Lonely Souls: spin off

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  1. Aaron O'Neal
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    Qui di seguito posterò tutti gli spin off della trama principale, ogni stagione avrà un protagonista diverso scoprendo così anche le caratteristiche degli altri personaggi e non solo di Erik Crane.

    Detto questo eccovi la prima parte del primo capitolo di "Angelo della morte" con protagonista Kaileena Mine (si legge Main :P), buona lettura. :)

    Capitolo 1 - Hobby Pericolosi: parte 1



    Paura, disprezzo e odio, sono tutte emozioni che creano violenza e morte. Provo tutto questo per ogni persona che causa dolore e disperazione al prossimo.
    Il mio none è Kaileena Mine e questa è la mia violenta storia.
    All'inizio non ero così. Ero spensierata, solare e con molti amici che mi volevano bene. Come lavoro, se così si può chiamare, facevo la ladra di reperti antichi ed ero anche brava. I miei datori di lavoro spaziavano tra ricchi che volevano opere costose per arredare casa, a streghe che volevano determinati oggetti per i loro riti.
    Sì, avete capito bene. Le streghe esistono anche se hanno capacità simili ai poteri psichici e io sono una di loro, una Strega Combattente che riesce a combattere grazie alla propria forza vitale.
    Ma un giorno successe la tragedia, una persona a me cara fu assassinata da una strega con capacità quasi surreali. Una strega normale può avere una sola capacità, ma quella di cui parlo usa moltissimi elementi e questo di per se è impossibile nel nostro mondo.
    Durante il funerale feci una scenata a dir poco epica. I miei amici Evaline, Tiffany, Jolene e Francis, che sono anche la mia congrega, rimasero a dir poco sbigottiti come il resto dei partecipanti.
    Il mio piano era quello di istigare paura su chiunque avesse fatto la spia sul luogo di ritrovo del Gran Circolo.
    La sera stessa andai in un locale nel Quartiere Francese, il MagicTo, volevo ballare per sfogare la rabbia e magari riuscire anche a dormire almeno un po'. Mi ero vestita con un vestito nero senza maniche con minigonna larga e pizzo nero all'altezza della della vita, ero davvero sexy.
    Arrivai in testa alla fila e il buttafuori mi fermò - Documento d'identità. - mi porse il palmo della mano.
    Sbuffai e lo guardai male - Davvero? - ammiccai.
    Lui non fece nemmeno una smorfia e continuò a fissarmi.
    Scocciata aprii la borsa e tirai fuori la patente - Ecco, contento? -
    Lui controllò con accuratezza il documento, poi me lo restituì e con un gesto mi fece entrare. Guardai dietro di me, l'uomo che prima mi aveva fermata stava strattonando due ragazze dall'aspetto normale. Era la prassi in questi locali, non importava se fossi maggiorenne o minorenne, se sei figa entri se non lo sei resti fuori. Il fatto di chiedere i documenti era solo pura formalità.
    “Che schifo, se incontro il proprietario lo pesterò a sangue!” il pensiero mi arrivò all'improvviso e mi stupii di averlo fatto. Capii che ero entrata solo grazie al mio fascino orientale.
    Entrai nel locale, la musica house era assordante, le vibrazioni mi facevano battere forte il cuore. La pista era un semplice ambiente chiuso e ampio pieno di gente, luci di vario colore erano installate sul soffitto e si muovevano in sincronia con la musica. Il deejay era su un palco e istigava la folla a scatenarsi sulla pista mentre maneggiava i suoi apparecchi.
    Mi infilai tra la massa di persone e cominciai a muovermi e a ballare, poco a poco tutto attorno a me si fece più lontano, anche i pensieri erano più leggeri. Ballai per alcune ore anche se dei ragazzi provarono a rimorchiarmi con le più comuni frasi fatte, lì mandai tutti a quel paese e tornai a ballare.
    Quando non ce la feci più mi misi a sedere su uno dei divanetti appoggiati al muro. Mi guardai meglio attorno vedendo coppiette che si baciavano e si palpeggiavano, gruppi di ragazzi che si ubriacavano e scherzavano tra loro, altri solitari che dormivano. Quello che mi incuriosì fu un gruppo di uomini sulla trentina nei divanetti vip che facevano il filo a ogni ragazza che passava sotto il loro raggio, molte delle quali palesemente minorenni.
