Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Votes taken by BardoBlu

  1. .
    Salve a tutti, vorrei sottoporvi questo mio scritto, sperando possa piacere. Grazie fin da ora per l'attenzione e le critiche.

    La folla urlava.
    Urlava tanto da farsi sentire a due incroci di distanza.
    Per qualche motivo che gli sfuggiva, la folla doveva urlare sempre, soprattutto in circostanze come quella.
    Il carro procedeva lento, i cavalli neri avanzavano quasi a fatica, i soldati di scorta dovevano rallentare di frequente per non superarli.
    Doveva ricordarsi di chiedere due nuovi cavalli al Consiglio.
    Alla fine emersero sulla piazza piena di gente.
    Ogni volta che la vedeva aveva un colpo al cuore, sembrava quasi che tutta la cittadina si fosse radunata in quello stretto spiazzo.
    Si voltò verso l’altro occupante del carro scoperto.
    Il poveretto aveva le mani legate dietro la schiena con un corto tratto di catena fissato al carro, il torace nudo segnato da una brutta scottatura poco sotto l’ombelico, teneva il capo reclinato sul petto, i capelli scompigliati che gli ricadevano sugli occhi.
    I soldati avevano già iniziato a far aprire la folla davanti al carro, lui aspettò che fossero circa a metà tra la via ed il palco, poi afferrò i capelli dell’uomo.
    Quello sì agitò di colpo, strattonando le catene mentre gli tirava indietro la testa, la barba ed i capelli sfatti che si agitavano.
    Cacciò un urlo, parole senza senso logico, preghiere all’Eccelso, implorazioni, suppliche, imprecazioni, tutto mischiato insieme.
    -Muoviti Kraol!- disse ridendo il conducente del carro, tirando le redini per far rallentare ancora di più i cavalli
    Il prigioniero riuscì di colpo a formulare le parole, un lento salmodiare di “no,no,no”.
    Kraol lo tirò in piedi per i capelli, in modo che tutti potessero vederlo, ormai era abbastanza esperto da non lasciar trasparire ciò che pensava di quella pratica.
    Il prigioniero sgranò gli occhi, accelerò le parole, le mischiò di nuovo, la folla rispose con tutti gli insulti che l’uomo potesse pensare.
    Kraol sollevò lento la pinza nel pugno inguantato, l’estremità rossa come una ciliegia dopo quasi un'ora nelle braci.
    Il prigioniero urlò, strattonò le mani, scorticandole ancora di più negli stretti legacci.
    Kraol lo guardò per un secondo negli occhi, il classico, solito sguardo di chi vede il boia con la pinza incandescente; incredibile quant’era simile a quello prima dell’esecuzione.
    Il boia fece scattare la mano, afferrando la pelle floscia del torace, poco sotto il pettorale destro, stringendo forte.
    L’odore di carne bruciata invase la piazza.
    La folla urlò più forte.
    Il prigioniero lanciò un urlo disumano, batté le gambe, le braccia, agitò il capo, strattonò come un ossesso le catene ormai rosse di sangue.
    Kraol ritirò la pinza e mollò la presa, l’uomo si afflosciò sul carro mentre la folla lo copriva d’insulti.
    Il conducente fece schioccare le redini ed i cavalli ripresero ad avanzare verso il palco al centro della piazza.
    Il carro si fermò e Kraol si alzò di nuovo, afferrando per la seconda volta il prigioniero.
    Quando il boia aprì il lucchetto che lo teneva assicurato al carro, quello riuscì a trovare le ultime forze per strattonare e dibattersi, l’ultimo sforzo per la libertà prima della fine.
    Kraol era troppo forte per lasciarselo scappare, lo tenne fermo per qualche secondo poi lo gettò alle guardie in attesa sotto il carro.
    I soldati coi mantelli grigi afferrarono il condannato e lo trascinarono, urlante e dibattente sul palco.
    Kraol prese la lunga spada da esecuzione e li seguì.
    Sul palco non c’era nient'altro che un ceppo di legno con un canestro davanti, gli unici occupanti erano cinque guardie cittadine, un membro del consiglio ed un sacerdote.
    La loro piccola processione si fermò davanti al ceppo, il condannato al centro tra le guardie, Kraol di lato, la spada appoggiata alla spalla per farla ben vedere dalla folla.
    Il consigliere venne avanti, con addosso la lunga toga nera sotto il mantello bianco, al collo scintillava la collana d’argento simbolo della sua carica, dello stesso colore dei capelli dell’uomo; il viso attempato si scosse mentre tossiva in modo plateale prima d’iniziare a leggere da una pergamena che teneva stretta in pugno
    -Il qui presente Jank Valzerk, residente in questa cittadina di Druien e di professione panettiere in Via del Forno, è stato accusato dell’omicidio del signor Gerio Sernio Clamiore, mercante in visita alla nostra cittadina- l’uomo fece una pausa ad effetto mentre la folla riprendeva gli insulti
    -Dopo l’accurata indagine condotta dal capitano della guardia cittadina, il qui presente Jank Valzerk è stato trovato colpevole e pertanto condannato a morte come prescrive la legge, esegue la sentenza il mastro boia Kraol Krunisferz-
    La folla mandò qualche altro urlo d’approvazione, poi stettero in assoluto silenzio quando si fece avanti il prete.
    Ad Kraol sembrava sempre strano come tutti si zittissero davanti ai preti, anche davanti a quelli magri e scheletrici come riv Alzer; il prete fece un cenno alle due guardie e quelle si allontanarono il più possibile senza però lasciare la presa.
