Negativo per positivo uguale negativo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 25 - Nullità

    Elena si mise una mano nella tasca e tirò fuori un dito. Lo lanciò sulla strada.
    Continuò a camminare. Entrò in un negozio e chiese al commesso se conosceva Carmela.
    -Carmela? Carmela come?
    -De' Medici.
    -Qui non si conosce nessuna Carmela.
    -Prego - rispose Elena e uscì dal negozio dopo aver dato un calcio a uno scaffale facendo cadere fermacarte, sonagli, scaccia incubi, salvadanai, sfere di cristallo con la neve che cade se le agiti, pupazzetti a forma di drago e i capelli di qualcuno.
    Il commesso bestemmiò e corse verso di lei.
    La prese per un braccio, e la trascinò verso di lui.
    -Perché l'hai fatto?
    -Perché potrei morire oggi o domani.
    -La vita...
    -No, parliamo della morte - rispose Elena fermandolo.
    Alle spalle del commesso venne il dubbio di non essere le sue spalle e caddero a terra, insieme al busto, e alle gambe, e alla testa, dopo che Elena affondò il suo ginocchio nei suoi testicoli.
    Si scansò vedendolo cadere a terra.
    Uscì dal negozio e si accese una sigaretta.
    Fermò uno sconosciuto per la strada.
    Gli mostrò una foto di Carmela.
    -Mi scusi, buon uomo, ha visto questa persona?
    -Chi è? No, mai vista.
    -Grazie lo stesso. Questo è il mio numero, se la vede mi chiami. Grazie in anticipo e buona serata.
    -Ok - rispose il tizio e sparì nella notte.
    Elena tirò su col naso e si strinse intorno alla sua sciarpa.
    Faceva freddo, in quell'inverno anonimo.
    Un inverno come tanti, in un epoca come tante.
    Un epoca senza eroi, senza ideali.
    Un epoca affondata nelle fiamme e nell'acciaio.
    Buttò a terra la sigaretta e si guardò intorno.
    Non sapeva dov'era la gioia, ma non voleva cercarla. Era troppo antipatica.
    Non voleva essere felice, non voleva recitare. Era una pessima attrice ed era stupido.
    Guardò in alto e vide delle parole, delle lettere e delle virgole. Sorrise.
    Era tutto controllato.
    Era tutto già scritto.
    Non aveva nessun controllo.
    Era solo una finzione.
    Si sedette su una panchina e respirando nel buio della notte pensò a Carmela. Se l'avrebbe mai trovata.
    Poi pensò a se stessa.
    Era ancora viva.
    Non si era suicidata.
    Non era morta.
    Respirava.
    Il suo corpo pompava sangue.
    Le sue gambe funzionavano, i suoi occhi anche, le sue orecchie sentivano, il suo naso respirava, con la bocca. Le braccia le aveva. Solo il cervello era offuscato.
    Un barbone si avvicinò e si sedette sulla panchina.
    La guardò chiedendole la vita.
    -Non ho vita, ma posso cercarla - rispose Elena e svanì nel cristallo dei fiocchi di neve.
    Carmela si grattò il naso, starnutì, e si accorse di non riuscire a dormire.
    Sorrise.
    Qualcuno mi sta pensando - pensò.
    Simona entrò dentro una formica e improvvisò un dialogo su Omero.
    -Non leggo, io lavoro - rispose la formica.
    -Anche io - mentì Simona.
    Uscì dalla formica e si addormentò dentro un edicola passandoci attraverso come un fantasma.
    Damiano si guardò i polsi e si chiese perché erano così piccoli.
    Viola parlò con Dante.
    -Oh Dante, Dante, perché senza pietà condanni persone, nel tuo libro, con la stessa violenza che vai criticando? Oh Dante, insegnami a essere egocentrica, dimmi cos'è l'amore. Ma soprattutto Dante, perché non mi hai inserito nell'inferno? - disse Viola parlando dentro il libro.
    Dante non rispose e si offese starnutendo bachi di seta e vernici fresche.
    Susanna si perse dentro le sue coperte e svenne nei corridoi bui e ancestrali. Nessuno la ritrovò.
    Domitilla si fermò davanti una chiesa ed entrò.
    Si bagnò la fronte con l'acqua santa e si sedette.
    -Dio, ti prego, aiuta dio, nessuno gli vuole bene, ah, e poi, aiuta mio padre, ha paura di vivere - disse pregando.
    Poi chiuse gli occhi e si addormentò.
    Un mostro comparve davanti a lei fissandola. Poi sparì nei giardini oscuri dove animali vivi e selvaggi vivevano.
    E tu?
    Cosa significa la vita per te?
    Fammelo sapere, caro lettore, o lettrice, che tanto, mi sto annoiando.
    Non sul serio però, che poi mi tocca leggere.
    Grazie.

    Edited by Matthew97 - 11/27/2016, 09:50 PM
     
    Top
    .
  2.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 26 - Coraggio, guerriero di luce

