Di tutto un po'

Come riverire l'ortografia, e altro

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    Torniamo a scuola


    Ortografia è… ... cura dell'aspetto.

    La buona ortografia è come la cura della persona: genera credibilità e fidelizza il lettore.
    A monitor, nonostante quasi tutti abbiano una connessione senza limiti di tempo, la concentrazione in lettura è fragile, e andrebbe temprata con una scrittura "normale".
    Che cos'è?
    Si tratta della scrittura che troviamo nei libri di rispetto, sede in cui l'ortografia sfiora o raggiunge la perfezione.

    Parliamone

    Le congiunzioni che terminano con E accentata meritano tutte il segno acuto:

    poiché
    perché
    nonché
    benché
    giacché
    allorché
    affinché
    ancorché
    anziché
    fuorché
    finché...

    Ahimè, esclamazione, merita un'eccezione: il suo accento è grave.


    Qual è la forma corretta?
    sì: perlopiù (consigliato)
    sì: per lo più (ugualmente corretto)

    sì: perlomeno (consigliato per l'immediatezza grafica).
    sì: per lo meno (ugualmente corretto ma meno efficace per l'immediatezza grafica).

    sì: tantomeno (consigliato)
    sì: tanto meno (più arcaico ma ugualmente corretto).

    sì: meno male
    no: menomale

    sì: ce n'è, ce n'era, ce n'erano
    no: ce nè, cenera, cenerano

    sì: ventenne
    no: vent'enne

    sì: vent'anni
    no: ventanni

    sì: tutt'al più
    no: tutt'alpiù

    sì: alcunché
    no: alcun che

    sì: innanzi tutto
    no: innanzitutto

    sì: anzitutto
    no: anzi tutto

    sì: al di là (nei casi in cui vogliamo esprimere: oltre quel luogo, fisico o mentale, tralasciando...).

    sì: aldilà (soltanto nei casi in cui vogliamo esprimere: l'oltretomba metafisico, metaforico o spirituale.


    I punti di sospensione saranno tre, né più né meno.
    Qualsiasi altra forma azzardata risulta scorretta, e facilita la fuga della concentrazione poiché da qualche parte, nella nostra testa è stampata, sempre in agguato, la perfezione che abbiamo assimilato sui libri rispettabili.

    Il puntoVirgola, questo sconosciuto.
    È un segno utilissimo che, tuttavia, viene puntualmente snobbato dai più. Serve nei periodi lunghi in cui il punto fermo potrebbe distogliere dalla concentrazione quando desideriamo esprimere un tratto tutto d'un fiato.
    Vediamo:
    «Oggi è stata una giornata bellissima, ho fatto mille cose, tutte ben realizzate; non c'è stato un solo attimo di noia né eventi che potessero distrarmi dalla mia passione: la scrittura. Che bello il ticchettìo dei tasti, le lettere che scorrono sulle righe come fossero l'estensione dei miei pensieri; ondate di idee che giungevano limpide e ordinate; una giornata in cui sognavo di essere uno scrittore !».
    Serve anche quando vogliamo rafforzare o spiegare il senso della frase o del periodo che va concludendosi:
    Ieri, in autostrada, un camionista sembrava alticcio, mi ha tagliato la strada durante un sorpasso; me la sono vista brutta.


    El puppappero

    po – pò – fà – fa’ - sta' – stà - stò – bè – dò - bhe – n'e – nhe - nè...
    Errori comunissimi, ma non per questo trascurabili...
    Se scriviamo po oppure , la pronuncia della sillaba non cambia; perché dunque usare un accento senza utilità, e pure scorretto?
    Presto detto: un po' è il troncamento di "un poco"; il segno che va usato non è un accento bensì un apostrofo che segnala l'omissione di "co".

