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piuma nel vento.
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La morte in un romanzo è un elemento difficile da gestire. Ovviamente non si può far vivere un personaggio per nove libri. Ma bisogna pur tener conto dell'invecchiamento. La scusa preferita è "vive molto e si tiene in forma". Secondo me non sempre basta.
Per esempio, Ido di Licia Troisi.
Nel primo romanzo aveva almeno cinquant'anni. E combatteva come uno di trenta. Andiamo avanti di tre libri (perciò di cinquant'anni); lui non solo è ancora vivo, ma combatte ancora molto bene. Riesce a tener testa a tre assassini esperti armati fino ai denti, e stiam parlando di un vecchio di cent'anni.
La domanda è: quando far morire un personaggio? E quando invece farlo invecchiare?
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*Blake*.
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Non conosco Ido perché con la Troisi mi sono fermata alla prima saga. Posso provare a sparare che magari ha dei poteri particolari che non lo fanno invecchiare, altrimenti il fatto che lui dopo cinquant'anni non sia cambiato di una virgola non reggerebbe xD
Secondo me non c'è un tempo esatto per stabile quando fare morire un personaggio, credo che è la storia che lo decide. Un personaggio possiamo ucciderlo per diversi motivi: perché ha dato tutto quello che doveva dare alla storia, perché è la conseguenza inevitabile del suo destino nella storia, perché la sua morte deve portare un cambiamento alla storia. Questi sono solo alcuni motivi...
L'invecchiamento, allora anche questo dipende dalla storia, dall'arco di tempo in cui si svolge. Se ricopre poco tempo puoi anche evitare di fare invecchiare i personaggi, se ricopre parecchi anni (tipo il tuo esempio della Troisi) l'invecchiamento è d'obbligo. A meno che il personaggio non sia immortale o dotato di poteri che non lo fanno invecchiare.
Il problema invecchiamento personalmente non mi riguarda, i miei personaggi sono immortali, per cui non invecchiano... salvo casi particolari xD. -
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Come lasciò intendere Agatha Christie (che emozione citarla XD), uno scrittore affermato non fa mai morire un personaggio finché questo personaggio "rende", ovvero conquista consensi tra i lettori. E' un esempio il suo personaggio più celebre, il detective Hercule Poirot. Nel primo romanzo in cui compare, viene presentato come ultracinquantenne o sessantenne, e il romanzo è ambientato durante la prima guerra mondiale. Poi visto il successo, la Christie continuò a inserirlo nei propri romanzi, e questo fino alla fine degli anni '60 e inizio anni '70, ambientando i romanzi proprio in quel periodo contemporaneo, mentre di fatto, se avesse avuto anche solo 55 anni nel 1915, nel 1960 avrebbe dovuto avere cent'anni (mentre veniva presentato come 75enne al massimo).
Diciamo che non sono molto attratta da queste cose e solo perché è Agatha Christie le perdono questi invecchiamenti sballati dei suoi personaggi (altri personaggi da lei creati, invece, subirono un processo di invecchiamento contrario: erano 20-25enni negli anni '20, e più o meno sessantenni durante la seconda guerra mondiale)...
Secondo me c'è una mediazione: se proprio si vuole scrivere una serie di romanzi con gli stessi protagonisti, è bene combinare bene l'età con il tempo. E se proprio abbiamo inventato un personaggio già anziano e vogliamo inserirlo in dieci romanzi, una perfetta mediazione è ambientare questi romanzi in un arco di tempo ristretto.. -
Esteban Scri.
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Ho letto uccidere i personaggi e mi sono fiondato di corsa, scusate l'apparizione mistica, ma quando si tratta di uccidere i propri personaggi mi sento chiamato in causa (sono uno stragista).
Tuttavia qui stiamo parlando di morte naturale, ma ormai che ci sono dico la mia . A mio avviso un personaggio deve essere fondamentalmente estremamente coerente con il tempo che trascorre, così come ad esempio succede nelle Leggende di Earthsea.
Un personaggio può avere carattere, carisma e incantare il lettore, ma se uno scrittore non riesce a mantenerlo valido anche facendolo rimanere coerente nel tempo la prima cosa che penso è: "wow, gli è venuto bene questo personaggio per un colpo di c*lo ma non sa fare di meglio facendolo invecchiare!"
