Negativo per positivo uguale negativo

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    Capitolo 53 - No, ma soprattutto e decisamente no

    Carmela fece una flessione con la lingua e si alzò in piedi. Era circondata da nubi tossiche e vapori condensati che non facevano presagire bene. Si incamminò per un percorso lungo, e corto allo stesso tempo. Le sue gambe andavano veloci o lente, e non si capiva realmente che rapporto avevano col tempo.
    Il tempo... quanta importanza ha il tempo... quanto potere...
    Damiano uscì dalla vasca e vomitò un litro di veleno per terra.
    -Oh... una ricaduta... - disse e perdendo i sensi si ritrovò in un mondo interessante.
    La madre lo vide, e si allungò verso di lui per prenderlo e stenderlo sul letto, ma un serpente la morse e la uccise.
    Carmela percorse una cascata di lacrime, aggrappandosi, roccia per roccia, goccia per goccia, verso un mondo migliore. Verso un futuro migliore. Si sentì morire, e disperatamente in cerca di qualcosa che non avrebbe mai ottenuto.
    Ma la cercava, la desiderava, oltre ogni immaginazione.
    -Io... Damiano... perché... cosa ti costa perdonarmi? Io... ho perdonato... nella vita... persone che mi hanno quasi ucciso, mi sono riappacificata, col diavolo in persona... almeno credo, perché tu... perché tu... bello e intelligente che sei... devi avere questo limite... questo fastidioso limite... perché... semplicemente... per una volta... non ti lasci andare... veramente... - disse Carmela con un tono diverso a ogni parola, e spegnendosi lentamente.
    Damiano rimase a letto per tre giorni.
    Un giorno si alzò e senza vista si diresse verso il mondo esterno. Vide volare un uccello nel cielo, e sentì subito dopo la sua cacca sui suoi capelli. Non disse nulla. All'improvviso ebbe una visione. Vide Carmela davanti a sé. Era realmente Carmela?
    Carmela, uscita, dalla cascata infinita, lo ebbe davanti a sé, e lo guardò, con sufficienza.
    I due si guardarono per un bel po'.
    -Damiano, qui potrebbe cagarti un uccello sulla testa, ti è mai capitato?
    -No - rispose Damiano e sentì un ennesima cacca piombargli sui capelli.
    Carmela non disse nulla, sentì una cattiveria perversa dentro di se gioire.
    -Ma per caso stai male o sei stato male?
    -Si, ma adesso sono guarito... più o meno... - rispose Damiano, per poi sentirsi la fronte esplodere di calore. Ebbe un mancamento e svenne sul suolo.
    Carmela stette a osservarlo da tutte le angolazioni. Non poteva fare a meno di essere felice. Non riusciva a controllarlo. Sapeva che era sbagliato ma voleva vederlo soffrire.
    Damiano dentro di sé, percorse un lungo tubo, grigio e verde, e pensò a ripetizione, che odiava Carmela, e che non le avrebbe rivolto parola, e che non l'avrebbe mai perdonata.
    All'improvviso uscì dal dolore e si risvegliò.
    Quando le fu nuovamente davanti agli occhi la guardò per un secondo, poi rise, e le diede un pugno sulla pancia. Carmela sentì gli occhi fuggire dalle orbite, e lo stomaco indurirsi e contrarsi, assieme al cibo che non aveva mangiato.
    Sputò a terra un bel po' di saliva e di veleno.
    Si sollevò col pensiero e guardò Damiano.
    Caricò un pugno e lo diresse verso il suo stomaco, ma Damiano fu più veloce e le bloccò il braccio per poi stritolarglielo. La fece cadere, e le schiacciò la faccia con la scarpa. Carmela sanguinò e pianse, ed esplose. Divenne grigia e nera in volto e gli morse il piede dall'esterno della scarpa. Lo morse come un cane, o un animale selvatico. Damiano gridò di dolore e provò a schiacciarla con l'altro piede. Carmela gli bloccò immediatamente il piede e lo ribaltò facendolo cadere all'indietro sulla testa. Si sentì un crac simile a un pezzo di plastica rotto.