    Fa, se si tratta della nota musicale, va scritto, per distinguo, con la lettera maiuscola, ancor meglio: FA.
    Gli altri fa sono: un imperativo per la seconda e un coniugato alla terza singolare, e non necessitano di alcun accento; nascono e vivono così poiché, nel tempo, l’imperativo ha perduto anche l’apostrofo.
    Sto, verbo, funziona allo stesso modo di fa.
    Sta (come sopra)
    Ben altra cosa è 'sta, il troncamento anteriore di "questa" che, però, è una forma dialettale.

    Attenzione, affinché nel testo non si creino malintesi o confusione:
    , verbo in terza, va accentato, per distinguerlo dalla preposizione: da
    Medesimo accorgimento vale per , verbo all’imperativo, che va accentato affinché sia distinguibile dalla preposizione: di. Vale anche per: , che sta per giorno, e per: e , distinguendoli - dal pronome e dall'articolo - quando esprimono un luogo.
    Vediamo
    «Sta lì un po’ e dì la verità sui fatti di quel dì, se non ti dà fastidio. Puoi andare di là o di qua, ma sarà meglio che tu non ti muova da lì.»

    , affermazione, va accentato affinché possa distinguersi con certezza dalla particella nominale si (si fanno... si dice...).

    Beh, esclamazione, vive bene così. C'è però un'eccezione che ne cambia il significato, nelle forme:
    va be' e be'. Anche questi sono trocamenti di: bene, e necessitano dell'apostrofo, come avviene con: un po'.
    Ad inizio frase, sarà corretto:
    «Va be', ci siamo».
    «Be', ci siamo».
    «Va be', siamo pronti !».
    «Be', siamo pronti ?».
    «Va be', partiamo !».
    «Be', partiamo ?».
    «Va be', ma cosa vuoi farci ?»
    «Be', ma cosa vuoi farci ?»
    E in altre occasioni in cui be' significa, senza dubbi di sorta: bene.

    Se e
    Fatto salvo il se introduttivo del periodo ipotetico, rimane valida una convenzione che riguarda il sé pronominale, ovvero possiamo scrivere:
    se stesso
    e
    se stessa
    senza l'occorrenza dell'accento.
    Altrettanto corretta, poiché nativa, è la scelta:
    sé stesso
    sé stessa

    sé stessi
    sé stesse
    .
    Tuttavia, nei due casi finali, abbiamo a che fare con "materiale" che può generare confusione in concomitanza degli omografi:
    se (io) stessi...
    se (tu) stessi...
    se (lei) stesse...
    Sceglieremo, dunque, la forma che più si addice per scongiurare ogni malinteso. Fatta la scelta, dobbiamo, però, mantenerla costante in tutti i tratti in cui li useremo, dall'nizio alla fine, per tutto il testo.
    Va da sé, invece, la correttezza, ineludibile, di:
    (tenne) a sé
    (volle) per sé
    (portò) con sé
    (parlò) di sé
    una faccenda a sé stante
    (pensò solo) a sé medesimo
    Ognuna delle preposizioni semplici (di, a, da, in, con, su, per, tra, fra) può precedere il pronominale riflessivo.

    Ne e
    Una frase, ortograficamente corretta, può essere: «Non ne occorrono altri, né bianchi né neri».
    Oppure:
    «Ce n'è? Sì, però ne occorrono altri; ne vale la pena».
    Ora vediamo:
    «Non siamo artisti né politici, ne siamo coscienti. Siamo persone semplici».
    Significa che sappiamo di non essere artisti e che non siamo stati eletti poiché siamo persone semplici.
    Se invece scriviamo...
    «Non siamo artisti né politici, né siamo coscienti; siamo persone semplici».
    ... significa:
    «Non siamo artisti, non siamo stati eletti e non siamo coscienti (stiamo dormendo) poiché siamo persone semplici».
    Obiezione: le persone semplici non sono, necessariamente, incoscienti né dormienti !
    Ecco, dunque, cosa può generare un segnetto (non) insignificante come un accento mal collocato.



