CAPITOLO IV

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  1. Elros Tar-Minyatur
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    CAPITOLO IV

    Il palazzo era immenso, scavato direttamente nella dura roccia del monte Hita. Il gigantesco portone d’ingresso era finemente decorato e riportava le immagini del Mito, la storia che raccontava le origini di Elven. Kito si fermò per l’ennesima volta a guardarlo prima di varcarne la soglia. Lo affascinavano le antiche storie e le leggende della sua terra e non si stancava mai di rimirare le figure di pietra incise con la magia sul portone. Nel Mito era scritto che la materia era stata plasmata da i Saggi, dieci individui inviati dagli dèi per vegliare sul mondo che loro stessi avevano creato. In pochi sapevano quanti erano ancora effettivamente in vita e dove si trovassero. Il Mito voleva che uno di quelli abitasse nel monte che portava il suo nome: il Saggio Hitak del Monte Hita. Kito aveva potuto confermare quella parte di storia dal momento che alle volte si intratteneva con il loro unico vicino nell’arco di miglia. Avrebbe dovuto avere milioni di anni, ma Kito era consapevole che i Saggi erano immortali, dal punto di vista dello scorrere del tempo, ma sono pur sempre fatti di carne e perciò volubili, e tutt’ora possedevano un potenziale enorme. Presi singolarmente il loro potere era abbastanza limitato, ma in comune erano invincibili.
    L’aspetto maestoso della sala non era niente in confronto alla magnificenza dell’interno.
    Kito percorreva gli sfarzosi corridoi a testa alta, con un fiero sorriso dipinto sulle labbra. Il giorno dopo ci sarebbe stata la prova conclusiva e il rito per farlo diventare definitivamente un Cavaliere. Sarebbe entrato nella storia come il più giovane Cavaliere, ma d’altronde c’era già entrato poiché era stato il ragazzo più precoce a far schiudere un uovo e far imparare al suo drago a volare, senza allenamento. Era entrato nell’Accademia solo due anni prima, ma con il suo drago d’oro aveva già un legame talmente solido che in poco tempo era diventato il migliore. Gli piaceva quella parola: migliore. Lui, lo era davvero: accolito dei draghi, primo della classe all’Accademia degli dèi draghi, futuro Cavaliere del Drago d’Oro, Principe di Elven e quindi futuro Re. Gonfiò il petto in un moto d’orgoglio, mentre passava in rassegna i suoi titoli.
    Ora non restava altro da fare che comunicare la bella notizia ai suoi genitori: sarebbero stati fieri di lui. D’altronde era l’erede al trono di Elven e pertanto una buona preparazione gli occorreva. Sorrise nuovamente: un giorno ci sarebbe stata pure la sua figura incisa sul portone e suo figlio sarebbe rimasta a fissarla proprio come lui faceva ogni volta con quella di Demode, suo padre.

