Alex Fedele - A detective story

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    CITAZIONE (The Aster @ 14/7/2013, 15:03) 
    CITAZIONE
    Stavamo mettendo a posto le ultime cose, ma la voce della ragazza risuonò nell’aria, piena di un assordante silenzio.

    secondo me se sostituisci quel ma con quando la frase suona meglio.

    CITAZIONE
    Dopotutto ero in quella

    metti la virgola dopo dopotutto.

    CITAZIONE
    La verità è che però la curiosità mi mangiava vivo.

    la frase mi stona, ho provato a rileggerla più e più volte e non la vedo giusta. Che ne dici di cambiarla in: In realtà. la curiosità mi stava mangiando vivo.

    CITAZIONE
    Indagare …

    non ci vuole lo spazio tra una parola e i tre puntini

    CITAZIONE
    e continuò:

    potevi benissimo mettere il punto.

    CITAZIONE
    imparerà la base del mestiere

    le basi

    CITAZIONE
    mi disse agitando vorticosamente il coltello con cui tagliava il filetto. «Posso farlo anche a te?» mi chiese con un ghigno che non mi piacque affatto.

    quando puoi cerca di evitare le ripetizioni di mi disse mi chiese mi domandava etc...
    CITAZIONE
    l’essere sfrontato stato sfrontato

    error

    CITAZIONE
    voltandoti spalle alla tv

    voltando le spalle

    CITAZIONE
    sia stato passata il rasoio

    passato

    CITAZIONE
    dissi loro mostrandoli

    mostrandogli

    CITAZIONE
    Per quella notte Andrea insistette per voler dormire con me

    togli il primo per


    Adesso comincia a piacermi. L'aver dato a Alex le capacità di holmes mi ha reso contento. E po, il fratello geniaccio che gli ha costruito quell'orologio... geniale.

    Grazie mille per le puntualizzazioni :) , è molto importante per me. Sono felice che il progetto cominci a piacerti.
     
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    Ho trovato stupendo questo aggiornamento! *_______* Quando il protagonista inizia a rivelare tutte quelle cose su Bianca e Flavio l'ho trovato semplicemente epico! u.u

    Bianca che snobba la Christie?! :angry: Ciò non mi soddisfa! U.U
    :P :P :P :P :P
     
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  3. Melvin II
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    I primi due file mi sono piaciuti. La figura dell'ex poliziotto divenuto detective intringa. l'ambiente è ben descritto. personalmente vedo molto del commisario Maigret!.
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/7/2013, 19:05) 
    Ho trovato stupendo questo aggiornamento! *_______* Quando il protagonista inizia a rivelare tutte quelle cose su Bianca e Flavio l'ho trovato semplicemente epico! u.u

    Bianca che snobba la Christie?! :angry: Ciò non mi soddisfa! U.U
    :P :P :P :P :P

    Grazie mille :) in giornata vado avanti con la pubblicazione, voglio almeno avere continuità di pubblicazione per il primo caso. Continua a seguirmi se vuoi :)

    CITAZIONE (Melvin II @ 15/7/2013, 10:25) 
    I primi due file mi sono piaciuti. La figura dell'ex poliziotto divenuto detective intringa. l'ambiente è ben descritto. personalmente vedo molto del commisario Maigret!.

    Grazie mille, Melvin! Continua a seguirmi se vuoi. Interessante l'analogia con Maigret :)
     
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    FILE 4. Inizia l'avventura



    La mattina dopo, quando percorsi la rampa di scale per arrivare in salotto prima e in cucina poi, Bianca era già di fretta e ci salutò con un cenno veloce scomparendo dietro la porta di mogano.
    «Dove va così di fretta?» domandai a Flavio.
    «Una sua amica le ha chiesto di aiutarla con un progetto o qualcosa del genere» rispose con tutta la diffidenza di questo mondo.
    Poi, bevuto un sorso di caffè, continuò. «Andrea non deve andare a scuola?»
    «No, per ora no. Di comune accordo con la mia famiglia abbiamo deciso di fargli passare la prima settimana a spasso. Così, per farlo ambientare meglio. Per un bambino è più difficile».
    «Capisco …».
    Facemmo colazione in un silenzio abbastanza fastidioso, interrotto solo dall’inevitabile fruscio delle pagine del quotidiano che Flavio stava leggendo. Aggredendo un biscotto, pensai che io e quell’uomo non avevamo davvero niente in comune. Poi un suono, un repentino trillo di un telefono e poi altri tre, prima che il padrone di casa si alzasse e andasse a controllare il telefono fisso.
    «Pronto?» disse sollevando la cornetta. Poi si fermò e con lo sguardo arrabbiato riagganciò, venendo ben presto a sedersi di nuovo a tavola.
    «Scherzi da quattro soldi …». Ci accorgemmo presto, però, che il trillo continuava.
    «Guarda che forse è quello dell’ufficio …» osservai.
    Allora si alzò di scatto, buttando il giornale a terra. Quasi rovesciò la tazzina di caffè e litigò animosamente con il mazzo di chiavi, reo di non voler aprire la porta del suo ufficio, peraltro ermeticamente sigillata da lui stesso la sera prima.
    «Agenzia investigativa di Flavio Moggelli. La ascolto, dica pure».

    Rimase al telefono per circa cinque minuti buoni. La maggior parte del tempo la passò ad annuire, visto che non si sentiva la sua voce. Poi di colpo entrò in cucina e fissandomi disse:
    «Tu non volevi fare il detective?».
    Con un biscotto ancora tra i denti bofonchiai: «Sì, perché …?».
    «E’ ora di andare. Inizia l’avventura, ragazzino!».
    «Ma … proprio adesso?».
    «Cosa credi?! Che i criminali aspettino che tu abbia finito la colazione per commettere le loro malefatte? Muoviti e vieni con me!».
    «E Andrea?!».
    «Portalo con noi, non c’è altra scelta! Ripeto: Sbrigati!».
    Di corsa andai al piano superiore, svegliai mio fratello in modo abbastanza brusco, mentre lui mi chiedeva a più riprese cosa stesse succedendo. Naturalmente non potei rispondergli in modo dettagliato, ma credo comunque che capì che era stato svegliato per un motivo abbastanza importante.
    Cosa? Immaginate che un bambino come Andrea possa impressionarsi sulla scena di un crimine? Allora non conoscete per niente mio fratello. A cinque anni vantava la visione dei migliori capolavori dell’horror. Era appassionato di tutte le serie televisive che parlavano di crimini, omicidi o comunque in cui si facesse largo uso di sangue, esplosioni e violenze.
    Inoltre aveva sempre desiderato lavorare, proprio come me, in questo mondo. Per lui era bello respirare l’aria elettrica che si veniva a creare con un caso, riuscire a starci, anche senza parlare. Insomma, voleva stare lì, vedere come facevano detective e poliziotti a risolvere i casi più difficili. Praticamente un contrabbandiere in formato small.

    Prendemmo la macchina di Flavio e lui, mettendosi al volante, sfrecciò in quella fresca mattina autunnale come un pilota di Formula Uno. Ci dirigemmo verso il centro e per me, che non avevo mai visitato una grande città come Torino, fu una sorpresa ritrovarmi affascinato dal continuo brulicare di persone che incessantemente popolavano le poco respirabili strade di quella metropoli.
    «Di cosa dobbiamo occuparci?» domandai curioso.
    «Di cosa devo occuparmi, semmai» precisò indisponente. «Non cominciare a portare fretta, il fatto che tu abbia risolto qualche caso nella tua città non fa di te un detective. Osserva e impara come da accordi».
    «Quindi non devo …»
    «Bravo. Non devi toccare, fare nulla. Pensa solo a badare al tuo fratellino e tieni gli occhi aperti. Ti chiamerò io se avrò bisogno di verificare le tue opinioni in proposito, d’accordo?».
    Rimasi zitto e annuii leggermente.
    «Comunque,» riprese a parlare «La chiamata è di un noto studio legale della città. Pare abbiano trovato il cadavere di un avvocato».
    «Ricevuto».