    Fonte: me medesimo :D

    Edited by Axum - 8/5/2012, 08:41
     
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  2. Veronica Secci
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    Utilissimo!
    Grazie mille :)
     
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    Grazie per l'apprezzamento, Veronica !

    Giacché c'ero, ho aggiunto l'uso del pronominale. :)
     
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    Docente ordinario di Filosofia e Comunicazione digitale presso il Cape Coral College

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    Davvero utile, complimenti Axum!

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    La D eufonica


    L'eufonia - la parola stessa lo dice - si basa sulla fonetica e quindi sul risultato della fonazione. In termini immediati: si usa quando occorre.
    Una leggenda cibernetica spaccia per "regola" una direttiva che, in campo accademico, non esiste.
    La leggenda fa confusione con la debita accortezza che dobbiamo usare per evitare lo iato, ovvero l'incontro tra vocali identiche (E con E, A con A).
    Ma lo iato non è tutto, e quindi la falsa regola, nonché la confusione, nasce da chi vorrebbe, in modo assolutistico, che la D eufonica fosse usata esclusivamente per ovviare lo iato.
    I casi in cui la D eufonica è oltremodo lecita, dunque una buona risorsa stilistica, sono innumerevoli.

    La lingua scritta (molti lo dimenticano) nasce dalla lingua parlata, e per parlare bene, dando alla fonazione una buona musicalità, occorre legare, slegare e persino troncare tutti quei punti in cui si generano combinazioni di suoni cattivi all'ascolto (cacofonia).
    Quindi, la regola che concerne la D atta ad eliminare lo iato non è una regola restrittiva a quel contesto, poiché la D eufonica vale per molti altri casi.
    Chi sceglierebbe "a esempio", anziché il musicalissimo (buona fonetica) "ad esempio"?
    "a esempio" è, in gergo, una scelta cacofonica, pertanto basterebbe quell'unico esempio per smontare la "regola..." che non esiste, non in termini di assolutismo.

    Lo scopo principe dell'eufonica è non generare iato,
    ma nemmeno cacofonia d'altra origine.



    Sovente si dice che ogni regola ha la sua eccezione, ma nel caso della consonante eufonica l'eccezione non è tale, perché le eccezioni sono molte, e quindi non sono eccezioni bensì altre forme ben lecite.

    Ecco una serie di NON eccezioni che dimostrano l'insostenibilità di una "regola" che dovrebbe limitarci:

    chi preferirebbe: "a interim" ("ai" sembra un lamento)
    anziché: "ad interim" ?

    Chi banalizzerebbe: "preparati a uscire" ("au" sembra un ululato)
    quando la buona eufonia reclama: "preparati ad uscire" ?

    Chi direbbe: "a ombre serali, preferisco luci diurne"
    anziché: "ad ombre serali, preferisco luci diurne" ?

    Chi scriverebbe: "fino a ora ho scherzato" ("o-a-o" sembra un vocalizzo tribale), ma adesso farò sul serio !"
    anziché: "fino ad ora ho scherzato, ma adesso farò sul serio !" ?

    Chi scriverebbe: "a ormeggio avvenuto, scese dalla barca"
    anziché: "ad ormeggio avvenuto, scese dalla barca" ?

    Chi lagnerebbe con: "andarono a estrarre il carbone"
    anziché dire: "andarono ad estrarre il carbone" ?

    Chi userebbe il dialettale: "a Enrico non piace il burro"
    anziché: "ad Enrico non piace il burro" ?

    Chi scriverebbe, in modo sciatto: "andammo fino a Empoli"
    anziché: "andammo fino ad Empoli" ?

    Chi appiattirebbe con: "a uno a uno"
    anziché migliorare la fonazione con: "ad uno ad uno" ?

    Sono scelte lecite, stilistiche... Non "regole assolutistiche" che debbano impedire l'uso delle D eufoniche al di fuori dello iato.



