Solo al mondo

Romanzo fantasy

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  1. McDalpo
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    Vista la lunghezza del capitolo posto solo il primo pezzo di esso. Fatemi sapere se i concetti da me scritti sono comprensibili: avvolte mi rendo conto di aver un po esagerato. :lol: (La storia narra di quest'uomo completamente solo, abbandonato a se stesso: dimenticato in una terra e in un mondo al lui sconosciuto e privo di alcuna logica.)

    Capitolo 1
    Qui da queste parti



    Il falò crepitante sotto i piedi nel bel mezzo della cupa e tetra foresta sapeva regalare magia e serenità a Manfredi. Con occhio perso osservava quelle fiamme, incantato dalla armonia che esse sprigionavano: dalle figure che si palesavano nel ventre della fiamma più alta, per poi sparire come cenere in balia del vento.
    L'autunno era alle porte: una fresca brezza proveniente dal cuore rigido dell'inverno iniziava a insinuarsi fra quelle terre così vaste e sconfinate. Gli immensi abeti che circondavano la figura accucciata di Manfredi, di fronte al caldo abbraccio del falò iniziavano già a spogliarsi. Privati dalle loro foglie, presto gli unici superstiti sarebbero stati quei rinsecchiti rami, una volta giunta la stagione più fredda.
    Manfredi avvolto da un caldo mantello guardava e ammirava, ragionava e rifletteva, quella fonte di luce era in grado di dissipare qualsiasi dubbio malessere o cattivo pensiero.
    Ogni notte si domandava il motivo della sua esistenza. Costantemente si chiedeva quale fosse la ragione di quel solitario viaggio. Ogni sera prendeva questa domanda e con frustrazione la proiettava fra le fiamme: in cerca di una risposta. Secondo Manfredi bastava gettare fra i tizzoni ardenti le proprie riflessioni, ed esse presto o tardi si sarebbero schiuse per sbocciare in una nuova idea.
    Manfredi ragionava, gettava le proprie idee sul fuoco e infine silente ascoltava; l'armonioso e ritmico scoppiettio che i cioppi di legno provocavano. Come passi in un terreno ricoperto da foglie secche e piccoli sassi, essi cantavano: e Manfredi ascoltava quella melodia così seducente e assai profonda. Ammaliante, saggia e ricca di consigli.
    Un piccolo falò come quello, può racchiudere più di quel che sembra se si prova solo ad ascoltare.
    A volte Manfredi vede, nella fase tra la veglia e il sonno; con la coda dell'occhio proprio quando in procinto di cadere nel sonno più profondo, esseri danzare. Minuti e gracili esserini, dalla forma e dall'aspetto di un piccolo tizzone, nati forse dai ciocchi di legno dati in pasto allo stesso falò. Proprio sotto il suo naso, nel momento in cui Manfredi non dovrebbe vedere: scorge scintille volteggiare. Tra il fumo che si eleva fra i resti del fuoco per poi disperdersi delicatamente nell'aria, queste piccole creature danzano e si inebriano nell'aria. Un tutt'uno con le fiamme, come fossero spiriti strettamente legati al caldo abbraccio della notte. Sempre che esitano e non siamo solo frutto della sua immaginazione nati dalla stanchezza della giornata, e la continua e sempre meno opprimente solitudine. Ma in quei luoghi nulla è certo, e ancor meno incerto. Può credere esclusivamente a ciò che gli occhi ti dicono, ma dovrai convivere con il peso opprimente dell'inettitudine. Ci sono cose che non possono essere scorte dall'occhio umano, proprio per questo motivo Manfredi sempre diffidava da ciò che vedeva. Il suo giudizio si basava non solo sull'accortezza, ma anche su ciò che gli altri sensi gli narravano: ma quelle creature, entità o forse solo tizzoni incandescenti, erano sempre così sfuggevoli e lesti nello sparire. Velati sempre da una nebbiolina opaca questi esseri si palesano. E ogni qualvolta Manfredi che tenta di scorgere tali creature, come per magia si dileguano nell'aria. Oppure risucchiate dallo stesso falò, svaniscono per tornare cenere. Lasciando aleggiare nel cuore della notte solo il vuoto e lo scoppiettare pacato del falò. Ed il ricordo, come un sogno lontano nato dal torpore più rigido, si inabissa sempre più nel baratro dove solo gli scarti terminano per non fare più ritorno.
    In nove anni, da quando si è ritrovato catapultato in quello sconfinato e ignoto mondo, mai è riuscito a scovare o catturare questi esseri così sfuggevoli ed enigmatici. Solo fugaci e offuscati incontri, sempre velati e nascosti dall'ombra.
    Nel silenzio più totale durante la notte, quando i gufi tacciono e grilli si placano dal loro allegro canticchiare, e l'unico rumore a riempire quel vuoto e lo scoppiettio dei cioppi di legno: gli par di sentire delle voci sussurrare. Lontani bisbigli come provenissero da una terra molto lontana e remota si levano nell'aria, accompagnati dal frusciare del vento fino a raggiungere le orecchie stanche di Manfredi.
    Mai riuscì a capire il significato di tali parole. Provenienti forse da quelle minuscole bocche che tentano magari di dir qualcosa proprio a Manfredi. Un messaggio recondito dal significato incerto. Oppure semplicemente erano solo scherzi della sua mente. Il più delle volte si ritrovò a pensare questo.
    Manfredi continuò a perdersi fra le fiamme, il sonno tardava a giungere e si chiese quanto ancora avrebbe dovuto attendere prima di poter trovare un po' di ristoro.
