We've got to get in to get out

Avevano combattuto fino allo stremo contro se stessi per dimenticare tutto ciò che avevano passato, tutto il tempo che avevano lasciato indietro e ora non ricordavano neanche il perché.

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    Hueco Mundo

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    Molto coinvolgente questo pezzo, specie la parte del concerto. Le immagini e le sensazioni suscitate in Mary dalla canzone sono molto vivide.
     
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  2. Brat Fitzparker
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    Grazie, Aster, e grazie anche per star... seguendo la storia ^_^
     
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  3. Correttoredibozzeperromanzi
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    ho iniziato a leggere, ma la mia pignoleria mi ha impedito di continuare. ecco un paio di annotazioni sulla prima parte del racconto.
    ___
    (8°rigo)
    "ma Mary non peSava a niente di tutto questo"

    (verso il 14° rigo)" sulla sua perfetta silouette"-->"silhouette"

    16°rigo---Era convinta che niente potesse turbare una così comune e meravigliosa giornata, così come la sua sublime bellezza (è espresso un po' male come concetto, ho capito che vuoi dire, ma "così come la sua sublime bellezza" sembra si riferisca al fatto che "niente potesse turbare" forse va rivisto l'intero periodo dicendo "una così comune giornata, meravigliosa come la sua sublime bellezza"

    dopo c'è scritto " Appena sopra di esse erano incastonati due grandi occhi".
    "occhi incastonati" è un'espressione troppo usata. Io non leggo moltissimo, ma l'ho trovata già decine di volte. É un parere del tutto soggettivo: a me non piace questa espressione.

    "Capelli rossi come le fiamme" -- "come fiamme".
    Se dici "come le fiamme" vuol dire che nel racconto hai già parlato di alcune fiamme e che usando "le" ti ci stai ricollegando

    "due grandi occhi d’un verdi come la giara" ("due grandi occhi verde giada")

    "UN stracciona, senza dubbio." --"una"

    ‘sta volta ("stavolta")
     
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  4. Brat Fitzparker
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    Grazie mille, vedi, l' ho riletta tantissime volte tutta, ma non riesco a trovare gli errori perchè ciò che sbaglio il mio cervello neanche lo registra, lo corregge da solo, neanche lo vedo. Dunque grazie ancora, lo sistemo subito.
    In oltre molti degli errori citati (UN straccione, rossi come LE fiamme, D'UN VERDE come la giara) sono tutte parti che ho corretto e, nel cancellare la frase, ho dimenticato pezzi (quella degli occhi, ad esempio, prima era "d'un verde brillante, come quello delle foglie appena nate, in primavera"), ma avevo bisogno di qualcuno che me li facesse notare, per me erano invisibili. Grazie ancora.
     
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  5. Correttoredibozzeperromanzi
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    io per fortuna ho uno schermo molto grande e vedo ciò che scrivo a caratteri cubitali.
    Un altro metodo quasi infallibile è quello di leggere le bozze convertendole in formato ebook e mettendole su un e-reader che è molto riposante per gli occhi
     
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  6. Brat Fitzparker
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    Non potendo attuare la seconda userò il primo metodo, grazie infinite, tuttavia se mai avrai ancora tempo ti chiederei di continuare a leggere e segnalarmi altri eventuali errori, almeno dei capitoli già presenti, e magari se avessi qualche consiglio sullo stile di scrittura e tutto il resto, lo ascolterei volentieri
     
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  7. Brat Fitzparker
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    Even angels deserve to die.

    Il giorno dopo il concerto, niente era cambiato, o quasi, ma in ogni caso niente importava.
    La musica era finita, e il tempo aveva ricominciato a scorrere sui corpi stanchi che uscivano dal Jack's Rock.
    Erano le tre di mattina e non avevano voglia di parlare, nessuno dei tre. Funzionava più o meno come il down da metanfetamina, e ora Jim pensava solo a quanto fosse tutto una sciocca illusione. Bambini per sempre, sognare per sempre, era impossibile.

    Era passata un'altra settimana, magari due, quasi un mese dal concerto, a dire il vero.
    Quella mattina c'era qualcosa di strano nell'aria. Un suono diverso. Quando Jane aprì gli occhi fu accolta dal metallico vibrare di vecchie corde arrugginite. Aveva sempre pestato troppo, e quasi le venne da ridere a pensarci. Fu il primo giorno in cui si svegliò felice, perchè vide qualcosa: in fondo alla stanza, con la schiena poggiata al muro, Jim stringeva in mano la vecchia Squire rossa come il fuoco. La polvere scivolava via a ogni colpo, ed era scordata. Per chiunque altro il suono sarebbe sembrato stonato, sbagliato, ma non per lei. Jim stava suonando e per lei quello era il suono più bello che avesse sentito.
    Suonava I was wrong, dei Social Distortion. Erano passati quattro anni dall'ultima volta che l'aveva fatto, e Jane sorrise avvicinandosi al ragazzo e sedendosi davanti a lui, che la guardò, ricambiando il sorriso.
    -...stai suonando..- mormorò la ragazza.
    -Già, così sembra, ma.. mi manca una voce-
    -Sai cantare, Jim-
    -Si, ma non da solo- rispose, sorridendo. Lei conosceva la canzone a memoria, quante volte l'avevano suonata, e quante avevano sognato di farlo davanti a una platea sconfinata. Quanto era passato prima che si dimenticassero di quei sogni? Erano bastati una manciata di mesi e qualche ritardo con l'affitto. Era bastata una fuga da casa, ma ora Jim stava suonando. Per un attimo avevano entrambi di nuovo sedici anni, e sognavano di cambiare il mondo, come tutti i bambini che non hanno altro che la loro immaginazione.
    It was me against the world, I was sure that I'd win, but the world fought back, punished me for my sins.
    Erano sicuri di farcela, ma la vita non era incline a ottemperare ai loro desideri, la notte che avevano deciso che ci sarebbero riusciti. E se Dio fosse esistito, magari avrebbe ascoltato, ma lui non c'era o i sogni di due bambini non erano abbastanza forti per arrivare al suo orecchio.
    Mary in tutto questo osservava il ragazzo e per quanto non ne conoscesse la storia, riusciva a intuire quanto fosse un evento quantomeno speciale quello a cui stava assistendo.
    Jane si mise a cantare. Erano anni che non lo faceva, ma se Jim era riuscito a suonare, perchè lei non sarebbe dovuta riuscire a cantare? Aveva una voce forte, profonda, sporca, non era certo una voce che qualcuno si sarebbe mai permesso di paragonare a quella di Whitney Houston, e magari neanche a Patty Smith, ma era sua, ed era calda, ed era bella, a modo suo.
    Aveva sempre cantato, fin da piccola. Era partita da zero, perchè all'inizio era proprio incapace. Se qualcuno glie l'avesse chiesto, avrebbe risposto che non cantava più perchè non le interessava più, ma non sarebbe stata sincera. Non cantava perchè, se prima la faceva sentire libera, ora le ricordava quanto semplicemente non potesse esserlo.
    Ma Jim stava suonando, e lei doveva cantare.
    La canzone finì, e il ragazzo posò lo strumento.
    -..Perchè?- chiese semplicemente Jane.
    -Non lo so, magari perchè mi mancava e in fondo non avevo nessun valido motivo per non farlo, non lo so-
    -... hai deciso di ricominciare?-
    -No.. no, affatto. Ma lo volevo fare per l'ultima volta- rispose lui, e sul suo viso si dipinse un sorriso amaro, un sorriso che fece tremare qualcosa nell'anima della ragazza, ma neanche lei avrebbe saputo dire perchè.

