneva in una sacchetta.
    - Bella! Hai fatto bene a portarla! - disse Sara.
    Si fecero tutto il piano di scale per andare verso chissà dove quando sbucò un serial killer con una maschera da clown.
    Camillo fece per colpirlo con la fionda e lui provò ad accoltellarlo con una coltello chilometrico.
    Ma la turista cinese stupì tutti e lo colpì con un colpo di kung fu che lo stese in pochi secondi.
    - Visto? Io folte! - disse.
    - Ehi, ma tu come ti chiami? - domandò la donna intimorita ma con ammirazione.
    - Mei, lei?
    -Paola, piacere! - disse ridendo.
    -Bene, buono a sapersi, adesso che ci siamo tutti presentati, possiamo andare? - gridò Stefano.
    Annuirono tutti e corsero verso il piano superiore della casa.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:25
     
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    Capitolo 5 – La fin…


    Camillo corse su per le scale come un idiota insieme agli altri e si domandò qual’ era il senso della vita e della storia.
    Nessuno.
    Sentirono una voce che rideva sguaiatamente. Muhuahuahuahuahuahua. Tipo così.
    Quando aprirono la porta sprofondarono nelle viscere dell’inferno. L’intera stanza era lava calda e umana che strabordava di putridume derivato da gente morta sciolta dentro di essa.
    Seduto su una sedia c’era un uomo che assunse le sembianze di Satana e rise gridando e lanciando insetti e vermi dalla bocca. I cinque si spaventarono come quando si guarda un film di Checco Zalone e si chiusero nei loro gusci invisibili inesistenti.
    Sara tremò di paura, per quegli insetti orribili e Camillo tentò di consolarla, inutilmente.
    Si abbracciarono tutti e cinque mentre venivano sommersi da quella pioggia glaciale e lavica.
    - AAAAAAAAAAAAH! CHI CAZZO SIETE???? COSA CI FATE IN CASA MIA? USCITE FUORI DANNATI, VI AMMAZZERÒ COME GESÙ! TORNATE A CASA VOSTRA, O VI SCIOGLIERETE DAGLI INSETTI CHE VI LANCERÒ ADDOSSO! – gridò la bestia selvatica satanica selvaggia.
    -No! – disse Camillo.
    -Sì! – disse Sara e uscì fuori di corsa.
    Camillo si incazzò di colpo. Dove stava andando Sara? Uscì anche lui.
    - Ehi, ma dove cavolo vai? Non dicevi…
    - Cazzo, io odio quegli insetti orribili…
    - Va bene, adesso calmati…
    - Non riesco a calmarmi, hai visto che cazzo sta succedendo? C’era quello lì e… e poi loro che… oh cazzo….
    - Va bene, allora scopiamo.
    - Cosa?
    - Ho detto, scopiamo, così ti rilassi.
    - Ah, ok – disse Sara e lo seguì in una stanza. Entrarono e trovarono un letto. Si spogliarono e iniziarono a farlo senza pretese ma poi piacque a entrambi e gridarono di gioia.
    Satana smise di urlare e vide i tre amici rimasti.
    Gli amici si lasciano da soli? Nah…
    I tre fuggirono e Satana li inseguì per i corridoi della casa. Entrarono nella stanza dove Camillo e Sara stavano scopando quando Camillo gridò guardando cosa c’era davanti alla porta.
    - Aaaaaaaaah!
    - No, è tutto apposto, continua così che mi piace, dai…
    - No, intendo guardati dietro, c’è Satana! – disse Camillo.
    - Ah, cazzo, levamelo di dosso, merda! – gridò Sara e si staccò da Camillo proprio mentre stava per venire. Sara cadde giù dal letto sul tappeto e Camillo sborrò contro Satana facendolo volare fuori dalla porta verso il piano inferiore della casa.
    I tre vennero coperti completamente.
    - Scusate, bastardi, era da un po’ che non venivo! – disse Camillo e rise. Poi scivolò giù dal letto dopo che Sara lo afferrò per buttarlo a terra.
    - Mi devi un orgasmo, stronzo – disse e i due iniziarono a lanciarsi contro la coperta e i cuscini.
    Di colpo si resero conto che le coperte e il letto avevano uno strano odore.
    - Ehi, ehm, ragazzi, non vorrei allarmarvi ma… - disse Stefano.
    - Ma? – domandò Sara.
    - Quelle coperte, quei cuscini, e quel letto… sono fatti coi resti dei cadaveri morti qui, parecchio tempo fa… - disse Stefano chiudendo gli occhi preparandosi per lo choc dei due.
    -Ma che cazzo, bleah… - disse Sara e vomitò sul letto e su Camillo che vomitò per terra.
    I due si alzarono storditi e confusi e si sentirono più nauseati che felici.
    Paola stette per dire qualcosa ma Sara la interruppe.
    - Non dirmi che essere stuprati è peggio, sennò ti spacco il cervello, ok? – disse Sara.
    Mei voleva fare una foto ma Sara le prese la fotocamera e gliela spaccò per terra.
    - Basta foto, la vita vivila – disse e si accese una sigaretta.
    Di colpo udirono suonare alla porta.
    Andarono ad aprire volando sul dorso di un pipistrello e atterrarono su Camillo che cadde per primo.
    - Ahia! E che cazzo! – disse e piagnucolò.
    Alla porta c’era l’ispettore Coriandolo. Si chiamava così perché un tempo si travestiva da clown a carnevale, e andava a lanciare coriandoli a Stephen King suggerendogli storie per i suoi libri.