    Damiano si sentì per attimo stordito e non in grado di riflettere. Vide arcobaleni e stelle bianche. Si alzò, e dalle orecchie gli uscì un liquido viola simile a veleno, ma che dava l'idea di essere stagionato da un bel po'.
    Corse immediatamente verso Carmela e la prese per il collo. Stritolandola la sbatté contro un palo e le fece rimbalzare il cervello da una parte all'altra. Carmela ebbe un allucinazione che riguardava dei gattini che suonavano chitarre elettriche. Poi vide la testa di Damiano unirsi alla sua, con una testata mai vista prima. Sentì il resto del cervello rompersi e andare in frantumi. Con scatto furioso gli afferrò la bocca e gli allargò le labbra. Gli diede un calcio nelle palle, e lo fece cadere. Poi lo sollevò ma fu troppo pesante e cadde sotto il suo peso.
    -Damiano, mi fai schifo, levati... spostati... - gridò Carmela e lo fece scivolare via.
    Damiano si sollevò e fece per correre verso di lei.
    All'improvviso si fermò e vomitò nuovamente veleno da ogni buco che il suo corpo possedeva, che cadendo sul terreno, lo sciolse, evaporandolo.
    Carmela caricò un pugno alla velocità della luce e lo colpì sullo stomaco.
    Lo fece arretrare di mezzo metro, e lo vide cadere all'indietro e vomitare dalla bocca una fontana di liquido viola che inondò tutte le strade, le panchine, e i cagnolini che passavano di lì.
    Carmela sentì le nocche rompersi e cadde al suolo.
    Damiano sentì un buco in mezzo allo stomaco, e cadde svenendo.
    Entrambi cercarono di alzarsi ma erano troppo stanchi e distrutti per farlo.
    Carmela sputò un dente pieno di sangue e veleno e lo vide schizzare verso di lui colpendolo. Damiano si sollevò incredibilmente.
    Mentre lei era a terra, lui le si avvicinò e la afferrò per i capelli.
    La sollevò rompendole il cuoio capelluto. La fece roteare e volteggiare per due minuti facendole inondare di viola qualsiasi cosa nei paraggi, finché non la lasciò andare. I capelli gli rimasero tra le mani e lei volò verso l'infinito della stella più lontana. Damiano rise istericamente guardando i capelli che teneva tra le mani, e pianse.
    Li buttò a terra e tornò verso casa piangendo così disperatamente che spaventò qualsiasi persona potesse incontrare. Suonò al campanello di casa sua, ma la madre non le aprì. Rise, di un sorriso non di questo mondo, non di questo universo, di chi, mai e poi mai, aveva motivo di sorridere, forse perché la situazione era così assurda e crudele, che l'unica cosa che poté fare prima di collassare sul tappeto davanti casa, era proprio esibire quel sorriso enigmatico, che nessuno avrebbe mai visto, e mai letto, nei secoli dei secoli, amen.

    Edited by Matthew 98 - 4/19/2017, 03:26 PM
     
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    Capitolo 54 - Il profumo del sole

    Carmela si risvegliò in una lontana isola tropicale.
    Era semplicemente dismessa.
    Militante, ed egocentrica.
    Sentì i raggi solari bruciarle il collo, ora che aveva perso gran parte dei capelli.
    Si alzò, confusa. Bocca impastata e salata.
    Era un giorno come tanti, un venerdì regolare.
    La spiaggia era costeggiata da granchi e spiedini di pesce.
    Carmela si grattò tra le mutande e sbadigliò.
    Guardando l'ambiente ebbe una sensazione mista, le piaceva quell'isola, ma prima o poi avrebbe dovuto preoccuparsi seriamente.
    Voltò la testa verso la vegetazione che sbucava dal centro. Un intera giungla di natura incontaminata. La ammirò rapita. Il calore le ricordava l'estate, e le trasmetteva come un senso di nostalgia.
