Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Posts written by dany the writer

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    Bentornata! :)
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    L'intento è assolutamente nobile e queste memorie non dovrebbero essere, secondo me, lasciare finire nel nulla.
    Tuttavia non vedo come noi potremmo aiutarti in fare ciò!

    Quando alcuni anni fa -beh, ormai più che alcuni- cercai di fare una simile cosa usai un quaderno ed una penna
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    Benvenuto su Scrittori della Notte, Alvise!

    Se non l'hai già fatto, t'invito a leggere come prima cosa il regolamento del Forum. Ti prenderà pochi istanti e dopo saprai come muoverti per bene qui da noi! :)

    Ancora benvenuto, a rileggerci presto! :)
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    Band of Heroes Saga Narrative Universe
    The Aurelian Crusade



    God-Emperor_Goldlich



    È il Quarantaduesimo Millennio.
    Per più di cento-e-venti secoli l’Imperatore-Dio del Genere Umano ha giaciuto immobile sul Trono d’Oro della Sacra Terra, signore nominale del Suo Imperivm di un milione di volte un milione di mondi e centomila casate.

    Egli è il Divino Sovrano Non-Morto di tutta l’Umanità ed in Suo nome vastissime armate, di tanti colori araldici e nazionali diversi, attraversano quotidianamente il demoniaco, infestato miasma dell’Empyreo Warp per ingaggiare battaglia lungo le spaventose vastità di un miliardo di fronti incandescenti.
    L’Imperatore-Dio è una mummia marcescente, i suoi ultimi brandelli di carne tenuti in vita dalle arcane, antiche tecno-stregonerie barocche del Trono d’Oro, un macchinario che viene da un tempo di dimenticati misteri e perdute conoscenze e che sta lentamente, ma inesorabilmente, spaccandosi.
    Le conoscenze per mantenerlo funzionale sono andate perse secoli fa, l’ultima lanterna nel buio è destinata a spegnersi.
    Attraverso il Suo martirio, il cui costo lo si misura in un migliaio d’anime al giorno offerte a Lui ed al Suo Trono in tributo perché Egli non possa mai davvero morire o spegnersi, la Via tra le Stelle è illuminata dall’incandescente Raggio della Speranza, il Faro dorato del grande ASTRONOMICAN.

    Primi a possedere la prima linea nell’eterno carnaio della Lunga Guerra sono i geneticamente modificati super-umani dell’Index Adeptvs Astartes, i Suoi Angeli della Morte raccolti in Capitoli di guerrieri senza pari dagli ascendenti legati a Lui in persona attraverso le carni dei Semi-Divini Primarchi.
    Non da soli nell’impari lotta cui l’Uomo è costretto a partecipare, gli Adeptvs Astartes sono fiancheggiati dalle infinite moltitudini dell’Adepta Astra Militarvm, l’Esercito degli Eserciti, dalle spietate frange della Sua Imperiale Inquisizione e dalle cremisi schiere dell’Adeptvs Mechanicvm nato in Marte-di-Sol.
    Il numero dei Suoi servitori è invero legione ma nemmeno al completo, qualora gli innumerevoli domini nobiliari del Suo Imperivm si rivelassero per un momento capaci di mettere da parte le proprie lotte interne per focalizzarsi come una sola ondata d’umana possanza, essi sono abbastanza per rispondere efficacemente alla sempre più pressante marea degli xenos, dei demoni, dei traditori, degli eretici, dei mutanti e dei corrotti.

    Vivere in questi tempi oscuri vuol dire soggiacere alla più crudele, dispotica dittatura mai esistita, un’era di oscurantismo la cui ragion d’essere giunge al presente nella forma di monito da un passato di sangue, tragedia e miseria.
    Vuol dire essere uno in mezzo a sterminate moltitudini che contano non pro-capite ma considerando i miliardi come singoli, piccoli numeri su fogli di rapporti che non saranno mai stilati in tempo per servire a qualcosa.
    Vuol dire vivere esistenze grame per essere così stanchi da non potere alzare il capo abbastanza da notare gli orrori cosmici che spingono per sfondare le barriere della realtà e banchettare sui resti del Genere Umano quando l’ora dei Lupi sarà giunta e l’Era degli Uomini finalmente calata dopo una lunga, sofferta, terminale agonia.
    Vuol dire essere la più microscopica parte di un meccanismo arrugginito, le sue scricchiolanti assi bagnate dal sangue delle moltitudini che vengono sacrificate oggi per la cremisi alba dell’indomani, che non ha tempo né desiderio alcuno di considerare l’umile singolo.
    Tu non conti niente; questo è un fatto matematicamente attuale.
    Nessuno si farà remore a sacrificarti per l’illusione di un bene comune che non esiste veramente: tale è una verità inconfutabile.

    Rammenta però che anche un uomo che non ha nulla può sempre offrire la sua vita in sacrificio.
    La tua vita è il Soldo che l’Imperatore-Dio, nella sua infinita carità, ti ha donato: spendila bene, spendila per Lui.
    Il sangue dei Martiri è il seme dell’Imperivm.

    Nelle aule più riservate e antiche del Palazzo Imperiale, sotto le cupe e triste volte, gravate dal peso dei millenni, di un’aula sconfortante, lungo una parete ricca di crepe ed illuminata da macchinari mai spenti da oltre una decade di millenni, un pannello raffigurante la galattica estensione dell’Imperivm del Genere Umano s’illumina ogni singolo secondo con mille nuovi, più gravi e terribili segnali d’allarme.
    Essi sono i nuovi fronti per i quali non si possiede il tempo o le capacità d’intervenire.
    Miliardi interi, riuniti in vaste, continentali cattedrali bombardate pregano in ginocchio l’avvento di un miracolo che non giungerà a salvarli.
    Eserciti infiniti impegnati in battaglie da incubo chiamano con la voce pregna di disperazione dei rinforzi che non arriveranno mai in tempo per essere d’impatto.

    Non vi è tregua per noi.
    La pace è un’illusione sconfessata dalla verità di una Via Lattea che ci odia profondamente.
    La guerra l’unica costante attraverso la quale l’Umanità sopravvive uno zoppicante, malconcio giorno di stenti in più in una realtà che gli è, di secondo in secondo, sempre più ostile.
    Dai gelidi Valli di Bren, edificati nella lontana ERA DEGLI EROI da Joramund, ai deserti incandescenti di Tallarn, l’intero genere umano è in verità stretto nell’invincibile morsa di un cruento assedio che lo pone in lotta per la sua stessa sopravvivenza.
    Un miliardo di fronti, centomila conflitti: non vi è abbastanza tempo per combatterli e vincerli tutti e lentamente cediamo terreno.

    I venti di un nuovo Grande Inverno s’innalzano a portare la tanto temuta falce bianca contro un campo di mondi impreparati al rigore di un secolare, rigidissimo momento di puro buio.
    A fronteggiare la minaccia sovrannaturale che essi trasportano nelle loro spire s’erge l’esausta, incapace e debole GUARDIA DI BREN, fondata per combattere la minaccia che giunge dall’Oltre-Conosciuto.

    Questa è una guerra che l’Uomo non ha vere speranze di vincere.
    La Grande Campana delle Anime Perdute, torreggiante dal pinnacolo più alto delle spire metalliche della Sacra Terra, rintocca ogni ora ululando l’ultimo saluto a cento miliardi di martiri, senza nome e senza una canzone a narrare di loro, il sui sangue fa da malta ad un bastione che affonda per l’attrito e la sua stessa, invincibile fatica strutturale.

    Ma se in tale millennio davvero deve cadere il CREPUSCOLO DELL’UOMO, allora questo avrà da vincere le resistenze di chi ogni giorno si batte per dare all’Imperivm un minuto, un’ora, forse un giorno intero d’ingrata vita in più.
    Non abbiamo mai avuto speranza, nemmeno agli inizi… ma in fin dei conti, la speranza è solo il primo passo sulla strada della delusione.
    Quello che abbiamo è l’ostinazione di chi ha sempre combattuto un universo freddo e maligno ed il numero delle infinite moltitudini umane che tribolano dentro i cadenti confini dell’Imperivm.

    Dimenticati del potere della tecnologia, della scientifica comprensione e della falsa promessa offerta dal futuro perché tantissimo è andato perduto per non venire mai più riconquistato!
    Scordati dei menzogneri ideali di giustizia e cooperazione tra razze del tuo dorato Ventunesimo Secolo! Il Quattrocento-Ventesimo è il culmine di un’era di cieca fede, di zelotismo assoluto e celebrato, d’elogiata xenofobia e incessante perdita.
    Nella tetra oscurità del Lontanissimo Futuro vi è soltanto guerra e, come un coro che canta in sottofondo ad essa, le risate sinistre d’infinite divinità maligne.

    Qualsiasi cosa accada sappi soltanto che la Via Lattea è molto grande, l’Universo è un luogo ancora più vasto e freddo e che quando morirai, perché tu certamente morirai, nessuno sentirà a lungo la tua mancanza…
    E queste sono le storie delle persone che vivono in questi cupi, tristi anni…



    Capitolo I: Il Signore della Tempesta
    Atto I, Alta Cardinalessa Kira Baelor dell’Ecclesiarchico Culto dell’Aureo Fuoco



    Imperivm del Genere Umano
    Segmentvm Ultima, Peripherica Stellarìs Expansionae di Aegis Pro-Viae-Korianìs
    Sistema Stellare di Lorn Eron, mondo-cardinale di Lorn Eron II
    Alta-Terranìs di Volscini Sethra-Pelta,
    Faglia di Sparakìs
    M42.016


    Lente e metodiche, una volta e mezzo lunghe un chilometro di leghe e castelli d’artiglieria e guglie di cattedrali Opheliane, le dodici Sturmndranghenne-Teslaì della 535esima Squadra fendevano i bassi strati del cielo dettando in terra ombre dense, simili ad inchiostro.
    Piccoli leviatani dei mari astrali, grandi capidogli in quelli atmosferici.
    Attorno al loro scafo, l’oggetto delle osservazioni pacate dell’Alta Cardinalessa Kira Baelor, ruotavano tre grandi anelli grigi placcati di rosso, bianco ed oro. I grandi, ricurvi raggi di quei cerchi erano composti da fulmini bluastri la cui agitazione lei poteva sentire a più riprese sulla sua pelle. Una costante carezza che spazzava l’aria già piena di sangue, lapilli di bombardamento d’artiglieria a lungo raggio, schioccare di passi cadenzati e ceneri polverose.
    Scaturivano dalle aste di uno schieramento, gemello e sempre uguale, che correva lungo il profilo d’ogni aeronave, da poppa a prua.
    Antichi soldati, armati di scudi-torre e lunghe las-lance, componevano quelle armate di statue alte più di cento-e-venti metri. Immobili, sporgevano la loro figura dalle corse delle volte blindate del ponte di coperta.
    Posavano il piede su di un preciso piedistallo, un bassorilievo che narrava della Grande Crociata offrendo loro come pavimento un cielo di cadaveri di varie stirpe aliene. I guardiani quei morti, vecchi di dodici millenni, nemmeno li degnavano di uno sguardo.
    Osservavano i cerchi che permettevano alle Sturmdranghenne il volo lento in atmosfera, i loro occhi nascosti dietro la celata degli elmi a guisa di testa di Dayre-Aquila. In cima ardevano dei macro-bracieri che spandevano nell’aria già rossa e polverosa dei lunghi strali di fuoco e fumo scuro.
    Dalle loro lance pendevano metallici vessilli di Casa Von Gianellen. La Dayre-Aquila era lo stemma dei Signori di Hive Regial e dell’Over-Archia di Armageddon e lì, impressa trionfale su quei vessilli neri, stava sorridendo convinta della sua giusta potenza.
    Le artiglierie incassate nei campanili e nelle torri di vedetta delle aeronavi, osservò Kira, non stavano sparando nemmeno un colpo. Neanche una fiamma di lancio, non un solo proiettile di calibro di ponte da mischia nave-nave. Per ragioni note solo ai capitani dei vascelli, tacevano giacendo al silenzio, nell’ombra imposta loro addosso delle statue d’angeli in armatura che dominavano i contrafforti marmorei.
    Era sotto alla marcia aerea di quei vascelli che v’era movimento in abbondanza da osservare. Sporgendosi lievemente in avanti, Kira trasse un profondo respiro. Sentì sopraggiungere un refolo di vento e il suo velo agitarsi.
    Aggrottò la fronte, la sua calma stallata da un brivido diverso dagli altri. Qualcosa, si disse alzando gli occhi al cielo pregno di lontani scoppi di granata, si stava muovendo oltre le prime linee dello schieramento imperiale. Lo sentiva, ne era certa.
    La scacchiera andava mutando, le pedine erano spostate dai giocatori.
    Un singolo comando del Lord Solar poteva consegnare in un momento un milione d’anime all’oblio oppure inviarle tutte quante alla fiammeggiante gloria di un martirio oltre la breccia e lei sentiva attesa, ansia spasmodica levarsi dagli schieramenti in progressiva marcia d’assestamento e rinforzo.
    Il vento fece ritorno e l’Alta Cardinalessa si portò una mano contro il capo a premere il velo perché non fuggisse nelle spire della folata.
    Il tessuto cremisi era sempre pregevole al tocco, le inspirava quella calma e compostezza che sapeva fare breccia nelle menti di certi uomini. Per inserirsi nella corte militante di un Lord Solar senza essere in possesso di vasti eserciti serviva sapersi portare e comportare… in un certo modo. Ancora di più occorreva calmierare le proprie mosse quando si faceva proselitismo per l’Unica Vera Fede.
    Quella guerra, tutti i soldati che erano già morti e che sarebbero caduti nei giorni e nelle battaglie a venire, le città distrutte… Lorn Eron II era un granello di sabbia in un quadratino di buio irto di sporche e dimenticabili palle di fango. Ora erano alla luce della ribalta, certo, e gli sciocchi potevano ritenere quello scontro la faccenda probabilmente risolutiva circa una questione importante ma in verità lei lo vedeva, anzi lo sapeva essere per certo un evento minore.
    Le storie a venire non gli avrebbero dedicato che pochi righi. Meritavano di più? No. Assolutamente no.
    Lord Fabritiòs li supponeva importanti ma solo perché persisteva nel seguire la sua mente d’uomo comune, non del Campione della Luce che giaceva in lui, assopito ma fiammeggiante.
    Lo desterà quando sarà l’Ora.
    Il movimento sottostante la balconata del Comando Mobile Leviathan tornò a chiamare le sue attenzioni. Si lasciò alle spalle le sue considerazioni e cercò di appoggiarsi più comodamente sulle braccia, lo sguardo sempre rivolto a chi marciava verso la prima linea attraverso le linee edificate nelle scorse settimane,
    Il Lord Solar progettava qualcosa: v’erano tre reggimenti di milites astra del Reame di Ultramar, blu e dorati e dogmatici nel loro passo teso e cadenzato dal canto corale che elevavano, due di Reghiòn-in-Obscvrvs e tre cohortìs skitariee di Metallikae-in-Armageddon-Sector.
    I primi intonavano un roboante inno in Anglya dedicato agli Adeptvs Astartes, i presunti Angeli della Morte inviati dal Dio-Imperatore stesso. I secondi erano intenti invece a salmodiare, le labbra rese invisibili dai drappi portati a nascondere i loro volti dallo sguardo altrui, un Cantico della Penitenza.
    Gli ultimi, invece, si annunciavano tenendo in testa alle loro precise formazioni, dal passo inesorabile e costante, dei grandi carrocci cingolati circondati da donne, dotate di sei braccia tutte bioniche, che agitavano come ritmate forsennate delle campanelle bronzee inscritte di numeri, zero ed uno.
    Anche il canto dei soldati, i vermigli Skitarii, era in Lingva Technis Binaria con in allegata una sonora traduzione in Anglya.

    Mind receptors witness the glory
    from the burning of the flame!
    The fires of the Forges are like the trumpets which proclaim
    Our engines at full power!
    Your destruction is our aim
    Our Truth has come online!


    Ognuna delle Cohortìs ostentava un gran numero di bandiere d’unità con impressi gli stemmi metà biologici metà bionici dell’Adeptvs Mechanicvn, il Culto del Dio-Macchina, e le insegne non solo dell’Over-Archia di Armageddon ma anche del loro pianeta natio.
    Intrisi dentro preziose cornici miniate, raffiguranti scene di guerre passate tra piogge di zero ed uno, v’erano gli psi-ritratti dei Fabricator-General di Metallikae della precedente Over-Lady di Armageddon: Byhlagatès, Stevanicvs Imeleti’Os il Sesto, la lady Svevhaina Von Gianellen… e poi figure mitologie, a profusione, delle quali Kira in certi casi sapeva ed in altri ignorava.
    Conosceva le leggende su Neilliòn Arm-Strankh, il Primo Conquistatore della Luna-di-Sol vissuto nelle ere della preistoria terrestre circa sessanta milioni d’anni prima di quel giorno, e poteva riconoscerlo sulle bandiere che in sella ad una aquila brillante di radiazioni e fiamme ordinava alle sue schiere di Milites Collìns di spazzare via gli xenos che avevano fatto della Luna la loro fortezza.
    Su altre bandiere lo si ritraeva mentre innestava in terra una bandiera, poi salutata nelle miniature a fianco, appartenuta ad un qualche stato di monarchi tecno-barbari che avevano dominato la preistorica Terra per un certo numero di secoli.
    Incarnato in altri vessilli v’era Icarvs-Ghjaghaeren, che alla testa delle armate di Vostocha e Ur’Ururshà purificava l’orbita della Sacra Terra dalle fortezze continentali dello heretek Vhn’Hilen volando più in alto d’ogni altro uomo.
    Leggende, storie probabilmente ritoccate nel corso del tempo. V’erano poi alcuni vessilli, innalzati dalle avanguardie, che ritraevano una trinità di figura investite di pura luce radioattiva; a comandare v’era l’Omnissiah, bionico ed immenso, sulle cui mani si stagliavano angeli nati quando, durante la conquista del Sistema Solare da parte di Alexandròn Cro-Magnon il Grande, l’Uomo aveva ricevuto in dono il potere del fuoco nucleare per risolvere una qualche controversia regionale, stando alle parole della Chronistoria della Principessa Irulan, tra i casati di Shyngthon e di Horokyothito.
    Aspetti dell’Omnissiah, li disse lei, che la cultura di Metallikae doveva avere incarnato per meglio relazionarsi con la nazione dell’Over-Archia di Armageddon: probabilmente non esisteva né la Stellare Kur’ìè Dama né l’Infiammato Mutahma-Isenstein.
    Funzionavano, però, per insegnare alla gente sciocca e povera qualche frammento della grande Avventura Umana e narravano l’orgoglio di un’unità militare che era strumento divino, a modo suo, di proselitismo e cura come lo era lei stessa.

    With heat and iron and the magic of industry we'll purge you from this world
    You will sunder, melt, and shatter from
    the bolts of pure wrath we will hurl!
    And upon your ruined end, our blood red banners shall stands unfurled
    Our Might has come Online!

    Engage the linkage, Omnissiah!
    Our Might has come Online!

    Traitors, Xenos, Heriteks, they are as one to us
    We will scorch them from existence with our engines devious
    Our hate for them is encoded unto every bolt and thrust
    Our Wrath has come Online!