    Carmela si rotolò verso il pavimento e lo afferrò. Lo staccò da terra e ci entrò dentro.
    Era caldo. Il cemento la riscaldava.
    Scoprì il significato della vita.
    Starnutì rumorosamente, e qualcuno la sentì.
    Forse qualche angelo caduto.
    Nicoletta guardandola le chiese se stava bene.
    -Va bene, va bene... - rispose Carmela.
    -Perché lo dici con dei puntini di sospensione?
    -Non lo so... perché sembra più profondo?
    -Ma è vera questa profondità? O fai solo finta? O sei una stronza? O non esisti?
    -Si, è vera, ma non sai quanto, non faccio finta.
    -Va bene, senti, è chiaro che nessuno ti vuole e che devi morire, ma quanto ci vuoi mettere? Voglio dire, quanto dobbiamo aspettare che ti levi dalle palle ed esplodi come una stella cadente? Insomma, cerca di capirci, dai... un po' di empatia...
    -Si, ti capisco, cara amica, ma se ci pensi, insomma...
    -Insomma?
    -Boh, mi porti un succo di frutta?
    -No.
    -Comunque, io in realtà, non posso dirti perché è successo, posso solo dirti, che basta poco, e il miglior sorriso, può diventare un pianto disperato soffocato dai lupi di mare.
    -Carmela, è arrivata la tua ora, guardati, stai morendo, guardati, non sei più quella di un tempo, guardati, sotto il freddo, di una notte senza futuro, guarda, il mondo, non ha bisogno di te, nessuno ha bisogno di te.
    -Nicoletta, prendimi un foglio.
    Nicoletta si alzò, lo prese e glielo diede.
    Carmela lo piegò ripetute volte e creò un aeroplanino di carta.
    Lo porse alla ragazza che afferrandolo fu illuminata da una luce accecante e si dissolse lasciando una pioggia di petali e fiori per tutta la stanza.
    Rimase senza parole, e spaventata, indietreggiò tra i demoni e i rami delle selve oscure del sottosuolo, dove più era a suo agio.
    Respirando a fatica, invocò una preghiera a un re lontano, ormai dimenticato, a una civiltà mai esistita e mai durata, a un tempo che esisteva solo nei sogni e nei ricordi più inconsci.
    Riuscì ad entrarci e in attimo fu lì.
    Era dentro la sabbia ardente di quel deserto scottante che sembrava essere quel mare di un estate dimenticata, di un epoca chiusa a chiave per sempre.
    Esplorò i granelli che la circondavano e scoprì che erano solo rocce, ma piccole.
    Non erano male, anzi erano belli.
    Li afferrò con la mano e li osservò scivolare via dalle sue dita come una cascata purpurea dalle note di un dolce, e delicato violino, trasportato dal vento.
    Fu colta da un emozione incredibile e inutile.
    Si trascinò nel calore e nel turbinio del nulla.
    Notò uno scorpione che in quel inferno di solitudine viveva.
    Lo osservò in controluce e lo ammirò, nei suoi raggi violetti, nei suoi cristalli armoniosi, nel suo dolore.
    Lo salutò e si lasciò cadere con un sospiro.
    Si alzò e trovò un negozio di videogiochi, di tesori, di ricchezze e di ciò che più era bello a vedersi.
    Vide la gente, le persone, volti familiari, volti visti di sfuggita, volti vissuti, sorridere ed emozionarsi, in quello che era un momento incomprensibile, eterno, e perfetto.
    Senza forze, e senza tempo, era lì in quella landa desolata, divorandosi i capelli che le coprivano il volto trasportati dal vento.
    Si accucciò in un angolo e vide quel mondo, così vicino, così lontano, così dissolvente, così sfocato.
    Si accorse di quell'uomo che le era tanto familiare, che conosceva da quando era piccola.
    Si ricordò di lui.
    Lo amava, incondizionatamente.
    Lo prese per una mano e lo eccitò, dandogli uno scopo di vita, di vittoria dopo anni e anni.
    Lo portò in quella discoteca verde smeraldo e fluorescente, e lo fece sentire speciale.
    Il mondo stava finendo. Nel telegiornale parlavano, di guerre, della fine del mondo, di terroristi, di bombe, di morti. Il mondo stava finendo. Sarebbero morti a momenti.
    Ma non gliene fregava niente.
    Si amavano.
    Tutto il mondo era ignorabile, tutto il mondo poteva sparire.
    Lui la afferrò e la fece godere, così tanto, che il cervello di lei le uscì dalla testa galleggiando in aria. Erano felici entrambi. Era perfetto. Era il miglior amore del mondo.
    Ma poi lui divenne preoccupato. Quelle persone lo infastidivano. Si sentiva osservato. Imprigionato. Voleva un po' di intimità. E così la afferrò e la trasportò fuori dalla uscita.
    Salì delle scale, scese delle scale, cercando l'intimità, cercando la solitudine, con lei, cercando un letto, solo per loro due, cercando qualsiasi posto, via dal mondo. Ma non lo trovò.
    In quella buia notte, triangolare e speculare, fallì nel portarla chissà dove. Fu interrotto. Rimasero a osservarsi. Lei lo vide lentamente svanire, mentre anche lui, uscì via da quel mondo, da quella storia, da quell'universo, da quell'idea, da quel sogno perfetto, e salì verso il cielo, scomparendo.
    Carmela si buttò a terra e sporse le braccia in avanti cercando una spiegazione, cercando un aggancio, cercando una papera da accarezzare, ma non toccò nulla. Scivolò all'indietro e finì in un buco nero. Finì in un buco nero, della California, e non tornò mai più.
    Solo le onde dorate dei suoi capelli, solo le sue catene, al capo sottile e morbido, accarezzavano da qualche parte nel mondo un suolo mai visto da nessuno. Solo la memoria di poeti lontani, e morti, da secoli, rimasero, solo una sabbia scivolosa e polverosa, portata via dal vento, in una spiaggia perfetta e limpida, della California.

    Edited by Matthew97 - 12/1/2016, 07:15 PM
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 27 - Ovvio

    Carmela aprì gli occhi, in una stanza sconosciuta, con un lancinante dolore alla pancia, e la vista appannata. Si tirò su dal suolo, ma scivolò sul suo sangue. Rise, e guardò il soffitto. C'era una specie di mostro a forma di dinosauro che correva e la salutava.
    Le venne un conato di vomito.
    Vide di sfuggita una stanza con scritto bagno sulla porta.
    Strusciò sul pavimento come un idiota e la raggiunse.
    Portò la faccia davanti al gabinetto e mentre vedeva draghi pieni di arcobaleni vomitò un liquido ripieno.
    Prese un rotolo di carta igienica e se ne infilò metà nelle mutande.
    Si portò l'altra metà dietro uscendo dalla stanza rotolando.
    Intravide un tizio di colore verde.
    -Ciao - disse a Carmela.
    -Non... no... - rispose Carmela e uscì dalla casa.
    Guardò la strada e le macchine.
    Fece l'autostop e entrò nella macchina di uno psicopatico.
    -Dove siamo?
    -What?
    -In che paese siamo?
    -What?
    -Where the fuck are we?
    -California.
    -Oh shit.
    -Yes, neither do i like this place... where do you live?
    -Could you kill me please?
    -Are you sure?
    -Yes - rispose Carmela.
    L'uomo fermò la macchina e una macchina dietro di lui si schiantò contro la sua.
    Carmela sussultò e i suoi pensieri si mescolarono.
    Aprì lo sportello e scese.
    Corse verso una cabina telefonica e inserì una moneta.
    Provò a chiamare sua madre, ma si ricordò non di non ricordarsi il numero.
    Ne digitò uno a caso.
    -Hello?
    -Hello, i'm Carmela.
    -I don't give a fuck.
    -What? Why?
    -You called the wrong number, moron.
    -Go fuck yourself, bastard - gridò Carmela e attaccò.
    Spaccò il telefono sulla cabina e urlò in cinese.
    Fu fermata da Domitilla.
    -Ehi, calma, calma, Carmela, ci servi lucida, sei lucida? Senti, ti aiuterò.
    -Come puoi essere qui? Cioé, siamo davvero qui? Dove siamo? Come possiamo essere qui? Che cazzo sta succedendo?
    -Tranquilla, andrà tutto bene, sapranno come aiutarti...
    -Aspetta, di chi parli...?
    -Ora riposati stella - rispose Domitilla e la abbracciò con amore.
    Carmela rise ed entrò nei suoi bulbi oculari e vide le stelle rosse del cielo vomitevole di una giornata vomitevole di un capitolo vomitevole di un esistenza vomitevole.
     
    Top
    .
  4.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 28 - Biscotto

