Lonely Souls

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  1. Aaron O'Neal
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    Questa storia l'ho cominciata per sfogarmi da un periodo abbastanza difficile, spero sia di vostro gradimento. Comincio dal primo capitolo ovviamente, e quando avrò il tempo scriverò e posterò anche gli altri capitoli.
    Buona lettura e spero vi piaccia. :)

    Capitolo 1



    Tutti in questo mondo pensano che l'anima sia qualcosa di puro, genuino, sacro.
    Non è così. L'anima è qualcosa di imprevedibile, crudele e selvaggio.
    Dico questo perché l'ho visto in prima persona, e continuo a vederlo ogni giorno.
    Mi chiamo Evaline Deraneau, ho vent'anni e vivo a New Orleans nel Quartiere Francese. In realtà mi chiamo Erik Crane, e no, non sono un discendente di Ichabod Crane, ma cause di forze superiori alle mie hanno trasferito la mia coscienza in questa ragazza.
    Questo cambiamento avvenne circa un anno prima delle mie avventure, assistetti ad una aggressione nei confronti di una ragazza da parte di un gruppo di persone a New York, io cercai di aiutarla forte dei miei anni passati ad allenarmi nelle arti marziali, inutile dire che fui massacrato e ridotto letteralmente in fin di vita, i ragazzi scapparono impauriti da qualcosa. Stavo per morire quando la ragazza mi mise le mani sul cuore e pronunciò parole che non capii, chiusi gli occhi pensando che ormai fosse la fine. Subito dopo sentii uno strano bip, riaprii gli occhi, ero intubato, in una stanza bianca con vari macchinari attorno a me. Ero sollevato, pensavo di essere stato salvato e portato all'ospedale più vicino, poi però persone che non conoscevo mi si avvicinarono dicendomi di essere i miei genitori. All'inizio non capii, dopo un po' mi fu tutto chiaro... non ero più nel mio corpo, ma in quello di una ragazza di diciannove anni che aveva subito un incidente stradale un mese prima entrando in coma.
    Mi diagnosticarono un'amnesia permanete dovuta alla commozione cerebrale subita al momento dell'impatto. Non nego di essere contento, anzi, sono molto contento di essere vivo, e ancora di più di essere in un corpo tanto bello, anche perché io non ero proprio quello che si potrebbe chiamare un ragazzo affascinante: ora ero alto un metro e settanta, portavo una coppa C, fisico tonico nonostante il mese di coma, capelli lunghi lisci castano scuro, e occhi viola.
    Insomma, ero davvero figa.
    Tre mesi dopo me ne andai da casa dei miei nuovi genitori a New Orleans, e mi trasferii nel Quartiere Francese. Loro non si opposero, e mi diedero tutto l'appoggio possibile, forse credevano che per la loro figlia fosse troppo pesante stare con loro. Trovai un lavoro come cameriera in uno dei tantissimi locali di Bourbon Street, il Madame Missy, per tre mesi fino al giorno in cui successe l'inevitabile, come se quello che mi era capitato già non bastasse.
    Era una notte fredda di gennaio, per quanto poteva esserlo nel Golfo del Messico, stavo tornando a casa da lavoro passeggiando tra la folla della Bourbon. Stavo ancora pensando a quello che era successo quella sera, un uomo sulla quarantina che chiedeva insistentemente di una ragazza mora con la frangetta seduta a un tavolo. Sembrava uno stalker dal tipo di domande che faceva “Viene spesso qui?”, “Ha mai portato qualche amico?”, “Sai se abita da sola?”, inutile dire che mi ha fatto venire i brividi. Io non risposi a nessuna delle domande, ma notai che ha continuato a fissarla per tutto il tempo. Lei si alzò dal tavolo solo quando era arrivata l'ora di chiusura, seguita dopo alcuni minuti dall'uomo.
    Finii il turno mezz'ora dopo, non sarei riuscito a seguirli nemmeno con un miracolo, e comunque che cosa avrei potuto fare?
    Svoltai per la St. Philip, la prendevo sempre per andare al mio appartamento, era la via più diretta.
    Improvvisamente sentii dei rumori, come se qualcuno avesse rovesciato un bidone della spazzatura, non ci pensai e proseguii, poi un'altra volta quel rumore seguito da delle urla.
    Rimasi immobile per un istante, poi mi misi a correre per vedere che succedeva, girai un vicolo e mi ritrovai davanti una scena assurda: l'uomo che pochi minuti prima era seduto al bar a bere un bourbon con ghiaccio stava impugnando un machete e la ragazza era completamente indifesa e con i vestiti strappati.
    - Tu femmina, andrai all'inferno, questo te lo posso garantire! - inveì lui.
    - E tu verrai con me, fanatico maniaco! - rispose lei.
    L'uomo si scagliò contro la ragazza che non mosse un muscolo, improvvisamente uno spostamento d'aria fece letteralmente volare l'uomo all'indietro per svariati metri. Guardai la ragazza, sembrava distrutta. L'uomo si rialzò a fatica, riprese in mano il machete e barcollò verso la ragazza con lo sguardo di uno psicopatico.
    Io mi guardai attorno, l'unica cosa utile che vidi fu un vecchio pezzo di trave, lo presi e mi portai dietro all'uomo silenziosamente, gli diedi un colpo secco alla nuca. L'uomo rimase immobile per un secondo, poi cadde a terra tramortito. Presi il machete lo portai vicino a un muro, lo conficcai tra due mattoni e lo piegai varie volte finché non si spezzò. Andai dalla ragazza, la presi per mano e la accompagnai di nuovo sulla Philip.
    - Tu... tu sei la barista... - mi fece lei ancora affaticata.
    - Sì, e ti ho appena salvata da un maniaco! - le risposi cercando di mimetizzarci nella folla.
    - Grazie! Adesso dove mi porti? - mi chiese.
    - A casa mia. Sarai più al sicuro lì. - risposi ancora.
    Cinque minuti dopo eravamo al mio appartamento, un loft a due stanze più bagno, dove le due stanze erano rispettivamente cucina e salotto divise dal tavolo da pranzo, un divano-letto e tv in salotto. L'unica cosa bella era che il balcone dava sulla Royal Street.
    La accompagnai sul divano e mi sedetti accanto a lei, fissava il soffitto. La guardai meglio, era una ragazza sulla ventina, mora capelli lisci con la frangetta dritta, occhi verde oliva, lineamenti del viso ovali e asciutti, labbra carnose ma non esagerate, naso dritto e ben proporzionato al viso, e il fisico pressoché perfetto.
    - Asciugatela! - mi fece lei con un sorriso.
    - Come? - mi svegliai stranito.
    - La bava, asciugatela... - e mi crollò tra le braccia addormentata.
    Rimasi a guardarla, per un po', avevo parecchie domande da farle a cominciare dal come si chiamasse, o chi fosse quel tizio, e come abbia fatto a far volare un uomo di ottanta chili per almeno quattro metri, ma alla fine mi addormentai anch'io.
    Il giorno dopo mi svegliai sdraiato sul divano, con una coperta a coprimi fino alle spalle, mi stropicciai gli occhi, mi guardai attorno ma della misteriosa ragazza nemmeno l'ombra.
    “Sarà stato tutto un sogno!” pensai.
    Andai in bagno, mi feci una doccia, mi lavai i denti, e mi asciugai i capelli. Ormai ero diventato abbastanza pratico su come pettinarmi e dare acconciature sempre diverse ai capelli. Eppure nonostante tutto ogni volta mi dava una sensazione strana.