    Lasciò quei reparti alla loro marcia per guardare oltre, alle linee che attraversavano ed a quanto si stagliava tra un solco di trincea blindata e l’altra.
    Le armi a lungo raggio dell’Ottantacinquesimo Reggimento d’Artiglieria delle Tre Torri Manifactorvm di Hive Djeda-Athikatara, il dominio più intimo e personale della Nobile Casata dei Joseph-Borova, stavano professionalmente alternando i tiri rapidi dei veicoli Bombardìs alle volate di pura, bruta potenza dei Colossvs da ormai più di sei ore.
    Non erano i soli che in quel pomeriggio erano intenti ad alzare cospicue salve d’artiglierie, anzi: lungo un fronte di cinquantasei chilometri, esteso a doppio cerchio tutt’attorno la massiccia figura della Piramide Asphodeliana-Volscanea, v’erano almeno cinque volte cento reggimenti di calibri pesanti che sparavano.
    Senza posa, senza perdere tempo, senza sprecare colpi: Kira ammirava la loro robusta, marziale professionalità e traeva non poco piacere dal sentire le fondamenta dei possedimenti dell’Arci-Nemico che franavano sotto i colpi dei benedetti calibri imperiali.
    Le pennellate di fuoco e distruzione che eruttavano secondo dopo secondo, martellate divine inferte alla grande fortezza, erano l’opera maestrale d’un frammento della Prima Armata Crociata. Nei suoi ranghi, certo, v’era chi era più dedicato ad essa d’altri ma nel complesso la loro fede era forte e la loro anima salda.
    Poteva essere altrimenti? Quella la si poteva dire l’armata-regina, certo per sommi capi, tra tutte quelle che il Lord Solar comandava nell’ambito della Crociata dell’Aula di Joramund.
    Un simile onore non era perso alle coscienze dei Milites Astra in loco.
    Chi li comandava s’aspettava il più alto standard e tutti loro, dal più abile strategòs fino al più umile fuciliere o las-lanciere di linea, onoravano i voti presi ai propri signori feudali, comandanti, duchi e lord facendo piovere una tormenta di ferro rovente e devastazione sul nemico accerchiato.
    Il suono prodotto dagli scoppi era davvero apprezzabile.
    Ma in verità era l’operato dell’Ottantacinquesimo che, uno tra tanti reparti lì schierati, per lei era una curiosa fonte d’interesse: erano vitrae-natii, non veri e propri umani nati da donne mortali, che per una questione di convenienza i nobili signori di Djeda-Athikatara avevano fatto convertire all’Aureo Fuoco in una grande cerimonia.
    L’aveva presieduta lei stessa conducendola con il Lord Solar al proprio fianco. Egli ovviamente era stato una statua di ghiaccio, il suo classico modvs operandii, incapace di partecipare attivamente ma comunque in grado di non fare trapelare la sua noia.
    L’Institvto Avrea Lvx aveva trasformato quell’evento in un macro-scenario propagandistico, le testate novitarìs dei sistemi vicini avevano sputato fuori dalle loro viscere enormi titoli e grandiose proclamazioni ed alla fine il Lord Solar Fabritiòs Von Gianellen aveva ripreso la Via delle Stelle con delle truppe in più nel proprio esercito e la stessa espressione di stoica, fredda, iraconda condiscendenza verso quelle che il suo animo di condottiero, non ancora maturato in Azor’Haì, riteneva mere perdite di tempo.
    Dai vitrae-natii delle Tre Torri Manifactorvm Kira Baelor non s’era mai aspettata una chissà quale grande dimostrazione di fede. Reputandoli balocchi di carne ed ordini s’era limitata a fingere una notabile euforia alla loro conversazione, celebrarne la scelta valorosa e coraggiosa e quindi in ultimo affiancare ai loro ranghi alcuni suoi prelati di fiducia.
    Ora, tuttavia, poteva sentirli, forti eppure al di sotto delle cannonate che infiorettavano un tramonto incendiario vasto quanto una luna, intonare uno degli Inni Bellici del suo culto.
    La loro fede s’era fatta valore autentico, concreto, e ciò era apprezzabile. Il Lord Solar non li avrebbe destinati ad altre armate, la 14esima per citarne una, fintanto che loro avessero svolto il loro dovere con altissima diligenza senza sollevare troppo rumore.
    Appoggiate le mani sulla balaustra del terrazzo frontale del Leviathan, l’Alta Cardinalessa Kira Baelor inspirò a pieni polmoni e chiuse gli occhi per ascoltare meglio il tuonare ripetitivo delle artiglierie. Il vento che spirava da nord le scivolava addosso con veli pesanti, ricchi di minute stille di sangue nebulizzato, in sé misto a polvere e lapilli vulcanici.
    Un chierichetto s’avvicino con rispetto, usando quel morbido silenzio che era proprio dei piccoli bambini ancora distanti dalla prima decina d’anni. Voltatasi a guardare il paggio, Kira accettò il calice che esso le porgeva in centro ad un vassoio d’autentico legno delle umide giungle di Venere-in-Sol.
    Agitato il vino rosso custodito dentro la coppa, ad occhio simile al sangue che stava sicuramente venendo versato nelle prime linee, Kira trasse un piccolo sorso e poi si piegò un pochino di più sulla balaustra fermando il proprio sguardo all’oggetto dei bombardamenti crociati.
    Non v’erano eruzioni in corso su quel sasso di pianeta, non proprie autentiche eruzioni vulcaniche quantomeno, solo il battere costante, simile a martellate di fabbro, delle artiglierie sulle fortificazioni e sugli scudi della continentale acropoli caotica.
    Quando i calibri più pesanti esplodevano le loro volate lunghe metri la terra tremava, scossa come se vittima di una retta tempesta di pugni. A scagliare quei colpi dal rinculo così potente, tale da farle stringere le viscere in una morsa che andava e veniva, erano due centinaia di Basilisk Magnvs Mars e Metallikae Pattern, propri dei 2220esimo e del 2221esimo Reggimento d’Assedio di Armageddon Stellarìs Tertivm.
    Poteva vedere i colpevoli di quel “piacevole”, o quantomeno sopportabile disagio da lì, dal balcone del Leviathan; spiccavano, pari a piccoli campanili in un mare di casupole, come atolli vasti tra i flutti delle altre postazioni di cannoni e bombarde.
    Gli archi fiancheggianti i loro fusti erano alti a sufficienza da far pendere ciascuno una dozzina di grandi campane di bronzo. Quando i pezzi rinculavano dopo gli spari ecco le campane rintoccare con note d’ululato, alte e dall’espansione circolare.
    Con l’ausilio tecno-stregonesco di un cannocchiale magnoculare avrebbe potuto leggere le iscrizioni incise a laser su ciascuna campana, che sapeva essere i nomi dei serventi caduti in servizio, ma in quel momento ne era sprovvista.
    Lungo le impalcature metalliche, sormontate da ringhiere raffiguranti la Dayre-Aquila di Hive Regial, scorrevano milites astra ed artiglieri e tecno-preti e servitori in quantità.
    Accanto ai monumentali Basilisk Magnvs, invece, v’erano lunghi, davvero estesi nastri d’eretici e criminali che pagavano i loro crimini trascinando con grandi corde metalliche, sine morte per fatica, le immense granate richieste da quelle postazioni.
    Non lontano, sullo stesso parallelo orbitale dell’accerchiamento, v’erano simili artiglierie di manifattura però di Xion, quelle del 563esimo Reggimento d’Assedio, e del 3.563esimo di Nova Cadia Ocearìs. Anche loro impiegavano lo stesso pio sistema di ricaricamento, coordinandolo a quello dei due reggimenti armageddoniani attraverso il canto di un lungo coro dell’Ecclesiarchia Opheliana.
    Distolti i propri occhi da quello spettacolo, Kira si volse all’ingresso dello Inner Strategivm del Leviathan e sorseggiò una seconda volta la sua coppa di vino. La restituì al paggio, lesto a svanire, e raccolte le proprie gonne cremisi con ambo le mani si mosse per rientrare nella colossale, possente stazione mobile di comando e controllo, alta un chilometro sopra il livello della marea umana mossa contro i più infami arci-traditori.
    Il proseguire della loro marcia verso la morte e la vittoria, condotta con una cadenza precisa e scandita da urla precisa, la metteva di buon umore.
    Passata oltre due sentinelle della Coorte Palatina di Hive Regial, del cui rispettoso cenno di saluto si disse contenta, ella navigò l’anticamera ad archi acuti tra le ombre dettate dalle colonne incise e le luci vermiglie di posizione, torce elettriche accanto alle quali numerosi tecno-preti attendevano pannelli logis-informativi incassati dentro spesse schede d’ottone inciso.
    Appena fu giunta oltre le porte del Sancta Sanctorvm dello Inner Strategivm, l’Alta Cardinalessa Kira Baelor si vide la strada bloccata da una statua investita di nera ceramite decorata con Aquile Bicefale Dorate lungo il profilo degli stivali, dei gambali e del torace.
    La superava in altezza d’almeno cinquanta centimetri, forse anche cinquantacinque, gettandole incontro un’ombra spessa, che irradiava chiaramente quali fossero i suoi pensieri in merito a lei.
    Non era qualcosa che la toccava. Che pensasse e provasse quel che voleva se ciò lo faceva contento. Certo era un Adeptvs Astartes, certo era un grande guerriero dell’Imperivm nonché un simbolo di forza, possanza e potenza per i fedeli di tre Segmentvm… ma era anche un mortale, uno che per lei non valeva niente perché non davvero così influente nel grande schema delle sue previsioni.
    Non avrebbe visto la Seconda Guerra per l’Alba, lui. L’Imperatore-Dio, Sovrano dell’Aureo Fuoco, l’avrebbe chiamato a sé prima dell’incombere del Grande Inverno.
    Due torce ardenti si posavano sugli spallacci, dai quali pendevano sigilli di purezza lunghi più di un metro ed inscritti con una finissima calligrafia. Ogni prima lettera era inscritta dentro una pregevole miniatura che l’avvolgeva con scene d’antiche battaglie e collane d’alloro.
    Un maglio di ceramite incredibilmente mobile a dispetto della sua stazza, lo stesso paratosi a bloccarle il passo in un gesto che interiormente l’aveva infastidita, lungo il gomito ostentata un’alcova per una minuta copia delle Historicae Gestae ab Sigismvnd.
    Il viso dell’Adeptvs Astartes era scoperto, il cimiero integrale portato nell’incavo dell’altro braccio, nonché chiuso in una smorfia che Kira conosceva bene. Intagliate nell’acciaio con la punta incandescente, le sue fattezze erano stoiche e granitiche.
    «Non è questo un locvm adatto a voi», disse l’Alto Maresciallo Helbrecht dei Templari Neri. «Potete tornare sui vostri passi e sparire dalla mia vista.»
    «Lasciala passare», s’espresse un’altra voce di tuono e torrente. «Non sta a te separare il Lord Solar dai suoi consiglieri.»
    Helbrecht, vide Kira Baelor, si volse incontro a chi aveva parlato e gli rivolse una cinerea espressione dura, gli occhi scuri incassati dentro rugose occhiaie che parevano essere state realizzate scavando pelle, carni e muscoli con il filo di una lama. «Non sta a te dare ordini a me, Corvo Sanguinario, né presupporre d’avere alcunché da dire circa la composizione della Coohorte di Comando del nostro Lord Solar. Milito in questa Crociata da molto prima di te.»
    L’altro Adeptvs Astartes fece un passo in avanti. Gli stivali di ceramite, quando battevano sul suolo, parevano esprimere il grido di un tuono. Posato in terra il manico dello Sterminatore-di-Dei, Gabriel Angelos incupì la fronte.
    Lungo il profilo dell’alto, massiccio martello da guerra potenziato scorrevano barlumi di potere e fulmini che s’arcuavano tra il metallo e l’impugnatura fasciata. Quell’arma aveva una storia molto lunga, sapeva l’Alta Cardinalessa, che s’ascriveva a fatti non noti al generale pubblico imperiale.
    «Questa che sento è forse presunzione, figlio di Dorn?»
    «Da chi hai rubato questa frase, Angelos?», fu il rimando di Helbrecht. «Dai tuoi amici Eldar
    Ora ignorandola, l’Alto Maresciallo dei Templari Neri si volse a fronteggiare il Maestro Capitolare dei Corvi Sanguinari. Il primo era un gigante in armatura nera, dal viso di statua iraconda, con vestita sopra l’armatura una tunica bianca ornata in centro da una croce affilata. Il secondo era sanguigno, lievemente più basso, com l’abisso marchiato nelle iridi.
    Il Maestro Capitolare Angelos picchiettò sul bordo del macro-tavolo tattico, scandendo rintocchi come di pendoli d’acciaio. «Come scherzo non v’era male, Alto Maresciallo. Ritengo che tu possa alzare il livello, tuttavia. Per questo… può servirti una mano?»
    «Fratelli-Maestri», s’introdusse il terzo Astartes lasciando a metà una conversazione che stava avendo con il Signore delle Forge di Armageddon lord Marcvs Doneteri, «Io penso che non vi sia cagione di combattere tra noi mentre il vero nemico è asserragliato dietro le sue mura e si sente al sicuro. Non in ultimo, poca gloria vive nel prendere a calci chi è in ginocchio.»
    «Tieni per te le tue perle di saggezza, Dragunovion», commentò Helbrecht. «Sono argute quanto l’Astra Militarvm di Aurelia è leale.»
    «Le mele marce cadono anche dai migliori alberi.»
    «Se un albero genera mele marce devi bruciare la foresta, estirpare le radici e spargere sale», affermò l’Alto Maresciallo in risposta al Maestro Capitale Ivanicvs Dragunovion delle Falci Martellanti. «Qualcosa che prego l’Imperatore-Dio il nostro Lord Solar ordinerà di fare. Ora, la pietà per gli indegni è un peccato e molte volte è un peccato femmineo.»
    Aggirato l’Alto Maresciallo, Kira Baelor lo guardò con celata sufficienza: «E voi che genere d’esperienza avete con le donne?»
    L’Astartes le rispose senza battere ciglio: «Quella delle streghe che ardono vive e delle eretiche crocifisse ai margini delle vie maestre.»
    «Una visione ad ampio spettro, come si suole dire.» Propria di chi non vivrà ancora per molto, vorrei aggiungere… qualcuno deve prestare attenzione alle spighe del grano, qualcuno deve tenere in considerazione che non sempre gli Abominevoli Defunti sono disposti a dare la rivincita…
    «Una visione che non raramente si è dimostrata giusta, Vostra Eminenza», le rispose lui, avvicinandosi con il fare minaccioso di una tempesta che s’addensava. Il suo mantello, spesso e pesante, era ornato da una tintinnante cascata di piastrine di riconoscimento proprie dell’Astra Militarvm.
    Molte erano degli eserciti dell’Over-Archia di Armageddon. Pendevano, cucite per via delle loro catenelle nel tessuto, a fare da memento mori per chi era morto nel corso della Seconda e della Terza Guerra d’Armageddon, vinta a caro prezzo e madre degli eventi precipitatori la Crociata.
    «Non ne dubito, Alto Maresciallo», disse lei di rimando, stanca di quella conversazione. «Tuttavia ho un’udienza con il Lord Solar, lo stesso al quale avete giurato fedeltà e prestato la vostra spada. Ora, trattenermi lontano da lui…»
    L’Alto Maresciallo le incombeva innanzi, ancora più massiccio di quanto già era come sovrumano potenziato per via della sua spessa armatura potenziata. «Godetevi l’essergli di qualche utilità, Vostra Eminenza. È solo una questione di tempo, non tenete la vostra statura in altro riguardo che questo, prima che io gli dimostri che voi siete un veleno in-necessario. Siete soltanto uno strumento, uno dannato aggiungo, che lui avrà tutto il diritto di gettare via una volta che questo avrà smesso d’essergli utile. Quando accadrà mi troverete oltre la soglia, pronto a fare quello che dovrei compiere già ora.»
    «Non mancherò di venirvi incontro, allora!», disse l’Alta Cardinalessa. Non era intimorita da quel residuato dell’Eresia di Horus.
    Neanche sapeva quando sarebbe morto né a chi stava parlando. Peccato per lui, davvero! Non avrebbe visto il vero viso del Lord Solar, lo stesso al quale si diceva ed effettivamente era leale, nelle sue vesti di Azor’Haì quando l’ora sarebbe stata matura.
    Combatteva le guerre minori e non sarebbe mai giunto alla vera, autentica lotta definitiva. Peccato, era dispiaciuta in quel senso per lui.
    Molto, molto dispiaciuta.
    Si allontanò da lui offrendogli perfino una lieve, spiccia riverenza prima di dargli le spalle, conscia che non gli avrebbe fatto nulla, e rivolgersi verso la scalinata che conduceva al livello superiore del Sancta Sanctorvm dello Inner Startegivm.
    Ancora una volta due guardie della Coorte Palatina la lasciarono passare, ponendosi sull’attenti in uno scatto di stivali corazzati e barocche combi-alabarde.
    Ascese la scalinata a chiocciola, fiancheggiata da una ringhiera a muro che raffigurava una scena della Crociata di Macharivs, arrivando alla base del secondo piano in tempo per vedere il Lord Solar chino su di un tavolo tattico.
    Non era da solo; principalmente stava discutendo con lord Ayazaen del Sector Catar, cuore dell’Over-Archia di Xion, il quale vedendola inarcò un sopracciglio castano, ma oltre a quella figura v’erano una ventina d’altri titoli e gradi che discutevano delle implicazioni d’ogni mezzo.
    Appena dietro il tavolo, disposto su tre piani e curato da alcuni cadetti in livrea da fatica, un nastro di servitori mentat giaceva connessi al muro tramite lunghi cavi che, vibrando e tremando di scienza-magia, s’innestavano dentro i loro alloggiamenti a stampo di semi-guscio umido.
    «Ben arrivata, Vostra Eccellenza.»
    «Lord Ayazaen», lo salutò rispondendo al suo sguardo di dragon-lord con un colpo d’occhi cremisi, puntato ed esaltato da una stilla di potere. L’uomo parve ricevere il messaggio, quantomeno percepirlo, e portò ambo le mani dietro la schiena, in segno d’attesa.
    Nel muoversi, non a caso, diede un colpetto alla lunga e curiosa lama semi-akiniana che portava legata alla cintura stretta in vita. Era uno strumento bianco ed antichissimo, Kira lo sentiva, che il Dragon-Lord diceva soltanto d’avere vinto.
    Non aveva rivelato altro in merito ma quell’artefatto, forse lui lo sapeva, aveva del potere dentro.
    Il Lord Solar, dopo averle rivolto un basso colpo d’occhi bluastri, fece subito ritorno alle sue pedine in movimento lungo i tre piani del tavolo. Egli era grigio, silenziosamente furente e concentrato metodicamente nel proprio intento, quale che questo fosse.
    Il tizzone vivente di Azor’Haì non cessava mai di lavorare, d’impegnare la sua mente dilaniata su qualcosa e lei sapeva perché. Non era solo astio personale verso l’idea stessa di perdere tempo per il gusto di perderlo ma anche per non restare da solo con i suoi pensieri.
    Tutte le sue cicatrici e debolezze, tuttavia, sarebbero svanite al sorgere della sua vera persona. Il tizzone doveva diventare la fiamma ma ancora non era pronto.
    Il momento sarebbe arrivato.
    «Mio Koenighaìn», gli disse avvicinandosi ora con passi più lenti, misurati per darsi un tono d’imponenza che sapeva d’avere e di potere usare. «Mi avete mandato a chiamare ed ora eccomi al vostro servizio. So d’avere purtroppo tardato a rispondere al vostro appello…»
    Lo credo bene, l’ho fatto apposta. Quando sai fare qualcosa, diceva mio padre, fatti attendere. Se sei indispensabile non concederti mai troppo facilmente.
    «Certo, certo», fu la sua immediata replica, dal tono solo lievemente disinteressato. Era con i palmi appoggiati sul bordo del piano strategico e la schiena curva, tesa ad increspare il tessuto scuro della sua livrea. La fronte era increspata, gli occhi blu posati sullo scenario bellico in progressiva evoluzione.
    Vestiva una giacca lunga, nera con cucite sulle maniche delle Dayre-Aquile di Regial in oro e filo di rubino, al quale era collegato un mantello in super-tessuto lungo fino agli stinchi, già coperti dai calzoni dell’uniforme da fatica, dai gambali sbalzati e dai paludamenti anti-schegge.
    Al fianco portava la sua spada potenziata, Arkham Indomita, ed appesa alla spalla destra v’era la fondina a tracolla del suo las-fucile Ghjallahourn Pattern.
    Al collo, invece, aveva un medaglione pendente dentro il quale Kira sapeva lui era solito custodire due speciali psi-quadri d’album. Uno raffigurava la moglie da molti anni defunta, una donna che non sarebbe minimamente mancata alla Via Lattea, mentre l’altro ritraeva la figlia viva, da ormai due anni Over-Lady Reggente dell’Over-Archia di Armageddon.
    «Circa questa questione degli aureliani “lealisti”», commentò Ras’Leoluk, nobile Sultano di Arabaian, scavalcando il vociferare degli altri presenti e le loro discussioni per farsi sentire proprio dal Lord Solar, «Volevo aggiungere una mia opinione: come si usa dire, amici o parenti, non vendergli e non comprargli niente.»
    «Questa perla di saggezza da dove viene?» chiese il Lord Generale Pintor, dell’esercito aureliano rimasto leale all’Imperivm ed al Lord Solar. Quest’ultimo aveva spostato in avanti una delle sue pedine-icone e chiamato un servente per comunicare un ordine al reparto in questione. «Dal letto condiviso con Nebulae Kalinchev? Mmh?»
    Il Sultano di Arabaian non si scaldò innanzi alla provocazione lanciata dal genere aureliano, peraltro vagamente debole anche se proveniente da un uomo che stava al sarcasmo come Fabritiòs Von Gianellen stava al divertimento, quindi un opposto che non attirava alcunché.
    Chiudendo gli occhi, anzi, egli allargò le braccia in un gesto bianco, quale era proprio il colore della sua tunica, e disse: «Se pronunciaste una cosa del genere in terra di Meseise la Quinta, anche se in mia compagnia e con il rispetto di cui la mia persona gode lì, temo che davvero non potrei garantire per la vostra incolumità…»
    Oh, queste gare a chi ha il membro più lungo… mortali od Astartes, giocano comunque con il medesimo balocco.
    Il Lord Generale Pintor non sembrò cogliere lo strale di passiva minaccia: «Ah, sì? E che cosa potrebbe farvi la vostra gente, Ras’Leoluk? Offrirmi dei prestiti molto aggressivi? Dei tassi d’interesse eccezionalmente alti? Sono un militare, non un magistero economista.»
    Ecco, ponderò l’Alta Cardinalessa, una persona che sapeva riassumersi in poche parole.
    «Il riso abbonda sempre nella bocca degli sciocchi…»
    Dovrei dirgli d’essere cauto circa le spighe di grano… più avanti, forse, lo farò. «Uno spreco di buon riso, il loro. In ogni caso, l’unica cosa che trovo sciocca qui è il perdere tempo con questi preparativi invece di attaccare ora, in forze, così da potere dedicare le risorse e le forze della Prima Armata contro quegli infami traditori che s’annidano in seno al mio paese.»
    «Aurelia deve avere le tette più grandi della Via Lattea, allora, per contenere tutti quei traditori», sentenziò Ras’Leoluk. Un momento dopo, egli cambiò interamente tono. «Non sta comunque a noi determinare quando è l’ora d’attaccare. Il Lord Solar decide.»
    Ecco la prima frase intelligente che sento da quando sono rientrata dal balcone.
    Allora Kira Baelor si voltò di nuovo all’indirizzo del Lord Solar, ancora intento ad osservare gli aggiornamenti strategico-tattici che avvenivano lungo i tre piani del suo tavolo. Aveva deviato una parte del suo esercito per debellare la minaccia dei cultisti caotici asserragliati lì, in Alta-Terranìs di Volscini Sethra-Pelta, per, citando le sue stesse parole, saldare un vecchio conto in sospeso e poi evitarsi una pugnalata alla schiena una volta all’ombra delle stelle aureliane.
    «Ogni secondo che passa senza la possanza Crociata a dar battaglia ai traditori è un crescendo dell’insulto che rappresentano», snocciolò il Lord Generale Pintor quasi impuntandosi, paonazzo e divertente con quella testa ormai calva e gli occhi piccoli che aveva, «… al prestigio ed all’inviolabile onore dell’Astra Militarvm Aureliana e della sua nazione!»
    L’Alta Cardinalessa notò un dardeggiare degli occhi del Lord Solar e comprese che le aveva scoccato un’occhiata… forse per chiederle quanto sarebbe stato grave se fosse scoppiato a ridere per ciò che aveva appena udito?
    Pensando al riguardo, dopo un secondo di riflessione, Kira cancellò quell’ipotesi: il Lord Solar non rideva mai.
    Digrignava i denti, però. Li faceva stridere con nervosismo e rabbia e qualcuno, nel Mastio di Vronegard, era solito scherzare in merito dicendo che si potesse dedurre il suo umore da quanto le pareti sembravano tremare per effetto del suo continuo, nervoso ringhio.
    La battuta proseguiva citando il fatto che niente gli andasse bene e che ogni cosa ai suoi occhi apparisse colpevole di una qualche manchevolezza ma quello, secondo lei, non era vero quanto più un semplice esagerare la sua giusta pretenziosità di militare.
    «Ebbene, Lord Solar?», domandò il Lord Generale Pintor, macchiandosi secondo Kira d’assurda sfrontatezza.
    Invece di punirlo e folgorarlo lì dov’era, Fabritiòs Von Gianellen si drizzò in piedi e staccò gli occhi dalla tridimensionale mappa strategico-tattica.
    «I loro scudi crolleranno presto… o tentano una sortita oppure quando i Void-Aegidaì crolleranno, la loro fortezza diverrà una tomba. Non si sono ritirati lì dentro per morire così, lo so, quindi vi chiedo… Vostra Eminenza Baelor… che cosa potete divinare in merito al nostro nemico?»
    A che gioco stava giocando?



  5. .
    CITAZIONE
    è un Aeldari!

    *risata soffocata*
    E' così W40K-tardoretarded so-stupid-it-becomes-awesome epico questo nome estratto dal Codex Retocnastartes xD

    CITAZIONE
    Alcuni si facevano problemi nell'uccidere un essere umano; iniziavano lunghissimi e tediosi discorsi mentali sul quanto la vita fosse una cosa importante. Chi si stava per uccidere in quel momento non era così poi differente da te, dicevano alcuni.

    Notare come, in seguito, Emily si faccia gli stessi tediosi e lunghissimi discorsi mentali tanto a dire che ora fa l'assassina super-cool come se sapesse che è su di uno schermo! xD

    CITAZIONE
    Assasinii Ivllielmii?

    Un ololitho-film diretto da Qventinicvs Dae Minvs-Taranto

    CITAZIONE
    stava solo vagando per quei grigi cunicoli tutti uguali.

    Malekith: non avevo voglia d'inventarmi altre descrizioni...

    CITAZIONE
    Capendo di dover mollare l'arma da fuoco per passare a quella bianca lo xeno gettò il fucile a terra, che impattò un clangore metallico.

    La prova che ci troviamo nel folle mondo di Warhammer 40.000 e, ancora di più, nel suo derivato iniettato di droghe e steroidi che è Boh Saga: gettare da parte un fucile ultra-super-extra-advanced-pseudomagicalandshit-fantascientifico per sguainare una spada e colpire il nemico in cqc.
    Screw the guns, drive me closer I want to hit them with my sword!

    CITAZIONE
    Lo Aeldari cercò di alzarsi ma l'unica cosa che ottenne fu il ricadere rovinosamente a terra.

    The Aeldari-Guardian RAVANDIL (da adesso in poi si chiamerà così, Ravandil) was the GREATEST FIGHTER of his EEEEENTYYYREEEEEH Craftworld.
    Too bad his Craftworld was actually HIGHLY specialized in the arcane art of training DEAF BONE-SINGERS!
    xD

    CITAZIONE
    eventi storici che andavano dalla Crociata del Proletariato durante la Guerra della Bestia fino alla Catastrofe di Tresakairòs,

    Ossia da "Mandiamo, tipo, OGNI disgraziato che troviamo a perire di una morte orripilante e super-dolorosa, in massam contro gli Orki della Bestia per fare da scudi umani ai soldati che invece valgono due accidenti" a "... ehm, m'lord Fabricator-General-Localer... mentre mettevamo in moto quella fighissima nuova nave per la cui realizzazione abbiamo schiavizzato cento milioni di persone, un sovraccarico di dati ha fuso le nostre centrali nucleari planetarie causando MILIARDI di morti."
    Fabricator: ... beh almeno i familiari non ci possono fare causa. Sono morti anche loro.
    Ah, sì... PADDING!

    CITAZIONE
    «Tu non sei solo una potenziata» le disse Kadmòn con un tono calmo, quasi a volerla analizzare,

    Come ci sei arrivato, heretic? Forse per i poteri magggici? Magari perché le mancano due terzi del petto?
    Sarà perché è così bassa da essere una nana pure per i nani?

    CITAZIONE
    non credo sia una coincidenza il fatto che questo nome ti dia fastidio

    *versi inconsulti, probabilmente di risata, durante la revisione di gruppo su Skype*

    CITAZIONE
    Stai provando paura? Dovresti! Basta un mio segnale e tu tornerai nel luogo dove le empie creature come te vivono!

    So edgy!
    Ma siccome entrambi serviamo ad eventi di tre secondi più in avanti, io misteriosamente tarderò questo segnale e tu riuscirai, per il momento, a scappare.
    Che tu sia maledetto, plot!

    CITAZIONE
    xeno

    FOUL XENOS! ALIEN BEAMS!
  6. .
    CITAZIONE
    Smodiel sentiva chiaramente le sua ossa incrinarsi sotto il peso dell'enorme masso che aveva sulle gambe.
    Una si era già spezzata torturandolo con un dolore non solo atroce ma logorante.

    Aah, gli inizi di capitolo alla Martirios. Sofferenza, morte e DOLOREH sono non solo abbondanti ma ovunque... e costanti.
    E' sempre bello cominciare così.

    CITAZIONE
    no, non era vero.

    CITAZIONE
    Che bella la vita.

    Questi due strali aiutano ad avvicinarsi al personaggio, che lo si potrebbe dire un comune sfigato di periferia in questo momento.
    Il che rende più divertente il momento "aiuto divino express".
    Nella migliore tradizione maritiriosiana, questo aiuto divino non è l'oro colato che potrebbe sembrare altrove.
    Anzi, sulle prime Darìs neanche lo accetta. Sarebbe una scena estremamente drammatica se non ci fosse, via il POV che insomma narra, un gusto divertente nel descrivere la situazione.
    Il sasso lanciato è una reazione anche piuttosto normale, noi che siamo comodi comodi la diciamo stupida ma nei suoi panni probabilmente avremmo fatto lo stesso.
    Oppure saremmo morti di paura. Devo dire che comunque, davanti a quel mostro pseudo-angelico, si è comportato con più sangue freddo di quello che gli avrei dato.
    O ha visto parecchia roba schifosa oppure ha un piccolo problema localizzato all'amigdala (no, non quella di Bloodborne)

    E' la parte finale quella che solleva il punto secondo me più interessante del POV. I lich che osservano il segno non li hai messi solo per permettere al sacerdote di dire "anche voi pregate", ci sta dell'altro sotto e comunque non stanno nemmeno pregando, mi pare.
    Sono intenti ad osservare e dietro ci sta un significato recondito.
    E' comunque la discussione tra il sacerdote ed il lich gioioso a dare un buonissimo valore al pezzo; chi è peggio, tra creatore e creato?
    Chi è migliore?
    Apprendere il male è apprendere qualcosa oppure ripetere schemi già visti fino a che il mondo è grigio ed uso ad essi? Sono domande che possono sorgere da quella discussione, interrotta con un plot twist.

    Per ora stai procedendo con una calma che è un grande cambiamento rispetto alle altre storie e ciò mi piace.
    Ti incoraggio, anzi, a continuare così perché quando prendi tempo per misurare i tuoi passi te ne esci con cose davvero di pregio!
    Bravo, Martirios! Prosegui su questa linea!
  7. .
    Lui sarà un sasso u.u

    Il miglior sasso della storia del cinema imperiale, poi! Sarà il sasso più roccioso e fermo che si sia mai visto e, dannazione, interpreterà quel ruolo con tutto se stesso.
  8. .
    CITAZIONE
    Quel momento in cui hai un titolo fighissimo

    Lungo quanto un versetto della Bibbia e semi-assurdo, The War-Torn Generation che riesce a citare Generation Kill ed alla lontana anche la base discorsiva di Band of Brothers e The Pacific...

    CITAZIONE
    che ti fa presupporre le peggio battaglie futuristiche

    Si ma siamo in Boh-Saga. Le cose belle, se non sono off-screen, arrivano dopo 415.512.510 pagine di noiosissimi POV di gente che la scena principale la conosce solo per descrizione altrui e vago interesse accademico xD

    CITAZIONE
    ed invece ti ritrovi nello space vietnam a citare FMJ e a bombardare un brutto ibrido tra i puffi ed i na'vi.

    La cosa ASSURDA è il fatto che tutto ciò abbia perfettamente senso nel grande quadro non dico di Boh Saga ma già di tale storia stessa.
    Che cosa mi fumo...? No, perché ne vorrei ancora...

    CITAZIONE
    Congratulazioni per la prima parte, quasi mi è dispiaciuto per quel povero soldataccio...quasi XD.

    QUASI.

    CITAZIONE
    La prossima volta ci penserà due volte prima di nascere dalla parte sbagliata del nostro grande Imperivm

    Wut?
    Il ch'yss bombardato con l'Alto-fuoco, dici? Ma sono più di uno, mica si sprecano proiettili per un tizio soltanto...

    CITAZIONE
    Quanto alla terza parte invece temo di non aver capito su chi sia focalizzata l'attenzione.
    C'è uno spathiano brutto e cattivo e gente con nomi strani (ma guarda un pò) che cerca il modo migliore per uccidere altri esponenti dei suddetti ibridi...quindi penso di poterlo accettare comunque U.U

    SI tratta sempre di Frederich Oskar, quello che appare all'inizio.
    La suddivisione dei narratori è:
    1) Anna Atala,
    2) Frederich oskar,
    3)'Lexyòs,
    4) Frederich Oskar.

    E' lasciato implicito che dalla prima narrazione via gli occhi di Frederich alla seconda, che chiude il pezzo, siano trascorse alcune ore.
    Nel mezzo ci sta 'Lexyòs, presumibilmente un cineasta del Munitorum, che sta cercando di fare riprese sceniche ma viene infastidito da dei soldatini di Hilda che cercano di convincerlo a fare EPWROTH CARLYLE THE MOVIE.
    Uno vuole fare Yarrick, l'altro un sasso, un cavallo, Hilda...

    Sei proprio tu, Sly Marbo...?
  9. .

    THE WAR-TORN GENERATION



    Prologo:
    “In principio, il Vento Rosso...”
    Consorella Anna Atala, 'Lexiòs, Luogotenente Frederich Oskar



    “... In principio si trattò di un semplice, comunissimo tracciante al fosforo esploso dalla canna destra di una postazione binata di cannoni navali da Cinquantadue Centimetri “Hassler Hark” in servizio presso la HMTHEOFOA “Dama d'Acciaio”.
    Se non fosse stato scoppiato da una delle innumerevoli artiglierie puntate contro la costa quel tracciante, armato di luce un momento prima vivida e pochi secondi dopo spettrale quanto la fiammata causata all'impatto, non avrebbe chiamato su di sé alcuna attenzione.
    Sfortunatamente o fortunatamente, il giudizio varia a seconda dei punti di vista, era solamente il primo di una roboante, mostruosa e malevola moltitudine.
    Trascorsi quei ventuno secondi che separavano le ore 02:08 della notte dalle ore 02.09, con un coro di ruggiti come mai quel continente ne aveva uditi prima, la prima salva dell'Operazione Vento Rosso fu sparata all'inseguimento di quel tracciante.
    Duemila-seicento corazzate di classe Regial III, tra le quali presenziava la HMTHEOFOA “Dama d'Acciaio”, dopo avere orientato ognuna le proprie dieci batterie binate da 520mm esplosero cinquantaduemila granate ad alto potenziale esplosivo.
    Nemmeno mezzo minuto dopo lo scoppio di quei colpi, tremila-e-duecento incrociatori lanciamissili “Mallevs Praetor”, singolarmente armati con ventitré postazioni di Lanciarazzi Praetor Armageddon-Pattern a trentadue testate su quattro ranghi, alzarono la loro prima salva di sbarramento.
    Missili incendiari, penetranti e ad alto potenziale esplosivo. Un terzo delle testate erano armate con capsule di Promethium, Altofuoco ed altri agenti incendiari.
    E poi giunse il fuoco di fila delle innumerevoli navi armate di batterie di cannoni laser quindi quello delle poche, tecnologicamente complesse oltre l'estrema dicitura, dotate di armamentari al plasma sia a tiro diretto che a parabolica.
    Per allora, recitano le fonti ufficiali, la capacità produttiva delle industrie dell'Over-Archia di Armageddon stava lievitando oltre la soglia dell'ottantuno percento e più che carenza di navi, vascelli inter-stellari, bombardieri, cannoni oppure carri-armati tale nazione stava trovandosi... a corto di forza lavoro da mettere in armi senza la forzatura di una leva.
    Produceva più del necessario anche considerando le domande delle forze unitesi alla Crociata ed il regime di produzione era tale da lasciare nelle menti degli Adeptvs Tecnicvs Proiectorii -coloro che si dice siano in grado di calcolare gli esiti di determinate situazioni belliche a lungo termine basandosi sulle proiezioni del prodotto industriale totale- la crescente certezza che la vittoria imperiale fosse non più una questione di strategie vincenti e tattiche giuste ma mero attrito ed urto.
    Sebbene l'Operazione Vento Rosso impallidisca al confronto con la sorella maggiore nominata Tifone Nero, che si sarebbe abbattuta sulla lega separatista a partire dalla fine del Mese di Giugno 42.018 fino al termine del mese di Gennaio 42.019, uno studio approfondito di questa campagna può rivelare alla mente dell'interessato lettore alcuni eventi salienti spesso ignorati dalla Cronaca Militare Imperiale.
    Alcuni fatti particolari accaddero in concomitanza con ...”
    Estratto da “Storia delle Ultime Crociate Imperiali
    “La Crociata dell'Aula di Joramund, Libro XI”, scritto da Consorella Anna Atala dell'Ordo Historiae-et-Chronichaes Imperialii in data M42.025


    M42.018, Giorno Sedicesimo del mese di Maggio
    (Sono trascorsi diciassette giorni dall'avvio dell'Operazione “Vento Rosso”)
    Imperium dell'Uomo, Segmentum Solar, cuore capitale
    Terzo Saliente del Sub-Sector Periferico di Orazonna, Ascendenza di Aravarra Sagathon,
    Ultima Profondità, finale tratto delle Marche Cremisi del Grande Oceano Vermiglio degli Phtumeria
    Epwroth Carlyle Lanta, Entroterra di Lanta Damnica
    Città Fortificata di Balanatys, Alta Verica Danaldena Shyre


    Il vento sibilava tra le macerie annerite dalla prematura caduta della notte. Il suo fischio era un lamento che scorreva tra i sobborghi bombardati, costellati da palazzi che i voli della Reale Over-Archica Aviazione Militare avevano trasformato in vuote sagome di cartone.
    Disturbato dagli schianti dell'artiglieria e dal tiro teso dei mezzi corazzati in avanzata, il requiem del tempo doveva sembrare uguale a tutte le parti coinvolte nella battaglia per quella città.
    Un'altra, inutile accozzaglia di palazzi e casupole che non valeva niente ma che per il Comando Locale della Crociata era suolo sacro da riconquistare ad ogni costo.
    Le solite stronzate.
    I mezzi corazzati del 937esimo Reggimento Corazzato delle Iannel Lantes di Armageddon Capitale stavano martellando i sobborghi con i tiri ad iper-velocità dei Koenighaìn-Macharivs e la martellate a traiettoria parabolica delle artiglierie semoventi Basilisk Vanheim-Armageddon Pattern. Ogni secondo si succedevano una trentina di scoppi d'artiglieria lungo il profilo est di quella cittadina stupida ed inutile.
    Granate benedette dal Culto dei Sette Dei di Uno, dalla Via Opheliana, dall'Aureo Fuoco e probabilmente un'altra dozzina di religioni che sostenevano la Crociata dell'Over-Lord Fabritiòs Von Gianellen.
    Eh, dannato Capo VG. La vorrei pure io un'Alta Cardinalessa che mi butta soldi in faccia e si fa scopare ogni volta che mi tira...
    Vanno sempre ai potenti tutte le cose belle in questo mondo di merda...