    -Cosa vuoi ragazzo?-
    -Cinque grammi. In fretta.-
    -Datti una calmata, di cosa?-
    -Di entrambe- Jane ora lavorava in un vicolo sulla quindicesima Avenue, ora venivano loro a cercarla, ora sapevano dov'era. Il ragazzino che le stava parlando avrà avuto circa diciassette anni, i capelli scuri accuratamente pettinati stonavano con le profonde occhiaie che solcavano il suo viso. Gli occhi erano spenti, ma lui era agitato, si muoveva a scatti, e cercava qualcosa per calmarsi. La malattia è certo una cura migliore del farmaco, così era lì a comprare la sua malattia al grammo. Non poteva neanche immaginare che i suoi genitori l'avessero scoperto, forse perchè non era abbastanza intelligente, o magari troppo fatto. Non poteva immaginare che avessero informato la polizia, che l'avessero seguito con una pattuglia, che ora fossero appena dietro l'angolo, e che stessero osservando la scena terrorizzati per il futuro del loro povero figliolo e furiosi con quella disadattata che vendeva quello schifo al loro pupillo.
    Neanche Jane poteva immaginarlo, ma quando alzò lo sguardo dai soldi che aveva appena finito di contare, notò un'ombra proiettata da un lampione sulla strada, e capì.
    -Figlio di puttana- sussurrò, si voltò e iniziò a correre, alchè il poliziotto e i due genitori uscirono allo scoperto.
    -Fermati, bastarda, fermati!- urlarono, ma lei non aveva intenzione di fermarsi. Sapeva che sarebbe potuto succedere, l’aveva previsto. Sbucò sulla parallela della quindicesima e continuò a correre verso casa.
    Quanto tempo le restava prima che la trovassero? Dodici ore, forse un giorno, ma erano abbastanza. Era arrivato il momento.
    Entrò in casa di corsa, e iniziò a infilare alla rinfusa tutti i vestiti sparsi per il pavimento della camera da letto nel borsone ai piedi del materasso, insieme a qualcosa da mangiare e ad alcuni disegni e foto che staccò dalla parete.
    -Jim!- chiamò. Nessuno rispose. -Jim!- chiamò più forte. Ancora nessuna risposta. Pensò di essere da sola a casa, e iniziò a staccare dal muro i disegni e le foto. Mise in borsa tutto quello che riusciva a farci stare, tutto quello che poteva portare con se, poi andò in cucina.
    Aprì l'ultimo cassetto sotto i fornelli ed estrasse una scatola in legno. La aprì. La pistola luccicava riflettendo la tenue luce della lampadina. La prese in mano: pesava più di quanto ricordasse. L'ultima volta che l'aveva presa in mano era stato quando l'aveva rubata dalla vecchia casa di Jim. L'ultima volta che l'aveva presa in mano era stata quando era scappata.
    La porta di casa si aprì con uno scatto, e il cuore di Jane saltò su fino alla gola, provando a strozzarla. Era Mary, che vedendo la pistola trasalì.
    -Che diavolo stai facendo?!- urlò.
    -Sta zitta e chiudi la porta. Abbiamo poco tempo. Raccatta la tua roba, stiamo andando via-
    -Che cazzo vuol dire "stiamo andando via"?- l'innocenza di quella ragazzina era ormai persa per sempre. Continuava ad essere una principessa viziata, ma ora lo era di un mondo in cui il trono è una vecchia poltrona polverosa in una casa abbandonata. Ora il suo linguaggio da signora era scomparso, e sotto la gonna corta e le calze a rete non portava le mutande. Ora era sempre lei, ma il suo orgoglio aveva lasciato spazio a segni indelebili di Seconal e Xenax.
    -Vuol dire che ce ne stiamo andando, a meno che tu non voglia rischiare di essere arrestata. Se arrivano qui e ti trovano, scopriranno come ti guadagni da vivere, e ti godrai qualche notte dietro le sbarre e magari un posto caldo in un centro di riabilitazione per ragazzine promiscue. Cazzo, ma dove cazzo è finito Jim?- chiese, dopo aver riposto la pistola ed essere andata verso il bagno. Mary la seguì.
    -Se arriva chi? La polizia? Che diavolo hai fatto? In che casino ti sei...- la voce le morì in gola. Jane era immobile. Nella vasca, il corpo di Jim era immobile. La siringa sporca di sangue ormai rappreso luccicava poggiata sul suo ventre, il laccio emostatico ancora stretto intorno al braccio non serviva più a molto, perchè non c’era sangue che scorresse ancora in quel corpo. La chitarra poggiata al muro, accanto alla sua testa, rifletteva appena la tenue luce proveniente dalle spalle delle ragazze e sembrava compiangerlo, in silenzio. Aveva gli occhi spalancati persi nel vuoto e non serviva più a niente provare a indovinare cosa ci fosse dietro, perchè non c'era niente. Lui non poteva più pensare.
    -Jim?- Quel nome scivolò quasi in un sussurro attraverso le labbra della rossa. –Jim, non fare l’idiota.. dobbiamo andarcene, alzati..- le sue parole erano sempre più deboli, si dissolvevano lentamente nell’ambiente circostante. –Non puoi essere morto, brutto drogato del cazzo, non puoi essere morto, svegliati! Stupido cazzone, non puoi averlo fatto davvero, piantala con i tuoi stupidi scherzi, non sei morto!- aveva alzato la voce mentre si gettava in avanti per colpire il corpo del ragazzo, in un disperato tentativo di riscuoterlo, ma lui non si mosse, non gemette, non parlò. Non fece assolutamente niente e il cuore di lei sembrò spegnersi, così come la rabbia, placato da un pensiero gelido: sapeva che sarebbe successo. Doveva aspettarselo.
    L’aria era fredda, fredda come il suo corpo, e priva di odore, pesante. Era quasi soffocante restare lì.
    Jim era morto. Ora la frase "lo volevo fare per l'ultima volta" aveva acquistato un senso, ma nessuna delle due ci rifletté su. Mary gridò, chinandosi sul corpo sul ragazzo.
    -Cosa facciamo?! Jane, che cazzo facciamo? Chiama qualcuno, chiama l'ambulanza, chiama polizia, fai qualcosa...-
    -Che cosa?! Che accidenti vuoi che faccia?!- urlò. Le lacrime le rigavano le guance, ma non se ne curò troppo. Jim era morto, la polizia l'avrebbe trovato in quella vasca senza vita e avrebbe portato il suo corpo all'obitorio, dove sarebbe stato congelato e dimenticato, e loro non potevano farci proprio niente. -Mary, è morto. Ora piantala di urlare, alzati e aiutami. Dobbiamo andarcene da qui. Non dovranno trovare altro che un corpo, quando arriveranno- la ragazzina rimase immobile. Si chiedeva come potesse restare così calma, come potesse guardare il corpo di quel ragazzo senza fare niente, senza sentirsi impazzire, senza reagire. Non aveva notato le lacrime, nella penombra, non aveva percepito la leggera incrinazione che aveva avuto la sua voce nel dire che era morto, o nel intimargli di svegliarsi, non aveva compreso il dolore che quelle parole nascondevano, il loro peso. Pensava che non provasse semplicemente niente e nonostante avesse le mani che le tremavano per la rabbia e le venisse la nausea al solo pensiero, infilò le braccia sotto le spalle del corpo di Jim e lo sollevò.
    -Che cazzo stai facendo?!- sbraitò Jane, vedendola. Le si avvicinò e la spinse via, facendola sbattere contro il lavandino che si inclinò leggermente. La biondina per un secondo sembrò accasciarsi su di esso, per poi raddrizzarsi, tenendo una mano premuta contro la schiena. Le faceva male, accidenti, un male cane, ma non era il momento per pensarci. Non lo era affatto.
    -Lo sto togliendo da qui, stupida stronza. Non lascerò che lo trovino così-
    -Che diavolo ti importa?! Quello non è più Jim, è solo un cadavere, un corpo, un involucro, che importanza ha?!-
    -Chiunque meriterebbe più di questa squallida fine- Mary era diventata improvvisamente calma. Non urlava, non si agitava. Pensava lucidamente, ora, forse perchè aveva avuto l'onore di vedere di peggio, o forse perchè aveva già sfiorato la follia e si era ripromessa che non ci si sarebbe mai più neanche andata vicino. In quanto all'altra non sapeva neanche lei cosa stesse provando, continuava a ripetersi che doveva stare calma, che ora lui stava meglio, che aveva avuto quello che voleva, ma quella stupida troietta aveva ragione, Jim valeva di più di quella squallida fine e non avrebbe lasciato che nessuno lo trovasse in quelle condizioni.
    Insieme lo portarono fino al materasso, e lì lo posarono. Lasciarono la siringa in bagno e presero la chitarra. Per un istante pensarono di metterla accanto al corpo, ma sarebbe stato inutile, di lì a qualche ora sarebbero arrivati e li avrebbero separati. Di lì a qualche ora Jim sarebbe stato solo un cadavere, e la chitarra un oggetto senza padrone, così decisero di portarla con loro.
    -Hai tutto?-
    -Si-
    -Bene, allora possiamo andare-
    -Un'ultima cosa...- Ormai la mente di Mary si era aperta, finalmente pensava e pensando le venivano in mente tante idee. Aveva diciannove anni di idee da recuperare, e le stavano venendo tutte insieme. Jane la osservò tornare verso il corpo di Jim ed estrarre il rossetto rosso dalla tasca per iniziare a scriver sui residui di ricordi dei due amici che erano rimasto sulla parete. Forse Jim in fondo aveva ragione, forse c'era davvero qualcosa in quella ragazza, oltre la superficialità e quel bel faccino da principessa, magari c'era ancora qualcosa che valesse la pena di essere vista, magari, sotto la mancata esperienza di una vita vissuta da sola, sotto la maschera senza valore che aveva guardato con disprezzo fino a quel momento, forse anche lei valeva qualcosa.