    Riv Alzer si avvicinò alla faccia del condannato ormai in lacrime, accostando il mozzicone dell’orecchio alla sua bocca.
    Per quelli che sembravano minuti interminabili stettero in quella posizione, poi il prete si ritrasse e segnò con un cerchio la fronte del condannato. E si allontanò.
    Le due guardie fecero inginocchiare a forza il prigioniero mentre quello dava fondo alle ultime urla.
    Kraol venne avanti con la sua andatura zoppicante, la spada sempre contro la spalla.
    Anche quello faceva parte dello spettacolo.
    Si posizionò ad un piede scarso dal ceppo, i piedi divaricati, il destro poco più avanti.
    Il prigioniero gli dava la nuca, ma poteva immaginarne l’espressione.
    Gli occhi pieni di lacrime, il naso arrossato, la bocca indecisa sulle ultime parole; forse un pensiero ai parenti, un ultima richiesta di perdono, una bestemmia.
    Kraol sollevò lentamente la spada, il sole autunnale giocò per un attimo sull’elsa e sulla lama, facendola brillare un poco.
    Il silenzio totale della folla prima del colpo gli dava sempre i brividi, gli occhi di tutti puntati sulla lama, su di lui, sul prigioniero, da qualunque parte che non fosse il palco.
    Poi la lama calò con il solito sibilo dell’acciaio che fende l’aria.
    Kraol mise tutta la sua forza nel colpo, la lama impattò sul collo esposto del condannato, troncandolo di netto in un colpo solo.
    Poche cose rodono l’anima come il suono di pelle tagliata di netto.
    Forse solo la sensazione di essere stato tu a tagliare.
    Il corpo si mosse nelle ultime convulsioni, mentre un fiotto di sangue sempre più sottile erompeva dal collo tagliato, andando ad innaffiare le tavole del palco fin quasi alla folla.
    Il popolo urlò la sua approvazione.
    Il boia prese la testa dal cestino, incurante del sangue che gli colava sui guanti neri, e con la solita espressione neutra la presentò prima al consigliere, che gli rivolse il consueto cenno d’assenso, poi alla folla esultante.
    Tra le tante facce festanti ce n’era solo una che non si concedeva di esultare, Kraol la trovò subito.
    La moglie del mercante ucciso teneva stretto il braccio della ragazza accanto a se, mentre un giovane dall’altro lato esortava la folla con gli insulti più coloriti che avesse mai sentito.
    Kraol attese qualche altro secondo, poi gettò la testa nel cestino e si avviò dietro il consigliere, il prete e le guardie nella mesta processione verso il Palazzo del Consiglio.

    La Sala della Birra era un piccolo studio all’interno del Palazzo del Consiglio Cittadino.
    Oltre ad una mezza dozzina di sedie imbottite ed un paio di bassi tavolini, non c'era nulla oltre un paio di quadri rovinati.
    Da quando aveva iniziato a praticare come boia, era diventato ormai un rituale fisso per Kraol ed il consigliere Revken vedersi là dentro dopo un’esecuzione.
    E bere la birra che il consigliere acquistava dai nani.
    Anche per quello lui e le guardie avevano iniziato a chiamarla “Sala della Birra”, suscitando lo sdegno di buona parte della servitù.
    La birra scendeva fin troppo veloce lungo la sua gola.
    Kraol si buttò contro lo schienale, sospirando di piacere mentre allungava la gamba destra, il boccale mezzo pieno appoggiato sul bracciolo.
    Revken sedeva con la compostezza di una statua, la schiena lievemente appoggiata, la toga drappeggiata sulle gambe, il boccale ancora quasi pieno posato con noncuranza sul tavolino, il mezzo sorriso sul volto rugoso.
    Troppo largo.
    Quando il consigliere Revken Vreskre sorrideva in quel modo c’era da preoccuparsi. In senso buono spesso
    -Qualcosa da dire, consigliere?- chiese il boia prendendo un lungo sorso, la birra scura bruciava a fondo nella gola
    -Hai parenti? In città intendo- gli aveva dato del tu, buon segno
    -Nessuno- rispose lui, in certi casi la cosa migliore era stare al gioco, sopratutto quando il consigliere voleva tenerti sulle spine
    -Sta per arrivartene uno- il consigliere allungò la mano, prese il boccale e bevve un piccolo sorso.
    Dal tono sembrava gli avesse appena detto che piovesse, Kraol si bloccò a metà del suo sorso, poi posò il boccale sul tavolo.
    Preferiva rimanere lucido
    -State per revocare l’esilio a mio fratello?- chiese con poca convinzione.
    -Non proprio-
    Kraol guardò fuori dalla finestra, da dove il sole di mezzogiorno filtrava dai vetri colorati.
    Odiava il modo in cui sembrava un lago di sangue.
    Quando il consigliere giocava in quel modo non c’era verso di farlo desistere, tanto valeva assecondarlo.
    In fondo quel modo di fare piaceva anche a lui.
