Prontuario di metrica norrena

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  1. Giovambattista Marino
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    Premessa: la pronuncia (semplificata) dell'antico norreno

    Vocali
    a/á = a; la a accentata si legge "au"
    e/é = e chiusa
    i/í = i; la i accentata si legge "ui"
    o/ó = o chiusa
    u/ú = u
    j = i
    y/ý = ü lombarda
    ö = ö tedesca
    ae = e aperta

    Consonanti
    b = b
    d = d
    ð (maiuscolo Ð) = dh (dolce, come nell'inglese "that)
    þ = th (duro, come nell'inglese "think)
    f = f; se tra due vocali o all'inizio di parola si pronuncia v
    g = g dura
    h = h aspirata
    l = l
    k = c dura (g a fine di parola: "ok" diventa "og")
    m = m
    n = n
    p = p
    r = r arrotata come nelle lingue germaniche moderne (quindi caricata: "rrr" non una semplice r)
    s = s
    t = t
    z = z dolce

    LA METRICA NORRENA

    Poco si conosce, come del resto della letteratura e della cultura nordica, della metrica dell'antico norreno. I principali studi si devono ai germanisti dell'800, e in particolare ad Eduard Sievers, che cercò di dare un ordine alla complessa e in gran parte sconosciuta metrica germanica.
    Ciò che si sa è che la metrica germanica e tutte le sue derivazioni (alto tedesco, anglo-sassone e norreno) è "allitterativa": la metrica allitterativa è una tipologia particolare di metrica, che si basa su quella accentuativa ma che trova la propria struttura fondamentale nelle allitterazioni (esattamente come la metrica latina arcaica, anche se questa è quantitativa), e non ha schemi fissi come quella greco-latina, il che la rende di difficilissima interpretazione.

    Regole dell'allitterazione e dell'accentuazione

    L'allitterazione nella poeisa norrena avviene soltanto al primo suono di una sillaba accentata (ad esempio: "jotna" solo la j può allitterare). Inoltre le vocali allitterano TUTTE tra loro (compresa la j, che è considerata vocale, in quanto si legge "i"): come notava giustamente Tolkien nei suoi scritti "nei versi germanici l'allitterazione non si riferisce alle lettere, ma ai suoni, ragione per cui spesso l'accordo fonetico non risulta subito evidente" Infine i fonemi sp/sk/st allitterano solo con i propri simili (quindi sp-sp/sk-sk/st-st).
    L'accento in antico norreno è SEMPRE sulla prima sillaba (anche se qui ho qualche dubbio: non esistono, a quanto ne sappia, regole come il trisillabismo, che non permette di arretrare l'accento a più di tre sillabe; in questo modo alcune parole, di 5 o 6 sillabe, anche se sono poche, risultano piuttosto difficili da leggere). In poesia solo alcune parole hanno l'accento, altre no:
    - Nomi, aggettivi, avverbi e verbi sì
    - Pronomi, preposizioni, congiunzioni no
    L'allitterazione in poesia ci rivela la posizione dell'accento, dal momento che l'allitterazione avviene solo in parole accentate. Ad esempio, nei primi quattro versi della Voluspa, il primo canto dell'Edda (maggiore raccolta poetica norrena) si ha:
    Hljòðs bið ek àllar / hèlgar kìndir,
    mèiri ok mìnni / mögu Hèimdallar
    (le allitterazioni le ho segnate in rosso)

    I metri principali

    Nella poesia norrena non esiste il concetto di strofa e verso, poichè molte volte sono la stessa cosa. Possiamo ad esempio costruire versi di 1 riga sola, di 3 o persino di 7 (anche se non ci sono virtualmente limiti). Caratteristica fondamentale di tutti i metri norreni è la compiutezza (concetto molto simile agli "endecasilalbi aurei" e alle "ottave auree" dell'Ariosto): ogni verso, per quanto corto, ha senso compiuto, gli enjambement sono rarissimi tra una riga e l'altra (e comunque non oltre le due righe: ciò significa che in massimo due righe la frase deve avere senso compiuto). Inoltre, ad aumentare ancora di più quell'effetto a "lingua battente su un tamburo" di cui Tolkien parla a riguardo della poesia norrena, ogni metro norreno è diviso in due emistichi identici da una cesura a metà verso.
    I metri norreni si dividono in due tipi: la metrica eddica (cioè quella usata nell'Edda di cui ho parlato sopra), più semplici e lineari, accomunabili alla metrica "basilare" greco-latina dell'esametro, del distico elegiaco e del trimetro giambico; e la metrica scaldica (quella degli scaldi, i raffinati poeti di corte nordici), molto complessa e ancora più oscura.
    I metri norreni non hanno uno schema fisso di sillabe: un verso ne può contenerne da 4 a 9 tra accentate e non accentate.