    Anno 2000.
    Elena si sollevò dal prato di erba fresca e si sedette sul tavolo grande. Afferrò un biscotto e lo mangiò. Sentì il vento tra i capelli e respirò l'aria e la brezza marina di un vento delicato e pieno di energia proveniente dal paradiso dei tropici.
    Mosse le gambe su e giù e sorrise.
    Vide sua nonna avvicinarsi e le diede una mano a sedersi.
    -Come va? Tutto a posto?
    -Eh, sai, l'età, le solite cose, si va avanti.
    -Lo vuoi un biscotto?
    -Si, lo voglio.
    -Tieni - disse Elena e glielo porse.
    La nonna lo mangiò e sorrise.
    Il sole le abbagliò e riscaldò il loro cuore, cuori di due persone la cui esistenza correva sul filo di un rasoio.
    ...
    2016.
    Elena aprì gli occhi, sulla gelida panchina di un parco abbandonato, e con il suo aspetto trasandato diede un impressione banale alle persone. Si sistemò i capelli e tirò su col naso, lanciando successivamente uno starnuto che le ruppe qualcosa nella gola. Sentì una goccia scenderle dal naso.
    Tirò fuori dei fazzoletti e ne prese uno.
    Ci mise il naso dentro e buttò fuori l'anima e lo spirito di un uomo selvaggio in Congo.
    Piegò il fazzoletto, ne fece una pallina, e se lo infilò in tasca.
    Si sentì le labbra screpolate irritarle la bocca.
    Un signore anziano si avvicinò e le chiese se aveva da accendere.
    -Non fumo, mi dispiace - rispose Elena.
    -Capisco, grazie lo stesso - rispose lui, e se ne andò deluso.
    Quando se ne fu andato si accese una sigaretta e tenendola a fatica per il freddo alle mani la fumò guardando l'orizzonte di una vita immaginaria.
    Si alzò dalla panchina e camminò per un bel po' finché non uscì dal parco e raggiunse la strada.
    Prese il telefono e tentò di chiamare Carmela.
    -Il telefono del numero selezionato potrebbe essere spento o non attualmente raggiungibile.
    -Grazie - rispose Elena e attaccò.
    Mise il telefono in tasca e proseguì a camminare finché non raggiunse casa sua.
    Ci entrò e sparì.
    ...
    Carmela si incamminò per le strade della California assieme a Domitilla.
    -Come, cosa, è successo? Perché sembra di vivere dentro al cesso? Perché nessuno mi tira un sasso? Perché con tutto questo fracasso, nessuno ha un asso nel mazzo, ma solo massi su cui schiantarsi, e senza che mi abbassi a dirtelo, questo non è uno scivolo che porta all'asilo, ma un fottuto e astuto tessuto dove sono cuciti i miei abiti e le mie speranze nel trovare delle anse di un vaso che non è neanche un vaso.
    -Sono d'accordo - rispose Domitilla.
    ...
    Damiano accese il televisore e guardò un film sugli alieni.
    -Quello assomiglia a Carmela... - pensò.
    Nicoletta vinse il ramo dove uno scoiattolo dormiva, battendolo a morra cinese.
    Simona dipinse l'albero di rosa e iniziò a costruirci una casa.
    -Puoi anche darmi una mano eh - disse a Nicoletta.
    -Davvero posso?
    -Ripensandoci, forse è meglio di no... - rispose.
    Susanna si sposò con una tigre invisibile ma quando chiese alla tigre se voleva dei bambini essa sparì nel nulla da cui era venuta.
    Viola si mosse tra le ombre delle persone succhiando loro energia vitale. Arrivato un momento in cui fu troppo esposta alla luce del sole si tuffò nel cervello di qualcuno e ci si nascose dentro come un virus in un computer.

    Edited by Matthew97 - 12/7/2016, 04:51 PM
     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 29 - Un cielo

    Carmela si strizzò i capelli come un panno bagnato.
    -Piove di brutto... - disse a Viola.
    -Devo dirtelo, sei talmente egocentrica che compari più di me.
    -Sul serio?
    -Vedi? Non lo vedi?
    Carmela si alzò dal suolo mentre sbuffava il fumo della sigaretta nell'aria.
    -Cioé, fammi capire, tu stai dicendo che ti senti esclusa?
    -Proprio così.
    -Ma perché tu non piaci proprio a nessuno!
    -Ah, è così? - rispose Viola.
    Le prese la sigaretta e gliela spense sui capelli che le presero fuoco.
    Viola sorrise e la guardò urlare di dolore.
    -Maledetta! Puttana! Quella bastarda di tua madre che ti ha creato è mia! Fanculo sto morendo bastarda! - gridò Carmela e le si avventò sulla gamba.
    Viola le schiacciò la testa con l'altra gamba e la spinse sul suolo facendoglielo inghiottire.
    Il fuoco non si spense, ma proseguì. Viola la tenne ferma finché non le ebbe bruciato tutti i capelli. Carmela si fiondò sulla sue gambe per farla cadere ma Viola le diede un calcio sulla bocca rompendole i denti.
    Dopodiché la prese, affranta, e bagnata di fiamme, distrutta nell'orgoglio e nello spirito, e scuotendola per la collottola le gridò:
    -Come ti senti puttana? Ti senti meglio? Ti senti meglio dopo che mi hai insultato? Forse no... beh, io si. Mi sento meglio. Mi hai reso proprio felice. MI HAI SENTITO BASTARDA? LO SO CHE MI HAI SENTITO, STRONZA! RISPONDI, MI HAI SENTITO?
    Carmela fece su e giù nel vento e disse frasi sconnesse e doloranti.
    Viola la spinse a terra irritata.
    -Questa è la fine che fanno le protagoniste di merda come te che si credono meglio dei personaggi secondari! - gridò Viola e le sputò addosso.
    Fece per andarsene, ma Carmela gridò a sua volta fermandola.
    -Brutta stronza puttana maledetta, pensi che abbia deciso io di essere la protagonista di questo libro da menomati mentali? Eh? Pensi che volessi io questo ruolo del cazzo? Pensi che sia io a scrivere la mia storia? Fanculo... mi hai spaccato i denti... mannaggia a te bastarda che non sei altro, schifosa lurida, come hai osato, fare una cosa del genere...
    -Sai quanto me ne frega se l'hai deciso te o no, fatto sta che non te lo meriti, ti senti chissà chi, manco a dire che hai ragione, no, sei pessima, e basta, non c'è altro, alla fine...
    -Non me lo merito? E tu? Tu che fai? Tu che faresti per meritartelo? Tu saresti capace? Tu te la meriti l'attenzione della gent... - disse Carmela interrompendosi dopo che Viola le diede un ennesimo calcio in faccia rompendole il naso e rendendola una maschera di sangue.
    -Vuoi sapere se mi merito l'attenzione della gente? Vuoi davvero saperlo? Non ne ho mai avuto l'occasione, perché le teste di cazzo come te sono sempre lì a rubarmi la scena e non mi permetti di fare un cazzo, hai capito? Tu sei sempre lì tra i coglioni, sei sempre lì tra le palle, come se ce ne fregasse qualcosa della tua vita inutile, io non riesco mai a brillare agli occhi di nessuno, non perché non sono in grado, ma perché nessuno mi vede a causa tua! Cazzo... mi hai fatto perdere la voce... guardati, alzati, cogliona, alzati mi fai semplicemente pena, una protagonista che non sa neanche difendersi, guarda che figura di merda che hai fatto davanti ai lettori, eh? Hai visto? Io l'ho vista, l'ho causata, e te lo dico, è stata una cazzo di figata se proprio lo vuoi sapere, ci si vede perdente. E ricordati, io ci sarò sempre, sempre, nei tuoi incubi, nei tuoi sogni migliori, ti perseguiterò sempre, è il tuo destino di subirmi per sempre. Io sono te, ricordatelo, quando io ci sono non fai altro che distruggerti da sola, io sono te, e tu sei me, c'è una parte di te in me, purtroppo e non la sopporto, anche perché non può neanche venire fuori perché ci sei già tu ad esprimerla al posto mio, comunque, ti manca poco. Ti manca davvero poco... cosa? Si, me ne vado, tranquilla, volevo solo vederti schiattare per un altro minutino. Beh, addio. Anzi, a presto.
    -Vaffanculo Viola, io ti... io se potessi ti... tu... sei... - e si interruppe vomitando sangue dalla bocca - Tu sei una stronza, ma di quelle stronze rare, hai detto tutte quelle stronzate, ma la verità è che sei solo gelosa... e... ah, merda non riesco più a parlare, sparisci dalla mia vista - rispose Carmela a fatica e svenne sul suolo come un orso colpito da un tranquillante.
    -Tsk, guardati, dormi, dormi. Io intanto ti ho spaccato il culo, quindi gelosa o non gelosa, chi è che ha vinto? Chi è che ha fatto la figura migliore? Mi sento benissimo. Arrivederci - rispose Viola e camminò via lasciandola lì nel parco gelido, di quel giorno orrido.
    Carmela cercò di sollevarsi ma si sentì il corpo esplodere.
    Si tastò la testa e sentì che era piatta.
    Non aveva più capelli.
    -Quella stronza, che cazzo mi hai dovuto fare, e per quale motivo, chi cazzo ti ha mai fatto nulla, chi cazzo ti conosce, Viola di merda! - gridò al vuoto.
    Con le lacrime che le rigavano le guance grattò la terra del parco con le dita fino a scavarsi una buca di piccole dimensioni.
    Sentì le dita rosse, e tremolanti.
    Batté i pugni delle mani a terra.
    -Maledetta, bastarda, se ti becco ti ammazzo, se osi ritornare lo vedi che cavolo ti faccio, come ti riduco a te, schifosa, ti odio, mi fai semplicemente vomitare! - continuò a gridare strusciandosi la felpa a terra e lasciandosi cadere e andare completamente.
    Guardò il cielo.
    Era l'unica parte del suo corpo che in quel momento riusciva a guardare.
    Viola si incamminò lontano da lei, lontano da quella persona assurda, piangendo e tirando su col naso.
    -Carmela, perché... perché nel nome del cielo ti sei fatta tutto questo? - disse e pianse come una bambina.
    Il sole illuminava un mondo che forse non aveva nessuna luce propria. Un mondo senza futuro.
    Carmela si alzò dal suolo e si strizzò i capelli come un panno bagnato.
    -Che caldo, meglio andare a bersi qualcosa - disse e sparì nelle nuvole della troposfera.
     