    Tornai in salotto per prendere il cambio, poi guardai la coperta, mi buttai sul divano a faccia in giù.
    “Perché ogni volta mi abbandonano? Che ho fatto di male?” pensai picchiando i cuscini con tutta la forza che avevo.
    Volevo rivederla, volevo farle le domande che avevo pensato la sera prima, volevo sapere la sua storia. Non chiedevo molto. Rimasi fermo, poi presi uno dei cuscini e lo strinsi forte.
    Dopo poco tempo sentii la porta aprirsi, era lei. In mano aveva un vassoio con due bicchieri di carta marrone e un sacchetto bianco. Aveva preso una gonna e una camicia bianca che usavo per lavorare dal mio armadio. La guardai posare il tutto sul tavolo da pranzo sorpresa.
    - Ho pensato di prendere la colazione, ho preso il caffè e i cannoli alla crema qui sotto. Ti piacciono vero? - mi chiese confusa.
    - Sì... li... li adoro... - mi alzai e le andai incontro e infine l'abbracciai.
    - Ehm... Ma che hai? - continuò lei.
    - Pensavo fossi sparita, o che fossi stata solo un sogno molto strano. - ero sollevato, e non capivo il perché. Forse era la curiosità o forse mi ero invaghito un po' troppo e troppo in fretta insomma nemmeno sapevo il suo nome. Okay può essere, ma sapevo che c'era qualcos'altro che mi spingeva a volerle stare accanto.
    - Capisco... scusa, ma dopo avermi salvata volevo ricambiare in qualche modo, e non volevo svegliarti. Scusa. - mi mise una mano sulla testa e l'altro braccio attorno alle spalle.
    - Va bene, ma non farlo più... - dissi.
    - Okay... ora però è meglio se ti vesti, o ti prenderai qualcosa. - si scostò lei.
    In effetti quando ero uscito dal bagno addosso avevo solo un asciugamano bianco, che era rimasto sul divano dopo lo sfogo - Hai ragione! Vado a mettermi qualche vestito. - gesticolai fissandola imbarazzato. Presi il primo paio di mutande e il primo reggiseno che trovai e corsi verso il bagno. Mi vestii con maglietta, felpa e jeans e tornai in salotto dove la ragazza aveva preparato i cannoli su un vassoio e i due bicchieri di caffè sul tavolino affianco al divano.
    - Allora, come ti chiami? - le chiesi sedendomi sul divano.
    - Valentine! -
    - Evaline. Come mai quel tipo voleva farti a pezzi con un machete? - continuai.
    - Perché sono una strega! - rispose secca lei.
    Morsi un cannolo, era buono, cercai anche di metabolizzare la risposta.
    - Quindi tu fai incantesimi, leggi le carte, e fai i malocchi? - chiesi guardando sempre il cannolo.
    Lei rise - No, non funziona così. Ogni strega ha una capacità innata dentro di se dalla nascita. Per esempio io ho la telecinesi che è la più comune, come l'”elementocinesi” ossia la possibilità di utilizzare i vari elementi che compongono l'universo, o la preveggenza. Tutti doni abbastanza comuni! Ci sono altre streghe invece che possono guarire di tutto, e dico proprio tutto, perfino la morte. Quel tipo di strega invece è molto raro. Gli incantesimi come li chiami tu sono solo celebrazioni religiose. E no, non faccio malocchi... non saprei nemmeno da che parte cominciare. - mi spiegò con un sorriso.
    Rimasi per un attimo a bocca aperta incredula, mi stava dicendo tutto questo anche se non mi conosceva, anche se potevo prenderla per pazza o cose del genere.
    - Capisco, ma non ho ancora capito perché quel maniaco voleva farti fuori. - dissi.
    - Perché appartiene a un gruppo di ferventi religiosi che credono che noi siamo malvagie e che facciamo patti col diavolo. - rispose cercando di ironizzare.
    - Ah... e lo siete? - chiesi secco. Non avrei creduto a una cosa come quella se a me non fosse successo qualcosa di altrettanto impossibile.
    - Assolutamente no! Noi ci battiamo per preservare l'armonia tra questo è l'altro mondo. - fece con sguardo cupo.
    - Altro mondo? Intendi quello degli spiriti? - chiesi perplessa.
    - Non solo, anche elementali, creature di varia natura anche se sono molto, molto rari. Ti sembrerà assurdo ma ti assicuro che è tutto vero. - mi guardò negli occhi. Sapevo che non mentiva, istinto forse, ma sapevo che diceva la verità.
    - Mettiamo che ti credo, per essere al sicuro che cosa ti servirebbe? - mi leccai le dita sporche di crema.
    - Due cose principalmente, più potere e una congrega! Per il potere non è un problema arriverà col tempo, per la congrega invece è tutta un'altra storia. Non ci sono più molte vere streghe a New Orleans, sono qui da un mese e non ne ho incontrata nemmeno una, tutti ciarlatani. Un'altra possibilità di sopravvivenza sarebbe di trovare un Guardiano, ma sono molto più rari delle streghe, soprattutto negli Stati Uniti. - mi spiegò.
    Sembrava sul punto di piangere, fece un respiro profondo e mi sorrise.
    Ho sempre saputo come si sentivano certe persone, quelle sole, perché lo ero anch'io. Lo sono sempre stato, fin da piccolo non ho avuto mai nessuno al mio fianco, nemmeno i miei genitori. Dopo il divorzio mi diedero in affidamento ad un orfanotrofio, e da lì cominciò il calvario che durò fino ai miei diciotto anni, quando me ne andai perché ormai maggiorenne. Mi iscrissi ad una scuola di arti marziali, volevo essere forte e lo diventai. Mi misi così tanto d'impegno che superai di gran lunga i miei maestri, motivo per cui fui espulso dalla scuola. Dieci anni buttati nel cesso visto che quattro delinquenti mi hanno letteralmente massacrato.
    - Non ti lascerò sola, anch'io sono stanca di essere sola. Non sarò una strega come te, ma ti aiuterò come posso. - le dissi con tutta la determinazione che avevo.
    Lei aveva gli occhi lucidi, serrò le labbra per lo sforzo di non piangere - Grazie! - .
    Finimmo di fare colazione, accesi la tv per rilassarmi, e per metabolizzare tutto ciò che mi aveva detto a mente lucida. Molte cose erano assurde anche per me e avevano creato più confusione che chiarezza.
    - So di essere inopportuna ma posso stare da te per un po'? - mi chiese.
    - Certo che si, fa come se fosse casa tua. - risposi entusiasta.
    - Ho anche un altro favore da chiederti. - la voce era seria.
    La guardai preoccupata, sembrava che fosse molto importante per lei - Dimmi pure! - .
    - Devo prendere anche il mio grimorio... la fonte del potere di ogni strega è il suo grimorio e senza di quello perde tutto, io perdo tutto. - fissava il vuoto, era terrorizzata a quell'idea.
    - Allora andiamo a prenderlo. Faremo il giro largo così eviteremo di rincontrare quel maniaco, okay? - le accarezzai i capelli per tranquillizzarla, lei abbozzò un sorriso.
    Un'ora dopo eravamo sulla Royal a camminare, Valentine era tesa come una corda di violino ogni volta che ci passava accanto qualcuno, svoltammo sulla Dumaine e svoltammo ancora a destra sulla Chartres, arrivati a Jackson Square ci fermammo a guardare alcuni suonatori da strada speravo che potesse rilassarla almeno un po', non funzionò. Proseguimmo fino a imboccare Saint Louis e arrivare finalmente all'appartamento, ma quando arrivammo lì era già tardi, qualcuno era entrato e aveva messo sottosopra ogni cosa.