    Il grande giorno arrivò tra impazienza di fare, paura di fallire, consapevolezza di potercela fare e complicità con il suo Chronepsis.
    Finì di allacciare le stringhe dei suoi lunghi stivali neri e respirò pesantemente. Abbassò il piede che poggiava sulla sedia e si sistemò per l'ennesima volta, con un gesto nervoso, la divisa che l'Accademia gli aveva donato per la prova.
    Kito si guardava intorno, sapeva che non era facile diventare Cavaliere di Platino, sino ad allora solo nove cavalieri erano diventati cavalieri di Platino e Kito voleva essere il decimo! Molti durante la dura prova non ce la facevano a rimanere in contatto con il proprio drago quindi si arrendevano e non andavano avanti.
    In quel giorno si presentarono al cospetto dei nove cavalieri di platino cinque cavalieri, tra questi Kito.
    Kito si presentò e presentò il suo drago d’oro, Chronepsis.
    «Lui» rivolto al drago, «è il mio drago, Chronepsis!»
    I nove cavalieri si guardavano tra di loro chiedendosi come Chronepsis, un drago d’oro, abbia potuto scegliere Kito come suo cavaliere.
    Chronepsis sbuffò a quei pensieri e Kito, avendo ascoltato i pensieri del suo drago, decise di risolvere l’enigma ai cavalieri.
    «Mi ha scelto per la purezza del mio animo, perché sono un accolito di draghi e soprattutto perché crede e ha fiducia in me. So che è strano, in quanto un drago d’oro è raro, e anch’io a volte mi sono chiesto perché abbia scelto me, ma poi, stando in simbiosi con Chronepsis, ho capito…» disse ai cavalieri guardando negli occhi il suo drago. Chronepsis lo guardò di rimando e mandò un pensiero al suo cavaliere.“Grazie…”disse semplicemente.
    «Abbiamo capito perfettamente!» disse uno dei nove cavalieri. Poi quest’ultimo si alzò dalla sedia e chiamò tutti al silenzio.
    «Benvenuti tutti in questo giorno memorabile. Io sono Vyralot, cavaliere di platino. Oggi, dopo cinquant’anni, i cinque cavalieri dei draghi che sono in fronte a me, affronteranno una prova non facile per diventare cavalieri di platino. Divenire uno di noi non è solo un titolo, è qualcosa di più. Significa mettere la propria vita al servizio dei draghi: proteggerli, amarli, custodirli sono solo alcuni aspetti del cavaliere di platino. Ma è anche vero che molti cavalieri non ce la fanno, non riescono a rimanere in contatto con il proprio drago durante la prova e per divenire cavalieri di platino, rimanere in contatto con il proprio drago è fondamentale, vitale, in quanto un cavaliere di platino non deve mai perdere il contatto con i draghi, specie durante i combattimenti. Ma basta con i discorsi, veniamo allo spirito di questa giornata, la prova dei cavalieri!»
    In quel momento nove draghi in volo fecero il loro ingresso nell’arena e si piazzarono ognuno accanto al proprio cavaliere. Quello accanto a Vyralot era un drago Rosso. Baheamuth era il suo nome.
    Vyralot guardò il suo drago e riprese il suo discorso.
    «I draghi dei cavalieri sono pregati di seguire Baheamuth… adesso!»
    Baheamuth si alzò in volo insieme agli altri otto draghi, e uno a uno i cinque draghi dei cavalieri si alzarono anch’essi in volo. Kito guardò il suo drago e gli mandò un pensiero.
    “Sta attento Chronepsis!”
    “Tu, sta attento!” rispose il drago e poi scomparse dietro i muri dell’arena.
    Vyralot richiamò tutti al silenzio.
    «Cavalieri, ora vi spiegherò la prova. I vostri draghi verranno ora nascosti dentro un labirinto, voi avete il compito di salvare il vostro drago. Sembra semplice ma non lo è. Il labirinto è pieno di pericoli ad ogni angolo, questo può far si che non riuscirete a rimanere in contatto con il vostro drago e nel momento in cui perderete il contatto, la vostra prova avrà termine. Non ci saranno seconde possibilità. Verrete sorvegliati dall’alto dai nostri draghi, quindi niente imbrogli o sotterfugi perché se verrete scoperti verrete disonorati come cavalieri per sempre. E tenete bene a mente che non dovete far capire al vostro drago che lo state salvando… Ora, cavalieri siete pronti?»
    I cinque cavalieri risposero in coro un assordante “Si!”.
    Vyralot andò verso i cinque cavalieri e li invitò a seguirlo. Arrivarono in una porta dell’arena. E Vyralot la aprì. Davanti ai cinque cavalieri c’erano cinque porte, distinte. In ognuna delle porte c’era dipinto un drago e Kito capì che la sua porta doveva essere la seconda, in quanto la porta raffigurava un drago d’oro.
    Vyralot sistemò i cavalieri davanti alle porte e come Kito sospettava, lui fu sistemato nella seconda porta.
    Kito guardò i suoi compagni, poi attese.
    «Quando io chiuderò la porta d’ingresso, voi potrete entrare! Vi aspettiamo nell’arena: sia i vinti che i vincitori!» Vyralot li guardò, poi aprì la porta d’ingresso e la chiuse.
    In quel momento Kito aprì la seconda porta.
    “Chronepsis, mi senti?”domandò Kito nella mente di Chronepsis.
    “Forte e chiaro!” rispose il drago.
    “Ok, la prova consiste nel ritrovarci e uscire dal labirinto… Chronepsis voglio superarla!”annunciò al suo drago.
    “Volere è potere, Kito! Noi ce la faremo! Basta rimanere sempre in contatto…” disse al suo cavaliere.
    “Si, allora io vado a destra, vedi di venirmi incontro.” Suggerì a Chronepsis.
    “Ok, cerco di raggiungerti!”disse convinto il drago.
    Kito girò alla sua destra, la mano teneva stretta la spada, diede uno sguardo di fronte a se, li per li si rese conto che era circondato da muri enormi di colore grigio scuro, la prova non era semplice, ma era stato già avvertito.
    “Chronepsis ho appena svoltato a destra e di fronte a me c’è un lungo sentiero, non vedo altre svolte, vado dritto!”comunicò al suo drago e cominciò a correre.
    “Sta attento!”Il drago non finì di pronunciare la frase che Kito cadde a terra dopo che delle radici, spuntate improvvisamente dalla terra, gli avevano circondato le caviglie. Kito armeggiò con la sua spada cercandosi di liberare, nel frattempo Chronepsis, preoccupato per Kito, cercò di correre per trovarlo e salvarlo, ma fu fermato da un drago blu che gli si parò di fronte.
    Kito nonostante tutto cercò di chiamare e di rimanere in contatto con il suo drago. “Chronepsis, che succede?”
    Il drago gli rispose a scatti. “Niente… di che… devo solo… far fuori… un drago!” Chronepsis spiccò il volo, finché i muri del labirinto glielo permisero e dall’alto sprigionò un soffio di fuoco che però il drago blu respinse tranquillamente con uno soffio a spruzzo d’acqua. I draghi si attaccavano di continuo mentre Kito cercava di divincolarsi dalle radici e quando ci riuscì, si alzò da terra e ricominciò a correre.
    Ma dopo alcuni metri, una guardia nera gli si scagliò addosso. L’istinto di Kito prese il sopravvento e con la spada che gli fece da scudo riuscì ad evitare il colpo. La guardia nera si muoveva velocemente lasciando una scia di fumo nero e Kito riusciva a stento a seguirla. La guardia nera gli sferrò altri attacchi, che Kito riusciva a stento ad evitare, poi però Kito decise di farla finita una volta per tutte. Voleva uccidere la guardia nera, e per farlo, doveva colpirlo al cuore e decapitarlo. Solo così poteva ucciderla.
    La guardia nera gli si avventava incontro in continuazione, e Kito per farla finita, durante un attacco, roteò su se stesso e da dietro gli sferrò un colpo al cuore, poi velocemente estrasse la spada dal corpo della guardia e lo decapitò.
    Kito cercò nuovamente il suo drago, che però non rispose, in quanto era ancora impegnato in combattimento. Ma, nonostante ciò cercava di non perdere il contatto, lo sentiva in lontananza e se Chronepsis non decideva a farsi sentire il contatto tra di loro poteva anche finire. Quindi decise di trovare il suo drago.
    Il labirinto nascondeva pericoli di ogni genere, ma doveva provarci.
    Intanto che Kito stava cercando il suo drago, Chronepsis si stava alterando. Lui che era un drago molto pacifico e odiava i combattimenti, stava perdendo la pazienza, quindi la volle fare finita. Chronepsis si scagliò contro il drago, lo prese per il collo e cominciò a sbatterlo tra i muri del labirinto.
    Nel frattempo correva, Kito si accorse, dal rumore provocato da Chronepsis, dove poteva trovarsi il suo drago, quindi corse più velocemente per raggiungerlo.
    Chronepsis, dal suo canto, aveva ridotto, in condizioni raccapriccianti il drago blu e si accingeva a finirlo.
    Stava per emettere il suo soffio di gas velenoso al cloro quando Kito sopraggiunse e lo bloccò.
    «Chronepsis, ricordati chi sei!» gridò Kito.
    Chronepsis si voltò verso il suo cavaliere, mollò la presa e si avvicinò a Kito.
    “Perdonami…” gli sussurrò nella mente.
    Kito accarezzò il suo drago e questo bastò a drago come risposta.
    I due guardavano il drago blu morente e Kito provò una ferita al petto. Essendo un accolito di draghi, qualunque drago sia, che era buono o meno, provava un senso di vertigine, perché per Kito i draghi erano creature divine. Chronepsis avendo sentito dentro di se ciò che Kito provava nel vedere quel drago blu decise di utilizzare la sua abilità di rinascita. Chronepsis si avvicinò al drago morente e con il suo soffio gli risanò le ferite. Kito guardava Chronepsis con stupore, non sapeva che il suo drago fosse capace di una cosa del genere.
    Intanto il drago blu ora poteva nuovamente alzarsi e volare; fece un mezzo inchino al drago d’oro e volò via.
    Chronepsis guardò il drago volare poi il suo sguardo si posò su Kito.
    “Quello che hai appena visto è la mia abilità di rinascita. Quest’abilità mi consente non solo di risanare le ferite, ma sono in grado di far rinascere umani, animali e piante morte.”gli spiegò il suo drago.
    «Perché non me l’hai mai detto? Non ti fidavi di me? Pensavi che io avrei potuto utilizzare questa tua abilità a sproposito? Perché Chronepsis, perché?» Kito era innervosito e voltò le spalle al suo drago.
    Chronepsis a testa bassa si avvicinò al suo cavaliere.