    Top
    .
  6.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 30 - Solo 1 secondo

    Carmela bevve un bicchiere di se stessa e si dissetò.
    Scese da un gradino nell'aria e atterrò sul suolo.
    Corse e si nascose in un cespuglio.
    Si guardò intorno.
    Nessuno.
    Uscì tenendosi forte alle gambe e alla loro velocità.
    Schizzò verso la luce dell'universo, verso la casa di Viola.
    Inciampò in un gancio sul terreno e volò molto lontano.
    Fece un volo dalla California all'Italia, senza ali e senza l'Alitalia.
    Volando nell'aria sentì il cielo sussurrarle: deficienteeee, torna nel tuo nido, deficienteeeee, torna nel tuo nodo.
    Rise come una persona stupida e poco stimabile.
    Fece una parabola discendente e scese nelle scoscese nuvole, fino ad atterrare dentro casa sua bucando il tetto e distruggendosi la schiena sul pavimento.
    -Aaaaaaaah! Viola ti uccido! Io, mi sono fatta male, alla fottuta schiena, porcaputtana se mi fa male, cazzo, se è dolore codesto! - gridò.
    Uscì dalla camera e rotolò nel nulla delle scale, atterrando in salone.
    Si sollevò e come una pecora uscì dalla porta d'ingresso per esplorare il mondo.
    Era così, vasto, dolcemente complicato, pieno di vuoto.
    Si incamminò ballando un ritmo selvaggio e raggiunse Viola.
    -Eccoti! Ci si rivede, come butta, matta, malata, ma comunque posata e levigata con grande cura da madre natura, e beh, chi la dura la vince, e io l'ho duro e sono una lince!
    -Oh, mi sei venuta a trovare... ma non mi va di vivere... ehm, scusa, non volevo dire vivere, volevo dire, parlare, non mi va di parlare, mi sono sbagliata, dicevo, non mi va di parlare, quindi sparisci, o mi altero.
    -Alterati pure - disse Carmela con allegria.
    -Senti stronza sparisci o ti uccido, hai capito? - gridò Viola e la afferrò per le guance.
    All'improvviso si bruciò la mano e urlò di dolore.
    -Ho le guance di fuoco, non si toccano - disse Carmela sputando bolle di arcobaleni scaleni.
    Viola rise e la abbraccio.
    -Vieni qui, furfante, vieni qui.
    -Vengo - rispose Carmela e si fece abbracciare.
    Le due presero entrambe fuoco e si dissolsero nel nulla dell'aria e del vento tropicale e sottomarino di una città migliore di quella.
    Passando per la strada Nicoletta accennò un sorriso.
    -E' proprio un miracolo natalizio... grazie babbo - disse e si portò un piede sulla faccia per coprirsi le lacrime.
    Poi zoppicando scomparve lentamente nell'orizzonte della follia di una strada magica e inutile.
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 31 - Nitrati e bicarbonati

    Damiano si scolò una bottiglia di Vodka e la gettò a terra spaccandola.
    Si trascinò scivolando in una dimensione di triangoli.
    Gli squillò il cellulare. Nella mente. Sentì un ronzio e si buttò a terra appoggiandosi al duro suolo terrestre che faceva su e giù come un trampolino.
    Vomitò dal naso e svenne.
    Susanna lo vide mentre camminava con un gelato in mano.
    Si avvicinò e glielo porse.
    -Lo vuoi tesoro? Ehi, sei vivo? - chiese e glielo spiaccicò in faccia.
    -Vabbé, vorrà dire che lo finirò io, buona notte - disse e lo inghiottì in un boccone.
    Le si congelò il cervello e traballò, finché non inciampò sul corpo di Damiano cadendoci sopra.
    Rimase bloccata in una ghiacciaia tridimensionale e non riuscì a uscirne, nonostante batté con i pugni sullo spesso strato glaciale del suo cervello.
    Si buttò nel freddo e non ne uscì più.
    Viola si incamminò per la strada e li vide.
    Scattò loro una foto e rise sguaiatamente.
    Ma mancò il tasto per inviarla a Carmela e le cadde il telefono dentro la fessura di un tombino.
    Guardò dentro il tombino e l'apparecchio che galleggiava come un uovo sodo cucinato a modo.
    Pianse dalle orecchie e si sedette a terra.
    Si accese una sigaretta al salame e sbuffò un polmone dal naso.
    -Perché è dovuto accadere, perché mi fai questo? - gridò al vuoto.
    Simona notò la scena, e si chiese quello che stava succedendo.
    Aveva finito di fare la spesa, e aveva fame.
    Si avvicinò a Viola e la sollevò da terra.
    -E' tutto a posto, babbo natale ti perdonerà, tranquilla, vedrai l'italia si salverà, vuoi un mandarino?
    -Mah, ma che, macché, dammi un amore oceanico - rispose Viola.
    Simona le strizzò una tetta e rise. Poi fuggì dopo avergli lanciato una banana.
    -Fa bene ai muscoli, mangiala tutta, bambina scema! - gridò Simona prima che la sua voce fu lontana e invisibile.
    Viola si sollevò con la banana in una mano e un rodimento di culo nel'altra.
    Nicoletta vide da lontano quelle tre persone e si chiese perché esistevano.
    Fece un salto e le raggiunse come se fosse sulla luna.
    -Eh, ma la trama? Chi siete? Cosa portate? A che servite? - gridò Nicoletta come se la sua bocca fosse un megafono.
    Viola le si avvicinò arrabbiata e fumante.
    La afferrò per il collo e le ficcò la banana in bocca, poi la strizzò facendola partire nella gola lasciandole la buccia colare dai denti.
    Nicoletta si strozzò e morì, poi resuscitò, morì nuovamente e cadde a terra.
    -Beh? Nessun altro? Nessun altro vuole favorire? Nessun altro vuole venire? - disse Viola con aria di sfida.
    Nessuno rispose.
    Dopo cinque minuti, che Viola si era addormentata a terra, fu svegliata da una formica che le solleticò una narice, e da una voce gelida.
    -Si, un altro c'è! Eccomi! - disse Domitilla.
    Viola la ignorò e riprese a dormire.
    Quando i raggi solari iniziarono a calare e il tramonto a mostrarsi, comparve Carmela silenziosa e furtiva e guardò i corpi di quelle persone a terra.
    Si piegò verso Damiano e gli chiese se voleva andare al cinema.
    -Va bene... - rispose lui.
    Si alzò a fatica e con gli occhi pieni di lacrime.
    -Andiamo - disse a Carmela e la prese per mano.
    Carmela sorrise e lo seguì verso l'infinito della fine.
    Nessuno disse nulla.
    Tranne una voce lontana, e debole.
    ...
    -Ehi, mi avete dimenticato? - disse una Domitilla annoiata e dispiaciuta.
    Nessuno le rispose.
    Trascinò le sue membra via da quel luogo infernale e si diresse verso una vita migliore, terminando la sua passività, anche se solo in apparenza.
    Solo il rumore dei grilli e delle cicale, in una notte da dimenticare.