    -Un parente- disse il consigliere -molto alla lontana-
    Kraol lo fissò con aria interrogativa, chiedergli altro non sarebbe servito a nulla
    -Tua madre- continuò Revken –aveva una cugina, residente in una piccola cittadina vicino la foresta di Dangren, e questa aveva un figlio-
    Il boia annuì, fingendo poco interesse
    -Purtroppo il marito di questa cugina, mercante di stoffe, è riuscito a perdere tutte le sue sostanze, contraendo debiti pari a tre volte il suo patrimonio- il consigliere prese un sorso dal suo boccale, dando tempo a Kraol di prepararsi al peggio -ed il loro figlio è stato assegnato in custodia, secondo la legge, al parente più prossimo con la situazione economica più stabile-
    Kraol prese il boccale
    -Tu-
    Scolò la birra rimasta, poi afferrò direttamente la caraffa e prese un lungo sorso anche da quella.
    Fissò il volto del consigliere, alla ricerca degli indizi che stesse per dire qualcos'altro, che in realtà ci fosse un'altra frase in cui diceva che il ragazzo era stato assegnato a qualcun altro, alla fine rinunciò
    -A me- disse, parlando più al boccale che al consigliere -ad un boia cittadino-
    -È colpa mia se hai la “situazione economica più stabile”?-
    Kraol stava ancora decidendo se ridere o piangere, vedersi assegnato un ragazzo era l’ultima cosa che si sarebbe mai aspettato
    -Non c’è un altro, dal lato paterno magari- chiese senza troppa convinzione, quando il consigliere Revken diceva qualcosa era perché era vera -un mercante, un fabbro, un... un... un qualunque cosa!-
    Senza volerlo aveva alzato la voce, protendendosi in avanti verso il consigliere
    -Non c'è nessun altro, sei il meglio che abbiamo trovato-
    Kraol dovette prendersi un paio di lunghi secondi per calmarsi, fissò il consigliere, facendo del suo meglio per togliersi l’espressione di totale confusione che sapeva avere in faccia
    -E cosa dovrei fare, con un ragazzo in casa?- chiese quando riuscì ad articolare le parole -insegnarli il mestiere?- neppure un sordo non avrebbe sentito il disgusto nella sua voce
    -Non necessariamente...- iniziò il consigliere
    -Immagino che il panettiere o il bottaio vorranno come apprendista il parente del boia-
    Revken dovette annuire
    -Non di meno, la legge è questa-
    Kraol riuscì in qualche modo a sorridere mentre alzava la testa
    -Temo mi serva altra birra-
    Il consigliere annuì di nuovo.
  2. .
    Salve a tutti, chiedo subito scusa per essere mancato così a lungo, ma ho avuto troppi impegni per collegarmi, ho provato a cominciare questa nuova storia, deciso a portarla a termine.
    Consigli, critiche e commenti draconiani sono bene accetti.

    PROLOGO
    Le alte mura di Tekre, o stelle, cantate, che solo l'Abisso supera pei lamenti
    I principi che ad esse tanto sangue versarono ad esse combattendo con aspra guerra
    Che pure il Sole e la Luna piangono i signori che qua giacciono in lungo sonno


    Il sole calava lento sulle montagne.
    I cancelli erano inondati dalla luce color sangue, diventando simili ad alte cascate di sangue.
    I vessilli dorati sventolavano pigri nel debole vento della sera, il simbolo dell’elmo bianco si intravedeva nella stoffa.
    Le teste dei trecento soldati della sua guardia personale, nello loro armature bronzee, formavano una massa compatta dietro di lui, le vesti dei notabili della città formavano un muro multicolore ai lati dell’ingresso, la piazza centrale della sua città era addobbata a festa.
    Re Ruknaz sentì l’aria della sera infilarsi tra l’armatura e la veste, a quasi cinquant'anni non sopportava più a lungo l’avere addosso l’armatura per lunghi periodi.
    Eppure non poteva esimersi da quell’incontro, i suoi tre figli erano dietro di lui, davanti alla guardia schierata in ranghi.
    I primi ad entrare furono tre alfieri con gli stendardi ben in alto, sulla stoffa blu scuro di quelli ai lati era ricamato il nero cavallo rampante, su quello al centro due spade incrociate sovrastavano due cavalli neri che si affrontavano.
    Un centinaio di orchi a cavallo entrarono dietro di loro, a seguire almeno quattrocento soldati appiedati, tutti armati di lance.
    Re Ruknaz riuscì a mascherare una smorfia, un tale spiegamento di forze non faceva altro che confermare ciò che pensava; il giovane orco col mantello bordato di nero e l’armatura argentata giungeva per un motivo ben preciso.
    E lui non era sicuro di volerlo sapere.
    Il giovane principe orco scese da cavallo nel centro esatto della piazza, attorniato dalla sua guardia a cavallo.
    La fronte alta era incorniciata da capelli neri raccolti in una lunga coda che arrivava a metà schiena, la sua armatura scanalata metteva in risalto le larghe spalle dell’orco.
    Le braccia muscolose uscivano dal piastrone, terminando in due bracciali di cuoio nero da cui spuntavano due mani robuste e nodose.
    Una spada curva, dal filo seghettato, con l’elsa argentata ed una pietra nera sul pomo, gli pendeva dal fianco.
    Il giovane principe orco non poteva avere più di vent'anni.
    Ruknaz sentì ancora il brivido lungo la schiena. Ed un tremito alle mani.
    D’improvviso la voglia di spaccare la faccia al giovane orco crebbe a dismisura.
    -salute, re Ruknaz di Ekra-
    Il giovane principe gli si fece incontro a braccia aperte.
    Il re non poté fare a meno d’abbracciarlo, la stretta del principe era salda come quella di un adulto.
    Lui dovette riconoscere che il giovane era forte.