    - Cazzo, che situazione... - sbottai scavalcando una sedia rovesciata.
    - Sì, l'hai detto. Ma... - Valentine si mise a contare e spostare mobili - Fortunatamente chiunque abbia fatto questo non era molto intelligente. Vieni aiutami, dobbiamo spostare questo armadio. - continuò posizionandosi sul lato opposto al mio.
    Mi misi in posizione, alzammo il mobile con non poco sforzo lasciando un grande spazio libero di parquet. Valentine cominciò a battere su ogni tassello e ne sollevò uno - Trovato! Meno male. Ora possiamo tornare al tuo appartamento, devo studiare alcune cose. - mi sorrise.
    Era un libro consunto, vecchio, e con molti strani disegni e pendoli.
    - Forse è meglio se prendi qualcos'altro, tipo vestiti, biancheria... hai capito no? - le proposi.
    - Non hai tutti i torti. - rispose, e si mise a riempire una borsa da viaggio blu con tutto ciò che poteva servirle.
    Tornammo indietro facendo un'altra strada per non destare sospetti o non essere seguiti, quando entrammo nell'appartamento Valentine si mise sul divano a studiare il suo libro. Non disse una parola, era così assorta che quando uscii per andare a lavoro nemmeno mi ascoltò.
    Il vento cominciava a farsi più forte, e il cielo era coperto segno che stava per arrivare un grosso temporale. Nonostante il maltempo le strade del Quartiere Francese erano ancora piene di gente, molti di loro erano turisti o figli di papà che volevano divertirsi, ma in ogni caso era proprio quella la caratteristica che più adoravo del Quartiere, i mille colori e la folla eterogenea che lo rendeva vivo.
    Arrivai al locale, mi cambiai con la divisa da lavoro nel bagno delle donne e cominciai preparare il banco a servire i primi clienti. Ogni tanto qualche ragazzo ubriaco cercava di allungare le mani, ma tra le arti marziali che avevo imparato e i buttafuori riuscivo sempre a cavarmela con poco, e poi la politica del Madame Missy era “ammirare ma non toccare, soprattutto le bariste” il che mi dava il diritto di prendere a ceffoni chi faceva il porco. Se ve lo steste chiedendo, sì mi divertivo un mondo in quel posto. Quando cominciò a piovere la gente affollò il locale, era sempre così ogni temporale, le persone che stavano fuori entrano nei locali per cercare riparo, e questo era buono per gli affari e per le mance, molto meno invece per il lavoro in se visto che non si riusciva a passare con le ordinazioni al tavolo. Era divertente e spossante allo stesso tempo.
    Finii il turno a notte fonda quando ancora stava piovendo, chiesi al proprietario un ombrello per tornare a casa e mi incamminai. Presi una strada più diretta possibile usando vari vicoli stretti e bui, andavo veloce non solo per colpa della pioggia ma perché mi sentivo seguito. Entrai nell'ennesimo vicolo buio, proseguii fino a metà, mi fermai e mi girai di scatto. Una figura nera col cappuccio era immobile all'entrata del vicolo, tirò fuori qualcosa dal giubbotto e cominciò ad avvicinarsi.
    - Chi diavolo sei? Che cosa vuoi da me? - urlai.
    La figura continuò a camminare - Empia è la donna, partorente di vili passioni. Guardati dalla strega, ingannatrice, prostituta del Diavolo. Prega per la tua anima, in gloria di Dio. - disse la figura, era una voce maschile adulta. Quello che aveva in mano era un machete.
    Abbassai l'ombrello sapevo chi era - Ma quanti ne hai di quelli? - feci guardando il machete.
    - Quando combatti contro un abominio come le streghe devi essere pronto a tutto, anche ad uccidere degli innocenti. - mi rispose fissandomi con occhi invasati.
    Chiusi l'ombrello, la pioggia era così fitta che mi inzuppai subito - Quindi vuoi uccidere Valentine, perché? Solo perché è una strega? -.
    - Perché lo dice Dio! - mi urlò furente.
    Mi corse incontro brandendo l'arma e menando un fendente che io parai con l'ombrello, ne menò un altro dalla parte opposta che parai. Con l'alta mano, cercai qualcosa da usare, qualsiasi cosa. Lui riuscì a sferrarmi altri tre fendenti dall'alto, ormai l'ombrello era diventato inutilizzabile e stava per spezzarsi definitivamente, barcollai all'indietro e urtai dei bidoni di latta. Istintivamente presi il coperchio di uno dei bidoni e lo usai come scudo, la lama si conficcò nel metallo dandomi la possibilità di disarmarlo. Usai il manico ricurvo dell'ombrello per agganciare la caviglia dell'uomo e spingendolo con lo scudo improvvisato. Funzionò, lui cadde a terra.
    - Tu, dannata puttana, andrai all'inferno e brucerai come meriti! - imprecò estraendo un altra lama da dietro la schiena e si alzò.
    Indietreggiai di qualche passo, notai il machete ancora incastrato nel coperchio, lo staccai con uno strattone secco, stranamente avere quella lama in mano mi dava una sicurezza fredda e calcolatrice, insomma sapevo come usarlo al meglio - Quello che si merita di bruciare... sei tu! - .
    Lui era furioso urlò con tutta la voce che aveva e scatto in avanti, io parai il fendente con lo scudo e usando una rotazione del piede girai di trecentosessanta gradi abbassandomi e menando una stoccata al fianco destro del mio avversario, lui indietreggiò di alcuni passi lasciando una scia di sangue sull'acqua che scorreva verso il tombino.
    Arretrai anch'io cambiando guardia in modo da avere lo scudo davanti e la lama dietro, rimasi immobile, l'uomo sembrava stupefatto - Nessuna... nessuna esitazione... tecnica impeccabile... non è possibile, voi... voi siete estinte! Vi abbiamo sterminate tutte secoli... secoli fa! - blaterò dolorante.
    Non dissi nulla, non volevo dire nulla, non mi interessava niente di quelle stronzate, volevo solo che se ne andasse. Scrollò la testa come per cacciar via pensieri idioti e si scagliò di nuovo contro di me urlando - Dio lo vuole! - .
    Schivai tre colpi con movimenti precisi e ponderati, e ne parai altri quattro con altrettanta maestria, era furioso e non si sarebbe fermato, parai l'ennesimo colpo ed entrai nella sua guardia e gli conficcai la lama del machete nel cranio attraverso la mandibola. Rimase immobile, poi fece qualche spasmo, aveva gli occhi infuori e la lingua sbavava sangue e bava diluiti dall'acqua della pioggia. Estrassi la lama con un movimento netto, il sangue fuoriuscì a fiotti copiosi inzuppandomi la felpa. Il corpo cadde all'indietro con un tonfo su una pozzanghera.
    Feci due passi indietro, lasciai cadere il coperchio del bidone, feci altri tre passi verso il muro, mi appoggiai e scivolai giù, mi tremavano le gambe, non smisi mai di fissare il corpo inerte.
    Rimasi lì per alcuni minuti, non pensai a niente, poi guardai l'arma che avevo in mano sporca di sangue “Ho ucciso una persona!” pensai. Lasciai cadere il machete, mi rannicchiai e mi misi a piangere, dopotutto ero una ragazza, potevo permettermelo.