    Riparato dietro una costa di sacchi di sabbia arrangiati a difesa sul muso del trasporto truppe Chimera, il luogotenente Frederich Oskar adocchiò tre puntini in rapida discesa dall'orizzonte nero e rossastro giacente in alto alla sua destra.
    Passarono sopra alla colonna pochi attimi dopo, rombando come diavoli alati. Due chilometri innanzi alla testa della formazione corazzata, un quartiere di abitazioni evaporò in uno scoppiare di geyser di fuoco iridescente e fiamme verdastre.
    Piscio di Piromanti.
    I bombardieri tattici stavano ricorrendo all'Altofuoco per snidare i separatisti arroccati in quelle dannatissime rovine delle quali non ricordava più il nome.
    «Seh! Bruciate, figli di puttana! Bruciate!», esclamò il soldato Junn-Tharren agitando un pugno in segno di saluto agli aerei che già stavano volando di ritorno alla base Sbatté il calcio del fucile laser contro lo scafo del Chimera in lenta avanzata e poi sputò in terra.
    «Com'è il meteo da quelle parti? Un po' scottante, vero?!»
    Che battuta di merda.
    Bella la vita dell'aviazione, però! Arrivava dalle super-navi della Flotta tutte tirate a lucido, vaporizzava il sito suo bersaglio con una tonnellata di bombe per metro quadrato e poi se ne tornava a casa a farsi la doccia, cenare e forse scopare.
    Tutti bravi a fare gli eroi, così.
    «Dai, ch'yss bluetti! Dai, correte!», s'unì Ristina agitando una mano verso gli aeromobili quando questi passarono sopra alla testa della colonna. «Bravi ragazzi! Ne fate un'altra di passata?!»
    Rivolgendosi alla squadra tele-video novitarìs di Mar Tranquillitatìs che seguiva l'avanzata dell'Ottava Compagnia riprendendo la distruzione ed i soldati per la propaganda imperiale, il luogotenente Frederich Oskar le notò sul viso un'espressione basita.
    Cos'è, non aveva mai visto un'azione militare di martella-scaccia-e-distruggi?
    Che stupida!
    Come replica chiamò la sua attenzione e poi si strinse nelle spalle, dicendo: «Signorina, voi che ne dite? La guerra è proprio un inferno, eh?»


    Trasportata l'inquadratura oltre uno shot davvero cinematografico di due Leman Russ Armageddon Pattern che esplodevano le loro cannonate ad alzo zero contro le distanti torri cittadini, chino sulle ginocchia e con in mano la cinepresa, 'Lexyòs scivolò a destra.
    Nell'inquadratura v'erano una dozzina di anime della soldataglia Armageddoniana, Guardie del Tempestvs Marinerìs, schiacciati dietro una montagnola di macerie. Il primo della fila, seduto a gambe divaricate, gli scoccò un'occhiata da sotto la falda metallica dell'elmetto.
    «Sei proprio tu, Sly Marbo?», urlò per farsi sentire sopra la cacofonia delle mitragliatrici e dei cannoni laser in costante funzione. «Ed io chi sarei?!»
    Una coppia di barellieri gli passò davanti l'inquadratura, rovinandola.
    Teste di merda!
    «Ey, ey, ey regista!», lo canzonò il compagno dell'urlatore in grigioverde scuro, «Spingi quella camera in funzione, dai! Questo è Epwroth Carlyle... IIIIL FIIIILM
    Il soldato immediatamente a destra del secondo rompipalle si schiacciò contro il muretto, esplose una raffica di las-fucile all'indirizzo dei ribelli e poi si voltò a guardare in camera. Dall'occhio della cinepresa, 'Lexyòs lo vide storpiare il proprio volto in un ghigno paonazzo a denti snudati. «Io farò Yarrick!»
    «Eh, se 'sto stronzo può fare Yarrick io farò un cavallo!»
    Una delle Guardie del Tempestvs Marinerìs si tirò la manica destra dei calzoni per esporre un guizzo di calza mimetica scura. Ghignando, egli disse: «Allora io faccio l'Over-Lady Biondina Hilda Grande Armatrice Von Gianellen!»
    «Io sarò un sasso!»
    Dopo un fischio super-sonico, una granata contro-carro esplose contro un muro a meno di cinquanta metri da quel cumulo di decerebrati idioti che nemmeno reagirono.
    Nel cielo sfrecciarono tre cannoniere Valkyrie dirette, probabilmente, verso la base più vicina. Avevano contrassegni, vide 'Lexiòs con un sospiro in bocca, Elysiani.
    «E chi fa i bluetti, allora?!», chiese uno dei soldatacci.
    «Lasceremo che siano i bluettia fare i bluetti

    Quel mattino...

    «Secondo te hanno tirato le cuoia?»
    Schiacciato contro il muro, il soldato Spathiano accarezzò nervosamente l'astina del fucile laser senza rispondere alla domanda del soldato semplice Kryzs. Chino sulle ginocchia, vicino a quella bestia d'uomo dallo sguardo cinico, Kyrzs pareva un dwarvùat glabro e nervoso che imbracciava il proprio las' come se la sua vita dipendesse da esso.
    Il che, pensò Frederich Oskar, non era un'affermazione poi troppo lontana dalla verità in quel semi-distrutto, rovinato vicolo di quartiere industriale.
    Drappeggiato a tracolla ma spoglio di una bustina protettrice, il gigante Spathiano portava con sé anche un vetusto modello di fucile a pompa che agli occhi di Frederich denunciava un fatto veritiero senz'ombra di dubbio alcuna: aveva decisamente visto giorni e guerre migliori.
    «Ah, boh...» borbottò lo Spathiano avvicinandosi di un colpo di reni al termine di quell'angolo masticato, anzi in più punti sbrecciato dal volo di molti proiettili e dardi d'arma laser.
    Masticava una comunissima gomma.
    Frederich gettò vita la sigaretta che s'era acceso un paio di minuti prima, la quinta dall'inizio di quello schifoso mattino di pioggia, controllò la spia sulla cella della sua las-carabina e poi si volse a guardare l'avanguardia del suo plotone.
    Asserragliati dietro ad una cresta di macerie, i ventotto soldati del XII Plotone dell'Ottava Compagnia del Settecentosettantasettesimo Reggimento Granatieri-Assaltatori delle Contee Fortificate di Pyran Archia-Regial erano in attesa.
    Sporchi di polvere, fuliggine e lerciume bellico, armati fino ai denti e con nervose occhiaie scavate a colpi di scalpello nei loro visi, attendevano i suoi ordini in compagnia di quella mezza decina di Boia di Spathian incontrati più per caso che per organizzazione tra le macerie.
    Scattò per raggiungerli. Tenendosi basso e curvo, Frederich percorse i pochi metri che lo separavano dalla frana dietro la quale attendevano i suoi uomini. S'inginocchiò alle spalle di una gobba di calcinacci, roccia-cemento e travi storpiate.
    «Ho bisogno di due volontari», disse reggendosi lo sthalkrimr con l'inguantata mano sinistra. Anche se chiamarli aspiranti suicidi sarebbe più prossimo allo stato delle cose.
    Ventotto mani pyran-archiaregiali, tra le quali una bionica ed una senza due dita, s'alzarono all'unisono in risposta.
    Stupidi imbecilli volenterosi. «Sono certo che l'Over-Lady è fiera di voi in questo momento.»
    Un paio di soldati alzarono impercettibilmente il capo. Un terzo si strofinò l'emblema inciso a fuoco sul fronte dell'elmetto.
    Puntò con lo sguardo quelli che parevano più entusiasti all'idea di morire in quell'angolo di niente a nord-est del nulla e tre passi dal dimenticato dagli Dei antichi e li chiamò per nome: «Junn-Tharren, Erych. Voi siete i volontari. Gli altri coprano la manovra prendendo l'angolo nord e quello ovest. Dividetevi in due squadre: se in quell'edificio ci sta ancora qualcuno, lo inculiamo andiamo d'accerchiamento.»
    Li condusse con sé dal soldato Spathiano, la sua etichetta identificativa lo diceva chiamarsi Mactas Qualcosa-e-Qualcuno, e dal soldato semplice Kryzs. Quest'ultimo si mosse di un passo in avanti per fare spazio ai compagni e poi, cautamente, allungò un cannocchiale singolo angolare oltre il muro.
    «Sembrano essere tutti morti laggiù, signore.»
    Junn-Tharren, ricevuto un cenno, scavalcò il compagno di squadra e lentamente espose la canna della sua las-carabina oltre l'angolo. La mosse ora in alto ed ora in basso, in attesa che qualcuno la fulminasse con una scarica di dardi cremisi od una sventagliata di mitragliatrice.
    Non accadde nulla e, sotto gli occhi del luogotenente Frederich Oskar, il soldato semplice si sporse oltre l'angolo con il fucile imbracciato contro lo spallaccio dell'armatura anti-schegge.
    «Allora?», chiese Mactas lo Spathiano sputando in terra la sua gomma da masticare. «I topi come sono? Morti? Vivi?»
    «Secondo me stanno chiamando il loro compagno Console Antaren per sapere che cosa fare e...»
    Un dardo di fucile laser fulminò Junn-Tharren lì dov'era. Il soldato caracollò all'indietro, già morto prima di toccare il suolo pieno di rovine.
    Un cratere annerito si stagliava al posto dell'occhio sinistro.
    Ora sappiamo che sono decisamente vivi, borbottò Frederich tra sé e sé stringendo i denti. Un gran bel modo per cominciare la mattina!


    Shit-eating' grin!
  10. .
    Eccomi qui.
    *boato di tuono alle spalle*

    CITAZIONE
    Orbita esterna di Khoursk Primus
    Nave classe Apocalypse Krsny Oktobry

    L'esposizione prolungata a questo aggiornamento senza opportune schermature Space-Capitaliste può determinare patologici, irreversibili manifestazioni di Space-Comunismo.
    SIETE STATI AVVERTITI.


    CITAZIONE
    Khoursk era caduto. Dopo settimane e settimane di accanita resistenza i suoi difensori erano capitolati. Molte città e centri di produzione erano stati ridotti in macerie dai combattimenti e la popolazione era allo stremo.

    Situazione comune ed endemica nell'Imperivm che vanifica il senso netto di riconquistare tali luoghi sul corto periodo.
    S'impiega più tempo a ricostruire che a distruggere e quando si ha finito di riparare tutto, il ciclo riprende.

    CITAZIONE
    Le ultime sacche di resistenza, guidate da quelli che potevano essere tranquillamente definiti degli eroici idioti,

    Mi fa piacere vedere che ti sei ricordato quel particolare discorso del nostro Primo Signore Militante e lo hai riproposto! ^^
    Questo crea una continuity di senso, offrendo uno sguardo sullo stereotipo delle ultime resistenze all'ultimo sangue ed all'ultimo proiettile che generalmente non servono a nulla...

    CITAZIONE
    Alcune centinaia di ribelli si erano arroccati nella vecchia Rocca di Mak'Har nel continente Khoursk secundus e stavano tentano l'estrema difesa.

    Secundus con la s maiuscola, stai attento.
    Nella teoria ritirarsi in una rocca dwarvùat sarebbe una buona idea. Lo è meno quando si conoscono le ragioni che hanno portato i dwarvùat a disertarla e si considera che per pattugliare quelle cose servono centomila volte tanto i soldati che hai tu...

    CITAZIONE
    La frase fu pronunciata con un marcato tono sarcastico. L'uomo alzò la testa e lo guardò per qualche secondo negli occhi, poi distolse lo sguardo. Il Grand'Ammiraglio sorrise

    Si riesce a capire che il trkeliano sta guardando il garoniano però è un pochino macchinoso e può sembrare che sia il contrario. Vedi se riesci a rendere un momento più chiara questa faccenda, a prima lettura può essere un pochino difficile!

    CITAZIONE
    Nessuno riusciva a fissarlo negli occhi a lungo. O quasi. L'unico era stato un lord del Solar, i cui occhi del colore del ghiaccio non tradivano alcuna emozione quando li si guardava.

    Un uomo che cominciò la sua storia come un promettente allievo ufficiale in Enheton, fece parte dei Tredici Vincolati Cacciatori, uccise uno Arishock Quunari in singolar tenzone, incontrò Vittorio Doria, vide la Sacra Terra, si batté come lord nel Ratto della Der Magyar, vinse Rayk'nrr luogotenente di Thraka in Netheria, prese parte al Raid sul Golgotha con Yarrick, fu il quarto ufficiale più alto durante la resistenza in Armageddon Sector contro Thraka nella III Guerra, aiutò lord Hann-Mann Vhraaos nella resistenza di Liyubiana, vinse le Cinque Battaglie del Fiume Acheront contro l'alleanza orko-strab, fu presente alla battaglia di Wonwonghenaghard, fece parte del raid punitivo a Strab's Vare dove promise qualcosa a qualcuno, ha fatto da PR per l'elezione di Von Gianellen a Lord Solar, ricopre la carica di Primo Signore Militante ed è l'attuale Lord Protettore di Armageddon per volontà del governo e grazia degli Dei Vecchi e Nuovi.
    Lady Maelia: Dovrebbero scrivere un libro sulla sua vita.
    Lord Arer Vendas: Sarebbe una storia triste e lunga.


    CITAZIONE
    L'uomo trikeliano aveva uno sguardo perplesso e allo stesso tempo avido. Non che fosse strano per lui e per i suoi connazionali.

    Ahahah xD
    Vedo che l'opinione di Garyn non è soltanto sua ma è più generalizzata xD è già il terzo garoniano che "complimenta" i trikeliani con simili definizioni.
    Sta diventando un trend...

    CITAZIONE
    ''A quanto sembra trasportavano viveri, medicinali e materie prime. Su una probabilmente c'erano dei cavalli purosangue''.

    Su DI una d'esse*

    CITAZIONE
    Nel frattempo la battaglia per la rocca continuava.

    Sarà una cosa luuunga e sanguinosa.

    CITAZIONE
    Era un peccato che si fossero asserragliati proprio li. La vecchia città di Mak'Har era scavata nel fianco delle montagne sovrastanti e si diceva che fosse una delle settanta meraviglie dell'Imperium dell'uomo,

    Dicono lo stesso della Grande Piazza d'Armi di Garon, di Hive Regial, di Hive Blackfyre... delle Mura di Bren, perfino.
    Probabilmente di meraviglie accertate ce ne saranno almeno settanta volte settanta volte settecentosettanta volte settecentosettanta.
    Fate il conto.

    CITAZIONE
    con le sue stanze enormi sostenuti da imponenti colonne che si estendevano a perdita d'occhio per chilometri e chilometri sotto la catena montuosa della Prima Dorsale di Khoursk

    Mak'Har Karr-Dùnn Haellounn-Utngart.
    Forgiata in giorni ormai trapassati dai dwarvùat delle ere che furono quando molte montagne erano giovani e le ombre parevano essersi allontanate per sempre da questa razza tanto sfortunata.
    Perfino nel luogo più buio, una stilla di luce può rendere delle rovine ancora magnifiche ed un orecchio cauto, si dice, può cogliere il lamento funebre di molte generazioni che faticarono per strappare alla terra la gloria che era Mak'Har.
    Ma le forge oggidì sono spente.
    E le ombre vengono a giocare...


    CITAZIONE
    Quella di alcuni reparti era di tre o quattro gradi troppo alta. Cosi calibrate, le imponenti armi da cinquecento millimetri avrebbero preso la nuda roccia sovrastante la Rocca, scalfendola a malapena

    Mi sono immaginato delle palline di carta che rimbalzano contro una lastra d'acciaio Inox...

    CITAZIONE
    Più tardi avrebbe pensato lui stesso a punire gli idioti che gli stavano facendo sprecare munizioni contro la parete rocciosa della montagna.

    Spediteli in un GULAG.

    CITAZIONE
    'Un dispaccio dal Komitet gharondesky bezopasnosti, signore''.

    Giusto per riaffermare da che genti, attraverso fin troppi millenni, vengono i garoniani xD
    La stessa del casco in Hive Regial, per dire.
    CITAZIONE
    A quanto pare una flotta gladiana abbastanza consistente era partita tre giorni prima da una base nel Subsector Actar per dirigersi verso una destinazione ignota

    Stanno andando a caccia dell'Ottobre Rosso xD

    CITAZIONE
    per di più formalmente alleata, dai gladiani ci si poteva aspettare di tutto

    "Formalmente alleata".
    "Formalmente alleata"
    Mi ha fatto ridere più del "I am a man of mercy" di Ramsey Bolton xD

    CITAZIONE
    Poco importava. Tempo poche ore e Mak'Har sarebbe caduta, segnando la fine della guerra in Khoursk e di quella patetica ribellione.

    Ammiraglio, ve la siete chiamata addosso...

    CITAZIONE
    Le talpe che erano state infiltrate tra la popolazione di Khoursk avevano dato i loro frutti: avevano scoperto che la ribellione era stata supportata e fomentata da un gruppi di esperti militari e ufficiali extramondo, che erano arrivati sul pianeta tempo prima. Ma ora, data la catastrofica sconfitta subita, questi soldati dovevano aver perso la fiducia dei khourskini che li avevano catturati e portati in una fortezza su una delle tante isole di Khoursk primus. Il Grand'Ammiraglio garoniano decise che si sarebbe occupato personalmente della faccenda.

    Così fa un po' spiegone rapido ma capisco che non avevi troppa voglia di dedicarci spazio.
    Peccato, sarebbe stato carino vedere questa cosa messa in dialogo.

    CITAZIONE
    La zona immediatamente antistante la Rocca però era cambiata. Era come se qualcosa avesse livellato la zona nel giro di pochi minuti. Dei circa diecimila uomini che erano partiti all'attacco non c'era traccia.

    Te l'avevo detto, te la sei chiamata.

    CITAZIONE
    Ma il trikeliano continuava ad essere scettico. Forse sperava ancora di ritrovare vivi i suoi soldati.

    Non dovrebbe pagare le assicurazioni ai parenti superstiti...

    CITAZIONE
    ''Quando vuole M'Lord.''

    *Lord Vendas guarda Garyn*
    Garyn: Ma io ci provo...!
    *Lord Vendas distoglie lo sguardo*
    Garyn: Faccio del mio meglio, mil...
    *Lord Vendas gli tira uno scapaccione*
    Lord Vendas: DODGE!

    CITAZIONE
    una sfera perfettamente liscia fatta interamente di una pietra sconosciuta. Il monaco tese la mano e prese la sfera. Questa si illuminò e iniziò a mostrare immagini.

    Magic!
    Or better, functional magic...

    CITAZIONE
    Era completamente ghiacciata e non sembravano esserci forme di vita.

    La morte marcia sui vivi e non gliene frega nulla di chi sia a comandare.
    Soon, Winter will be here...

    CITAZIONE
    Sotto interi sistemi collassavano, mentre un coro di urla umane e aliene si alzava, acuto e terribile. Dal vuoto dietro l'occhio di fuoco una voce parlò''Io... ti... vedo!''

    Qui c'è da friggersi le cervella per quanto è complicato quello che sta accedendo... xD

    CITAZIONE
    Per un attimo apparve un enorme castello, con la torre più alta che si perdeva tra le nuvole, subito dopo l'immagine di una ragazzina bionda che dormiva in un letto, poi tutto sbiadì.

    She has to go North...

    CITAZIONE
    La pietra ricadde sul piedistallo e la visione terminò. Il monaco era svenuto ed il collegamento psichico era saltato. Per la prima volta nella sua vita il Grand'Ammiraglio garoniano si sentì svuotato di ogni emozione e sensazione positiva.

    Lo credo bene, ha visto quello che 20mila anni fa ci ha quasi sterminato...

    Beh, mi è piaciuto e sei stato molto bravo. Mi dispiace che sia un po' conciso, sopratutto nello svelare le carte più "politiche" della vicenda, ma volevi andare al sodo e va bene così.
    Mi piace come stai gestendo il mythos di Boh Saga quindi resto in attesa ^^
  11. .
    Eccomi a commentarti!
    Sai che sono in piena tesina d'esame quindi può sembrarti un po' striminzito ma pensa che sto dedicandoti con piacere del tempo in questo esatto momento e sii contento ^^

    CITAZIONE
    Su bambine, mettetevi a letto, voglio raccontarvi una storia.
    -Che storia mamma, quella di Çinci-reena? L'Athanae e La Grande Guerra per il Ritorno dell'Alba? Le Leo Gestae? Vronegard e Mag il Potente?-

    Come, take a seat and I will recite you a tale
    O' bold adventures spanning both sides of the veil...

    E' bello vedere scheggie di lore comune all'universo di BOH affiorare così, sopratutto perchè la leggenda di Cinci-Reena è una storia effettivamente zevonese come lo è l'Athanae.

    CITAZIONE
    Dopo una furibonda lite, le due sorelle si diedero battaglia per decidere chi fosse la più forte, lottando tra loro con una ferocia che fece tremare le fondamenta della terra stessa.
    La minore delle due venne sconfitta e precipitò, scomparendo, nell'oscurità.

    Normalmente la classica fiaba zevonese qui sarebbe già finita xD

    CITAZIONE
    Un giorno una mendicante invoco la guerriera e le domandò: «Oh potente combattente, perché sei così turbata?»
    E la donna le rispose: «Cieca non vidi quello

    E la cieca rispose: Eh, non mi dire! So come ci si sente, grazie per la scelta di parole, sai! xD
    Però è carino l'elemento incredibilmente fiabesco e antico della/o mendicante. Rende il senso di fiaba, come costruito ad arte, e l'ho apprezzato molto.

    CITAZIONE
    Sōna poteva ancora sentire il clangore delle spade che s'incrociavano in mezzo a quegli archi e il sangue di sua sorella scorrergli fresco tra le mani.

    PTSD.
    Questa è una parte che, di solito, le ballate non raccontano...

    CITAZIONE
    Le leggi zevonesi punivano severamente l'assassinio di un consanguineo, tranne in un caso: se il colpevole aveva macchiato l'onore della famiglia allora la sua eliminazione era cosa buona e giusta, una redenzione che avrebbe sciacquato l'onta con il sangue.

    Le leggi zevonesi sono un primissimo esempio di quando il tetro-gotico BOH40K, dietro la sua facciata cosparsa di zucchero, rivela un mondo sempre e comunque scuro, senza perdono.
    La ruota gira costantemente, fatta la legge trovi già l'inganno e comunque, qualcuno muore. E' una fissa che gira da tantissimo tempo e non svanirà.
    La vita, dopotutto, vale poco.

    CITAZIONE
    Sōna Vēzenka

    Un nome che ha messo in moto mille incidenti di pronuncia...

    CITAZIONE
    Tutte avevano ereditato quel determinato potere per via del loro sangue in piccola parte Eldar.

    Le conseguenze che ottieni quando segui l'esempio di Beren e Lùthien e mischi le due specie.
    Si dice che finché vi sarà mondo, la loro linea persisterà attraverso tutte le Ere.
    E con loro, così rimarrà la chiave dell'ultimo residuo di potere dei Primogeniti in Estinzione e della Razza degli Uomini.


    CITAZIONE
    La speranza di Sōna di chiederle perdono sparì insieme alla brezza invernale.

    L'Inverno sta davvero arrivando, qui...
    E Loro vengono con esso.

    CITAZIONE
    Ricordò che quando la piccola espresse la volontà di entrare nei Leoni la loro madre si era alterata e le aveva ordinato di ritirarsi in camera sua

    Almeno non ha espresso l'intenzione di unirsi alla Guardia di Bren!
    Non è così tanto una suicida, dai!

    CITAZIONE
    una veggente Eldar.

    Ahia!

    CITAZIONE
    Come faceva a sapere dell'omicidio di Bianca?

    Oh, che sappia leggere nei pensieri?
    Sai, Eldar e magia e psionia e uuuuh...
    Oppure ha letto gli spoiler! xD

    CITAZIONE
    Sōna, guardando il panorama, sentì una sensazione di pace interiore ed il desiderio di attaccarsi alle spesse ringhiere di marmo pregiato per osservare meglio la magnifica architettura della città tenuemente illuminata dalla luce che qua e la fuoriusciva dalle case.

    Mettiamo in pausa il duello per goderci una vista panoramica su quello che rimane di Valayr!
    E questa è anche la prima volta in tutto l'universo di Boh Saga che Valayr appare!
    +1!

    CITAZIONE
    «So che dici a te stessa che tua sorella era un disonore per la famiglia...» la grande ammiraglia sparò un colpo verso la presunta provenienza della voce senza però colpire alcunché, «...che dovevi ucciderla per lavare l'onta. Che era tuo dovere.»

    La parte che dicevo essere fantastica e che continuo a dire tale xD
    "Ehi, stavo dicendo!"
    *colpo di pistola*
    "No, comunque ti stavo dicendo che..."

    CITAZIONE
    Era impossibile colpire un oggetto che viaggiava ad una velocità così elevata, tanto meno trasformare dell'energia pura in ghiaccio.

    Functional Magic!

    CITAZIONE
    Anche Bianca aveva provato ma sfortunatamente per lei non era stata brava abbastanza per salvarsi la vita.

    Soltanto i morti, in quest'universo, hanno visto la fine della lotta.

    CITAZIONE
    La donna rimase sconvolta da ciò che aveva davanti: sua sorella.
    Bianca era viva.
    -Dan dan dan, plot twist.-

    D:

    CITAZIONE
    «Sono migliorata da allora. Posso batterla.» La sua interlocutrice si alzò dal comodo scranno. Ogni volta che Bianca osservava i suoi capelli rossi e quegli occhi verdi, un immenso senso di tristezza prendeva il sopravvento.
    Era così simile...

    Tu sottovaluti il MIO potere!

    CITAZIONE
    «Se devi combattere, vinci.»

    You either win or you die.
    There is never a suitable middle ground...

    CITAZIONE
    È diversa dalle altre storie. Finisce bene.

    Il che è preoccupante a dir poco...

    Si prende con leggerezza, con anche quel plot-twist(...?!) a fare simpatia, ma è un bel prodotto con un carattere che per quanto suo rispecchia l'universo narrativo nel quale esiste.
    Non servono sempre le mega-battaglie e le tetra-catastrofi per essere tetri e sopratutto, qualche volta le cose possono finire bene.
    Certo, se succede sappiamo che è solo per poco ma conta il momento.
    Più si va in avanti, meno ce ne sono...

    Bravo Caboose! ^^
  12. .
    Swarmlord!
    Finalmente ti rispondo ^^

    CITAZIONE
    Ma è nata donna...

    Già, è nata donna e qui abbiamo la differenza con la presa sulla medesima situazione di Fabritiòs. Va bene, Vendy è un po' rattristito dalla cosa perchè le femmine implicano alcuni discorsi particolari in ambito di discendenza ed eredità, però ne è contento al tempo stesso.
    Forse è più corrucciato del fatto che Merina è iper-attiva nei suoi interessi, che cambia ogni cinque minuti senza saldarsi definitivamente su qualcosa, piuttosto che del sesso che ha.
    Ed è comunque una visione abbastanza progressista.

    CITAZIONE
    dai Vendy non ti crucciare che non tutto il male vien per nuocere.

    Si vedrà negli eventi e nelle guerre a venire, questo ^^

    CITAZIONE
    Hanno più soldi le persone che hai nominato in queste righe che metà delle banche del Sogno. E nonostante tutto riesce a prosperare.

    Il che da l'idea di quanto SCHIFO-RICCHI loro siano.

    CITAZIONE
    Sacrificare uno per guadagnare tre? Si può fare. Giusto per sapere, su quale dei tre pianeti Lampartadakes si trova la base garoniana?

    Inara-Agni si trova da tutt'altra parte, non è in Lampartadakes ma da Lampartadakes puoi raggiungerlo con un volo di 30+ giorni.
    Sempre meglio che 109 se parti da un posto diverso, no?

    CITAZIONE
    Si ma per sostenere tutte queste truppe al Sogno serve un mostro logistico... immagino che Lampartadakes serva anche a sostenere tutta queste forze prima che finiscano senza rifornimenti e quindi impossibilitati a continuare la guerra.

    Sì, questo l'aveva detto Antaren! Serve più a loro che non all'Imperium, per il quale la sua perdita è metà una cosa di prestigio e metà un slittamento nelle catene logistiche.
  13. .
    Lord-B è tornato a farsi vivo sul thread!
    Gloria e cannonate!
    GLORIAH EH CANNONATEH!

    CITAZIONE
    Dunque, decisamente molto più fascinoso questa nuova versione di venda che ci viene offerta.
    Molto più umana e meno...beh, non riesco a trovare una parola adatta a descrivere quello che era nelle precedenti versioni XD

    Attenzione; alla fine del secondo atto ho inserito abbastanza linee per farvi comprendere che lord Arer Vendas si è messo, dopo tutta la parte della visione magica, a scuoiare prigionieri di guerra del Sogno per vedere se le informazioni del palantiri potevano essere corroborate dalle loro menzogne/verità girate al contrario ed incrociate.
    Questo per dirvi, in un modo forse un po' subdolo, che lui era, è e sempre rimarrà IL Lord Terrore.
    Rispetto alle precedenti versioni, però, è un personaggio più -come giustamente ci dici tu- umano e meno mostro in vesti d'uomo.
    E' un padre di famiglia, con un certo focus dedicato anche a come lui si pone in contrapposizione con VG in questo, ed ha pregi e difetti anche nell'essere migliore di Fabritiòs.
    VG ha lasciato tutta l'educazione di Hilda a maestri e saggi vari, senza curarsene ed anzi ignorandola quando poteva. Arer si è dedicato, quando possibile, personalmente al loro sviluppo con risultati ed insuccessi.

    CITAZIONE
    Sicuramente però tra le cause di questo suo essere meno inquietante e leggermente più normale c'è la presenza di Merina

    Esattamente!
    Se a questa versione di Vendas rimuovessimo i figli, diverrebbe più simile all'archetipo boltonico dal quale è nato.
    Una parte del perchè ho espanso ed approfondito il "Lord Terrore" sta nel fatto che questo spregevole, sinistro individuo (secondo i suoi nemici), inquietante stratega-stregone (per i pochi che lo conoscono per bene)... è uno dei più decenti genitori della Saga.
    Il che è preoccupante.
    E già ce lo mostrò con il POv di Karlfranzhaenn, poi lo confermò Vlad-Achaìn suo parente e con questi due POV lo cementifica: lui ama i suoi figli.
    Non ha un (secondo) matrimonio esattamente felice e la sua donna ideale è cenere al vento da ormai cento anni ma lui ama i suoi figli.
    Non tutti sarebbero stati così aperti verso un figlio infermo, per dire. Vendas ne valuta il cervello.

    CITAZIONE
    pare stia venendo su strampalata quasi alla pari del padre.