    Arrivati di fronte ad una palazzina color grigio chiaro, decidemmo di entrare. Salimmo una rampa di scale che ci avrebbe indirizzati dalla hall fino al piano superiore, dove probabilmente erano situati gli uffici dei legali. Doveva essere uno studio legale molto rinomato e me ne accorsi dall’arredamento, elegante quanto costoso e dall’aria cinematografica. Un enorme lampadario grande quanto una Porsche era sospeso nel corridoio della hall e per un momento temetti di essere finito in una puntata di Law and Order.
    Appena finite le scale ci ritrovammo in una piccolissima saletta d’attesa dove c’erano già tre persone che, per la cronaca, non appena ci videro strabuzzarono gli occhi.
    Uno di loro, un uomo sulla quarantina, era pallido, con i capelli castano chiaro e con degli occhialini da dottore. Ci venne incontro come se noi fossimo Superman e Batman e lui il bambino che deve essere salvato da Joker o da qualsiasi altro cattivo dei fumetti vi venga in mente.
    «Oh, lei deve essere il signor Moggelli! Che gioia vederla!» disse stringendogli animatamente la mano. Poi proseguì. «C’è anche la polizia ed è proprio la squadra capitanata dall’ispettore che mi ha chiesto di rivolgermi a lei. So che avete lavorato a stretto contatto per molti anni».
    «Già, si tratta della prima squadra dei reati diretti contro la persona. Ci porti sulla scena del crimine, la prego».
    In macchina, tra le poche parole, Flavio mi aveva spiegato che i crimini più importanti commessi a Torino erano di competenza di quel team, del quale aveva fatto parte anche lui per molti anni. I reati diretti contro la persona comprendevano omicidi, stalking, furti, molestie e cose di questo genere. La squadra era capitanata dall’ispettore capo Vincenzo Ducato, un uomo che mi era stato descritto come di caratura piuttosto elevata. La squadra era poi composta da altri ispettori, sottoposti a Ducato, e da agenti dotati di particolari abilità, oltre che da un’ulteriore squadra di agenti scientifici esterna.

    «E lei è …» fece Flavio.
    «Oh, certo che sciocco!» disse l’uomo di fronte a noi. «Mi chiamo Oreste Norgi e sono l’assistente della vittima. Lei è Veronica Buondini, segretaria personale dell’ufficio» disse indicando una donna abbastanza giovane con lunghi capelli neri.
    Vidi una donna in fondo alla stanza che piangeva senza freni, così intervenni.
    «Scusi, chi è quella donna in fondo alla stanza che piange?».
    «È la signora Fratti, la moglie della vittima. Come potete vedere è distrutta».
    «Comprensibile …» sussurrò Flavio.
    La donna in questione doveva avere all’incirca sessant’anni, ma grazie all’abile make-up e all’abbigliamento giovanile, ne dimostrava cinquanta. Aveva capelli biondo platino, corti e cotonati, un fisico asciutto e dei lineamenti pesanti accentuati dalle espressioni di dolore che ne dilaniavano sempre di più l’anima.
    «Dov’è la vittima?» domandò Flavio al signor Norgi.
    «Nel suo studio» rispose la segretaria.
    Flavio mi fece cenno di seguirlo e così entrammo nel piccolo, ma elegantissimo studio, che era proprio di fronte a noi. All’interno di esso c’era già una parte della squadra capitanata da Ducato.

    Il primo a guardarci fu proprio Vincenzo Ducato. Lo intuii dall’espressione importante, dallo sguardo tarato dell’uomo che ne ha viste di tutti i colori e anche dalla descrizione fisica che mi aveva fatto in macchina Flavio. L’ispettore doveva avere circa cinquant’anni e, ad un fisico da far invidia, abbinava un look del tutto giovanile composto da capelli corti di colore nero corvino e da una barba, lunga ma curata, che gli avvolgeva il mento e al contempo gli permetteva di incutere un certo timore reverenziale. Lo stesso non si poteva dire per la sua statura, visto che a stento arrivava al metro e sessanta. Vestiva di un lungo cappotto nero scamosciato e sotto di esso aveva abbinato, sapientemente, una cravatta dello stesso colore ed una camicia bianca, linda come la coscienza dei bambini. Al suo fianco vi erano due agenti, uno in giacca e cravatta, dall’aria molto giovane e un altro con una tuta della scientifica.
    «Ispettore!» disse chiamandolo ad alta voce Flavio. Sembrava rancoroso dei vecchi tempi e la sua voce assunse un’accezione nostalgica.
    «Flavio Moggelli … quanto tempo è passato … allora come va?» rispose l’ispettore con voce rauca.
    «Tutto bene, lei invece? Ho sentito che richiedeva la mia presenza».
    «È rimasto tutto come avevi lasciato» e per un attimo ebbi l’impressione che quasi gli scappasse un sorriso. Si ritrasse immediatamente. «Ho saputo che stai per tornare in corsa e … » mi guardò sospettoso «È lui?» gli chiese.
    «È lui» confermò Flavio.
    «Sono io» dissi.
    Ducato lanciò uno sguardo a Flavio. «Spiritoso?».
    «Da spaccargli la faccia».
    Sfoderai il mio miglior sorriso e tesi la mano verso Ducato, ma questi mi guardò e mi disse:
    «Quanto tempo hai intenzione di mantenere quella mano così?».
    La ritrassi e mi accorsi che era simpatico come una nottata ad Alcatraz.
    «Allora ispettore, » continuò Flavio «cos’è successo?».
    «La vittima è un noto avvocato della città. Sua moglie era venuta qui alle otto passate, ora d’apertura dello studio, per portargli il pranzo che aveva dimenticato a casa. Aperto la porta sul retro, ha trovato il corpo del marito ed ha allarmato assistente e segretaria».
    «Chiaro»
    «Secondo la scientifica il decesso è avvenuto verso le sette e quindici del mattino».
    Intervenni incuriosito. «Possibile che in ufficio, nel giro di un’ora, nessuno si sia accorto che la vittima era stata uccisa?» Flavio mi guardò storto.
    «No» rispose ermeticamente l’Ispettore. «Il signor Fratti, avvocato di professione e dalla sfavillante carriera, aveva l’abitudine di arrivare a lavoro sempre un’ora prima, per poter sbrigare l’enorme quantità di lavoro e poter tornare a casa prima la sera. Inoltre, non consentiva a nessuno di entrare nel suo ufficio. I suoi assistenti aspettavano la sua chiamata per entrare ed iniziare il programma della giornata e pare che se qualcuno si azzardasse ad aprire la porta, la vittima reagisse in modo molto violento».
    «Tutto chiaro».
    «Non ti avevo detto di stare zitto?» mi rimproverò Flavio. «Tieni il becco chiuso, ok?» e mi guardò adirato.
    «No, no lascialo fare, forse potrà esserci d’aiuto» disse Ducato. «Deve comunque guadagnarsi il periodo di apprendistato».