    Uno in particolare sembrava più determinato a portarsene a casa una, era un uomo vestito elegante e ben curato sul metro e ottantacinque. L'aveva presa per il polso e cercava di trattenerla ma lei si divincolò con uno schiaffo in faccia e provò a scappare in mezzo alla folla della pista da ballo.
    L'uomo rimase per un istante stordito poi scrollò la testa e si precipitò all'inseguimento della ragazza. Il suo volto era contratto in una smorfia di rabbia.
    “Quel tipo non vorrà mica...?” pensai mentre mi alzavo dal divano su cui ero seduta.
    Mi immersi di nuovo nella massa confusa di persone che ballava e saltava. Gli ostacoli erano molti, la gente spingeva o si metteva in mezzo, la visibilità scarsa per colpa del fumo artificiale. Non riuscii a raggiungere la ragazza prima dell'uomo che ricominciò a strattonarla e urlarle qualcosa.
    Continuai ad avanzare con non poca fatica, li raggiunsi appena in tempo per fermare il pugno dell'uomo dal colpire la ragazza al volto.
    - Sai che non si colpisce una donna? - cercai di restare calma.
    Lui mi guardò con aria di sfida - Fatti i cazzi tuoi, stronzetta! - urlò, il suo tono era quello di un ubriaco.
    - Senti, hai bevuto troppo. Ora ti conviene andare da un'altra parte. - gli intimai stringendo forte il pugno, notai la reazione di dolore sul suo volto.
    Lui cercò di colpire anche me ma gli storsi il braccio mentre caricava il colpo.
    - Cosa c'è? Prima vuoi picchiare una ragazzina e adesso vuoi provarci anche con me? -
    Lui rimase sorpreso dalla forza che avevo usato, poi fece no con la testa. In quel momento arrivarono i buttafuori che, dopo un breve momento di sgomento, lo portarono fuori dal locale.
    Mi girai verso la ragazza - Stai bene? - lei annuì in risposta.
    Avevo una brutta sensazione su quel tipo, ero sicura che non fosse solo una serata da ubriaco. Raggiunsi i buttafuori all'entrata del locale, volevo fargli alcune domande a cui servivano risposte.
    Uno dei buttafuori con capelli grigi e un fisico robusto - Quel bastardo ci ha provato di nuovo con due ragazzine. - imprecò.
    Un altro buttafuori di colore - È incredibile che non sia stato ancora denunciato. -
    - Non possono denunciarlo, è il figlio di un importante ministro. Pubbliche relazioni, dicono. - il primo era schifato a quell'ultima affermazione.
    Il buttafuori di colore rimase sorpreso - Dici che insabbiano tutto ogni volta? -
    Quello con i capelli grigi annuì senza parlare.
    Senza nemmeno chiedere avevo raccolto un gran numero di informazioni utili, bastava solo un'ultima spinta e avrei risposto a tutte le domande.
    - Scusatemi, conoscete quell'uomo? - chiesi senza troppi preamboli.
    I due uomini si girarono e mi guardarono - Sì, più o meno. -
    - Quindi sapete come si chiama? - continuai.
    L'uomo con i capelli grigi mi guardò storto - Perché vuoi saperlo? -
    - Forse voglio sporgere denuncia per aggressione. - gli risposi.
    I due uomini si guardarono perplessi poi quello più vecchio - Forse ti metterai nei guai, ragazzina. - mi fissò negli occhi ma io non distolsi lo sguardo - E va bene. Si chiama Bartholomew Miller ed è il figlio del ministro Miller. Viene qui ad ogni evento e ogni volta si porta a casa una ragazza diversa. Ci siamo insospettiti quando ha cominciato a portarsi via le ballerine. Alcune di loro non si sono più fatte vedere. Sono letteralmente sparite. - spiegò.
    Rimasi impassibile nonostante fosse una situazione inquietante, quello che provavo era solo una grande rabbia verso quella persona. Era sicuramente un maniaco sessuale seriale ma la sua continua caccia lo rendeva molto pericoloso.
    Sospirai - Capisco. Potete darmi i nomi di queste ragazze, magari riesco a trovarle sui social e farmi dare spiegazioni? - provai a chiedere anche se pensavo di ricevere il ben servito.
    L'uomo con i capelli grigi era titubante ma poi mi rispose - Si chiamano Melinda Firerty, Liliana Walker e Mary Sondrar. Spero solo che tu riesca a trovarle e che stiano bene, anche se ne dubito. -
    Mi segnai tutti i nomi sul cellulare e lo rimisi nella borsa - Grazie mille! - lì oltrepassai e feci per uscire poi mi girai - Domani c'è qualche evento? -
    - Sì, la quattordicesima serata di halloween. - mi sorrise l'uomo di colore. Gli sorrisi come ringraziamento e tornai a casa.