    Edited by Matthew97 - 12/11/2016, 08:35 PM
     
    Top
    .
  8.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    301
    Scrittore
    +6

    Status
    Offline
    Come sempre è difficile commentare, i personaggi, anche con tutte queste azioni strane sembrano avere una caratterizzazionela , ma mi chiedo se segui una sorta di filo conduttore o se scrivi solo di getto
     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Scrivo di getto, più o meno
     
    Top
    .
  10.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 32 - Gatto nelle mutande

    Carmela se ne stava lì seduta a contemplare l'immensità del nulla.
    Viola si avvicinò e le chiese, a voce molto bassa, come stava, se il suo cuore era lo stesso di una volta.
    Carmela la guardò senza rispondere.
    Si limitò a rimanere lì seduta, immobile, glaciale, pietrificata.
    Viola prese una sedia e si sedette accanto a lei.
    -Sai, io...
    -Non me ne frega un ca... si, vai avanti...
    -Eh, dicevo, io, ti capisco, questi momenti, così... io li capisco...
    -Certo che li capisci, nascono da te... tu mi distruggi...
    -Non prendertela con me, sono così e basta, così come te sei così, io sono così, che possiamo farci?
    -Facciamo che o ci ammazziamo entrambe, o rimaniamo qui, in silenzio... - rispose Carmela e chiuse gli occhi.
    Viola le massaggiò la spalla e si alzò. La vide prosciugarsi e affondare in un buco nero senza ritorno, e non si sentì in grado di fare nulla.
    Prese la porta e uscì, come un ombra.
    Pianse lacrime gialle, poi vide il sole, e cambiò umore.
    Si diresse verso un magazzino abbandonato, nelle vicinanze del quartiere, ed entrò.
    Dentro vide Simona, impegnata ad affilare dei coltelli, con una lama.
    Chiuse la porta e la salutò.
    -Ciao, Viola, che vuoi?
    -Voglio... voglio che tu... voglio che tu mi uccida...
    -Uhm.
    -Si.
    -Guarda, ti odio abbastanza, ma... non voglio mica ucciderti, ti ho pure dato una banana, pensi che non abbia a cuore la tua salute?
    -No, uccidimi, sul serio.
    Simona posò il coltello e la lama a terra.
    La fissò senza capire perché gli stava chiedendo una cosa così stupida.
    Rifletté un attimo. Poi si mise a girare intorno alla stanza.
    -Perché vuoi che ti uccida?
    -Perché sennò Carmela non starà mai bene, io... mi sento responsabile... faccio parte di lei... sono la sua parte peggiore, sono la sua negatività, la sua depressione, tutti i suoi malesseri... devo morire.
    -Ma questa storia è mai stata reale o soltanto una presa in giro? La morte è una cosa seria, Viola.
    -No, è reale.
    -Senti, ma tu sei sicura che funzionerebbe? Non so se hai mai letto il visconte dimezzato di Italo Calvino.
    -Non leggo quella merda, perché?
    -Perché è chiaro leggendolo, che cose simili non funzionano. Un essere umano ha bisogno di entrambe le sue parti per essere completo, funzionante, e sensato. Se dovesse privarsi di te, non sarebbe più una persona reale, sembrerebbe un personaggio di un libro, ma bidimensionale, capito?
    -No. Uccidimi.
    -Adesso basta, esci di qui.
    Viola si avvicinò e la strozzò.
    -Se non mi ammazzi ti uccido!
    -Fallo da sola! - disse Simona e la spinse via.
    Viola la guardò arrabbiata e uscì dal magazzino.
    Notò che il sole era diventato una specie di luna.
    Niente aveva più senso.
    La sua vista si appannò e divenne confusa.
    Si guardò intorno.
    Notò che in un albero c'era la faccia di Susanna che la fissava.
    Si sentì sempre peggio.
    Corse vicino a un lampione ma notò che non era che Nicoletta allungata.
    Le venne da vomitare e svenne.
    Mentre era lì, svenuta, tra la nebbia e gli spiriti, si sentì una voce lontana.
    -Viola, vieni qui, non avere paura, sono tua madre, se al sicuro, tra le mie braccia. Non devi temere nulla.
    -Sei davvero tu? Io... io non ci credo... non credo a queste cazzate... io... - disse.
    Allungò la mano verso quella voce e fu risucchiata da essa come da un vortice.
    Entrò in una dimensione strana e ondeggiante. Vide una panchina e si sedette.
    Tirò fuori il telefono e digitò il numero di Carmela.
    -Pronto?
    -Pronto? Carmela? Non ti sento... ci sei...?
    -Ti sento male... dove sei?
    -Io... sono lì con te, e... ci sarò sempre... - rispose Viola e pianse.
    Carmela fu risucchiata dentro al telefono e la raggiunse.
    In un attimo fu lì accanto a lei.
    -Che cosa hai fatto? Che cosa è successo Viola? RISPONDI! - gridò Carmela e la scosse.
    Di colpo notò che stava semplicemente parlando con se stessa e la sua voce era quella di Viola.
    Si guardò le mani, le gambe, si tastò il corpo. Era Viola.
    Si alzò di scatto e guardò se stessa, in Viola con rabbia confusa.
    Poi fuggì, e corse tra i prati di quel mondo ondeggiante, mentre il cielo rosa la illuminava di dolore.
    Si fermò dopo tanto tempo e si sdraiò all'ombra di un albero.
    -Io... io non... dio, io non capisco, cosa è successo? Perché tutto il mondo sembra così lontano? Cos'è questo posto? Mi sento male... se ci sei... in quel sole luminoso e bianco, aiutami... aiutami a capire... - disse.
    Il calore la annichiliva.
    Squagliandosi, assieme alla temperatura esagerata se ne stette lì, a chiedersi il perché, a chiedersi... quando sarebbe finita... quando quel mondo sarebbe scomparso.
    All'improvviso notò un voltò familiare che la guardava.
    Era Elena.
    -Ehi, Viola, cosa ci fai qui? Perché sei buttata lì? Alzati, no? Che diavolo ci fai lì immobile come un cadavere, alzati.
    -Elena, io... io non sono Viola, io sono Carmela, capito? Hai presente? Carmela.
    -Carmela... no, non è possibile, Carmela è morta, non l'ho più ritrovata, non lo sapevi? L'ho cercata tanto, ma non c'era mai, in nessun luogo, di nessun posto...
    -Ascoltami, non so cosa hai cercato, e dove, ma, fidati di me, sono io Carmela! Non sono morta! Sono viva! Sono qui vicino a te! Ti sto parlando! - disse Carmela agitandosi.
    Elena sorrise.
    -Va bene, Carmela, adesso perché non ti alzi?
    -Mi ricordo, Carmela esiste, cioé, io esisto, era andata al cinema con Damiano, cioé, ero, andata... ci ero andata? Non mi ricordo bene... e...
    -Calmati, ti prego, la tua vita è lì nell'orizzonte, delle foglie e del vento, non abbandonarla qui sdraiata. Vieni, vieni con me - rispose Elena e le porse la sua mano.
    Carmela la afferrò e si alzò.
    Di colpo tutto nella sua mente vorticò come un tornado e vide alla velocità della luce miliardi di immagini e di persone tutte insieme.
    Gridò di dolore e perse la visione di ogni cosa.
    Solo un silenzio e una linea di confine, ormai rimasti, in un mondo grigio, e vuoto, a forma di alcool e carta igienica.
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 33 - Un risveglio brusco