    «Mi dica, ispettore» continuò Flavio. «I tre sospetti hanno un alibi?».
    «Chi ti dice che sia stato uno di loro tre? Potrebbe essere stato ucciso da qualcuno entrato dalla porta posteriore che dà sull’ufficio».
    «No» intervenni ancora. «Credo Flavio abbia ragione. La porta è chiusa dall’interno con un chiavistello e non vedo segni di forzatura».
    «Ma l’assassino potrebbe aver avuto una chiave di riserva, non credi? Forse conosceva comunque la vittima, senza che lavorasse con lui» ribatté ancora Ducato.
    «Non credo proprio. Se l’avvocato era davvero così minuzioso e scrupoloso come lei stesso lo ha descritto, dubito che abbia concesso a qualcuno di accompagnarlo a lavoro, visto che trascorreva del tempo in solitario per sbrigare del lavoro». Mi appoggiai alla scrivania. «Né credo che la vittima volesse correre il rischio di essere interrotta a lavoro da chiunque ogni giorno»
    Vidi l’ispettore fare una smorfia poco convinto, poi lo vidi andare da Flavio, avvicinarsi e sussurrare:
    «Ho visto che non lo sopporti …» disse a denti stretti per non farmi sentire.
    «Si vede così tanto?» rispose Flavio nello stesso modo.
    «Sì … e adesso non lo sopporto più nemmeno io».
    «Se la sbrighi lei. E’ stato lei a sostenere che doveva interagire col caso, o sbaglio?».
    «Non credevo che fosse così rompiballe» ultimò con un ghigno bonario.

    «Novato» disse l’ispettore chiamando a sé un giovane agente. Era vestito in giacca e cravatta e non doveva avere più di venticinque anni. Possedeva una capigliatura piuttosto inusuale per un poliziotto, visto che teneva i capelli, visibilmente voluminosi, tirati completamente in su col gel.
    «Dica ispettore».
    «Vai a controllare se le tre persone in sala d’attesa hanno un alibi».
    «Immediatamente, signore».
    Mentre Ducato e Flavio facevano le più disparate ipotesi, cercai di scoprire di più e, mentre stavo esaminando la scena del delitto, tra le urla di Flavio che mi voleva da parte, notai che la porta secondaria dalla quale il signor Fratti era entrato era rovinata sulla parte inferiore, dall’esterno. Parte del legno, infatti, si era scorticato, forse con un oggetto appuntito. Il graffio doveva essere abbastanza recente, visto che non vi erano tracce di sporco che potevano essere state provocate da un probabile temporale.
    L’agente incaricato di verificare gli alibi, portò con sé tutti e tre i sospetti.
    Notai quanto la moglie della vittima fosse molto più alta sia della segretaria che dell’assistente d’ufficio. Questo era dovuto alle vertiginose scarpe a punta dotate, tra l’altro, di un tacco di almeno cinque - sei centimetri. Spiccava come il K2 in un acquario, insomma.
    «Ispettore Ducato, ho chiesto qualcosa, ma è meglio che parlino direttamente con lei» disse l’agente.
    «Ok, grazie Novato. Bene signori, accomodatevi. Uno alla volta ci racconterete cosa stavate facendo al momento del delitto».

    Ducato si sedette alla scrivania della vittima e cominciò ad interrogare Veronica, la segretaria. Veronica doveva essere una ragazza abbastanza giovane. Non aveva sicuramente più di vent’anni. I lunghi capelli neri erano arruffati e consentivano a malapena di inquadrarle il viso e gli occhi, probabilmente sofferenti già per natura e non certo per la circostanza orribile in quale si era inconsciamente trovata.
    «Allora, signorina. Collabori con noi e non avrà problemi» disse Ducato. Flavio annuì, Veronica anche.
    «Voglio che lei mi dica cosa ha fatto … diciamo tra le sette e trenta e le otto e trenta, periodo secondo il quale la scientifica ha accertato che sia avvenuto il decesso».
    Veronica abbassò lo sguardo. Adesso tremava più degli altri, che stavano alle sue spalle e fissavano la scena come ignoti spettatori.
    «Io … sono uscita di casa verso le sei e quarantacinque. Poi mi sono diretta allo studio. Sono entrata come al solito dalla porta principale e sono andata nel mio ufficio a sistemare l’agenda e programmare la giornata del signor Fratti.».
    «Sa dirmi a che ora è entrata nell’ufficio, signorina?» chiese Flavio.
    «Be’… era molto presto … forse potevano essere le sette e quindici, non più tardi».
    «Quindi lei sostiene di essere arrivata al momento esatto in cui è stato commesso l’omicidio. Lei sostiene di essere stata già presente in ufficio quando il decesso è avvenuto. E possibile che lei non abbia udito alcun rumore? Un tonfo, ad esempio?» chiese Ducato.
    «N - no … non credo».
    «Ne è proprio sicura?».
    «Sì, ne sono sicura. Non ho sentito alcun rumore sospetto.»
    «Lei ha un alibi, per quello che dice?» dissi a voce alta.
    «C - come?»
    «Domandavo se per caso, lei ha qualcuno che possa confermare che è uscita di casa alle sei e quarantacinque, che sia arrivata in ufficio alle sette e quindici e così via … ».
    «Sì. Prima di arrivare in ufficio sono rimasta a parlare cinque minuti con la signora che abita qui di fianco. Può chiederglielo. Ogni mattina ci intratteniamo e scambiamo due chiacchiere».
    «Grazie signorina, con lei ho finito, può andare.» disse Ducato. Poi mi guardò perplesso. «Fammi fare il mio lavoro, ragazzo».
    «Ok, mi scusi» lo rassicurai con un sorriso gentile.

    Ducato chiamò il signor Norgi, l’assistente di studio, un uomo che sembrava molto pacifico. La classica persona dalla quale non ti puoi aspettare un crimine.
    «Signor Norgi. Lei è l’assistente dello studio legale. Ripercorra i suoi movimenti. A che ora è arrivato in ufficio?»
    «Verso le sette e trentacinque. Ero in ritardo, stamattina»
    «Può confermare qualcuno per lei?»
    «Certo. Quando sono arrivato, Veronica era in sala d’attesa a sistemare le riviste del signor Fratti e mi ha visto andare in ufficio».
    «Signorina, conferma?» chiese con severità Ducato.
    Veronica annuì con un semplice cenno della testa e scomparve nel pullover color vinaccio che indossava.
    Poi intervenni io. «Ispettore, mi scusi. Posso fare io una domanda al Signor Norgi?».
    «Fai pure … » disse infastidito l’ispettore. «Ma che sia l’ultima volta!» sbottò rabbioso.
    «Pe – perfetto …».
    «Può ripercorrere tutti i movimenti che ha fatto prima di arrivare in ufficio?»
    «Sono uscito di casa».
    «Dove abita?».
    «A due isolati da qui».
    «Non è molto lontano. Come mai ha affermato di aver fatto tardi?».
    «Be’ stamattina la sveglia non ha suonato e così ho fatto qualche minuto di ritardo».
    Qualcuno ci interruppe. La signora Fratti si era alzata di scatto dalla sedia posta vicino alla porta. Nulla poteva fermarla e gli occhi vitrei davano forza immane alla sua voce rotta dal pianto. L’espressione del viso era tremendamente distorta e la bocca, deformata a furia di singhiozzare, si aprì con una repentina movenza delle labbra.
    «Sei solo un volgare bugiardo!» disse rivolgendosi a Norgi. L’assistente si girò di scatto in preda al panico, i suoi occhi si posarono sulla donna in fremito che gli puntava il dito contro. L’ispettore Ducato sembrava spiazzato da quella reazione e così si affrettò a chiedere spiegazioni.
    «Cosa?! Signora, si spieghi meglio!».
    «Quel volgare bugiardo aveva un motivo per uccidere mio marito! Mi dia retta, è stato lui!».
    «Ma cosa sta dicendo? Io non ho ucciso nessuno!» rispose l’imputato nel panico. I suoi occhi erano rossi e gonfi e il pomo d’Adamo ballonzolava sempre di più alla ricerca delle parole giuste da dire.
    «E’ quello che vuoi farci credere, pazzo!» concluse la donna scoppiando in lacrime.
    Ducato guardò storto l’assistente. L’uomo era raggomitolato su se stesso, sulla sedia di fronte alla scrivania sulla quale troneggiava l’ispettore.
    Guardai bene la scena e mi accorsi che la signora Fratti, ormai, piangeva più che parlare, mentre il signor Norgi era molto teso. Dovevate vederlo, scalpitava nella sua posizione, muoveva gli occhi in modo frenetico e si mordeva le labbra come avesse un tic nervoso. Era dunque lui il colpevole?

