una delle tante fini, di:" Un pezzo da Kilo "

Una cosa che sto scrivendo da un po, che ho abbandonato e ora ho riscritto un po

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    FINALE PEZZO DA KILO-bozza...

    <<È maggio...>> dice Anna Maura coi dredloggs agitati al vento. Sta col seno adagiato libero e nudo sul ventre, e ricurva a cercare nella borsa tra la sabbia l'accendino. Ha un seno ancora piacente pensa Diva, che intanto, le accende lei la canna seduta di fronte all'amica madre, surrogato di quella, che mai l'ha trattata da figlia, la sua vera mamma, troppo snob per fare la madre.
    Ha la testa rasata Diva, ed un pareo che sventola al sole ed al vento.
    È una brezza leggera che si sta facendo vento quella che soffia, e che a tratti, diventa fredda e tradisce l'angoscia che ancora ha lei dentro, e che a seconda del sole che batte, oppure che nascosto dalle nuvole intristisce, svela il tetro d'una spiaggia che ancora l'estate piena che attendono, non gremisce di schiamazzi, di afa, e di emozioni fuggenti.
    Lasciandole così entrambe, in un tempo di mezzo tra il futile ed il baratro d'un profondo troppo abissale per viverlo appieno, ed appunto gli sprazzi di sole, come quelli di malinconia che attraversano durante i momenti d'ombra e di freddo, permettono loro di scrutarsi dentro abbastanza da vedere il fondo del pozzo, ma altrettanto e per gli sprazzi di sole, non tanto da sprofondare.
    È così, in quel momento, e scrivendo sciocchezze sulla sabbia che Stella lo dice:
    << ho sentito Tiny settimana scorsa sai?>>
    <<come sta?>>
    <<sta!>>
    Cala un silenzio, che Diva, ancora tradisce. Torna ad esplicitare con le parole, ciò che entrambe sapevano senza la necessità di dirselo. Lo fa passando come una notizia quello che invece è suo soltanto, e che l'altra, già da sola intuisce:
    <<e chi lo avrebbe detto>> sospira Diva, ed aggiunge:<< eh Anna?>>
    <<già...>>
    entrambe distolgono gli sguardi dal presente, e rimuginando, trovano lo staglio del sole lontano sull'acqua negli occhi, e pensieri lontani nell'anima.

    <<lo avresti detto>> ancora le chiede Diva:<< quando allora ci conoscemmo al liceo che io oggi, sarei stata qui con te sulla spiaggia deserta di maggio a parlare di Tiny Pinguina? O che col sole che batte solo a tratti io, proprio io, avrei cercato di prendere una tintarella di cui non mi è mai fregato niente?
    Per di più salutista, vegana e Hare Crisna, e... e ne vogliamo parlare?
    Postina part time io, che a casa avrei il maggiordomo in livrea!
    Se ci stessi a casa!>>
    <<no, proprio no direi!>>
    Lo dice con un sorriso triste invece Anna Maura, mentre si gira di schiena da supina, e di nuovo, tira dalla canna.
    È una boccata che trattiene, che le chiude gli occhi, e che ancora ha nei polmoni quando un occhio strizzato, lo alza alla giovane amica da chiuso che era per capire che pensi, ma Diva, le risponde solo una risata grassa, atrificiale, e che entrambe riconoscono essere falsa.
    Poi, poi si fissano, e l'unica cosa che esce è:<<già!>>
    Lo dicono entrambe.
    Lo dice ancora Anna Maura, e rimettendosi seduta di fronte all'amica.
    Gli sguardi, s'incrociano e rimangono fissi:
    è una gara a chi ride dopo e lo sanno, pensano la stessa cosa, e lo sanno.
    Ridono adesso, a crepapelle, e portando le teste chinate sulle ginocchia, e mentre tutte e due, insieme,
    alzano invece il braccio, e l'indice.
    Attendono, e rialzando la testa allo stesso momento, lo esclamano insieme:
    <<già...>> dicono, si guardano, e snocciolano d'un fiato il resto:
    << è una vita di merda ma c'è, è già tanto che c'è e che va, ed io, ed allora, io che te o dico a fa?>>

    Ridono che piangono quasi, se lo dicevano sempre anche con Tiny e con Stella, e quando si frequentavano ancora tutte e quattro. Anna Maura, che ora si rolla ancora e che col vento non riesce, è a capo chino impegnata che le ride sotto i baffi, ride d'un riso amaro, e le dice:
    <<ed io? Te lo immaginavi che sarei finita precaria a vita? Integrata da matta che ero quando mi convinsi a frequentare tre sceme come voi, a cui insegnavo al liceo greco e latino sostituendo Massai il “professor la merda”, e quando ai tempi, viaggiavo cotta come una pina con voi scolarette per Roma, e cantando a squarcia gola l'Internazionale sputavo ai turisti?>>

    <<già>> le dice Diva sospirando.

    Questa volta nessuna ride, nessuna ha il coraggio di fissare lo sguardo sull'altra, e si perdono fissando l'orizzonte, volte tra il sole e l'ombra, e come fossero un dipinto.
    Sono ferme in un incanto triste, come statue che guardano il mare e lo staglio del sole lontano sull'acqua, mentre dove sono loro, l'ombra e le parole, i ricordi, le avvolgono nel freddo d'un anima condivisa e senza più parole, che riecheggia nei brividi sulla pelle quei ricordi.
    Per i pensieri gravi, come per quello che oramai, s'è fatto un vento forte, e le rabbrividisce.