    Edited by Aaron O'Neal - 12/8/2016, 01:49
     
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    CITAZIONE
    Il mio none è Kaileena

    Nome.

    Mi sembra una buona idea quella degli spinoff. In particolare, Kaileena ha un certo fascino. Suppongo che il figlio del ministro abbia a che fare con le streghe. Magari viene usato da qualcuna per il suo fascino e potere per catturare più ragazze possibili. Magari per utilizzarle nei riti.
     
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  3. Aaron O'Neal
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    Ecco grazie per la correzione. :)

    mmm ni. Ha qualcosa a che fare con le streghe ma a livello marginale.
     
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  5. Aaron O'Neal
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    Capitolo 1 - Hobby Pericolosi: parte 2



    Ci misi mezz'ora a tornare alla casa secondaria, non avevo voglia di stare da Evaline e gli altri in quel momento. Aprii la porta, per un attimo restai sulla soglia, l'interno era così buio, che per poco mi prese il panico. Presi coraggio, entrai e richiusi la porta dietro di me. Il silenzio era tale che sentivo il lento gocciolare il rubinetto del lavandino.
    Accesi la luce, andai verso la vetrina dei liquori, presi il primo a portata di mano e ne versai un po' nel bicchiere. Il whisky scese giù nella mia gola tutto in una volta, speravo aiutasse a rilassarmi. Ero stanca ma non riuscivo a calmare i nervi. Non funzionò. Posai sconsolata il bicchiere e andai in bagno, mi spogliai e mi gettai sotto la doccia.
    Ripensai alla mia vita, un continuo girovagare rubando reperti storici per compensare la mancanza d'affetto da parte dei miei genitori. Loro erano concentrati sulla vita del mio fratellastro, il genio di famiglia, io invece ero la classica pecora nera. Alla fine lo sono diventata davvero, imparai ad usare le armi da mischia e le armi da fuoco appena a sedici anni, a diciassette ero già migliore dei navy seals che mi addestrarono e da quel momento sono diventata sempre più brava.
    Uscii dalla doccia e indossai la la biancheria per andare a letto. Una volta arrivata in camera mi stesi sul letto, chiusi gli occhi, I ricordi dei giorni passati mi investirono la mente, la notizia della sua morte, i tre giorni per organizzare il funerale in totale apatia, la sfuriata durante la cerimonia.
    Non riuscii più a reggere e scoppiai a piangere. Lui era stata la prima persona che mi aveva accettata per ciò che ero. Piansi e urlai di dolore fino a farmi male il petto. Alla fine mi addormentai per lo sfinimento.
    Il pomeriggio seguente mi svegliai con un gran mal di testa. Provai ad alzarmi ma mi girava la testa, anzi più che girare la testa sembrava vuota.
    Rimasi seduta sul letto per un po' senza pensare a nulla fissando il vuoto.
    “Cosa faccio adesso?” pensai “Forse dovrei tornare a letto e dormire...” poi mi ricordai la ragazza della sera prima e del maniaco sessuale “No. Ho del lavoro da fare.”
    Mi alzai del tutto e andai in sala con addosso solo la biancheria intima, accesi il portatile e attaccai internet. Andai sui social più comuni per cercare quelle tre ragazze ma non trovai nulla di recente. Liliana Walker non aveva aggiornato Istagram da più due settimane, cosa insolita per la regolarità con cui postava foto prima di sparire con quell'uomo.
    Mary e Melinda invece avevano postato qualcosa su Facebook poco prima di andare a lavoro, una settimana prima. Poi anche loro sparite nel nulla. Dai commenti dei loro amici di social e ammiratori capii che era una cosa alquanto strana.
    “Sono state rapite o sono morte!” ragionai, anche se non riponevo molte speranze di trovarle vive.
    Mi appoggiai allo schienale della poltrona girevole e cominciai a dondolare da destra a sinistra. Digitai malvolentieri il nome di Bartholomew Miller sul motore di ricerca. Subito si aprirono vari link che portavano alle sue pagine, li cliccai tutti per cercare qualche traccia del suo comportamento compulsivo ma non trovai nulla. Erano tutte pagine perfette, troppo perfette. Sembrava come se non fosse lui ad amministrarle, qualcuno stava insabbiando tutto.
    - Cazzo, speravo di non vederlo più quel bastardo. - ringhiai sbattendo il pugno contro il poggia gomiti della sedia.
    L'unico modo per avere delle prove concrete era adescarlo, cosa molto pericolosa anche per una strega. Mi vennero i brividi al solo pensiero di dover far finta di provare attrazione e magari arrivare a fare di più ma non avevo scelta.