    La segretaria se ne stava in disparte, con gli occhi da cucciolo, l’espressione di chi non vede l’ora di tirarsi fuori da una situazione di estremo pericolo.
    «Signora,» attaccò Flavio. «la prego di collaborare con noi. Se sa qualcosa di controverso a proposito delle relazioni tra il signor Norgi e suo marito, ce lo dica immediatamente».
    «Il signor Norgi» prese parola la moglie della vittima «aveva avuto una lite furiosa con mio marito solo qualche giorno fa! Paolo me l’aveva raccontata!».
    Tutti guardammo Norgi. Lui guardò noi con un’espressione di pietà e per poco non si mise a piangere.
    «Non le crederete mica, vero?» disse rivolgendosi a Ducato.
    «Be’…».
    «Che cosa?! Ispettore, non può basarsi solo su una testimonianza di una visionaria!».
    «Visionaria io? Lei è un assassino senza nemmeno un po’ di vergogna!»
    «Ah si? Allora se la polizia si basa sulle dichiarazioni di chiunque, vale anche la mia! Alla signorina Veronica, l’avvocato Fratti aveva appena negato le ferie! Anche lei aveva un movente per ucciderlo, non è vero?!» urlò. Poi si rivolse direttamente a Veronica, la segretaria. «Non è forse vero che quei giorni di riposo ti servivano per portare tua sorella in quella clinica di Parigi?».
    Veronica per poco non scoppiava in lacrime. Si limitò a rispondere con la solita timidezza che ci aveva mostrato per tutto il tempo che eravamo stati lì. Nei suoi occhi si leggeva lo sdegno verso Oreste, la sua indignazione per aver di fronte un uomo che sapeva tutto di lei e che aveva scelto di colpirla nel punto debole alla prima occasione.
    «Signor Norgi, queste sono cose personali. Non vorrà …» provò a dire l’ispettore, ma fu suo malgrado interrotto.
    «Ah no! Se qui ci si basa sulle supposizioni di una vipera trasformata in donna, ho il diritto di dire ciò che penso! Senza contare che il signor Fratti si confidava spesso con me e diceva che aveva dei problemi a casa con la moglie che non gli consentivano di lavorare serenamente! Anche la signora avrebbe avuto un valido movente per ucciderlo senza pietà!».
    «Ma come si permette!» La povera vedova si fiondò su Oreste e per fortuna che tra loro c’erano un paio di agenti della scientifica che sedarono la tensione e stemperarono i toni. L’ispettore richiamò all’attenzione tutti sferrando un violento pugno sul tavolo e dicendo che non ci si poteva basare su false verità costruite al solo scopo di liberarsi dai sospetti.
    Poi disse, con il nervosismo in pancia:
    «Signor Norgi. Ci racconti del suo litigio con la vittima. Poi può andare.»
    «Ok. Ma sappiate che non avrei mai potuto ucciderlo come dicono. L’altra sera ho confuso alcune pratiche di lavoro e il signor Fratti ha sprecato per colpa mia un paio d’ore del suo tempo. Così, una volta accortomi dell’errore sono andato in ufficio a comunicarglielo e a scusarmi, ma lui ha reagito violentemente tirandomi addosso un portapenne e dandomi dell’incompetente».
    «Bene, può andare.»
    «Non avrei mai potuto ucciderlo …».
    «Signora Fratti, venga qua per favore» disse Ducato ignorando l’ultima frase dell’uomo.

    Mentre la signora si accomodava, Flavio si voltò verso di me. Ero rimasto a pensare ininterrottamente su quei pochi indizi a disposizione. Perché la porta di legno era sfregiata? Perché Fratti era stato ucciso? E soprattutto, da chi? Stando alle dichiarazioni, tutti avevano un valido movente per ucciderlo, ma la mia logica non poteva agire in quel momento, non senza un altro indizio lampante.
    «Hai qualche idea, pivellino?».
    «Forse … però mi mancano le prove. Ho notato che la vittima è molto, molto minuta».
    «Che vuoi dire?».
    «Prima ho dato un’occhiata al cadavere e …».
    «Senza permesso?!».
    Feci un risolino per calmarlo. «Eh, eh … sì».
    «Non devi muoverti senza permesso, lo capisci questo?!» mi chiese strattonandomi.
    «Ok, scusami, ma …».
    «Niente “ma”! “Ma”, un corno!».
    «Sì, ma ho notato che la vittima aveva un fisico davvero esile per essere un uomo. Peserà sì e no una quarantina di chili!
    Flavio non mi rispose, ma il caso volle che Ducato ascoltò la conversazione. La testimonianza della vedova era appena iniziata e subito approfittò del nostro dialogo per fare una domanda al secondo sospetto.
    «Prima che inizi a parlare, signora, vorrei farle una domanda».
    «Certo».
    «Mi hanno fatto notare» disse guardandomi »che suo marito è particolarmente esile. Nonostante sia un uomo ha un fisico molto, molto minuto. Lei ce lo può spiegare?».
    La signora tentennò, poi prese un profondo e significativo respiro.
    «Mio marito soffriva di bulimia».
    «Bulimia?» domandò Flavio.
    «Già. È un disturbo molto comune che l’aveva fatto dimagrire in maniera vertiginosa.
    «Signora Fratti,» continuò l’ispettore «lei è la moglie della povera vittima. Per caso stamattina ha notato qualcosa di insolito in suo marito? Qualcosa che abbia potuto, che so, innervosirlo?».
    «No, ispettore. Paolo era calmo e tranquillo come al solito. Non ho notato nulla di insolito in lui»
    «Stamattina suo marito, stando alle prime ipotesi, è arrivato in ufficio verso le sette e venticinque. Che cosa ha fatto a casa sua, prima di venire in ufficio?».
    «Nulla di particolare» disse abbassando gli occhi «Abbiamo fatto colazione insieme, poi ha preso le sue cose e si è diretto a lavoro».
    «C’è qualcuno che può confermarlo?».
    «No, mi dispiace, eravamo soli».
    «Non avevate figli?».
    «Mio marito non ne aveva mai voluti».
    Mi avvicinai al cadavere. La morte era avvenuta per strangolamento e c’erano ancora evidenti segni sul collo della vittima. Probabilmente l’assassino aveva agito a mani nude, senza utilizzare nessun’arma. Sul collo della vittima c’erano i tipici segni paralleli delle dita delle mani, ma non era stato possibile verificare il DNA, poiché l’omicida aveva indossato dei guanti per aggredire la sua preda. Mentre stavo allontanandomi dal corpo e mentre la signora continuava a parlare, notai qualcosa di strano sotto le unghie dell’avvocato.
    «Agente» dissi rivolgendomi ad un addetto della scientifica. «Ha trovato qualcosa sotto le unghie della vittima?».
    Il ragazzo, un tizio biondastro sulla trentina, rispose quasi infastidito: « Ha l’unghia scheggiata e dei piccoli frammenti di pelle incastrati proprio sotto l’unghia del dito medio».
    Mi avvicinai alla mano della vittima, annusai il medio ed ebbi un’illuminazione.
    Il dito svelava un indizio importante. Troppo importante per essere trascurato.

    Edited by Matteo Del Piero - 15/7/2013, 16:49
     
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    La mattina dopo, quando percorsi la rampa di scale per arrivare in salotto prima e in cucina poi, Bianca era già di fretta e ci salutò con un cenno veloce scomparendo dietro la porta di mogano.

    che ne dici di usare: La mattina dopo percorsi la rampa di scale per arrivare in salotto, spostandomi poi in cucina, dove vidi Bianca andarsene via in fretta salutandoci con un cenno del capo, scomparendo dietro la porta di mogano?