    - Uhm, ordunque, mi ritrovo qui per constatare e osservare con acuta percezione dei miei sensi fisici e motori e abilità di deduzione i fatti che riguardano questa strana e schifosissima casa che scalfisce il terreno cerebrale e il buon senso del mondo. In sintesi, come dite voi giovani… ehm, che cazzo succede qui?
    - Oddio, ma chi è questo? Non ho capito un cazzo, tieni, bevi, ti farà bene – disse Sara e gli porse la fiaschetta.
    - No, ehm, cioè, il mio corpo al momento è dedito solamente alla comprensione di cosa sta succedendo qui, e non mi arrenderò finché non l’avrò scoperto, però sì, un goccetto non mi dispiace, mia bella madame dai capelli rossi – disse l’ispettore Coriandolo e si prese la fiaschetta bevendola tutta.
    - Ehi, ma che cazz… - disse Sara venendo interrotta da un rutto dell’ispettore che le porse la fiaschetta.
    - Bene, lei potele aiutale noi, molto spaventati, Satana olibile e tuto il lesto… - disse Mei.
    - Ma no, voglio dire, mia cara signora cinese, il mio cervello non concepisce l’esistenza di nessuna creatura sovrannaturale o satanica, in quanto l’esistenza di un dio e di un diavolo non rientrano tra le mie intenzioni o superstizioni, io credo non nella scienza, ma nei glutei sodi, come dite voi, nei culi grandi, ecco – disse Coriandolo e si accese una canna.
    Poi rise e cercò di abbracciare Sara ma lei lo atterrò con un pugno.
    - Ah, ok… bene, dov’è questa presenza onnipotente, come dite voi, dove risiede il mostro cattivone della bibbia, famosa saga fantasy? – disse Coriandolo ridendo.
    La casa si stava arrabbiando. Non accettava questi insulti. Satana fece in modo che non potessero più fuggire. Ovvero chiuse la porta col potere di un dito.
    - Oh, melda, come usciamo adeso? E io che volevo giocale a Zelda… - disse Mei disperata.
    Camillo si concentrò su Satana poi prese la sua fionda e la guardò. No, non basta, pensò.
    - Ehi, Saruccia bella, mi senti? Mi presti un’altra katana dalla tua giacca di pelle-borsa di Mary Poppins? Ti preeeeeeego…
    - Eh, vabbè dai. Ma poi ridammela o…
    - O?
    - Vedremo, intanto tieni… - disse Sara e gliela diede.
    Camillo la impugnò, anche Sara la tirò fuori.
    Poi si resero conto che stavano impugnando banane.
    Muhuahuahuahuahuahuahuahuahuahuahuahua.
    Gridò Satana con fragore.
    Tecnica della sostituzione.
    La stanza si affollò di vampiri affamati. Brillavano ed erano orribilmente belli come quelli di Twilight.
    - No! Quelli froci di Twilight, no! – gridò Sara e si nascose dietro Stefano ma era un fantasma e quindi non funzionò.
    Sara e Camillo agitarono le banane ma furono morsi.
    Camillo si sentì trasformare in un vampiro fascinoso e si fece schifo da solo. Sentì il corpo brillare come gli occhi delle presidi delle scuole private davanti a un nuovo studente.
    - No, merda, non voglio essere bello – disse Camillo.
    Anche Sara provò le medesime sensazioni, quindi non riscriverò le stesse frasi.
    Di colpo ebbero forza, agilità e riflessi sovrumani. Stava diventando quasi bello. Poi cercarono di mordere anche Paola, ma lei tirò fuori uno specchietto per il trucco dalla tasca e lo puntò contro loro due. Furono accecati e si ritirarono.
    - Ok, va bene, allora va bene così, niente morsi – disse Sara.
    - Comunque ce la pagate lo stesso, cazzo! – gridò Camillo come Beppe Grillo e mandò via i vampiri lanciandogli spicchi d’aglio con la fionda mentre lui stesso gridava per il disgusto. Sara intanto faceva loro la croce con le mani.
    - Guardate la croce bastardi, guardate la croce! Ah, cazzo, anche a me dà fastidio, però… - disse.
    I vampiri corsero via, almeno erano vulnerabili alle classiche cose.
    - Ok basta, siamo stufi di essere vampiri – dissero Sara e Camillo all’autore che accettò di farli tornare normali col potere del buco di trama.
    - Oh, wow, beh, che dire, ragazzi, sono molto ammirevole del vostro decisamente improprio uso della logica e della fisica, ma voglio andare fino in fondo a questa storia… dov’è Satana? – disse Coriandolo e fece un tiro così profondo che gli bastò per sei centimetri di canna.
    Satana comparve di nuovo e li salutò dall’alto ridendo. Poi scomparve e lasciò loro un biglietto con disegnato un coniglietto fuffoso e dei cuoricini amorevoli.
    Diceva, in spagnolo tradotto: “Tornate a casa adesso, mangiate, bevete, scopate, divertitevi, riposatevi insomma, poi dovrete tornare qui per il secondo round e se sarete pronti, non lo sarete affatto, quindi portate con voi più persone o non riuscirete a fare nulla. A proposito, avete visto l’ultimo film di Mel Gibson? Beh, io sì. Comunque fa niente, arrivederci, signorine. Con affetto, Satana”.
    Lo guardarono tutti ma nessuno di loro capiva lo spagnolo, così lo buttarono via.
    Poi decisero di tornare tutti a casa perché Mei voleva guardare Dragon Ball e Naruto in televisione e nessuno ebbe il coraggio di obiettare.
    Il secondo round sarebbe avvenuto prossimamente.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:39
     