    -salute, principe Kretrak di Zervo-
    Fianco a fianco, attorniati dalle rispettive guardie, attraversarono la folla festante, diretti verso il tempio per il matrimonio.

    La sala era illuminata appena da un paio di bracieri ai lati.
    La poca luce che entrava dalla finestra formava un piccolo specchio di luce argentata.
    Ruknaz sedeva presso la finestra, una coppa mezza vuota gettata di traverso vicino i piedi. Addosso solo la sottoveste, l’armatura appoggiata in un angolo insieme alle armi.
    Suo figlio stava dritto al centro della sala, le mani incrociate dietro la schiena.
    Da quanto lui poteva ricordare non l’aveva mai visto rilassato davanti a lui. O in una situazione formale.
    Sollevò il capo per guardare in volto il figlio.
    A metà tra i venti ed i trent'anni, con indosso l’armatura ed il mantello, la spada come sempre al suo fianco, il capo rasato di fresco mostrava quante cicatrici potesse ottenere un giovane orco. Una sulla guancia grande quanto un mignolo, un’altra vicino la bocca, un’ultima più piccola sulla fronte.
    Un debole colpo di tosse lo scosse dai suoi pensieri.
    Suo figlio voleva sapere perché era stato convocato.
    -la festa era bella- disse Ruknaz lanciando la coppa in un angolo
    -molto padre- suo figlio lasciò cadere di nuovo il silenzio
    -partirete tra due giorni- Ruknaz lo disse più a se stesso che al figlio
    -e torneremo quando il principe Kretrak avrà il suo trono-
    -un trono rubato- il re sputò sul pavimento, suo figlio non ci fece caso
    -suo fratello avrebbe dovuto tagliargli la testa invece che esiliarlo, adesso la guerra risolverà la sua debolezza-
    Suo figlio rimase fermo, ma il rapidissimo battito dei suoi occhi gli fece comprendere che non era d’accordo; in fondo lo capiva, uccidere un fratello non era semplice, neppure quando ti si rivoltava contro.
    -gli oracoli hanno parlato, padre, la nostra impresa è benedetta dagli dei-
    -“un nuovo re sederà sul trono all’ombra della Grande Torre”- recitò Ruknaz –ma le sacerdotesse parlano sempre per enigmi-
    -ventimila orchi faranno avverare questo oracolo- suo figlio non si scompose, troppo giovane per capire; l’oracolo si sarebbe avverato in ogni caso, come lo sapevano solo gli dei.
    -ventimila contro altri ventimila, non abbastanza per un assedio, e la Torre non si lascerà prendere senza combattere-
    -contro gli dei ed i loro desideri padre? Anche la Torre deve piegare il ginocchio davanti a loro-
    Re Ruknaz guardò suo figlio negli occhi, senza rabbia o severità, non lo sguardo di un padre ad un figlio, solo lo sguardo di un orco ad un altro orco
    -perché tu?-
    Suo figlio ci mise qualche secondo a capire
    -perché sono il maggiore, padre, a me spetta il compito di guidare l’esercito-
    Stavolta lo sguardo del re si incrinò, divenne veramente quello di un padre
    -comprendi che un padre non può mandare suo figlio in guerra senza temere, e non esiste oracolo che possa tranquillizarmi-
    -lo capisco, ma il dovere...-
    -il dovere di riavere il suo trono spetta al principe, se ne avrà la forza-
    -se mancherà a lui, la mia basterà-
    Ruknaz dovette sorridere, quello sciocco di Kretrak aveva un campione fin troppo efficiente
    -credi si meriti questo?-
    -mia sorella lo merita-
    Un’ombra cadde di colpo sul volto del re, come una nuvola nera che oscura il sole, e non riuscì a trovarne un motivo
    -tua sorella è vincolata ad una speranza ed un oracolo-
    -padre...-
    Re Ruknaz si alzò, di colpo troppo stanco per continuare quel colloquio
    -torna alla festa, Zhunfar, la guerra è troppo vicina per le mie lamentele-
    Il re si ritirò nelle sue stanze, Zhunfar rimase impalato al centro della stanza, il cuore gonfio di un’ansia che non voleva mostrare a suo padre
    -tornerò padre, sarai fiero di me-
  3. .
    E' la prima volta che pubblico qualcosa, spero di raggiungere almeno il minimo della decenza con questo piccolo prologo.


    Il sole filtrava pigro dalle finestre ad arco, illuminando la sala sebbene le potenti luci fossero spente.
    Cercando di non mostrare l' ansia che lo attanagliava, il ragazzo si sedette sulla poltrona di fronte al tavolo semicircolare.
    Dovette reprimere di infilare un dito nel colletto dell'uniforme ed allentarlo.
    Inizio inverno e stava sudando come se fosse estate.
    I cinque membri della commissione d'esame lo guardavano pigramente, lui sperò fosse per l'ora tarda.
    Vista la sua grande fortuna era capitato proprio a ridosso del mezzogiorno per sostenere l'ultimo esame orale dell'Accademia
    -molto bene signor...- il professor Enveel sfogliò distratto i fogli dov'erano i nomi dei candidati
    -Airnov, giusto?- gli occhi grigi si fissarono sul ragazzo da dietro le lenti
    -si, signore- alle sue orecchie la sua voce parve lo squittire di un topo.