    Testo corretto



    Tutti in questo mondo pensano che l'anima sia qualcosa di puro, genuino, sacro.
    Non è così. L'anima è qualcosa di imprevedibile, crudele e selvaggio.
    Dico questo perché l'ho visto in prima persona, e continuo a vederlo ogni giorno.
    Mi chiamo Evaline Deraneau e vivo a New Orleans nel Quartiere Francese.
    In realtà mi chiamo Erik Crane, e no, non sono un discendente di Ichabod Crane di Sleepy Hollow, ma cause di forze superiori alle mie hanno trasferito la mia coscienza in questa ragazza.
    Questo cambiamento avvenne circa un anno prima delle mie avventure, assistetti ad una aggressione nei confronti di una ragazza da parte di un gruppo di persone a New York, io cercai di aiutarla forte dei miei anni passati ad allenarmi nelle arti marziali, inutile dire che fui massacrato e ridotto letteralmente in fin di vita, poi i ragazzi scapparono impauriti da qualcosa che non riuscii a identificare. Stavo per morire quando la ragazza mi mise le mani sul cuore e pronunciò parole che non capii, chiusi gli occhi pensando che ormai fosse la fine.
    Subito dopo sentii uno strano bip, riaprii gli occhi e mi accorsi subito di essere intubato, in una stanza bianca con vari macchinari attorno a me. Ero sollevato, pensavo di essere stato salvato e portato all'ospedale più vicino, poi però persone che non conoscevo mi si avvicinarono dicendomi di essere i miei genitori. All'inizio non capii, dopo un po' mi fu tutto chiaro... non ero più nel mio corpo, ma in quello di una ragazza di diciannove anni che aveva subito un incidente stradale un mese prima entrando in coma.
    Mi diagnosticarono un'amnesia permanete dovuta alla commozione cerebrale subita al momento dell'impatto. Non nego di essere stato contento, anzi, ero molto contento di essere vivo, e ancora di più di essere in un corpo tanto bello, anche perché io non ero proprio quello che si potrebbe chiamare un ragazzo affascinante: ero alto un metro e settanta, portavo una coppa C, fisico tonico nonostante il mese di coma, capelli lunghi lisci castano scuro, e occhi viola.
    Insomma, ero davvero figa.
    Tre mesi dopo me ne andai da casa dei miei nuovi genitori a New Orleans, e mi trasferii nel Quartiere Francese. Loro non si opposero, e mi diedero tutto l'appoggio possibile, forse credevano che per la loro figlia fosse troppo pesante stare con loro. Trovai un lavoro come cameriera in uno dei tantissimi locali di Bourbon Street, il Madame Missy, per nove mesi fino al giorno in cui successe l'inevitabile, come se quello che mi era capitato già non bastasse.