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    Capitolo 6 - Separati


    L'ispettore Coriandolo si accese una sigaretta e proseguì la sua vita, aggrapato al ramo di un albero immaginario appeso sul filo del rasoio. Il suo impermeabile, l'unico testimone del tempo passato. Lavorare al distretto di polizia era duro e sapeva che i suoi colleghi non lo rispettavano né lo capivano.
    Beh, no, la verità è che avevano ragione su di lui, faceva pena a quel lavoro e non aveva mai risolto un caso in vita sua, ma vaglielo a dire, vai.
    Nonostante tutto questo amava credere di essere in grado di farcela. Di risolvere i casi. E quello che aveva visto era il più misterioso che avesse mai visto.
    Ma forse, e dico forse, alcuni casi vanno lasciati al mistero e cercare di spiegarli è inutile, completamente inutile. Aveva salutato quelle persone misteriose, che in qualche modo gli avevano dato un briciolo di compagnia. Si diresse verso un bar vicino casa sua. Magari avrebbe incontrato qualche bella donna con cui parlare e con cui passare una notte di sesso fugace...

    ...

    Mei si diresse verso casa triste e sconsolata. Quella macchina fotografica che Sara aveva rotto gliel'aveva regalata suo nonno in punto di morte. Gli aveva detto di fotografare qualsiasi cosa perché ogni cosa era arte. Nella vita. Anche se forse si era spinta un po' troppo oltre.
    Tornò all'hotel dove sua moglie la aspettava. Si amavano tanto e questo molti non lo capivano in Cina. Sembrava che se non ti trovavi un uomo che ti mantenesse non valevi un cazzo. Sicuramente se avesse avuto un cazzo avrebbe guadagnato più soldi, ma non era questo il punto.
    Mei aveva una collezione di foto altrui che rasentava la psicopatia. Se ne era portate parecchie nella borsa e guardava e riguardava i paesaggi fotografati prima di dormire.
    Si lamentò con la moglie Huiliang della macchina fotografica, ma lei la tranquillizzò, gliene avrebbe comprata una nuova.
    Fissarsi così su un oggetto non era proprio indice di una buona salute mentale, ma ehi, chi la ha in questa epoca?

    ...

    Paola lasciò quelle persone assurde alla loro vita e lei tornò alla sua. Ne avrebbe volentieri fatto a meno. Il ricordo di quello stupro era ancora molto forte, e si sentiva estremamente spaventata dall'ambiente circostante. Come se ovunque qualcuno avrebbe potuto attaccarla. Questo la rendeva nervosa e diffidente. Chiamò al telefono una sua amica e gli spiegò quello che era succcesso.
    - Sì, esatto. È andata così, beh, che posso farci?
    - Non posso crederci che Bill Cosby ti abbia violentata. Non è in galera quel tizio?
    - È quella casa.. Non so bene come mai lì dentro accadano quelle cose, ma... accadono fatti inspiegabili.
    - Va bene dai, adesso vai a casa.
    - Credi a quello che ti dico?
    - No, ma sì.
    - Cosa?
    L'amica rise. Parlarono un altro po' finché Paola non tornò a casa sul serio.

    ...

    Stefano rientrò dentro la casa maledetta e si odiò per dover vivere così. Se la prendeva troppo con suo fratello, ma stava imparando a perdonarlo e gli faceva piacere vedere che era andato avanti per la sua strada senza troppi sensi di colpa. I sensi di colpa non servono mai realmente a niente. Mentre se ne stava lì con gli altri fantasmi, vide Satana mentre preparava il suo esercito di mostri. Non aveva senso eppure lo stava vedendo con i suoi occhi. Sembrava una di quelle parodie scritte male giusto per farsi due risate, ma il problema era che era tutto vero e questo più che far ridere preoccupava.
    Odiava quel suo corpo galleggiante. Era da anni che non poteva più mangiare formaggio. Lui amava il formaggio.

    ...

    Sara salutò Camillo e tornò a casa incazzata. Cosa voleva dire quella strana lettera di Satana? Perché continuavano ad entrare lì dentro invece di andarsene, e soprattutto, cosa la rendeva così tanto autodistruttiva? Questo e molto altro si domandò per la strada bevendosi una bottiglia di Vodka. Cercava di dimenticare ogni secondo passato e proprio per questo si scordava le risposte degli esami all'università. Viveva in uno squallido appartamento e non ordinava da un sacco di tempo. I vestiti li teneva tutti ammassati per la casa in vari punti strategici e usava l'armadio solo per tenerci i libri, buttati un po' per autore, un po' a caso.
    Se ne stava lì buttata sul divano a giocare a GTA 5 mentre beveva. Se beveva mentre stava al volante su un videogioco almeno per una volta potevano non arrestarla.

    ...

    Camillo tornò a casa sbuffando. Quell'ultima avventura lo aveva preoccupato non poco, ed era sicuro che non poteva farsi coinvolgere emotivamente più di così. Passò il pomeriggio a litigare con i genitori e ad ascoltare musica rock a ripetizione su Spotify. Decise di non andare al lavoro quella sera. Ormai l'aveva perso non essendosi più presentato e comunque odiava fare il cameriere, per via della gente stupida. Se non odiasse la maggior parte delle persone lo farebbe molto meglio.

    ...

    Satana aveva preparato tutto, poi pianse perché Stefano gli disse che era grasso. Nessuno lo veniva mai a trovare a casa perché dicevano che la casa era maledetta e si sentiva giudicato. Tutti lo giudicavano, da Gesù, a tutti gli altri. Nessuno che lo amava senza farsi preguidizi. Ormai preferiva attaccare le persone che entravano piuttosto che fidarsi e soffrire ulteriormente. Ma ormai aveva completamente perso la ragione, aveva perso tutto. L'unica anima che ricordava con passione era quella di Teresa. L'unica donna che lo amò in vita. La sua amata Teresa. Ma ormai era tardi. Troppo tardi. Lui era depresso, ed era il diavolo, quindi a nessuno fregava niente di quello che pensava lui. Era il capro espiatorio e veniva accusato a prescindere. Senza amore e senza grazia. Solo e incompreso. Come tutti noi.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:47
     
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    Capitolo 7 - Soldi a pelate