    “Non te l’ho detto, non perché non mi fidavo di te, ma perché, per me, non eri ancora pronto…” mormorò nei pensieri di Kito.
    Kito si girò di scatto e urlò contro il drago. «Pronto a cosa? Chronepsis conviviamo insieme da più di trent’anni ormai, io ti ho sempre fatto capire e detto tutto di me… Tu, cosa mi nascondi ancora? Sai, pensavo di conoscerti, ma mi rendo conto che non è così…» e abbassò la testa per nascondere le lacrime.
    A Chronepsis gli doleva il cuore a vedere il suo cavaliere triste e adirato, perciò gli bisbigliò: “Mio cavaliere, so che adesso qualunque cosa dica può sembrare scontata e banale, io però te la dico lo stesso. Non potevo dirti nulla sulle mie abilità, in quanto Maekrix, una divinità draconica, mi ha ordinato di non dirti niente. Ora però è importante che tu sappia: a parte l’abilità di rinascita, possiedo anche l’abilità di poter mutare il tempo. Capisci adesso perché un drago d’oro è più unico che raro?”
    «Si, capisco…» disse Kito semplicemente abbassando la testa, poi aggiunse: «Perché hai scelto me? Ci sono cavalieri migliori di me… perché io, Chronepsis?»
    Chronepsis guardò dolcemente il suo cavaliere, che si mostrava davvero perplesso.
    “Che strano, eppure mi sembra che hai risposto bene quando Vyralot ha posto la stessa domanda… Il motivo per cui ti ho scelto è lo stesso che hai rivelato a Vyralot: per la tua purezza d’animo, perché credo e ho fiducia in te, perché so che tu sei il miglior cavaliere che un drago possa desiderare… Credimi Kito, darei la mia vita per te… e Maekrix l’ha visto…”
    «Si può sapere chi è Maekrix? E cosa ha visto? Perché io non ne ho mai sentito parlare?» chiese incuriosito.
    “Non ne hai mai sentito parlare perché non tutti sanno di Maekrix, una divinità draconica che è venerata soprattutto dai noi, draghi d’oro e dai draghi d’argento. Ma tutti i draghi lo rispettano per la sua sapienza e il suo potere. Maekrix è bellissimo, il suo corpo è ricoperto di scaglie argentee e oro che risplendono e scintillano anche nella luce più debole. I suoi occhi sono blu, come le profondità marine. Lui è austero e deplora il male; non accetta scuse per accettare azioni malvagie. Nonostante ciò, è il drago più misericordioso dell’universo. Viene sempre in soccorso per coloro che sono oppressi, che sono indifesi e che sono stati spodestati. Incita sempre i suoi seguaci a promuovere la causa del bene, ma preferisce che siano loro stessi a combattere quando possono. Per Maekrix è meglio offrire informazioni, cure o un rifugio, piuttosto che caricarsi del peso di un altro. Maekrix è anche un veggente, vede il futuro… ma purtroppo non posso svelarti niente su questo, in quando gli ho giurato che non ti avrei detto niente sino al momento giusto. Ma fidati, conoscerai Maekrix… a tempo debito!”
    Spiegò il drago, che nel frattempo si era seduto. Kito si avvicinò al suo drago e lo abbracciò.
    «Ho capito, ma adesso… usciamo di qui!» disse Kito semplicemente e si avviò, Chronepsis però prese con la sua bocca il mantello di Kito e lo fece bloccare di colpo.
    “Monta!” gli ordinò il drago. Kito obbedì e salì in groppa al suo drago. Chronepsis si alzò in volo, per quanto i muri del labirinto glielo consentirono. Kito si strinse al suo drago, mentre Chronepsis usava i suoi occhi di drago per vedere l’uscita.
    In poco tempo arrivarono al portone d’uscita. Kito scese dal suo drago e cercò di aprire la porta che però era chiusa a chiave. Poi guardò il suo drago.
    «Come facciamo?» disse Kito più a se stesso che al drago.
    “Un’idea ce l’avrei…” Chronepsis non finì neanche di terminare la frase che buttò giù la porta con la sua coda.
    Kito sbarrò gli occhi, poi guardò il suo drago e si accorse che Chronepsis stava ridendo di gusto.
    «Che hai da ridere?» chiese indispettito Kito.
    “Sei buffo sai?! Dovevi vedere la faccia che hai fatto quando ho buttato giù la porta!” e rise di nuovo.
    «Devo ammettere che devo ancora abituarmi al fatto che possiedo un drago capace persino di resuscitare i morti!» disse Kito divertito. Chronepsis emise uno sbuffo rosso dalle narici, segno che si stava scocciando.
    “Ok, dai andiamo!”disse il drago e si avviò verso l’entrata della porta; Kito lo seguì divertito.
    I due fecero capolino, e capirono che non si trovavano nell’arena principale, ma bensì in un luogo dove delle ombre facevano da padroni.
    «Che posto è questo?» chiese Kito
    “Non ne ho la più pallida idea… però stammi vicino, anzi, monta su!” ordinò il drago che era all’attenti.
    Kito eseguì l’ordine e montò sul drago. Chronepsis si alzò in volo per cercare di vedere meglio, ma non servì a molto, in quanto più saliva più non si vedeva nulla, perciò riscese a terra.
    “Non mi era mai successa una cosa del genere!” disse il drago alquanto stupito, poi aggiunse: “Neanche usando la magia “Sauriv Ocuir”, l'occhio che vede, riesco a scorgere qualcosa…
    ma, aspetta…” il drago si fermò di colpo. “ Solo un drago è capace di far alzare delle ombre in questo modo… ma pensavo si fossero estinti…”
    “Un drago d’ombra…” gli fece eco nella mente, Kito.
    “Hai capito… quindi è questa la vera prova…” si fece pensieroso il drago.
    “Chronepsis come si sconfigge un drago d’ombra?» chiese Kito, poi aggiunse: «Purtroppo su queste creature non so molto…”
    “Non è che ci sia molto da sapere… Sono creature malvagie, subdole e astute. Spesso preferiscono appellarsi ad imboscate per il loro attacchi, sfruttando la loro capacità di confondersi nelle tenebre. Ricorrono a incantesimi di illusione, come questo, per disorientare e sviare i nemici. Solo le fiamme o la luce possono annullare queste capacità.” spiegò il drago al suo cavaliere.
    “Ok, come ci muoviamo allora?”gli chiese nella mente Kito.
    “Tu stai dietro di me e non appena avrò fatto luce, individua il drago e cerca di stordirlo, che poi io tenterò di ucciderlo!” intimò il drago a Kito.
    Kito eseguì l’ordine e si mise dietro il suo drago, che in un attimo sputò dalla sua bocca un cono di fiamme che fece luce e individuò il drago d’ombra nascosto dietro un masso gigantesco.
    I muscoli guizzarono per lo scatto. Kito partì in corsa, saltando in groppa al suo drago e utilizzandolo come rialzo. Da quella posizione saltò nuovamente e raggiunse il masso dietro al quale era nascosto il drago d’ombra. Fu rapido, ma non abbastanza. Il gigantesco animale lo colpì in pieno petto con la sua coda artigliata. Kito cadde all’indietro stordito, ma Chronepsis lo prese su di sé e si preparò all’attacco. Un’immensa fiammata gli sgorgò dalle fauci spalancate, in direzione dell’avversario. “Colpito!” gridò nella testa del suo cavaliere facendolo riprendere completamente. “Bravissimo!” Kito si complimentò, ma il sorriso che gli era sorto sulle labbra morì un istante dopo. La luce creata dal fuoco si stava lentamente sciogliendo nell’ammasso di ombre, ma qual poco che ancora aleggiava nell’aria gli permise di cogliere un movimento da parte del dragone nero. “Mi spiace deluderti, ma l’hai mancato” pensò sarcastico in direzione della sua cavalcatura.
    “Scusa tanto, sai? Ma qui è tutto buio, non lo distinguo dal resto!”
    “E allora dobbiamo cambiare strategia!”
    La sua mente galoppava, mentre cercava una soluzione al problema. Erano circondati solo da un nero impenetrabile e il loro avversario poteva uscire da un momento all’altro allo scoperto. Giravano in tondo, i sensi all’erta ad ogni minimo rumore.
    “Alla tua destra!” Chronepsis urlò e Kito seguì prontamente il suo consiglio. Scartò di lato e la vampata del drago d’ombra gli passo accanto, bruciandogli un lembo del mantello. Si rimise in posizione d’attacco, ma questa volta il bersaglio fu il dorato accanto a lui. Chronepsis gettò una fiammata davanti a sé, sperando di colpire, ma nulla diede loro segni di essere rimasti soli. Infatti il dragone comparve un momento dopo, cogliendoli di sprovvista. Artigliò Kito, prima che questi si potesse voltare e il suo drago fu colpito in pieno da un getto di fuoco. I due compari si accasciarono a terra per questo attacco improvviso, ma si incoraggiarono a vicenda e ripresero la posizione di difesa. “Finché tutto è così oscuro, il drago d’ombra ha il campo dalla sua parte, però...” un sorriso divertito comparve sul suo volto esangue. “Chronepsis” gridò “fiammata, ora!”
    Nel tempo di reazione del suo drago si sfilò il mantello e lo gettò in aria. Il fuoco lo investì in pieno e una poderosa luce si avviluppò nell’aria. Chronepsis chiamò Kito in una direzione e quello girò lo sguardo lì. Il drago d’ombra stava caricando un attacco quando la luce lo aveva colpito; abituato all’oscurità era stato accecato e il suo colpo stava andando alla cieca. “E ora, si torna al piano originario...” Chronepsis confermò il pensiero che già aveva attraversato la mente del suo cavaliere, confermando quanto i due fossero in sintonia. Kito scattò in avanti e colpì in pieno il dragone con la spada. Un rivolo di sangue nero gli colò dal lungo collo e il ruggito di dolore che gli era fuoriuscito venne spento immediatamente dopo: Chronepsis, con il suo soffio di gas al cloro, aveva posto fine all’attacco. Il corpo possente cadde a terra pesantemente. I due rimasero immobili ad osservarlo, i muscoli tesi, spaventati dall’idea che quel mostro potesse riprendere vita e tornare ad attaccarli. Ma tutto finì. Lentamente, delle ombre presero a zampillare intorno al cadavere del drago d’ombra fino a quando non lo avvolsero completamente e quando si dissiparono non rimase che un mucchietto di cenere. Chronepsis soffiò da una narice e quello si librò nell’aria torbida. Erano sudati, macchiati di sangue, ma felici. Si abbracciarono. Kito strinse a sé la testa del suo drago e insieme ripresero la via del ritorno. Avevano superato anche questa ed erano fieri di loro stessi.
    “Grazie” si dissero solamente e con un tacito accordo, s’incamminarono.