    Trattenne il respiro, e capì che non aveva molta scelta.
    Entrò nella sterpaglia ramificata delle foglie, degli alberi, del cocco, degli animali feroci.
    Mentre si avventurava dentro essa incontrò un uomo.
    -Ciao - le disse.
    -Ehm, ciao - rispose.
    I due si fissarono per un attimo, senza ben sapere che dire.
    -E... come va? - buttò lì Carmela.
    -Ogni giorno, è uguale al successivo, e al precedente, ma mai uguale a se stesso.
    -Grazie, maestro Yoda - rispose Carmela.
    Lui ascoltò la risposta e rise.
    Carmela pensò al fatto che doveva tornare indietro, comunque, e doveva capire come fare.
    -Ascolta, ehm... come ti chiami?
    -Damiano.
    Carmela sentì il cuore contorcersi e sparire nascosto dietro un turbinio di preoccupazione.
    -Tutto bene? - chiese l'uomo.
    -Si, si, non è niente... ecco... ehm, Damiano devo tornare a casa mia, al mio paese, da dove sono venuta, come posso fare?
    -Non puoi - rispose lui.
    Carmela sentì l'occhio sinistro tentennare, e il gelo più puro.
    -Come no? Ci deve essere un modo...
    -Se ci fosse perché pensi che io sia rimasto qui?
    -In effetti...
    -Rassegnati.
    Carmela non rispose. Fissò un punto non definito dell'uomo, pensando insistentemente che un modo ci doveva essere.
    -Guarda, se vuoi un consiglio... rinunciaci, ora che sei in tempo... la delusione diventerà maggiore, una volta che realizzerei completamente la realtà.
    -Tornerò a nuoto - disse all'improvviso senza esserne ben sicura nemmeno lei.
    -Tsk... sei l'ennesima fuori di testa... speravo almeno in una ragazza intelligente... e sveglia... mi sa che anche io... dovrò accettare la realtà... - rispose l'uomo rassegnato.
    -Verso che parte è l'Italia?
    -Verso ovest, ma ti conviene lasciar perdere, te lo dico...
    -Ok, grazie - rispose brusca Carmela e lo salutò.
    L'uomo rimase lì a fissarla basito.
    -Oh beh, anche oggi sarà come al solito - disse guardando verso il basso.
    Carmela camminò verso la spiaggia. Si tolse gli stivali, i calzini, la camicia, e i jeans.
    Fece un ampio respiro, immagazzinando ossigeno marino nei polmoni.
    Poi inghiottì la saliva, e mise il piede destro nell'acqua. Era gelida e glaciale. Tremando di freddo mise anche il piede sinistro. Aspettò un po' e si bagnò il resto del corpo. Sentendo un brivido percorrerla, si buttò definitivamente in acqua.
    Con fatica, ma gran decisione iniziò a nuotare. Sentì il reggiseno e le mutandine ammosciarsi nell'acqua. Il corpo non proprio stanco, ma pieno dell'iniziale carica di energia che si ha quando si nuota.
    Respirò, a pieni polmoni, e continuò a nuotare, instancabilmente verso la metà desiderata.
    E così fu, per circa mezz'ora. Dopodiché la stanchezza la fece sua padrona, e la avvolse assieme alle onde e alle alghe.
    Se solo... fossi più dannatamente forte... - pensò arrabbiata Carmela.
    Si sentì sempre più stanca. La vista le si stava appannando. La gravità sotto le sue gambe la trascinava impercettibile verso il fondo. Gli occhi rossi, le bruciavano, e rendevano difficilissimo vedere. Le braccia, stanche, erano sempre più pesanti, e difficili da controllare, le gambe, sempre più sul punto di cedere. Mentre nuotava le sembrò quasi si vedere qualcosa. Una creatura acquatica, o simili. Ma era solo un impressione.
    Si fermò un attimo. Si guardò intorno.
    Nord, sud, ovest o est?