    Per un minuto buono i referti dei suoi esami scritti e pratici furono passati di mano in mano dai cinque uomini, quando giunse il foglio dov'era la sua tesi, l'unico che sembrò leggerla fu il presidente della commissione.
    Reiner Airnov sentì il cuore mancare il battito, mentre guardava il presidente leggere la sua tesi con sempre maggior attenzione.
    Il tessuto grigio chiaro della sua tuta era ormai diventato due volte più scuro per il sudore, mentre non riusciva a smettere di muovere la gamba destra.
    Alle sue spalle il giovane poteva sentire i suoi amici che respiravano, tanto denso era il silenzio.
    La tentazione di voltarsi per vedere se era venuta anche Irnila era fortissima
    -molto interessante- le parole del presidente di commissione furono una doccia fredda e calda insieme.
    Le prime due parole pronunciate in tre giorni di esame dal pluridecorato Lord Generale Ernwal Montory.
    Reiner dovette premere a fondo con le mani per evitare che le gambe lo sbalzassero dalla sedia.
    Gli occhi verdi del Lord Generale si fissarono in quelli marroni del ragazzo.
    Reiner sperò che uniforme e volto fossero presentabili, ma davanti a Montory sapeva che anche il minimo difetto sarebbe apparso immenso.
    Splendente nell'uniforme nera di rappresentanza, coi tre nastri oro e argento del suo grado, le mostrine rosse ed i galloni oro a rappresentare la Casa Regnante, la giacca a doppio petto coperta di medaglie tirate a lucido, Reiner sapeva che in quel momento valeva meno dell'ultimo bottone su quell'uniforme.
    Gli occhi del giovane caddero d'istinto sulle tre medaglie a forma di aquila, le Medaglie d'Onore, la massima onorificenza militare e civile dell'Impero, apposta tre volte sul petto del Lord Generale
    -di per sé- proseguì il generale tornando a leggere la tesi -questo colloquio orale, per i referti delle sue prove, risulta una mera prassi per darle o meno il massimo dei voti-
    la testa di Reiner divenne leggera, mentre sentiva qualche sussurro emozionato dai compagni alle sue spalle, il professor Archil irrigidì la schiena
    -ma le idee che lei propone in questa tesi sono particolarmente interessati- proseguì il generale -oserei dire quasi rivoluzionarie, mi farebbe il favore di esporle in maniera più approfondita?- l'uomo posò i fogli ed incrociò le mani sotto al mento, mettendo in risalto i possenti favoriti grigi.
    Reiner dovette deglutire tre volte prima di poter parlare, trovando la saliva solo al terzo tentativo
    -in sostanza- disse con calma, sentendo il cuore martellare nelle orecchie -ipotizzo un uso più indipendente delle unità Mecra-
    il ragazzo temette che la schiena del professor Archil si sarebbe spezzata per come la drizzò
    -lei fa di più- disse Montory -lei ipotizza un uso indipendente di interi battaglioni-
    -la mia idea, Lord Generale, è che i comandanti Mecra, con le dovute accortezze dettate dal caso e dalla situazione tattico-strategica, possano operare per brevi periodi e per semplici azioni anche senza direttive dell'operatore- Reiner tacque e si preparò alla sfuriata di Archil
    -non mi prenda per uno sciocco- disse il Generale bloccando il docente -le cito ciò che ha scritto: “Privo di limitazioni tattiche, inserendo le operazioni in un contesto più ampio e ponendosi pronti alle opportune contromisure, un comandante Mecra, fino al livello di Maggiore, può essere lasciato libero di eseguire ordini generici, o finanche lievemente complessi, tali comunque da non dover impegnare l'attenzione dell'operatore in un teatro che egli stesso reputa secondario o che comunque sceglie di subordinare a quello dove lui intende dirigere di persona le operazioni”.
    Può spiegare nel dettaglio queste parole?-
    gli occhi di Montory scintillavano di vero interesse, quelli chi Archil di pura furia, alle spalle di Reiner il brusio era cessato
    -la Dottrina, Generale, come lei sa permette di lasciare alcune unità Mecra ad eseguire un ordine in ripetizione, in “stand-by” come si dice in maniera informale, tuttavia queste unità si limitano solo a ripetere un semplice ordine, senza far proseguire l'azione in alcun modo, potendo risultare virtualmente più pericolose delle unità nemiche-
    -in che modo, prego?- il professor Archil non riuscì più a trattenersi
    -comandando ad una compagnia di assaltarne una nemica, l' operatore può mettere in “stand-by” le proprie truppe, dedicando la sua attenzione ad altre unità; ora, ipotizzando che la compagnia riesca nello sfondamento, essa continuerebbe ad avanzare senza curarsi di ricongiungersi al resto dell'esercito, oppure, comandando l'occupazione di una posizione, la compagnia continuerebbe la lotta anche quando sarebbero rimaste poche unità nemiche, staccandosi dal resto dell'esercito.
    Durante le esercitazioni è accaduto che ad intere compagnie debba essere ordinato di usare granate, postazioni fisse o addirittura le armi d'appoggio in dotazione alle singole squadre, questo a mio avviso genera soltanto un'immensa confusione nell'operatore, che si vede costretto ad usare in massa le sue unità ed a dare ordini anche a tutte insieme, rischiando la perdita di molti più Mecra di quanti siano necessari, e addirittura arrivando a precludersi il proseguo delle sue scelte.