    ---

    “Siamo oggi riuniti per celebrare quest’avvenimento singolare! Singolare proprio perché Kito con il suo drago Chronepsis, sono riusciti a superare la prova in modo eccellente e per questo motivo, oggi Kito riceverà un titolo molto speciale. Benvenuto tra i cavalieri di platino, Kito.”
    Kito e Chronepsis si guardarono compiaciuti. Ce l'avevano fatta.
    Kito si avvicinò a Vyralot che gli strinse la mano, congratulandosi.
    In quell'istante una creatura magnifica si presentò a loro. Maekrix si manifestò in tutto il suo bagliore.
    Chronepsis si inchinò rispettosamente e Kito poté ammirare per la prima volta una divinità draconica.
    Maekrix era imponente e visto da vicino era ancora più maestoso. Kito si avvicinò lentamente a Maekrix, il quale lo guardò compiaciuto.
    "Sapevo che ce l'avresti fatta, Kito!" disse Maekrix nella mente di Kito.
    Kito non rispose, era meravigliato da Maekrix. Ne aveva sentito parlare da Chronepsis qualche ora prima e ora era lì, davanti a lui, in tutto il suo splendore.
    Maekrix guardò Chronepsis, poi si rivolse a Kito.
    "Kito, io sono qui per donarti il premio che ti spetta di diritto. Sappi però che non tutti i cavalieri di platino ricevono tale premio. Io ti ho scelto perché ho visto..."
    Maekrix tirò fuori dalle sue ali una spada. La spada, una volta estratta, galleggiava in aria e Maekrix strappandosi una scaglia dal suo corpo, la inserì con il suo soffio di fuoco all’interno della spada.
    La spada era davvero molto bella e possente. Tutta in acciaio e ferro, dalla punta al pomo. L'impugnatura tonda era una vera e propria opera d'arte; era incisa a bulino nell’intreccio di due code di drago che terminavano nel pomo con una raffigurazione demoniaca, dove sostenevano una sfera puntata. La lama munita di perfetta affilatura, aveva incisioni tribali e celtici sul dorso dell'arma.
    "Questa è la spada di Vyth." disse il drago e invitò Kito a prenderne il possesso.
    Kito si avvicinò a Maekrix, allungò la mano per prendere la spada e appena la toccò successe qualcosa di straordinario.
    Kito si sentì dentro un vortice incontrastabile, ebbe dei flashback sul suo passato, sul suo presente e sul suo futuro. Molte risposte gli furono concesse. E quando si riprese si accorse, guardandosi nella lama della spada, che i suoi capelli corvini erano diventati bianchi con sfumature argentee.
    Ma questo lo sapeva. Sapeva che una volta diventati cavalieri di platino, la prima cosa visibile che cambiava, erano proprio i capelli... "una sciocchezza" pensò.
    Kito ringraziò Maekrix, che dopo essersi congedato, volò via.
    Chronepsis nel frattempo si avvicinò al suo cavaliere e Kito appoggiò la sua fronte sulla testa del suo drago.
    "Hai visto? Ce l'hai fatta!" disse il drago.
    "No, Chronepsis... ce l'abbiamo fatta!" rispose Kito.
    E un applauso circondava i due amici in sottofondo.
    Era un cavaliere di platino, era stato il più giovane, era il Principe di Elven. Era il migliore. E se c’era una cosa che amava, era poter condividere la sua gioia con gli altri. Al castello, quando sedevano tutti insieme per la cena, raccontava ai suoi genitori e a sua sorella minore quel che apprendeva ogni giorno, i suoi incarichi, le sue imprese. Demode ricambiava con quello che lo impegnava per il regno, cosa c’era che andava e cosa no. Kito ascoltava affascinato, cercando di imparare il più possibile in modo da non farsi trovare impreparato quando sarebbe diventato re. Sua sorella, d’altro canto, cercava in tutte le occasioni di interrompere i discorsi politici per spostarli ad altri molto più futili. Il ragazzo sbuffava ogni volta per la sua impertinenza, ma poi la perdonava, dopo averla stuzzicata un po': spesso si trovavano a rotolare sul tappeto della sala da pranzo, avvinghiati l’uno all’altra, in una lotta alla pari. Sì, sua sorella riusciva a tenergli testa. Ma non si era mai fatto problemi e quando tornavano al tavolo, richiamati da loro madre, si mettevano sempre seduti eccessivamente composti, quasi non si fossero mai mossi dalla posa professionale che assumevano appositamente. Shayndel, loro madre, rideva ogni volta per questi loro battibecchi.
    E poi la sua risata si spense.
    Era una notte d’inverno quando il tutto avvenne. Kito e la sorella non si accorsero di niente, solo Demode assisté alla scena. Shayndel era sdraiata sul grosso letto matrimoniale quando aveva iniziato ad urlare e a contorcersi dal dolore. Sudava freddo, mentre stringeva convulsamente la mano del marito preoccupato. Il re aveva fatto chiamare il dottore di corte che era arrivato senza indugi, ma oramai Demode stringeva le dita prive di vita della sua amata regina.
    Due giorni dopo furono consumati i grandiosi funerali, senza che le analisi dei medici avessero anche solo immaginato quale fosse stata la malattia che aveva colpito la donna dai grandi occhi color del mare.
    Pochi giorni dopo, Kito seduto su pezzo di roccia poco distante dal castello, era pensieroso. La morte della madre l'aveva sconvolto. Niente era più come prima.
    Chronepsis si avvicinò al suo cavaliere e lentamente cercò di attirare la sua attenzione dandogli colpetto sulla spalla col muso sulla spalla.
    Kito per tutta risposta rimase immobile... non gli andava di parlare. Non gli andava di sentire né verità né bugie. In seguito parlò.
    “Avresti potuto salvarla!” gli disse a denti stretti.
    “Non mi è permesso… e lo sai.” rispose il suo drago facendo ricordare a Kito che nonostante Chronepsis possedesse l’abilità di rinascita, non poteva usarla spropositatamente e sopratutto senza il permesso di una divinità draconica.
    “E allora dimmi… c’è qualcosa che può farla tornare in vita?” si fermò un attimo, poi riprese: “Ho bisogno di mia madre…”
    Nell’istante che seguì Kito catturò dai pensieri del suo drago quattro parole che ripeté ad alta voce: “Il cristallo di Dracolich!”
    “Non pensarci nemmeno!” disse Chronepsis quasi furibondo.
    “Perché? E mi spieghi cos’è esattamente?” chiese curioso al suo drago.
    “Il Cristallo di Dracolich è un oggetto tanto unico quanto potente... È capace di esaudire ogni desiderio a chi lo possiede... in mani sbagliate può anche diventare un oggetto di distruzione.” spiegò il drago.
    “Dove si trova?” interruppe Kito il discorso di Chronepsis.
    “È questa la difficoltà: il cristallo di Dracolich è custodito nel cuore di un unico drago. Per trovare tale cristallo... dovresti uccidere draghi finché non lo trovi... Sempre che tu lo trova. Perché può anche darsi che il drago che lo possiede non sia ancora nato...”
    Chronepsis si mise a guardare il cielo. Molti draghi lo padroneggiavano. Kito sentì il suo drago... e decise.
    “Te lo prometto, Chronepsis... nessuno oserà uccidere draghi per cercare il cristallo.” e si portò la mano al cuore, ma il drago glielo vietò. “Non promettere ciò che non puoi mantenere... Maekrix mi ha mostrato il futuro, Kito. Ma non posso dirti niente... sappi solo che qualunque cosa accada tu ti ricorderai ogni giorno queste mie parole: se senti mortificazione, diventa forte. I deboli sono rivolti a soccombere.” Chronepsis lo guardò per un attimo poi riprese a guardare il cielo. Kito restò in silenzio... le parole e lo stato d'animo del suo drago, li sentì come se fossero suoi. Sapeva in fondo al suo cuore che qualcosa di terribile stava per accadere.
    Nel frattempo la spia di Demode aveva sentito il discorso tra Kito e il suo drago e andò a riferire tutto al re. Il re non perse tempo e mandò tutti i suoi uomini alla ricerca del Cristallo di Dracolich. Era disposto a tutto pur di riportare in vita la sua amata regina, persino uccidere i draghi.
    Intanto Kito stava rientrando nel castello, vide una confusione enorme e non capì cosa stesse succedendo.
    “Che succede?” chiese Kito ad una guardia.
    “Il re c'ha dato l'ordine di uccidere tutti i draghi alla ricerca del cristallo di Dracolich.” rispose sincera la guardia.
    Kito a quelle parole gli ribollì il sangue e cose nello studio del padre.
    Spalancò le porte e dirigendosi verso il padre, che stava controllando le cartine geografiche della zona, scaraventò il tavolo a terra e si scagliò contro di lui.
    “Che ti salta in mente? Metteresti a rischio l'esistenza dei draghi pur di trovare quel cristallo?” urlò furibondo.
    Nel frattempo le guardie si avventarono contro Kito e cercavano di trattenerlo.
    “Si, se è l'unico modo per riportare in vita tua madre...” rispose a tono Demode.
    Kito, deluso da quella risposta, si divincolò dalla presa delle guardie e andò verso la porta.
    “Non finisce qui!” disse furioso e scappò via, verso il suo drago.
    Chronepsis avendo già captato i pensieri di Kito si fece trovare pronto, Kito salì in groppa al suo drago e insieme volarono via, in cerca di un rifugio sicuro.