    -Dove stiamo andando?-
    -In California. Ho un amico che potrebbe aiutarci, lì-
    -Si? E come conti di arrivarci in California, a piedi?-
    -Sta zitta. Ecco, prendi e vai al deposito di auto che c'è sulla sesta- disse, lanciandole una piccola chiave -Subito a destra, all'ingresso, c'è una Volkswagen rossa. Entra nel posto del passeggero, metti la chiave nel quadro e aspettami-
    -E tu come diavolo fai a sapere che funzionerà?-
    -Perchè l'ho aggiustata io. Ora muovi il culo, devo fare una cosa- disse, dandole la borsa e la chitarra, per poi allontanarsi in fretta.
    Entrò nel negozio con una bandana legata sul viso e la pistola in mano. Aveva un solo proiettile, ma non l'avrebbe usato, non le serviva. Non aveva pensato troppo prima di agire, anzi, in verità non l’aveva proprio fatto, ma le buone idee sono nemiche della fretta e il buon senso è nemico della paura. Il cassiere dello spaccio avrà avuto una sessantina d’anni e il suo sguardo venne distorto da un’ombra di terrore quando si ritrovò il foro d'uscita di una Magnum 44 puntato alla testa. Era la terza volta che gli capitava una cosa simile nel giro di un mese. Aveva aperto da poco e avrebbe fallito in fretta se quei ladruncoli avessero continuato a portarsi via l’incasso ogni due settimane.
    -Dammi tutto quello che hai, vecchio, e in fretta!- urlò lei. -Metti i soldi in una busta e poggiali sul bancone- continuò. –E non fare scherzi- concluse, mettendo il colpo in canna. Lo scatto sordo dell’arma convinse l'uomo non se lo fece ripetere due volte ed eseguì. Un tocco di classe, funzionava sempre. Jane prese la busta e uscì, senza aggiungere altro. Nascose la pistola nella tasca interna della giacca in pelle, fece qualche passo e abbassò la bandana, per poi iniziare a correre.