    E' un piccolo dettaglio che SPERO qualcuno abbia notato ma... tutti i Vendas ed i loro parenti consanguinei CORREGGONO gli altri in qualche modo.
    Arer è un grammar-nazi tuttologo, Vlad-Achaìn è logic-pointer, Merina è una argument-nazi...
    Tutti i Vendas ed i loro relatives con sangue Vendas hanno l'istinto a correggere qualcosa in qualche modo degli altri e lo fanno in maniere diverse; Arer ti fa la lezione, Vlad-Achaìn ti puntualizza il fatto e Merina ti fa notare le differenze tra concetto e concetto.
    Deve trattarsi di uno di quei "tratti ancestrali" che Maximillian ci disse passano di generazione in generazione.

    CITAZIONE
    Certo, io la prenderei a schiaffi per rimetterla in riga ma purtroppo non ho ancora il potere di entrare nei racconti.

    Arer la preferisce così dato che in tal modo sa come prenderla per farla danzare ai suoi voleri. Merina è sia una military-brat che una egocentrica.
    Nell'ultimo caso, è un tratto particolare dell'egocentrismo e che si riflette solo verso le persone che lei vuole le diano attenzione.
    Arer sopratutto.
    Alla fin fine, Merina vuole soltanto stare con il suo babbo. E' così mostruoso ed ignobile? Allo stesso tempo lei ci fa intuire amare l'arte di scuoiare le persone e forse l'ha già fatto un paio di volte, adora trollare la gente e la sua testolina ha le potenzialità per essere geniale.
    Più che in Ortaias, è in lei ed in Sphrantès che Arer ripone il futuro immediato della sua casata.

    CITAZIONE
    (anche se a pensarci bene se avessi questo potere probabilmente non entrerei di certo in BOH)

    Leggere QUESTA parte del commento mi ha fatto sentire intollerabilmente soddisfatto del 'verse che si è creato negli anni.
    Sai di avere fatto un buon lavoro nel disegnare una dannatissima brutta ambientazione quando LORD-B, guerra-filo e amante della distruzione e della morte, NON ci entrerebbe se fosse in grado di saltare dentro i setting.
    Allora sì che hai generato un setting GRIM-GRIMDARK.

    CITAZIONE
    Il fatto che Vendas abbia fatto un così aperto riferimento alla Sindrome del Gladio è preoccupante, quasi quanto il fatto che Merina la conosca.

    Negli ambienti colti di certe aree dell'Imperium è un argomento che può capitare salti fuori.
    Alcuni primarys-medicae che studiano davvero il loro mestiere la classificano come una patologia psichica degenerante, altri sostengono che non esista.
    La Guardia Imperiale NON esprime alcun parere in merito e quella di Gladius nega ogni possibilità che sussista qualcosa di simile ad una tale sindrome.
    Insomma, è trattata come lo shock post-traumatico era trattato durante la Prima Guerra Mondiale.

    CITAZIONE
    qui qualcuno sta mentendo alla galassia.

    Maximus Haygheneral Houax del Primo Ordine in questione: ...eehn tehs vaery mouMENt, teh rulING bodYH o' Glad-iùs LIES tOH teh GALAXYAH!

    CITAZIONE
    Peccato solo che siamo in un'universo di folli sanguinari e fanatici religiosi e che non bastino un paio di occhioni sbrilluccicosi e dolci parole per ottenere ciò che si vuole.

    Ecco il perchè della parte sul suo trucco per avere attenzione e l'esame del Q.I che Arer le ha fatto fare.
    La truffaldina trollatrice in gonnella non ha solo l'arma degli occhietti dolci e del fascino di bella fanciulla ma ha l'intelligenza e la mente per usare queste due cose come più le è comodo.
    In un certo senso, rappresenta l'esordio di una delle creature più pericolose che puoi trovare nell'aristocrazia; la bella donna intelligente.

    CITAZIONE
    Altrimenti non pensi che io ci avrei già provato per barattare la mia macchina con una super apocalypse?

    Al fine di regolarmi un po' con i rapporti di potenza e le caratteristiche "role-play" di Boh Saga, ho dovuto fare degli aggiustamenti ad alcuni punti dei bg classico ed uno di questi è stato il discorso classi-emperor e classi-apocalypse.
    Gli ancoraggi capaci di costruire le apocalypse sono RARI e molto pregiati; forse saranno un paio di migliaia scarse in tutto l'Imperium.
    Gli ancoraggi capaci di costruire le super-apocalypse oppure le Emperor-Divinitatis sono davvero poche dozzine.
    E queste navi sono una bastonata in termini di costo. Prima della rivolta che l'ha inguaiata, Zevona ne aveva 3 super-apocalypse +5 apocalypse.
    Quel pezzo serve a capire che powerhouse navale ella fosse prima e che cosa ancora sia, sebbene non abbia raggiunto i livelli del pre-Nycander.
    Aveva l'economia per sopportare uno schieramento di apocalypse-class che certi lord solar, con più potere e risorse di Fabritiòs, nemmeno potevano sognare d'avere sgualcendo l'Imperium.
    E le sa usare, questo è il punto. Ha ammiragli e capitani che SANNO usare le navi che hanno.
    C'è una ragione se durante l'Era degli Eroi ha combattuto a lungo con gli Elendìili nonostante lo svantaggio tattico e strategico (il palantìri è un vantaggio schiacciante) che inevitabilmente si accumula quando si tratta di noi vs i noi rifatti, addestrati, cullati, formati e genesi-stupratri dagli eldar e poi eldarizzati per salvare i numeri demografici degli eldar in estinzione.
    Ed ecco finalmente che ci mostra perchè è La Superba.
    Sarà pure con un paio di tacchi più bassi e con il raggio più corto, ma è capace di fare quello che avete visto accadere.

    CITAZIONE
    *ruba le navi da guerra e scappa*

    *Gli egalsthiri gli rubano le navi rubate e le egalsthiriscono*
    Vissari: ABBIAMO VARATO NUOVE NAVI!
    Zevona: Smettila di rubare le mie navi!

    CITAZIONE
    Quanto al finale i presupposti per un finale col botto (BADUM TSSSS) ci sono, quindi vediamo cosa ci riserberai per il futuro!

    Una tripletta di cose cool ancora, poi torniamo ad annoiarci in compagnia di Hilda e dei suoi cappellini costosi! ^^


    CITAZIONE
    Me ne ricorderò Lord-B, la reclamazione è cominciata...

    Over-Lady Hilda Von Gianellen: Detta così suona molto inquietante...
  14. .
    Crrrr! (Statica della HBO!)
    Sigla!


    Capitolo V: 'De Principes Astralii
    Atto IV, lord Arer Vendas
    Parte III di III



    M42.018, Giorno Dodicesimo del mese di Gennaio
    Imperium dell'Uomo, sola ed unica degna rappresentazione dell'Umanità tra le stelle.
    Segmentum Solar, Astral-Imperial Dominio della Vera-Ferrvm Lyiubiana
    Circa 18 anni-luce in direttiva sud-est dal Basso Bordo Meridionale del Corridoio Bahalianreo-Vekthaaniro Uor-Arariano;
    Saliente del Sub-Sector Periferico di Orazonna, Centrae-in-Lyi-Saliaente
    Mondo Civilizzato di Lyiubiana Cruxi-Signatae Terraequae
    Lyubiana Cruxi-Signatae Capital, Cittadella di Lyubia, Palazzo dei Signori d'Incrocio delle Acque


    Ortaias diventerà padre...
    Soltanto un momento prima era stato un bambino estremamente energico, mai contento di stare fermo ed ascoltare le sue lezioni. Un primogenito con in testa tutte quelle sciocche storie degli eroi antichi e la volontà d'imitarli.
    Di superarli ed essere più grande di loro.
    Un desiderio che, perlomeno, si univa ad un onesto, effettivamente autentico grande talento per le armi.
    Una bravura che Arer sapeva di non avere, o di avere perso con gli anni, assoluta e legittima e tuttavia ammaccata dalle sovrumane difficoltà che egli aveva, e che purtroppo non fingeva d'avere, nel leggere un qualsiasi scritto e nel vergare qualcosa.
    Arer ricordava di quando, dopo l'ennesimo e pavido maestro di palazzo che si diceva enormemente desolato per le carenze nello sviluppo scolastico di quel ragazzino, aveva deciso d'agire di persona e dunque prendere le redini di quella situazione.
    L'obbiettivo della campagna?
    Fare imparare ad Ortaias la scrittura e la lettura, fargli raggiungere dei livelli dignitosi e che non lo facessero passare per un selvaggio ignorante.
    Il bambino, all'epoca era stato solo quello con i suoi sei anni d'età, diceva che le lettere si muovevano davanti ai suoi occhi e che mutavano forma. Diceva che non avevano senso.
    Sciocchezze e stupidaggini.
    Scuse da vigliacchi o, al massimo, barriere da superare con la forza della perseveranza e dell'ostinazione.
    Come recitava una delle massime più antiche contenute nei grandi volumi della Tactica Imperialis, nel dubbio si doveva sempre avanzare.
    Arer sorrise pian piano, temendo di disturbare il ricordo emerso dentro i suoi occhi: l'aveva fatto stare seduto sei ore al giorno tutti i giorni per almeno dieci volte una settimana intera davanti alla scrivania del suo studio privato a leggere testi e poi trascriverli.
    Carta, inchiostro e penna di falco. Niente spade di legno, niente fucili-laser a carica minima, niente scudi o simili oggetti da sala delle armi.
    Carta, inchiostro e penna di falco.
    Quando Ortaias finiva uno dei volumi da trascrivere, lagnante e stanco e con le mani sporche d'etere di calamaio, ecco che subito doveva cominciarne un secondo.
    Dopo settanta giorni di lagne, piagnistei, fatiche per ambo notevoli ed in certi momenti situazioni innanzi alle quali alcune fasi delle battaglie apparivano quasi come delle cose semplici... Ortaias aveva appreso a leggere e scrivere.
    Il signore di Castel Anthrax e Lord Protettore di Anthrax Regio, pensò Arer stringendo il nodo del mantello, era il vincitore anche di quella guerra. La grande, gloriosa guerra dell'alfabetizzazione figliare.
    Beninteso era il fatto che lui, comunque, non amava quelle due pratiche. Ortaias non era uno sciocco, la testa sulle spalle l'aveva ed era stato istruito a dovere, ma un uomo d'azione?
    Quello sì, indubbiamente.
    Il che lo rendeva un primogenito di discutibile efficacia, almeno per il momento. Era meglio che fossero i secondi ed i terzi a fare gli eroi, i capitani o gli avventurieri. Il primogenito, per tradizione, doveva essere il lord oppure la lady erede.
    Ortaias voleva costruirsi il più possibile da solo, con le sue vittorie e la gloria tanto agognata, senza “sprecare i suoi giorni a governare”.
    Era divenuto un giovane uomo ma nell'animo restava ancora un fanciullo che attendeva con ansia di sentire le storie di Xan-Tarès l'eroe oppure Kalyma Vendas la Prima detta Lady Fiamma od ancora Eorl Eòthen Von Gianellen-Ondsthaynar il Giovane e Thoreen Torian l'Avventuriero per poi ripeterne le gesta con gli istruttori ed i figli degli altri lord viventi nel grande Castel Anthrax.
    Era beninteso anche il fatto che in quel dannatissimo presente che lo vedeva essere un futuro padre di nuovi figli e nuove figlie Vendas, Ortaias restava comunque un pessimo lettore dalla calligrafia incerta e confusa.
    Cercava di non mostraglielo ma i suoi tentativi erano deboli.
    Sphrantès aveva appreso subito, senza bisogno d'aiuto, mentre Merina...
    Lei, già all'età di cinque piccoli e delicati anni, s'era svelata per ciò che era mettendo a nudo il suo desiderio più grande.
    Arer sospirò.
    Merina voleva passare del tempo in sua compagnia, sempre e comunque. Non avendo spesso l'occasione, ella cercava un surrogato in Sphrantès.
    Strategica e furba, la truffaldina ingannatrice aveva riesumato le storie e le scuse di Ortaias per trascinare l'insegnamento il più a lungo possibile.
    Sebbene quell'inganno ancora gli desse qualche residua noia per il tempo sprecato dentro la sua tela, Arer non poteva che ammirare le capacità strategiche della sua terzogenita.
    Avere e non usare le proprie qualità, quali che queste fossero, lui lo trovava l'errore più stupido di tutti, secondo soltanto al non apprendere ai propri errori.
    Merina sapeva impiegare ciò che possedeva.
    Aveva finto, per settimane e settimane, di non essere capace di leggere e scrivere soltanto per avere suo padre vicino a lei qualche ora in più.
    S'era sentita critiche, qualche insulto leggero e sorbita enormi fatiche da scribacchina soltanto per stare in sua compagnia.
    Quando l'aveva scoperta a leggere in gran segreto un libro di storie alla sorella più piccola di due anni, Arer era rimasto basito.
    Basito ed accigliato.
    L'aveva ingannato per tutto il tempo, e ciò era ancora alle volte una piccolissima fonte di rabbia, dimostrando però una mente che già in giovanissima età era capace d'elaborare delle strategie, dissimulare innanzi al suo avversario e mistificare fatti ed abilità pur di raggiungere il suo obbiettivo.
    Il tutto, ciò andava assolutamente premesso per onore ed amore dell'onestà, dandosi comunque da fare per accudire la sorella più piccola e soddisfare il suo desiderio di sentirsi lette tutte le storie dei cavalieri e delle regine e delle belle dame.
    Quel ricordo racchiudeva, secondo lui, un microcosmo di quella persona che era la sua terzogenita.
    E se soltanto fosse nata uomo, e con un reale interesse per l'Ars Bellicae dell'Astra Militarum... quale grandissimo generale e capitano d'eserciti ella sarebbe divenuta!
    Invece era nata femmina di nobile stirpe, che pur non rappresentando del tutto un ostacolo insormontabile se si voleva perseguire la carriera militare era comunque una condizione sempre presente, e con una mente in sé geniale ma altamente dispersiva.
    Una volta, rammentò il Lord Protettore di Castel Anthrax, quando ella aveva avuto dieci anni e mezzo l'aveva portata dai Saggi Tecno-Preti della Fortezza di Aeisenberg per un test del quoziente intellettivo.
    Gli era sorto un dubbio e s'era detto che valeva la pena risolverlo.
    Il test aveva svelato che nell'ambito globale, ella si classificava sopra la media seppur non di troppo.
    Nell'ambito settoriale, sopratutto quanto l'argomento in questione catturava per davvero il suo interesse, il suo cervello brillava d'attività e lei svelava davvero che cosa aveva in quella testolina malefica.
    Cento-e-quarantanove di Quoziente Intellettivo.
    Merina aveva tutte le potenzialità per essere a dir poco geniale.
    Le mancava l'abilità, stando al parere del padre a dir poco indispensabile, di superare la soglia dell'interesse e del non-interesse per dare il meglio di sé per il semplice fatto di poterlo fare.
    Allontanò da sé quei ricordi.
    I tempi cambiavano. Lui stava invecchiando ed i suoi figli crescevano.
    Era giusto che fosse così.
    E se la Via Lattea fosse davvero giusta nessuno sarebbe chiamato a compiere le azioni che abbiamo fatto noi. Sì, è una bella utopia pensarlo. Ma è soltanto quello, una dignitosa utopia buona soltanto per i poeti e per i cantastorie.
    La Via Lattea non è come la desideriamo noi; chi cerca la giustizia è venuto nel luogo sbagliato.

    Arer Vendas stava drappeggiandosi sulle spalle il mantello da giornata, quello lungo e scuro ma non eccessivamente pesante con ricamata sul dorso in vivide tonalità di rosso la serpe della sua Casata, quando dal centro dei suoi appartamenti sentì provenire un confuso mugolio.
    «... padre?»
    Voltatosi, Arer salutò la sua terzogenita. Probabilmente ella ricordava d'essersi addormentata sulla tanto contesa sedia a dondolo della terrazza panoramica e quindi stava chiedendosi che cosa ci facesse nel letto a baldacchino riservato al lord suo padre.
    «Non potevo farti correre il rischio d'ammalarti e ti ho spostata. So essere silenzioso.»
    «Vi ringrazio...», mormorò lei stropicciandosi gli occhi, «... ma potevate svegliarmi ed ordinarmi di tornare alle mie stanze, così avevate il letto libero per voi. Lord Hann-Mann potrebbe pensare che non ho gradito la sua ospitalità...»
    «Ho riposato sulla sedia a dondolo e poi lord Hann-Mann era già al corrente del tuo spostamento prima ancora che tu lo compissi. Pochi minuti fa ha fatto pervenire qui una nota assieme alla colazione in camera. Ci aspetta, con comodo, per le dieci e mezzo nel suo studio privato.»
    «Ammettetelo...», sbadigliò la terzogenita uscendo da sotto le coperte con gli occhi più chiusi che aperti. Sarebbe stato cortese se si fosse coperta la bocca un po' prima. «... volevate soltanto appropriarvi di quella sedia.»
    «Può darsi», ammise Arer stringendo le spalle. «Oppure mi preoccupo per il sangue del mio sangue e mi sono preso la briga di metterti al sicuro ed al caldo.»
    «Uhm, si... però siete già vestito e pronto per uscire...»
    «Io sono sempre pronto, Merina» replicò Arer, drizzandosi impettito. «Ma una vera lady, cortese e di buone maniere, se lo desidera può permettersi di farsi attendere. Deve, anzi. Farsi desiderare è una componente importante delle sue strategie di conquista...»
    Merina, ancora un po' assonnata, annuì distratta. Poi occhieggiò al tavolino d'argento intarsiato d'avorio, posto su sei ruote, che presentava tre livelli con ognuno sei diversi piatti da portata sepolti da altrettanti coperchi a cupola scintillanti e riflettenti come il miglior vetro.
    «Avete menzionato qualcosa in merito ad una colazione...»
    Indicato il tavolino, alla cui cura erano poste due servitrici lobotomizzate a sei braccia fasciate in castigate, solide livree lyiubiane, Arer si espresse con un mezzo cenno d'assenso.
    «Confermo. Eccola lì, infatti.»
    Apparentemente indecisa se recarsi subito nella camera-bagno per sistemarsi o dedicarsi invece a gustare l'omaggio di lord Hann-Mann, Merina chiese: «Fate colazione con me?»
    «Posto che tu ti comporti bene nella giornata che verrà...»
    «Lo farò, padre...»
    «E che tu ti vesta con dignità...»
    «Posso sopportarlo, sì...»
    «E che tu non finisca per dimostrare troppo entusiasmo durante il tiro al piattello, sì. Sarebbe mio desiderio che gli astanti, ed i partecipanti sopratutto, non pensino che la mia figlia terzogenita sia una candidata extra-mondo per la Sindrome del Gladio.»
    «In questo modo state annientando il settanta percento della mia personalità, padre...»
    «Non ti sto chiedendo di non apprezzare l'evento», rettificò Arer avvicinandosi al carrello, «Ti sto proponendo d'avermi a farti compagnia ora in cambio dell'apparire signorile per una giornata.»
    Incrociate le braccia contro il petto, Merina inclinò il capo a sinistra. «Devo sbagliare tutti i tiri?»
    «No.»
    Quello sarebbe un grave insulto all'arte dello sparo.
    «Allora potrei considerarlo se...»
    «Non umiliare Lok-Uthaen oppure Hann-Mann, d'altro canto. Dai loro una buona sfida ma quando vedi che stanno impegnandosi con troppa competizione, comincia a sbagliare qualcosina. Non sarebbe bello svergognarli eccessivamente.»
    «Lo faccio solo se loro se lo meritano.»
    «No» le impose Arer. «Lo farai perché te lo sto chiedendo cortesemente... senza ricorrere all'ordinartelo. Non sarebbe corretto verso l'etichetta umiliarli in casa loro e servono alla Crociata.»
    «Quindi devo farci perdere, padre?»
    «Sì.»

    M42.018, Giorno Tredicesimo del mese di Gennaio
    Imperium dell'Uomo, sola ed unica degna rappresentazione dell'Umanità tra le stelle.
    Segmentum Solar, Astral-Imperial Dominio della Vera-Ferrvm Lyiubiana
    Circa 18 anni-luce in direttiva sud-est dal Basso Bordo Meridionale del Corridoio Bahalianreo-Vekthaaniro Uor-Arariano;
    Saliente del Sub-Sector Periferico di Orazonna, Centrae-in-Lyi-Saliaente
    Mondo Civilizzato di Lyiubiana Cruxi-Signatae Terraequae
    Lyubiana Cruxi-Signatae Capital, Cittadella di Lyubia, Palazzo dei Signori d'Incrocio delle Acque


    Il Magnvs Inter-Stellarivm di lord Hann-Mann Vhraaos era una vasta sala ottagonale, sepolta nel secondo cuore più centrale del Palazzo dei Signori d'Incrocio delle Acque sotto la cupola cristallina di una volta astronomica ampia quattrocento-e-sessanta metri, alla quale Arer già più di una volta aveva fatto visita.
    Stando a ciò che il signore di Anthrax Regio sapeva ed aveva visto del grande e vasto Imperium, gli Inter-Stellarivm non erano esattamente rari da trovare.
    Lui stesso ne aveva uno in Castel Anthrax.
    Lui stesso ponderava sul fatto che quelle sale immense potevano essere dette le versioni per i ricchi degli astrolabi sferici.
    Tolti gli ammennicoli e le funzioni extra per le quali andava in fumo un buon mezzo patrimonio, la loro funzione era proprio quella.
    Posto infatti il mantenerli aggiornati con le dovute Mnemno-Lastre ed il permettere agli apprendisti tecno-preti dell'Adeptus Mechanicum di fare loro tutta la dovuta e religiosa manutenzione, i Magnii Inter-Stellarivm servivano allo scopo di visualizzare un qualsiasi sistema stellare e comprenderne dunque le maree celesti più importanti.
    Non erano infallibili e non erano precisi tanto da spaccare il millimetro ma facevano il loro sporco lavoro permettendo a chi li osservava di farsi delle idee un po' più chiare sul sistema nel quale intendeva muoversi per turismo, finanza, commercio oppure guerra.
    Per il Magnus Inter-Stellarivm di Hann-Mann, tuttavia, Arer aveva una particolare fascinazione.
    Quel luogo era antico, forse tanto quanto Castel Anthrax o lievemente di meno, ed aveva il suo particolare carattere nonché uno specifico stile architettonico.
    La pianta dalla quale si sviluppava era ottagonale, sormontata da una cupola cristallina puntellata da stelle brillanti e vivide che s'innestava dentro trentadue enormi colonne rosse in cascate di archi spumosi dai quali pendevano un gran numero di vessilli.
    Alcune di quelle bandiere, sapeva Arer, erano appartenute a casate andate estinte da migliaia d'anni.
    Altre, nello specifico le più recenti, risalivano agli esordi del quarantamila.
    Ad uno studioso della Magna Historia Trapassatae poteva fare uno strano effetto vedere con i propri occhi che sì, la Nobile Casata dei Tulunda aveva ostentato come emblema una grande lettera “T” irta di roseti oppure che i Pryamnòs natii di Elysia avevano innalzato vessilli bianchi dal campo dominato da un vallo rosso come la terra battuta e puntellato da spalti puntuti dai quali emergevano elmetti argentei simili a coppie d'ali di cigno.
    I Tulunda erano andati estinti.
    I Pryamnòs di Lampartadakassia Sol-Superior? Anche.
    Il Grande Inverno dell'anno imperiale 38.116 aveva essiccato i roseti del primo ed i Lamn'Ishtar-Tinysia di Castel Taighetòs avevano avuto ragione dei secondi conquistandone i mondi dopo vent'anni di guerra.
    E poi avevano perduto quei domini ad altri nomi ed altri emblemi.
    Le sedici statue in ossidiana lavorata e raffinata che rivolgevano i loro occhi e le loro braccia al centro del salone dominato dalla cupola, alte trecento metri e disturbate soltanto dal volo di qualche dozzina di cherubini di servizio, parevano dare le spalle a quegli emblemi come a dire che non gliene importava nulla.
    Il presente non era dei morti o degli estinti.
    Il presente apparteneva ai vivi.
    Il che era ironico da pensare visto che quel pensiero pareva venire da figure mitologiche morte, assai probabilmente, da migliaia e migliaia e migliaia d'anni.
    In quell'esatto momento, tuttavia, il Magnus Inter-Stellarivm di Hann-Mann aveva arrangiato tutti i propri ologrammi per offrire ai suoi osservatori l'aspetto del Sistema Stellare di Del-Aìr Lampartadakassia. Certo non era assolutamente preciso ma funzionava.
    Sarebbe servito allo scopo.
    «Siete certo di volere perseguire il vostro piano, Vendas?» fu la domanda di Giovanni Doria, Doge di Zevona capitale del Sub-Sector Zevona.
    Egli, assieme a Strahil ed Hernest Whitehall, era arrivato nel primo mattino per presenziare alla discussione sul da farsi circa la situazione in Del-Aìr; la sua invasione, causa scatenante della presenza di tanti nobili in Lyubiana Cruxi-Signatae Capital, minava le linee di rifornimento della XIV Armata Crociata intenta a battagliare sotto i soli del Sector Uor-Ara...
    E sopratutto, quello non andava affatto dimenticato poiché non v'era guerra od impresa mossa senza la ragione del guadagno, faceva perdere a coloro che possedevano delle percentuali delle raffinerie lunari fiumi di guadagni-percentuale.
    Per riconquistare quel luogo, dunque, v'erano almeno tre buone ragioni.
    «Sì.»
    «Ritengo che come Doge di Zevona sia mio interesse dirvi che mi aspetto un successo schiacciante» premise Giovanni, cincischiando con le dita sul pomello del suo bordone da passeggio.
    Messe in debita considerazione le risorse che egli stava mettendo in campo per interrompere l'emorragia di guadagni, non gli si poteva additare colpa o macchia d'eccessiva cautela.
    Erano tutti bravi ad agitare le spade e fare tuonare i fucili laser. Pochi avevano le spalle e l'animo per gli affari di governo e ciò che costavano.
    «Suppongo che farmi ottenere quello che vi ho chiesto vi sia costato tanto.»
    Rassettatasi la manica destra della sua giacca da giorno, una palandrana bianca aperta sul torace con cremisi motivi solari sui bordi, Giovanni corrugò la fronte.
    «Ho riscosso alcuni debiti, sì.»
    «L'Alta Regina presumo abbia strepitato e gridato alla follia.»
    «Me ne fotto di quello che vuole Mara Sov», borbottò Giovanni. «Vada pure di palazzo in palazzo a farsi annunziare come l'Alta Regina di Valayr e ciò che più l'aggrada... il vero potere, dentro il Sub-Sector Zevona, ce l'ho io.»
    «Spero ardentemente che sia la verità, Doria», fu la replica di lord Arer Vendas, «Non provo nemmeno a dirti cosa potrebbe accadere ai miei piani se all'improvviso ella stabilisse che la HEZIF Infinity Ad-Avantìs non debba lasciare lo spazio siderale zevonese.»
    «Non accadrà. Sov non ha alcuna reale cognizione di strategia e se fosse per lei tutte le nostre navi rimarrebbero incastrate nei porti astrali a fare la ruggine ma sa che non puoi ritirare una nave dopo che ne hai commissionato l'intervento in una missione militare. Beninteso, se riesci ad evitare che me la distruggano...»
    Hann-Mann e Strahil, presenti sulla balconata panoramica assieme a lady Aal-'Icie della patrizia famiglia dei Contaenee e lady Helena Flavya-Julya Vhraaos, Arer li vide volgersi in contemporanea a guardare Doria con un cipiglio stralunato.
    «Se il Sogno disponesse delle armi per distruggere una Super Apocalypse-Class...», commentò lady Helena Flavya-Julya in un sospiro fintamente teso, «... allora dovremmo tutti ponderare se sia il caso o meno d'apprendere le note della Gloria Nella Libertà e cambiare i nostri titoli in Consoli e Consolesse.»
    «Moglie, questo potrebbe essere additato come tradimento se venisse sentito dalle orecchie sbagliate...»
    «Lo so, marito. La mia era una battuta.»
    «Fatemi la cortesia di non ripeterla.»
    Guizzando con sdegno lo sguardo al Magnus Inter-Stellarivm, lady Helena sbuffò un verso di chiaro e netto disappunto. Osservandola di sottecchi, Arer la vide prendere Merina sottobraccio.
    D'istinto si chiese che cosa volesse da sua figlia ma si tranquillizzò quanto la sentì dire: «Venite con me, mia carissima. La nostra presenza qui non è del tutto necessaria.»
    In tutta risposta, Merina scoccò uno sguardo a suo padre. Adesso era alquanto preoccupata. Povera, povera Merina!
    Vai con lei, non ti preoccupare, scandì Arer senza usare la voce. Non ne aveva alcun bisogno. Ti raggiungerò dopo.
    La sua terzogenita sapeva leggere gli sguardi e le labbra. Le aveva insegnato quelle abilità e lei era stata celere nell'apprendimento.
    E così Merina si fece quasi trascinare via dall'offesa lady Helena, che a testa alta marciò verso l'uscita gettandosi sulle spalle uno scialle a tripla sciarpa recante i colori della Vera-Ferrvm.
    Che le muse della poesia e della lirica epica, pensò Arer con un vago sorriso interiore, cantassero l'ira di quella donna e quanti pensieri foschi ella avrebbe addossato al lord suo marito.
    Per assurdo, Hann-Mann gli aveva confessato d'apprezzare quel difficile rapporto. Lady Helena Flavya-Julya, s'era lamentato una volta, credeva d'avere tutti i tesori della sua famiglia tra le gambe e di essere la più alta imperatrice delle imperatrici ma era proprio quello che gli piaceva.
    Era superba ed incontentabile.
    La lady perfetta per Hann-Mann. Dovrebbero veramente scrivere una canzone sul loro matrimonio: la tigre feroce e lo gnomo bollente.
    «Comunque sia, lord Vendas...», riprese a parlare Giovanni Doria, «... la vostra strategia d'attacco l'avete ponderata durante l'ultima notte o stavate già rifinendola?»
    C'era del sarcasmo e ciò non era di suo gusto. «Ho avuto tempo per pensarci, Doria. Grazie agli informatori di lord Vhraaos sappiamo che Antaren si trova in Lampartadakes, sappiamo che sta adunando due nuovi eserciti e che uno di questi sta per muovere sulla luna di Inara-Agni.»
    «Ma è sleale attaccare le missioni commerciali!», protestò lady Aal-'Icie Contaenee, quasi davvero offesa per quanto aveva appena udito. «Non sono installazioni militari!»
    «No ed è per questo, m'lady, che le si assale» esplicò Strahil probabilmente nascondendo il desiderio di schiacciarsi una mano contro il volto davanti a tanta sciocca ignoranza.
    Strahil non si rendeva conto che era tutta una finta? Lady Aal-'Icie fingeva d'essere una stupida sciocchina, un'aristocratica nuova alle manovre da taglia-gole della politica e della guerra.
    Fingeva.
    Non lo era davvero.
    «Che slealtà!» vibrò lei, chiudendo i pugni per la rabbia. «Infidi vigliacchi!»
    «Sarà nostro onore e dovere fare sì che le mire di questi infidi vigliacchi non si realizzino», commentò il Primo Signore Militante incrociando le braccia contro il petto.
    In verità ho intenzione di lasciarli partire ed invadere Inara-Agni; bloccherà alcune delle loro forze costringendoli all'estendere una catena di rifornimento. Sarà una buona occasione per abbattere qualcuno dei loro vascelli-cargo e bloccare a terra un corpo di spedizione.
    «Certamente. Trovo sia più importante, però, liberare Lampartadakas e fermare nello spazio l'esercito che stanno inviando per rinforzare la presa dell'assedio.»
    Le parole dette da Strahil lo spinsero ad appoggiarsi sulla balaustra, pensieroso. Due occasioni del genere erano fin troppo buone per lasciarle andare ma non lo convincevano.
    Poteva dirne una vera e l'altra, invece, una finta attuata per distrarre.
    Tornando alla carica nei suoi pensieri, i tre match con gli scacchi terrestri avuti con Hermann De Gregory lo portarono a stringersi il mento e ponderare, a riflettere: lui sapeva che il gioco degli scacchi non insegnava davvero a combattere una guerra ma era un gioco eccellente per comprenderne alcune meccaniche sempre costanti.
    Negli scacchi non accadevano tradimenti tra le proprie fila, i pezzi non erano influenzabili dalla propaganda ed eseguivano qualsiasi ordine senza lamentele o ribellioni. I soldati reali, d'altro canto, non erano mere pedine ma persone.
    Occorreva ricordarlo.