    ---

    I giorni scorrevano inesorabili, senza che il Tempo avesse pietà della sofferenza del mondo. Demode, nel suo delirio, sterminava i nobili giganti del cielo e Kito con il suo fido Chronepsis non potevano fare altro che tentare di contrastare quel massacro. Erano volati via dal castello, in cerca di una protezione; avevano volato fino al tempio di Maekrix e lì avevano ricevuto la conferma a quell’ordine che si erano già scambiati mentalmente all’inizio del loro volo. Dovevano proteggere i draghi. Ci provarono, ma non riuscivano a proteggere tutti e mentre loro erano sempre più stremati dalle varie battaglie, i seguaci di Demode non cadevano mai e sembravano moltiplicarsi. Aveva bisogno di aiuto. Aeleen, sua sorella.
    E ripresero il volo verso il castello.

    “Sei uno sporco traditore!” Kito si era ritrovato con le spalle contro il muro del raffinato salone da ballo. Aeleen lo teneva bloccato con le mani poste ai lati della sua testa, le braccia piegate facevano in modo che i volti dei due si trovassero vicinissimi, il corpo esile della ragazza, infine, gli impediva le possibili via di fuga. La Principessa aveva lunghi capelli ondulati color del miele, grandi occhi verdi smeraldo e labbra carnose di un vivido color rosso, in contrasto con la pelle chiara e il sottile naso all’insù conferiva al viso un aspetto particolare.
    “E perché mai?” rispose serio alla provocazione rabbiosa della sorella.
    Se non fosse stato per gli occhi così simili, uguali a quelli di loro padre, non si sarebbe mai sospettato che fossero parenti.
    “E me lo chiedi?” domandò Aeleen a metà tra il furioso e l’esterrefatto. Accompagnò l’esclamazione con un ampio gesto del braccio che si affrettò a riportare nella posizione iniziale. Kito sentì rimbombare nelle orecchie il colpo della ragazza. Lei riprese adirata: “Forse perché ti stai opponendo al volere di nostro padre? O forse perché preferisci salvare quegli inutili animali piuttosto che mia madre?”
    “Ti ricordo che è anche mia madre. E come ho detto a nostro padre, è una follia...”
    Aeleen lo interruppe con una risata isterica: tra un urletto e l’altro echeggiava un “no”. Kito non la sopportava più. Con forza le spostò un braccio e si scostò dalla sua presa. Se ne andò, lasciandosi alle spalle la principessa impazzita. Non si aspettava una reazione di questo tipo da sua sorella alla sua richiesta di alleanza.
    “Tu non sei figlio di Shayndel” Aeleen aveva smesso di ridere e ora se ne stava con un piede e la schiena appoggiati contro al muro dove pochi istanti prima aveva costretto il ragazzo, le braccia incrociate al petto.
    Quell’affermazione lo colpì come un pugno allo stomaco. Si voltò di scatto, dopo un secondo di esitazione, per chiedere spiegazioni su quella frase totalmente e preoccupantemente assurda.“Cosa significa?” chiese stranito.
    “Non dirmi che paparino non ti hai mai detto nulla.” Aeleen proruppe in una risatina divertita “Davvero non sapevi di essere il figlio di una delle sue tante concubine?” altra risata. La ragazza iniziava a prenderci gusto nel vedere la faccia addolorata e confusa di Kito. Continuò imperterrita: “Se ti può interessare tua madre si chiama Èlia. Però sei stato davvero fortunato! E sai perché? Perché sei maschio. Solo un uomo può essere l’erede al trono e nostro padre ha sempre avuto solo ragazze, come me, che sono l’unica figlia legittima.” Una punta d’orgoglio colorò le ultime parole. “Vuoi sapere che fine hanno fatto le altre tue sorelle bastarde? Sono tutte servette del palazzo!” Si sentiva che Aeleen si stava divertendo un mondo. D’un tratto riprese più seria e con voce tremante per quell’ira che teneva in petto da anni e che ora poteva finalmente liberare: “Ma tu no... Tu eri un maschio! Che gioia, quando nostro padre l’ha saputo. E fu così che io fui messa da parte, ignorata per colpa di un figlio illegittimo!”
    “Taci” la interruppe Kito con calma perentoria; una calma che ostentava solo all’esterno, mentre dentro di sé un numero infinito di emozioni gli turbinavano nel cuore, dove a sbalzi una prendeva il soppravvento sull’altra, per poi essere oscurata da un’altra ancora. Aveva bisogno di riflettere, ma Aeleen non gli lasciava il tempo.
    “Tu non sei mio fratello e ora non posso proprio accettare che un domani il regno sarà tuo. Inoltre ci hai traditi! Hai tradito l’amore che mia madre ti ha dato per proteggere quei... quei cosi! Per colpa tua, lei potrebbe non tornare più in vita!” una lacrima le rigò il volto, annebbiando i grandi occhi da cerbiatta, accecati dalla furia.
    “Taci” ripeté. La sua pazienza era già giunta a un limite. Troppi insulti in una volta sola, e tutti da una delle persone che aveva amato di più in vita sua. Non poteva credere che sua sorella gli serbasse così tanto rancore.
    “Tu servivi a nostro padre perché eri un maschio, ma in realtà, tu non sei niente di più che un lurido bastardo!”
    “Ho detto, taci!” tuonò Kito. Con un gesto tanto fulmineo quanto involontario le si avventò contro e la sbatté contro la parete violentemente. Alzò la spada, ma la lucidità arrivò qualche secondo prima che la lama affondasse nel collo della sorella e Kito virò altrettanto velocemente la direzione, facendola conficcare nel muro lì accanto. “Taci...” ripeté in un sibilo, ansimante.
    Aeleen aveva gli occhi sbarrati e colmi di terrore. Quando l’albino l’incrociò, dovette chiudere i suoi, non potendo reggere oltre quello sguardo smarrito.
    La stanza incominciò a tremare.
    Forti vibrazioni facevano smuovere il pavimento, e le colonne dell’immenso salone sembravano una gelatina sotto la forza delle scosse sempre più potenti.
    “La punizione divina si abbatte su di noi. La terra si dischiude, per inghiottirci e mai più rilasciarci. Addio cielo.” Aeleen aveva gli occhi sgranati e un’espressione stralunata sul viso, come di disperata rassegnazione. Da brava sacerdotessa, qual’era, s’inginocchiò e rivolse il capo verso il soffitto, aspettando la condanna arrivata dall’alto.
    “Che diamine stai dicendo?” urlò Kito. “Io non posso rimanere qua!” E così dicendo sradicò con un colpo secco la sua spada e corse nella direzione della portone d’ingresso. Se si sbrigava forse faceva in tempo ad uscire.
    Sentì Aeleen imprecare alle sue spalle e bisbigliare delle strane parole. Una specie di muro invisibile comparve davanti a lui, bloccandogli la fuga. Una sottile ed eterea barriera che però aveva una consistenza tangibile. Kito la guardò scocciato. Magia, pensò con disprezzo rivolto alla sorella. In quanto sacerdotessa di Selenfeshil, dea della Luna, sapeva padroneggiarla molto bene. Il ragazzo non aveva appoggiato la scelta di Aeleen di entrare nell’Ordine della Regina della Notte: non solo perché lui era devoto alle divinità draconiche, in perenne scontro con quelle oscure di Selenfeshil, ma proprio per la malvagità che rappresentava la dea.