    Dotando i comandanti Mecra, almeno a livello di compagnia, di una capacità analitico-deduttiva quantomeno basilare, ritengo possibile lasciare almeno le decisioni secondarie, l'uso delle granate o delle armi di supporto, a loro, mentre l'operatore si concentra sul quadro generale-
    per alcuni istanti nell'aula calò un silenzio totale, gli occhi del Lord Generale non si erano staccati da Reiner per tutto il tempo del discorso.
    Il volto del professor Archil, col suo naso adunco e la testa calva, era virato ad un colorito rossastro pari ad un carbone ardente
    -lei, dunque, cadetto Airnov, lascerebbe delle decisioni tattiche ad una mente analitica, lasciandola libera di giudicare una situazione- disse con stizza il docente
    -ritengo- rispose il cadetto, poco più sicuro di sé -che i comandanti Mecra possano essere lasciati liberi di eseguire alcune piccole operazioni, proprio perché in possesso di dati particolareggiati che un operatore può non cogliere, distratto dalla situazione generale...-
    -quindi lascerebbe agire i Mecra in autonomia?- chiese Montory.
    Reiner si bloccò di colpo, cercando nella sua mente una risposta ed una motivazione sensate alla domanda.
    Da quella risposta dipendevano ben più che la promozione o la bocciatura, dipendeva la sua intera carriera di ufficiale
    -per piccole operazioni circoscritte nel tempo e nello spazio, si- rispose titubante alla fine
    -e per operazioni più estese?- l'immobilità del Lord Generale aveva qualcosa di terrificante, i suoi occhi sembravano analizzarlo per trovare il minimo punto debole
    -più estese in che senso?- Reiner doveva guadagnare tempo
    -lei parla di mettere in “stand-by” una singola compagnia per assaltare una singola sezione di trincea, mettiamo caso- le mani del generale si mossero in avanti, come a volerlo strangolare -lei userebbe un intero battaglione per assalire la trincea in “stand-by”, mentre controlla il resto del reggimento?-
    -dipende, signore, dal contesto...- iniziò Reiner balbettando, la sua sicurezza spazzata via
    -lo farebbe?-
    -io...-
    -lo farebbe?- gli occhi del generale lampeggiarono indecifrabili
    -si, signore- Reiner rispose di scatto, più per istinto che per vero ragionamento
    -in tal caso- disse il generale alzandosi -mi dispiaccio profondamente-
    Reiner sprofondò nella sedia, il cervello perso a cercare una soluzione, il sorriso di Archil che riempiva il suo campo visivo
    -mi dispiace- riprese Montory guardando di sottecchi il docente -che lei non sia di sangue nobile, al Consiglio Militare Imperiale farebbe comodo un ufficiale con le sue doti. L'esame è concluso-
    mentre il Lord Generale Ernwal Montory si alzava ed usciva dall'aula, le ultime cose che Reiner vide fu l'espressione a metà fra rabbia ed incredulità del professor Archil.
    Poi fu sommerso dalle urla di gioia degli amici.

    La sala era illuminata solo dalle lampade bianche sul soffitto, alle pareti alcuni quadri con personaggi austeri, un tappeto riccamente decorato sul pavimento.
    Oltre alle cinque poltrone disposte a cerchio nessun altro mobile.
    Reiner iniziava ad essere inquieto.
    Oltre a passeggiare avanti ed indietro guardando i quadri e picchiettare con le dita sul bracciolo della sedia non aveva fatto altro.
    Un'ora intera passata là dentro lo stava uccidendo.
    Sembrava che il resto dell'immensa astronave da trasporto fosse evaporato, lasciandolo solo in quella stanza a fluttuare nel nulla.
    Reiner si maledisse di nuovo per aver accettato, a denti stretti maledisse anche il Barone e la sua dannata mania della segretezza.
    Il suono della porta che si apriva lo fece girare di scatto.
    Tre figure entrarono a passo di marcia, una con indosso un elaborato abito verde, due con un uniforme dello stesso colore.
    Dai nastrini delle uniformi, Reiner distinse un colonnello ed un maggiore.
    Il Barone Hans Allowren ed i suoi due figli.
    Reiner gli andò incontro porgendogli la mano
    -salute- la voce sottile del Barone mentre gli stringeva la mano gli fece venire i brividi.
    L'intera figura del nobile sembrava inspirare i brividi.
    Sulla quarantina, il mento appuntito, gli occhi neri piccoli e stretti, i capelli neri tirati all'indietro, il naso affilato lo rendevano simile ad un rapace in forma umana.
    Perfino la stoffa del vestito sembrava simulare il movimento di un paio d'ali mentre si gonfiava alle sue spalle quando camminava.
    Lo stemma della Casata Allowren, il drago bianco in campo verde, spiccava cucito sul petto del nobile
    -salute- disse Reiner, ritirando la mano non appena sentì allentarsi la stretta.
    Senza degnarlo di altri sguardi, il Barone si andò a sedere su una poltrona, il figlio maggiore, quello coi gradi da colonnello, si sedette alla sua destra, il minore rimase in piedi dietro di lui.
    Reiner si sedette sulla poltrona più lontano dalla figura del nobile
    -credo sia il caso di presentarvi- il sussurro smorzato del nobile era difficile da udire a quella distanza.