    CITAZIONE
    «Dove va, così di fretta?»

    meglio toglierla la virgola.

    CITAZIONE
    Una sua amica le ha chiesto di aiutarla con un progetto, qualcosa del genere …

    dopo la virgola metti una o

    CITAZIONE
    il padrone di casa di alzasse

    si alzasse

    CITAZIONE
    «Con un biscotto ancora tra i denti bofonchiai:

    suppongo che non sia parte del dialogo

    CITAZIONE
    d Joker o da qualsiasi altro cattivo vi venga in mente dei fumetti.

    meglio: da Joker o da qualsiasi altro cattivo dei fumetti vi venga in mente.

    CITAZIONE
    mi guardò dall’alto verso il basso e mi disse:

    cosa disse? XD

    é stata veronica, vero?
     
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    CITAZIONE (The Aster @ 15/7/2013, 16:00) 
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    La mattina dopo, quando percorsi la rampa di scale per arrivare in salotto prima e in cucina poi, Bianca era già di fretta e ci salutò con un cenno veloce scomparendo dietro la porta di mogano.

    che ne dici di usare: La mattina dopo percorsi la rampa di scale per arrivare in salotto, spostandomi poi in cucina, dove vidi Bianca andarsene via in fretta salutandoci con un cenno del capo, scomparendo dietro la porta di mogano?

    CITAZIONE
    «Dove va, così di fretta?»

    meglio toglierla la virgola.

    CITAZIONE
    Una sua amica le ha chiesto di aiutarla con un progetto, qualcosa del genere …

    dopo la virgola metti una o

    CITAZIONE
    il padrone di casa di alzasse

    si alzasse

    CITAZIONE
    «Con un biscotto ancora tra i denti bofonchiai:

    suppongo che non sia parte del dialogo

    CITAZIONE
    d Joker o da qualsiasi altro cattivo vi venga in mente dei fumetti.

    meglio: da Joker o da qualsiasi altro cattivo dei fumetti vi venga in mente.

    CITAZIONE
    mi guardò dall’alto verso il basso e mi disse:

    cosa disse? XD

    é stata veronica, vero?

    Aggiustato ciò che era evidente :D la parte incompleta faceva parte del vecchio editing e nella confusione non l'avevo più tolto. Non ci va alcuna frase :D ahaha

    Il colpevole è top secret almeno fino a domani :P
     
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    Secondo me è stata la moglie! U.U
    E secondo me la mano della vittima ha l'odore del profumo che mette la moglie! :D
     
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    Io continuo a sostenere la tesi di veronica, anzi, credo centri anche un certo pullover color vinaccio
     
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    Risoluzione primo caso :D

    FILE 5. Game over



    Prima di agire, decisi di far concludere l’interrogatorio della signora Fratti. Dopotutto nella polizia vige una certa etica/burocrazia, a seconda della circostanza. Terminato il colloquio con la donna, Ducato si alzò in piedi e rivolgendosi a Flavio disse:
    «Ok Flavio, noi andiamo in questura. Se vuoi seguirci …»
    «Prendo la macchina e ci vediamo lì. Alex, andiamo».
    «Perché andare in questura? Non è necessario, ispettore. Almeno, non per adesso».
    «Ti sei bevuto il cervello?!» esclamò Flavio con rabbia. «La polizia deve far luce sul caso e andare in questura è uno step necessario per …».
    «Ma io ho risolto il caso. Questo non vi interessa?».
    La stanza puntò gli occhi verso di me e si riempì di un brusio generale
    «Stai scherzando?!» mi domandò Ducato.
    «Per niente, ispettore. Ho risolto il caso, ho scoperto chi è l’assassino del signor Fratti e so anche come incastrare il colpevole».
    «Ma non dire sciocchezze, ragazzo! Non abbiamo prove a sufficienza per inchiodare qualcuno!».
    «Insisto. So di potercela fare» dissi guardandolo intensamente.
    Ducato parve quasi rassegnato e con un gesto della mano che non dimenticherò mai, mi chiese di iniziare a parlare.
    «Ispettore!» esclamò rabbiosamente Flavio. «Non vorrà mica … non avrà intenzione di mandare un dilettante allo sbaraglio, non è vero?!».
    Dal canto suo Ducato pareva molto tranquillo. «Io coordino solamente il lavoro» si limitò a rispondere. «Il responsabile di quel ragazzo e delle sue azioni sei tu».
    Flavio mi si avvicinò furtivamente. «Se sbagli e mi fai fare brutta figura ti rispedisco a casa con un calcio nel sedere!».
    Diretto ed elegante, questo è Flavio.
    Risi un po’ disorientato e gli dissi: «Lasciami provare».
    Poi mi accomodai sul divanetto dell’ufficio e, accavallando le gambe, cominciai a parlare.
    «Se non vi dispiace, passo alla spiegazione».
    «Prego» disse Ducato con viso non convinto.
    Lo confesso, ero un po’ agitato. A Fondi avevo risolto qualche caso collaborando con Marbelli, ma adesso ero in una grande città.
    «L’assassino ha costruito un piano ben congeniato ed è riuscito ad ingannarci fin dal primo momento. L’astuzia di questa persona è stata degna di un assassino di un libro giallo e devo dire che sono sorpreso che una mente umana possa arrivare a tanto. Innanzitutto, come dedotto precedentemente, il delitto è stato commesso da uno di questi tre sospetti, che a turno sono stati interrogati. Tutti e tre avevano un movente valido per uccidere la povera vittima e non provate a negarlo, signori. Tutti potevate commettere questo efferato delitto».
    «Ispettore» sussurrò il signor Norgi, l’assistente di studio della vittima.
    «Cosa c’è’?».
    «Ma fate risolvere un caso di omicidio da un ragazzino?».
    Ducato rispose con un risolino isterico e poi mi guardò storto, fulminandomi con lo sguardo.
    «Allora? Chi è il colpevole? Sono impaziente!» esclamò Flavio.
    «Già! Chi ha ucciso mio marito?» domandò tra le lacrime la signora Fratti.
    Feci passare qualche secondo, poi continuai.
    «Signora Fratti, fossi in lei non avrei tanta fretta. Infatti, stavo giusto per comunicare alla polizia che il colpevole dell’omicidio di suo marito non è nessun altro all’infuori di lei stessa. Confessi!».
    Il silenzio avvolse completamente la stanza e tutti adesso guardavano la moglie della vittima con uno sguardo spiritato.