    Passai il resto della giornata a prepararmi, lavarmi e truccarmi. Allo stesso tempo cercavo di convincere la mia testa a proseguire con il piano che avevo ideato.
    Mi vestii con un bustino bianco senza maniche che mi enfatizzava il seno e un paio di short in jeans neri, ai piedi un paio di scarpette bianche a tacco basso. Misi nella borsetta i profilattici e altri miei giochi speciali per persone come quella.
    Andai a specchiarmi, l'immagine che davo era quella di una ragazzina di sedici anni, il fatto di essere asiatica aiutava molto.
    “Perfetto!” sogghignai.
    Raggiunsi il MagicTo sul tardi. Mostrai al buttafuori di colore la patente che per un istante non mi riconobbe, poi osservò attentamente il mio viso, mi sorrise e mi fece entrare. Era stato più semplice della sera prima, forse mi avevano preso in simpatia.
    Andai in sala da ballo per controllare se quel maniaco fosse già arrivato, ma non lo vidi da nessuna parte. Guardai verso i divanetti dei VIP ma erano vuoti. Rinunciai a cercarlo e mi misi a sedere su un divanetto sulla destra rispetto all'entrata aspettando che la mia preda si facesse viva.
    Il deejay fece scatenare i ragazzi in pista con la sua musica mixata, il calore all'interno della sala era asfissiante, anche l'odore di sudore e di ormoni lo erano.
    Il mio obbiettivo arrivò con due ore di ritardo con al seguito gli amici della sera prima e come la sera prima andò a sedere nell'area vip. Da come si atteggiava sembrava sentirsi a casa, al sicuro.
    Sorrisi. Mi alzai e feci per andare in pista ma la folla era così tanta che passare in mezzo risultò faticoso. Urtai due ragazzi, le loro maglie erano umide, e dovetti scansare una coppia che non stava per niente ballando. Dopo alcuni minuti arrivai nel punto dove avevo deciso di attuare la trappola e cominciai a danzare, per quanto fosse possibile con quella ressa.
    Mi muovevo il più sensualmente possibile per attrarre la sua attenzione, ogni tanto lo guardavo verso di lui ma ogni volta era girato da un'altra parte. Stavo per perdere le speranze quando finalmente incrociai il suo sguardo, per un attimo rimasi sorpresa. Abbassai lo sguardo senza togliergli gli occhi di dosso, volevo sembrare imbarazzata. Lui mi sorrise eccitato, si alzò e con un po' di fatica mi raggiunse.
    Mi toccò i fianchi e si avvicinò col corpo per sincronizzare il movimento. Rabbrividii al pensiero che quel porco mi stesse toccando ma scacciai il pensiero, ormai ero in gioco e non potevo più tirarmi indietro.
    Mi girai, gli misi le braccia attorno al collo e lo guardai intensamente “Quindi non mi ha ancora riconosciuta? È proprio un idiota. Sarà facile con lui.” esultai mentre lui mi palpeggia il sedere.
    In quel momento sentii qualcosa di duro all'altezza del ventre. Bart aveva un'erezione da cavallo, cosa che mi diede il voltastomaco ma continuai ad ammiccare e a guardarlo come se lo desiderassi.
    Lui, dopo alcuni secondi, si avvicinò con la bocca al mio orecchio - Che ne dici di venire da me? - e mi diede una pacca sul sedere.
    Gli sorrisi - Venire da te? Non stai corredo troppo? -
    Mi baciò sul collo e mi guardò - Ti voglio adesso. Subito. - e provò a baciarmi sulla bocca.
    Mi scansai appena in tempo e mi portai al suo orecchio - Va bene. - lui strinse le mie natiche eccitato - Prima però mi offri da bere. - avevo davvero bisogno di bere qualcosa di forte.
    Lui mi guardò stranito poi sorrise e fece si con la testa. Mi accompagnò al bar del locale senza mai togliermi gli occhi di dosso, ordinai un cuba libre e me lo scolai tutto in una volta mentre mi esponeva tutta una carrellata di frasi fatte per abbindolarmi. Ne ordinai un secondo e continuai ad annuire. Finito anche il secondo uscimmo dal locale, quando incrociai gli occhi con il buttafuori il volto di quest'ultimo sbiancò, poi in qualche modo capì la situazione e mi fece un piccolo sorriso.
    Arrivati al parcheggio Bart prese dalla tasca un mazzo di chiavi e premette un pulsante, i fanalini di una Zonda Roadster S lampeggiarono. Rimasi stupita di quanto ostentasse la sua ricchezza.
    Risi come farebbe una ragazzina delle superiori senza un briciolo di cervello - Che forze questa macchina! Costa molto? -
    Lui mi guardò - Sì, moltissimo! - sembrava appagato mentre lo diceva.
    Lo guardai negli occhi come se volessi saltargli addosso, poi entrai in macchina senza parlare. Lui mi seguì pochi secondi dopo e mise in moto tutto eccitato. Uscimmo dal parcheggio e prese la via più diretta per arrivare all'hotel, la sua guida era spericolata, come se non vedesse l'ora di arrivare in camera da letto.