    Camillo uscì di casa pensando solo al sesso e chiamò al telefono Sara.
    - Ehi, sì, ci vediamo davanti la casa, giusto? - disse apatico ma eccitato.
    - Se, certo. A proposito... hai chiamato anche gli altri? - domandò Sara.
    - No, quegli idioti possono anche scoppiare, verranno quando verranno, intanto noi pensiamo a venire, cioè, ad andare - disse Camillo e attaccò il telefono.
    Poi camminò fischiando e cantantando come James McAvoy in Glass verso una casa che non ha mai avuto senso.
    L'ispettore Coriandolo si rese conto che era l'ora dell'eroe, così si mise il suo impermeabile, la sua uniforme da giustiziere della notte noir e abbandonò silenziosamente la donna che dormiva nuda sul suo letto con cui aveva avuto uno sfuggevole e passionale rapporto sessuale la sera prima. Uscì pensando ai suoi miti, come Colombo, Sherlock Holmes e il detective Conan.
    - Ok, questo caso è mio, in polizia mi succhieranno il cazzo, la promozione è assicurata.
    Per la strada incontrò Mei, stavolta estremamente seria e improvvisamente parecchio vigile e comprensiva dell'ambiente circostante.
    - Ispettole Coliandolo, L'Italia è spaventosa! - gli disse.
    Coriandolo rise nervosamente e proseguì sbuffando fumo dalla sua sigaretta.
    Per la strada incontrò anche Paola, la donna che aveva soltanto conosciuto di sfuggita e con cui non aveva approfondito i rapporti.
    - Ehi, mio caro Coriandolo, ho scommesso la prima volta di andare in quella casa solo per vincere la lettura del mio ultimo romanzo capolavoro da parte di una mia amica, ma proprio non lo vuole leggere! Uffi, Coriandolo, lei è un detective, può capire come mai?
    - Beh, mia cara e dolce pulzella, la lettura di un libro richiede tempo, e voglia, e amore per la lettura, non tutte le anime di questo mondo ne hanno il tempo, la voglia e l'amore per farlo.
    - E lei? Lei potrebbe?
    - No, guardi, io sono impegnato in un caso, e poi adesso sto leggendo Topolino, non ho tempo per questi frivoli e complicati libri di persone altrettanto complicate, ho questo caso che... beh, ma ora basta... non voglio annoiarla, madame, piuttosto, ci rendiamo conto che stiamo per tornare nella tana del diavolo? Un po' di concentrazione, mia cara, adesso devo concentrarmi, ciao - disse Coriandolo e la lasciò col suo libro in balia del vento volante.
    Paola sorrise. Prima o poi avrebbe capito che cazzo diceva Coriandolo ogni volta che lo vedeva.
    Stefano il fantasma era impegnato a giocare a quel gioco di carte famoso mentre mangiava formaggi, o almeno faceva finta di mangiarli.
    Satana era pronto.
    Anche i personaggi.
    E anche i lettori. Probabilmente.
    Camillo raggiunse Sara davanti all'ingresso.
    Deglutirono e si bevvero una bottiglia di Sambuca finendola prima di entrare.
    - Ehi, ehm, Camillo?
    - Sì?
    - Siamo morti lo sai?
    - Sì, lo sapevo. Ma se tutto questo è soltanto un sogno, beh, allora voglio dirti che...
    - Dai, dillo...
    - Avevi ragione su tutto. Tranne su di me. Io non ho mai niente da dire.
    - Wow. Ok, basta cazzate. Iniziamo 'sta cosa del cazzo.
    - Okkkkk - disse Camillo con un abbondanza di k.
    Entrarono. La scena era stupida. Satana aveva un esercito di mostri. Bambole assassine, clown, il mostro di Frankeinstein, Dracula, vampiri, zombie, assassini, mummie, lupi mannari, e tutto il resto del catalogo.
    Di colpo entrarono anche Paola, Mei e Coriandolo.
    - Bene, siamo tutti - disse Camillo.
    - Mancano solo i Liocorni - disse Sara.
    - Cazzo, è vero... scusate ragazzi - disse Satana.
    - Scuse accettate - rispose Stefano che guardava la scena ammirevole di chi possiede un corpo fisico, tranne di suo fratello.
    Dopodiché il fragore e la battaglia di questi esseri leggendari era talmente potente e squillante da non poter essere facilmente descritta a parole. Camillo e Sara si trasformarono in bestie da combattimento, Sara tagliò qualsiasi cosa con la sua katana e Camillo alternava la fionda per gli attacchi a distanza e la katana per quelli ravvicinati. Mei distruggeva tutti col suo kung fu, e Paola fece del suo meglio usando il potere dell'ammormamento degli scrittori. In sostanza appena chiedeva ai mostri di leggere il suo libro, loro si allontanavano all'istante.
    Stefano attraversava le creature col suo corpo decomposto e li raffreddava tanto da indebolirli. L'ispettore Coriandolo usava il JuJutsu, appreso per la sua carriera in polizia, ma il più delle volte i suoi colpi non erano abbastanza efficaci, così ricorreva al suo colpo segreto coi coriandoli, in cui spariva nella penombra dei coriandoli lanciati per poi riapparire e usare il suo coltello da caccia lanciandolo stile Diabolik e allenandosi su qualsiasi cosa si parava davanti. Proprio per questo colpì anche Camillo nelle parti basse.