    Dov'era finita di preciso?
    Iniziò a formarsi nella sua mente, l'agghiacciante idea di essersi persa, nell'oceano aperto.
    Senza aiuto, senza nessuno, sarebbe stato impossibile, proseguire. All'improvviso le balenò in mente l'idea che aveva il telefono nei pantaloni, e poteva provare a chiamare qualcuno. Questo la agitò ancora di più.
    Scosse la testa cercando una salvezza, ma non c'era.
    Proseguì a nuotare.
    Le forze la abbandonavano.
    All'improvviso sentì un crampo prenderla alla gamba.
    -No... adesso no... dio no... - disse disperata.
    Cercò di proseguire, ma dopo cinque minuti, senza che se ne accorse era sott'acqua, tra le bolle e i pesci.
    Niente aveva più senso, ormai. Sarebbe morta. Tutto sommato... non sembrava neanche il modo peggiore per andarsene...
    Mentre era lì... negli abissi... scorse per un istante... un volto di un uomo... lì... tra le alghe.
    Sembrava proprio essere... Damiano...
    Carmela strinse a fatica gli occhi. Allungò la mano verso di lui.
    Si sentì afferrata e tirata fuori dall'acqua.
    Non riuscì a parlare... né respirare...
    -Carmela... mi senti? - gridò Damiano.
    Attorno a lui c'erano Domitilla, Elena, Viola, Susanna, Nicoletta e Simona.
    Sembravano tutti... così preoccupati...
    Carmela riuscì improvvisamente a parlare...
    -Ragazze, ci siete tutte... Damiano... anche tu... come sono fortunata... - disse sorridendo.
    -Tieni duro! - gridò Domitilla.
    -Non puoi morire ora! - gridò Nicoletta.
    -Sei forte ricordalo! - gridò Elena.
    -Carmela de' Medici, no? - disse Simona.
    -Puoi vincere! - gridò Susanna.
    -Sei la persona... che un giorno... cambierà ogni cosa... non te ne andrai così facilmente! - gridò Viola disperata.
    -Carmela, ci sono i soccorsi... tranquilla, ti porteremo via di qui... e tutto si risolverà... tutto si risolverà... - disse Damiano.
    Sentì sempre più a fatica quello dicevano. Gli occhi le si chiusero, lentamente, e per circa due giorni non riuscì più ad aprirli.
    Quando li riaprì era in casa di Damiano. Era a letto, tremante di freddo.
    Damiano guardandola sorrise, e chiamò la madre.
    -Mamma, sta bene! Si è risvegliata! Carmela, ma cosa ti è saltato in mente? Ci hai fatto preoccupare tutti! - disse Damiano.
    La madre venne di corsa e la vide.
    -Oh! Carmela! - disse sorridendo.
    Poi se ne andò di fretta e li lasciò da soli.
    -Damiano... tu...
    -Carmela... che vuoi dirmi?
    -Niente. Grazie - ora penso proprio che continuerò a dormire.
    Damiano la guardò con un espressione mista, poi svanì dalla porta.
    Carmela trasse un respiro leggero, e chiuse gli occhi.
     
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    Capitolo 55 - Esaltazione del nulla

    Domitilla si rannicchiò, si stiracchiò e gracchiò in un angolo pauroso e morbido. Dal cielo piovve una delicata stella di marzapane. Domitilla la afferrò e si sentì prendere da delle convulsioni e da delle allucinazioni. Gridò e sentendosi male svenne.
    Camminando, Susanna la vide, e pianse, petali di rose acquose. Si piegò sul corpo dell'amica svenuta e la scosse per un attimo.
    -Ehi, Domitilla? Allora? Ti riprendi o vuoi davvero farmi preoccupare? - disse Susanna piangendo.
    Bagnò il suolo e tirò su col naso.
    Carmela passando di lì per caso vide la scena.
    -Ehm, scusate se mi intrometto, con permesso, chiedo venia se interrompo, nel caso la seguente attività che state svolgendo sia in qualche modo piacevole, utile, o non degna di essere interrotta, ma di preciso, che cazzo state facendo?