    Era una notte fredda di gennaio, per quanto poteva esserlo nel Golfo del Messico, stavo tornando a casa da lavoro passeggiando tra la folla della Bourbon. Stavo ancora pensando a quello che era successo quella sera, un uomo sulla quarantina che chiedeva insistentemente di una ragazza mora con la frangetta seduta a un tavolo. Sembrava uno stalker dal tipo di domande che faceva “Viene spesso qui?”, “Ha mai portato qualche amico?”, “Sai se abita da sola?”, inutile dire che mi ha fatto venire i brividi. Io non risposi a nessuna delle domande, ma notai che ha continuato a fissarla per tutto il tempo. Lei si alzò dal tavolo solo quando era arrivata l'ora di chiusura, seguita dopo alcuni minuti dall'uomo.
    Finii il turno mezz'ora dopo, non sarei riuscito a seguirli nemmeno con un miracolo, e comunque che cosa avrei potuto fare?
    Svoltai per la St. Philip, la prendevo sempre per andare al mio appartamento, era la via più diretta.
    Improvvisamente sentii dei rumori, come se qualcuno avesse rovesciato un bidone della spazzatura, non ci pensai e proseguii, poi un'altra volta quel rumore seguito da delle urla.
    Rimasi immobile per un istante, poi mi misi a correre per vedere che succedeva, girai un vicolo e mi ritrovai davanti una scena assurda: l'uomo che pochi minuti prima era seduto al bar a bere un bourbon con ghiaccio stava impugnando un machete e la ragazza era completamente indifesa e con i vestiti strappati.
    - Tu femmina, andrai all'inferno, questo te lo posso garantire! - inveì lui.
    - E tu verrai con me, fanatico maniaco! - rispose lei.
    L'uomo si scagliò contro la ragazza che non mosse un muscolo, improvvisamente uno spostamento d'aria fece letteralmente volare l'uomo all'indietro per svariati metri. Guardai la ragazza, sembrava distrutta. L'uomo si rialzò a fatica, riprese in mano il machete e barcollò verso la ragazza con lo sguardo di uno psicopatico.
    Io mi guardai attorno, l'unica cosa utile che vidi fu un vecchio pezzo di trave, lo presi e mi portai dietro all'uomo silenziosamente, gli diedi un colpo secco alla nuca. L'uomo rimase immobile per un secondo, poi cadde a terra tramortito. Presi il machete lo portai vicino a un muro, lo conficcai tra due mattoni e lo piegai varie volte finché non si spezzò. Andai dalla ragazza, la presi per mano e la trascinai di nuovo sulla Philip. La strada, come sempre nel Quartiere Francese, era piena di gente.
    - Tu... tu sei la barista... - mi fece lei ancora affaticata.
    - Sì, e ti ho appena salvata da un maniaco! - le risposi cercando di mimetizzarci nella folla.
    - Grazie! Adesso dove mi porti? - mi chiese.
    - A casa mia. Sarai più al sicuro lì. - risposi ancora.
    Cinque minuti dopo eravamo al mio appartamento, un loft a due stanze più bagno, dove le due stanze erano rispettivamente cucina e salotto divise dal tavolo da pranzo, un divano-letto e tv in salotto. L'unica cosa bella era che il balcone dava sulla Royal Street.
    La accompagnai sul divano e mi sedetti accanto a lei, fissava il soffitto. La guardai meglio, era una ragazza sulla ventina, mora capelli lisci con la frangetta dritta, occhi verde oliva, lineamenti del viso ovali e asciutti, labbra carnose ma non esagerate, naso dritto e ben proporzionato al viso, e il fisico pressoché perfetto.
    - Asciugatela! - mi fece lei con un sorriso.
    - Come? - mi svegliai stranito.
    - La bava, asciugatela... - e mi crollò tra le braccia addormentata.
    Rimasi a guardarla, per un po', avevo parecchie domande da farle a cominciare dal come si chiamasse, o chi fosse quel tizio, e come abbia fatto a far volare un uomo di ottanta chili per almeno quattro metri, ma alla fine mi addormentai anch'io.
    Il giorno dopo mi svegliai sdraiato sul divano, con una coperta a coprimi fino alle spalle, mi stropicciai gli occhi, mi guardai attorno ma della misteriosa ragazza nemmeno l'ombra.
    “Sarà stato tutto un sogno!” pensai.
    Andai in bagno, mi feci una doccia, mi lavai i denti, e mi asciugai i capelli. Ormai ero diventato abbastanza pratico su come pettinarmi e dare acconciature sempre diverse ai capelli. Eppure nonostante tutto ogni volta mi dava una sensazione strana.
    Tornai in salotto per prendere il cambio, poi guardai la coperta, mi buttai sul divano a faccia in giù.
    “Perché ogni volta mi abbandonano? Che ho fatto di male?” pensai picchiando i cuscini con tutta la forza che avevo.
    Volevo rivederla, volevo farle le domande che avevo pensato la sera prima, volevo sapere la sua storia. Non chiedevo molto. Rimasi fermo, poi presi uno dei cuscini e lo strinsi forte.
    Dopo poco tempo sentii la porta aprirsi, era lei. In mano aveva un vassoio con due bicchieri di carta marrone e un sacchetto bianco. Aveva preso una gonna e una camicia bianca che usavo per lavorare dal mio armadio. La guardai posare il tutto sul tavolo da pranzo sorpresa.
    - Ho pensato di prendere la colazione, ho preso il caffè e i cannoli alla crema qui sotto. Ti piacciono vero? - mi chiese confusa.
    - Sì... li... li adoro... - mi alzai e le andai incontro e infine l'abbracciai.
    - Ehm... Ma che hai? - continuò lei.
    - Pensavo fossi sparita, o che fossi stata solo un sogno molto strano. - ero sollevato, e non capivo il perché. Forse era la curiosità o forse mi ero invaghito un po' troppo e troppo in fretta insomma nemmeno sapevo il suo nome. Okay può essere, ma sapevo che c'era qualcos'altro che mi spingeva a volerle stare accanto.
    - Capisco... scusa, ma dopo avermi salvata volevo ricambiare in qualche modo, e non volevo svegliarti. Scusa. - mi mise una mano sulla testa e l'altro braccio attorno alle spalle.
    - Va bene, ma non farlo più... - dissi.
    - Okay... ora però è meglio se ti vesti, o ti prenderai qualcosa. - si scostò lei.
    In effetti quando ero uscito dal bagno addosso avevo solo un asciugamano bianco, che era rimasto sul divano dopo lo sfogo - Hai ragione! Vado a mettermi qualche vestito. - gesticolai fissandola imbarazzato. Presi il primo paio di mutande e il primo reggiseno che trovai e corsi verso il bagno. Mi vestii con maglietta, felpa e jeans e tornai in salotto dove la ragazza aveva preparato i cannoli su un vassoio e i due bicchieri di caffè sul tavolino affianco al divano.
    - Allora, come ti chiami? - le chiesi sedendomi sul divano.
    - Valentine! -
    - Evaline. Come mai quel tipo voleva farti a pezzi con un machete? - continuai.
    - Perché sono una strega! - rispose secca lei.
    Morsi un cannolo, era buono, cercai anche di metabolizzare la risposta.
    - Quindi tu fai incantesimi, leggi le carte, e fai i malocchi? - chiesi guardando sempre il cannolo.
    Lei rise - No, non funziona così. Ogni strega ha una capacità innata dentro di se dalla nascita. Per esempio io ho la telecinesi che è la più comune, come l'”elementocinesi” ossia la possibilità di utilizzare i vari elementi che compongono l'universo, o la preveggenza. Tutti doni abbastanza comuni! Ci sono altre streghe invece che possono guarire di tutto, e dico proprio tutto, perfino la morte. Quel tipo di strega invece è molto raro. Gli incantesimi come li chiami tu sono solo celebrazioni religiose. E no, non faccio malocchi... non saprei nemmeno da che parte cominciare. - mi spiegò con un sorriso.
    Rimasi per un attimo a bocca aperta incredula, mi stava dicendo tutto questo anche se non mi conosceva, anche se potevo prenderla per pazza o cose del genere.
    - Capisco, ma non ho ancora capito perché quel maniaco voleva farti fuori. - dissi.
    - Perché appartiene a un gruppo di ferventi religiosi che credono che noi siamo malvagie e che facciamo patti col diavolo. - rispose cercando di ironizzare.
    - Ah... e lo siete? - chiesi secco. Non avrei creduto a una cosa come quella se a me non fosse successo qualcosa di altrettanto impossibile.
    - Assolutamente no! Noi ci battiamo per preservare l'armonia tra questo è l'altro mondo. - fece con sguardo cupo.
    - Altro mondo? Intendi quello degli spiriti? - chiesi perplessa.
    - Non solo, anche elementali, creature di varia natura anche se sono molto, molto rari. Ti sembrerà assurdo ma ti assicuro che è tutto vero. - mi guardò negli occhi. Sapevo che non mentiva, istinto forse, ma sapevo che diceva la verità.
    - Mettiamo che ti credo, per essere al sicuro che cosa ti servirebbe? - mi leccai le dita sporche di crema.
    - Due cose principalmente, più potere e una congrega! Per il potere non è un problema arriverà col tempo, per la congrega invece è tutta un'altra storia. Non ci sono più molte vere streghe a New Orleans, sono qui da un mese e non ne ho incontrata nemmeno una, tutti ciarlatani. Un'altra possibilità di sopravvivenza sarebbe di trovare un Guardiano, ma sono molto più rari delle streghe, soprattutto negli Stati Uniti. - mi spiegò.
    Sembrava sul punto di piangere, fece un respiro profondo e mi sorrise.