    Qualcosa andava sacrificato e quel qualcosa, decise Arer in quel preciso istante, era la luna ad atmosfera chiusa di Inara-Agni. L'esercito diretto a rinforzare la già corrente invasione di Lampartadakas, invece, andava frenato prima di estendere la campagna oltre i limiti tollerabili e della decenza.
    «Mi dico d'accordo con Der Magyar» così si espresse Doria, ambo le mani appoggiate sul pomello del distinto bordone da passeggio. «I recon-cerebrus inseritesi nel sistema stellare hanno rivelato fin troppe forze per non dedicarvi subito tutta la dovuta attenzione.»
    Ed è proprio questo a non convincermi.
    Si tratta di un caso d'invasione su larga scala, e sino a questo punto siamo d'accordo, ma per quale grande obbiettivo? Una collezione di raffinerie giustificava, anche considerando ciò che l'impiego del palantiri gli aveva permesso di vedere, tutte quelle forze?

    V'erano tre rokke orkeske e ben due exattedrali dentro le correnti del sistema di Del-Aìr Lampartadakes; cinque enormi bersagli, fluttuanti nel vuoto tra i giganti gassosi e le lune, lì a fare da fortezze mobili.
    Oltre a loro v'era una mezza dozzina di squadre navali impegnate a dare battaglia agli anelli orbitali dei quattro, mostruosi giganti gassosi.
    Considerando lo scenario nel quale abbiamo intenzione di muoverci, sarebbe davvero comodo avere Tar-Aranor con una squadra dei suoi Numerràmar...
    «Con la HEZIF Infinity Ad-Avantìs posta a capitana del primo corpo di spedizione» esordì un pensieroso lord Arer Vendas, gli occhi cristallini rivolti al Magnus Inter-Stellarivm ancora intento a mimare il più fedelmente possibile i moti orbitali di Del-Aìr Lampartadakes, «...abbiamo la possibilità di neutralizzarne una vasta porizione... Doria, con la manovra dell'Empyreano-Hop-Intra-Systaema potremmo spezzare loro le ginocchia in un solo passaggio.»
    «Sì...oppure perdere la nave e tutto il suo equipaggio per un qualsiasi, stupido errore di manovra. Non vorrei perdere la Ad-Avantìs dentro uno dei giganti gassosi, sai? È costata decine di triliardi alle casse del Sub-Sector Zevona.»
    Che informazione vana! Lo sapeva benissimo quanto era costata quella mostruosità e sapeva anche d'avere bisogno di due navi di quella stazza.
    La HEZIF Infinity Ad-Avantìs era lunga trentasette chilometri dal termine della poppa sino al principio del Rostro-Lancia di prua e toccava i venticinquemila-e-seicento metri d'altezza per un complessivo tonnellaggio da considerarsi dentro cifre che non aveva nemmeno senso esprimere tanto erano grandi.
    Le sue stive, sapeva il signore di Castel Anthrax, potevano contenere oltre sessanta vascelli come la Viviana Vendas e, nel giro di un mezzo istante, sganciarli dalle stive a guisa di comunissimi raptors-gatherintaell a medio raggio.
    Non impiegare quella sua abilità sarebbe stato sciocco.
    Impiegarla, invece, era estremamente rischioso.
    «Allungare l'intera operazione con una punta d'attacco classica consumerebbe simili quantità di denaro tra navi danneggiate e vascelli perduti.»
    «Anche questo è vero» convenne lui. «Ma per riuscire, il salto intra-sistema deve essere calcolato meticolosamente. Parlo di spaccare il metro, Vendas. Non il migliaio di chilometri, non il chilometro singolo: il metro.»
    «Ed è per questo che i dreamis non se l'aspettano.»
    «Allora sei convinto di volerti lanciare nella mischia con il salto intra-sistema?» fu la domanda che gli fece il doge Giovanni Doria, voltandosi per guardarlo negli occhi.
    Non si stava discutendo di uno scherzo né blaterando della scena più costosa di uno degli sciocchi film propagandistici prodotti dal Departemento Munitorum.
    Era guerra vera, quella.
    Il rischio era un fattore concreto, impossibile da ignorare. Come aveva detto Doria era sufficiente un misero errore, uno sbaglio nei calcoli, perché la Infinity Ad-Avantìs si ritrovasse fuori rotta ed alla mercé delle artiglierie separatiste.
    E ciò senza considerare il fatto che, nella più nuda sostanza, l'intera operazione si basava sul fare emergere a massima spinta dalle correnti dell'inferno una balena corazzata lunga trentasettemila metri ed alta venticinquemila-e-seicento, che in tal modo entrava nel vortice di sessantadue diverse, tentacolari attrazioni gravitazionali, per farla procedere alla carica verso l'assediata ed alleata Grande Luna ad atmosfera chiusa di Vany-Zeri.
    E quella bestia dell'Ad-Avantìs doveva planare sopra alla luna nel momento stesso in cui la stessa, nel corso della sua rotazione, offriva uno dei suoi sette varchi d'ingresso all'altrettanto complicata e rischiosa manovra di sgancio dei vascelli atmosferici.
    Quando l'aveva proposto a Doria, due settimane e mezzo prima del programmato ritrovarsi in Lyubiana, il doge del mondo di Zevona gli aveva risposto guardandolo senza nulla dire per alcuni minuti. Occhi vitrei, espressione pietrificata e fronte corrucciata.
    Dopo un colpo di tosse, ed una domanda circa la concreta possibilità che il Primo Console Antaren si trovasse davvero nel sistema stellare di Del-Aìr Lampartadakassia e che ci fosse davvero lui dietro la sua invasione ad opera del Sogno di Von Strab.
    Con la conferma, fatta giungere dalle spie di Vhraaos e da ciò che era stato possibile vedere ed udire attraverso la sfera di cristallo nero elendìili, quell'operazione poteva davvero essere messa in moto.
    «Funzionerà, Doria.»
    «Lo spero», borbottò lui, cacciando ambo le mani nelle tasche della sua palandrana. «Non vorrei mai che il futuro pargolo del tuo ragazzo e della mia Felicina debba crescere sentendo parlare del nonno tragicamente morto in azione.»
    «Nonno paterno oppure per via materna?» chiese Strahil quasi ridacchiando.
    «Quello paterno, è ovvio. Se non lo uccide quel figlio di puttana di Antaren, Der Magyar, lo uccido io per avere mandato all'inferno la mia dannatissima Super Apocalypse. È costata un patrimonio e vorrei potervi fare affidamento nelle guerre a venire
    «Guerre che spero arrivino il più tardi possibile...», mormorò Hann-Mann Vhraaos, anche lui intento ad osservare il Magnus Inter-Stellarivm che ruotava ed evolveva in continuazione attorno ad un finto sole rossastro. «E la speranza è l'ultima a morire, non è così?»
    Mi auguro che tu abbia ragione, Hann'.
    Me lo auguro.
    Quando l'Imperium combatteva erano i fiumi delle terre di Lady Lyiubia l'Astuta a farsi prima rossi per il sangue e poi neri per i cadaveri putrefatti.

    E chi aveva la parte giusta del fiume, si diceva, era colui che alla fine vinceva.

    M42.018, Giorno Diciottesimo del mese di Febbraio
    Imperium dell'Uomo, sola ed unica degna rappresentazione dell'Umanità tra le stelle.
    Segmentum Solar, cuore capitale dell'Imperium
    Circa 11 anni-luce in direttiva sud-est dal Basso Bordo Meridionale del Corridoio Bahalianreo-Vekthaaniro Uor-Arariano e circa 24.8 anni-luce in direttiva ovest-ovest dall'Astral Imperial Dominio della Vera-Ferrvm Lyiubiana.
    Secondo Saliente del Sub-Sector Periferico di Orazonna.
    In viaggio warp per l'Ascendenza di Aravarra Sagathon, parte delle Marche Cremisi del Grande Oceano Vermiglio degli Phtumeria.
    Destinazione: Sistema stellare di Del-Aìr Lampartadakassia


    In tutto il suo miniaturizzato splendore, l'isolana e marinara città di Mirìa-rìl-Aes'Estell Poleìs fluttuava sopra alla grande tavola rotonda che fungeva da punto capitale dell'intera sala.
    In quel luogo enorme, dominato dall'ologramma, non si aveva la netta sensazione di trovarsi a bordo di un vascello spaziale.
    Se si era abituati alle traversate trans-stellari e si perdeva la capacità di notare tutti quei piccoli dettagli caratterizzanti la permanenza a bordo, fossero questi i pavimenti che vibravano lievemente oppure gli occasionali sbalzi di gravità o l'aria che sapeva di sintetico, lì dentro il castello di poppa della HMTHESFOA Viviana Vendas si poteva dimenticare interamente d'essere in piedi dentro un sarcofago di metallo.
    Colpevole, forse, era il fatto che la Viviana' era di recentissima costruzione e che in quell'esatto momento si trovava dentro la stiva della HEZIF Infinity Ad-Avantìs.
    Una nave di un chilometro e mezzo, quel dettaglio bisognava tenerlo bene a mente, era tenuta stretta dalle grinfie di due ponti telescopici che la reggevano in virtù del magnetismo e di meccaniche tecnologiche che, pur essendogli state spiegate, lui faticava a comprendere del tutto.
    Pensarci poteva dare le vertigini.
    Considerare il fatto che entro qualche minuto la HMTHESFOA Viviana Vendas sarebbe stata sganciata dalla HEZIF Infinity Ad-Avantìs dentro l'atmosfera della Grande Luna di Vany-Zeri per incominciare la campagna volta a liberare il sistema... ecco, quello aumentava esponenzialmente le vertgini.
    Dava anche i brividi dell'eccitazione.
    Era emozionante, doveva ammetterlo, ed al tempo stesso spaventosamente pericoloso.
    Il principio della campagna, stabilito nella capitale della Vera-Ferrvm e raffinato durante la traversata nelle correnti dell'Empyreo Warp, era lì innanzi a lui.
    Era quell'ologramma.
    Mirìa-rìl-Aes'Estell Poleìs, la città marinara che nelle fasi iniziali avrebbe operato come testa di ponte per la liberazione, era la casella di partenza. La governava lady Maelia 'De Naevianii, la cui famiglia era imparentata sia con i Contaenee che con i Videssianica.
    Una delle due richieste d'aiuto provenienti da Lampartadakes e dirette alla Crociata dell'Aula di Joramund era stata la sua. L'altra, invece, era stata emessa dal Coro Astropatico di Lampartadakes Zevonese, l'area posseduta da Doria attraverso intermediari con mansioni di principale degli operai e responsabile delegato.
    Tutte e due avevano, per il peso delle personalità richiedenti e l'importanza di quel sistema circa l'avanzata nel Sector Uor-Arariano, ampiamente motivato i quadri alti della Crociata a rispondere il più celermente possibile e fare del proprio meglio per sanare quella situazione.
    Inara-Aigni sarebbe stata invasa, sì, ma l'armata separatista in Lampartadakes aveva un appuntamento con la sua imminente purga.
    E tutto cominciava da Mirìa-rìl-Aes'Estell Poleìs.
    Tagliata a forma di triangolo isoscele, con cinque ponti che si estendevano dai suoi cancelli sino ad affondare nella terra-forma, ella si manifestava innanzi agli occhi del crocicchio di strateghi.
    Dal vivo, in tempo di pace, doveva essere un luogo spettacolare.
    Tutte le realizzazioni lasciate dagli Alti Uomini dei tempi del Regno Unificato erano tali secondo il gusto di Arer Vendas.
    Nel bene così come nel male.
    Ciò che più lo incuriosiva, cogliendo così un frammento della sua attenzione, era la nomea di quella città più che il doverla espugnare.
    Quello della città costiera, secondo lui, era un nome ben strano, frutto dell'avvicendarsi dei tempi. Il risultato di un sincretismo che nessuno s'era curato di sistemare.
    Non gli piacevano le questioni lasciate in sospeso.
    Mirìa-rìl era un aggettivo neutro dell'Alto Elendìili Iarindìliaco che si poteva tradurre, a patto di comprendere la differenza tra le lingue ed il fatto che una parte del significato andava irrimediabilmente perduta nella traduzione, in “splendente splendore”.
    All'udito umano pareva un rafforzativo ridondante ed alquanto futile ma nello Alto Elendìili d'epoca post-Iarìndil-il-Mariner la definizione mirìa-rìl era un superlativo atto a descrivere qualcosa di brillante, di estremamente bello e lucente.
    Da solo non avrebbe avuto alcun significato ma era agganciata ad Aes'Estell. La stella, Estell era un nome ed un sostantivo utile ad indicare l'astro in sé, salvifica secondo il significato più tradizionale di Aes, che era proponibile in Basso Gotico come la contrazione della terza persona singolare femminile e la sua coniugazione del verbo “sanare”.
    Tradotto in maniera corretta, il nome di quella città portuale era “lo splendente, brillante splendore della stella salvifica”.
    Considerando in quale sistema stellare ella si trovava e tenendo debito conto del fatto che la luce ed il calore per vivere non le giungeva interamente dal brutto sole di Del-Aìr Lampartadakassia ma bensì anche dal titanico incrocio dei quattro giganti gassosi che le stringevano attorno, quella città possedeva una nomea alquanto...
    Come dire, ironica?
    Che si trattasse di un sinistro, sardonico esemplare di quell'infido sarcasmo proprio degli arroganti, superbi e fieri Alti Uomini?
    Poteva esserlo.
    Gli avvicendamenti storici vi avevano incollato addosso la parola “Poleìs”, che voleva dire città sia in uno dei primi dialetti dell'Arcaico Medio Elysiano che in una delle lingue locali dei mondi dominati dalla plutocrazia Trikeliana.
    Forse due dozzine di millenni si trovavano travasati dentro un nome che cercava pretenziosamente di unire due lingue senza appartenere al primo e sfuggendo in gran parte al riconoscimento della seconda.
    Un altro caso di quella confusione linguistica ed etnica che dilagava nel grande e vasto Imperium del Genere Umano così ricco di mondi e culture da non riuscire a districarsi con agilità tra i suoi cento milioni di varianti io e le sue quattrocentomila personalità.
    Con la coda dell'occhio notò il suo parente Vlad-Achaìn appoggiarsi con le mani chiuse a pugno sui bordi del tavolo.
    Già vestiva l'armatura, una panoplia di placche disgiunte intervallate da tratti di maglia di scaglie smeraldine las-deflettenti lumeggiate di vermiglio, al pari di tutti gli altri comandanti presenti.
    Stando ai piani delineati prima del principio dell'operazione, la Super Apocalypse-Class Infinity Ad-Avantìs avrebbe sganciato sessanta vascelli atmosferici dentro la luna, aprendo così alla possibilità di un dispiegamento velocissimo e massiccio.
    «Tenendo conto delle valutazioni più pessimistiche, possediamo un vantaggio complessivo di tre ad uno sulla guarnigione lasciata dal traditore», disse Vlad-Achaìn in un sospiro, «... non troverei inaccettabile una media di due morti nostri per ognuno dei loro, se così fosse.»
    Un vantaggio complessivo, ponderò Arer, era consistente quanto una tonnellata di fumo. Lo si fendeva con una mano sola. Faceva tossire e poteva intossicare nel caso in cui non si era attrezzati a dovere per fronteggiarlo ma i suoi effetti terminavano lì.
    Una tonnellata di fumo era solo e soltanto una tonnellata di fumo.
    «Prediligerei una media di cinquanta morti loro per ogni singolo nostro uomo» fu la replica che lui, signore di Castel Anthrax e Lord Protettore di Anthrax Regio, diede al parente.
    Sulla carta, la terra dei complessivamente e dei teoricamente e dei probabilmente, loro avevano il vantaggio tattico e strategico del numero.
    Ma la carta mentiva.
    Per belle che erano, le teorie non dicevano tutta la verità dei fatti.
    Una volta ancora il discorso ad emergere era sempre quello del possedere e dell'avere: possedere un milione di uomini ma averne schierati soltanto diecimila non era la stessa cosa del possederne un milione e starne schierando altrettanti.
    Doverlo premettere, anche come pensiero, lo faceva sentire uno sciocco. C'era bisogno di riflettere su quell'ovvietà?
    Era, appunto, una comunissima ovvietà.
    La Guardia Imperiale pareva dimenticarsene sempre e ciò era la prova che la madre degli idioti era costantemente incinta e che i comandanti andavano formati integralmente; in quel discorso, possedere-avere, v'era infatti una sottile differenza ammontante in circa novecento-novantanovemila elementi.
    Un bel numero.
    «Lasciamo la città a marinare nei suoi problemi e muoviamo verso l'interno del sistema. Perché perdere tempo con questa trappola?»
    Alla lecita domanda posta dal generale Horatio N. Ornblowr, comandante in capo del 218/114esimo Reggimento di Gladius, fu lord Junn-Karlmann Ytoorianwrath a rispondere: «... 'ché la politica deve sempre complicare tutto, ecco perché.»
    Passeggiato per qualche metro attorno al tavolo, lord Junn-Karlmann mutò espressione e da severo divenne corrucciato ed infastidito. «Più tempo sprechiamo con questi “alleati”, più tempo avrà il Primo Console per prepararsi a riceverci in Lampartadakas Operantia e Lampartadakas Zevonese, che sono i posti che ci interessano per davvero. È uno spreco di tempo. È uno spreco di uomini, Vendas. Lo sapete.»
    Le differenze sostanziali tra la guerra e la politica sono evidenti soltanto a chi non aveva reali esperienze né della prima né della seconda.
    Quella frase l'aveva detto Hieryonimo Sondar, il defunto signore della rifondata e rifiorita Hive Verghast, oltre un millennio prima.
    Arer non del tutto d'accordo con la sua perla di saggezza e d'altro canto non le dava nemmeno torto.
    C'era del vero e c'era del sufficiente.
    Vi erano delle differenze e ridurre chi non le sapeva scorgere ad uno sciocco era pomposo, arrogante più di quello che lui era disposto a sopportare.
    Ma era anche vero che le due questioni, pur essendo legate a doppio filo, erano ben diverse e richiedevano personalità apposite per essere gestite.
    Essere bravi a conquistare non voleva affatto dire essere bravi a governare e dunque essere bravi a cogliere chi era e dove si trovava il nemico non voleva premettere altrettanta abilità nel carpirne e poi distruggerne i piani.
    Antaren aveva sicuramente previsto che vi sarebbe stato un qualche attacco in Del-Aìr Lampartadakassia e, certamente, doveva essersi detto che sarebbe incominciato lì, all'altezza delle cinquantotto lune e dei quattro giganti gassosi.
    Soltanto uno sciocco, considerando la conformazione geo-astrale del sistema ed il fatto che prima della barriera dei Quattro Titani non v'era nulla di immediatamente valutabile, non l'avrebbe fatto.
    Avevano studiato insieme ed appreso dai medesimi maestri.
    Conoscevano quei campi e comprendevano cosa faceva e che cosa non faceva vincere una battaglia.
    Ciò che egli non poteva avere previsto, oppure che aveva previsto e che al tempo stesso non aveva materiale e logistica possibilità di contrastare, erano i metodi dell'attacco.
    Pochi ammiragli erano disposti ad arrischiare le proprie costose, immense navi nella tecnica dello Empyreano-Hop-Intra-Systaema.
    Di soggetti alternativamente tanto folli da volerla tentare nonostante i pericoli annessi oppure tanto brillanti dal crederci con la dovuta sicurezza e dunque essere disposti a metterla in pratica contro ogni parere altrui lord Arer Vendas ne aveva a disposizione ben tre in tutto l'Esercito della Crociata.
    Tra centinaia di migliaia capitani, ammiragli, commodori e comandanti navali soltanto tre erano gli animi folli e coraggiosi disposti a sedersi, ascoltare un piano includente quella manovra, riflettervi sopra per qualche istante e poi dirsi completamente in ballo con essa.
    Tuttavia gliene bastavano due.
    Una di quelle teste folli apparteneva all'Alta Ammiraglia lady Haelena Leona-Kaìn del mondo-capitale di Verana Marcusveranica, uno tra i pianeti più importanti del Primo Gran Sub-Sector Veraniano.
    L'altra coronava il collo della Grande Ammiraglia lady Valerica Montali natia di Zevona del Sub-Sector Zevona del Segmentum Solar.
    La prima comandava la Settima Flotta del Primo Gran Sub-Sector Veraniano dall'immensa e scintillante Emperor Divinitatis-Class “HMEIFOGVERSS >Battagliera Stella di Pegasus”, la seconda era invece l'autorità più alta della Quinta Flotta della HEZIF Zevonese e dirigeva le sue operazioni dal castello di poppa della Super Apocalypse-Class “Infinity Ad-Avantìs”.
    Quelle navi erano mostruosità rare, tutte e due.
    L'Intero Sub-Sector Zevona schierava due Super-Apocalypse, con una terza in lentissima costruzione, ed un tempo aveva posseduto anche cinque “normali” classi-Apocalypse, in ogni diritto vascelli mostruosamente vasti e potenti.
    Di quelle cinque, una era andata perduta all'incirca sei secoli prima della Rivolta del Folle Duca Nycander, nella battaglia della Grande Carica di Virgo Rosso. In Castel Anthrax Arer aveva uno psi-quadro inerente a quella battaglia.
    Una Apocalypse-Class, invece, era stata ceduta all'Over-Archia Imperiale Egalsthira per delle questioni socio-economiche che Arer non conosceva appieno.
    Tre erano ancora funzionanti.
    Pareva ve ne fosse una quarta in costruzione, per sopperire a quella ceduta, ma poteva darsi che si trattasse della Super Apocalypse-Class dai lavori procedenti un po' a rilento.
    E ciò era un segreto dalla veste bucata, fatto apposta per dare una sensazione e non fare considerare troppo la realtà dei fatti: l'economia zevonese stava riprendendo a marciare di buona lena, ancor di più da quando l'Over-Lady Hilda Von Gianellen aveva rimosso alcune vecchie leggi economiche da tempo di guerra per favorire un nuovo regime di scambi commerciali, poteva schierare quella quantità di speciali bastimenti ed era capace di permettersi dei lavori a rallentatore.
    Una mossa politica.
    Gli zevonesi non cessavano mai di partecipare al Gioco.
    Un cherubino colse l'attenzione di lord Arer Vendas. Staccatosi da una degli strati più alti della sala, una delle postazioni d'ascolto situate quattrocento metri al di sopra del pavimento in alabastro opaco, il bimbo lobotomizzato ed armato di quattro paia d'ali bianche scese in planata sino a fluttuare sopra al tavolo dal quale emergeva l'ologramma.
    Appoggiati sui palmi delle mani, il cherubino dall'aspetto roseo e paffuto ma dagli occhi vitrei e senza personalità reggeva due servo-teschi di servizio.
    Uno dei due, quello identificato sulla fronte come Yovriik-III, s'attivò con un guizzo elettronico e si levò in volo, fluttuando grazie ad una ben poco intensa ma continua scarica elettrica.
    «Di che si tratta, lord Vendas?» domandò lord Junn-Karlmann Ytoorianwrath, facendosi più vicino. La mano sinistra era stretta sull'impugnatura della grande spada potenziata da combattimento.
    «Dovrei comprarmene un paio, ora che ci penso...» commentò Hernest Whitehall, padre di Garyn Whitehall, tornando poi a concentrarsi sui suoi libri mastri.
    Certe volte, pensò Arer occhieggiando al genitore biologico del suo scudiero, gli dei ricompensavano con doni strettamente materiali coloro i quali sapevano trarne il maggior profitto.
    Da ragazzo Arer aveva sentito parlare di una storia, un sacerdote phtumeriano capace di moltiplicare pani e pesci con un solo gesto della mano, e per qualche strana ragione attribuiva quella figura non solamente all'Over-Lady Hilda ma sopratutto a quell'uomo dallo sguardo perennemente dotato di un ghigno che pareva, tra le tante cose, denunciare il suo sapere qualcosa del quale gli altri erano all'oscuro.
    Junn-Karlmann Ytoorianwrath e Strahil lo sprezzavano non proprio apertamente ma senza nemmeno nascondere troppo il loro mal digerire un borghese troppo ricco per il suo bene e che, secondo loro, non aveva vinto quei tesori da un nemico.
    L'ultimo punto era, a dire il vero, più di Junn-Karlmann che non di Strahil.
    Strahil disprezzava i borghesi per il semplice fatto che erano plebei ricchi con troppe aspirazioni. Per Junn-Karlmann, il borghese in sé non era nulla da temere o del quale guardarsi.
    Era il borghese che s'arricchiva senza nulla vincere attraverso l'agitar del ferro che lo innervosiva.
    Un dettaglio semplice, nonché molto arcaico, che faceva risalire la mentalità degli Ytoorianwrath agli esordi più perduti della cultura dei Primi Uomini.
    Erano in pochi a sostenere ancora, con la dovuta serietà, il concetto del “prezzo del ferro”.
    Dal proiettore del servo-teschio, incastrato nella sua orbita sinistra, emerse l'ologramma vermiglio ed inscritto di bianco di un lungo dispaccio.
    «Si tratta della nostra trappola, miei lords. È scattata.»
    «Antaren ci ha rilevati?»
    Il Primo Signore Militante scuoté il capo.
    Come previsto, la flotta al comando di Antaren aveva percepito i sussurri nel warp emersi dall'altro corpo di spedizione che dal Mondo Civilizzato di Lyiubiana Cruxi-Signatae Terraequae aveva levato le maglev-ancore alla volta d Del-Aìr Lampartadakassia.
    Il secondo, più grosso e rumoroso, non il primo.
    Dal dispaccio, nel quale Antaren domandava un incontro diplomatico in territorio neutrale e non conteso, si poteva trarre il fatti che egli sapesse dell'esistenza di un solo corpo di spedizione e che ponderasse la possibilità di stallarlo in attesa dei rinforzi dei quali aveva necessità.
    Era caduto in trappola.
    Non sa che siamo strutturati su tre tronconi e vuole comprare del tempo.
    Molto bene.