    -Dove sei stata?- chiese Mary, che aspettava da circa un quarto d’ora l'arrivo della ragazza.
    -A ritirare i soldi dal nostro contro in banca-
    -Ma noi non abbiamo un...-
    -Appunto- rispose secca, posandole sulle ginocchia la busta con i soldi. -Ora dammi la borsa- la biondina non disse una parola e tirò avanti la borsa, da cui la rossa estrasse il cofanetto della pistola e ve la ripose. Poi lanciò tutto nei posti di dietro e mise in moto. Il motore tossì e singhiozzò, ma si accese, così partirono.
    -Conta quei soldi- disse. -Dimmi quanto c'è-
    -Dove li hai presi?-
    -A te che importa? Contali- lei ubbidì.
    -Abbiamo circa ottocento dollari-
    -Bene, tu quanto hai con te?-
    -Circa trecento-
    -Fantastico, abbiamo quasi milleduecento dollari. Ci serviranno-
    Il tachimetro saliva mentre le luci della vecchia, grande città si allontanavano, venendo inghiottite dalla notte, e Mary si schiacciava sempre di più contro il sedile.
    -Sei pazza?! Rallenta! Siamo quasi a centottanta!-
    -Si, lo so, ci vedo-
    -Chi ti ha insegnato a guidare così? Sei pazza, la finiremo per ucciderci!-
    -Mio padre, e no, non moriremo- Jane sorrideva. Era come se tutto quello la divertisse profondamente. Si sentiva libera come non lo era mai stata, e volava, bruciando la notte e la benzina, forse perché, in quel momento, la morte di Jim non era importante quanto salvare se stessa, ma lentamente il ricordo del ragazzo riaffiorava, e più questo accadeva, più lei premeva sull’acceleratore. L’adrenalina continuava a salire, le gonfiava le vene, le riempiva i polmoni e le annebbiava la mente.
    -Ma se ci schiantiamo...-
    -Oh, insomma, sta zitta e ringrazia, ho salvato il culo anche a te. Anzi, fa qualcosa di utile, sotto il tuo sedile dovrebbe esserci una cartina: prendila e scegli una stazione di servizio. Abbastanza lontana, dobbiamo lasciare spazio fra noi e Seattle-.
    Così la notte del 18 Ottobre del 1990 due ragazze fuggivano, lasciando indietro più di qualche vecchio ricordo coperto di polvere.
    La polizia ci mise ben poco a scoprire chi fosse la ladra dai capelli rossi, poiché sui loro registri il suo nome e il suo viso comparivano spesso. La prima segnalazione che avevano su di lei era quella di una sedicenne. Aveva precedenti per rapina a mano armata, furto d'auto, diverse multe per eccesso di velocità, insulto a pubblico ufficiale e una serie di altri reati minori. Ora, nella sua fedina penale, era stata aggiunta un'altra nota rossa. L'unica cosa che non compariva nei loro registri era il cognome della ragazza. Lei era solo Jane.
    Un’ora dopo erano piombati nel vecchio appartamento, trovando solo il corpo di Jim che fissava il soffitto, immobile, inespressivo, e una scritta rossa, poco sopra di lui: "Even angels deserve to die".
     
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    prima parte
    _______________
    -Si, ma non per una come te
    (sì con l'accento)
    -da dietro l’angolo era spuntato un uomo basso e

    nerboruto. Grasso, maldestro, si avvicinava a lunghi

    passi.
    (se è basso non è molto sensato che faccia lunghi passi)
    --Tre dollari, cazzo tre dollari- mormorò lei,
    (è un errore che faccio spesso anche io: meglio mettere

    "sussurrò" prima della frase sussurrata, così il lettore

    capisce subito che sussurra, senza dover immaginare due

    volte la scena)
    -a chiedere quanto le devo alla mia amica..
    (sempre 3 puntini di sospensione)
    -per poi trascinare la ragazza con se (con sé. invece "se

    stesso" si scrive senza accento oppure con)
    -sbraitò, per poi trascinare la ragazza con se, che per

    quanto provasse a divincolarsi,non riusciva a liberarsi
    (togli il che e riformula usando un punto seguito da "e")
    -Jane passò la notte in cella. La ragazza con i capelli

    rossi si chiamava Jane e passò la notte in cella per il

    furto di un cartone di latte da tre dollari
    (frase ripetuta)
    - Un fantasma di nome Jane (hai detto che si chiama Jane

    3 volte in poche righe)
    -ne sarebbe stata l’ultima ("né")
    -Perchè ti hanno sbattuta qui?- domandò il suo compagno

    di cella. Era un ragazzino, avrà avuto all'incirca sedici

    anni, ed era finito dentro perchè era stato beccato
    ("perché", non "perchè")
    -Hey, ciambella in divisa!- urlò, chiamando la guardia

    che russava fragorosamente adagiata sulla sua sedia da

    ufficio, dietro la sua scrivania, che trasalì e per poco

    non cadde con il culo per terra.
    (usare "che" dopo periodi lunghi allunga a dismisura il

    periodo. meglio mettere un punto e fare 2 frasi anziché

    una lunga)
    - tenevano tutto per se (sé)
    -Era seduta sul lato destro del vecchio tavolo in mogano
    (di un vecchio tavolo, perché è la prima volta che il

    tavolo viene menzionato nella storia)
    - e il servizio d’argento (e un)
    -Sta mattina (stamattina)
    -Non aveva con se ne documenti, ne soldi
    (sé... né)
    -Mary ci rifletté su. Fece fatica, perchè di rado rifletteva su ciò che le accadeva intorno, di solito si limitava a sentire senza ascoltare, ad assorbire informazioni in maniera acritica, ma riflettendoci, pensò che
    (metti un punto prima di "ma riflettendoci" così si capisce meglio)
    - La notte fra il 10 e l'11 Settembre del 90 Mary fu svegliata da rumore sordo e penetrante, uno scoppio
    (da "un" rumore sordo...)
     