    L’albino chiuse gli occhi e si concentrò. La lama della sua spada brillò leggermente nelle sue mani prima di infrangere la barriera createsi davanti a lui. Riprese la sua corsa, i sensi in allerta per un ulteriore attacco da parte di Aeleen che non tardò ad arrivare. Un fulmine gli parò la strada, costringendolo a fermarsi di colpo. Intanto, la ragazza l’aveva raggiunto e aveva fatto comparire tra le mani una lunga asta con una protuberanza a una delle due estremità. Lo Scettro di Selenfeshil si espresse in tutta la sua forza, nel fendente che Aeleen aveva menato, intenzionata a non lasciar fuggire il fratellastro. Kito non si scompose e lo afferrò al volo, prima che questo gli raggiungesse il volo e con la mano libera partì un attacco con la sua spada. Aeleen lo schivò senza difficoltà e facendo leva sul suo Scettro si issò da terra, colpendo Kito in faccia con un calcio. Il ragazzo non si agitò. L’attacco non era abbastanza potente per farlo cadere in terra, l’aveva semplicemente sbilanciato all’indietro, costringendolo a inarcare la schiena, appoggiare le mani sul terreno vibrante e rotearsi all’indietro, riportandosi in posizione eretta.
    Non poteva colpire una donna, non poteva uccidere sua sorella. Ma sapeva che quella non l’avrebbe lasciato sfuggire e lui non poteva permettersi di rimanere rinchiuso negli Inferi, dove stavano inesorabilmente precipitando.
    Partì di corsa e fece un fendente. Com’era prevedibile Aeleen lo parò senza difficoltà. Kito era consapevole dell’abilità della ragazza nei combattimenti e volutamente non aveva mirato a ferirla, ma solo a distrarla.
    Aeleen, invece, non scherzava. Non gli lasciò il tempo di caricare un altro attacco, che si preparò a impartigli un calcio nello stomaco. Il Cavaliere lo schivò e si portò alle spalle dell’avversaria con un balzo. Alzò la spada per colpire, ma un mulinello d’aria venne contro di lui, approfittando del petto senza guardia. Venne scaraventato contro la parete dove pochi istanti prima avevano avuto il loro colloquio. Maledizione! Imprecò a denti stretti. Di questo passo non uscirò più. E a questa preoccupazione si unì quella del soffitto che iniziava a cedere sotto la potenza degli scossoni. Piccoli pezzi di roccia cominciavano a cadere e un masso di notevole dimensioni gli venne incontro. Lo scansò con un balzo, ma con la coda dell’occhio notò gli occhi di Aeleen illuminarsi di fronte a un’idea improvvisa. Vide il masso non precipitare del tutto, ma fermarsi a pochi millimetri dal pavimento e dirigersi verso di lui. Iniziò a correre, cercando una soluzione al problema. Era Aeleen a controllarlo e non era facile liberarsene. Si voltò a guardare il suo inseguitore inanimato e lo vide prendere progressivamente velocità. La Sacerdotessa glielo aveva scagliato contro. Kito si lasciò sfuggire un sorriso. Si abbassò e lascio che l’enorme sasso passasse sopra alla sua testa con un sibilo e si schiantasse contro la parete, provocando altri scossoni e crolli.
    E adesso era il suo turno di attaccare: si era stufato di subire e basta. L’attaccò incessantemente, un colpo dietro all’altro, ininterrottamente precisi e potenti. Aeleen, del canto suo non accennava errori e ad ogni attacco c’era sempre una pronta parata. E lo scontro proseguì inalterato per alcuni secondi. Fendente. Parata. Affondo. Schivata. Colpo. Parata. Affondo. Parata.
    L’incontro avrebbe potuto protrarsi così all’infinito, senza che nessuno dei due contendenti cedesse, ma il lampadario intervenne a rompere quella monotona routine di colpi. Uno scossone troppo forte fece sbilanciare Aeleen e Kito poté, grazie a quel momento di distrazione, accorgersi dell’immenso lampadario di cristallo cadere in direzione della sorella. Si lanciò su di lei e stringendola al petto, la portò lontano. La premette ancora di più contro di sé per proteggerla dalle schegge che partirono in mille direzione, all’impatto tra il cristallo e la dura roccia del pavimento. Fece scudo con la sua schiena e strinse i denti per non urlare ogni volta che un frammento gli s’impiantava nella carne. Aeleen non sembrò apprezzare questo suo gesto altruistico, perché gli assestò una ginocchiata nello stomaco e lo ridusse a terra con un fulmineo colpo alla nuca. Vibrò il suo scettro in aria e mirò alla schiena di Kito, altezza cuore. Il ragazzo rotolò di lato, lasciando il bastone impiantato a terra, e si rialzò ansimante. La Sacerdotessa sembrava ancora nel pieno delle sue forze. L’albino respirò profondamente, senza staccarle gli occhi di dosso e in un secondo realizzò che la sorellastra mirava ancora ad usare la magia. La vide chiudere gli occhi e riaprirli di colpo, mentre il suo bastone s’incendiava di un fuoco che non lo inceneriva.
    Aeleen partì alla carica e un nuovo scambio di attacchi riprese a velocità incalcolabile. Kito non aveva intenzione di scoprire se quel fuoco maledetto non avrebbe fatto niente neanche a lui e pertanto parava, schivava, faceva di tutto per evitare di essere colpito e di colpirla. Non poteva farle male.
    All’ennesimo colpo di bastone, decise di reagire. Un suono stridulo si levò nell’aria quando le due armi cozzarono tra di loro. Kito non le lasciò il tempo di ripartire che fece leva sulle gambe e con tutta la sua forza la spinse via. Non si concesse neanche il tempo di guardare che fine avesse fatto la sorella che si voltò a correre verso l’uscita.
    Il palazzo stava sprofondando a una velocità sempre maggiore e i contorni del raffinato salone da ballo erano quasi irriconoscibili. Un’enorme parte lo separava dall’uscita sopraelevata. Erano scesi di parecchio.
    Kito imprecò a mezza voce e chiuse gli occhi. Era giunto il momento di tirare fuori pure lui un po' di magia. Si concentrò e puntò la mano dietro di sé. Sentì un brivido di fatica corrergli per la schiena, mentre enormi massi si staccavano dal pavimento e s’innalzavano a formare un muro protettivo dietro di lui. Speriamo che questo rallenti Aeleen... e si gettò sulla parete, pronto a iniziare la sua scalata.
    - Chronepsis! - urlò nella sua mente, conscio che il suo fedele drago l’avrebbe raggiunto il più velocemente possibile.
    Dall’alto della sua scalata vide Aeleen alzarsi infuriata e poggiare la mano sul terreno. Un rombo si propagò nel pavimento crepato e andò a confluire sotto il muro creato da Kito. Dei geyser di una potenza inaudita lo fecero esplodere, comparendo sotto di esso e frantumandolo. Sentì Aeleen ridere di una perversa soddisfazione.
    Maledizione! Chronepsis comparve provvidenziale all’imboccatura del salone. Virò e si abbassò di quota, permettendo a Kito un salto che l’avrebbe fatto appendere alle sue poderose zampe. Qualcosa interruppe l’evoluzione. Kito si sentì come avvolgere da un’invisibile presenza e tirato verso il basso senza che potesse opporre alcune resistenza. Guardò spaventato Chronepsis, invocando mentalmente il suo aiuto. Aeleen puntava lo scettro contro di lui e lo teneva con soddisfazione in suo possesso. L’immenso drago d’oro spalancò le sue fauci e una fiammata partì nella direzione della Sacerdotessa. Aeleen fu costretta a scansarsi e perse il controllo su Kito che iniziò a precipitare.
    Chronepsis sussurrò un "tranquillo" al suo Cavaliere e lui non si preoccupò più della caduta libera. Anni e anni di amicizia li legavano e sapeva che non l’avrebbe lasciato spiaccicarsi al suolo. Con la coda dell’occhio notò Aeleen finire bloccata da un enorme masso, Chronepsis volteggiare nel salone con le sue scaglie che brillavano alla luce e il pavimento avvicinarsi, inevitabilmente, sempre di più. Quando sentì qualcosa di solido portarsi sotto di lui, diede una pacca sul fianco al suo drago e crollò in uno stato di dormiveglia, mentre il Drago d’Oro lo prendeva sul suo dorso e lo conduceva fuori dal palazzo cadente. A cullarlo le urla di maledizione che Aeleen gli lanciava.