    «Sì. Come previsto, egli non ci ha sentito e questo è ottimo. Chiede che una nostra ambasceria, proveniente dal Secondo Corpo di Spedizione, incontri una sua corrispondente per studiare una possibile soluzione pacifica prima che parlino le armi.»
    Tutto ciò è ridicolo tanto quanto è divertente.
    «Ci prende per stupidi...» mormorò Strahil.
    «Assai probabile» fu la replica di lord Vendas. «E come già ho detto, questo è ottimo. Mai sottovalutare l'avversario, mai. Lo sta facendo. Probabilmente ritiene che rifiuteremo e, invece, noi accetteremo questa proposta... se lui lo vorrà, dopo che gli avremo dato modo di comprendere che ha sbagliato indirizzo ed esercito al quale rivolgersi. Incontriamolo dopo averlo messo in fuga da Vany-Zeri. Sentiremo allora le sue proposte per poi rifiutarle. Abbiamo bisogno di tempo a nostra volta, il terzo troncone del nostro esercito è situato a due o cinque giorni indietro rispetto alla nostra crociera, mentre i rinforzi del Sogno sono a venti giorni da noi.»
    Uno scarto di quasi tre settimane, rimuginò Arer.
    Venti giorni, diciotto dopo l'arrivo del secondo e del terzo corpo di spedizione nel migliore dei casi, quelli armati con la Emperor Divinitatis-Class “Battagliera Stella di Pegasus” e la Super Apocalypse-Class “Infinity Ad-Avantìs”.
    Cinque nel peggiore.
    Più che abbastanza, se sfruttati bene, per assumere posizioni di vantaggio e neutralizzare qualsiasi ondata di rinforzo nel momento seguente al suo cacciare fuori il muso dalle correnti dell'Empyreo Warp.
    «Emersione in dieci... in nove... in otto...» denunciò una voce dagli alto-parlanti vox presenti in sala. «... in sette... in sei...»
    Allora uno schermo panoramico, ampio circa trenta metri, calò dal soffitto per posizionarsi innanzi al tavolo olo-proiettore. L'apparecchio nov-tv giunse alla vita autonomemente, guidato da un comando cerebrale fornitogli da un tecno-servitore, ed Arer vide sullo schermo la fine del Warp.
    Un canale, vasto oltre l'immaginabile e profondo più del senso stesso di quella parola, purpureo e viola e bianco e cremisi. Le immagini venivano dalle migliaia di tele-sguardi follie-filtranti posti lungo la prua della Apocalypse-Class “HEZIF Infinity Ad-Avantìs” ed erano combinate in un solo filmato contiguo dalla mente del servitore mono-scopo.
    «... in cinque... in quattro... in tre... in due... in uno...»
    Una folgore di statica fendette lo schermo, disturbandolo per una manciata di secondi, prima di offrire agli occhi degli astanti tutta la montagnosa stazza di una rokka orkeska.
    A prima vista, pensò il Primo Signore Militante, la base astrale dei pelle-verde pareva una placca continentale malamente scagliata nello spazio dal pugno di un titano.
    E forse quella era la verità.
    «Dio mio...» mormorò Hernest Whitehall, lasciando cadere la penna.
    Non avete mai visto una rokka, signor Whitehall? Oppure questa è la più grande tra tutte quelle che avete avuto la sfortuna d'osservare?
    Junn-Karlmann grugnì un qualche verso indecifrabile e poi annuì dicendo: «Direi che ci sono abbastanza pelle-verde per tutti.»
    Dal suo suolo roccioso, tutto butterato da crateri d'impatto e basi d'attracco scavate a mo' di caverna, s'alzavano malconci e macilenti castelli inter-connessi e migliaia e migliaia e migliaia di chilometri di passaggi, ciminiere, camini, altoforni e batterie d'artiglieria.
    Quel sasso, lui lo sapeva, era popolato da diverse decine di milioni di orki pelle-verde. Nello spazio non v'era vento e non c'era aria o corrente ma le bandiere pendenti dalle torri della rokka erano comunque agitate.
    Garrivano, in un certo senso.
    Probabilmente si trattava delle vibrazioni nascenti all'interno di quella struttura mostruosa.
    Numerosi e fitti, tanti “piccoli” stormi di vascelli incrociatori e corazzate ronzavano attorno alla rokka, che ostentava le insegne dell'Orda della Bestia Verde di Armageddon, ignare della morte imminente.
    «Non riesco a crederci... complimenti, onore alla Grande Ammiraglia!» esclamò un basito sir Davide Zenaoos, alzando il braccio bionico con la mano chiusa a pugno. «Abbiamo spaccato il chilometro, miei signori! Abbiamo spaccato il chilometro!»
    Non è l'unica cosa che frantumeremo, quest'oggi.
    Senza rallentare la sua corsa, infatti, la HEZIF Infinity Ad-Avantìs diede lustro al suo nome procedendo alla carica, con sprezzo delle titaniche dimensioni dell'ostacolo suo nemico.
    In pochi secondi non avrebbero più significato nulla.
    Una volta eravamo dei ratti, veloci a rintanarci nel buio per scampare allo sguardo dei colossi e dei titani di questa galassia maledetta.
    Le loro valanghe ci terrorizzavano. Le tormente scatenate dai loro poteri ci impaurivano così tanto da lasciarci convinti che non avremmo mai significato nulla, che non saremmo mai stati tra i potenti.

    I tele-sguardi follie-filtranti, nell'istante che seguì quel pensiero, dovettero aumentare sensibilmente la polarizzazione, scurendosi fino al punto del buio assoluto, per non accecare i presenti con il lampo che scaturì dalla prua della Super-Apocalypse.
    Noi siamo i giganti, adesso.
    E portiamo la tempesta, la prima e l'ultima.

    Un proiettile lungo duemila e settecento metri sparato ad una velocità di duecentoquarantanove-mila chilometri al secondo. Un colpo di Lancia Nova.
    In tutta la Via Lattea non esisteva nulla, stando a ciò che Arer Vendas sapeva, di più potente. Quell'arma era la manifestazione di che picchi la razza umana dei Giorni Passati aveva conquistato.
    Di che cos'era stata prima della Lunga Notte.
    La Lancia Nova era una folgore di potere divino che durante la Grande Crociata dell'Imperatore era stata recuperata dalle tenebre di un passato perduto e fatta tornare ad urlare la sua furia.
    Ed era il primo colpo esploso di tutta quella campagna.
    Il fulmine, bianco più del cuore di un sole incandescente, trapanò la rokka scendendo in profondità. Centinaia di chilometri, registrati secondo dopo secondo dai tele-sguardi follie-filtranti, scomparvero in una voluta di fuoco rapido ad estinguersi e massa continentale semplicemente estinta.
    Prima che tutto l'effetto della granata della Lancia Nova fosse finito, la Infinty Ad-Avantìs accelerò, levando un ruggito strutturale percettibile fin dentro la Viviana Vendas, e la sua prua si schiantò di petto contro quanto restava del tronco centrale della rokka pelle-verde.
    Fu come se un titano avesse deciso si vibrare un colpo di maglio ad una muraglia di cracker. Sfoltendo la rokka per l'effetto combinato della sua massa e delle suoe void-aegidae, la HEZIF Infinity Ad-Avantìs tagliò in due la continentale fortezza aliena e passò oltre.
    Un secondo dopo tutta quanta la nave vibrò per il contraccolpo e per il tuonare, contemporaneo e corale, dei cannoni di tutti i ponti d'artiglieria delle due fiancate. Ventimila postazioni binate, ognuna capace di sparare due granate in metalli pesantissimi ed ampie quanto un palazzo e lunghe un terzo di chilometro, fecero fuoco nello stesso istante.
    I tele-sguardi laterali catturarono in diretta le immagini della rokka, enorme nella sua vastità, che quasi semplicemente svaniva in un fiorire di scoppi catastrofici. Altri vascelli erano emersi dalle correnti dell'Empyreo Warp ed erano partiti alla carica, le artiglierie di bordo rilucenti nel buio e gli scafi ancora riverberanti delle correnti dell'inferno.
    E poi la Infinty Ad-Avantìs marciò oltre, infilandosi con l'agilità di una libellula nello spazio vuoto stante tra due due dodeca-chilometriche exattedrali astrali. Prima che le stesse potessero aprire il fuoco, la Super Apocalypse-Class zevonese liberò una seconda, distruttrice salva d'artiglieria navale e continuò a muovere verso la grande luna ad atmosfera chiusa.
    Vi scivolò sopra senza rallentare, alta quanto serviva per non devastarne l'atmosfera in virtù della sua incalcolabile massa, e le sue stive si aprirono.
    Si comincia.




    Children of the cataclysm!

    Edited by dany the writer - 3/6/2016, 15:57
  15. .
    Crrrr! (Statica della HBO!)
    Sigla!

    Capitolo V: 'De Principes Astralii
    Atto IV, lord Arer Vendas
    Parte II di III



    M42.018, Giorno Dodicesimo del mese di Gennaio
    Imperium dell'Uomo, sola ed unica degna rappresentazione dell'Umanità tra le stelle.
    Segmentum Solar, Astral-Imperial Dominio della Vera-Ferrvm Lyiubiana
    Circa 18 anni-luce in direttiva sud-est dal Basso Bordo Meridionale del Corridoio Bahalianreo-Vekthaaniro Uor-Arariano;
    Saliente del Sub-Sector Periferico di Orazonna, Centrae-in-Lyi-Saliaente
    Mondo Civilizzato di Lyiubiana Cruxi-Signatae Terraequae,
    Lyubiana Cruxi-Signatae Capital, Cittadella di Lyubia, Palazzo dei Signori d'Incrocio delle Acque