    Ho sempre saputo come si sentivano certe persone, quelle sole, perché lo ero anch'io. Lo sono sempre stato, fin da piccolo non ho avuto mai nessuno al mio fianco, nemmeno i miei genitori. Dopo il divorzio mi diedero in affidamento ad un orfanotrofio, e da lì cominciò il calvario che durò fino ai miei diciotto anni, quando me ne andai perché ormai maggiorenne. Mi iscrissi ad una scuola di arti marziali, volevo essere forte e lo diventai. Mi misi così tanto d'impegno che superai di gran lunga i miei maestri, motivo per cui fui espulso dalla scuola. Dieci anni buttati nel cesso visto che quattro delinquenti mi hanno letteralmente massacrato.
    - Non ti lascerò sola, anch'io sono stanca di essere sola. Non sarò una strega come te, ma ti aiuterò come posso. - le dissi con tutta la determinazione che avevo.
    Lei aveva gli occhi lucidi, serrò le labbra per lo sforzo di non piangere - Grazie! - .
    Finimmo di fare colazione, accesi la tv per rilassarmi, e per metabolizzare tutto ciò che mi aveva detto a mente lucida. Molte cose erano assurde anche per me e avevano creato più confusione che chiarezza.
    - So di essere inopportuna ma posso stare da te per un po'? - mi chiese.
    - Certo che si, fa come se fosse casa tua. - risposi entusiasta.
    - Ho anche un altro favore da chiederti. - la voce era seria.
    La guardai preoccupata, sembrava che fosse molto importante per lei - Dimmi pure! -
    - Devo prendere anche il mio grimorio... la fonte del potere di ogni strega è il suo grimorio e senza di quello perde tutto, io perdo tutto. - fissava il vuoto, era terrorizzata a quell'idea.
    - Allora andiamo a prenderlo. Faremo il giro largo così eviteremo di rincontrare quel maniaco, okay? - le accarezzai i capelli per tranquillizzarla, lei abbozzò un sorriso.
    Un'ora dopo eravamo sulla Royal a camminare, Valentine era tesa come una corda di violino ogni volta che ci passava accanto qualcuno, svoltammo sulla Dumaine e svoltammo ancora a destra sulla Chartres, arrivati a Jackson Square ci fermammo a guardare alcuni suonatori da strada speravo che potesse rilassarla almeno un po', non funzionò. Proseguimmo fino a imboccare la Saint Louis e arrivare finalmente all'appartamento, ma quando arrivammo lì era già tardi, qualcuno era entrato e aveva messo sottosopra ogni cosa.
    - Cazzo, che situazione... - sbottai scavalcando una sedia rovesciata.
    - Sì, l'hai detto. Ma... - Valentine si mise a contare e spostare mobili - Fortunatamente chiunque abbia fatto questo non era molto intelligente. Vieni aiutami, dobbiamo spostare questo armadio. - continuò posizionandosi sul lato opposto al mio.
    Mi misi in posizione, alzammo il mobile con non poco sforzo lasciando un grande spazio libero di parquet. Valentine cominciò a battere su ogni tassello e ne sollevò uno - Trovato! Meno male. Ora possiamo tornare al tuo appartamento, devo studiare alcune cose. - mi sorrise.
    Era un libro consunto, vecchio, e con molti strani disegni e pendoli.
    - Forse è meglio se prendi qualcos'altro, tipo vestiti, biancheria... hai capito no? - le proposi.
    - Non hai tutti i torti. - rispose, e si mise a riempire una borsa da viaggio blu con tutto ciò che poteva servirle.
    Tornammo indietro facendo un'altra strada per non destare sospetti o non essere seguiti, quando entrammo nell'appartamento Valentine si mise sul divano a studiare il suo libro. Non disse una parola, era così assorta che quando uscii per andare a lavoro nemmeno mi ascoltò.
    Il vento cominciava a farsi più forte, e il cielo era coperto segno che stava per arrivare un grosso temporale. Nonostante il maltempo le strade del Quartiere Francese erano ancora piene di gente, molti di loro erano turisti o figli di papà che volevano divertirsi, ma in ogni caso era proprio quella la caratteristica che più adoravo del Quartiere, i mille colori e la folla eterogenea che lo rendeva vivo.
    Arrivai al locale, mi cambiai con la divisa da lavoro nel bagno delle donne e cominciai preparare il banco a servire i primi clienti. Ogni tanto qualche ragazzo ubriaco cercava di allungare le mani, ma tra le arti marziali che avevo imparato e i buttafuori riuscivo sempre a cavarmela con poco, e poi la politica del Madame Missy era “ammirare ma non toccare, soprattutto le bariste” il che mi dava il diritto di prendere a ceffoni chi faceva il porco. Se ve lo steste chiedendo, sì mi divertivo un mondo in quel posto. Quando cominciò a piovere la gente affollò il locale, era sempre così ogni temporale, le persone che stavano fuori entrano nei locali per cercare riparo, e questo era buono per gli affari e per le mance, molto meno invece per il lavoro in se visto che non si riusciva a passare con le ordinazioni al tavolo. Era divertente e spossante allo stesso tempo.
    Finii il turno a notte fonda quando ancora stava piovendo, chiesi al proprietario un ombrello per tornare a casa e mi incamminai. Presi una strada più diretta possibile usando vari vicoli stretti e bui, andavo veloce non solo per colpa della pioggia ma perché mi sentivo seguito. Entrai nell'ennesimo vicolo buio, proseguii fino a metà, mi fermai e mi girai di scatto. Una figura nera col cappuccio era immobile all'entrata del vicolo, tirò fuori qualcosa dal giubbotto e cominciò ad avvicinarsi.
    - Chi diavolo sei? Che cosa vuoi da me? - urlai.
    La figura continuò a camminare - Empia è la donna, partorente di vili passioni. Guardati dalla strega, ingannatrice, prostituta del Diavolo. Prega per la tua anima, in gloria di Dio - disse la figura, era una voce maschile adulta. Quello che aveva in mano era un machete.
    Abbassai l'ombrello sapevo chi era - Ma quanti ne hai di quelli? - feci guardando il machete.
    - Quando combatti contro un abominio devi essere pronto a tutto, anche ad uccidere degli innocenti. - mi rispose fissandomi con occhi invasati.
    Chiusi l'ombrello, la pioggia era così fitta che mi inzuppai subito - Quindi vuoi uccidere Valentine, perché? Solo perché è una strega? - .
    - Perché lo dice Dio! - mi urlò furente.
    Mi corse incontro brandendo l'arma e menando un fendente che io parai con l'ombrello, ne menò un altro dalla parte opposta che parai. Con l'alta mano, cercai qualcosa da usare, qualsiasi cosa. Lui riuscì a sferrarmi altri tre fendenti dall'alto, ormai l'ombrello era diventato inutilizzabile e stava per spezzarsi definitivamente, barcollai all'indietro e urtai dei bidoni di latta. Istintivamente presi il coperchio di uno dei bidoni e lo usai come scudo, la lama si conficcò nel metallo dandomi la possibilità di disarmarlo. Usai il manico ricurvo dell'ombrello per agganciare la caviglia dell'uomo e spingendolo con lo scudo improvvisato. Funzionò, lui cadde a terra.
    - Tu, dannata puttana, andrai all'inferno e brucerai come meriti! - imprecò estraendo un altra lama da dietro la schiena e si alzò.
    Indietreggiai di qualche passo, notai il machete ancora incastrato nel coperchio, lo staccai con uno strattone secco, stranamente avere quella lama in mano mi dava una sicurezza fredda e calcolatrice, insomma sapevo come usarlo al meglio - Quello che si merita di bruciare... sei tu. - .
    Lui era furioso, urlò con tutta la voce che aveva e scatto in avanti, io parai il fendente con lo scudo e usando una rotazione del piede girai di trecentosessanta gradi abbassandomi e menando una stoccata al fianco destro del mio avversario, lui indietreggiò di alcuni passi lasciando una scia di sangue sull'acqua che scorreva verso il tombino.
    Arretrai anch'io cambiando guardia in modo da avere lo scudo davanti e la lama dietro, rimasi immobile, l'uomo sembrava stupefatto - Nessuna... nessuna esitazione... tecnica impeccabile... non è possibile, voi... voi siete estinte! Vi abbiamo sterminate tutte secoli... secoli fa! - blaterò dolorante.
    Non dissi nulla, non volevo dire nulla, non mi interessava niente di quelle stronzate, volevo solo che se ne andasse. Scrollò la testa come per cacciar via pensieri idioti e si scagliò di nuovo contro di me urlando - Dio lo vuole! -.
    Schivai tre colpi con movimenti precisi e ponderati, e ne parai altri quattro con altrettanta maestria, era furioso e non si sarebbe fermato, parai l'ennesimo colpo ed entrai nella sua guardia e gli conficcai la lama del machete nel cranio attraverso la mandibola. Rimase immobile, poi fece qualche spasmo, aveva gli occhi infuori e la lingua sbavava sangue e bava diluiti dall'acqua della pioggia. Estrassi la lama con un movimento netto, il sangue fuoriuscì a fiotti copiosi inzuppandomi la felpa. Il corpo cadde all'indietro con un tonfo su una pozzanghera.
    Feci due passi indietro, lasciai cadere il coperchio del bidone, feci altri tre passi verso il muro, mi appoggiai e scivolai giù, mi tremavano le gambe, non smisi mai di fissare il corpo inerte.
    Rimasi lì per alcuni minuti, non pensai a niente, poi guardai l'arma che avevo in mano sporca di sangue “Ho ucciso una persona!” pensai. Lasciai cadere il machete, mi rannicchiai e mi misi a piangere.