    Carmela si svegliò in un cassonetto dell'immondizia.
    -Cazzo, che puzza... ma che cazzo... che cazzo è successo? Dove cazzo sono? - disse.
    Si contorse nella spazzatura muovendosi tra topi morti, bucce di banana, preservativi bucati, e merda.
    Si arrampicò fuori da esso e cadde a terra sbattendo la testa sul suolo gelato.
    Si accorse di essere completamente nuda e di morire di freddo.
    -Brrr, dove sono i miei vestiti? - disse.
    Si incamminò per la strada e si guardò intorno.
    Cercò di capire dove era finita ma non riusciva a capirlo.
    Si incamminò per un po' e si accorse che niente era chiaro.
    Vedeva a stento.
    Starnutì e sentì il naso gocciolare.
    All'improvviso si lanciò contro una macchina in moto.
    Fu presa in pieno e cadde a terra.
    L'autista preoccupato chiamò immediatamente l'ambulanza.
    Fu portata all'ospedale, incosciente e morente.
    Quando aprì gli occhi, era passato diverso tempo.
    Si guardò il corpo pieno di fili e congegni.
    -Devo tornare a casa, cavolo - disse.
    Un infermiera si avvicinò.
    -Ehi, ti sei ripresa.
    -No, mi riprenderò solo a casa, portatemici.
    -Eh, no.
    -Eh, si, invece.
    -Sennò che fai?
    -Questo - disse e si lanciò fuori dalla finestra.
    Atterrò sul pavimento e morì.
    Poi resuscitò e si diresse verso casa sua, portandosi dietro gli apparecchi dell'ospedale e il coraggio di Ulisse e di ancestrali guerrieri e lottatori.
    Arrivata, bucò la porta con una testata ed entrò.
    Si scrollò di dosso gli attrezzi e si buttò sul pavimento.
    Vicino a lei notò che c'era Domitilla.
    -Vuoi un bacetto?
    -Si - rispose Carmela, afferrandola per i capelli e baciandola in bocca.
    Poi la lasciò andare e si lasciò andare a un sonno profondo.
    Domitilla la osservò pensosa, trovandola penosa, ma interessante, così si alzò e si andò a bere un bicchiere di acqua dissetante.
    Nei dintorni, Viola si mangiò un panino con un braccio dentro e fece un rutto.
    -Pare che la storia abbia preso spunti strani - disse e svanì nel nulla.
    Nicoletta si sedette su un altalena e si mise a leggere un manga sulle arti marziali mentre ascoltava musica e mangiava patatine.
    Susanna la vide e la spinse sull'altalena facendo volare sia lei, che tutte le sue cose a terra.
    -Mi hai fatto male, cattiva - disse Nicoletta.
    -Davvero? Non volevo, scusami - rispose Susanna.
    -Meriti la morte.
    -Sul serio?
    -No, ma suonava intimidatorio, ora sparisci prima che faccio finta di picchiarti.
    -Chiedo venia, diamine, accipicchia, scusa ancora - disse Susanna e corse via.
    Nicoletta fece per sedersi ma notò una puntina da disegno sull'altalena.
    -Non così in fretta - disse Simona.
    -Ah, è così?
    -Si.
    -Bene, non sapevo, ora che so, mi sento meglio, grazie mille, ci si vede in giro - disse Nicoletta e se ne andò.
    Simona si sedette sull'altalena dimenticandosi della puntina e urlò di dolore.
    Elena la vide e rise.
    -Che cavolo ridi, sgorbio?
    -Scusami, vuoi una coda da attaccarti al culo insieme al chiodo? Tipo Ih-Oh?
    -Si - rispose Simona.
    -Te la vado a comprare, aspetta lì - rispose Elena e se ne andò.
    Simona sbuffò e raccolse il manga di Nicoletta e si mise a leggerlo sgranocchiandosi gli auricolari e mettendosi le patatine nelle orecchie.
    -Sapete che c'è? Tutto sommato questa giornata valeva la pena di viverla, siete d'accordo? - disse Simona ai lettori con allegra soddisfazione senza ottenere risposta.
     
    Top
    .
  12.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 34 - Il cervello di Hemingway

    Carmela aprì gli occhi e vide una spirale viola di nulla assoluto.
    Si alzò e mise un piede a terra ma sprofondò in un cratere sotterraneo.
    Cadde e si ruppe in mille pezzi.
    Si rialzò e vide il buio che la circondava.
    Viola, coperta di nero si avvicinò, e le puntò una pistola sulla fronte.
    -Carmela, devi morire.
    Carmela fissò il buco della canna della pistola. Non riusciva a distogliere l'attenzione da esso.
    -Calma, perché? - domandò.
    -Il mondo non può più tenerti, sei diventata una minaccia, vai fermata al più presto.
    -Non ho fatto niente... non ho... tu...
    -Dì le tue ultime preghiere, saluta tutti, prima di sparire per sempre.
    Carmela spostò lo sguardo dalla pistola a lei.
    -E così vuoi uccidermi? Il mondo senza di me? Vuoi che sparisca da questo pianeta? E se ti dicessi che un importanza ce l'ho? E se servissi a cambiare il mondo?
    -No, non servi a un cazzo - rispose Viola spingendogli la canna della pistola sulla fronte.
    -Questo lo pensi tu... il mondo ha bisogno di me... questo libro... ha bisogno di me... sei tu quella inutile! - gridò.
    Viola fece un sorriso.
    -Va bene, facciamo un gioco. Ti do' tre possibilità. Deciderà il destino. Se vivrai oppure no. Un solo proiettile. Roulette russa. Tre tentativi. Se sopravvivi, me ne andrò, e avrai vinto tu.
    -Non farlo.
    -E invece lo farò - disse.
    Tolse i proiettili fuorché uno e fece girare la rivoltella.
    -Sei pronta?
    -Vai - rispose Carmela.
    Viola premette il grilletto, ma non accadde nulla.
    Carmela esplose nel cervello sentendosi una scarica elettrica vibrare per tutto il corpo. Sentì una carica mostruosa di adrenalina improvvisa.
    -Dammi quella pistola - gridò e gli si avventò contro.
    La caricò sulla pancia facendogliela cadere.
    Si buttò a peso morto verso di essa e l'afferrò.
    Mentre Viola fu distratta gliela diede in testa e la fece cadere.
    Corse con i suoi polmoni limitati verso l'ignoto, verso qualsiasi via di fuga.
    Intruppò contro un angelo al sapore di limone e afferrò la sua mano.
    -Ti porto via di qui, idiota - le disse.
    -Vuoi giocare alla roulette russa?
    -Provaci e ti ammazzo - le rispose.
    La portò fuori da quel buco nero sottoterra riportandola in superficie. Poi afferrò la sua pistola e volò via ridendo e bestemmiando.
    Rimase scioccata e sconvolta.
    Si buttò a terra sdraiata evitando per un pelo di essere investita da un ragazzo su una bicicletta.
    Sentì la testa raschiare le formiche.
    Una bambina si avvicinò e la guardò.
    -Che cos'hai? Ti senti male?
    -No, è tutto a posto, un giorno le cose avranno un senso.
    -Anche oggi hanno senso - rispose la bambina e corse via salutandola.
    Carmela si accese una sigaretta e sbuffò nuvole di fumo intorno a sé.
    Continuò a sbuffarle finché non si dissolse, sparendo completamente insieme a esso, nell'ossigeno nell'ambiente.
     