    Dentro quella stanza si era creato un clima terribile, di cattiveria e di estrema ferocia e distuzione completa dell'avversario, e forse era questo lo scopo di Satana oltre che a difendersi dal giudizio altrui.
    Ma infine Coriandolo ebbe un illuminazione che lo fece smettere di combattere per un momento. Guardando attentamente Satana e il suo continuo ricercare con lo sguardo la foto di Teresa, l'amata, si rese conto dei suoi sentimenti mai completamente soddisfatti.
    Poi si rese conto che probabilmente Satana era un agnello ferito che aveva paura di cosa pensavano gli altri, quando vide la sua reazione all'insulto di Sara sulle sue chiappe rosse accese. Così fu colto da un lampo mentale e gridò:
    - Ho capito!
    Tutti si fermarono.
    - Ok, bravo - rispose Sara e ricominciarono. La battaglia proseguì per circa dieci ore, senza esclusione di colpi e terminò nel momento in cui Camillo lanciò con la fionda il suo proiettile esplosivo segreto, ovvero un botto di capodanno estremamente potente e fece esplodere gli ultimi mostri rimasti.
    Si ritrovarono tutti immobili e stanchi.
    I nemici erano spariti, e avevano tutti fame.
    Qualcuno doveva parlare.
    - Ok, ci penso io! - disse Camillo.
    Si avvicinò e guardò Satana.
    - Abbiamo vinto noi, tu sei stanco, noi no, ma... - disse e poi svenne.
    - Ci penso io! - disse Sara.
    - Satana, vaffanculo, hai un pisellino piccolino, e segretamente ti manca Gesù e l'approvazione altrui. Ma devi smetterla di fare il coglione. Abbiamo vinto ormai, e abbiamo fame. Quindi andiamo a mangiare? Offri tu.
    - Sara, ma cosa dici, io... io non ho soldi... e poi... io... non dire così su di me... - disse e pianse.
    Coriandolo si mise le mani nei capelli. Toccava a lui intervenire.
    - Ehi, ora basta! Discorsi campati per aria, non tergiversate così, diamine, ok, Satana, io ho capito tutto, non so se tu esisti veramente, ma forse sì, e ho capito che ami Teresa, l'amore della tua vita, non è così?
    - Coriandolo, ma... come l'hai capito? Tu non dovresti essere un detective bravo, tu eri solo... un coglione... - disse Satana.
    - Ehi, adesso non cominciamo a offendere eh, io sono estremamente qualificato e porto sempre a termine i miei doveri, comunque parlando sinceramente, mio caro demonio, Teresa probabilmente sarà all'inferno, e questo te lo dico soltanto per l'inerzia che so che gli esseri umani hanno nel fare del bene, e so che se tu la cercherai, forse la troverai, che soffrirà, perché le è mancato per tutta la vita il calore di un uomo che la amava sul serio, come te, quindi vai, cercala, trovala, e non tornare sulla terra a creare scompiglio con i tuoi problemi emotivi, ricordati delle tue conquiste, ricorda ancora meglio i tuoi fallimenti e impara da essi e poi vai a fanculo! - disse Coriandolo senza fermarsi mai.
    Rimasero tutti impalati, senza capire, né dire niente.
    Satana lo fissò per circa un minuto, poi si arrese a parlare.
    - Va bene, hai capito tutto, Coriandolo mi ero sbagliato su di te, beh, hai ragione, posso cercarla, e la cercherò, ma prima porterò voi con me! - gridò e lanciò un onda energetica usando i suoi super poteri di demonio.
    Proprio in quel momento Sara gli fece il dito e Mei pregò accuratamente che qualsiasi cosa li salvasse.
    Poi venne.
    Di colpo una luce.
    Comparve un essere indescrivibile e innominabile, bianco, barbuto, e potente che respinse il colpo con un'altra onda e spazzò via tutto ciò che rimaneva dell'avversario. Satana venne colpito e cadde a terra sconfitto.
    L'essere supremo si fermò per un momento a guardare tutti i presenti, poi imbarazzato sparì di colpo.
    Camillo riaprì gli occhi e si alzò.
    - Ehi, che mi sono perso? - domandò, ma nessuno badava a lui.
    - Ehi, ma era... era proprio lui? - chiese Paola.
    - Chi? Io non avele visto niente! - disse Mei confusa.
    - Sì, era lui ragazzi, e non so se voglio crederci, credo solo che dopo questo una bella canna non me la leva nessuno... - disse Coriandolo e fumò tranquillo e felice.
    - Niente Camillo, ti sei perso solo dio, eri troppo impegnato a sognare la tua mammina che ti cambiava il pannolino per accorgertene - disse Sara e rise, contagiando anche Camillo.
    Erano stanci, affaticati, dalla vita, ma qualcosa li univa, oltre che alla fame. Forse l'impressione che si sarebbero rivisti in qualche altro ambito, in qualche altra storia o universo parallelo.
    Stefano era in lacrime, non poteva esprimere meglio la commozione per quegli eventi tutti insieme. In fondo, fin troppo per un fantasma abituato a una vita infinita e noiosa.
    Alla fine, non poterono fare altro che distendersi tutti a terra e passarsi ciascuno la canna di Coriandolo, per dare la colpa al fumo se quel pomeriggio avevano visto dio.