    -Carmela... - disse Susanna tirando su col naso - aiutami, l'ho trovata distesa qui...
    -Ah, si? E chi le ha dato il permesso di morire, stendersi, avere una debolezza, o qualsiasi altra cosa stia facendo? Cosa vuoi che me ne importi a me? Eh? Se lei non fa il suo dovere mica è colpa mia! Io ho cercato di aiutare in tutti i modi, ma lei non si applica, non possiamo mica fare miracoli, comunque adesso cercherò di fare qualcosa, nel limite delle possibilità che questa persona sta chiaramente varcando, mi spiego? Cioé, qui si superano i limiti, o no? Veramente, Susanna, ci sta che piangi, ma questa qui... voglio dire.. ha avuto una debolezza... e adesso... semplicemente e sinceramente... non merita la vita...
    -Carmela... sei impazzita?
    -Ah, adesso sarei pure impazzita? Ma se sto dicendo la verità? Non è chiaro che le mie parole sono giustissime? Non è chiaro che sono buona, ma il mondo è cattivo, e voi siete due sciagurate perdigiorno?
    -Ehm, ma...
    -Niente ma... adesso porta con te quello schifo di corpo e andatevene, mi distraete, dalla mia vita, dalla mia bellissima vita, che insistete a rovinarmi, con una facilità mostruosa! Che poi, vogliamo essere sinceri? Vogliamo avere un po' di onestà intellettuale? L'hanno visto tutti che quello che ha fatto era tutta una messinscena...
    -Ma Carmela... aspetta a...
    -Era tutta una stronzata! Pensi che non me ne fossi accorta? Pensi davvero che io sia stupida fino a questo punto? Cioé, veramente, eh, adesso io non voglio essere cattiva o altro, e non ti farò del male Domitilla, ma tu meriti di morire, e prima o poi accadrà comunque, visto il tipo di persona che sei...
    -Carmela adesso basta!
    -No, basta un cazzo! Basta un cazzo Susanna. Io vedo, e magari non dico niente, perché a volte non ne vale la pena, però non significa che non me ne accorga! Non sono mica stupida! Mi hai preso per una stupida? Ho visto e volevo sorvolare e adesso vuoi pure insinuare che quello che lei sta facendo sia... vero o credibile? Eh? Allora? Basta, ciao - disse Carmela finendo la frase e camminando via sollevando il naso disgustata per ciò che aveva visto.
    Nicoletta passò lì vicino e investì Carmela dandole una testata.
    -Ahia.
    -Scusa, ma avevi rotto le palle a me, e dietro le quinte, mi è venuta una rabbia, e ho voluto intervenire!
    -Ah - rispose Carmela e camminò via.
    Viola camminando nuda per la città starnutì e sbuffò.
    Quando vide Carmela la fermò.
    -Ehi, Carmela! Come va? Ti sei ripresa? Sei felice? O sei ancora depressa?
    -Adesso non ho tempo, ti saluto - rispose Carmela e la piantò lì in asso.
    Simona si avvicinò insieme a Damiano.
    -Carmela? - chiamò Damiano.
    -Si? - domandò Carmela.
    -Ah, senti, per quanto riguarda tutto quello che è successo, beh, volevo dirti che...
    -Che?
    -Che se ne può discutere.
    -Cioé?
    -Diciamo che ti perdono, ma dovrai regalarmi la tua anima.
    -Ma brutto stronzo, dovrei perdonarti io!
    -Tu...
    -Si, odiami. Tanto non meriti un cazzo.
    -No, aspetta, Carmela.
    -Eh.
    -Non ti voglio odiare. Ti voglio amare. Ti perdono. Voglio fare pace. Ho sbagliato. Ho esagerato. Io capisco. Capisco tutto. Ti ho capito. Tu sei intelligente, e simpatica. Io ti capisco, Carmela. E ti ho fatto del male. Ho sbagliato.