    Top
    .
  13.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 35 - Mi manchi

    Damiano si sedette su un tavolo in un mondo inesistente, e fuori da ogni universo e scrisse una lettera a Carmela.
    -Mi manchi, davvero tanto, eri unica, eri speciale, rallegravi le mie giornate, che fine hai fatto? Perché, perché accidenti sei diventata una stella del cielo? Ti prego torna da me, perché senza di te, la mia vita non ha senso. Voglio stare con te, sentirti parlare, vederti sorridere, vederti piangere, abbracciarti, amarti e coccolarti, voglio sentirti vicino a me, amica speciale.
    Finito di scrivere, firmò Damiano Rana, e la piegò.
    Uscì di casa e la infilò nella cassetta delle lettere.
    Tornò indietro e la salutò baciandola.
    Poi pianse e rientrò in casa.
    Si accovacciò sul pavimento e la sua faccia divenne una maschera di dolore.
    -Carmela, torna da me, ti prego, farei di tutto per rivederti, per accarezzare la tua voce, il tuo essere in me, ti amo, stupida! - disse soffocando nel suo mocciolo. Sputò a terra sangue e saliva e morì in quel gelido giorno di dicembre.
    Mentre moriva a terra vide il suo gatto avvicinarsi.
    Lo ignorò completamente.
    Simona lo vide e si avvicinò.
    -Che diavolo fai lì a terra? Ti ripigli?
    Damiano non rispose.
    Simona si avvicinò e lo accarezzò.
    -Non ne vale la pena, fidati.
    -Non mi importa un cazzo, io voglio solo rivederla, voglio solo ricordarla, voglio averla davanti i miei occhi ed essere invaso dalla sua bellezza e dal suo calore e dalla sua forza.
    -Ci sono passata. Tanto vale lasciarle perdere ste cose.
    Damiano non rispose e aspettò che se ne andò.
    Poi riprese a piangere come un pazzo.
    Guardò il telefono e chiamò Elena.
    -Pronto? Elena? Carmela, ti prego dimmi che sai dov'è... ti prego...
    -Damiano... no, non lo so, l'ho cercata più di quanto avrei dovuto, non c'è, non c'è più, rassegnati...
    Gli occhi di Damiano esplosero di lacrime e strinse il telefono fino a piegarlo come una lattina.
    Si buttò a terra sbavando e sanguinando sul pavimento ghiacciato.
    Si sentì perduto. Era convinto che non sarebbe più tornata. Era ormai sicuro che non l'avrebbe più sentita dentro di se. Che sarebbe stata solo un ricordo lontano trascinato dal vento di un estate antiquata. Cercò di alzarsi da terra ma era paralizzato.
    Vide gocce di mocciolo e lacrime colargli dalla faccia.
    Si sollevò spingendo a terra le mani sporche. Nell'alzarsi si aggrappò al divano e si trascinò dentro esso. Nel farlo si tolse i pantaloni del pigiama e rimase con l'uccello al vento, con una faccia gonfia e dura.
    Nicoletta si avvicinò e lo vide.
    Damiano rise senza volerlo.
    -Che vogliamo farci, eh, è andata così, che vogliamo fare... - disse e spostò la testa di lato per non guardarla in faccia.
    -Sei un genio - disse Nicoletta, poi uscì dalla stanza spaventata.
    Damiano si alzò e si incamminò verso il bagno.
    Sciacquandosi le mani sputò nel lavandino e si guardò la faccia.
    Aveva gli occhi rossi, lividi, il volto rigato di nere righe di dolore.
    Si lavò le mani e le insaponò più e più volte.
    Rientrò in salotto e si rimise i pantaloni.
    Nel farlo tornò a sedersi sul divano e con una voce rauca, catarrosa, e roca, iniziò a parlare.
    -Ho pianto come un disperato, come un pazzo, ed è stata una cazzo di figata se proprio lo vuoi sapere - disse al vuoto.
    Sorridendo, sollevò la testa e guardò il cielo attraverso il soffitto.
    All'improvviso squillò il telefono.
    Ci si fiondò, lo sollevò e digitò il tasto.
    -P-pronto?
    -Ciao Damiano, mi puoi passare Simona? Sono...
    -Si.
    -Allora?
    -Si - rispose Damiano e attaccò.
     
    Top
    .
  14.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 36 - Se va tutto bene apriamo un negozio di liquori

    Susanna si svegliò sudata e agitata. Aprì gli occhi confusa e cercò di alzarsi. Ricadde sul letto e si riaddormentò. Sognò di picchiare un tizio in difesa a un suo attacco e di massacrarlo di botte lasciandolo lì pieno sangue e morente pronto ad andare in ospedale. Spaventata fuggì e si nascose. Sbuffando nell'aria di quel mondo subconscio rimase ferma senza sapere bene cosa fare. Venti minuti dopo si svegliò di soprassalto sudatissima e agitata. Si aggrappò al letto tremando ma si addormentò di nuovo. Sognò di incontrare Domitilla e di trattarla malissimo e di picchiarla. Si svegliò per la terza volta urlando e lanciò il cuscino contro la parete della stanza.
    Si trascinò fuori dal letto, e uscì.
    Era una giornata come le altre.
    Si sedette su una panchina per strada massaggiandosi le tempie.
    Incontrò Domitilla.
    -Ehi, ciao, Susanna! Come butta?
    -Non c'è male... tu?
    -Normale. Senti, ti va di stare con me? Se vuoi puoi dormire a casa mia, ci divertiamo.
    -No, oggi, non... va bene... cioé... devo pensarci un attimo, puoi sparire dalla mia vista... no, ehm, ci sentiamo dopo, tu vai dove devi andare... - rispose Susanna e sorrise.
    Domitilla si offese e sparì.
    Susanna guardò una lumaca e si chiese come si sentiva, se la sua era una bella vita, o una merda.
    Se ne stette lì, ad aspettare qualcosa.
    Ma non succedeva nulla.
    Prese il telefono e chiamò Carmela.
    -Pronto? Carmela? Sono Susanna.
    -Chi sei? - rispose una voce strana.
    -Fa niente - rispose e attaccò.
    Mentre era lì decise di fare un po' di movimento. Appoggiò le mani a terra e fece trenta flessioni. Quando finì era sfinita. Si appoggiò alla panchina sbuffando e ansimando. Poi si rimise a terra e fece 30 sollevamenti per gli addominali. Quando finì li sentì tirare e pungere.
    Non disse nulla e sorrise. Tirò fuori dalla tasca una sigaretta di erba e la accese. Fece un tiro e si appoggiò nella sua mente gommosa e si ammorbidì nei recessi di una cantina viola piena di scope e spazzole.
    Guardandosi intorno capì il senso della vita.
    -Erano solo dei sogni, sogni del cazzo, non ne vale la pena, dio, non mi spaventi! - gridò e si alzò.
    Si diresse verso un negozio e comprò uno smalto rosso scuro.
    Poi tornò indietro e andò a casa di Domitilla. Suonò il campanello e attese.
    -Ciao, sei venuta! - disse Domitilla aprendogli.
    -Si, tieni, ti regalo questo - rispose e glielo diede.
    -Ah, grazie - disse Domitilla sorpresa.
    -Ci vediamo - rispose Susanna e se ne andò.
    -Aspetta, dove vai? - domandò Domitilla.
    -A sognare di picchiarti - rispose Susanna e sorridendo tornò a casa.
    Domitilla non capì e rise senza sapere che altro fare.
    Rientrò in casa e si domandò se Susanna esisteva o era un allucinazione.
    Mentre se lo chiedeva, si mangiò un panino alla milanese e si sedette sul divano guardando il telegiornale.
    -Notizie brutte, come piacciono a me - pensò guardando il mondo a distanza di sicurezza.
    Solo il cinguettio degli uccellini vicino simboleggiava un umanità, un umanità svanita.