    Edited by Matthew 98 - 13/6/2019, 12:53
     
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    Io questa storia, silenziosamente la sto seguendo eh :shifty:

    Forza e coraggio Camillo e Sara!
     
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    Grazie, mi fa piacere, pensavo non la stesse leggendo nessuno :D
     
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    Ahahahahah nono, sono seguite le avventure di Camillo e la sua amichetta, solo che non ho abbastanza tempo di lasciare un commento per bene XD
     
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    Sei perdonata dai :D
     
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  12. Alfredo Canovi
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    Ho letto il primo capitolo, e sono destabilizzato dall'arrogante prosopopea di Sara...credo di essermene innamorato ma andiamo avanti.
    Sono anche turbato dal tuo stile volutamente mal ricercato ma divertente e incisivo.
    Bravo ragazzo, ben scritto...
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    Grazie! ^_^
     
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    Capitolo 8 - Il mostro della depressione


    L'atmosfera era indefinibile. Un po' come l'assenza di dignità dell'uomo moderno, l'assenza di dignità di tutti noi. I sei personaggi erano lì sdraiati a fumare e Satana era lì, disteso, più morto che vivo.
    Sara rideva, assieme a tutti gli altri. Quando vinci, goditi il momento. Perché non sempre si vince. A volte si muore. Soprattutto negli horror.
    Camillo si alzò e decise di prendere l'iniziativa.
    - Vaaaaa bene ragazzi, è morto il coglione, Satana, no? Quindi abbiamo finito con questa storia assurda? Possiamo andare tutti a casa, belli miei? Sì, lo so, mi mancherete, belli miei, tesori, mi mancherete, un po' come ti manca il liceo quando lo finisci, sì, quel tipo di nostalgia, quindi andiamo belli, andiamo, a fare i figli di puttana - disse Camillo ridendo e tossendo.
    - Eh, Camillo, hai ragione, è finita, però che palle, io mi stavo divertendo, e poi volevo morire - disse Sara con uno strano cambio di umore.
    - Cosa?
    - Niente. Comunque il simpaticone ha ragione, l'avventura è finita, ci dobbiamo separare, ragazzi - disse Sara e trattenne una lacrima accendendosi una sigaretta meccanicamente.
    - Non esprimiamo corbellerie, giovani uomini e donne, io sono Coriandolo e indagherò sempre per la vostra salvezza, sempre, e forse è ora che lo capiate anche voi! - disse Coriandolo.
    - Beh, non fa niente, ci possiamo rivedere ogni tanto, e magari così mi distraete dal pensiero del cazzo di Bill Cosby dentro la mia vagina, e magari leggete il mio libro, e mi ispirate per un nuovo romanzo bellissimo, oh, l'ho pensato? O l'ho detto? In ogni caso, non dovevate sentirlo questo, cazzo, vabbè - disse Paola.
    - Tu e questo libro, prima di definire i tuoi libri bellissimi scrivi almeno per altri dieci o vent'anni, pupa, adesso chi credi di essere, Dante Alighieri? - disse Sara.
    - Alighieli? Ne ho sentito pallale... - disse Mei.
    - Ehi, ma perché ce l'hai con me? Io volevo solo divertirti e appassionarti.
    - Lo so, ma è divertente essere sinceri - disse Sara.
    - Ragazzi, in realtà non so se Satana sia morto sul serio, forse è meglio che vi preoccupiate, almeno un po', che abbiate un po' di ansia, o terrore, o cose così - disse Stefano cupo.
    - Mio fratello è figlio unico, perché quando parla sembra che parli un'altra lingua, sembra morto, oh, vabbè, siamo tutti morti dentro, tranquillo... - disse Camillo.
    Satana guardò con fatica i suoi nemici. Quei bastardi. Voleva ucciderli. Gli avrebbe mandato un regalino. Soprattutto a quella burlona di Sara.
    - Va bene, chiacchiere spaziali a parte, gente, questo caso è chiuso, io vado a coricare le mie membra stanche sul letto e a ragionare sulla prossima indagine... beh, questi sono casi miei, cazzi miei, non potete capire, anche perché qui il senso del tutto non è terminato. Da questa casa nasce tutto. E niente, come dite voi, vado a scopare? Sì, vado a scopare, gente, ci si vede - disse Coriandolo, e si incamminò soddisfatto verso l'uscita fumando e portando dietro di sé un grigiore noir e un aria di duro detective fallito ma geniale.
    - Quello sta fuori, comunque va bene, andiamo anche noi Camillo, qui non c'è più molto altro da fare, e questo è deludente, ma che possiamo farci? A volte sembra che i guai te li devi andare a cercare perché non succede mai niente, che palle vero? Vabbè, andiamo, ciao - disse Sara e diede una pacca sulla spalla a Camillo.
    - Accontentati dai, hai anche visto Gesù - disse Camillo e la seguì portandosi con lei un dialogo che si faceva sempre più distante.
    Mei e Paola seguirono gli altri verso l'uscita, sperando di salutarli amichevolmente per l'ultima volta o qualcosa del genere, ma loro già si facevano i cazzi loro.
    Stefano non fece in tempo a salutare nessuno perché inciampò nella sua stupidità, e poi rise fino a sbiancare.