    Edited by Aaron O'Neal - 12/8/2016, 01:50
     
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    Mi sembra strano che adescare qualcuno sua pericoloso per una strega, specie se il tizio in questione è umano.
     
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  7. Aaron O'Neal
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    Ti ricordo che le streghe sono semplici umani con poteri soprannaturali quindi virtualmente chiunque potrebbe ucciderle, basta un colpo di pistola o una coltellata ben assestata.
    Comunque in questo caso il tizio è solo un idiota maniaco. :xD: :xD:
     
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  9. Aaron O'Neal
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    Potrebbe se fosse una strega illusoria, ma Kaileena è una strega combattente, ha solo la forza fisica dalla sua :P
     
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  11. Aaron O'Neal
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    ATTENZIONE! ATTENZIONE! ATTENZIONE!
    SCENA DI SESSO SPINTO! IO HO AVVERTITO!


    Capitolo 1 - Hobby Pericolosi: parte 3



    Parcheggiammo davanti all'albergo The Siren Song un hotel extra lusso. Una volta entrati capii quanto era esclusivo quel posto, tutto nella hall faceva pensare ai soldi che venivano spesi da ricconi e figli di papà con le loro escort.
    Bart andò alla reception, prese una chiave magnetica e tornò da me sorridente. Senza parlare mi accompagnò all'ascensore, entrammo e pigiò il tasto dell'ultimo piano. Quando le porte si aprirono di nuovo mi ritrovai nella suit reale completa di sala da pranzo con vista Quartiere Francese, salotto con divano enorme e schermo ultrapiatto sulla parete, cucina spaziosa, bagno lussuoso, uno studio privato ampio con vista Mississippi, e difronte allo studio una camera da letto da sogno.
    “Non mi stupisce che nessuna di quelle ragazze non si sia lasciata andare!” ragionai.
    Lui andò dritto in cucina - Vuoi da bere? -
    Lo seguii guardando tutto con attenzione ma era tutto nella norma, tutto tranne lo studio che era chiuso.
    Mi avvicinai e gli accarezzai il sedere - No, voglio qualcos'altro! - ero in ballo, tanto valeva ballare.
    Lui sorrise, si versò del whisky su un bicchiere di cristallo e se lo scolò tutto in una volta. Lo guardai negli occhi, posai il suo bicchiere sul ripiano in granito, gli presi le mani e lo trascinai verso la camera da letto. Arrivati a lato del letto lui mi fermò e con uno scatto mi baciò in bocca, la cosa più schifosa che potesse capitarmi.
    Staccai la mia bocca dalla sua e cominciai a spogliarlo - Prima tu soddisfi me. - e gettai la camicia sul letto - Poi io soddisfo te come tu desideri, ti va bene? - gli chiesi.
    Lui mi guardò dall'alto in basso libidinoso - Sì, va benissimo! - ripose mentre mi levava la camicetta.
    Lo spinsi sul letto ritrovandomi a cavalcioni su di lui, lo baciai di nuovo e gli slacciai pantaloni e i boxer, il suo pene era turgido. Appena vidi il suo pisello gli sorrisi e glielo toccai leggermente, lui ansimò di piacere. Poi gli presi un braccio e lo appoggiai alla testiera del letto, lui eccitato con l'altra mano libera mi afferrò un seno e cominciò a succhiarmi il capezzolo, rabbrividii ma andai avanti con il piano, con i denti strappai la camicia in due pezzi e gli legai il polso alla testiera.
    - Ehi, quella mi è costata trecento dollari. - commentò con un sorriso.
    Presi l'altro braccio e feci la stessa cosa - Oh, davvero? Peccato! - risposi, poi lo baciai con la lingua.
    Mi girai, presi i pantaloni e con un po' più di forza strappai in due anche quelli e infine legai le caviglie di Bart ai piedi del letto. Lui lo credeva un gioco quindi non oppose resistenza.
    “Perfetto! Ora non scapperà e non opporrà più resistenza.” pensai mentre tornavo di nuovo a guardarlo.
    Gli sorrisi ancora e di nuovo gli toccai il pene e andare su e giù con la mano cercando di essere il più sensuale possibile, volevo che arrivasse al massimo dell'eccitazione. Dopo cinque minuti il suo prepuzio era diventato rosso, aveva gli occhi chiusi ed era pronto per eiaculare.
    “È ora di farla finita!” esultai.