Se un personaggio funziona ma comunque giunge la sua fine, ci sono modi più intensi per mantenerlo in vita. Questo può avvenire attraverso i ricordi dei suoi successori, o di qualcuno che tenta di emularlo, fallendo ogni volta, qualcuno che lo stimava ma preferisce agirne agli antipodi, così da ricordarlo in ogni suo gesto. Un figlio che gli somiglia molto ma viene sempre paragonato al padre ad esempio. Insomma, i personaggi devono morire di vecchiaia, senza se e senza ma. il punto è che devono essere sostituiti da un personaggio di pari intensità che lo ricordi, ma senza emularlo.
Interessante sarebbe riuscire a creare un personaggio costantemente paragonato al suo predecessore morto, perché se non lo fa lo scrittore ci penserà il lettore, e potremo anche aver creato un personaggio fantastico, ma finirà perduto in mezzo ai "preferivo quello che c'era prima."
Indubbiamente Agatha Christie aveva le sue teorie, ma anche un nome . Sarebbe stato molto più interessante, magari, far entrare in scena un figlio di Poirot, che fa di tutto per compiacere il padre (quindi il lettore), ma non vi riesce mai, non essendo mai alla sua altezza (anche se poi lo è).
In definitiva, a mio avviso, quando è ora il personaggio tira le cuoia. Ci sono modi narrativamente più interessanti per perpetrarne l'immortalità se necessario.
ps. Ido è uno gnomo e gli gnomi della Troisi, se non erro, vivono tranquillamente fino a 120/150 anni. -
.CITAZIONEIndubbiamente Agatha Christie aveva le sue teorie, ma anche un nome . Sarebbe stato molto più interessante, magari, far entrare in scena un figlio di Poirot, che fa di tutto per compiacere il padre (quindi il lettore), ma non vi riesce mai, non essendo mai alla sua altezza (anche se poi lo è).
In effetti sarebbe stato interessante, anche se l'esistenza stessa di un figlio avrebbe presumibilmente stravolto il personaggio di Poirot (descritto fin da subito come scapolo incallito, che forse mai aveva avuto una donna - mi sono sempre chiesta se la Christie volesse lasciare intendere che era omosessuale o se era semplicemente asessuato).. -
Esteban Scri.
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In effetti sarebbe stato interessante, anche se l'esistenza stessa di un figlio avrebbe presumibilmente stravolto il personaggio di Poirot (descritto fin da subito come scapolo incallito, che forse mai aveva avuto una donna - mi sono sempre chiesta se la Christie volesse lasciare intendere che era omosessuale o se era semplicemente asessuato).
Un figlio avuto durante una sbronza in un viaggio in sudamerica miracolosamente ricomparso in un momento a caso?. -
.CITAZIONEUn figlio avuto durante una sbronza in un viaggio in sudamerica miracolosamente ricomparso in un momento a caso?
O un figlio avuto in gioventù con Miss Marple?. -
Esteban Scri.
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CITAZIONEUn figlio avuto durante una sbronza in un viaggio in sudamerica miracolosamente ricomparso in un momento a caso?
O un figlio avuto in gioventù con Miss Marple?
Sento nascere la Fanfiction!. -
.CITAZIONESento nascere la Fanfiction!
Come hai fatto a indovinare?. -
Sansa Stark.
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Credo che uccidere i propri personaggi sia molto difficile ma al contempo molto reale e apprezzabile. per esempio, il libri di Terry Brooks (Celebre saga di Shannara) vanno avanti per "generazioni". Infatti in ogni libro è presente il personaggio del libro precedente invecchiato, o addirittura morto. . -
Snake0817.
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Per esempio, Ido di Licia Troisi.
Nel primo romanzo aveva almeno cinquant'anni. E combatteva come uno di trenta. Andiamo avanti di tre libri (perciò di cinquant'anni); lui non solo è ancora vivo, ma combatte ancora molto bene. Riesce a tener testa a tre assassini esperti armati fino ai denti, e stiam parlando di un vecchio di cent'anni.