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    Però, che occhio :D
     
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    parte 1
    Camminava quando guardò alla sua destra
    (già detto che camminava nella prima frase del racconto)
    __
    quell’estatica e patetica contemplazione
    (patetico significa che crea sofferenza, sicuro che sia
    il termine giusto?)
    ___
    "ma se qualcuno avesse provato a chiederle perchè avesse
    scelto quel tipo di studi, o se le importasse davvero
    della scuola, lei non avrebbe saputo rispondere, "
    forse è meglio creare questa scena con personaggi e
    dialoghi anziché raccontarlo (show don't tell)
    ___
    parte2 (Good times come and good times go)<-- è questa la
    parte 2 vero?
    ___
    "la polizia trovò Mary in bagno. Trovò Mary in bagno

    (ripetizione) raggomitolata dentro la vasca in una pozza
    di vomito, fradicia, e i cadaveri dei suoi genitori."
    Mi dà la sensazione che i cadaveri siano nella vasca. Poi
    alla frase successiva dici dove sono i cadaveri, ma io me
    li immagino sempre nella vasca.
    ___
    ad aprire lo scaFale
    ___
    -->ne<--- la collezione d'arte privata del padre, --

    >ne<-- i costosi gioielli della madre, il cui valore

    ammontava più o meno intorno ai duemila dollari.
    ("più o meno" e "intorno" sono quasi sinonimi, quindi io

    toglierei uno dei due)
    ____
    "Sarebbe potuto tornare a casa"
    (non ne sono sicuro ma forse è "sarebbe potutA", fai

    qualche ricerca)
    ____
    "Aveva una cuffietta di lana in testa, e affondava le

    mani nelle tasche del giaccone nero" (del suo giaccone

    nero)
    ____
    Una barba incolta e disordinata copriva tutta la

    mascella,
    (non c'è scritto di che colore è)
    ____
    ---di solito storie di questo tipo mi annoierebbero, e

    invece sto continuando a leggere, è un buon segno, bello

    bello----
    ____
    ci sono altri errori tipo "se e se", ma a questo punto mi

    concentro più sulla trama perché mi sta prendendo"Così

    passò a casa per recuperare qualche dollaro, ma la

    sorpresa che la aspettava lì non le lasciava tempo per

    altri impegni" ("non le avrebbe lasciato", credo, o mi

    sono perso qualcosa)
    _____
    "Jim non rispose. Si accovacciò davanti a lui e gli diede

    uno schiaffetto". ("Lei si accovacciò" se no sembra che è

    Jim ad accovacciarsi. Così mi devo immaginare la scena

    due volte e non va bene per la fluidità)
    ____
    "biascicò, alchè Jane sbuffò" (al che)
    ____
    "Mi dispiace, Griff, ma sta sera" ("stasera"... anche se

    un personaggio può dire qualsiasi cosa, anche fare

    errori)
    ____________
    Una dei tanti oscuri racconti della periferia di Seattle.

    ("uno"
    ____
    " e tanto disse e tanto fece che Jane, suo malgrado,

    accettò." (sarebbe meglio sviluppare questa azione

    anziché raccontarla indirettamente. E dai, proprio sul

    più bello...)
    ___
    Non è il mio genere però mi sta piacendo.
    Ho letto un libro che parla di situazioni di degrado simili, ma nel futuro: "Vurt" di Jeff Noons.
     
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  11. Brat Fitzparker
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    Allora, riguardo alle ripetizioni, quelle sono volute, nel senso, so che sono sbagliate, tuttavia è una scelta stilistica. Nel caso non si possa fare una scelta simile lo correggerò. Anche nella questione del camminare.
    In ogni caso grazie, sia delle correzioni che del fatte che di aver continuato a leggere, ma credimi quando ti dico che la storia non è quello che sembra, anche se suppongo che non sia il finale a fare il libro ma tutto il contenuto.
     
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    Puoi fare tutte le scelte stilistiche che reputi adatte.
     
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  13. Brat Fitzparker
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    Ho "espanso" la parte che dicevi, oltre che fare le correzioni che mi hai segnalato. Ora quel pezzo è così.

    "-No, ed è l’ultima volta che te lo dico. Tornatene a casa tua, prostituisciti, torna a cercare Griff e sta da lui, non m’interessa, ma levati dalle palle. Se vuoi stare qui devi mangiare qualcosa, altrimenti trovati un’altra a cui rompere i coglioni- disse, e questa risposta non ammetteva repliche, ma Mary era testarda, ed era viziata, e non conosceva la parola “no”, o almeno non se l’era mai sentita dire.
    -Andiamo, una notte, una sola notte e poi me ne vado. Possibile che tu non abbia un minimo di cuore? Fa freddo fuori e non so da chi altro andare, dormirò anche sul pavimento se è necessario, ti scongiuro!-
    -Perché accidenti dovrei far stare da me una biondina senza cervello come te, la stronzetta che per tre dollari di schifo mi ha fatto passare la notte in cella?-
    -Non… non hai motivo, lo so, ma… non so proprio dove andare- sussurrò, ormai prossima alle lacrime.
    Jane chiuse gli occhi e sbuffò. Sapeva che se ne sarebbe pentita.
    -E va bene. Una notte- disse. –E poi sparisci. Se ti rivedo ti do un calcio in culo così forte che i tuoi nipoti sentiranno dolore alle chiappe tutte le volte che dovranno sedersi, o che anche solo penseranno di farlo, ti è chiaro?-
    Mary non rispose, annuì semplicemente: si sentiva patetica, infima, per aver chiesto un simile favore a una persona di quel genere, a una stracciona. Ma qualsiasi cosa era meglio che tornare a casa. Lei non lo sapeva con certezza, ma la sua mente non avrebbe retto, non sarebbe riuscita a muovere neanche un passo nella sua meravigliosa gabbia d’oro ormai sporca di sangue."

    Oh, perfetto, grazie Aster
     
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  14. Brat Fitzparker
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    Death or glory become just another story.