    Si voltò ad osservare il suo cavallo, l'unico essere che in quel mondo era realmente dalla sua parte. Era già da un pezzo che dormiva, non appena Manfredi decise di smontare e una volta scelto il luogo in cui passare la notte Breo si stese; chiuse gli occhi e dolcemente si addormentò. Aveva galoppato tanto quel giorno, in un solo pomeriggio aveva superato due enormi distese di grano dal panorama infinito e un'immensa pianura dal prato verde scintillante: aguzzando la vista verso l'orizzonte era pressoché impossibile marcare i confini di quella distesa pianeggiante. Mentre alle spalle di Manfredi e di Breo si ergeva in lontananza un solitario e incommensurabile monte dalla tinta grigia e azzurra, con la cima a forma di una punta aguzza ricoperta da un denso strato di coltre bianca, solcata da nuvole cupe e minacciose cariche di neve e tempesta. Ammirandola da lontano, quella cima solitaria, in tutta la sua imponenza catturava Manfredi. Misteriosa e affascinante, più di una volta cavalcando dinnanzi alla vetta, quel giorno si è ritrovato a domandarsi quali ambiguità celassero quelle alture. Cosa nascondessero le cavità più recondite e remote. La pietra più antica avvolte può occultare cose che nemmeno nei sogni più profondi Manfredi si è ritrovato a sperimentare e affrontare. Strane creature dimorano la vetta? Oppure esseri la cui natura non può semplicemente essere concepita dalla mente umana? Proprio quel velo denso di mistero attirava Manfredi al monte: come i sassolini arenati sulla spiaggia, in attesa dell'onda più lunga che potesse prenderli e trascinarli nell'abisso più profondo, Manfredi attendeva e osservava le cime lontane con interesse e voglia di scalare e sondare tali alture. Ma quel giorno decise di lasciarsi i monti alle spalle, con Breo mai avrebbe potuto inerpicarsi sino alla cima. Compiere tale impresa significava lasciare ed abbandonare il proprio compagno. E prima che ciò accadesse sarebbero dovuti trascorrere molti anni, Manfredi per nulla al mondo avrebbe abbandonato il suo fedele destriero.
    Osservandolo dal cielo nel corso della sua cavalcata sarà sembrato un misero e insignificante puntino, all'interno di quella pianura dai ciuffi d'erba alti e incolti, fino a raggiungere le ginocchia possenti di Breo. In alcuni punti i fiori sparsi che ricoprivano quel vasto piano erboso erano di natura sconosciuta a Manfredi. Strani gambi dalla forma sferica oppure acuminata, tinti da un pallido blu o addirittura uno spugnoso arancione spuntavano dal terreno, per esporre alla luce del sole strani petali dalle più bizzarre forme. Quel giorno scese da cavallo e ne provò a raccogliere uno: l'odore che emanò quel fiore ricordò a Manfredi il mare, che riuscì a scorgere mesi fa passando per un infinita distesa di sabbia. Per poi dileguarsi nel nulla una volta superato il confine delle onde.
    Voltandosi non c'era più sabbia, ma bensì soffice erba, e del mare nemmeno l'ombra, neppure il suo sapore.
    Pian piano che esplorava quell'immenso e misterioso mondo ogni giorno scopriva sempre qualcosa di ignoto ai suoi occhi. Quel luogo sapeva regalare sorprese non c'era alcun dubbio: nonostante gli anni era ancora in grado di prenderlo alla sprovvista. Per quanto criptico e privo di vita fosse, ad eccezione di Manfredi, Breo il suo fedele destriero e strane e pericolose creature dalla natura ignota: queste terre possedevano la propria storia, e forse solo allora, una volta scoperta tale storia, Manfredi avrebbe finalmente capito il significato della sua vita.
    Con delicatezza estrasse il fiore raccolto durante quella giornata. Lo annusò nuovamente e si inebriò di quell'essenza marina.
    “Fiore di mare lo chiamerò.”
    Ogni volta che scopriva qualcosa di nuovo gli piaceva battezzare tale scoperta con un nome ben preciso. Era il suo unico hobby durante la giornata. Scoprire e classificare l'ignoto. D'altronde se questo mondo esisteva, se lui esisteva, ci sarà stato un motivo. Ed aspettava solo di essere scovato. Anche se dopo nove anni la speranza di scovare tale significato iniziava a vacillare.[/size]
     
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    In generale mi è piaciuto questo primo post, lascia intendere che ci sarà molta introspezione e molta riflessione.
    Segnalazione: ogni tanto ci sono tempi verbali che non coincidono, salti dal passato al presente e viceversa.
     
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  3. McDalpo
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 27/7/2017, 01:38) 
    In generale mi è piaciuto questo primo post, lascia intendere che ci sarà molta introspezione e molta riflessione.
    Segnalazione: ogni tanto ci sono tempi verbali che non coincidono, salti dal passato al presente e viceversa.

    Grazie: in effetti si è proprio così, riflette molto il mio personaggio, anche se non voglio esagerare troppo.
    Riguardo i tempi verbali ho tentato di fare salti, però mi rendo conto che è difficile coordinare il tutto. :lol:
     
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  4. CB-PR
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    ho trovato
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    Sempre che esitano e non siamo solo frutto della sua immaginazione
     
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3 replies since 26/7/2017, 20:46   65 views
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