    Edited by Matthew97 - 26/12/2016, 14:58
     
    Top
    .
  15.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Member

    Group
    Member
    Posts
    722
    Scrittore
    +21

    Status
    Offline
    Capitolo 37 - Tressette e sette bubussettete

    Viola uscì senza vestiti nel giorno di natale per sentire l'ebbrezza di un bel freddo dentro di sé. Gocce delicate di cascate gommose le affollarono le narici. Sentì una sensazione spinosa e brividosa percorrergli la spina dorsale, il collo e tutto il resto.
    Oh dio, aiuta questa povera fanciulla!
    -Chi ha parlato? - chiese Viola.
    Nessuno, continua.
    -Ok - rispose e si lanciò contro una signora.
    -Buon natale - le disse sorridendo.
    -Aaah, lasciami! - gridò e la spinse via.
    Viola la osservò allontanarsi, poi le corse dietro e si lanciò contro di lei afferrandola per le gambe, facendola cadere a terra.
    -Ma che ti piglia, stupida?
    -Ho detto buon natale, rispondi grazie, anche a te, o ti esplodo il cervello! - gridò.
    -Mollami la gamba! - rispose e le sbatté la faccia a terra.
    Carmela si avvicinò tranquilla mentre mangiava una mela e guardando la scena si sforzò di non ridere.
    -Ah, questi giovani di oggi... - disse la signora e si incamminò via.
    -Non generalizziamo, non sono tutti così, io mi dissocio da quella persona - disse indicando Viola.
    -E va bene, buon natale, contente? - rispose la signora e fuggì.
    Carmela si avvicinò a Viola e le accarezzò i capelli.
    -Belli, sono davvero belli e sinuosi - disse.
    Viola non rispose.
    Carmela si sedette vicino a lei aspettando.
    All'improvviso la sentì starnutire.
    -Tieni, puoi prendere la mia giacca - disse Carmela e gliela porse.
    Viola se la mise senza rispondere.
    Mentre se la metteva Carmela fece un fischio e richiamò a sé un cavallo.
    Nel mezzo della città destò non poche facce perplesse.
    -Cosa? E' un cavallo quello? Mi sento così confusa e contusa...
    -Si, si chiama Fiamma. Gli voglio molto bene, e se qualcuno gli fa del male lo uccido.
    -E quindi? Non mi importa niente di un cavallo.
    Carmela ci salì sopra e la incitò a fare lo stesso.
    -Vieni... vieni con me... - le disse.
    -No, non mi va! - disse Viola e voltò il volto.
    Carmela stufa la afferrò con una forza irreale e la appoggiò dietro di lei.
    -Andiamo! - gridò e fece partire il cavallo.
    Fecero il giro di tutta la città a una velocità incredibile.
    Viola iniziava a capire.
    Iniziava a divertirsi.
    Iniziò a capire la velocità.
    -Bello, che bello, mi sto divertendo un mondo! - disse mentre sputava in faccia a ogni passante che vedeva.
    Carmela fermò il cavallo all'improvviso e Viola le sbatté contro la schiena.
    -Che cavolo ti è venuto in mente di fermarti all'improvviso?
    -Lo vedi quello? E' il cavaliere, il cavaliere senza macchia e senza paura, è il comandante di questa città, solo che lo sa solo lui e io. Insomma, voglio sfidarlo. Sono sicura di poter vincere.
    -Sei impazzita? Fammi scendere!
    -Bene, allora vado! - gridò Carmela e schizzò velocemente verso il cavaliere. Quando lo raggiunse gli diede un pugno sull'armatura ma si fece male.
    La lancia del cavaliere lisciò il suo cavallo.
    -Mi serve qualcosa per colpirlo.
    -Basta, devi fermarti Carmela! - gridò Viola.
    -Uhm - rispose Carmela osservandola.
    -Che c'è? Che c'è adesso?
    -Ho un idea, ma non ti piacerà... - rispose Carmela sorridendo.
    Viola si spaventò e tentò di scendere, ma Carmela la prese e la fece diventare una lancia.
    Si mosse in fretta via dal cavaliere e girò intorno al campo di battaglia investendo parecchie persone.
    Poi si fermò e quando entrambi furono distanti a sufficienza ripartirono, una contro l'altro.
    Carmela scosse il cavallo e lo fece muovere alla massima velocità verso il cavaliere poi gridò a pieni polmoni: - Beccati Viola all'ennesima potenza!
    Il cavaliere puntò la lancia e si mosse come un fulmine senza rispondere.
    Quando si raggiunsero lo scontro fu epocale.
    Carmela prese in pieno volto il cavaliere con Viola e lo trapassò con tutta la negatività e il potere oscuro che potesse possedere, fermando allo stesso tempo la sua lancia con la mano destra e spezzandola come una noce da uno schiaccianoci.
    -Aaaaah! - gridò il cavaliere e cadde come una montagna assieme al suo cavallo.
    Viola divenne una frittella e tentò di tornare ad avere la forma di un essere umano.
    -E' stata una bella sfida, cavaliere, ma alla fine ho vinto, ne ero sicura, comunque non rifiuto un confronto se è per confermarlo, penso proprio che adesso il comandante di questa città sono io! - disse e lo guardò con superiorità.
    -Illusa, illusa e ipocrita... - disse il cavaliere e perse conoscenza.
    Viola tornò in sé e si alzò traballando. Quando vide il cavaliere gli sputò in faccia.
    -Scusala cavaliere, è una gran maleducata, più tardi la sculaccio, beh, allora ci vediamo, spero di poterci vedere anche per giocare a bowling la prossima settimana! Stammi bene, amico mio! - disse Carmela e risalì sul cavallo insieme a Viola.
    Mentre andavano per la città spargendo sputi e auguri a tutti investendoli di amore, Viola fece un improvvisa domanda a Carmela.
    -Ehi, posso provare a guidarlo io il cavallo?
    -Non provarci stronza, questo lo guido solo io e basta - rispose gelida.
    -Fanculo, tanto resta uno stupido cavallo.
    Carmela non rispose.
    -Davvero non posso?
    -No - rispose Carmela.
    Le due continuarono a muoversi su quel cavallo finché esso, stanco e affamato, non si fece spuntare le ali, e proseguì verso il cielo, guidandole verso l'arcobaleno.
    Il cavaliere tornò a casa e si mangiò una bistecca.
    -La prossima volta, la prossima volta sarà quella buona - disse, e senza perdersi d'animo si godé la fine di quel giorno di natale, mangiando e bevendo.
     
    Top
    .
81 replies since 12/8/2016, 15:20   1141 views
  Share  
.