    Jane spense la macchina e sospirò, aprendo la portiera.
    Erano uscite da Seattle sulla 405 per poi guidare sulla route 5 fino a Longview, dove avevano parcheggiato in uno spiazzo vuoto all'ingresso della città. Avrà avuto si e no mille abitanti, era piccola, dimenticata da Dio, quale scelta migliore per dormire qualche ora?
    -Sta notte restiamo qui- disse infine, accendendo la sigaretta.
    -Qui? In macchina?-
    -Si, tesoro, in macchina. E domani guidi tu-
    -Ma io...- iniziò. La ragazza si volse.
    -Tu cosa?-
    -Io non so guidare-
    -Come diavolo è possibile che una ragazza di vent'anni non sappia guidare, accidenti?- Mary non rispose, lei pensava ad altro, pensava a Jim. L'immagine di quel corpo vuoto e senz'anima steso nella vasca, e di tutti i sogni che nascondeva, che avevano perso colore come il suo volto, diventando prima olivastri, poi pallidi, la faceva sentire labile, fragile, immeritevole di essere ancora viva, in fin dei conti, in lei non c'era altro che sangue, in lui c'era stato molto di più, e ora era solo carne marcia.
    -Da quanto conoscevi Jim?- chiese.
    -Da un po'- Jane non aveva davvero voglia di parlarne, o forse si. Ci stava pensando, stava rivivendo tutto il tempo che aveva passato con quel ragazzo, non piangeva più, qualche lacrima era bastata, perchè sapeva che prima o poi sarebbe successo. Non aveva ancora fatto in tempo a sentirne la mancanza, ma aveva perso un fratello, e non poteva fare a meno di ripercorrere tutti gli anni e le stronzate con cui lui aveva riempito il suo tempo.
    La macchina piombò nel silenzio e lei accese la radio. Dead or Glory, dei Clash.
    Lo speaker la annunciò svogliatamente. Forse avrebbe dovuto essere a casa, pensava mentre faceva partire il brano, a parlare con suo figlio, che non andava più a scuola da tre settimane per restare a casa del suo migliore amico a suonare, ma ora era lì, a lavoro, nella lista quella era la prossima canzone, e per quanto non gli piacesse, doveva mandarla in onda, così si limitò a dirne il nome, senza pensarci troppo, distratto dalle sue questioni personali.
    Now every cheap hood strikes a bargain with the world
    Ends up making payments on a sofa or a girl
    Love 'n hate tattooed across the knuckles of his hands
    Hands that slap his kids around, 'cause they don't understand how.

    -Come vi siete conosciuti? Parlami di lui..- sussurrò Mary, e lei non sapeva se farlo o no. Ancora si chiedeva se avesse dovuto raccontarle qualcosa, perchè forse in fondo non meritava di sapere, ma erano lì, in una vecchia Volkswagen appena fuori da Longview, a chilometri e chilometri da casa, ed erano sole, e forse quella troietta bionda era l'unica a meritare almeno un minimo la storia di Jim, e poi lui avrebbe preferito raccontargliela. In fin dei conti, perchè aveva portato con se quella ragazza, se non perchè lui l'avrebbe voluta? Ci aveva visto qualcosa, e ora quel qualcosa, qualunque cosa fosse e ovunque fosse, nascosto in lei, meritava una storia.
    -Siamo nati entrambi in California, a Rodeo, viveva a due isolati da me. Ci siamo conosciuti quando avevamo sei o sette anni, era un ragazzino buffo, e come me non aveva molti amici. Dei bulleti, all'uscita di scuola, gli avevano rubato lo zaino e io ero intervenuta. Tanto coraggio in un corpo così piccolo non servivano a molto. Il risultato era stato che entrambi i nostri zaini erano finiti in cima a un albero, e che era nata una semplice amicizia fra bambini. Sua madre era farmaco-dipendente, aveva un cancro terminale e il padre era un ex minatore a cui non era rimasta che una gamba senza cartilagine, un pancione da birra e un pessimo carattere. Dio, quanto odiavo quell'uomo...- storse appena il labbro, come per respingere un conato di vomito. -.. a dodici anni già fumavano, dei bambini un po' precoci, lo ammetto, ma non lo facevamo per fare i grandi o che so io, lo facevamo di nascosto ed eravamo sempre insieme, sempre soli, non ci piacevano gli altri, eravamo dei piccoli sfigati, senza una bella casa, dei genitori meritevoli di questo nome e un vestito carino, anche i bambini ti odiano, se sei figlio di nessuno, anche loro hanno dei pregiudizi. Una volta una ragazzetta poco più grande di noi alla mensa di scuola mi versò tutto lo yogurt in testa, e ridacchiando disse che mi stava sicuramente meglio della vecchia maglietta scolorita e bucata che indossavo, così mi ritrovai a dare il mio primo pungo... ma questa è un'altra storia, comunque lui suonava già, ed era già bravissimo, e io cantavo per lui ed ero davvero una frana, ma lui mi diceva di continuare a provare perchè potevo riuscirci. Credeva in me, e mi bastava. Rubavamo insieme qualche birra dal get market del quartiere e andavamo nella sua soffitta, dove suonavamo per ore, abbiamo fatto canzoni su canzoni, che parlavano dei bulli e delle troiette che ci prendevano in giro, ma nessun bambino di dodici anni può formulare pensieri più filosofici di quelli. A quattordici anni iniziammo a farci degli amici, ragazzi come noi. Tasche vuote e testa piena di sogni e di domande. Il più grande gruppo di sfigati di tutta Rodeo, ma eravamo i sovrani del sottomondo di quella città, eravamo la minoranza, e ne andavamo fieri. Ci sentivamo diversi, magari anche migliori, ma quello non aveva importanza, sapevamo di non sapere niente, e sapevamo che un giorno saremmo stati tutti uguali. Re e servi vanno tutti nello stesso posto quando muoiono. Loro ci insegnarono il punk, ci insegnarono il loro modo per riscattarci di tutta la merda che avevamo preso.. ricordo ancora la prima canzone che sentimmo: Generation X, Kiss me Deadly, e quello, bè, cambiò tutto. Alla fine dell'anno rubavamo di nascosto l'auto del padre di Jim per andare tutti insieme alla Christie Road, e restavamo lì ore a fissare quei binari e a chiederci dove portassero. Una volta li abbiamo anche seguiti a piedi per qualche chilometro, ma non siamo mai arrivati alla fine. Parlavamo di come avremmo cambiato il mondo e la nostra storia, di come saremmo arrivati in alto per guardarci indietro e pensare "diavolo, ce l'abbiamo fatta"-
    In every gimmick hungry yob digging gold from rock 'n roll
    Grabs the Spike to tell us he'll die before he's sold
    But I believe in this and it's been tested by research
    He, who fucks nuns, will later join the church.