    METRI EDDICI:

    - Fornyrðislag
    Letteralmente "metro delle cose antiche". E' il metro più usato in assoluto, corrispondente dell'esametro, ed è il metro epico.
    Un verso è formato generalmente da 4 righe definite "lunghe" (quelle "corte" le vedremo dopo), cioè composto da due semirighe tradizionali con cesura in mezzo ( . . . . | . . . . . ); ricordo che il verso "canonico" ha 4 righe, ma non c'è assolutamente alcun limite al numero di righe per strofa, per cui si possono trovare fornyrðislag anche di 7 o 8 righe ciascuno. Ogni semiriga ha 2 sillabe accentate, per un totale di 4 per riga.
    Qui viene la parte difficile: la terza sillaba accentata di ogni riga lunga (cioè la prima di ogni seconda semiriga) è definita "sillaba principale" (hofuðstafr), e allittera con la prima e/o con la seconda sillaba accentata della semiriga precedente (chiamate "stuðilar", cioè "sostegni").
    Perciò si ha:

    Hljòðs bið ek àllar / lgar kìndir,
    iri ok nni / gu Hèimdallar

    Nella prima riga la sillaba principale è "hè"lgar (la terza sillaba), che allittera con Hljods (la prima sillaba). Nella seconda riga la principale è "mò"gu, che allittera con entrambe le precedenti meiri e mìnni.

    - Màlahàttr
    "Metro dei canti", utilizzato nelle parti cantate. E' molto simile al precedente, ma è più musicale grazie a due accorgimenti: la sillaba principale allittera obbligatoriamente con entrambe le precedenti (nel fornyrðislag era opzionale), e nella seconda semiriga è inserita, prima della sillaba principale, un'anacrusi, cioè una sillaba atona che non rientra nel computo metrico nè allittera.

    Dàl er dvèrga / ì Dvàlins lìði
    Liòna lìndum / til Lòfars tèlja.

    - Ljoðahattr
    Secondo metro più importante per utilizzo, è il "metro strofico" utilizzato in due casi: a volte nelle parti discorsive, e più spesso nelle parti gnomico sentenziose e talvolta magiche (è il metro delle formule magiche ad esempio). E' accomunabile come forma al distico elegiaco.
    Un verso è formato sempre da 4 righe, ma questa volta 2 lunghe e due brevi alternate (come nel distico elegiaco si ha esametro+pentametro). Nelle righe lunghe, come nel Fornyrðislag a cui è esattamente identico, ci sono 2 sillabe accentate per emistichio (quindi 4 in totale), mentre nelle righe brevi ce ne sono 3 accentate. Le righe brevi non hanno cesura (caso unico nella metrica norrena), e due delle tre sillabe accentate, a scelta, allitterano tra loro.

    àr skal rìsa / saer ànnars rìll
    fè eða fèor hàfa

    I metri norreni, come già detto, non hanno un numero di righe fissato, per cui potenzialmente ogni strofa (che, ricordiamo, è un singolo verso) è libera di averne quante se ne vuole. Le principali varianti si hanno nel Ljoðahattr (poichè nel fornyrðislag e nel malahattr avviene, generalmente, soltanto l'aggiunta di righe). Le due varianti principali attestate nell'Edda sono:

    - Variante A: 1 verso lungo e da 3 a 6 versi pieni (anche se, ripeto, il limite non è per nulla fissato: il massimo che si raggiunge nell'Edda è 6)
    -Variante B(1): 1 lungo+2 brevi+1 lungo e 1 breve alternati+ (opzionale) 1 lungo e un breve alternati
    B(2):1 lungo+2 brevi+1 lungo e 1 breve alternati+ (opzionale) 3 brevi

    METRI SCALDICI:

    - Drottkvaettr
    Vedremo soltanto questo, poichè gli altri sono talmente complessi e oscuri da risultare incerti. E' il "metro raffinato" utilizzato dagli scaldi nelle loro composizioni. E' un metro stranamente preciso, nella sua complessità, differente dai precedenti le cui regole sono molto più vaghe.

    Laetr sar Hàkun hèitir / hànn rekkir lið bànnat,
    jorð kann frelsa fyrðum / friðrofs, konungr, òfsa.
    Sjalfr raeðr àllt ok èlfar / ùngr stillir sa mìllir
    gràmr a gìft at fremi / Gàndvikr jòfurr land.