    Con il piede presi la borsa, infilai la mano dentro e presi il coltello a serramanico, lo aprii delicatamente senza farmi sentire e sferrai il mio colpo con tutta la forza che avevo. Il taglio fu netto e preciso, il sangue sgorgò a fiotti sporcandomi il petto e una guancia, le urla di dolore di Bart erano una sinfonia per le mie orecchie. Con due dita raccolsi il pene reciso dal lenzuolo inzaccherato di sangue e glielo feci dondolare davanti agli occhi.
    - Amore mio, apri la boccuccia! - gli risi in faccia.
    In un momento di lucidità lui mi guardò negli occhi - Puttana... schifosa... io ti amm... azzo! - mi sbraitò.
    Giocherellai con il suo pene tra le dita mentre schizzava ancora sangue - No. Non farai nulla. Vedi, il pene per andare in erezione assorbe il sangue dai capillari, tipo una spugna. La maggior parte del sangue cerca di confluire lì e... beh, in pratica morirai dissanguato. - gli spiegai in soldoni.
    Con il dito feci pressione sulla ferita e lui urlò di nuovo di dolore, ne approfittai per ficcargli in bocca il suo stesso pisello - Questo è per tutte le ragazzine che hai stuprato e ucciso. Ora tocca a tutti i tuoi complici e so già dove cominciare a cercare. -
    Presi dalla borsa un sacchetto di plastica con dentro degli indumenti puliti e scesi dal letto.
    Cominciai a spogliarmi del tutto - Prima però devo farmi una doccia, così sono impresentabile non credi? Mi raccomando amore, non muoverti! - gli feci l'occhiolino e entrai in bagno.
    Aprii il rubinetto della doccia e aspettai che l'acqua diventasse calda. Mi spogliai e tirai fuori i vestiti puliti facendo attenzione a non sporcarli di sangue, poi infilai quelli sporchi nel sacchetto di plastica.
    Entrai nel box doccia e lasciai che l'acqua mi sciacquasse, rivoli rossi si fecero largo verso lo scarico.
    Restai a pensare sotto l'acqua che mi picchiettava sulla testa. Pensai a come mi ero comportata, a cosa stessi facendo e al perché. Ero infuriata e più ci pensavo e più quella furia aumentava. Presi lo shampoo e mi lavai i capelli inzaccherati, lo feci per tre volte, non volevo lasciare tracce del bastardo su di me. Dopo l'ennesima risciacquata uscii dalla doccia, mi asciugai il corpo e i capelli, e infine mi rivestii con gli abiti puliti.
    Presi il sacchetto con gli abiti sporchi e tornai in camera, Bartolomew era immobile con gli occhi sbarrati e le pupille arrossate, era soffocato nel suo stesso sangue.
    “Uno in meno!” pensai mettendo il sacchetto dentro la borsa, guardai verso l'ufficio “Tentar non nuoce!”
    Andai vicino alla porta e provai a girare la maniglia ma come temevo era chiusa a chiave. Non avevo voglia di fare le cose per bene quindi presi lo slancio e tirai un calcio all'altezza della serratura. Con un rumore assordante la porta si aprì di scatto, all'interno non si vedeva nulla. Accesi la luce, come prima cosa vidi i numerosi quadri artistici di donne nude in bianco e nero, al centro una scrivania in acciaio nera e una sedia moderna. Sul lato sinistro dei scaffali bassi con dei raccoglitori impilati sopra. Sopra la scrivania un computer portatile e un altro raccoglitore nero.
    Mi accomodai sulla sedia e accesi il computer, volevo trovare le prove degli orrori perpetrati da Bartolomew. Di solito i maniaci predatori come lui collezionano trofei delle loro vittime.
    Cliccai ogni cartella e ogni applicazione ma non trovai nulla. Per un attimo mi venne un brivido su per la schiena “E se mi fossi sbagliata? Se fosse stato solo un povero pervertito innocuo?” provai a ripensare a tutto quello che avevo trovato su di lui e sulle vittime “No, non mi sbaglio!”
    Aprii tutti i cassetti certa di trovare quello che cercavo ma non trovai nulla - Cazzo! - sbraitai.
    Tornai sulla sedia e per la rabbia buttai tutto a terra. Stavo per gettare la spugna quando notai il raccoglitore che si era aperto. All'interno c'erano le foto delle ragazze scomparse prese in varie angolazioni.
    Cominciai a sfogliare le pagine, era diviso in sezioni e ogni sezione era dedicata a una ragazza diversa. Ogni inizio sezione aveva applicata una ciocca di capelli della ragazza ritratta. Alla fine del raccoglitore una lista di numeri di telefono e nomi.
    - Jackpot! - esultai.
     