    D’ un tratto le lacrime divennero risate e il mascara sciolto funse a farla assomigliare ad un patetico clown da circo. «Oh, davvero? E così avrei ucciso mio marito? Perché non provi a dimostrarlo, ragazzino?» mi chiese cominciando a camminarmi intorno.
    «Spero tu possa spiegarci» incitò Ducato guardandomi negli occhi. Flavio era rimasto a guardare e adesso cercava di biascicare qualcosa senza senso.
    «Diciamo che l’ora del delitto stabilito dalle analisi della scientifica è approssimativa. Diciamo che la morte risale alle sette e quindici e …».
    «Ecco che hai commesso un erroraccio da dilettante! Non può essere! L’hai detto tu stesso che le analisi della scientifica sono approssimative! Il signor Fratti è arrivato in ufficio intorno alle sette e venticinque. E il delitto è stato commesso qui signori, ricordiamoci di questo piccolo ma importante particolare!» tuonò Flavio verso la folla.
    «Ed è qui che vi sbagliate» affermai convinto.
    «Cosa?!».esclamò rabbioso Ducato.
    Mi sedetti sul divanetto. «La scientifica ha detto che il delitto è stato commesso circa un’ora prima che noi arrivassimo sul posto, quindi intorno alle sette e quindici. Tuttavia, come noi sappiamo, la scientifica non può calcolare in modo preciso l’ora esatta, dunque può sbagliare di alcuni minuti. A rafforzare questa tesi è il fatto che sono state fatte solo analisi preliminari basate sul processo del rigor mortis, ma non analisi approfondite da laboratorio».
    «E allora come te lo spieghi? Come ti spieghi questa situazione?» mi chiese Flavio.
    «Be’, credo che il delitto sia avvenuto molto tempo prima l’ora stabilita dalle prime analisi».
    «Cioè?».
    «Quaranta, quarantacinque minuti prima».
    «Ora basta, stai veramente delirando! La scientifica» proseguì Ducato «ha effettuato analisi precise, basate su deduzioni che … ».
    «Mi dica, in che stato era il cadavere quando siete arrivati qui?».
    Ducato rivolse la stessa domanda ad un agente della squadra scientifica, che rispose:
    «Il corpo stava cominciando ad irrigidirsi, e …» l’ispettore lo fermò con un cenno della mano.
    «Questo significa solo una cosa …» osservò incredulo.
    «Subito dopo la morte,» e cominciai a giocherellare con un portapenne rappresentante una piccola volpe «i muscoli sono flaccidi e iniziano ad irrigidirsi solo dopo un periodo compreso tra una e tre ore dopo il decesso. Se la scientifica ha asserito che al momento dell’arrivo della polizia, il corpo stava per iniziare il processo di irrigidimento, è probabile che il delitto si sia verificato un po’ di tempo prima dell’orario stabilito».
    Ducato si voltò verso il responsabile della squadra, che dal canto suo annuì.
    «Vede ispettore, nel referto che ho sbirciato prima …».
    «Hai sbirciato il referto?!».
    «Ehm … dicevo, c’era scritto che l’irrigidimento comprendeva la mascella e i gomiti».
    «Già. Ma questo dovrebbe far sballare anche la tua deduzione!». Ducato allargò le braccia. «La prima parte del corpo ad irrigidirsi è proprio la mascella e il gomito non lo segue di certo a ruota. Sono necessari alcuni minuti prima che …».
    «Ma mi dica, cosa succede se fa caldo?».
    Rimase basito.
    «Uff, è naturale, no? Il processo di irrigidimento si accentua e di conseguenza si velocizza».
    Annuii convinto.
    «Ma siamo in autunno! Non fa così caldo!».
    «Ma il corpo potrebbe essere trasportato, non crede?».
    «Vuoi dire che …».
    «Non è un ipotesi così impossibile e guardando il referto si capisce il perché. L’errore è credere che il delitto sia avvenuto in ufficio e credere che il signor Fratti sia stato ucciso qui».
    Flavio si accese una sigaretta e tra le nuvolette grigiastre del fumo intervenne. «Stai dicendo che la vittima è stata ammazzata lontano da qui?!».
    «Certo. Il decesso non è avvenuto in ufficio, bensì nell’abitazione dei Fratti! La signora, dopo aver fatto colazione con suo marito, ha approfittato di un evidente momento di distrazione della povera vittima, ha indossato dei guanti trasparenti ed ha cercato di strangolare suo marito. Ma non ha calcolato bene i tempi ed ha effettuato la presa mentre suo marito si stava voltando. La signora, però, ha approfittato della corporatura esile e minuta della vittima ed ha stretto ancora di più la morsa fino a provocarne il decesso per strangolamento. Il signor Fratti ha cercato di difendersi e con le ultime forze è riuscito a imprimere le mani sul collo del suo assassino».
    «C’è una prova così concreta?! Ne sei sicuro?» Ducato era un fascio di nervi, non sapeva più da che parte voltarsi e cominciava a sudare in maniera imbarazzante.
    «Uno degli agenti della scientifica ha ritrovato frammento di pelle umana sotto il dito medio sinistro della vittima. Voleva comunicarglielo, ma lei stava ancora interrogando i sospetti. In più l’unghia dell’avvocato è scheggiata, segno che per la troppa forza esercitata per difendersi, se la sia rovinata».
    «Corrisponde, ispettore» disse l’agente della scientifica interpellato.
    «Tutto ciò è incredibile» si lasciò sfuggire Flavio.
    «E non è tutto. Come le dicevo, dopo che il signor Fratti è morto, sua moglie lo ha trasportato qui, approfittando sempre del fatto che avesse una corporatura abbastanza esile. Probabilmente avrà messo suo marito in una busta dell’immondizia, chiesto a qualcuno dei vicini di aiutarla a sollevarla e a metterla in auto, spacciando il tutto per chissà quale bugia. Quando la signora è arrivata in ufficio, suo marito era già morto da un pezzo ed erano le sette e venticinque circa. Lei, signora Fratti,» e mi rivolsi alla donna «conosceva benissimo le abitudini di suo marito. Sapeva che entrava sempre dalla porta sul retro, sapeva che la mattina non voleva essere disturbato per almeno un po’ di tempo, ed ha sfruttato tutto questo a suo vantaggio. Un piano veramente ben congeniato, davvero». Mi scostai dalla scrivania e raggiunsi la finestra dell’ufficio. Scostai le tende cerulee e continuai: «Ha posizionato il cadavere a terra, rovesciato qualche soprammobile per far credere ad una colluttazione e lanciato l’allarme».
    La vedova era in preda ad una crisi di nervi. Lo sguardo spento e vitreo illuminava la sua indubbia colpevolezza. Mi lanciò talmente tanti insulti, che per un attimo pensai che parlasse un’altra lingua. Le inflessioni dialettali suonavano come pugni in mezzo agli occhi e la situazione cominciava a divenire abbastanza pesante, tanto da assumere contorni da scenata napoletana.
    «Non hai prove contro di me, idiota! Sei solo un insulso detective da quattro soldi! E lei … » disse rivolgendosi a Ducato «lei fa mettere il becco di un ragazzino in queste circostanze? Dovrebbe vergognarsi!»
    Ducato mi guardò severamente, ma acconsentì che proseguissi.
    «Lei si sbaglia signora» sussurrai. «Io le ho eccome le prove della sua colpevolezza. Purtroppo per lei, sono più di un semplice terzo incomodo. Non posso stare zitto di fronte alla sua crudeltà» conclusi indignato.