    -Quell' anno, poi, sua madre è morta e suo padre è quasi impazzito, aveva iniziato a bere tanto, troppo... e si sfogava sul figlio. Dava a lui la colpa di tutto. Un paio di volte aveva saltato la scuola perchè aveva la faccia così tanto piena di lividi che aveva paura che le professoresse si preoccupassero e chiamassero i servizi sociali e lui era Jim, riusciva comunque a voler bene a suo padre.. riusciva a voler bene a tutti, anche a chi non lo meritava. Lo reputavo un idiota per questo, ma in fondo lo invidiavo, perché per me non era lo stesso, perché non riuscivo a essere così buona, così pura..- sospirò. Era una lunga storia, e si sentiva come se non stesse dicendo assolutamente niente di quello che voleva davvero dire di lui. -Quando non veniva a scuola io restavo con lui fuori, e andavamo alla spiaggia. Ridevamo, giocavamo, facevamo il bagno vestiti e cantavamo canzoni proibite a degli stupidi ragazzini come noi. Una volta avevamo bevuto, giusto un po', e quell' idiota si era aperto la testa tuffandosi su un sasso, ma ovviamente non avendo un’assicurazione sanitaria ed essendo minorenni non potevamo andare in ospedale, così eravamo andati a casa di uno dei ragazzi e avevamo tamponato la ferita con garze e cerotti. Alla fine gli era rimasta una gigantesca cicatrice, ma lui diceva sempre che sarebbe stata la storia stupida che avrebbe raccontato ai suoi amici ogni notte, al bar, da vecchio, per riderci sopra e bere un sorso di birra. Era un ragazzo davvero strano, era davvero fantastico.
    L'anno dopo alcuni di noi scoprirono il 924 Gilman street.. che suppongo tu non sappia cosa sia, vero?- Mary fece di no con la testa.
    -Oh, bè, non mi sorprende, diavolo, e hai il coraggio di definire vita quella che hai vissuto fin ora? In ogni caso, è un.. locale, si, possiamo definirlo così, come il Jack's Rock, in effetti, stessa aria, stessi odori, ma era l'unico nel raggio di miglia, lì, e per noi era il paradiso. Conoscemmo gruppi come i Bad Religion o NOFX. Non eravamo più solo cinque ragazzini strani, lì dentro. Eravamo un vero e proprio esercito, una comunità. Da allora iniziammo a scrivere canzoni, canzoni vere, iniziammo a lavorarci, ed eravamo quasi pronti, eravamo quasi bravi. Credevamo davvero che ce l’avremmo fatta, che avremmo suonato davanti a migliaia di persone che lassù, sul palco, saremmo stati finalmente felici, liberi. Ci promettemmo che se avessimo fallito ci saremmo sparati un colpo in testa a vicenda perché non sarebbe valsa la pena andare avanti, in fondo lui è stato di parola, sono io ad essere in torto, sono io a non aver onorato il patto.. ma la possibilità di fallire non era seriamente stata contemplata, perché non lo credevamo possibile. Non si trattava di arroganza, ma più che altro del bisogno di credere ciecamente che ci fosse qualcosa di migliore, oltre i giorni passati a scappare dalle nostre famiglia, da quelli che ci trattavano da sfigati, avevamo bisogno di sapere che un giorno sarebbe stato… diverso- fece una piccola pausa, chiudendo gli occhi. Sentiva quelle sensazioni come appena passate, il sudore sulla pelle, l’emozione che gli dava quella musica, i loro visi felici e liberi. Il viso di Jim, felice, libero. Quel ragazzino pieno di sogni, quel viso sporco e vivo, in mezzo alla folla, ora era uno stupido ricordo, niente di più, e tutti quei sogni, bè, nient'altro che parole gettate nel vento.
    -Da anni pianificavamo di scappare, di rubare una macchina e di andare lontano, non aveva importanza dove, solo lontano, ci scherzavamo, ma non ci sembrava concreto, non fino a quella notte.
    Io ero andata a casa sua, come spesso facevo la sera, dopo cena: mi arrampicavo fino alla finestra ed entravo in camera, per restare lì a parlare finché non ci si chiudevano gli occhi e iniziavamo a mugugnare frasi sconnesse. A quel punto rientravo. Di solito il padre dormiva, accidenti, quel bastardo non faceva quasi altro, ma quella notte era sveglio. Era piombato in camera di Jim con una vecchia mazza da baseball e ci aveva trovati entrambi lì, nascosti sotto una tenda fatta di coperte con una piccola torcia, intenti a correggere una canzone su cui lavoravamo da un pezzo. Si mise a urlare, disse che Jim era uno stronzetto che tentava di prenderlo per il culo, ma che non aveva idea di chi avesse davanti. Aveva l’alito che puzzava come una distilleria. Gli disse che era colpa sua e del suo atteggiamento se la madre era morta, per poi iniziare a colpirlo con l’arnese che stringeva in mano. Io sono corsa al piano di sotto e ho trovato la pistola, in un cassetto, nel comodino accanto al letto matrimoniale della stanza dei genitori. L’ho caricata con tre colpi e mi sono ritrovata a puntarla addosso all’uomo mentre tentavo di non vedere quel ragazzino steso a terra, con il naso sanguinante e un braccio rotto. Non capivo esattamente cosa stessi facendo, ero solo spaventata e pronta a tutto per aiutarlo. La pistola era pesante, la dovevo tenere con due mani, ed era fredda, gelida. Eravamo poco più che bambini, non eravamo neanche in grado di elaborare quello che ci stava accadendo. Sparai alla cieca, colpendo la finestra, che si infranse in una miriade di schegge che tintinnarono nel cadere Il padre allora si voltò e arretrò, spaventato e confuso dal rumore, dando a Jim il tempo di prendere la sua chitarra e correre verso di me.
    Rubammo la macchina e partimmo, con quella voce che urlava alle nostre spalle. “Non tornare più!” diceva “O ti uccido, hai capito? Non tornare, brutto schifoso pezzo di merda! Ingrato bastardo!”, accidenti, la ricordo ancora, chiara e forte come se fosse appena successo.
    Abbiamo guidato per tre giorni, prima di fermarci a Seattle. Siamo scesi dall’auto pieni di sogni, convinti che ad aspettarci ci fosse un mondo di possibilità, convinti di poter essere finalmente felici per davvero, ma quella città marcia ci ha uccisi, nel caso di Jim, bè, letteralmente. E lui non ha mai odiato suo padre, dopotutto. Non ci è mai riuscito. Era buono e mi sono sempre chiesta come facesse- la storia era finita e niente era risolto, niente era cambiato. Quel ragazzo restava un ricordo, quella storia restava senza lieto fine e per quanto Jane potesse raccontarla mille volte, sarebbe sempre finita male.
    Got launch long way, fight a long time, get to travel over mountains., got to travel over seas.
    We gonna fight your brother.
    We gonna fight till you lose.
    We gonna raise trouble.
    We gonna raise hell.
    We gonna fight your brother.
    We gonna raise hell.
    Death or glory becomes just another story.
    Mary ora guardava oltre il parabrezza, e pensava. Pensava a quanto poco valesse la sua vita, rispetto alla loro. Doveva morire lei, non Jim. Aveva sempre avuto tutto, e lui non aveva mai avuto altro che un mucchio di polvere e di parole sgarbate e offensive. Ne una madre, ne un padre.
    Voleva chiedere altro, vedere di più, sapere cosa aveva provato, ma lui non c’era e il segreto di come ci si sente ad essere un condannato dall’inizio alla fine era andato via con lui.
    Jane intanto nascondeva il viso, per lasciar scendere l’ultima lacrima che, solitaria, venne raccolta da un ricciolo disordinato. Quello sarebbe stato il suo elogio funebre, e poi più niente.