    Il figlio maggiore si voltò verso Reiner, la giacca verde della sua uniforme cadeva floscia in più punti, i due cordini da colonnello blu pendevano con noncuranza dalla spalla destra, le mostrine blu erano poggiate sulle spalle senza convinzione, una piccola stella di bronzo pendeva inerme dal pettorale della giacca; il volto del giovane ventenne non aveva né il mento affilato del padre, né la stessa espressione glaciale negli occhi, qualche striscia di grasso in più faceva perdere al volto l'espressione di superiorità tipica del genitore
    -io sono Erwel Allowren- disse svogliato, tornando a non fissarlo quando ebbe finito
    Il figlio minore aveva un volto più rotondo del padre, il naso se possibile anche più lungo, ma nei suoi occhi oltre all'espressione glaciale c'era un bagliore indecifrabile
    -io sono Joeval Allowren-
    Reiner, dopo un istante di titubanza, si alzò e fece un leggero inchino
    -io sono Reiner Airnov, colonnello diplomato all'Accademia Imperiale di Tattica-
    i volti dei due giovani non mostrarono il minimo interesse per lui
    -molto bene- il Barone costrinse Reiner a drizzare le orecchie -credo lei sappia perché è qui, giusto?-
    -per il motivo che spinge un nobile ad ingaggiare un ufficiale- il suo tentativo di fare ironia si schiantò contro il volto inespressivo dei tre.
    Reiner tornò a fissare il Barone
    -vorrei metterla a conoscenza della situazione politica del nostro pianeta- Reiner ebbe a malapena il tempo d'annuire
    -l'attuale Conte, Irion Wellckar, ha da poco passato la settantina, e possiede solo tre figli nati dai suoi lombi- lo sguardo del Barone lasciava supporre che Reiner avrebbe dovuto conoscere quelle notizie -di questi, un unico maschio, maritato a qualche nobile dama di Greken, senza figli; la figlia minore è sposata con Frennez Holloen, figlio del Barone Holloen e suo erede-
    il nobile fece una pausa per fargli comprendere bene
    -la figlia minore, dama Katlin Wellckar, è promessa sposa di mio figlio Erwel- aggiunse indicando il giovane, quello per tutta risposta serrò le labbra
    -molto bene- Reiner avrebbe voluto chiedere cosa c'entrasse lui, ma era quasi sicuro che il Barone l'avrebbe spellato vivo se avesse aggiunto qualcosa
    -come comprenderà, la presenza di un unico figlio maschio lascia aperti molti problemi per la successione, tanto più per la presenza delle due sorelle maritate agli eredi di due Baroni.
    Il Conte Wellckar è giustamente sul piede di guerra, così come il Barone Holloen, entrambi stanno stringendo accordi per forniture massicce di soldati Mecra, cercano sostenitori, alleati, corrompono e minacciano signorotti e piccoli nobili. In poche parole, sta per scatenarsi una guerra-
    Reiner rimase perplesso per alcuni istanti
    -perdonate, ma anche coi vostri figli maritati, voi ed il Barone Holloen non potrete accaparrare diritti sul pianeta finché ci sarà l'erede-
    un sorriso increspò il volto del Barone, un sorriso assassino che non lasciava dubbi
    -gli incidenti capitano, ed il Barone Holloen non è noto per la sua pazienza-
    -quindi, quando lui eliminerà l'erede...- iniziò Reiner
    -si scatenerà una guerra di successione, noi Allowren, gli Holloen e forse qualche baronetto minore-
    rispose Joeval, col luccichio negli occhi che si espandeva.
    Il padre ed il fratello lo fulminarono con lo sguardo, poi il Barone tornò a fissare Reiner
    -lei dovrebbe dirigere le nostre truppe in questa guerra-
    Reiner rimase a pensarci per qualche istante, l'idea di combattere andando contro il diritto di successione non lo entusiasmava, ma quella era pur sempre il miglior incarico che gli avevano offerto in quattro anni
    -perché io?- chiese per guadagnare tempo, il sorriso omicida tornò sulle labbra del Barone
    -ho visionato alcuni suoi articoli sulla possibilità di usare Mecra semi-autonomi, e devo ammettere che li ho trovati molto interessanti, inoltre ho saputo delle sue doti come comandante a Firnul-
    -questa sarebbe la prima volta che opero per una Casata- iniziò Reiner -e comunque le mie rimangono solo idee teoriche-
    -io le offro la possibilità di renderle pratiche-
    Reiner dovette attendere qualche minuto prima che il suo cervello si decidesse ad accettare l'idea
    -potrei realizzare alcuni Mecra secondo le mie teorie?- chiese cauto, era troppo bello per essere vero
    -ho ottimi rapporti con i Mecranici, avrà a disposizione tutte le risorse che le serviranno-
    Reiner avrebbe voluto poter esultare, saltare dalla poltrona ed urlare la sua gioia, finalmente avrebbe potuto vedere le sue idee realizzate
    -in tal caso, accetto con entusiasmo Barone- il suo sorriso doveva essere una conferma anche più evidente di quella data a voce
    -ovviamente- disse il Barone alzandosi, togliendo il sorriso dalle labbra e lanciando a Reiner uno sguardo profondo -mi aspetto risultati molto, molto soddisfacenti, altrimenti potrebbe combattere per me davvero per poco, poco tempo-
    un brivido gelido corse lungo la schiena di Reiner mentre il nobile usciva.

    La piccola navetta atterrò lieve sulla piattaforma squadrata.
    Reiner balzò a terra prima ancora che il portellone si alzasse del tutto.
    Non stava più nella pelle.
    L'immenso complesso di creazione si stagliava davanti a lui.