    Edited by Axum - 8/5/2012, 08:55
     
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  6. claudia8989
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    Mi salvo tutto! Sei grande :) Super utile ;)
     
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  7. Sansa Stark
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    Ragazzi ho una gran confusione in testa, da una parte la tua spiegazione fila senza una piega, Axum, ma dall'altra non capisco perché allora l'accademia della Crusca dica il contrario.

    http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq...=3936&ctg_id=93

    Non so cosa considerare come regola "ufficiale".
     
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    Da dove nasce la confusione? Il testo che hai linkato dice pressappoco ciò che, in altri termini, ho scritto sopra.
    Ecco il testo:
    CITAZIONE
    L'uso della 'd' eufonica, secondo le indicazioni del famoso storico della lingua Bruno Migliorini, dovrebbe essere limitato ai casi di incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione e e la preposizione a precedano parole inizianti rispettivamente per e e per a (es. ed ecco, ad andare, ad ascoltare, ecc.). Si tratta di una proposta di semplificazione coerente con molti altri processi di semplificazione cui è sottoposta la nostra lingua, ma dobbiamo comunque tener presente che la d eufonica non è un elemento posticcio, ma trova la sua origine nella struttura originaria delle due parole interessate che in latino erano et ed ad.

    Inutile dirti che io stesso faccio parte dei pluridecennali, attenti, sostenitori dell'Accademia.
    Ho messo in grassetto un condizionale che spiega già tutto sullo stato attuale, e poi la parte in cui la proposta di Migliorini non diventò una regola condivisa bensì un tentativo di semplificazione che non ha ricevuto il pieno accoglimento, proprio a causa della natività remota, e pur sempre valida, degli elementi in esame.
    Pertanto, in assenza di una regola, restano valide, quindi usabili, le forme eufoniche che ognuno, in base allo stile, può scegliere di adoperare quando non voglia eluderle del tutto.
    Come dicevo sopra, lo scopo è l'abbattimento di ogni sorta di cacofonia, e molte forme eufoniche contribuiscono egregiamente allo scopo. Se scriviamo "a esempio" rimane corretto ma è decisamente cacofonico.
    In tre parole: si può scegliere.
     
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  9. herik82
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    Che rivelazione.
    Quindi, alla fine di tutto ci si regola in base alla sonorità.
     
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  10. Lizz*
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    Grazie, è stato utilissimo :D!
     
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  11. Nashíra
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    utilissimo davvero !
     
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  12. ellemmeci
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    Ho anch'io un dubbio (e certo più di uno, ma li tengo ben nascosti).
    L'articolo determinativo LO oltre che davanti a vocale (l'ignorante) , va messo davanti a Z (lo zaino), davanti a S impura (lo spunto), davanti a GN (lo gnomo) e anche davanti a PN (lo pneumatico???).
    Quest'ultima utilizzazione, chissà perché, non mi piace.

    E, già che ci sono. GRAZIE: avevo dimenticato dà e da...
     
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    Per quello che chiedi c'è una regola: LO e GLI davanti ad una parola che, oltre al caso della S impura, inizia con PN, anglicismi compresi; sono i cosiddetti nessi consonantici complessi:
    lo psicologo, lo psichiatra, lo scalatore, lo schiavo, lo scroscio, lo squadrone, lo squalificato, lo scanner, lo starter, lo spelling, lo pseudo... (sostantivo o aggettivo).
    Lo pneumatico e gli pneumatici non fanno eccezione, anche se in alcune parti d'Italia c'è gente che non riesce a pronunciare, l'uno o l'altro, con facilità.

     
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  14. ellemmeci
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    Grazie: mi inchino davanti alla sapienza (ma effettivamente lo pneumatico mi pare tanto bruttino)!
     
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  15. alidelcuore
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    molto utile, grazie :D!
     
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14 replies since 20/12/2011, 10:03   415 views
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