    ---

    Passarono alcuni giorni, i draghi che padroneggiavano il cielo morivano ogni giorno lasciando così un vuoto. Un vuoto incolmabile.
    Kito e Chronepsis intanto erano nascosti in una caverna, nella speranza che non venissero trovati. Si stavano riposando dopo aver lottato, inutilmente, contro i seguaci di Demode. Demode per il suo esercito aveva reclutato chiunque, dalla semplice guardia del castello agli Artigli di Dartak. Questi ultimi avevano solo uno scopo, uccidere tutti i draghi alla ricerca del cristallo di Dracolich.
    Kito intanto si inoltrò nel bosco per raccogliere della legna per scaldarsi, la sua mano, nonostante tutto però, non lasciava la spada nemmeno per un istante.
    Al suo ritorno, Kito entrò silenziosamente nella caverna. Poi avvertì Chronepsis.
    “Sono io!” La sua voce rimbombava nella penombra.
    Kito appoggiò la legna vicino al fuoco e il suo sguardo si posò sul suo drago, che era intento a pregare.
    “Che fai?” chiese Kito curioso.
    Chronepsis sbuffò… e si girò a guardare il suo cavaliere.
    Intanto Kito lo stava accarezzando.
    “Stavo cercando di invocare l’aiuto delle divinità draconiche… ma non ho nessuna risposta… l’unica cosa che avverto è che i loro santuari sono andati distrutti.”
    Kito abbassò lo sguardo. I suoi pensieri erano confusi e tutti rivolti ai draghi che ogni giorno perdevano la loro vita.
    “Voglio pregare insieme a te.” disse infine.
    Chronepsis intanto non lo ascoltava… era come in trance. Poi disse stupito: “Garyx... è morto!”
    Kito per un primo momento rimase incredulo, poi chiese: “Garyx?”
    “Garyx, il drago bianco di Khael. Un cavaliere di Platino. Un drago bianco temuto e rispettato da tutti!” spiegò Chronepsis.
    “Come è morto? Per mano di un artiglio di dartak, vero?” Ipotizzò Kito.
    “No, la sua morte è stata più atroce… è morto per mano del suo cavaliere stesso. Khael.”
    “Cosa? Che cavaliere è al mondo se uccide il suo drago?” sbraitò.
    Chronepsis calmò Kito. “Non saltare a conclusioni sbagliate. Era sotto una maledizione… è stato indotto a farlo. Potrebbe capitare a chiunque... persino a te. E poi che farai?”
    “Hai ragione… scusa. Khael… però non mi ricordo nessun Khael alla mia cerimonia, eppure hai detto che è un cavaliere di platino...”
    “Beh, si lo era… una volta perso il suo drago, non si è più cavalieri di platino. Comunque se non c’era alla tua cerimonia, è perché è un tipo stravagante… odia i festeggiamenti. Infatti si sa ben poco di lui… è molto misterioso…” gli spiegò.
    Improvvisamente i sensi di Kito e Chronepsis si misero all'erta. Qualcuno stava entrando dentro la caverna. Kito spense il fuoco coprendolo con una coperta e si avvicinò al suo drago con in mano la sua spada.
    "Siamo circondati" disse Chronepsis nella mente di Kito.
    Con un solo soffio Chronepsis fece luce dentro la caverna. Erano davvero circondati. Dagli Artigli di Dartak.
    Kito venne costretto a gettare la sua spada a terra. Poi vennero scortati fuori dalla caverna.
    Kito però non ci stava. Non ci stava ad essere un vinto senza combattere. Così prese il pugnale dai suoi stivali e cominciò a uccidere quelle creature orripilanti.
    "Chronepsis vola!" Comandò Kito al suo drago.
    Chronepsis stava per lanciarsi in volo quando centinaia di Artigli di Dartak gli si scagliarono incontro impedendogli di scappare.
    Nel frattempo Kito combatteva. Il drago cercava di divincolarsi.
    Ma gli Artigli di Dartak si facevano sempre più numerosi e Kito cominciava a perdere le forze, ma nonostante questo non si fermava.
    Intanto il suo drago cercava di liberarsi, ma gli Artigli di Dartak lo avevano immobilizzato. Poi Chronepsis lanciò un urlo. Gli Artigli di Dartak lo avevano ferito al collo.
    Kito a quell'urlo di dolore del suo drago non seppe resistere e andò incontro al suo drago per salvarlo.
    Ma nella sua corsa verso il drago venne ferito alla testa e cadde in terra. Ma prima di chiudere gli occhi, l'ultima visione che vide fu quella del suo drago che cercava di divincolarsi dagli attacchi degli Artigli di Dartak. Poi fu buio.
    Kito aprì gli occhi e traballante raggiunse il suo drago morente di corsa urlando a squarciagola “Chronepsis!”. Kito si avvicinò al suo drago e lo accarezzò. Poi vide la ferita a petto. Voleva curarlo.
    Chronepsis avendo captato i pensieri di Kito con gli ultimi respiri disse al suo cavaliere: "Aspetta... resta con me."
    Kito non seppe dire di no al suo drago. Così si avvicinò alla sua testa e lo accarezzò. Nel silenzio, piangeva.
    "Kito, abbiamo superato tanti momenti insieme. Voglio che ti ricordi sempre di queste mie parole: se senti mortificazione diventa forte. I deboli sono rivolti a soccomb..." poi la luce che padroneggiava negli occhi del drago si spense.
    Kito con il viso ormai rigato dalle lacrime lanciò un urlo al cielo.
    Un urlo di disperazione. Un urlo di vendetta.