    Satana gridò di rabbia incazzata. Odiava la solitudine adesso. Senza nemici a che serve la sua presenza? No, non va bene così. Doveva perseguitare quelle anime peccatrici. Allungò la mano ed evocò un mostro deprimente.
    Una nebbiolina nera con degli occhi tristi e incazzati allo stesso tempo. Il mostro della depressione. Avrebbe colpito e centrato il bersaglio come Robin Hood.
    - Desidera?
    - Cazzo, devi deprimere Camillo, Sara, Stefano, Mei, Paola e quel buffone di Coliandro, Coriandolo o come cazzo si chiama quel coglione che copia i detective dei libri gialli migliori di lui.
    - Vabbè. Vado. Comunque ti puzza il culo - disse il mostro e sparì.
    - Ma vaffanculo! - gridò Satana e si alzò disdegnando certe affermazioni.
    Il mostro strisciava furtivo e cattivo come un gattino stronzino. Cattivo, molto cattivo. Cattivo e depressivo. Colpiva le prede senza pietà e con goduria tipica dei migliori cattivi cattivoni.
    Camillo salutò Sara e tornò a casa. Per la strada di casa si fermò a comprare delle patatine caloriche e se le mangiò con lo stile di Light Yagami, pensando a quanto era figo ammazzare la gente con un quaderno.
    Per un momento incontrò il mostro ed ebbe un sussulto. Poi continuò a camminare verso casa. Ma era diverso. Guardava verso il basso. Non sorrideva e non fischiettava più.
    Arrivò a casa ed entrò, poi si chiuse in camera e si accucciò sul letto, pensando alla morte. Alla morte e alla morte mortuaria.
    Mei fu colpita mentre stava insieme alla sua mogliettina Huiliang.
    Di colpo guardava il vuoto e qualsiasi desiderio iniziale di leccarle la vagina svanì.
    - Ehm, vabè, ho conosciuto nuove pelsone, Huiliang, ma, boh, folse nesuno mi ama, e niente... tu mi ami? - disse Mei in lacrime.
    - Celto, ma cosa ti sucede?
    - Niente, sto benisimo non si vede?
    - Se lo dici tu, ma a ploposito, pelché palliamo in italiano, se siamo cinesi?
    - Non lo so... - disse Mei e scoppiò a piangere perché non conosceva la risposta.
    Paola divenne presto sconsolata e insicura.
    Incontrò un'amica per la strada.
    - Ehi, Paola, come va?
    - Boh.
    - Ma sei entrata nella casa? Grande, dai, hai vinto la scommessa, leggerò il tuo libro, con grande piacere - disse l'amica, chiamata Claudia.
    - No, vabbè, non fa niente, tranquilla, non sono all'altezza io, non leggere niente di mio e... scusami se non riesco a... cazzo... ciao - disse Paola e se ne andò.
    Claudia la guardò confusa.
    Coriandolo camminava depresso, cicca in bocca, e chiamò il suo capitano.
    - Capitano, ho risolto il caso. Sì, sono io. No, non so perché... non lo so. Non so quello che dico, lasci stare. Sì, non so come parlo, non so quello che faccio e allora? Che cazzo vuole da me, io faccio del mio meglio, pezzo di... ehm, scusi, non so cosa mi è preso, è che... ok, scusi, vado a scopare, ok - disse Coriandolo.
    Attaccò e si diresse in un pub. Si sedette a bere fino alla mezzanotte. Rimase finché non vide una donna ubriaca quanto lui. Pensò a bananarla.
    - Ehi, piacere, io mi chiamo Coriandolo, tu sei?
    - Fidanzata - rispose la donna, e gli ruttò in faccia.
    - Ah, grande, continua così amica mia... - disse Coriandolo e agitò il pugno in alto con ripetuta ironia.
    Stefano ebbe all'improvviso una crisi e impazzì perché non poteva suicidarsi essendo già morto.
    Mancava solo Sara. Dormiva con losca difficoltà e classico tormento.
    Iniziò a sudare. Faceva lo stesso sogno ripetuto. Continuava a rivedere la nonna morta.
    - Oh, cazzo. Non riesco a dormire manco per il cazzo - disse Sara e allungò una mano verso la bottiglia d'acqua vicino al comodino per berla.
    Entrò in uno stato psicofisico. Non capiva se stava sognando di bere la bottiglia o se lo stava davvero facendo.
    Ma di colpo comparve davanti a lei il mostro della depressione. Era cupo e Sara non capiva un cazzo.
    - Chi sei? Esci di qui prima che ti denunci all'ispettore Coriandolo... - disse Sara ridendo isterica.
    - Sono il mostro della depressione, manchi solo te, testa di cazzo, Satana si è raccomandato di essere cattivo con te. Beh, io sono cattivo.
    - No, non sei cattivo, sei solo incompreso, come tutti i cattivi - disse Sara ironica.
    -Basta adesso, prendi questo! - disse il mostro e si sparse come una nebbiolina attorno a Sara.
    - Ehi, no, aspetta, mi fai il solletico, ahahahahaha, basta, no, sulle tette no, così mi ecciti... - disse Sara ridendo.
    - Ma che cazzo... non fa effetto, perché? - chiese il mostro.
    - Ascolta, coso, io sono depressa da sempre, te non farai nessuna differenza, vattene... buffone - disse Sara con un sorriso mezzo serio.
    Il mostro fu colpito nell'orgoglio e se ne andò via bisbigliando qualcosa.
    - Bah, ormai non sanno più cosa inventarsi... - disse Sara, e tornò a dormire.
    La notte era calda. Erano tutti tristi. Ma qualcuno avrebbe fermato tutto questo. E quel qualcuno poteva essere semplicemente una persona abituata al dolore da sempre.