    -Grazie - rispose Carmela rossa in volto.
    Simona diede un calcio a Damiano dietro il sedere, e andò a finire contro Carmela.
    -Un bacio? - domandò Simona.
    -Un bacio te lo ficchi nel...
    -No, Carmela, non essere aggressiva, proprio ora che stavamo facendo pace...
    -Va bene - rispose Carmela. Afferrò Damiano e lo baciò. Fu un bacio breve e lungo. Iperbolico, inutile e assurdo.
    Quando le labbra si separarono Carmela ci passò il polso della mano.
    -Sei diventato un principe adesso! Contento? Fuori dai coglioni adesso, devo andare a vivere!
    -Va bene, Carmela, vai a vivere - rispose Damiano nervoso e felice.
    Simona commossa si asciugò gli occhi con un fazzoletto.
    La videro andare per una strada imprecisata, Carmela, la protagonista del libro, e in qualche modo, delle loro vite.
    Ultima, ma non meno importante, si avvicinò Elena, e davanti al tramonto della notte la assillò con un ultima domanda.
    -Carmela, ti ho trovata! Ecco, volevo chiederti, che ne pensi delle tasse?
    -Mai pagate.
    -Quale è la funzione degli epatociti?
    -Non lo so.
    -Allora sei inutile, vattene non vali un cazzo.
    -Elena, vuoi morire giovane?
    -No, ma...
    -Allora chiudi quella fogna e lasciami morire in pace - disse Carmela ammosciandosi in un universo molle e trasparente.
    -O-ok... - rispose Elena con un filo di voce.
    La vide sparire, in quella che sembrava la fine, forse di Carmela, di Carmela de' Medici. Ma era, semplicemente... e meravigliosamente, soltanto un inizio. L'inizio di una leggenda.
     
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    Capitolo 56 - Dio

    Carmela si svegliò ridendo e si alzò. Era stranamente in un luogo a lei mai visto prima.
    Ebbe un sussulto.
    Un singulto.
    Il cuore si mosse da solo nel corpo e le andò di traverso la bile che sentì più nera che mai.
    Vomitò di colpo e sentì un mal di testa lancinante.
    -Uhm... - disse a fatica.
    Si controllò la tasca dei pantaloni.
    Trovò un fazzoletto.
    Fece per soffiarsi il naso, ma ci trovò un messaggio.
    -Carmela, sono dio, vienimi a trovare alle tre nel posto dove tu sai - lesse Carmela ridendo successivamente.
    Si ricacciò il fazzoletto nella tasca e si distese guardando il cielo.
    Le nuvole scure le davano fastidio, ma neanche la irritavano più di tanto. Ci si poteva abituare tutto sommato, così come ci si abituava alla vita.
    Dopo un tempo che poteva durare mezz'ora o due secondi, dipende dai punti di vista, o dal cervello del lettore, o dell'osservatore, si alzò forzando gli addominali contro la gravità terrestre.
    -Ah, ah, ah... la gravità... lo iodio... - disse in preda a follie mistiche.
    Sentì un telefono squillare.
    Rispose tenendolo al contrario, e mentre ascoltava parlare tirò fuori una sigaretta e un accendino dalla tasca e se la accese.
    Sbuffando il fumo, iniziò ad ascoltare quando la conversazione era già quasi finita.
    -Allora, hai capito?
    -Si, tutto chiaro - rispose Carmela senza la minima idea di che cosa avesse appena ascoltato.
    -Bene, e ricordati, un colpo secco, senza pensarci troppo.
    -Ma certo, ora ti devo lasciare, devo innaffiare il mio orto, ciao - rispose Carmela e attaccò.
    Infilò il telefono in tasca e diede un ultima boccata di fumo. Poi lanciò la sigaretta nell'erba lì vicino e fece scoppiare un incendio, alla Blues Brothers.
    Fece finta di niente, e corse verso un mondo cibernetico, dove incontrò Porygon, e tutte le sue evoluzioni.