    -Da chi stiamo andando?- Chiese Mary. La macchina correva silenziosa lungo a route 5. In sottofondo ancora i Clash, I fought the law, questa volta. Jane fissava oltre il parabrezza, ma non guardava la strada. Avrebbe dovuto, perché in effetti andava a più di centottanta e avrebbe potuto uccidere qualcuno, ma non le importava affatto. Pensava all’ultima volta che aveva percorso quella strada, e sembrava strano, ma ricordava ogni incrocio, ogni cittadella dimenticata da Dio, ogni cartello. Quel viaggio aveva cambiato la sua vita una volta, ora la stava riportando indietro e, con un po’ di fortuna, a casa.
    -Da uno dei ragazzi di Rodeo- rispose.
    -Chi?-
    -Un ragazzino, non so neanche se viva ancora lì, in effetti-
    -Stai scherzando spero-
    -No, affatto. Non so neanche che aspetto abbia ora, ma sono passati appena quattro anni, non potrà essere cresciuto troppo, e in ogni caso abbiamo ancora una notte da passare in macchina e mezza giornata di viaggio prima di arrivare. Oggi superiamo Portland, Salem, Albany, Eugene e ci fermiamo a Creswell- rispose, e Mary decise di cambiare discorso. Tutte quelle ore di viaggio la deprimevano più della possibilità di non trovare alloggio una volta arrivate.
    -..ti chiederanno cosa è successo a Jim..-
    -Già, bè, gli dirò semplicemente che è morto-
    -Penso che lui meriti di più che un semplice “è morto”-
    -Oh, dannazione, e tu che ne sai? E poi loro sapevano chi fosse, l’hanno conosciuto, l’hanno sentito suonare, cantare, cosa devo dirgli? Che è morto di overdose nella vasca di un appartamento da due soldi a Seattle, con niente più che sogni infranti e una siringa in mano?-
    -No, ma magari qualcosa..-
    -Mary, sta zitta. Non conoscevi Jim, a malapena gli parlavi, all’inizio, da quanto ti faceva schifo, credi che non me ne sia accorta? Oh si, tesoro, perciò tappati la bocca- si pentì tutta in una volta di averle raccontato la sua storia. I desideri di quel ragazzo, in effetti, ora non contavano più.
    -Ma perché accidenti mi tratti ancora così? Che ho fatto per farmi odiare? Andiamo, è ancora per la storia dei tre dollari?-
    -Niente, ed è proprio questo. Non hai mai fatto niente, quei tre dollari erano la colazione di un povero figlio di puttana senza una casa o una famiglia, hai mai fatto qualcosa per qualcuno, nella tua misera vita? Hai mai anche solo guardato in faccia qualcuno che non fosse del tuo stesso ceto sociale?- la biondina si morse il labbro, abbassando lo sguardo. Aveva ragione. Non aveva mai fatto niente, nella sua esistenza, se non per se stessa, ma ora aveva iniziato a capire, giusto? Non era più la ragazzina che si era rifiutata di dare tre dollari per una questione di orgoglio, no, ora era la ragazzina che si sarebbe rifiutata di dare tre dollari perché, probabilmente, quelli sarebbero stati la sua cena.
    -..sto imparando, adesso, mi sono resa utile, alla fine-
    -Facendo cosa? La puttana? Andiamo, non l’hai fatto per contribuire, per fare il tuo, l’hai fatto perché volevi un posto dove stare, e perché quello era l’unico lavoro che poteva fare una bambolina come te-
    -Sempre meglio che vendere la stessa merda che ha ucciso il tuo unico amico- rispose. Jane frenò di colpo, facendole quasi sbattere la testa contro il cruscotto. –Ma sei pazza?!-
    -Scendi- disse semplicemente. –Scendi dalla mia fottuta macchina-
    -Cosa?! Sei diventata matta?! Siamo in mezzo a un’autostrada dimenticata anche dal diavolo e tu vuoi lasciarmi qui?!-
    -Esatto. Non osare discutere, avrei potuto buttarti giù in corsa, non c’è bisogno che ringrazi, solo vattene-
    -Perché?! Ho solo detto la verità. È quello che hai fatto, che ti aspettavi? Vuoi giudicarmi per quello che faccio? Fantastico, lo farò anche io. Vuoi lasciarmi qui? Grandioso, solo per non sentirti dire che non vali niente almeno quanto non valgo niente io? Posso essere stata la peggiore di quelle ragazzine viziate, o posso esserlo ancora, ma ora sono come te, ora sto scappando con te da Seattle perché mi sono ridotta a vendere la mia fottuta verginità per cento dollari, per sopravvivere, come fai tu. Prima non vedevo altro che il mio ceto sociale? Bene, ora non ne faccio più parte, e finalmente mi sto guardando intorno. Posso essere migliori di qualsiasi cosa io sia stata- Jane la squadrò, poi ripartì. L’aveva lasciata restare non perché l’avesse convinta, o perché l’avesse zittita. Non l’aveva tenuta con se perché le facesse pena, o perché fosse preoccupata della fine che avrebbe fatto se fosse rimasta sulla route 5 per più di dieci minuti da sola, ma perché, a volte, quella stupida ragazzina parlava proprio come Jim. Perché proprio come lui, ora, non aveva detto altro che la verità.
     
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    a dodici anni già fumavano,

    Fumavamo.

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    get market

    Avevano rapinato Apu dei Simpsons? XD
    Comunque, non so se si scriva get o jet.


    Povero Jim, ma alla fine è morto da libero. Non resta che vedere cosa faranno quelle due mine vaganti assieme. Sospetto che il ragazzo da cui stanno andando sia quello che Mary ha già incontrato in precedenza.
     
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131 replies since 4/5/2016, 10:56   1072 views
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