    Edited by Matthew 98 - 18/9/2019, 15:34
     
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    Capitolo 9 - Risoluzione in alta definizione


    La morte era uno scherzo. Come tutto il resto. Come ogni cosa divertente di questo mondo. E non bastava un saluto, o un gesto gentile per cancellarla, spesso. La morte non è cancellabile, quindi tanto vale conviverci. Tanto vale accettare dentro di sé la massa informe del nero e cupo strato gravitazionale che è la morte e tenerla dentro di sé come una bibbia nel taschino che blocca un proiettile sparato da un fallito qualsiasi.
    Il mostro della depressione si muoveva felice, di colpire nuove vittime e distruggere ogni senso di realtà immaginabile. Il tutto per divertimento, o più che altro per vedere chi aveva le palle di accettare tutto questo.
    Il giorno dopo Camillo chiamò Sara al telefono, mentre stava a letto sfatto.
    - Pronto? Sara? Sono io. Non so cosa ho ma ho qualcosa.
    - Un tumore al cervello?
    - No, è proprio questione di pressione. Questione di prospettiva e di chimica nel cervello. È tutto sballato.
    - Come Stanley?
    - No, senti, è difficile parlarne. Ma... boh.
    - Lo so di cosa stai parlando. Sei depresso. Che novità. Sorpresa, anche io mi sento sempre così.
    - Davvero? Ma non sembra.
    - Neanche te sembri stupido, poi basta conoscerti. È questione di prospettiva, come dicevi tu.
    - Aiutami. Ti prego.
    - Va bene, senti vediamoci al parco vicino casa mia. Così almeno cammino di meno.
    - Ok. Grazie - rispose Camillo e attaccò.
    - Prego - rispose Sara con un luccichio agli occhi.
    Camillo uscì di casa a fatica e si incamminò verso il parco. Mentre camminava gli squillò il telefono. Era Coriandolo.
    - Coriandolo? Che c'è?
    - Camillo. Ho notato un abbassamento di pressione di gioia generale nell'ambiente circostante. A cosa è dovuto? Politica? Povertà? Astinenza? Non lo so ma sto indagando per questa fastidiosa sensazione che ahimé, anche io sento. Non può certo essere per una roba sovrannaturale, quelle cafonate lì, non hanno senso. Per niente. Vediamoci tutti quanti, devo esaminarvi il cervello e giocarci un po' a basket per capire cosa cazzo succede, amico mio.
    - Prima di tutto non sei mio amico, secondo, ok, chiamo anche gli altri. Vediamoci al parco in via dell'androide Marvin.
    - Grazie di cuore egregio Camillo, passa un bel momento.
    - Vaaa bene, ci sentiamo - disse Camillo e attaccò.
    Coriandolo. Sempre il solito.
    Coriandolo si accese una sigaretta e camminò depresso e duro verso la risoluzione del caso. Prese appunti con attenzione. Poi si mise a disegnare peni e tette a caso.
    Paola sussultò quando ricevette la chiamata di Camillo.
    - P-pronto, chi è?
    - Sono io.
    - Io chi? Vuoi farmi male per caso?
    - No, cazzo, sono Camillo, Paola ci dobbiamo vedere.
    - Va bene, ma mi porto uno spray al peperoncino.
    - Fai come ti pare, ti mando un messaggio con l'indirizzo, ciao.
    Infine chiamò anche Mei che rispose piangendo.
    - Uff, anche tu stai male? Ma allora è una cosa diffusa.
    - Sì, Camillo, se tu aiutale me, io ringlaziale te con glande affetto! - disse Mei.
    - Sì, va bene, ti aiuto, vediamoci subito - disse.
    Le disse il luogo.
    E infine chiamò anche Stefano. Poi si ricordò che Stefano era morto quindi dovette andare a trovarlo nella casa e tornare indietro.
    Quando entrò nella casa vide Satana.
    - Ciao, testa di cazzo, dov'è il mio fratello idiota? - disse Camillo.
    - Camillo, non parlarmi così, io sono il diavolo! Quando morirai all'inferno ti pungerò il culo col mio forcone!
    - Fico, ciao - disse Camillo e camminò verso i fantasmi.
    - Ehi, senti, ti ho mandato un bel regalino, il mostro della depressione, i tuoi amici sono ridotti tutti una merda, mi trovi ancora fico?
    - No, sei inquietante, ma ecco spiegato tutto - disse Camillo annoiato.
    Raggiunse i fantasmi. Come sempre erano tanti. Gridò e si fece sentire da Stefano che stava tentando di suicidarsi con la testa in un forno, col gas acceso, stile Sylvia Plath.
    - Ehi, fratellino, vieni in un parco con me, Coriandolo vuole esaminarti il cervello.
    - Cosa?
    - Non lo so, vieni e basta, o sei stupido, ah, no, già lo sei.
    - Vergognati, tratti male il tuo fratellino, anche se sta male, cattivo.
    - Ok, vabbè, allora ci vediamo.
    - No, aspetta, vengo, siamo una famiglia, no?
    - No, ma ok, vieni - disse Camillo e con lui andò al famoso parco.
    Il mostro della depressione stava esaminando i movimenti nell'ambiente. Si sentiva forte e voleva distruggere ancora. Forse non poteva fare molto a Sara ma poteva distruggere davanti a lei i suoi amici, e forse questo l'avrebbe ferita. Avrebbe colpito con tutta la sua forza quelle fragili menti fino a distruggerle in mille pezzi, lì, in quel parco, dove si stavano recando tutti stupidamente e inutilmente.
    Sara arrivò per prima al parco e aspettò gli altri. Camillo le aveva spiegato il cambio di programma, e lei era sollevata. Almeno ci sarebbe stata più gente, anche se idiota.
    Passò il tempo a bersi una bottiglia di vino rosso e a guardare porno sul telefono.
    Quando vide che arrivarono sorrise.
    Di quel sorriso che esprimeva tutto e niente.
    Diede la mano a tutti e li salutò con gioia.
    - Eccoci qua Sara, adesso voglio capire insieme a voi cosa vi succede, siete intervistati, descrivetemi le vostre sensazioni, pensieri e sintomi, oggi faccio lo psicologo, psicologo Coriandolo mega fico, ditemi tutto - disse Coriandolo e tolse il tappo della penna coi denti e si preparò a scrivere.
    Paola era estremamente all'erta di ogni movimento ed era pronta a colpire qualsiasi ramoscello. Poi sputò frasi a caso.
    - Cazzo! Non provate a toccarmi, o vi sparo! - disse ma nessuno la ascoltò, e questo la fece sorridere.
    - Ma fa sul serio quello? - disse Stefano inarcando un sopracciglio invisibile.
    - Non provare neanche a capirlo... - disse Camillo.
    - Va bene, Camillo allora sei depresso. La cura? Non lo so, ma puoi sempre fare finta di essere felice, magari funziona - disse Sara.
    - No, Sara, ascolta, sono tutti depressi, è colpa di Satana, ha evocato un mostro della depressione contro tutti noi!
    - Lo vedo, questo vi rende più irritanti del solito, già mi devo sorbire la mia di depressione, ci mancavate solo voi. Comunque sì, l'ho visto quel mostro, ma è molto stupido, non mi ha fatto niente... - disse Sara.
    Di colpo comparve il mostro e ridendo si sparpagliò contro Sara.
    - Cazzo, eccolo, un burlone... - disse Sara e lo scacciò via con le mani.
    - Sara! Forse a te non farò niente ma ucciderò i tuoi amici, o meglio, si uccideranno da soli.
    - Adesso basta cazzo, mi hai rotto veramente i coglioni. Che senso ha essere depressi, eh? Siamo tutti degli idioti pazzi che cercano di essere perfetti e non ci rendiamo conto che non ha importanza. Essere perfetti. Ci costringono ad essere così, ma sticazzi alla fine. Sono le nostre imperfezioni che ci definiscono. Sì, e forse faremo molti errori, ma non ha importanza, nella complessità della vita, le nostre azioni hanno un'importanza minuscola. Abbiamo tutti dei nostri pregi, abbiamo tutti delle belle qualità e meritiamo di essere amati e di mostrarle a tutto il mondo, quindi perché focalizzarsi sempre e comunque su quelle negative, se tutti noi possiamo dare così tanto, ed esprimere al mondo i nostri lati migliori? Poi arrivi te, depressione del cazzo, che vuoi farci sentire tutti delle merde, tutti come se non valessimo niente, ma non è così, è solo questione di prospettiva! Come dice Camillo... È soltanto una prospettiva del nostro cervello! Ma anche il peggiore di noi può mostrare a questo mondo del cazzo quanto vale, e tu non aiuti, tu rompi soltanto i coglioni! Ma una cosa l'ho capita, in tutti questi anni di vita... cerchiamo tutti di annientarti bevendo, drogandoci, e tutto il resto. Ma poi non te ne vai mai comunque. E allora tanto vale conviverci. Tanto vale sopportarti, e vivere lo stesso, come faceva John Nash con le sue allucinazioni! Perché le teste di cazzo come te meritano soltanto di essere ignorate! Ecco la verità! E quindi, proprio per questo, visto che i miei amici sono troppo stupidi per riuscirci, lo farò io! Io ti sopporterò, e ti terrò dentro di me, per salvare tutti gli altri! - disse Sara e fece un respiro pronta ad attaccare.
    Tutti erano stupiti e guardarono senza parole.
    - Cosa vuoi farmi? Cosa stai facendo? - disse il mostro spaventato.
    Sara aspirò con tutta la sua forza la nebbiolina del cazzo, che componeva il mostro della depressione, che poi non era altro che quello, aspirò tutto nei polmoni, degna dei migliori fumatori accaniti, e risucchiò tutta quella negatività e depressione dentro di lei, tutta, tutta dentro, dentro di sé, dentro i polmoni, dentro il cuore, dentro l'anima. La aspirò tutta e i suoi amici furono liberati, finalmente.
    - Ah, deliziosa - disse e ruttò.
    Camillo la guardò senza parole. Poi piangendo la abbracciò, e con lui tutti fecero lo stesso.
    Era un momento importante per tutti, e non c'era neanche bisogno di dirlo.
    Solo il calore umano poteva salvarli tutti, ma forse non lo sapevano.
     
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