    -Non ho le palle, non posso catturarvi adesso - disse sorridendo e li salutò.
    Uscita da quella dimensione si ritrovò sopra un tetto.
    Sentì una sensazione di vertigini e di terrore.
    Si appiattì su di esso, tremando.
    Strisciò verso la fine del tetto per vedere il basso.
    Sentì il sudore percorrerla e sopraffarla.
    Vide Damiano incitarla a buttarsi.
    -Buttati, ti prendo io!
    -Col cazzo! - gli gridò e tornò a guardare il cielo, arretrando appiattita verso il punto iniziale.
    Ebbe un singhiozzo e iniziò a piangere, senza motivo, e il suo volto divenne una maschera di dolore. Fu così intenso che non se ne accorse. Solo la sua anima sembrava muoversi, al posto suo.
    Quando finì le sembrò di aver ricominciato a respirare.
    Si voltò e rotolò giù dal tetto.
    Cadde in un abisso spaventoso e doloroso.
    Atterrò in un bosco di alberi secchi, e dal cielo viola e rosa.
    Si alzò barcollando, ed estrasse la sua pistola dal cinturone. Non sapeva di avere una pistola, ma in quel momento la aveva, e le sembrava di averla avuta da tantissimo tempo, di essere abituata ad usarla, e di essere addirittura una professionista. Girò intorno, con furia lucida verso pericoli imminenti stringendo la pistola tra le mani. Poi sentì una cascata fredda di acqua gelida, un sole accecante, e poi più nulla...
    Quando aprì gli occhi era in un parco abbandonato. Davanti a lei, c'era, prevedibilmente, una casa abbandonata, e il portone la fissava minaccioso.
    Si alzò da terra, e inghiottendo la saliva aprì la porta.
    Quando la aprì non poté credere ai suoi occhi.
    Era la cosa più bella che avesse mai visto, la cosa più bella e al contempo la più potente.
    -Io... io non... sei proprio tu...?
    -Si... si, Carmela. Sono io - rispose la voce, solenne e tranquilla.
    Carmela sentì la testa leggera e pesante.
    Non sapendo che dire, disse di tutto, ma non disse proprio niente.
    -Aspetta, aspetta Carmela, sei ancora in tempo, non è ancora il momento, non adesso, c'è un tempo e un luogo per ogni cosa, ma non ora. Prima di venire con me, e fare quello che devi fare, c'è ancora una cosa che devi fare. Piccola, ma importante. Non c'è bisogno che ti dica altro. Hai capito tutto. Ora vai.
    Carmela non rispose. Lo salutò, semplicemente, e uscì.
     
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    Capitolo 57 - Come tutto ebbe inizio, e come tutto finì

    Carmela si grattò il capo, mentre camminava per la strada. Che cos'era che doveva fare? Che cosa dio le aveva affidato? Era in missione per conto di dio, ma stavolta non si trattava di salvare un orfanotrofio. No. Era diverso. Si trattava di qualcos'altro. Chi è che ha bisogno di essere realmente salvato? Si domandò Carmela. Ci pensò un po' su, poi la risposta le venne scontata in mente. Era lei.
    -Sono io - concluse.
    Guardò il cielo e dio. Pensò a satana. Chiaramente aveva perso. Dio era dalla sua parte. E doveva usare le doti che gli erano state date, alla nascita. Ma quali? Carmela, che sai fare? Carmela, qual'è l'unica cosa che sai fare, rispetto a tutto il resto? Si domandò a se stessa. E poi, anche qui, la risposta le venne, scontata, come un fulmine.
    -Scrivere - disse ad alta voce. Gridò più del dovuto, ma ci stava che dava enfasi.
    Tutto si stava facendo chiaro. Era quella la sua missione. Il suo talento era scrivere, e per salvarsi, avrebbe dovuto fare esattamente quello.
    -Va bene, dio, allora scriverò, e lo farò bene - disse sorridendo al cielo.