    Decine di chilometri quadrati di costruzioni nere, ciminiere, tubi di scolo, migliaia di persone che si aggiravano per il complesso con i camici bianchi dei Mecranici.
    La voglia di affacciarsi al parapetto e fissare tutto ciò dall'alto della piattaforma era troppo forte per Reiner.
    Mentre si dirigeva al piccolo ponte che collegava piattaforma e struttura, dovette dare uno sguardo in basso.
    Quello che sembrava un battaglione di Mecra marciava sotto di lui.
    Si fermò a fissarli.
    Quattromila soldati con indosso la livrea di chissà quale piccolo nobile, allineati con perfezione maniacale, reggevano il fucile con la destra e slanciavano la sinistra in aria mentre marciavano con sincronismo perfetto
    -il colonnello Airnov, scusi?- Reiner balzò all'indietro, strappato di colpo alla sua contemplazione
    -si- fu tutto ciò che riuscì ad articolare
    -mi segua prego-
    Reiner seguì il Mecranico dentro l'edificio.
    Era abituato a vedere quello strano incrocio fra genetisti e meccanici che creavano i soldati dei Casati, ma quello che aveva davanti esulava dall'aspetto ordinario.
    Basso, meno di un metro e cinquanta ad occhio, con un accenno di gobba sotto il lungo camice bianco dalle maniche larghe, i lunghi capelli parevano un cappuccio per il loro candore.
    Il volto, nascosto in parte dietro pesanti protesi audiovisive, era un ammasso di rughe ed altri segni che Reiner non riusciva, e non voleva, a riconoscere.
    L'andatura dell'ometto era più veloce di quanto il corpo lasciasse intendere, l'ufficiale dovette allungare il passo per stargli dietro
    -avete iniziato la produzione dei Mecra?- chiese Reiner, la sua voce assunse un intonazione timorosa senza che lui lo volesse.
    Il Mecranico non si degnò di rispondere subito, si limitò ad attraversare i lunghi corridoio squadrati del complesso industriale, senza neppure guardare dove si dirigeva.
    Per molto tempo Reiner non vide altro che pareti di metallo grigio, con piccole lampade ad intervalli regolari, dopo quelle che a lui parvero ore, però, i corridoi cominciarono ad animarsi, sempre più Mecranici ed ufficiali percorrevano i corridoi ora più larghi, con qualche finestra che si apriva sull'esterno per mostrare un panorama fatto unicamente di costruzioni in cemento e tubi che si estendevano fino all'orizzonte.
    Reiner cominciava a perdere la pazienza, vedendosi lasciare senza risposta
    -potreste rispondere, cortesemente?- chiese di nuovo quando il Mecranico superò l'ennesima curva
    -abbiamo ricevuto istruzioni- disse l'ometto senza voltarsi
    -quali?- Reiner fu ad un passo dall'afferrare la manica della sua guida, ma qualcosa all'ultimo minuto lo trattenne.
    Il Mecranico non rispose e continuò a camminare.
    Alla fine, quando Reiner si stava chiedendo quanto mai potesse essere grande quel posto, il Mecranico si diresse verso una lunga fila di ascensori.
    -siamo quasi arrivati- disse l'ometto mentre anche Reiner entrava dentro l'apparecchio.
    L'ascensore prese a salire di scatto, lasciando che lo sguardo dell'ufficiale spaziasse sul complesso industriale.
    Reiner aveva già visto la fabbrica dall'altro, ma vista dall'ascensore sembrava mille volte più vicina che dalla navetta.
    Senza sapere bene dove guardare, il giovane diede un'occhiata obliqua alla sua guida.
    Ad inquietarlo non era tanto la statura, il camice o il portamento da scienziato pazzo, ma l'enorme apparato audiovisivo lasciava il giovane interdetto.
    Due cavi spessi un dito partivano dall'interno delle palpebre dell'uomo e scomparivano dentro il camice, piccoli sensori erano innestati all'interno della pupilla, quest'ultima sostituita da una lente artificiale ad alta definizione.
    Tre cavi poco più sottili partivano da ognuna delle orecchie, uno si collegava al collo del Mecranico poco sotto il cranio, scomparendo sotto la pelle, gli altri due si perdevano all'interno del camice.
    Reiner aveva già visto persone munite di protesi, ma quella che portava l'ometto era diversa, più rude, più semplice, più barbarica.
    Molti di quelli che ricorrevano alla bioingegneria cercavano di nascondere i loro difetti con interventi mirati e piccoli, il Mecranico invece quasi ostentava le sue protesi, facendo in modo che fossero ben visibili a tutti.
    Reiner non voleva neppure pensare a cosa ci fosse sotto quel camice immacolato.
    L'ascensore si fermò di colpo, e per poco il giovane non saltò in aria.
    Le porte si aprirono di botto, ed il Mecranico riprese a camminare subito, quasi fosse sintonizzato con l'ascensore.
    L'ometto si fermò davanti ad un porta scorrevole, al termine di un corto corridoio con le pareti di metallo bianco, dotate stavolta di ampie finestre da cui Reiner poté vedere le nuvole sopra il complesso industriale.
    La porta si aprì lentamente, l'ometto fece un inchino ed indicò la stanza
    -prego, si accomodi-
    Reiner non ne era sicuro, ma avrebbe giurato di vedere un ghigno sul volto avvizzito del Mecranico.
  4. .
    Letto solo adesso il racconto.
    Davvero complimenti per lo stile e la storia.
4 replies since 28/8/2015
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