    Una volta che ebbe deposto lo Scrigno Eludente sul tavolaccio, un modestissimo banco da cucina portato lì da tre servitori lobotomizzati, Garyn si fece da parte.
    In quel luogo, una stretta e secca dispensa caduta in semi-disuso, il ragazzino pareva quasi più pallido e dinoccolato di quanto era diventato. Posò il proprio sguardo su di lui, ignorando tutti i pensieri che si agitavano nella sua mente, e ponderò su alcune questioni.
    Incrociò le mani dietro la schiena, drizzò il collo ed ispirò cercando d'ostentare molta più calma di quella che Arer sapeva stesse realmente provando.
    Era nervoso, in verità.
    E ha tutte le ragioni di questa galassia per esserlo, si disse Arer mentre sbloccava uno dei quattordici pesanti lucchetti preposti a sigillare ermeticamente la scatola.
    Al tatto, anche quello coperto dai guanti, il metallo si rivelava essere freddo, senz'anima per non venire corrotto, ed ostentava cento minutissime incisioni raffiguranti occhi umani dalle palpebre calate, saldamente chiuse.
    I suoi quattordici lucchetti erano tutti fatti di ferro puro, tinto di nero con un colore speciale, ed al poteva darsi che forse risultasse un po' rozzo.
    Era il metallo adatto, però.
    Non serviva che fosse bello ma che fosse ciò che occorreva e che su ognuno dei lucchetti ostentasse quei cento occhi chiusi.
    Erano tutti realizzati incatenando ed incastrando nastri di simboli e segni di potere. Non brillavano né facevano guizzare luci sinistre ma ciò non precludeva che fossero attivi e realmente funzionanti.
    Lo erano ed Arer conosceva il loro scopo.
    Alle sue spalle sentì un dardeggiare di passi e si voltò, quasi innervosito. Hann-Mann s'era avvicinato di un paio di metri e nei suoi occhi, notò il Primo Signore Militante, ardeva la curiosità.
    Non era un dettaglio positivo.
    «Tenetevi all'esterno dall'anello, lord Vhraaos» l'ammonì Garyn, facendogli da voce. «Ascoltatemi, state fuori dal cerchio! Sarete più al sicuro.»
    Il signore della Vera-Ferrvm licenziò quelle parole con uno sbuffo che Arer sentì essere un po' troppo arrogante per quella situazione. «Voglio vedere, ragazzo», furono le sue parole, coraggiose almeno quanto sciocche «... e dunque io vedrò.»
    «Ascoltalo, Hann-Mann» lo redarguì Arer, che intanto aveva sbloccato il nono dei quattordici lucchetti. «Garyn sa quel che dice. Ascoltalo.»
    «Ed io so che cosa voglio, Arer. Voglio vedere
    Vedere, si disse Arer corrugando la fronte.
    Vedere.
    Dirlo con quell'enfasi, con la stessa carica che vi aveva dato Hann-Mann, poteva generare qualche inquietudine così come ondate d'euforia a seconda delle platee e dei luoghi.
    L'Imperium, quasi, affogava dentro gli oleosi flutti di un livido mare di culti esoterici, vie eretiche delle quali la Santa Inquisizione era acerrima nemica e sabba stregoneschi condotti da streghe e stregoni ignoranti.
    Al pensiero degli ultimi, Arer strinse i denti con sprezzo. Folli. Idioti.
    Sciocchi.
    Soggetti che non erano né adeguatamente formati né del tutto al corrente di ciò che andavano dicendo o cercando d'invocare al loro servizio.
    Non v'era qualcosa di tanto sciocco come il “giocare a fare il mago e la maga” nella realtà. O si sapeva perfettamente che cosa si stava cercando di compiere oppure, secondo la sua opinione, ci ci asteneva dall'entrare in faccende che non spettavano agli ignoranti ed ai distratti.
    Non erano dei cesti di giocattoli quelli nei quali si cacciavano le proprie mani. Non lo erano e non lo sarebbero mai stati.
    Sbloccato l'ultimo lucchetto, Arer occhieggiò all'anello di simboli che assieme a Garyn aveva tracciato sul pavimento di quella cucina.
    Per ben due volte lui e lo scudiero li avevano incisi e poi cancellati perché vi avevano riscontrato piccole imperfezioni che avrebbero potuto comprometterne l'efficacia.
    Quell'ultimo controllo serviva solo a rasserenarlo, entro i limiti del possibile, con la certezza che i simboli erano tutti corretti, tutti dovutamente concatenati e che erano stati realizzati con l'assolutamente necessaria cura millimetrica richiesta affinché funzionassero a dovere.
    E comunque, l'onestà gli imponeva di riconoscerlo, non erano un vero e proprio scudo quanto più un vento di variabili innalzate a contrastare alcune eventualità negative. Esistevano alcune magie per alzare veri e propri scudi, lui lo sapeva, tuttavia erano rare e difficili da evocare.
    Un singolo errore nella loro computazione, scritta così come verbale, avrebbe potuto dare vita a disastrose conseguenze.
    Nulla uccideva più dell'impreparazione e degli scudi che apparivano funzionali ma in verità erano cesti di vimini intrecciati.
    Se non si era capaci di fare qualcosa per bene non la si doveva fare, punto e basta. Quelle magie protettive avrebbero richiesto troppo tempo e troppi sforzi per qualcosa il cui margine d'errore era, lui doveva riconoscerlo, troppo alto per valere la candela.
    Quantomeno per lui.
    Bene.
    Sollevato il coperchio, Arer inspirò. Si tolse il guanto della mano sinistra e poi, con indice e mignolo, tolse da un piccolo alloggiamento una vera d'oro blu incisa da rune vermiglie. La infilò all'anulare, picchiettandola per due volte su ambo le pietre preziose, rubini dai riflessi color avorio, incastonati al centro del versante alto e del versante basso.
    Artefatti del Potere.
    Certo quello non era propriamente una vera di manifattura numenorìanica ma garantiva un piccolo ausilio nell'imporre la sua volontà sul palantìri. L'aveva forgiata da sé, osservando quelle istruzioni in Alto Elendìili Post-Iarindìliaco che i suoi padri erano riusciti a trovare.
    La Ruas'Eastera era capace di forgiare più Artefatti del Potere alla volta e tanti dei suoi gioielli, quelli che portava sempre indosso, lo erano.
    Non fidandosi affatto di quella donna, le genti amshaedine bisognava temerle quando non avevano doni e temerle due volte di più quando ne possedevano, Arer Vendas preferiva non metterla al corrente dei talenti che condividevano.
    Sapere forgiare tanti Artefatti del Potere non equivaleva a saperli realizzare con la dovuta cura. Probabilmente ella era abile nel numero ma non nella qualità, che anzi ai suoi occhi appariva quantomeno grezza.
    E spesso, tutta rivolta al rendere quei gioielli degli strumento d'attacco piuttosto che un ausilio vero e proprio per opere d'Arcania.
    Folle.
    Riteneva fosse meglio per tutti che ella non scoprisse del suo possedere due palantìri.
    Inspirato una volta ancora, Arer accostò la mano sinistra alla palla di cristallo nero ed aprì le dita in preparazione del momento adatto ad abbrancarla. Una corrente di primo acchito opposta alle sue intenzioni fluiva tutt'attorno alla sfera ma lui sapeva che l'artefatto non stava cercando di respingerlo.
    Era un meccanismo difensivo che avrebbe potuto toglierli se l'avesse voluto. Trovava però fosse meglio che rimanesse lì dov'era, a testare ogni volta la misura delle intenzioni di chi intendeva impiegarlo, farlo rivivere una volta ancora.
    Allora il Primo Signore Militante sfiorò e poi rimosse con un gesto, deciso e secco ,il panno di seta nera avvolto tutt'attorno al palantìri.
    Facciamolo.
    Nell'aria, percepì il lord di Castel Anthrax attraverso la pelle e l'udito, aveva crepitato una modica, invisibile folgore di statica. Udì anche un fruscio, l'accostarsi di un circolo di ombre muti ed intangibili, e non vi fece alcun caso.
    Erano i residui dei passati proprietari del palantìri, nulla più che che vaghe e quasi informi rimanenze di coloro che impiegando quello strumento vi avevano lasciato delle spettrali schegge delle loro anime, di chi e quanto erano stati.
    Alcune erano così decadute da non essere dissimili da veli scuri, astiosi e freddi, lasciati a gocciolare fulmini di gelo sul pavimento.
    Ignorarli era l'unica cosa giusta da fare. Non rispondevano alla parola e scomparivano quando il palantìri veniva abbandonato al silenzio.
    Con la coda dell'occhio il signore di Castel Anthrax notò il fiato di Garyn e di Hann-Mann condensarsi in volute di vapore grigio, esautorato di tre quarti del suo colore. Lo stesso era appena accaduto alle luci presenti nella dispensa.
    L'amico di vecchia data, innanzi a ciò che era appena accaduto, si guardò attorno con un briciolo di nervosismo ora presente sul suo volto.
    Forse vedeva gli spettri dei passati proprietari, forse no.
    Non che avesse importanza.
    Avviluppata la mano sinistra attorno alla sfera di cristallo nero, Arer strinse la presa come se stesse impugnando la sua cara Morso Crudele e sollevò l'artefatto. Portato il palantìri all'altezza del proprio mento, il braccio quasi interamente aperto per porre della distanza tra lui e la sfera, Arer corrugò la fronte.
    Il peso dell'artefatto variava continuamente.
    La superficie era nera, liscia più del senso stesso che si attribuiva a quel concetto, e vagamente riflettente in guizzi pallidi e lattescenti quanto aveva attorno. Le sue dimensioni erano lievemente ridotte rispetto a quelle di un comunissimo cranio umano.
    Si poteva confonderla per una comunissima palla se si era degli stupidi.
    «Allora stai facendolo vivere oppure...»
    «Taci, Hann-Mann» gli sibilò senza voltarsi. «Non distrarmi.»
    L'Over-Lord della Vera-Ferrvm mormorò un qualche indefinito verso d'assenso e poi da bravo tornò a fare silenzio.
    Preso un nuovo profondo respiro, lord Arer Vendas estese la sua volontà al palantìri, proiettandogli addosso quell'astrazione spirituale quasi come se stesse drappeggiandogli un mantello su delle spalle che la sfera chiaramente non possedeva, e gli comandò di tornare una volta ancora alla vita.
    Gli comandò, scandendo mentalmente alcune imposizioni in Alto Numenorìan-Elendarìn, di obbedirgli come già aveva fatto.
    Ci siamo.
    La sfera rispose al comando, sottomettendosi.
    I due rubini incastonati sulla vera rilucevano di bagliori d'ossidiana.
    Il palantìri non si manifestò con un qualche crescendo cinematografico oppure aumentando gradualmente la sua presenza.
    S'attivò e basta, proprio come una macchina automata.
    Da zero ad infinito in un batter di palpebre, evocando un sospirante uragano di lame ventose, blu e grigie e tinte d'acciaio, da un attimo a quello seguente la palla di cristallo nero prese a vorticare sulla sua superficie perfettamente liscia.
    «Impressionante...» sentì mormorare da Hann-Mann. «Funzionano davv...»
    A denti stretti, Arer ringhiò: «Vuoi-stare-zitto?!»
    E poi, evocata la memoria di Antaren il traditore e rammentato tutto ciò che si ricordava di lui, il signore di Castel Anthrax comandò al palantìri di mostrarglielo.
    Sentì un peso gravargli sulle spalle ed un sussurro spettrale provenirgli da dietro le spalle e lo ignorò. Non si dovevano ascoltare le voci, l'aveva spiegato a Garyn, quando parlavano.
    Ed era imperativo ignorarle due volte tanto quando promettevano qualcosa in cambio d'altro. Erano ingannatrici e nulla potevano dare perché niente loro erano se non polvere vecchia di millenni.
    Le lampade presenti nella dispensa, quelle dodici lanterne elettriche pendenti dal soffitto, esplosero tutte assieme in rovinose cascate di scintille. Raffiche di vento, al tatto gelide e sferzanti come code di frusta, presero a scuotere l'interno della stanza con una furia estemporanea e crescente.
    Sapendo di non dovere assolutamente indietreggiare né interrompere il contatto visivo, Arer s'impuntò sulle suole dei suoi stivali e focalizzò la sua attenzione al volto della sfera di cristallo nero elendìili.
    Mostrami Antaren, comandò in Alto Numenorìan-Elendarìn, rintraccialo. Oltre la volta delle stelle, localizzalo e fallo apparire innanzi ai miei occhi.
    Per un momento si fece piena di stelle, a prima vista tutte quelle che sovrastavano il Mondo Civilizzato di Lyiubiana Cruxi-Signatae Terraequae in Centrae-in-Lyi-Saliaente, e poi sempre vorticosa ella fu nera come un potente tornando che stava levando nel cielo numerose tormente di cenere ed ondate di petrolio.
    La sua vista, sapeva Arer, stava allontanandosi in cerca del bersaglio. L'aveva trovato, quindi, ed era raggiungibile.
    Antaren non sapeva, dopotutto.
    Un bagliore viola fendette l'artefatto dall'interno all'esterno, simile ad una folgore dalla natura furibonda, e la crosta divenne incandescente e rossa. Arer sentì le carni della sua mano che bruciavano e desistette dalla tentazione di lasciare cadere in terra il palantìiri.
    Quel bruciore non era reale.
    Tecnicamente non era nemmeno una falsa illusione ma spiegare in poche parole perché non era e non era poteva risultare assai difficile. Centrava anche un discorso di semplice, semplicissima suggestione psicologica proiettata attraverso gli occhi al suo cervello.
    La crosta andava spegnendosi, adesso. La visione stava mettendo della distanza tra sé e la stella del sistema stellare dove si trovava Antaren.
    Usava i soli, quelli viventi così come quelli morti, come punti cardinali attraverso i quali orientarsi nello spazio e tra le realtà.
    Nella sua memoria, che ignorava il tempo, il palantìri custodiva tutte le loro posizioni e le sapeva adattare al suo presente.
    Come ci riuscisse non era direttamente importante. Lo faceva e basta. Era poi un mistero se, durante la loro Era della Gloria, i Regni Unificati degli Alti Uomini vassalli degli Eldar erano stati una sorta di ultra-potenza operante come un guardiano disinteressato degli altri?
    Avevano barato, in un certo senso, usando quegli artefatti.
    E dagli stessi, millenni e millenni dopo, era giunta la pugnalata che li aveva dissanguati a poca distanza dai loro padri alieni.
    Chi seminava il vento doveva sempre aspettarsi di raccogliere la tempesta. Mai combattere tutte le proprie guerre confidando nella magia, è come impiegare una spada di vetro senza la guardia. Per affilata e bella che sia, finirà per dissanguarti.
    Istintivamente, Arer sentì di sapere in quale luogo la visione del palantìri l'aveva condotto.
    Vide venirgli incontro una doppia coppia di enormi giganti gassosi. Ruggivano nell'assenza di suono dello spazio, circondati da anelli di polveri e gas e meteoriti e da colossali nastri di fortificazioni orbitali che s'allungavano per centinaia di chilometri in tutte le profondità.
    Attorno ai giganti orbitavano tante, tantissime lune.
    Alcune erano state terra-formate, altre erano luoghi interdetti alla vita umana. Sciabolando uno degli anelli artificiali, accostandovisi dall'alto, Arer lo vide animato da una serie di battaglie navali.
    Scontri tra vascelli in movimento, dunque dalle cannonate teoricamente poco precise, e batterie stazionarie che sperdevano nel vuoto un gran numero di proiettili.
    Alcuni erano lunghi quanto interi palazzi ed erano le granate medie. I normali calibri auto-propulsi, non dissimili da appuntite palazzine in metalli ultra-pesanti arricchiti da una carica esplosiva, che servivano a tormentare gli scudi energetici delle navi e poi provocare danni allo scafo.
    Aveva sentito di un qualche comandante assai incompetente che per sorprendere una flotta all'ancora dietro una giungla di asteroidi aveva schierato artiglierie e carri-armati sugli stessi e con essi, ovviamente adattati alla guerra-nel-vuoto, provato a fare fuoco sulle navi sue nemiche.
    Quel comandante era morto, il suo esercito era andato distrutto da una salva leggera ed il suo brillante, glorioso piano di aprire il fuoco su dei vascelli astrali con dei mezzi calibrati per le battaglie terrestri aveva ottenuto di provocare a quella flotta un gravoso ammontare di danni pari od inferiore, non ricordava bene se una o l'altra cosa, allo zero spaccato zero percentuale.
    Una nave da guerra, fosse anche una comunissima classe Dauntless da duemila-e-cinquecento metri di lunghezza, le granate di un carro-armato modello Leman Russ non le sentiva nemmeno.
    Posto che le stesse fossero capaci di superare per qualche assurdo motivo le difese energetiche fornite dalle Aegide-Void e quindi impattare contro il vascello loro obbiettivo, erano calibri terrestri esplosi contro un leviatano dei mari astrali.
    Era già tanto se non esplodevano autonomamente per la pressione gravitazionale esercitata da una qualsiasi delle navi delle Flotte Imperiali. Provocare un danno era un pensiero da idioti sognatori. Usare armi energetiche, poi, era ancora più sciocco.
    Per quanto teoricamente dalla gittata illimitata, il laser dei fronti suolo-confinati non aveva nemmeno un milionesimo della carica energetica propria del suo fratello adatto alla guerra astrale.
    Plasma e missili?
    Nel primo caso, il colpo si estingueva per la mancanza d'idrogeno ed ossigeno, nel secondo esempio invece era risibile pensare che un missile di qualsiasi tipo, eccezion fatta per quelli a carica termo-nucleare o dall'enorme potenziale termico, potessero aprire una breccia nelle difese di una nave degli oceani stellari e quindi detonare la loro carica.
    E nel caso del missile nucleare, che poteva effettivamente esplodere nel vuoto, se gli si toglieva lo scoppiare dentro la nave si otteneva un colpo che disturbava le frequenze vox e faceva tanta luce... ma grossomodo, anneriva lo scafo e nulla più.
    Una comune granata navale, di Classe-2 oppure di Classe-3, quindi auto-propulsa e lunga almeno quaranta metri veniva sparata ad una velocità prossima alle decine di migliaia di chilometri al secondo da un sistema di accelerazioni magnetiche che per una singola rotaia chiedeva tutta quanta una magna installazione di generatori al plasma oppure una centrale nucleare.
    L'impatto di una simile -e normalissima- granata produceva diverse dozzine di volte la forza di una piccola testata nucleare.
    Esploderla contro la crosta di un continente, uno qualsiasi, poteva portare a situazioni geologiche incredibilmente catastrofiche quali l'azzeramento d'intere dorsali montuose e la scomparsa di porzioni di continente.
    Le granate per i bombardamenti orbitali non erano le stesse che venivano impiegate negli scontri navali ed erano tarate per, pur essendo armi di distruzione di massa, ridurre il più possibile il danno a zona.
    Il calibro di quelle navali, di quei grattacieli esplosi anche a centomila chilometro il secondo, era infatti pensato per penetrare nello scafo di un oggetto la cui resistenza fisica era in termini meramente quantitativi ardua da definire senza correre nelle iperbole e che sopratutto opponeva agli oggetti intercedenti la sua velocità sub-luce oppure geo-stazionaria e diversi strati di difese energetiche.
    E quelle granate, comunque, erano progettate per fendere tali scudi, attraversare il più possibile la mostruosamente vasta e blindata struttura del vascello e poi esplodere per causare il maggior danno ed uccidere la più ampia quantità possibile di marinai.
    Ed alcune navi, sapeva lord Arer Vendas, avevano ciurme ed equipaggi che annoveravano centinaia di migliaia di anime. Vi erano intere culture che nascevano a bordo dei vascelli astrali e lì si sviluppavano, spesso senza mai toccare terra.
    Nel caso delle stive più inferiori e buie, poi, quelle culture nascevano e vivevano e poi morivano senza mai comprendere interamente di trovarsi a qualche centinaio di metri dal vuoto cosmico o dalle demoniache correnti dell'Empyreo Warp.
    E quell'idiota aveva aperto il fuoco con armi suolo-confinate contro simili mostruosità aspettandosi perfino di vincere oppure causare qualche danno.
    Era un concetto risibile.
    Arer osservò una salva separatista perdersi nella vorticosa atmosfera del gigante gassoso più prossimo all'essere il centrale tra i quattro e corrugò la fronte.
    Artiglieri incompetenti!
    Se quello fosse stato un corpo celeste abitato, ora le sue locali autorità avrebbero dovuto fare fronte ad una catastrofe umanitaria interamente dovuta all'idiozia.
    La stupidità non aveva fondo.
    Oltre l'incrocio di quattro giganti gassosi dalle atmosfere iraconde e la danza di cinquantotto lune, la sfera di cristallo nero trascinò lo sguardo di Arer Vendas dentro un pianeta che bruciava nella calura e nel danzare raso-terra delle polveri industriali.
    Durante la traversata aveva rivisto, ancora ed ancora, tutti stretti attorno ai giganti gassosi, numerosi anelli di metallo scuro vagamente tinto da radiazioni di fondo. Fortificazioni orbitali, le sapeva essere, contro le quali il Sogno non aveva ancora avuto ragione.
    Resistevano ai colpi e controbattevano agli attacchi della flotta separatista oppure Pro-Strab, in attesa di soccorso da parte della Crociata.
    Militarmente parlando, Arer era portato a supporre che la strana alleanza tra Sogno di Von Strab e Ribelli Coalizzati Pro-Strab non avesse stanziato le forze sufficienti a conquistare sia le raffinerie suolo-confinate che le installazioni orbitali.
    Un simile intento avrebbe richiesto ben maggiori unità di quelle che i servizi segreti, gli apparati logistici e l'informatore di Hann-Mann attribuivano all'Unione Separatisto-Traditrice.
    Non si aveva ancora coniato una nomea efficace per identificare pienamente quell'assurda, tri-partita lega di rivoltosi, ribelli e traditori.
    Qualcuno, ponderò Arer, avrebbe dovuto dedicarci un pensiero.
    Tornò a focalizzare la sua mente su quanto aveva visto. Anelli orbitali assediati, probabilmente per tenerli distratti nel frattanto che i mondi-raffineria venivano invasi ed assicurati, senza le forze per poterli prendere con un colpo deciso.
    La loro debolezza stava nel fatto che non erano, in termini di alimenti e viveri, auto-sufficienti. Importavano enormi quantità di cibo per sostenere la popolazione presente sugli anelli, che non erano soltanto forti astrali ma anche cantieri ed attracchi commerciali, e ciò li rendeva vulnerabili alla caduta per fame.
    Se il Sogno era davvero intenzionato a completare la conquista di quelle basi logistiche, per assurdo che potesse sembrare a prima vista, e sopratutto a mantenere i guadagni per i quali stava investendo tempo e risorse allora era probabile che negli ultimi giorni avesse dirottato alcune delle sue navi verso i margini cardinali dell'intero sistema per scoraggiare eventuali sortite.
    Imporre un blocco navale era una questione complicata e molto dispendiosa. Chiudere interamente un quadrante di spazio al traffico, sia civile che militare, voleva dire stringere un cordone capace di resistere a qualsiasi tentativo d'ingresso.
    Non era semplice.
    E sopratutto, non era possibile.
    Non esisteva una difesa perfetta tanto quanto non esisteva un attacco perfetto ed immacolato da errori.
    Il miglior stratega della Via Lattea era comunque passibile di fallibilità. Vincere ogni singola battaglia nella quale si combatteva non voleva dire essere effettivamente quel tanto bravi. Le battaglie, per importanti che comunque erano, alla fine dei conti erano schegge di una vicenda ben più vasta.
    Lo stratega abile non vinceva le battaglie. Egli vinceva le guerre e, se davvero era brillante, allora cercava di evitarsi quanti più conflitti gli era umanamente possibile.
    A quella situazione, contemplò il Primo Signore Militante, andava aggiunto il fatto che soltanto una piccola, piccolissima quantità di navi disponevano d'equipaggi ed Astropati-Navigator capaci di saltare dentro lo stesso sistema invece che ai suoi immediati confini.
    In verità non erano in molti a saperlo fare poiché richiedeva lunghe catene di operazioni così incredibilmente complicate da scoraggiare la maggior parte dei capitani e dei commodori.
    Troppe questioni potevano andare storte: la tecnica dello Empyreano-Hop-Intra-Systaema presentava altissimi, vertiginosi rischi di collisione, dirottamenti che si misuravano nelle decine di migliaia di chilometri ed incrocio tra Campi Gellar.
    Il defunto Lord Solar Macharius, nella sua Dorata Crociata del trentanovesimo millennio, aveva perduto un'armata al completo per l'incrocio avvenuto tra i Campi Gellar di due modeste corvette.
    In fase d'uscita dalle correnti dell'Empyreo Warp infestato da demoni, e poste a coprire il ruolo di avanguardie per una flotta di cento-e-quarantanove vascelli, quelle due navi dalla lunghezza inferiore al chilometro avevano contemporaneamente errato le manovre d'uscita ed erano finite per sfiorarsi gli ancora stupidamente attivi Campi di Gellar.
    Il contatto tra due bolle di realtà artificiale, che il dogma pretendeva dovessero venire disattivate al principio dell'uscita quando si aveva appena messo alle proprie spalle l'Inferno dell'Immaterium, era paragonabile in potenza sprigionata a quel che accadeva quando mezzo milione di testate nucleari venivano fatte brillare nello stesso momento in un singolo luogo.
    Delle cento-e-quarantanove navi in uscita, ottantasette erano state vaporizzate in un mero quarto di secondo dalla contrazione, dal crampo dovuto a due realtà esistenti nella realtà del Materivm che s'erano incrociate.
    Le conseguenze del disastro erano state calcolate in svariati trilioni di troni imperiali andati in fumo, le produzioni di un semestre intero di una dozzina di mondi-forgia perdute a mani basse e, in ultimo luogo, innumerevoli centinaia se non migliaia di milioni di morti.
    Quelli erano recuperabili in breve tempo, nessuno piangeva troppo per la marea umana, mentre il materiale bellico non lo era.
    Per quello occorreva tempo, risorse e periodi di lavorazione.
    Evitare quella manovra di Empyreano-Hop-Intra-Systaema, ponderò lord Arer Vendas rafforzando la sua stretta sul magico palantìri, e procedere in maniera classica dall'esterno all'interno avrebbe però consumato una gran quantità di tempo prezioso.
    Almeno due settimane, ponderò lui. Forse anche cinque.
    Troppo tempo presupponendo le scorte di vivere presenti sugli anelli orbitali dei giganti gassosi e la circostanza che stava muovendolo a portare una parte della XIV Armata in quel settore delle prime retrovie.
    Ogni giorno perduto era un quantitativo letteralmente incalcolabile di varie tipologie di necessari idrocarburi non consegnate ai Raggruppamenti Reggimentali già in azione nel Sector di Uor-Ara.
    La logistica vinceva ogni ambizione e divideva i sogni dalle realtà.
    Arer ricordava che Strahil, in uno dei loro distanti giorni da studenti all'accademia militare di Yronn Arthruiana Enheton, l'aveva definita una puttana esosa ed incontentabile.
    Poteva solo dargli ragione.
    La logistica era personificata in quella descrizione e non v'era modo di sfuggire alle sue pretese infinite ed infinitamente crescenti.
    Nemmeno la più grande e potente fortificazione di tutta quanta la Via Lattea era invulnerabile ai morsi della fame ed agli assalti della sete, al terminare le munizioni oppure all'esaurire i pezzi di ricambio o le risorse materiali immediatamente necessarie.
    Neanche la Sacra Terra, ella stessa interamente dipendente per l'acqua potabile da una flotta di mille e poi altri mille vascelli che la portavano da luoghi interamente adibiti al produrla e raffinarla per lei. Senza quelle navi, per citare un comune esempio, almeno tre quarti della popolazione terrestre sarebbero morti di sete nello span temporale qualche giorno.
    E la Sacra Terra annoverava una popolazione statisticamente detta agente nella categoria delle diverse migliaia di miliardi.
    E poi la visione risalì, simile al volo di una grande aquila, dal basso degli anelli orbitali in guerra sino ad alture d'acciaio che s'ergevano chilometri e chilometri al di sopra di una terra calda, bruciata dall'arsura, cotta dai raggi di un sole ululante.
    Una stella che gocciolava astio per tutto ciò che le stava intorno e la cui memoria, vide il signore di Castel Anthrax, era piena di civiltà che s'erano avvicendate per il possesso dei suoi, secondo lui, ben miseri domini.
    Orki, Uomini T'oungh, Ras-Taràn-Leonìs, Genti della Linea degli Phtumeria e poi varie nazioni umane e simil-umane sino a raggiungere i giorni correnti. Regni e staterelli venivano fondati, ascendevano al cielo e crollavano in successioni ultra-rapide d'immagini avviluppate dal fuoco.
    Vide una flotta di navi-asteroidi orkeske schiantarsi su quel luogo, reduce da un viaggio la cui durata non era sicuro di volere conoscere, e sviluppare spire di metallo rozzo e città di rottami ampie continenti interi e puntellate da montagne di rifiuti bellici lesti a venire impiegati e poi riciclati e quindi impiegati ancora ed ancora nel corso dei secoli e dei millenni.
    Poi giunsero gli Uomini T'oungh, grigi e dai tratti stretti ed alti una testa e mezzo in più dei comuni esseri umani natii della Terra, e con loro un cambio di possesso. Lampartadakas, sempre bruciato e destinato ad essere cotto dalle spazzate di un sole dannatamente troppo vicino, era divenuto un territorio di quegli iracondi alieni simil-umani...
    Giusto in tempo per venire invasi dai mutati Ras-Taràn-Leonìs.
    E quelli, non sfuggì agli occhi quasi trasparenti di Arer, v'erano calati sopra sbarcando da vascelli astrali argentei e dorati grandi tanto quanto delle isole continentali, istoriati da torri di basilica ed ostentanti icone che ormai non erano nemmeno più mera, umile polvere storica.
    Rette dritte, attraversate nel loro quarto più alto da una seconda e corta retta, in colori di rosso ed oro su campi bianchi.
    Non erano troppo differenze da delle “T” maiuscole con la stanga centrale che cresceva oltre quella di capo in sommità.
    E non volevano dire niente tanto quanto tutte quelle chincagliere raccolte da Karlmann II Von Gianellen poco dopo la sconfitta delle armate caotiche innanzi ai Cancelli dell'Eternità della Sacra Terra. Non avevano alcun significato allora, non ne avevano ottenuto uno nuovo dopo dodicimila anni.
    Il palantìri gli mostrò l'arrivo della Linea degli Phtumeria, susseguente ai Ras-Taràn-Leonìs. Alla vista degli phtumeru, Arer represse un guizzo di rabbia mista a sdegno.
    Li vedeva, attraverso la palla di cristallo nero, come schiere di esseri magri, emaciati se confrontati con l'essere umano, claudicanti ed armati in maggior parte di falci-fucili. I loro occhi non conoscevano sazietà e guardandoli aveva una finestra aperta sulle menti di una specie, una razza intera, che non aveva mai compreso il concetto di limite.
    Dopotutto erano riusciti ad oltrepassarne ognuno con tutto quel che avevano fatto e con ciò che, invece, avevano provato a compiere.
    Gli Eternamente Dannati ed Eternamente-Perduti si misuravano ora, direttamente sotto ai suoi occhi, in grandi guerre con i Ras-Taràn-Leonìs. Uomini-Leone e Uomini-Tigri in lotta contro quelli che parevano degli scheletri affetti da gigantismo e malamente coperti di pelli e muscoli.
    Ma si sbagliava se basandosi su quell'aspetto li si considerava deboli.
    Non lo erano. Non lì.
    I suoi occhi cristallini videro gli Phtumeria, all'alba della loro ultima vittoria sugli Ras-Taràn-Leonìs, avviluppare delle grandi corde metalliche gocciolanti stille rosse alle marmoree rappresentazioni dello stemma dei loro nemici sconfitti e poi tirare e tirare ancora, facendole piovere in terra.
    Sulle rovine degli Uomini-Leone e degli Uomini-Tigri, così battuti e fatti quasi sparire dalla Magna Historia, gli Phtumeria conquistatori edificarono le loro città di sinistre eppure bellissime guglie, di pilastri ridondanti nelle decorazioni, di statue di Minor e Major Oh-Amygdale e di babilonie dalla forma a spirale.
    E prima che un nuovo secondo fosse trascorso, a dispetto della visione che vedeva scorrere interi millenni in frammenti di istanti, quelle città vennero ridotte in polvere da Primi Uomini e Dragon-Lords di mille mondi diversi, Elendìili ed Eldarìn, Sanghaeeili dell'antico Dominio di Sanghaeliòs, Protoss Kalanì e Protoss Tal'Darìm insolitamente uniti e tutti e due inarrestabili ed assetati di tanta strage, Aasarii e Turiani.
    Tutti uniti contro i folli phtumeriani.
    E chi era rimasto, dopo quei carnai, eccolo venire annientato oppure sottomesso da Aeighon il Conquistatore e poi ancora orki e quindi l'Imperium rappresentato dalle forze militari e dagli interessi economici del Sub-Sector Zevona.
    E quindi, per un momento, ecco Aeighòn Daemòn Blackfyre e Karelion IV Fuoco-di-Stella battersi nel cielo per questioni ormai perdute nei papiri decrepiti della storia.
    Oramai a nessuno importava più la cagione della loro battaglia.
    Il signore di Castel Anthrax li guardò duellarsi senza quartiere nel cielo, tra dardi di laser e strali di fuoco, ognuno ululante per il sangue dell'altro dal dorso dei loro draghi....
    … alcuni, sapeva lui, tra gli ultimi ad avere avuto davvero delle dimensioni effettivamente ciclopiche ed il potere di radere al suolo intere città.
    Posto che queste non fossero protette dagli attacchi aerei e che le loro genti non ne fossero use come in determinati luoghi, ovviamente.
    Arer vide l'arcione di Aeighòn Daemòn Blackfyre uccidere quello di Karelion IV Fuoco-di-Stella spezzandogli il collo con un morso e vide Karelion piantare una spada antichissima, forse la leggendaria Oscura Sorella, nella cassa toracica del suo nemico giurato urlando il nome di una donna amata ed irrimediabilmente perduta.
    Vincere quel nemico non l'avrebbe fatta tornare indietro.
    Non lo faceva mai.
    So che cosa si prova.
    Ed ambo svanirono, senza ulteriori complimenti ed evitandosi di allungare la loro presenza, lasciando spazio all'ergersi delle spire di mille raffinerie petrolifere ed altrettante squadrate, brutte ma efficaci babilonie pensate per essere città operaie.
    E poi ecco queste rivoltarsi contro Zevona, contro il Folle Duca Nycander prima e contro il governo restaurato dopo, e dunque venire ricondotte all'ordine da uno sbarco di truppe zevonesi e di quanto restava del dominio di Valayr.
    Arer Vendas vide tutto, con un solo occhio e ben oltre mille sguardi, e poi osservò la scena spostarsi una volta ancora verso l'alto.
    Con le mani strette ad una ringhiera di metallo e lo sguardo posto ad osservare quanto aveva innanzi a sé, i suoi occhi naturalmente cremisi stretti in quella dannata smorfia calcolatrice che l'aveva sempre contraddistinto all'Accademia, Antaren apparve dentro alla sfera.
    E non era da solo.
    Con lui v'erano due uomini ostentanti delle ben note araldiche nobiliari. Il signore di Castel Anthrax strinse la fronte, correndo con la mente ai ricordi ed alle conoscenze che aveva, e sentì quanto aveva sentito dire su quelle persone incominciare a disegnare dei modi per sconfiggerle.
    Era il suo lavoro, il suo gioco, ed era quel che gli riusciva meglio: portare i suoi sfidanti dove gli serviva, rigirare loro contro gli schemi avevano disegnato ed infine vincerne le resistenze.
    Lo faceva per Armageddon, pensò provando a convincersene come tante altre volte, e per le poste che aveva messo in palio.
    Il palantìri stava mostrandogli il Princeps-Dictatori Belizaryon Phòsseniano II in compagnia di Antaren e del primogenito della traditrice casata degli Izantheena ancora fedeli ai distrutti Von Strab. L'ultimo era un giovane uomo, forse non aveva nemmeno compiuto la mezza ventina, e ciò incupì Arer.
    Che cosa ne sapeva lui della Guerra Civile di Armageddon?
    Che cosa centrava?
    Se vi era un torto, posto che effettivamente ce ne fosse uno e che questo non fosse una montatura utile a cercare di vincere una guerra di conquista, quando era stato fatto e compiuto lui era stato meno che un ragazzo.
    Non poteva ricordare e nemmeno sapere.
    Qual'era il suo nome, poi? Damian? Damiano?
    Sì, Damiano. Damiano II Izantheena, primogenito di lord Darius Izantheena e lady Raniera Izantheena nata come Raniera Acervisa.
    Un bamboccio che giocava a fare la guerra in nome di una causa che non gli era propria e che il padre era troppo sciocco per lasciare perdere; era anche questo.
    Rammentò d'avere combattuto a fianco del nonno di quello stupido ragazzo durante la Seconda Guerra di Armageddon, alla battaglia di Endistarl-in-Mordhaìm-Thorner Regio e poi, durante la Guerra Civile, d'avere affrontato il padre e lo zio paterno di lord Damiano nella Battaglia dei Quindici Sepolcri in Acheront Regio d'Armageddon.
    Era stata una vittoria ottenuta di non larga misura ed ascrivibile, per diversi meriti, all'intervento delle fanterie di lord Ortwynn della Nobile Casata dei Von Darguard di Castel Raik-Darguard e delle feroci bladesthaenghùrr, lame spietate in Gotico Basso, del 102esimo Reggimento degli Akùrn-Haelgrynn suoi diretti vassalli di Castel Haelgrynn.
    Il figlio?
    Non era solito sottovalutare i suoi nemici ma era un ragazzo.
    A quali grandiose campagne aveva preso parte per rappresentare una testa da temere con serietà?
    Antaren era uno stratega ed Arer lo rispettava come tale pur odiandolo perché traditore, Damiano II era uno tra tanti capitani d'eserciti che si approcciavano alla guerra per parole d'onore, gloria da conquistare e presunti torti subiti.
    Un soldatino dell'estate, per citare il prezioso contributo letterario dato alla Via Lattea da lord Ytoorianwrath quel mattino stesso.
    Con le braccia incrociate contro il petto e gli occhi intollerabilmente celesti, un canuto ed anziano Insonne presenziava alla scena stando dietro le spalle di Antaren.
    Lo sguardo del palantìri s'affilò e si fece più prossimo a quel soggetto, più chiuso su di lui che era colpevole d'avere catturato le attenzioni di lord Arer Vendas.
    Sì, era chiaramente uno degli Insonni.
    Esseri Umani, almeno in parte, mutati dalle forze cosmiche che adombravano la Via Lattea, pensò Arer ricordando ciò che sapeva di loro.
    Elusivi spettri risalenti ad epoche che precedevano perfino la tanto stupidamente esaltata Era degli Eroi.
    La sua pelle sfumava dal blu al grigio, rugosa come quella di un comune vecchio, ma negli occhi Arer vedeva ardere due turchesi fuochi di metodica determinazione ed impositiva volontà.
    Quell'individuo, del quale non sapeva assolutamente niente, Arer lo guardò per un secondo e si sentì teso quanto una corda di violino. Lui, lui aveva più acume ed intelligente in un suo solo dito di quanta lord Damiano II ne avesse in tutto quel poco cervello che si ritrovava nel cranio.
    Non ne era spaventato, aveva visto e combattuto ben peggiori incubi innumerevoli ed innumerevoli volte, ma gli riconosceva uno sguardo che doveva, l'onestà innanzitutto, essergli riconosciuto come potente.
    L'Insonne sapeva che cosa voleva e, a giudicare dal suo sorriso, stava ottenendolo.
    Chi sei?
    Tre grandi squilli di corno di segnalazione ruppero il silenzio frustato dal vento. L'Insonne, sul quale Arer aveva inchiodato il focus della sua visione, s'avvicinò alla balconata aiutandosi nel cammino con un bordone di legno bianco venato di lapislazzuli brillanti.
    «Eccovi un primo assaggio di quanto vi avevamo promesso allora, Primo Console...» disse rivolgendosi ad Antaren, sul quale Arer impose la propria vista con un repentino cambio di pensieri ed intenzioni. Il traditore, voltagabbana dell'Imperium per l'oscura causa del Sogno di Von Strab, non rispose a quelle parole se non con un vago, quasi muto cenno del capo.
    Era esterrefatto e sorpreso.
    «Le basi delle tecniche di clonazione degli amici di lord Izantheena erano davvero molto avanzate ma siamo riusciti a decriptarle. I vostri Milites-Replicae... eccoveli innanzi ai vostri occhi.»
    «Sono esattamente come i loro progenitori? Il Primo Ordine mi ha detto una cosa ma non voglio essere ingannato da quei fanatici»
    Milites-Replicae, ponderò lord Arer Vendas incupendosi. Primo Ordine.
    Prima che potesse dirlo lui, fu Hann-Mann a dare voce al risultato di quel pensiero: «Imperi Spatharian, Arer. Uno dei suoi Primi Ordini.»
    Potrebbe trattarsi di quello oppure di peggio... potrebbe essere una Enclave di Genetex...
    «Il Sogno dev'essere disperato per ricorrere ad un simile mezzo» commentò lord Hann-Mann Vhraaos, ritrovando la propria voce innanzi alla stregoneria in corso. «Cloni! Sta clonando le proprie truppe... e lo sta facendo fare a mutanti e... spathariani!»
    «Spathariani di un Primo Ordine, Hann-Mann. Non vibriamo accuse che non possiamo ritrattare. Tra i Primi Ordini di Spatharian e l'originale Spatharian figlia di Gladius corrono delle sensibili differenze.»
    «E quali sarebbero?»
    «Tanto per cominciare, Spatharian non ci ha ancora dichiarato guerra... lo farà? Può darsi, almeno stando all'ultimo dispaccio di De Gregory. I suoi Primi Ordini? Sono in guerra con tutto e con tutti... perfino con gli stessi Genetex.»
    «Questa era la nuova cattiva, immagino. Quella positiva?»
    «Questa, Hann-Mann...», mormorò Arer stringendo la presa sul palantìri, che pesava come un pezzo di roccia vulcanica appena esplosa dalle viscere della terra. «... era la buona notizia. La cattiva è... ne discuteremo più tardi, ora non distrarmi con il tuo vociferare.»
    «No. Non sono esattamente come i loro progenitori, Primo Console. Sono migliori. Sappiamo fare il nostro lavoro e sappiamo perfezionare quello altrui, La Fayenne ci ha fornito l'assistenza di dei luminari di primissimo ordine... scusi la battuta. Questi, comunque, sono i soldati adatti per sostenere la vostra causa coloniale... e per combattere nelle vostre guerre a venire.»
    «Ricordo che il Duca Severus mi aveva parlato di questi...uomini, Vecchio Intelletto... ma per qualche tempo mi sono illuso che fossero semplicemente una baggianata.»
    «Una baggianata?!» sbottò iracondo il vecchio Insonne, contenendosi dallo schiantare un pugno contro la ringhiera.
    A quanto pare prendeva il suo lavoro molto seriamente. La passione per essere un mutante ed uno dei perfidi, dannati Heretek non gli mancava.
    Quel dettaglio, considerò Arer, non l'avrebbe comunque risparmiato da sperimentare in prima persona quale poteva essere la reazione dovuta all'incontro tra il filo di una spada in Acciaio Arcano di Valayr ed il suo collo di vecchio malefico.
    «Voi ci scambiate forse per quei folli zeloti dell'Adeptus Mechanicum?! La nostra arte non sguazza nelle baggianate! Sono dieci battaglioni, diecimila elementi, di autentici soldati-cloni. I geno-markaers erano già stati lavorati in passato dai Chaìm'noani ma abbiamo inserito dei dettagli nuovi e rimosso alcuni tra i più corrotti della prima generazione. La parte più difficile è stata agire sul loro istinto artificiale, che era tarato per le guerre nel Distante Altrove Galattico... e laggiù, a quanto pare, combattono misere guerricciole da femminucce.»
    Lord Damiano Izantheena, vide Arer, era apparentemente contrariato. «Le guerre le si vince con i soldati veri e con il ferro autentico, non certo con i balocchi da lab-manufactorum... ma comprendo che pronunciarmi in questa maniera può farmi apparire come uno sciocco che sputa nel piatto offertogli. Non lo sono. Mi riservo d'essere dubbioso di questi Milites-Replicae ma sono aperto alla possibilità di ricredermi.»
    Il vecchio non stava dicendo nulla in risposta. Forse non comprendeva l'accento Alto Gotico parlato da quel ragazzo. Un dettaglio particolare, quello.
    Era superbo.
    Oppure il vecchio Insonne non aveva, molto semplicemente, nulla da dire e chi taceva, sapeva Arer, era colui il quale andava temuto maggiormente.
    «Li testeremo sul campo di Inara-Agni, lord Izantheena. Non qui, non occorre. Diamo loro del tempo per dimostrarsi all'altezza e creare confusione nelle linee dei Von Gianellen e della sua cricca di assassini e stupratori.»
    Inara-Agni si trovava nel Dominio dell'Over-Archia di Armageddon, rifletté Vendas. Era una luna ad atmosfera chiusa e... che cosa aveva di tanto speciale? Giaceva su delle rotte commerciali, certo, ma non si classificavano tra le più proficue.
    V'erano due missioni diplomatiche ed economiche, lì. Quello valeva qualcosa ma, come obbiettivo, pareva assai povero.
    Una missione commerciale garoniana ed un consolato trikeliano non erano un premio così grasso da meritare tutta quanta una operazione bellica.
    Non secondo lui, almeno. Antaren sembrava pensarla diversamente.
    Occorrerà prendere dei provvedimenti. Scriverò all'Over-Lady appena potrò.
    «Uno di loro era vostro compagno d'accademia» disse Belizaryon, prendendo la parola per la prima volta dall'inizio della visione con il palantìri. «Vendas
    «Ero suo amico quando egli era giovane, sì. Conoscevo e rispettavo il ragazzo che era, non l'uomo che è divenuto. Lord Serpe Rossa è nostro nemico, Phòsseniano... come presto lo sarà anche quell'idiota vanaglorioso di Trayan Videssianica. Sono certo che correrà dal falso Lord Solar per guadagnarsi un tozzo di pane raffermo alla sua tavola ed un qualche scranno tra i grandi... senza meritare il primo e sapere gestire il secondo, se posso dirvi la mia opinione.»
    Per elusivo che fosse alle reti imperiali, Antaren non sapeva tutto.
    Le sue assunzioni, ai tempi dell'accademia, Arer le aveva spesso trovate intelligenti e ben pensate ma era stato Iakov a fargli notare dove sbagliava nella sua valutazione.
    Lord Arer Vendas si ricordava bene, proprio come rammentava tante altre cose, l'osservazione del garoniano in proposito del chyss di nobili natali: Antaren sapeva pensare e disegnare strategie, sì, ed era anche decisamente bravo ma compiva spesso l'errore di fidarsi ciecamente di se stesso.
    Era una personalità lesta a dire che la sua opinione, tra tutte quante, era quella giusta. Sebbene quel carattere deciso fosse una manna in certi ambiti del comando, era un reattore nucleare pronto ad esplodere in altre stanze dell'uguale questione.
    Una persona come lui, in breve, la si poteva ingannare.
    Essere troppo sicuri di sé era sbagliato tanto quanto non avere alcuna fiducia nelle proprie capacità; pensandola in questo modo, Arer poteva già sentire le componenti della sua mente che s'attivavano per ideare un metodo, ora che sapeva della presenza di Antaren in Lampartadakes, per inchiodarlo ed ucciderlo.
    Non gli avrebbe offerto la possibilità di riscattarsi attraverso l'Antica Guardia di Bren; egli era andato troppo oltre per poterla avere e poi ad un voltagabbana non si poteva imporre un secondo giuramento.
    Era del tutto inutile.
    «...posso prevedere come cercherà d'agire, non ci vuole un grande sforzo, e capire senza difficoltà che verrà a cercarvi entrambi qui appena saprà che siete presenti nel sistema di Lampartadakes.»
    «Avete intenzione di guidare la difesa di queste conquiste, Primo Console?»
    Sul viso dallo scuro incarnato blu di Antaren s'accese una smorfia triste. «Forse. Sono certo che questo lo dichiareranno un fronte tutto sommato minore, forti del fatto che hanno molte altre postazioni nelle loro retrovie dalle quali trarre benzina e promethium. Serve decisamente più a noi che a loro, ecco la cruda verità, e possono teoricamente permettersi di sostenerne la perdita.»
    Ignorando le gocce di sudori freddi che incominciava a sentire su tempie e collo, Arer sorrise interiormente all'ascolto di quelle parole.
    Era una gemma preziosa quella che aveva appena udito. Con le raffinerie nel continente di Ynnor ancora non del tutto messe in pericolo od impossibilitate a produrre, una delle teste rilevanti del Sogno denunciava un fatto del genere.
    Se ritenevano le raffinerie di Lampartadakes una perdita sostenibile per l'Imperium ed un guadagno importante per il loro fronte, allora erano chiaramente in disperato, o quantomeno serio bisogno di carburante.
    Ciò poteva aprire finestre su molte questioni, alcune delle quali assai rivelanti, ma alla base confermava al Primo Signore Militante un fatto sul quale si costruiva gran parte dell'iniziativa della Quattordicesima Armata Crociata e della Crociata in generale.
    Rispetto al Sogno di Von Strab, le forze adunate dall'Imperium continuavano a disporre di maggiori risorse belliche ed industriali.
    Ogni perdita causata al Sogno era, almeno teoricamente, irreparabile.
    Il medesimo discorso, l'irreparabilità di eventuali danni all'eterogeneo apparato industriale dell'Imperium-in-Crociata, non lo si poteva applicare.
    Non con matematiche certezze, quantomeno.
    L'attrito, infine, stava avendo la meglio sull'ostinazione.
    Nella sua testa, tuttavia, principiava a pulsare un sentore di stanchezza. Doveva interrompere la visione quanto prima.
    «Probabilmente Trayan verrà da solo cercando di conquistarsi la simpatia della Crociata con una vittoria utile allo sforzo logistico della Quattordicesima Armata, da bravo sciocco quale egli è...»
    In diverse condizioni, il traditore sarebbe stato nel giusto a pensare la questione del sistema di Lampartadakes sotto quei termini.
    Ciò che non poteva sapere, rifletté Arer Vendas, era che stava venendo ascoltato e che gli interessi di Lampartadakes erano almeno al quarantacinque percento gli interessi di Giovanni Doria. Altre importanti percentuali del pianeta, attraverso amministratori delegati ed in-nomine adepti, spettavano ai Vhraaos, ai Contaenee ed ai 'De Valeriani-Videssianikea.
    Quest'ultimi, sapeva Arer, erano imparentati con la Famiglia Regnante del Senatoriale Principato dei Videssianici-Aurelii ed avevano già da qualche tempo fatto presente il loro interesse ad unirsi alla Crociata dell'Aula di Joramund.
    Come tutti quanti, per di più, avevano esposto il loro prezzo.
    «Ynnor cadrà se non fermo il falso Lord Solar Von Gianellen prima che egli avanzi troppo. Quel continente non ha spina dorsale a sufficienza per resistergli. Con Vendas e Strahil in marcia per rincongiungersi a lui, sono tre teste dell'idra che posso decapitare.»
    «Ricongiungersi», borbottò Arer, visceralmente infastidito dall'errore e dalla testa che persisteva nel pulsargli dolorosamente.
    Sentiva anche un principio di fame rodergli lo stomaco. «Si dice ricongiungersi, Antaren. Non rin-con-giun-ger-si ma ricongiungersi
    «Non ti può sentire...» obbiettò l'Over-Lord della Vera-Ferrvm, vagamente basito.
    Alle parole di Hann-Mann Vhraaos, Arer fece replica con un vago cenno di dissenso. Lentamente iniziò ad abbassare il palantìri, che andò perdendo chiarezza di visione, fino poi a riporlo nello scrigno.
    Si appoggiò con i palmi aperti sul tavolo e trasse una serie di respiri profondi.
    Cloni, uno dei tanti Primi Ordini di Spatharian, Insonni ed una pessima posizione di partenza: era tanto da digerire ed ancor di più da districare.
    Una brutta matassa, complicata e che si allungava in cento direzioni.
    «Non riesci a riprendere la tua... magia?»
    Occhieggiato all'Artefatto del Potere, Arer vide che i rubini erano divenuti neri come la pece. «No. Non subito, non ora.»
    «Entro quanto, dunque?»
    «Sei ore? Un giorno? Un mese? Non lo so, Hann-Mann. Ha funzionato una volta e sono dell'opinione che ci debba bastare.»
    «Quella tua palla di vetro nera è un assetto strategico prezioso!», fu l'obiezione di Hann-Mann Vhraaos, «ha confermato le parole della mia spia e ci ha fatto intravedere una parte dei loro piani. Dobbiamo sfruttarla di più e...»
    «No.»
    «Pensaci, Arer!»
    «Ho detto no!» Arer si voltò a fronteggiare l'amico, serrando il coperchio dello Scrigno Eludente dietro le proprie spalle. «Questo non è un balocco. Questo giochetto della palla di vetro potrebbe avermi bruciato degli anni di vita per quel che ne so.»
    «Beh, non hai capelli grigi...»
    «A dire il vero...» borbottò Arer, inspirando e poi espirando. «Qualche settimana fa ne ho trovati un paio, presumo... oppure Garyn sta invecchiando quindici volte più velocemente del normale e, credimi, non sta accadendo.»
    «Per un momento ho temuto che quella fosse la verità!»
    «Hann', per chi mi hai preso? Per un Von Carstein?! Non ho bisogno di simili trucchi da strega styghai e non è mio desiderio volerne fare uso. Tutti gli uomini devono morire.»
    «A proposito...» disse l'Over-Lord della Vera-Ferrvm.
    «Sì?»
    «Ho dato disposizioni per quello che mi hai chiesto quando eravamo all'Opera. Se sei troppo stanco possiamo lasciarli a marinare nei loro timori fino a domattina, altrimenti io direi di procedere...»
    «Una dozzina posso lavorarmela, oltre non ti assicuro niente» fu ciò che lui rispose all'amico di vecchia data, che rispose annuendo.
    «Garyn, hai portato quello che ti ho chiesto?»
    «Sì, lord Vendas!» rispose il ragazzo, lasciandosi cadere dalle spalle uno zaino comunissimo. «Dal primo all'ultimo coltello, milord.»
    «Si dice m'lord» gli dissero Arer Vendas ed Hann-Mann Vhraaos in contemporanea. Il secondo scoccò un'occhiata torva ad Arer ed aggiunse: «Hai visto?! Non è passato nemmeno un giorno da che sei arrivato qui e mi hai contagiato con la tua fissa della grammatica.»
    «Ortopedia», sibilò Arer.
    «Che cosa?»
    «Ortopedia» fece eco Garyn, sostituendosi al suo signore per quella lezione. «Ortopedia, lord Vhraaos. È la scienza che studia la corretta pronuncia delle parole.»
    «Non sei la persona più adatta per parlarne, ragazzo. Hai sentito come trascini le erre? Mi chiedo quale fisiologico problema abbiate voi garoniani nel pronunciare le erre. Perché nel pronunciale sembrate dei becchini alla mezzanotte che trafugano corpi?»
    «Perché, lord Vhraaos, noi...»
    «Garyn» lo interruppe Arer, facendogli cenno di smettere. «Apri la porta e fai entrare il primo ospite di questa sessione di interrogatori...e passami il mio coltello. Quello verde.»
    «Vuoi andare subito al sodo, Arer?»
    Il signore di Castel Anthrax scosse la testa con fare vago. «Se mi risparmiano la fatica e vuotano il sacco prima, no. Se resistono... tu conosci il motto della mia casata, non è vero?»
    «Sappiamo che cosa siete nel buio, dico bene?»
    «Sì, quello però è il motto ufficiale. Dico l'altro, che i miei parenti di Anthraxi-Vaduva hanno preso ad emblema. Quello lo sai?»
    «Credo mi sfugga.»
    Arer sospirò. «Un uomo nudo ha pochi segreti. Un uomo scuoiato, d'altro canto, non ne ha alcuno...»