    Sentendosi come in dovere divino, o in una missione assurda, tornò a casa passeggiando e fischiettando.
    Prima che poté aprire la porta si voltò.
    C'erano tutti.
    Viola, Susanna, Simona, Elena, Damiano, Nicoletta, e Domitilla.
    Carmela sorrise.
    -Grazie, grazie per tutto. Davvero. Ora saprò anche di cosa scrivere.
    -E di che - rispose Susanna.
    -In fondo se questo è il tuo obiettivo - rispose Simona.
    -Ehi, c'è il copyright! - gridò Viola.
    -Buona fortuna - rispose Elena.
    -Cazzo - rispose Nicoletta.
    -Vai! Tifiamo tutti per te! - gridò Domitilla.
    -Prego - rispose Damiano.
    Carmela lì lasciò lì fuori dalla casa, ma sapeva che sarebbero comunque entrati. Non faceva niente. Aveva imparato ad accettarli per quello che erano. Aveva imparato ad accettare se stessa.
    Si sedette e impugnò una penna.
    Prese una pila di fogli.
    Poi lasciò perdere.
    -Non so scrivere - disse.
    Poi sentì una voce dall'alto.
    -Carmela, fallo e basta, verrà da sé. Saprai tu come imparare, segui il tuo cuore, e non sbaglierai mai.
    Carmela si commosse.
    Trattenne una lacrima.
    Si alzò e accese il computer.
    Aprì una magnifica pagina bianca e vuota. Aperta e incompiuta. Bagnata e vergine. Si scrocchiò le mani e con un respiro si preparò.
    Dopodiché iniziò a battere le dita sulla tastiera. E generò parole, frasi, capitoli, numeri, colori, persone, vere e immaginarie, emozioni, virgole, e puntini.
    Batté forte su quella tastiera. Come tanti grandi del passato. Come tante leggende del passato. E ora la leggenda era lei.
    Capitolo dopo capitolo crebbe. Capitolo dopo capitolo scrisse la sua vita. Le sue allucinazioni. I suoi deliri. Le sue sofferenze. Ma anche le sue gioie, le sue speranze, i suoi sogni. C'era tutto. C'era tutta se stessa in quel libro. In qui racconti. In quelle poesie. Finché... una notte di settembre, del 2017, non se andò di casa... no... ma finì il suo libro.
    -Evviva! - gridò.
    Sollevò il computer come una coppa.
    Stampò i capitoli e li fece leggere a tutti. In pochi mesi, nel quartiere, nella città, nel paese, tutti la conoscevano, e la apprezzavano.
    Dopo tanti anni, finì nella walk of fame, e divenne presidentessa. Poi combatté in qualche guerra. Infine, beh, scrisse migliaia di libri, che ebbero successo in tutto l'universo, e il suo nome nei secoli a venire sarebbe stato ricordato, anche da chi mai in vita sua aveva letto un libro, da chi mai l'avrebbe voluto leggere, e da chi invece i libri li amava.
    Tutto bene, no?
    Beh, se sia vero poco importa, caro lettore, perché adesso il libro che stringi tra le mani, o leggi dallo schermo di un cellulare in Congo è finito. Spero ti sia piaciuto, ci ho messo tutto il cuore che avevo e bla bla bla. Buonanotte.
    Negativo per positivo uguale negativo.
    Carmela de' Medici. 2017.
     
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  6. FairyGirl23
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    Non so cosa scrivere....
    Dopotutto io sono ancora una mezza dilettante, quindi non potrei certo criticare brani scritti da altri utenti. Però... se dovessi dire qualcosa su questo romanzo, credo chelo definirei un po' confuso.
    Come hanno detto altri, ci sono troppi personaggi, e in alcuni punti mi perdo perché non riesco a capire cosa sta succedendo. Ma forse sono un po stupida io....
    Comunque, a parte questo, penso che tu si stato davvero bravo a scrivere ben 7 capitoli. Wow!
     
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    Edited by Matthew 98 - 4/18/2017, 07:15 PM
     
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