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    Okay, è stato macabro.
     
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  13. Aaron O'Neal
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    CITAZIONE (The Aster @ 13/8/2016, 00:06) 
    Okay, è stato macabro.

    Mi sono ispirato ad un certo sadico di Game of Throne, tanto per essere sinceri del tutto!

    :ombrell: :ombrell:
     
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  15. Aaron O'Neal
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    Capitolo 1 - Hobby Pericolosi: parte 4



    Sfilai dalla busta la lista protettiva, la piegai e la infilai in una delle tasche laterali della borsa. Uscii dall'ufficio, presi le chiavi dell'auto di Bart dal pavimento e andai all'ascensore. Pigiai il tasto e aspettai che si aprissero le porte, entrai e cliccai per il piano terra. Quando le porte si richiusero sentii le gambe pesanti, dovetti tenermi alla sbarra poggia braccia per restare in piedi, l'adrenalina che avevo stava sparendo. Avevo ucciso una persona a sangue freddo e l'unica cosa a cui pensavo era quale sarebbe stata la prossima.
    Posai a terra la borsa e guardai la lista e in capo a tutti i nomi c'era quello di Joseph Miller, il padre di Bart.
    “Uccidere un governatore, darebbe un segnale forte ai più codardi. In questa città il potere politico non ti salva. Mica male.” pensai, e poi se copriva gli affari di suo figlio allora era anche lui da condannare, considerando che era un uomo praticamente intoccabile dalla legge.
    Rimettei al sicuro la lista e ripresi in mano la borsa, le porte si aprirono e uscii dall'ascensore mantenendo più naturalezza possibile nella camminata. Attirare l'attenzione in quel momento con tutte quelle prove nella borsa significava la fine dei giochi.
    Oltrepassai la reception dell'albergo e senza guardare nessuno uscii dalla porta principale. Proseguii verso il parcheggio e mi diressi verso la Zonda di Bart. Presi le chiavi e premetti il pulsante della serratura, le frecce direzionali lampeggiarono con il classico suono di una macchina che si apriva.
    Salii nella macchina e misi in moto “Di sicuro è più divertente guidarla che fare da passeggero.” pensai mentre facevo rombare il motore.
    Uscii dal parcheggio il più velocemente possibile e mi diressi verso casa. Durante tutto il tragitto tremai per il costante abbassamento di adrenalina nel corpo. Uccidere qualcuno era decisamente più intenso di rubare un'auto costosa.
    Il cielo si stava già schiarendo quando arrivai a casa, parcheggiai l'auto in garage e lo chiusi a chiave. Entrai i casa e gettai la borsa di plastica ormai piena di sangue nella pattumiera, andai in camera e mi buttai sul letto stremata.
    Mi risvegliai a mezzogiorno, aver dormito otto ore filate non aveva sortito nessun effetto, ero più stanca di quando non lo fossi prima di dormire. Controvoglia mi alzai e andai in bagno, mi lavai la faccia e i denti, poi mi cambiai con un paio di jeans e una maglietta.
    Tornai in cucina, presi il sacchetto e lo portai in giardino. Presi un bidone della spazzatura all'esterno, lo portai in giardino, lo riempii con pezzi di legno e cartoni di pizza, innaffiai tutto con della benzina e diedi fuoco al tutto con dei fiammiferi. Quando il fuoco diventò abbastanza vivace buttai il sacchetto degli indumenti sporchi e la borsa vuota usata ieri sera. Attesi finché non riuscii a ridurre tutto in cenere.
    Quando finalmente avevo finito mi rilassai, ogni prova schiacciante contro di me era stata distrutta, non avevo più motivo di temere ripercussioni da parte della polizia.
    L'unica cosa che ancora mi collegava a Bart era la sua Zonda. Fortunatamente sapevo benissimo come sbarazzarmene in modo sicuro e retribuito attraverso il mercato nero.
    Feci colazione con un tramezzino e portai l'auto da un ricettatore di mia conoscenza in una officina nella zona industriale. Gomes era un uomo in carne originario del Messico, sempre sorridente e sempre sporco di qualcosa. Era sempre sotto a un motore o a un'auto, ma in ogni caso era il migliore della città in fatto di ricettazione di auto.
    Appena mi vide si mise una mano tra i pochi capelli che aveva - E questa da dove cazzo arriva? - di solito Gomes non era il tipo da troppe domande ma quella volta doveva, quella Zonda scottava.
    Apri la portiera - Da un donatore anonimo. Meglio che tu non sappia altro. -
    - D'accordo! Meglio non sapere. - alzò le mani sorridendo, poi cambiò espressione - Ho saputo di tuo zio Mei, condoglianze. -
    - Lascia perdere... - tagliai bruscamente corto, non ero in vena di cordogli - Quanto mi dai per questa perla? - gli chiesi.
    Lui la guardò e girò tutto il perimetro in cerca di imperfezioni o altro - Non lo so, forse duecentocinquanta mila - mi fece infine. Sapevo che stava cercando di fare la cresta e lo fissai per svariati secondi senza dire nulla - E va bene facciamo trecentocinquanta mila. Cavolo ragazza, sei terrificante quando fissi la gente in quel modo! -
    - Meglio, senti ho anche un'altra richiesta da farti. - gli proposi.
    - Certo, dimmi pure e vedrò di accontentarti. - sembrava entusiasta di quella proposta.