    Un verso è composto da 4 righe lunghe, ogni riga ha 12 sillabe (6 per semiriga). La sillaba principale allittera con entrambe le precedenti. Ora arriva la parte difficile: in ogni prima semiriga l'ultima parola ha le stesse consonanti dopo la prima vocale di un'altra parola a scelta ( fyrdum-jord, elfar-sjalfr). Infine in ogni seconda semiriga l'ultima parola ha la stessa prima vocale e le consonanti a seguire di un'altra parola ( ofsa-friðofs, bannat-hann)

    Gli schemi accentuativi della metrica germanica

    Il sopracitato filologo tedesco Eduard Sievers è stato uno dei grandi studiosi germanisti dell'ottocento, e su lui si basano la maggior parte delle nostre conoscenze in merito di metrica germanica (oltre che al buon Tolkien, altro fine germanista). Egli individua 5 schemi ritmici di base che ricorrono in tutta la poesia germanica, dall'anglosassone alla nordica: questi schemi si basano su caratteristiche tipiche delle lingue germaniche, cioè lunghezza e intensità della voce (essendo infatti le lingue germaniche molto più legate all'oralità che alla parola scritta, rispetto alle lingue classiche). Ogni semiverso può essere idealmente dotato di un valore pari a 10, suddiviso tra ogni sillaba, che può essere forte (se è una lunga accentata) o debole (se non è acentata o ha un accento di bassa intensità). Gli schemi base individuati da Sievers sono:

    A) Discentente-discentente (ritmo dattilico): knìghts in àrmour
    4 1 4 1
    B) Ascendente-ascendente (ritmo giambico): the ròaring sèa
    1 4 1 4
    C) Contrapposizione: on hìgh mòuntains
    1 4 4 1
    D) Caduta -(a) per gradi: brìght àrchángels
    4 3 2 1
    -(b) brusca: bòld bràzenfáced
    4 3 1 2
    E) Discesa-ascesa: hìghcrésted hèlms
    4 2 1 3
    A, B, e C hanno un egual numero di piedi, ciascuno dei quali contiene una battuta ascendente e una discendente; D ed E hanno un numero di piedi ineguali: uno di essi consiste in una sola battuta ascendente, l'altro ha inserito un accento secondario (indicato con l'accento acuto). Il verso è così essenzialmente costruito dall'equilibiro di due blocchi equivalenti. Tali blocchi possono essere diversi per schema e per ritmo, come spesso sono. Di conseguenza non c'è un tono o un ritmo comune che sia condiviso da più versi (al contrario dei rigidi e prefissati schemi ritmici della metrica classica) per il solo fatto che essi sono scritti nello stesos metro. L'orecchio di chi ascoltava non doveva aspettarsi di udire nulla di simile, ma doveva badare alla forma e all'equilibrio dei due emistichi. Così the ròaring sèa ròlling làndward non è un verso perchè contiene un ritmo prefissato, ma perchè nasce dall'equilibrio di B+A.
    Ricordo comunque che nella metrica norrena il numero di sillabe non è fissato: un semiverso può anche avere 7 o 8 sillabe, tra accentate e non accentate: il limite di 10 per semiverso dunque è arbitario, e si riferisce a versi di base con solo 4 sillabe. Così gli schemi di accenti possono mutare, e di conseguenza anche le intensità degli accenti, come segue ( / è una sillaba accentata, x è atona, x́ ha un accento secondario di minore intensità):

    A) / x / x - / x x x / x
    B) x / x / - x x x / x x /
    C) x / / x - x x x / / x x

    D ed E possono anche mutare sede degli accenti secondari a scelta:
    D) / / x́ x - / / x x́
    E) / x x́ / - / x́ x /

    Il "Lai dei Volsunghi" di J.R.R Tolkien: un esempio moderno di metrica norrena


    Scrivo qui di seguito una stanza dall'eccellente La leggenda di Sigurd e Gudrun, di Tolkien, pubblicato dal figlio Christopher nel 2009: si tratta di un poema, scritto in metrica norrena (fornyrðislag) adattata all'inglese in modo magistrale, che ritratta dal punto di vista poetico una nota leggenda germanica, quella di Sigfrido e Brunilde e dei Nibelunghi (riscritta poi nel tardo Medioevo in Germania in quello che sarà il Cantare dei Nibelunghi; qui Tolkien, da scandinavista qual era, segue la tradizione norrena del mito, così come anche per i testi e la metrica).

    Of òld was an àge / whèn was èmptiness,
    there was sànd nor sèa / nor sùrging wàves;
    unwròught was Èarth / unròofed was Hèaven -
    an àbyss yàwning, / ànd no blàde of gráss.

    v.1 B+A
    v.2 B+B
    v.3 B+B
    v.4 B+E
    (Da notare la spiccata tendenza, almeno in questa strofa verso il ritmo giambico, tra tutti il più vicino alla lingua inglese, tanto che il metro principe della poesia inglese fin dai primordi è sempre stato il hyambic pentameter, il pentametro giambico).

    Edited by Giovambattista Marino - 22/9/2013, 16:56
     
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