La domanda è: quando far morire un personaggio? E quando invece farlo invecchiare?
perdonatemi se scrivo senza essermi presentato
sto leggendo il forum qua e là e mi è saltato all'occhio questo post
Ido non è umano, è uno gnomo, e chi si intende di fantasy medievale sa che certe creature possono vivere più di un umano, perciò è normale quanto scritto dalla Troisi
detto ciò tolgo il disturbo,scusate XD. -
.CITAZIONEOvviamente non si può far vivere un personaggio per nove libri
Beh non è del tutto vero, voglio dire, dipende dal tempo della narrazione: 9 libri possono anche racchiudere una storia di 9 giorni. In questo senso puoi lavorare sulla gestione dei tempi;ad esempio, se credi che la tua saga sia "trascinata" soprattutto dai personaggi, limita il tempo del racconto a mesi o anni (se un libro corrispondesse a circa un anno ce ne vorrebbero parecchi prima che il problema si ponga...) .
Se non puoi rinunciare ad abbracciare un lungo arco di tempo l'importante è che tu faccia invecchiare coerentemente, e imho i mezzucci come: "nonostante la sua età, combatteva come un ragazzino" non sono molto eleganti; meglio farlo smettere di compiere azioni atletiche o far capire che comunque non gli riescono più come una volta.
Il problema comunque diventa concreto solo quando si raggiunge un età veneranda; chiaramente se il personaggio (umano) ha 80 anni, prima di inserire un ellisse di 20 devi affrontare il problema della sua morte, per non trovarti dopo a dover comunicare "ah scusate, mi ero dimenticato di dirvi che intanto Beppe era morto ^^". La morte, nelle storie come nella vita, è un avvenimento importante che può anche costituire una parte molto interessante nella vicenda, quindi fossi in te cercherei modi di valorizzare questo aspetto anziché rimandarlo o evitarlo. Io per essere verosimile non andrei mai oltre i 100 anni, anche perchè andando oltre, sebbene vivo,il personaggio sarebbe una cariatide costretta a letto e con difficoltà anche nei semplici dialoghi.
Se è una storia fantastica, di modi per mantenerlo in vita te ne puoi inventare quanti ne vuoi (elisir, patti col demonio ecc...), se è un ambientazione verosimile non puoi evitare la morte. Alcune saghe introducono prima un "erede", spesso il figlio, che ha tutte le caratteristiche del predecessore e lo va di fatto a sostituire dopo la morte (mi viene in mente "Il Padrino" o la saga di Shannara).
La verosimiglianza è comunque sopravvalutato come problema, ad esempio l'Uomo Ragno ad oggi dovrebbe essere ultrasettantenne, e benchè la cosa sia stata fatta notare più volte, il personaggio è rimastoil Peter Parker originale e tutti continuano a leggerlo felici ^^. L'importante è che la storia piaccia, il resto è secondario.. -
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Lo ammetto, io non riesco proprio ad uccidere i miei personaggi. Quando creo un nuovo personaggio lo assemblo pezzettino per pezzettino e quando è pronto, non riesco più a staccarmene. è uno dei motivi per cui difficilmente scrivo saghe che richiedano la morte di qualcuno. Sono abbastanza sentimentalista, non riesco a far morire nessuno, nemmeno nella mia testa ^^ Di solito, dato che scrivo soprattutto fantasy, faccio in modo che possano vivere molto a lungo e a morire sono quasi sempre personaggi secondari, a cui cerco di legarmi meno per portarli alla morte.
Sui personaggi degli altri invece, resto dell'opinione che bisogna essere realistici, quindi ad una certa età basta, mettiamo un personaggio all'ospizio, però non riesco mai a leggere i libri dove muoiono i protagonisti, anche se sono vecchi decrepiti XD. -
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Neanche io sono in grado di far morire i miei personaggi principali, mi dispiace ma non sono Martin (ancora mi sta qui la morte di Lady e Ned) e forse per questo che ciò che scrivo si sviluppa in lassi di tempo piuttosto brevi (6 mesi), oppure inserisco dei personaggi eterni od immortali (non più di uno o due sennò che sfizio c'è?)... Pensate che avevo creato un personaggio odioso che doveva morire per mano della protagonista, ma poi non c'è l'ho fatta e l'ho lasciato vivo... . -
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Per me è una cosa straordinariamente facile.
Decreti che muore alla sua creazione, stabilendoli un cronometro di azioni e capitoli. Finito il conto alla rovescia deve morire e tu lo uccidi.
Non è così difficile
Insomma, io non mi sento bene se non faccio morire miliardi di persone nel corso di mezzo libro....