    Facendosi servire una seconda tazza di tè al limone da una 'lobotomizzata a sei braccia, lord Arer Vendas volse lo sguardo al cielo d'oriente ed incrociò le braccia contro la sua casacca scura.
    Quel che restava della notte era gravato da un misero fronte nuvoloso, avvistato già nel mattino durante la marcia d'avvicinamento alla città, responsabile di un piccolo calo delle temperature.
    Lyubiana era più calda di Armageddon, in sé un risultato non così arduo da raggiungere posto il non essere una palla ghiacciata quale era il Mondo di Is, ed il suo freddo era diverso.
    Più umido, gravido sull'aria, e meno denso di foschie.
    Nei distretti di Anthrax Regio, il freddo era un compagno sostanzialmente onnipresente ma dalla natura differente. Lì era più rigido, padre di grandissime distese di foschie, e spesso si combinava a violenti temporali quando le correnti aeree schiantavano i nembi sovrastanti gli opposti bracci di mare l'uno contro l'altro.
    Un freddo rigido, piovoso ed opprimente. La sposa di Ortaias, Felicina Doria, innanzi ad uno dei temporali era rimasta sorpresa.
    In Zevona avevano simili scoppi di maltempo ma generalmente provenivano da un solo lato e si infrangevano sulla cosa.
    In Anthrax aveva visto che cosa accadeva quando due tempeste erano sospinte l'una contro l'altra e scoppiavano un solo nubifragio irto di tuoni e fulmini.
    Le genti del volgo sussurravano che in quelle tempeste si potevano udire gli scontri delle ere passate, le battaglie tra i soldati di Anthrax Regio ed i predatori kraken-manni, e che tutti i Vendas sapessero evocare quelle tormente d'acqua e fulmini e navigare abilmente in esse.
    Era una sciocchezza che nasceva da un fatto pragmatico ma pur sempre una sciocchezza.
    Evocare una tempesta? Ammesso che fosse possibile, e nel migliore dei casi era pronto a dirlo solo lontanamente tale, a che pro? Che cosa ci guadagnava qualcuno dallo scatenare la furia degli elementi per respingere un qualche invasore?
    Azzerava la visuale e disturbava le comunicazioni delle sue truppe tanto quanto quelle del nemico quindi, per semplice pragmatica della guerra, era del tutto inutile. Non assicurando un vantaggio mono-fronte, si trattava di futili energie spese.
    E sopratutto, era uno stupido spreco di risorse basato sull'atto di scommettere sulla buona riuscita dell'imposizione della propria volontà sull'universo. Una volta, forse, poteva capitare ma due o tre in fila? Era assai arduo, anche se si era bravi, e sprecare tanto potere per una idiozia auto-lesionista quale una tempesta era qualcosa che lui trovava ripugnante.
    Combattere una guerra con la magia non era sciocco.
    Era direttamente suicida.
    Se, solo e soltanto se, si riusciva ad evocarla -perché si era bravi e nei limiti del possibile si “sapeva” che cosa si stava facendo- e quindi renderla utile occorreva rammentarsi ad ogni piè sospinto che essa nel migliore dei casi era un sostegno, ed uno nemmeno troppo solido se l'onestà valeva qualcosa in tale ambito, piuttosto che l'arma principale con il quale vibrare l'attacco.
    Un supporto, quello era il termine giusto, il cui uso andava ponderato adeguatamente e del quale occorreva ricordarsi la possibile inaffidabilità.
    Ad usarla come principale strumento bellico ci avevano provato tanti in seno all'umanità e, nove volte su dieci, ciò che avevano guadagnato dalle loro fatica e dal loro coraggio poteva essere facilmente e felicemente riassunto con le parole...
    Oh, si.
    Scorno, umiliazione, disfatta schiacciante, scempiaggine e tragedia.
    Le storie utilizzabili come esempi erano tante: da Karelion l'Incandescente fino ai Dodici Cantori della Luce, innumerevoli erano stati i casi in cui sedicenti “padroni delle Forze Misteriose” avevano tentato d'operare miracoli andando incontro alla rovina.
    Usare della vera, autentica magia non era facile come le storie potevano farla sembrare ed era un discorso tecnico che si doveva forzare su qualcosa d'illogico.
    Pochi ci facevano davvero caso a quel punto ma era sempre lì, sempre pronto a fare notare l'incongruenza della questione.
    Arer rammentava una storia in proposito.
    L'aveva raccontata come favola della buonanotte sia a Merina che a Theodorina-Scylla quando ambedue, in casi diversi, erano state accomunate dal non saperne di volere andare a dormire e lasciarlo un po' in pace.
    Una era cresciuta e l'altra, invece, era rimasta affascinata dalle leggende e dalle narrazioni che includevano la magia e gli stregoni ed i warg e tutte quelle cose che un tempo erano esistite ma che ormai erano dette essere scomparse per varie cause.
    Era la leggenda del Martello delle Acque di Idehm'ra.
    Arer la ricordava bene.
    Durante la loro annessione da parte di Kasr Gladivs, le genti di Idehm'ra si erano asserragliate attorno alla loro Regina-Maga Xenrev'nodyy'cch.
    Costei, al fine di respingere i gladian-cadiani giunti ad annettere pacificamente il suo mondo di continentali isole e vaste paludi all'Imperium, aveva invocato l'aiuto dell'autoctona Dea Bráén e detto alle sue seguaci che essa le aveva risposto.
    Quando i gladian-cadiani avevano incominciato le operazioni di attraversamento dello stretto di Lund per entrare nella grande penisola di Bráén-Mrabr'gh e portarvi la civiltà imperiale, dall'oceano era giunta una catastrofica mareggiata che aveva separato quella terra dalla sua simile più vicina, rendendola un'isola a tutti gli effetti, e disperso tra i flutti oltre novemila uomini.
    Le genti di Bráén-Mrabr'gh avevano esultato, celebrando la magia evocata dalla loro dea e dalla sua incarnazione terrestre la Regina-Maga Xenrev'nodyy'cch, e la storia narrava che s'erano detti sicuri dell'avere trionfato e convinti che gli invasori celesti non avrebbero più fatto ritorno.
    I loro errori, secondo lord Arer Vendas, erano stati due ed ambo tragicamente stupidi così quanto ampiamente evitabili.
    In primo luogo s'erano dimenticati, ma poteva darsi che semplicemente non avessero le cognizioni per comprendere quel discorso, che il loro nemico non era una fazione “terrestre” ma bensì una forza d'invasione calante dalle stelle.
    In secondo punto, novemila uomini perduti per i loro standard pianeta-confinati erano un grande schieramento distrutto.
    Per la Guardia Imperiale, grossomodo, novemila uomini andati perduti per una qualche misera mareggiata erano novemila uomini persi in maniera stupida, certamente del tutto imprevista... ma, in fin dei conti, nulla d'irreparabile.
    Se fossero stati novantamila uomini allora sì, la loro scomparsa avrebbe destato qualche pensiero preoccupato e se fossero stati novanta milioni qualcuno si sarebbe detto effettivamente scioccato dalla potenza evocata dalla Regina-Maga.
    Se fossero stati nove oppure novanta miliardi di uomini allora sì, poteva esserci un campo attraverso il quale ammettere una perdita sensibile, quantomeno in termini di materiale bellico perduto e quindi con una voce meramente economica, e ponderare se persistere nell'invasione oppure cercare un concordato con le più amichevoli entità locali.
    Novanta miliardi di esseri umani non erano che una ben misera goccia per il patrimonio demografico dell'Imperium e della Guardia Imperiale, sostituibili senza eccessive difficoltà, ma le loro attrezzature belliche non erano altrettanto facilmente rimpiazzabili.
    Quelle, e soltanto quelle, avrebbero reso il colpo duro da digerire. Le vite perse, nel qual caso fossero state novanta miliardi, le si sarebbe potute recuperare rastrellando i livelli inferiori di una mezza dozzina di città-formicaio più o meno di dimensioni sostanziose.
    Il problema sarebbe stato logistico, il condurle in zona e schierarle, e dunque una volta ancora solo e soltanto economico.
    Tuttavia i morti erano stati soltanto novemila e quindi, com'era giusto che fosse, nessuno aveva pianto per loro una sola lacrima.
    Che cos'erano nove migliaia d'uomini, alla fin fine?
    Nulla di più se non uno scaglione d'avanscoperta parte di un ben più grande esercito, nel migliore dei casi. A dirla tutta, e basandosi sulle documentazioni provenienti dall'epoca, l'esercito d'unificazione gladian-cadiano non aveva nemmeno accusato il colpo subito.
    Gli era passato addosso, ironicamente come una zaffata d'acqua, rallentando la sua avanzata di pochi giorni e dandogli il tempo di predisporla ancora meglio.
    Qualche settimana dopo esso aveva infatti risposto sparando un missile balistico sul maggiore luogo di culto devoto alla dea Bráén per poi, sfruttando la confusione e l'enorme danno demografico causato ai locali, sbarcare cento-settantanovemila soldati.
    Due azioni, comprendeva Arer, volte a dire: “Il vostro trucchetto da baraccone è stato davvero bello ma, senza impegnarmi, vi ho piazzato davanti casa cento-e-settanta volte il numero di uomini che la vostra grande opera magica mi ha tolto.
    Allora la Regina-Maga Xenrev'nodyy'cch aveva provato ad evocare nuovamente il terribile “martello delle acque” senza però incontrare alcun successo. Invece di una mareggiata fatale, ciò che la sua magia aveva causato erano state delle piogge fredde e nulla più.
    Coraggiosa, quello le andava tributato, aveva comunque radunato i vessilli delle sue genti e mosso contro i gladian-cadiani conquistatori...
    Ed era stata miseramente sconfitta.
    Curb-Stomp Battle, la dicitura in anglya che aveva rammentato alcune ore prima ad Hann-Mann Vhraaos, non era sufficiente a rendere interamente il senso di quanto duramente le genti di Bráén-Mrabr'gh fossero state prese a calci nei denti.
    Trentamila pseudo tecnobarbari non erano una forza che potesse reggere l'urto di cento-settantanovemila elementi della Guardia Imperiale e, dopo mezza giornata di cannonate d'artiglieria pesante ricevute sul viso, i fedelissimi vessilli della Regina-Maga s'erano sommariamente arresi consegnando la loro guida spirituale ai nuovi signori del luogo.
    Stando alle cronache storiche, il nascente governo di Kasr Gladivs aveva incarcerato la Regina-Maga in qualche prigione e se n'era dimenticato per gli anni a venire.
    Durante una rivolta, accaduta circa un quinquennio e mezzo dopo la sua proclamazione, l'aveva tirata fuori di prigione.
    Infestata dalle pulci, ormai più pazza che ragionevole, con i capelli diventati bianchi quanto la candeggina e gli occhi sbarrati, la deposta Regina-Maga era stata sommariamente giustiziata da una scure-littore come atto dimostrativo e come memento alla popolazione.
    Le potenze responsabili dell'averla detronizzata, vanificando a poco prezzo tutto il potere della sua magia, erano ancora vive e, a differenza di qualche incantesimo realizzato male ed agitando le braccia al cielo, potevano essere orientate sulla popolazione in qualsiasi momento.
    Quelle potenze si chiamavano artiglierie a lungo raggio e per operarle non servivano degli stregoni ma solo delle persone mediamente addestrate. Una generosa quantità dei loro proiettili più pesanti era sufficiente a livellare interamente non un misero braccio di terra ma bensì delle montagne intere.
    Le rivolte s'erano placate man mano.
    Gli asti erano perdurati, e se non andava errando ve n'erano ancora a distanza d'oltre quattro millenni, ma ormai quella storia era una mera nota a piè di pagina propria delle cronache che narravano l'esordio del governo di Kaser Gladivs.
    Sorseggiato il suo tè freddo, Arer Vendas tornò a guardare la notte che lentamente lasciava il proprio posto ad un principio d'alba.
    Le ultime ore erano state molto lunghe.
    Gli stupidi pensavano che la tortura, fine a se stessa, fosse efficace per ottenere la verità.
    Non era esattamente così ed in sé, ella funzionava più come un deterrente.
    Torturare una singola persona per ottenere delle rispose, poi, era un comportamento ancora più da sciocchi. Tutti gli uomini mentivano e la disperazione poteva generare delle incredibili, intricatissime menzogne.
    Torturare una ventina di persone, tuttavia, poteva effettivamente condurre a delle stille di verità che dovevano essere basate su quel che avevano detto in comune, ciò che avevano farfugliato e quanto avevano confessato al primo passaggio della lama.
    Quegli squarci andavano ricomposti, considerati nella loro interezza così come nella singolarità ed era buona cosa incominciare l'intera questione presupponendo che ogni frase fosse una bugia.
    Tutti mentivano e pochi sapevano farlo bene.
    Se si capovolgeva completamente una menzogna, considerandone gli aspetti pratici e quelli incredibili, e poi si escludevano man mano tutte le componenti impossibili oppure improbabili si arrivava, per quantità ed intreccio dei dettagli, ad una verità quantomeno plausibile.
    In sé per sé, la tortura-pro-interrogatorio era utile solo se praticata avendo già delle basi solide dalle quali edificare le proprie ipotesi.
    Se non si sapeva nulla si credeva a tutto.
    «Posso farvi compagnia, padre?»
    «Non riesci a dormire, Merina?»
    La sua terzogenita, in completo da notte, rispose con un piccolo cenno d'assenso. «Ho avuto un brutto sogno ed ora ho perso lo stimolo per dormire.»
    Deglutito un nuovo sorso di tè freddo al limone, Arer riservò alla quattordicenne un fintamente severo cipiglio di sufficienza.
    Stava mentendo.
    E so il perché.
    «Non si raccontano le bugie al proprio padre...»
    Portandosi una mano contro la fronte, Merina piegò una gamba all'indietro con un esageratissimo tono melodrammatico. «Oh, mi avete scoperto! Povera, povera me!»
    Fatto un cenno verso la sedia-sdraio antistante il suo scranno a dondolo, Arer la invitò a sedersi. Grazie agli Dei Antichi, all'Imperatore-Dio ed a tutti quanti i Santi Imperiali Hann-Mann si era premunito di fornire i suoi alloggi di una sedia a dondolo.
    Come lui potesse non apprezzarle era un mistero.
    Cosa vi era di migliore del permettersi il lusso di perdere qualche attimo del proprio tempo su di una sedia a dondolo?
    «Posso avere quella? Ha la vista sul fiume e...»
    «Sì, ha la vista sul fiume e tu potresti girare la tua sdraio...»
    «Ma io voglio la sedia a dondolo...»
    Intrecciate le mani contro il petto, il Primo Signore Militante della Crociata dell'Aula di Joramund studiò la figlia e si prese un lungo momento di silenzio.
    Poi, con quella calma che sapeva innervosire chi lo fronteggiava, Arer diede un colpetto alla sedia e riprese a farla dondolare.
    E tacque, ghignando piano, per diversi istanti.
    «Lo state facendo apposta!»
    «Non sono l'unico, figlia mia. Non sono l'unico. Se non rammento male, un momento fa hai provato a sottrarmi questa sedia.»
    La fanciulla s'imbronciò: «Non ve la volevo sottrarre... è come quella storia dei giocattoli di Ortaias, non li volevo rubare... ci volevo soltanto giocare un po'.»
    Continuando a dondolarsi, Arer sollevò un sopracciglio. Ah, la storia dei giocattoli svaniti e della colpevole scoperta con le mani nel sacco.
    Quanti anni erano trascorsi? Dieci? Forse nove.
    «Potresti domandarmi di cederti questa sedia nel giusto modo, come una vera lady degna del suo titolo, e allora... forse...»
    «Se la mettete così, padre, state dicendomi che non la otterrò mai.»
    «Parola chiave: cortesia
    Raccolo il guanto della sfida, Merina gli vibrò un'occhiata severa con i suoi occhi cristallini. Più di Ortaias e di Theodorina, pensò Arer, lei aveva ereditato i suoi geni. Il primo aveva troppo della madre nell'aspetto, che lo vedeva riccioluto e dall'incarnato tinto di bronzo, mentre l'ultima era...
    Probabilmente era ancora troppo presto per giudicarla, aveva soltanto dodici anni.
    Merina e Sphrantès erano quelli che poteva chiamare, onestamente, i suoi possibili eredi. La prima era una piccola, truffaldina ingannatrice alla quale non mancava l'intelletto, anzi quello c'era e ne aveva tanto, ma lo stimolo per metterlo all'opera nella sua interezza.
    Amava darsi da fare ed al contempo era incredibilmente dispersiva in ciò che faceva. Un giorno si dedicava alla sorella, il giorno dopo a giocare scherzi a lady Felicina Doria ed il giorno dopo ancora passava un pomeriggio intero a guardare i conti di Castel Anthrax oppure a cucire bandiere per la Crociata.
    Non era costante.
    Vlad-Achaìn gli aveva detto che per farla maturare sarebbe servito metterla in difficoltà ma Arer non era d'accordo. Merina già governava la regione di Anthrax, sebbene in qualità del soprintendente del fratello, e ciò era una responsabilità ed un serio impegno.
    Quello che le mancava davvero era il sapere focalizzare tutto il suo essere senza continuare a disperderlo in mille cose fatte bene ma non eccellentemente.
    Sphrantès, invece, aveva ereditato il suo acume e la sua mente di stratega ma il suo corpo continuava a tradirlo, a farlo essere debole e sostanzialmente storpio.
    Sindrome di Rannerast, la chiamavano.
    Deficienza nervosa cronica lieve.
    Alcune sezioni del suo corpo, con intervalli irregolari e dunque impossibili da prevedere, non rispondevano agli stimoli del cervello e questo lo teneva inchiodato in Castel Anthrax.
    Meglio infermo nel corpo che storpio nella mente o corrotto nell'animo, dico io.
    Assieme, Merina e Sphrantès potevano fargli da eredi e successori ma singolarmente non erano ancora abbastanza maturi da potergli permettere di ritirarsi.
    «Cortesemente, potreste cedermi la sedia a dondolo? Mi darebbe così tanto piacere sedermi lì ed avere il fiume davanti agli occhi...»
    Arer si alzò e rivolse un cenno alla sedia a dondolo. «Visto? Non era così difficile. Tu che ne dici?» chiese Arer, ignorando il sentire già la mancanza di quella sedia e la fatica della nottata. «Ti ha dissanguato questo conformarti all'etichetta?»
    «No... però mi ha dato quello che volevo!» sorrise lei, occupando a braccia larghe lo scranno dondolante. «Anche se non è come quella che avete nel vostro studio privato...»
    «Quella è mia» si lamentò il signore di Castel Anthrax. «Ho impiegato tempo, risorse e fatica per poterla realizzare.»
    «Lo so, vi guardavo lavorarvi sopra» disse Merina, quasi dovendo soffocare uno sbadiglio. Non aveva perduto lo stimolo del sonno? «E tutta quella fatica mi ha incuriosita e così, quando ho bisogno di riflettere e voi non ci siete, la occupo.»
    «Sostanzialmente ti appropri del frutto del mio lavoro.»
    «No» ribatté Merina, quasi ridacchiando. «Da brava figlia amorevole mi accerto, poiché talmente tanto io mi preoccupo per voi, che quella sedia a dondolo non sia pericolosa e che, anzi, ella sia della qualità adatta a quell'illustre persona che è il lord mio padre. È un servizio che io vi rendo senza chiedervi nulla di ritorno per il mio disturbo! Dovreste ringraziarmi! Tramite me potere sapere con certezza che quella sedia è assolutamente sicura e che funziona proprio come si suppone dovrebbe funzionare... dondolando con gran vigore nel nome dell'Imperium, del Patrio Armageddon e della Sacra Terra.»
    «Mio il lavoro, tuo il godimento.»
    Merina annuì, fiera. «Un giorno ne farete una anche per me? Voglio dire... tutta mia. Ne avete realizzata una per Felicina, quindi... potrei avere la mia.»
    «Quella per Felicina era una sciocco aggiunta al resto dei doni di nozze e nulla più. Un pensierino al quale ho dedicato qualche giorno.»
    «Ma lei la adora!»
    «Ne sono contento» disse lord Arer Vendas, Primo Signore Militante della Crociata dell'Aula di Pyran il Secondo e, apparentemente, discreto falegname.
    No, niente “falegname” come se fossi un qualsiasi Geraltus di Berindia; Arer Vendas, Lord Falegname e mastro realizzatore di sedie a dondolo dell'Over-Archia di Armageddon.
    «Si ma però...»
    Arer strinse i denti, innervosito. «Mai, mai mettere ma davanti a però. Sono due negazioni, Merina. Non si dice ma però. Nemmeno l'Imperatore-Dio della Terra può dirlo.»
    «L'ho fatto apposta.»
    «Piccola impertinente...»
    «E potrei continuare a farlo...» mormorò lei, coprendosi educatamente la bocca per mascherare uno sbadiglio che denunciava per la seconda volta la povertà della sua prima menzogna. Una scusa, assai probabilmente volutamente banale, per passare del tempo con lui.
    Poteva capirla.
    «... sopratutto qualora dovessi continuare a vedermi negata quella sedia a dondolo di Felicina...»
    «Devi comportarti bene con lei.»
    «Io mi comporto bene!»
    Risparmiandosi un commento, Arer le incollò il proprio sguardo addosso. Schioccò la lingua, recuperò il calice colmo di tè al limone e bevve un sorso senza interrompere quell'osservazione.
    Torcendosi due delle sue ciocche rosse, quelle che si tingeva per farle risaltare sul naturale nero dei pallidi Vendas, Merina snudò uno sguardo fintamente dispiaciuto.
    «Nel senso... mi comporto bene perché per come mi comporto le faccio venire le ossa dure, quelle buone. Le servono per stare bene da noi, lo sai!»
    «Sono stupidaggini, queste.»
    «Lei sta al gioco, quindi le piace» commentò Merina, curvando le labbra. «Però tra qualche mese smetterò, lo prometto. Non voglio farle perdere il bambino.»
    Arer bevve un altro sorso di tè. «Puoi ripetere?»
    «Lei pensava si trattasse di un ritardo nel ciclo mestruale ma l'ho convinta a fare una visita dal nostro primarys-medicae e sì, a quanto pare Ortaias ha fatto la sua parte. È incinta.»
    «Ed hai aspettato tutto questo tempo per dirmelo, Merina?»
    «Mi siete apparso tanto impegnato e durante il viaggio non abbiamo mai passato molto tempo assieme... prima vi ho sentito uscire e mi sono detta che valeva la pena attendere che voi faceste ritorno per sorprendervi, rubarvi la sedia a dondolo e darvi questa bella notizia.»
    Era uno degli innumerevoli ragionamenti complicati di Merina.
    «Mi stai dicendo che diventerò nonno.»
    La quattordicenne occhieggiò a destra e poi a sinistra. «Se quello che mi è stato insegnato su argomenti tanto disparati quanto belli quali la fertilità delle donne, il concepimento ed i gradi di parentela non è tutto errato direi di sì, padre.»
    La stanchezza gli impediva di esprimerlo a pieno ma era davvero contento in quel momento. «Questa è una notizia eccellente.»
    «Bellissima» lo corresse Merina. «Non stiamo parlando del posizionamento di un battaglione di carri armati o dello schieramento di una falange, padre. Niente “eccellente”, niente “ottimo” e nessun “come previsto nei nostri piani, oh-oh”. Si dice “bellissima”, è una bellissima notizia. Dovreste farvi crescere la barba.»
    Ridacchiò piano. «Non la trovo dignitosa per un gentiluomo.»
    «Ma tra qualche mese... beh, più di qualche mese se siamo soltanto al primo e mezzo di gravidanza... potrete dirvi un patriarca e tutti i patriarchi hanno la barba.»
    «Non la trovo comunque dignitosa.»
    «Io vi ci vedrei bene, invece!», replicò la terzogenita, «... fiero, distaccato e signorile con questa luuuuunga barba che va imbiancandosi con gli anni ed i figli che si susseguono...»
    «Stai augurandomi d'invecchiare, Merina.»
    «Tutti dobbiamo! Altrimenti io resterò sempre una quattordicenne fastidiosa, voi un burbero cento-quarantacinquenne ed Ortaias uno sciocco ventunenne. Dimenticavo lord Altarior, che se non s'invecchiasse... no, errore mio: lui non invecchia e basta.»
    «Invecchia, invecchia. Un secolo fa non era canuto come lo è oggi.»
    «Mi da l'idea di uno di quei nonni in armatura che si vedono sugli psi-quadri. Gli manca la pipa, lo sguardo ringhiante ed una muta di cani ai suoi piedi.»
    «Per quelli bastano tutti i bastardi che ha seminato in mezzo Imperium. Solo nella XIV Armata ne abbiamo ben dodici...»
    «Uno di questi è Karl Star, vero?»
    «Sì» rispose Arer. «Perché me lo chiedi?»
    «Perché me lo ricordo quando siete partiti per l'Oceano Vermiglio degli Phtumeria e continuo a chiedermi che cosa diano da mangiare ai figli gli Ytoorianwrath. È una montagna d'uomo! È più alto di ser Zarmon.»
    «No. “Ser” Zarmon di Minerva è settanta centimetri più alto di Karl Star, Merina. Il bastardo di lord Junn-Karlmann è uno Ytoorianwrath in tutto tranne che il nome, “ser” Zarmon è una montagna che cavalca e mi auguro di non doverlo incontrare come nemico.»
    Se dovesse accadere vorrebbe dire che siamo in guerra aperta con la monarchia degli El-Hidalgòs e ciò sarebbe un disastro incalcolabile.
    Un conto sono i raid ed i contro-raid che ci sferriamo in periodi di pace ma un diverso paio di maniche sarebbero quelle del conflitto aperto.

    «Pensate di... di non riuscire a batterlo?»
    Arer corrugò la fronte. «Zarmon è una bestia d'uomo con pochissimo pensiero strategico. Grossomodo è un cane d'attacco, nulla di più, e la sua tecnica non è delle migliori. Batterlo? Teoricamente potrei. Se mai mi dovessi trovare a confrontarmi in singolar tenzone con lui, e fossi quel tanto sciocco da affrontarlo a viso aperto senza un completo Plotone Armi Pesanti interamente puntato su di lui e pronto a ridurlo in cenere ad un mio segnale, la mia strategia sarebbe di stancarlo il più lungo a possibile schivando e temporeggiando. Quando non senti di potere vincere, agisci perché il tuo nemico non vinca. Agirei dunque al fine di non farmi colpire e cogliere ogni occasione per ferirlo, anche soltanto di striscio, prima di ritirarmi e farlo sfiancare inutilmente... ma a me servirebbero dieci o quindici colpi per abbattere quel mostro d'uomo. A lui? A lui ne basta uno soltanto e ciò implica che al minimo errore, io sono carne morta.»
    «Lo descrivete come quasi invincibile...»
    «Vi è del sovrumano in lui, credimi... ma Elennei di Sovsthaìm-Ursidae ritengo sarebbe capace di batterlo. Lei e, su di lui punterei del denaro se fossi costretto dalle circostanze, tèr-Dolguzagar. Valuterei anche lord Lan-Haìr di Jentala ma lui non avrebbe il dono della velocità contro “ser” Zarmon e ciò lo porrebbe in serie difficoltà nella singolar tenzone e...oh
    Si è addormentata.
    Sorseggiato ciò che restava del suo tè, Arer si alzò in piedi e passeggiò sino al balcone. Si appoggiò con le nocche d'ambo le mani sulla ringhiera di marmo e sorrise.
    Divengo nonno, dunque.
    Forse lasciarsi crescere la barba non era poi una così brutta idea...
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