    «Hai le prove? Sono curiosa!» ostentò con visibile aria di sfida.
    «Come ho detto prima, sotto le unghie della vittima ci sono frammenti di pelle. Se verranno mostrati i risultati delle prove del DNA, che sicuramente la scientifica farà non appena arrivata in laboratorio, risulterà un codice genetico esattamente identico al suo. Come se non bastasse, annusando le unghie della vittima, si può notare come siano impregnate di un profumo tipicamente femminile».
    «Forse» continuò la signora «hai dimenticato che c’è anche la segretaria, che potrebbe aver usato il mio stesso profumo».
    «No, signora. Non l’ho dimenticato, affatto. Nonostante tutto, lei ha le prove della sua colpevolezza addosso. Non ci è ancora arrivata?» le chiesi mentre la fronte le si era imperlata dal sudore.
    Poi indietreggiò di un passo e capì che non poteva più negare.
    «Dica, perché non scosta quell’elegantissima sciarpa bianca che porta al collo?».
    Rimase paralizzata e per un attimo vidi la bocca muoversi senza senso, come un mollusco senza spina dorsale.
    «Signora, esegua per favore» intervenne Novato.
    «Non può farlo, vero? Ci sono i segni che suo marito le ha lasciato sul collo nel disperato tentativo di salvarsi».
    Ora guardava in basso e tremava come una foglia.
    «Inoltre,» continuai mentre stava cercando di ribattere «sulla porta dalla quale suo marito entrava in ufficio tutte le mattine, ci sono dei segni di scorticamento, proprio all’altezza dei piedi».
    «E allora?!».
    «Osservi bene le scarpe dei sospetti, ispettore. La signora Veronica indossa comuni scarpe da tennis, mentre Oreste ha dei mocassini. L’unica ad avere scarpe con il tacco,anzi in questo caso con la punta adunca, è la signora Fratti. Quei segni può averli fatti solo lei nel tentativo maldestro di posizionare suo marito a terra». Mi appoggiai ad un tavolino in legno. «Di certo, arrivata in ufficio con un cadavere, non poteva chiedere più alcun aiuto».
    «Però,» osservò Flavio «la porta potrebbe essersi rovinata molto prima. Cosa ti dà la certezza che sia stata rovinata proprio dal colpevole?».
    «Se fosse come dici, non credi che sul graffio ci debbano essere tracce di sporco? Ricordiamoci che il legno è stato tolto sulla facciata della porta che volgeva verso l’esterno. In questi giorni ha piovuto a Torino. Lo so perché prima di trasferirmi mi sono informato sul clima della città. Dunque, se i segni sul legno fossero vecchi, dovrebbero esserci almeno segni di sporco, di umidità, non crede? Invece nulla, pulitissimo. Ne deduco che il taglio è stato fatto da poco, da molto poco, se consideriamo che al tatto è ancora fresco».
    Un agente della scientifica controllò sotto i capelli della signora. Sulla parte posteriore del collo c’erano esattamente i segni che suo marito le aveva provocato per tentare di salvarsi disperatamente.
    La signora si gettò in ginocchio tra lo stupore generale e le lacrime cominciarono a rigarle il viso.
    «Lo ammetto,» disse con la testa tra le mani «l’ho ucciso io, ma l’ho fatto per una buona ragione».
    «Signora,» cominciò Flavio con tono indignato «noi non abbiamo il potere di togliere la vita ad un essere umano, qualunque ragione ci spinga a farlo, non è altro che lo specchio del nostro stesso egoismo» concluse gettando la sigaretta.
    «Stia zitto! Lei non sa nulla della mia famiglia! Mio marito non aveva mai voluto avere figli da me, ma il mese scorso un detective che avevo assunto per pedinarlo, mi aveva confessato che aveva una relazione extraconiugale con una donna molto più giovane. E quel bastardo l’ha addirittura messa incinta!».
    Tutti noi ci stavamo guardando stupiti. Era incredibile dove potevano arrivare la follia e la crudeltà umana: quella donna aveva ucciso suo marito, con il quale aveva condiviso anni e anni di vita, per l’infedeltà di quest’ultimo. Ucciso per non aver trasformato l’amore in qualcosa di concreto.
    L’ispettore Ducato indusse Novato ad arrestare la donna. Gli agenti della scientifica raccolsero le loro cose e mi salutarono con simpatia.

    «Dov’è il bagno?» aveva chiesto Alex pochi minuti prima. Ora il ragazzo non era più nella stanza e Ducato era libero di avvicinarsi a Flavio.
    «Sorprendente!» esclamò l’ispettore con gli occhi che brillavano.
    «Già» rispose l’uomo accendendosi un’altra sigaretta. «Per essere un ragazzino, non è niente male».
    «Flavio, ci vediamo. Ora che sei di nuovo nel giro, ci vedremo sicuramente più spesso».
    «Ci conto, ispettore. Ci conto davvero».

    Uscii dal bagno e mi sedetti paziente nella sala d’attesa dello studio legale, pensando alle cose più disparate. Pensai a Marbelli, il commissario della mia città, colui che aveva notato per secondo le mie abilità e che aveva spinto perché io coronassi il mio sogno. Il primo era stato mio padre Pietro, giornalista d’azione, capace di collaborare con le forze dell’ordine e di portare al giornale scoop memorabili. Marbelli era il suo miglior amico e litigavano solo quando c’era da discutere su chi fosse il miglior detective tra il Poirot della Christie e il Dupin di Poe.
    Papà e mamma si erano innamorati quando erano giovanissimi ed entrambi avevano la stessa passione per la scrittura. Amavano saper raccontare e saper trasmettere emozioni alla gente con le proprie parole. La differenza era il tipo di giornalismo che conducevano. Mentre mio padre era alle prese con dossier di assassini, foto di incendi e articoli sulla mafia locale, mia madre era la regina delle indiscrezioni scabrose e degli scoop sui personaggi pubblici.
    Mamma mi disse che morì su una nave che affondò. Il corpo di papà non fu mai ritrovato, giaceva sui fondali marini. Ma le mie preghiere, e quelle della mia famiglia, gli arrivavano tutte.
    «Fratellone, andiamo? Ho fame, devo ancora fare colazione!» disse Andrea scuotendomi il braccio e riportandomi alla realtà.
    «E tu? Che fine avevi fatto?».
    «Tu in macchina mi avevi detto di stare buono e io sono stato buono. Lo sai che sei stato proprio forte?!».
    Lo baciai sulla fronte e gli strinsi la manina.

    Usciti dall’ufficio ci dirigemmo verso il bar più vicino.
    Presi un caffè macchiato. Flavio si concesse un ulteriore caffè corretto, mentre il piccolo chiese espressamente «cornetto e cappuccino».
    «Niente male» mi disse Flavio mentre mi accingevo a pagare.
    «Ti riferisci al caso?».
    «No, ai tuoi pantaloni … certo che mi riferisco al caso!».
    «Ok, non c’è bisogno di arrabbiarsi tanto …».
    «Non montarti la testa, però. Ho conosciuto agenti di polizia che avevano capacità deduttive straordinarie e si sono persi per la strada, mi raccomando, non fare lo sbruffone, non sentirti già formato».
    «Non lo farò, prometto».
    Mi guardò sospettoso
    «O vuoi anche il ditino» e gli mostrai il mignolo «per consolidare il patto?»
    «E usa meno sarcasmo, già che ci sei».
    Marbelli mi aveva messo sulla strada, alla macchina avrei pensato io. Giusto così, il carburante si sarebbe chiamato responsabilità.