    Edited by Aaron O'Neal - 13/3/2015, 00:52
     
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  2. Aaron O'Neal
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    Non vi piace??? :(
     
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    Allora, la storia di fondo è interessante, ma ci sono alcune cose che vanno aggiustate. Innanzitutto, rileggi il testo perché in alcune frasi hai saltato delle parole e il senso e un po' vacuo. Poi, il fatto che la protagonista accetti che Valentine è una strega così facilemnte, nonostante quanto le è accaduto, è un po' troppo sbrigativo secondo me.

    Terza cosa:

    CITAZIONE
    Non vi piace??? :(

    Se non vieni commentato, è per mancanza di tempo o nessuna voglia dimettersi a leggere. Qui non si obbliga nessuno a fare qualcosa, lo si fa volentieri con piacere.
     
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  4. Aaron O'Neal
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    Va beh, come non detto!!
    Non posterò più nulla di questo racconto...
     
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    Non ho detto di non postare più, solo di non pretendere di essere letto per forza.
     
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  6. Aaron O'Neal
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    Si ma se io posto qualcosa è perché mi piacerebbe avere l'opinione delle persone e magari l'aiuto su individuare alcuni errori, non per il gusto di vedere postato un mio racconto, per quello ci sono i blog.
     
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    Leggerò il tuo racconto più tardi, in giornata.
    Ti segnalo comunque due cose:

    1) esiste un topic in cui puoi linkare i tuoi racconti per pubblicizzarli, dato che non mi sembra che tu ne abbia nemmeno usufruito, metterti a lamentarti perché non vieni commentato non mi pare il più maturo dei comportamenti;

    2) nessuno ha l'obbligo di leggere o commentare uno specifico testo, se ci sono persone di cui ti piacerebbe avere il parere, magari se hai confidenza con loro potresti contattarle in privato e chiedere loro se vogliono darti un consiglio, magari offrendoti di ricambiare commentando qualcosa di loro.
     
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  8. johnes
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    Non possiamo obbligare nessuno a leggere i nostri scritti. Se qualcuno vuole farlo, lo fa.
    La storia mi sembra carina, anche se confusa in alcuni punti. E condivido ciò che ha detto aster sul fatto di Valentine.
     