    Tornano, lo fanno senza parole, e con nella mente le stesse domande: pensano agli amici perduti, al tempo che scorre... al tempo, perso dietro una vita che va, che fortuna che c'è e che va, e che allora, che se lo dicono a fa!

    Ma non Diva, adesso non più lei, è andata oltre, lei che quella notte l'ha vissuta: quella in cui da bambini che erano, tutti loro ma ognuno a suo modo, è diventato adulto ed ha preso la propria di strada.
    Una, diversa da quella del gruppo cui pensavano di appartenere così intensamente, e che da allora, ha cessato di esistere. Proprio come la loro fanciullezza, che anche se allora ancora sopravviveva oltre l'età corretta, ed esisteva in quella cui invece non avrebbe più dovuto appartenere, quella notte, di colpo e per tutti loro cessò di esistere, già all'alba, e con lo svanire di quella notte maledetta.
    Mentre ricorda Diva, agita nella mente vorticose le immagini degli eventi, come le facce di allora e perse oggi, degli amici perduti assieme all'innocenza malsana che li accomunava allora.
    Tutti loro, che furono ognuno in cerca del proprio destino in quella notte, quella che appunto avrebbe determinato per quelli che la vissero il diverso destino che li attendeva, furono adulti subito oltre quella notte, e non appena l'ultima inconsapevole giovane prossima alba sorse.

    Così, come ricorda vivida quella notte, ricorda anche di lei e Mau Diva, e di come dopo quella notte, si fossero trovati risvegliandosi l'uno accanto all'altra, circondati d'arancione, e nella villa degli Hare Crisna sui colli di Roma.
    Ricorda di come gli fu naturale allora restare, indossare di nuovo la tunica arancio e ballare, pregare, e battere il tamburello nei circhi di folla delle piazze, per trovare adepti, e per ritrovare se stessa, e Mau, come anche per continuare ad avere per loro la parola di Osho, che asseriva che erano sempre stati là quella notte:
    ”e che quindi maresciallo, non potevano essere là dove lei li vorrebbe collocare, e chiunque lo affermi mente maresciallo, siamo in più di cinquecento persone, a poter affermare che erano con noi al tempio quella notte maresciallo, e quindi, c'erano!”
    Parole, che ricorda adesso essere state le stesse precise di Osho, insieme a loro in caserma.

    Mentre intanto, si dice che in fondo:” una vita che va, che fortuna che c'è e che va, c'è!”
    Si dice anche appresso che:” io come Mau, alla fine ci ha fatto pure bene sta cosa, che mangiamo vegano e che l'amo fatta finita di facce e di bere!
    Magari è strano, ma vale la pena di starci. Che alla fine, Osho che se fa come un grande, ci ha rimesso a posto lui, qui, e di bastone se sgarravamo.
    Che ha pure fatto bene, perché senza, specie Mau ma pure io, mica lo so se ce stavamo ancora con la china che ci eravamo messi sulla groppa, eppoi, meglio così che peggio, no Diva?
    Di certo, molto meglio che al gabbio!”
    Questo si dice, e continua, dicendosi che:
    ”comunque, meglio qui che dove andavamo mi sa, che così, almeno, una vita che va e che c'è ci sta!
    Che poi dai, fa la postina a chiamata tre giorni a settimana rompe, ma non è poi così tragica, vale la pena anche solo pé Mau, e chi se ne frega... pure pé me vale la pena!
    Che almeno, la strega e l'impalpabile di mi padre che non ci sta mai, non me li devo sorbire ventiquattro su ventiquattro full optional!
    Vabbé, dai Diva, vediamolo mezzo pieno sto cazzo di bicchiere!”

    Si dice anche questo Diva, portando un piede appresso all'altro nella sabbia, e nel contrasto del colore nero smaltato delle unghie dei piedi, sul colore dei granelli che solleva ciabattando come una bimba, e spera Diva.

    È magra, è disintossicata ed Hare, ed è in tiro Diva: è diventata sportiva, a forza di far vela là accanto a dove stanno lei e Anna Maura adesso, ed in quella “canottieri Latina“, che sta dirimpetto alla spiaggetta a mare che abbandonano infreddolite adesso, e che ha un chiosco, verso cui dirigono.
    Dove anche, poi, siedono per un the, e aspettano l'ora della regata dove, e quando Diva, spera in un futuro da vivere senza consapevolezza, se non quella, che dice che:
    ” già...una vita che va e che c'è, ci sta!”

    Questo, lo pensa invece sorseggiando il the lei, e mentre addosso, le cala il sipario.
    La storia di Diva finisce qua, e di lei come di Mau, qui, si perdono le tracce.
    Perché l'ombra cala in scena e, oramai, i protagonisti hanno fatto già i saluti alla sala, punto dunque,
    su Diva e Mau, non c'è altro da dire!
     
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    Di per se non è male, va rivista in alcuni punti, specie sulla punteggiature e nei dialoghi (non è la prima volta che inizi i discorsi con la lettera minuscola).
     
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    Ma mi sa che me lo formatta così senza maiuscola facendo copia incolla qui sai... per es
    È così, in quel momento, e scrivendo sciocchezze sulla sabbia che Stella lo dice:
    << ho sentito Tiny settimana scorsa sai?>>
    <<come sta?>>
    <<sta!>>
    ho sentito Tiny no perché è la frase sopra e quindi niente maiuscola ma come sta e sta sul testo nel file del pc sono entrambe maiuscole come devono.
    Per il resto a parte maiuscole come detto c'è altro che noti stonare?
     
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2 replies since 29/11/2018, 02:01   49 views
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