    Notte fonda, ore due e trenta. Il vento sbatte insistentemente sulle finestre provocando rumori da brivido e il continuo oscillare degli alberi garantisce un’atmosfera tetra e al tempo stesso temibile. In un salone davvero troppo sfarzoso per essere legale, due uomini parlano e si confidano i segreti. Che essi siano professionali o personali, ha poca importanza. Il primo è un vecchio, ha almeno settant’anni e tossisce in continuazione. Le tempie imbiancate e la voce roca suggeriscono un’esistenza passata nel precario, sul filo del rasoio, in una condizione molto altalenante. Gli occhi azzurri hanno perso lo smalto di un tempo e per quanto la sua storia possa parlare a suo favore e contribuire a dipingerlo come un uomo forte e deciso, con il veloce sopraggiungere dell’età è diventato debole come una foglia d’autunno e adesso sembra vulnerabile tanto quanto un bambino.
    Il secondo tizio è suo figlio,con precisione il primogenito. Ha dei capelli biondi scuri che tiene raccolti in un codino e un fisico invidiabile, da paura. I lineamenti duri e spigolosi completano il quadro di una persona dotata di enorme freddezza e di uno sguardo capace di far impallidire il più coraggioso dei soldati. A guardarlo non gli si darebbe più di trent’anni, ma ha l’esperienza di vita di un cinquantenne. Tutti e due fumano, anche se il primo uomo non dovrebbe. Lui è malato e il tabacco non fa che accentuare la già copiosa tosse che lo perseguita da mesi e mesi senza tregua.
    «Hai … hai telefonato a quella donna?».
    «Certo, papà. Non avrei dovuto?»
    «Hai fatto bene … quel porco avrà quello che si merita».
    «Tutto questo per quello che accadde cinque anni fa, non è vero?».
    «E per cosa altrimenti? Tua madre ha esalato l’ultimo respiro ed io non ho nemmeno potuto starle accanto. Conosci il nome del responsabile, non è vero?».
    «Sì, certamente» asserì il biondo. Poi gettò la sua sigaretta in un elegante posacenere in cristallo e si distese comodamente sul divano slacciandosi repentinamente la cravatta.
    «La segnalazione di quel detenuto è stata davvero utile. Quand’è programmata la sua evasione?» domandò il vecchio.
    «Domani notte a quest’ora. Uno dei nostri si travestirà da sentinella e stordirà gli altri, esattamente come previsto, papà».
    «Pagherà caro, pagherà con la vita …» continuò l’anziano alzandosi a fatica dal divano «quel bastardo. Non avrebbe dovuto mettersi contro di noi».
    «Che intenzioni hai, adesso?».
    «Voglio andare nel mio studio e ritoccare bene il piano. Non gli permetterò mai più di accostarsi qui».
    «Sarà meglio che ti riposi un po’, non credi? Potresti … ».
    Il vecchio sbottò e diede un pugno sul prezioso tavolino in legno pregiato. Un candelabro dorato si rovesciò a terra con violenza.
    «Lo so io cosa devo e cosa il mio fisico può ancora fare. E adesso andrò nel mio studio a meditare su come posso uccidere quel porco, siamo intesi?».
    «Intesi …» rispose suo figlio con calma. Non lo emozionava nulla e nemmeno un proiettile avrebbe scalfito la sua sicurezza.
    Nonostante fosse suo padre avrebbe voluto prenderlo e mettergli le mani addosso. Lo rispettava, certo, ma il suo carattere non faceva sconti. «Chiunque ti si metta contro non merita di vivere» era quello che gli avevano insegnato e questo valeva per tutti, parenti compresi.
    «Ah, Diego …» lo chiamò suo padre mentre usciva dal salone. «Chiama tuo fratello e vedi cosa sta combinando, chiaro? Poi domattina parliamo di ciò che ha detto quella donna al telefono, intesi?».
    L’uomo, spegnendo la sigaretta, annuì convinto e una volta che suo padre uscì dalla stanza, incrociò le gambe e affondò nei pensieri.
    «Cinque anni … sono già passati cinque anni … papà riuscirà a vendicarti, mamma. E ci riuscirò anch’io, te lo prometto».
    Prese una fotografia che ritraeva suo padre da giovane e la guardò sadicamente, dandole fuoco con l’accendino che aveva a portata di mano.
    «Quel detective …» riprese a pensare. «La cosa che non capisco è la sua idea di mettersi di nuovo contro di noi. Vuole la morte, allora». Si alzò e raggiunse l’enorme vetrata della casa, osservò la luna e le stelle. «Siamo d’accordo allora … Flavio Moggelli».

    Edited by Matteo Del Piero - 16/7/2013, 19:23
     
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    intornio.

    c'è una i di troppo XD

    CITAZIONE
    l’ora del delitto stabilito dalle analisi della scientifica è approssimativo.

    parli di ora, quindi femminile: stabilita e approssimativa

    CITAZIONE
    «Dov’è iò bagno?»

    il


    Considerazioni: Ok ho sbagliato, non é stata veronica. Brava milù che ha azzeccato l'indizio del profumo XD

    Per quanto riguarda la storia, inizia a intrigarmi, soprattutto il finale mi ha incuriosito, bravo.

    Dubbio: ma un cadavere dopo la morte non dovrebbe iniziare a puzzare? quando la moglie è stata aiutata dai vicini a metterlo in macchina, loro non hanno sentito nulla?

    Consiglio: secondo me dovresti cercare di rendere meglio la confessione della moglie, secondo me è stata troppo veloce.

    ps. (ma che per caso se un fan di Conan?XD)
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/7/2013, 23:23) 
    Secondo me è stata la moglie! U.U
    E secondo me la mano della vittima ha l'odore del profumo che mette la moglie! :D

    E brava detective :D

    CITAZIONE (The Aster @ 16/7/2013, 11:41) 
    CITAZIONE
    intornio.

    c'è una i di troppo XD

    CITAZIONE
    l’ora del delitto stabilito dalle analisi della scientifica è approssimativo.

    parli di ora, quindi femminile: stabilita e approssimativa

    CITAZIONE
    «Dov’è iò bagno?»

    il


    Considerazioni: Ok ho sbagliato, non é stata veronica. Brava milù che ha azzeccato l'indizio del profumo XD

    Per quanto riguarda la storia, inizia a intrigarmi, soprattutto il finale mi ha incuriosito, bravo.

    Dubbio: ma un cadavere dopo la morte non dovrebbe iniziare a puzzare? quando la moglie è stata aiutata dai vicini a metterlo in macchina, loro non hanno sentito nulla?

    Consiglio: secondo me dovresti cercare di rendere meglio la confessione della moglie, secondo me è stata troppo veloce.

    ps. (ma che per caso se un fan di Conan?XD)

    Grazie per le correzioni. Rispondo ai tuoi dubbi: La puzza del cadavere è graduale, nel senso che in decomposizione risulta ovviamente di cattivo odore, ma è anche vero che ciò avviene in maniera, diciamo, veemente e incisiva a partire da qualche ora. Un'ora può far avvertire una puzza lieve, ma niente di insopportabile.
    Grazie per il consiglio, a dir la verità cerco di tagliare corto alla fine perchè arrivo con la lingua di fuori a scrivere(progettare i casi non è affatto facile, devi tener conto un sacco di fattori e nel mio piccolo faccio fatica).

    Conan è un esempio :D, sì
     
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    Dato che ho visto che ne possiedi le capacità, che ne dici di creare un caso con un colpevole che sfida Alex già dall'inizio? Una sottospecie di Dottor Moriarti della serie Sherlock, non so se l'hai vista, ma quel personaggio era un grande.
     
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    CITAZIONE (The Aster @ 16/7/2013, 19:38) 
    Dato che ho visto che ne possiedi le capacità, che ne dici di creare un caso con un colpevole che sfida Alex già dall'inizio? Una sottospecie di Dottor Moriarti della serie Sherlock, non so se l'hai vista, ma quel personaggio era un grande.

    Grazie dei complimenti :) ... be', la mia intenzione è proprio quella, Alex Fedele nasce con questa idea(vedi primo post del topic). La trama che fa da background a tutta la serie vede Alex in lotta con dei tizi davvero poco ... raccomandabili per motivi molto, molto particolari e oscuri. Non posso svelare di più, manca molto, siamo appena all'inizio della serie, ma c'è un antagonista, anche se non è inteso come singolo ... inoltre, Alex diverrà pericoloso per loro solo dopo alcuni episodi. Un ragazzo di appena diciotto anni, adesso, all'inizio della sua carriera, non può certo essere considerato una minaccia. Il tempo svelerà le cose ;)
     
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    «L’assassino ha costruito un piano ben congeniato ed è riuscito ad ingannarci fin dal primo momento. L’astuzia di questa persona è stata degna di un assassino di un libro giallo e devo dire che sono sorpreso che una mente umana possa arrivare a tanto. Innanzitutto, come dedotto precedentemente, il delitto è stato commesso da uno di questi tre sospetti, che a turno sono stati interrogati. Tutti e tre avevano un movente valido per uccidere la povera vittima e non provate a negarlo, signori. Tutti potevate commettere questo efferato delitto».

    Ottimo! u.u Il protagonista in versione detective da giallo classico, che tiene il suo discorso davanti ai sospettati! :woot: :woot: :woot:

    @The Aster:
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    Brava milù che ha azzeccato l'indizio del profumo XD

    Grazie. ^^
     
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