    ---

    Un giorno. Tutto era successo in un solo giorno. La distruzione delle sue convinzioni, lo sprofondamento del suo palazzo, l’uccisione del suo drago... Così come in un giorno solo sua madre era morta e suo padre impazzito.
    Camminava svuotato, ripetendosi queste parole nella mente, cercando di dare loro un senso. Un senso che non c’era e che non arrivava.
    Erano tre giorni che camminava senza soste, se non quelle che il suo corpo gli obbliga a fare con degli svenimenti. Tre giorni che non mangiava e non beveva. Era allo stremo delle forze, ma questo non gli cambiava. D’un tratto aveva perso tutta la sua sicurezza, la sua convinzione e non riusciva a capacitarsene. La consapevolezza di non avere più forza di volontà, lo aiutava solo a commiserarsi ancora di più.
    Fu all’alba del quarto giorno che qualcosa fece mutare quella mortale routine. Era comparso dal folto del bosco, gli si era avvicinato minaccioso e Kito non aveva fatto altro che fermarsi, fissarlo e aspettare. In effetti, la sua mente aveva prodotto una serie infinita di domande nell’instante in cui lui era comparso dalla macchia di vegetazione, ma Kito si era rifiutato di ascoltarle e di cercar loro una risposta. La prima era stata come mai Demode fosse lì davanti a lui e non sprofondato insieme al suo castello; la seconda era che cosa voleva da lui; la terza perché impugnava una spada; e via all’infinito con i numeri.
    “Non mi aspettavi, vero?” Demode, suo padre, aveva proferito quelle parole e nient’altro, prima di avventaglisi contro, la lama tesa.
    Lo scontro era iniziato. Demode combatteva per ucciderlo, Kito perché il suo corpo, scolpito dopo anni di allenamento, si rifiutava di cadere così. L’albino non avrebbe voluto altro che fermarsi e farsi trafiggere, ma sapeva che non poteva. E più combatteva, più tornava lucido. La stanchezza era sparita e lui finalmente capiva il senso di quelle parole che gli ronzavano nella mente da tre giorni. Il suo compito era quello di vendicare il suo drago e gli altri sterminati da Demode, era quello di diventare il giusto re di Elven per riportare la pace. E lentamente le forze gli tornavano, l’energia lo pervadeva e il fuoco riprendeva ad ardergli dentro.
    A interrompere il duello fu un tremito del suolo. Kito si arrestò di colpo. Quella piccola scossa lo aveva riportato indietro nel passato più prossimo, quando il suo palazzo era sprofondato. Un crepa si aprì sotto i piedi di Demode, mentre il terreno continuava a tremare.
    Qualcosa gli si aggrappò al piede. Kito cadde per terra, stremato, mentre suo padre cercava di trascinarlo con sé negli Inferi. Ci riuscì. La terra si richiuse sopra di loro e tutto fu buio.
    Passarono gli anni sotto la terra e Kito non fece altro che allenarsi e mettersi alla prova. Non era stato abbastanza forte per salvarsi e non sprofondare: ora doveva rimediare.
    Poi, un giorno vennero gli Accoliti dei Draghi che finalmente lo salvarono. Era più potente e determinato che mai. Lo condussero dal saggio Hitak. Era stato lui a causare i terremoti e lui a chiamare gli Accoliti in suo aiuto, quando si era accorto dell’errore commesso. Gli disse che la leggenda stava per compiersi, che la settima stella di Orion era sbiadita e che il Prescelto era arrivato. Da lì, Kito aveva saputo cosa doveva fare.

    ---

    I ricordi gli affollarono la mente, in un istante rivisse tutto e non poté fare a meno di riprovare tutte le emozioni che già aveva vissuto. Cercò di calmarsi e alla fine sbottò in direzione di Jared e Rejka che lo fissavano accigliati: “Mi sembra normale che io non vada in giro a sbandierare il mio passato ai quattro venti. Sono fatti miei quel che sono stato, a voi importa solo quel che sono ora” la sua voce era alterata, si vedeva che stava iniziando a perdere il controllo e che faceva di tutto per trattenersi e non mettersi ad urlare. Jared lo vide stringere i pugni così forte lungo i fianchi che le nocche sbiancarono e i muscoli erano messi ancora più in evidenza, tirati in un immane sforzo di mantenere la calma. Alzò lentamente la testa e attraverso i regali capelli albini, i suoi occhi color smeraldo s’impiantarono in quelli castani di Jared. Il moro si sentì trafiggere da quello sguardo così potente, determinato e sicuro di sé; quello sguardo che lasciava chiaramente trasparire angosce e incubi di quel che era stato e un’incredibile forza per affrontare quel che sarà.
    “Io adesso sono qui e che voi lo vogliate o meno vi aiuterò, perché è questo che devo fare. Siete liberi di non accettarmi, ma questo non m’impedirà di perseguire la vostra stessa missione, con o senza di voi.”
    “Chi sei in realtà?” chiese tremante Jared.
    “Io sono semplicemente Kito” rispose così, con un sorrisino beffardo, e nel contempo gettò uno sguardo di complice intesa a Falazure. Era sicuro che il drago avesse sentito tutta la sua storia, attraverso i suoi pensieri; ed era sicuro che non l’avrebbe tradito, raccontandola ad altri.

    FINE CAPITOLO IV
     
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