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    L'idea mi sembra interessante, mentre sulla narrazione personalmente avrei preferito che tutta la storia del nostro/della nostra protagonista non venisse spiattellata per filo e per segno all'inizio, ma che magari la si scoprisse a poco a poco nel corso delle vicende.

    Inoltre trovo che il momento successivo all'aggressione del primo tipo col machete sia un po' frettoloso. Entrambe si comportano come se fosse capitata una cosa normalissima, tanto che dopo si mettono a mangiare così come se niente fosse... secondo me questo passaggio sarebbe un po' da rivedere.

    Ti consiglio inoltre di rileggere, perché ci sono, a volte, dei tempi verbali che non concordano gli uni con gli altri.

    Ultime osservazioni:
    CITAZIONE
    In realtà mi chiamo Erik Crane, e no, non sono un discendente di Ichabod Crane,

    Scusa l'ignoranza, ma discendente di chi? o.O Da come viene citato sembra che sia un personaggio parecchio nazionalpopolare che tutti dovrebbero conoscere. Forse dovresti dare qualche indicazione in più.

    CITAZIONE
    Era una notte fredda di gennaio, per quanto poteva esserlo nel Golfo del Messico

    Se non è una notte fredda, perché fare questo giro di parole? Potresti dire che è una notte fresca, o qualcosa del genere.

    CITAZIONE
    Io mi guardai attorno, l'unica cosa utile che vidi fu un vecchio pezzo di trave, lo presi e mi portai dietro all'uomo silenziosamente, gli diedi un colpo secco alla nuca. L'uomo rimase immobile per un secondo, poi cadde a terra tramortito. Presi il machete lo portai vicino a un muro, lo conficcai tra due mattoni e lo piegai varie volte finché non si spezzò. Andai dalla ragazza, la presi per mano e la accompagnai di nuovo sulla Philip.
    - Tu... tu sei la barista... - mi fece lei ancora affaticata.
    - Sì, e ti ho appena salvata da un maniaco! - le risposi cercando di mimetizzarci nella folla.

    Quale folla?
    Non mi risulta che ci fosse qualcuno.
     
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    In realtà mi chiamo Erik Crane, e no, non sono un discendente di Ichabod Crane,

    Scusa l'ignoranza, ma discendente di chi? o.O Da come viene citato sembra che sia un personaggio parecchio nazionalpopolare che tutti dovrebbero conoscere. Forse dovresti dare qualche indicazione in più.

    È il personaggio protagonista della serie TV Sleepy Hollow.
     
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  11. Aaron O'Neal
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    CITAZIONE (Milù Sunshine and her Evil Twin @ 3/3/2015, 23:38) 
    L'idea mi sembra interessante, mentre sulla narrazione personalmente avrei preferito che tutta la storia del nostro/della nostra protagonista non venisse spiattellata per filo e per segno all'inizio, ma che magari la si scoprisse a poco a poco nel corso delle vicende.

    Inoltre trovo che il momento successivo all'aggressione del primo tipo col machete sia un po' frettoloso. Entrambe si comportano come se fosse capitata una cosa normalissima, tanto che dopo si mettono a mangiare così come se niente fosse... secondo me questo passaggio sarebbe un po' da rivedere.

    Ti consiglio inoltre di rileggere, perché ci sono, a volte, dei tempi verbali che non concordano gli uni con gli altri.

    Ultime osservazioni:
    CITAZIONE
    In realtà mi chiamo Erik Crane, e no, non sono un discendente di Ichabod Crane,

    Scusa l'ignoranza, ma discendente di chi? o.O Da come viene citato sembra che sia un personaggio parecchio nazionalpopolare che tutti dovrebbero conoscere. Forse dovresti dare qualche indicazione in più.

    CITAZIONE
    Era una notte fredda di gennaio, per quanto poteva esserlo nel Golfo del Messico

    Se non è una notte fredda, perché fare questo giro di parole? Potresti dire che è una notte fresca, o qualcosa del genere.

    CITAZIONE
    Io mi guardai attorno, l'unica cosa utile che vidi fu un vecchio pezzo di trave, lo presi e mi portai dietro all'uomo silenziosamente, gli diedi un colpo secco alla nuca. L'uomo rimase immobile per un secondo, poi cadde a terra tramortito. Presi il machete lo portai vicino a un muro, lo conficcai tra due mattoni e lo piegai varie volte finché non si spezzò. Andai dalla ragazza, la presi per mano e la accompagnai di nuovo sulla Philip.
    - Tu... tu sei la barista... - mi fece lei ancora affaticata.
    - Sì, e ti ho appena salvata da un maniaco! - le risposi cercando di mimetizzarci nella folla.

    Quale folla?
    Non mi risulta che ci fosse qualcuno.

    Ok vedrò di correggere.
    1 Ha già risposto Aster
    2 E no non potevo dire che è fresca perché in dicembre in quel periodo ci sono dai 7 ai 10 gradi di notte, e dai 12 ai 16 di giorno.
    3 Errore, lo correggo.
    Grazie mille per le segnalazioni di errori.
     
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    Concordo con la 2.
     
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    Prego. ^^

    1. Allora credo che sia meglio specificare "Crane della serie Sleepy Hollow", perché sicuramente il nome della serie è più conosciuta rispetto al suo personaggio;
    2. a maggior ragione 7/8 gradi di notte e 12/16 di giorno è tutt'altro che freddo...
     
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  14. Winter Were
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    La narrazione è valida, però, oltre ai punti già segnalati, vorrei aggiungere che:
    1) Se mi dovessi trovare nel corpo di una ragazza così senza preavviso, non lo accetterei di buon grado, o perlomeno non subito
    2) Per l'ultima parte: scusa, ma io vedo una visione un po' maschilista del fatto che siccome è una femmina può piangere. Dopotutto anche i maschi piangono e inoltre non c'è nessuno in giro, quindi non ne andrebbe nemmeno dell'orgoglio.
    3) Perché una strega dovrebbe spiattellare così su due piedi ad una persona la sua identità? Okay che la ha salvata, ma non è troppo imprudente? Tanto vale posizionarsi su un palazzo di notte con un'insegna luminosa che recita "Streghe qui!"

    Poi, i miei interrogativi: "Perché quelli come lei si sarebbero dovute estinguere?È una strega? E che tipo?" XD

    Buona la parte dei combattimenti e il tutto devo dire che, difetti a parte, mi è parso molto scorrevole
     
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    1. Allora credo che sia meglio specificare "Crane della serie Sleepy Hollow", perché sicuramente il nome della serie è più conosciuta rispetto al suo personaggio;

    Vero :D
     
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363 replies since 28/2/2015, 21:25   1796 views
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