    - Mi serve una pistola! - decretai.
    Lui fece la faccia sorpresa - A chi hai pestato i piedi stavolta? No, lascia perdere non voglio saperlo. Vieni andiamo nel mio ufficio. - mi fece il segno di seguirlo.
    L'ufficio di Gomes era un banco da lavoro pieno di attrezzi, carte sparse e alcuni strofinacci sporchi di olio. Sulle pareti c'erano ancora i calendari delle pin up degli anni novanta.
    Gomes aprì un armadietto pieno di armi e me ne mostrò due - Una classica nove millimetri, o forse vuoi una revolver sei colpi? - mi chiese con un sorriso.
    Una glock nove millimetri aveva diciassette colpi mentre la revolver solo sei la scelta era semplice - La nove millimetri andrà bene. Scala tutto dal pagamento per la Zonda, due caricatori pieni e un silenziatore compresi. gli risposi.
    Lui fece la faccia di uno che era stato appena fregato, ed era così. Ma mi serviva quell'arma per quello che avevo in mente. Far fuori una persona di quel calibro richiedeva l'esperienza e la freddezza di un soldato scelto.
    Gomes mi diede l'arma e tutti i proiettili che li avevo chiesto con riluttanza - I soldi te li invio nel solito conto offshore... - si fermò un istante a guardarmi - Non so cosa tu abbia in mente e non mi interessa, ma sta attenta. - mi diede una pacca sulla spalla.
    Gli sorrisi - Tranquillo! -
    Dopo aver concluso l'affare tornai a casa in autobus. Per tutto il viaggio usai il cellulare per trovare informazioni su ogni nome della lisa nera nelle mie mani. Tra i nomi c'erano trasportatori, spacciatori, ricettatori, e membri di spicco di una banda di motociclisti, i No Mercy. Per alcuni nomi invece non ero riuscita a trovare nulla.
    Appena tornata a casa mi buttai di nuovo sotto la doccia e mi vestii con un paio di short e una maglietta nera con le maniche corte. Aspettai la sera e con l'autobus andai agli uffici del governatore, sapevo già che la sicurezza in quel palazzo era molto bassa, portare una pistola nella borsetta durante un giro culturale era semplice, nessuna guardia controllava i turisti.
    Durante l'ultimo giro della giornata passammo davanti agli uffici di ogni dipendente dell'edificio, compreso quello de governatore schernito di sorveglianza. Senza farmi vedere forzai la serratura, entrai nella stanza e la richiusi dietro di me a chiave con il grimaldello.
    “Come previsto non c'è nessuno!” esultai.
    Evitando di accendere la luce cercai ovunque, una qualche prova per inchiodare quel bastardo, ma non trovai nulla. Aprii tutti i cassetti della scrivania in mogano e finalmente trovai qualcosa, una revolver calibro quarantacinque carica.
    Aprii il tamburo e levai tutti i proiettili, poi portai una poltrona in una angolo scuro della stanza a destra della porta, mi sedetti e aspettai pazientemente.
    Verso mezzanotte il governatore Miller rientrò in ufficio e, senza accorgersi della mia presenza, si sedette alla poltrona della scrivania sospirando e osservando il panorama dalla finestra. Non accese nemmeno la luce.
    - Un centesimo per i tuoi pensieri, Joseph. - esordii.
    Lui girò la poltrona rotante sorpreso - E tu chi sei? Chi diavolo ti ha fatta entrare? - sbraitò.
    Sorrisi avevo ancora una volta il controllo - Nessuno. Sono qui per chiederle una cosa. -
    Lui si guardò attorno - Cos... e va bene fammi questa domanda! - sospirò.
    - Perché? - tirai fuori dalla borsa alcune foto che avevo preso nell'ufficio di Bart e gliele lanciai sul tavolo - Perché ha coperto un mostro del genere? -
    Appena vide le immagini sgranò gli occhi - I-io... - scrollò la testa - Io no so di cosa sta parlando signorina! - rispose con voce ferma.
    Lo guardai negli occhi. Nulla, in quel modo non avrei ottenuto nulla. Trai fuori la pistola e gliela puntai contro - Perché hai permesso che uccidesse tutte quelle ragazze? -
    Lui alzò le mani intimorito - Senti, sono appena andato ad identificare mo figlio all'obitorio. Sono esausto e... e ho voglia di farmi un goccio. Ne vuoi anche tu, sembri averne bisogno? - chiese abbassando leggermente le mani verso il cassetto della scrivania.
    - Volentieri! - esclamai - Ma ti avverto, è scarica! - gli sorrisi.
    Joseph si rialzò deluso dalla mia risposta e fece un profondo respiro - Era mio figlio. Se si fosse saputo che era un tale mostro perverso la mia carriera politica sarebbe finita prima ancora d cominciare. - rispose alla fine.
    Rilassai le spalle e abbassai la pisola - Quindi è così... - sospirai guardando nel vuoto.
    “Era solo questione di affari!” pensai amareggiata.
    Rialzai la pistola e premetti il grilletto. Una volta e lo colpii al petto, due volte e lo colpii alla spalla, tre volte e lo colpii accanto alla prima, quattro volte e lo colpii al collo, cinque volte e lo colpii in un occhio.
    Rimisi la pistola nella borsa e uscii dal palazzo dal retro, nessuno aveva sentito nulla, nessuno si era accorto della mia presenza. Il governatore Joseph Miller era stato assassinato per aver anteposto la sua carriera alle cure e alle vittime di suo figlio Bartolomew. Alla fine il sangue sparso da suo figlio aveva macchiato indelebilmente anche lui.
     
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