Anime di metallo

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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 3/6/2013, 23:29) 
    Rick-Ronnie-Kelly... che ménage à trois!

    Questa cosa ancora non mi è chiara, quindi ti esorto a continuare per sciogliere i miei dubbi! :D

    Ahahaha in effetti ci sono parecchie domande a cui è impossibile al momento dare risposta! :D
    Il prossimo capitolo arriverà a breve!
     
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  2. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 4/6/2013, 01:23) 
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 3/6/2013, 23:29) 
    Rick-Ronnie-Kelly... che ménage à trois!

    Questa cosa ancora non mi è chiara, quindi ti esorto a continuare per sciogliere i miei dubbi! :D

    Ahahaha in effetti ci sono parecchie domande a cui è impossibile al momento dare risposta! :D
    Il prossimo capitolo arriverà a breve!

    Questa notizia mi riempie di gioia! :gioia:
     
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    Questa notizia mi riempie di gioia!

    :D
     
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    E per la soddisfazione di Gab, ecco la prima parte del capitolo 9! :D



    Capitolo 9.
    Yuma se n’era andata via da casa al mercoledì, aveva visto Heaven per l’ultima volta al giovedì, ed era già domenica.
    Alloggiava insieme a Ronnie in un piccolo albergo e quel giorno non aveva lasciato la stanza fino alle cinque del pomeriggio. Aveva trascorso gli ultimi due giorni a fare ricerche, ma senza risultato. Si era scoraggiata e, se non fosse stato per Ronnie, avrebbe rinunciato.
    «Torniamo a casa?» gli aveva proposto.
    «Non mi sembra il caso» le aveva risposto lui, e non perché non volesse ospitarla a casa sua.
    «Qui non c’è più nulla da fare» aveva replicato Yuma.
    «Non sei arrivata al tuo scopo» aveva puntualizzato Ronnie. «Non avevi detto che trovarlo era fondamentale per te?»
    «Su questo hai ragione» aveva ammesso Yuma «ma non c’è più nulla da fare ormai.»
    «Stai scherzando, vero?» aveva insistito Ronnie. «Non puoi fermarti adesso, solo perché hai sentito risposte negative per due giorni. È vero, non ti conosco tanto, Yuma, ma non mi hai mai dato l’impressione di essere una che si arrende facilmente.»
    Quelle parole le avevano fatto pensare che, alla fine, non sapeva proprio niente di lei. Gli aveva accennato, senza spingersi troppo nel dettaglio, gli abusi sessuali che aveva subito. Si domandava, quindi, come potesse credere che una persona non arrendevole avesse permesso il prolungarsi nel corso degli anni di una situazione di quel tipo.
    L’aveva scambiata per qualcosa che non era e si era resa conto che non mi dispiaceva. Se solo si fosse mostrata determinata in certe occasioni in cui era apparsa come l’esatto contrario, forse non sarebbe stata costretta a fuggire da un uomo nelle cui vene scorreva il suo stesso sangue.
    Aveva deciso di continuare le proprie ricerche finché non avesse raggiunto il suo scopo. Si era infilata qualcosa di più decente rispetto alla tuta da ginnastica sdrucita che aveva tenuto indosso per tutta la mattinata e durante le prime ore del pomeriggio, dopodiché era uscita e adesso si trovava lungo una strada di periferia, con le idee chiare – o quasi – su come avrebbe dovuto comportarmi.
    Yuma si distrasse dalle proprie congetture e dai suoi piani mentali soltanto quando vide un telefono pubblico. Istintivamente controllò il contenuto del suo portamonete, temendo di non avere spiccioli.
    Sentì qualcosa che tintinnava. Bene, si era sbagliata e, con una certa soddisfazione, constatò che poteva chiamare Naive.
    Si guardò intorno con aria circospetta, dopodiché di avvicinò alla cabina telefonica.
    Inserì le monete e compose il numero. Sua zia rispose al quarto squillo.
    «Yuma!» esclamò, sorpresa, quando la nipote le disse chi era.
    «Tutto bene?» le domandò Yuma, carica d’ansia.
    «Sì, tutto a posto» la rassicurò Naive.
    «Si è fatto vivo?»
    Si riferiva, ovviamente, a suo padre.
    «Sì.»
    Yuma sentì il mondo crollarle addosso.
    «Vuole venire a riprendersi Heaven, non è vero?»
    «Non sa che Heaven è qui.»
    «N-non lo sa?»
    «Gli ho detto che non ti vedo da mesi» le spiegò Naive. «Crede che Heaven sia da qualche parte insieme a te.»
    «Spero che non abbia idea di dove possiamo essere.»
    «Non saprei» ammise Naive. «Penso comunque di no. Non mi hai forse detto che tu e Ronnie eravate diretti a Starlit Spring a cercare Michel?»
    «Proprio così» confermò Yuma.
    «A proposito, da questo punto di vista ci sono sviluppi?»
    «Nessuno.»
    Naive non sembrava troppo convinta.
    «Siete davvero sicuri che sia lì?»
    «Te l’ho già spiegato: Ronnie mi ha detto di avere trovato un indirizzo e...»
    Naive la interruppe: «Me l’hai già spiegato. C’era un indirizzo di Starlit Spring, vicino a dove...»
    Stavolta fu Yuma a interromperla: «So benissimo cos’è successo vicino a quella maledetta strada. Quello che non capisco è che cosa debba fare Michel lì.»
    «Non lo capisco nemmeno io» concordò Naive. «Da quanto mi hai detto, nemmeno tu sai con esattezza di che cosa si occupa. È così?»
    Yuma sbuffò.
    «Ovvio che è così! Cosa credi, che ti abbia nascosto qualcosa?»
    «Non si sa mai» ribatté Naive. «Mi è parso di capire che il tuo amico non fosse molto convinto, a proposito dell’onestà di Michel. Ronnie ha insinuato che potrebbe avere a che fare con affari non propriamente legali...»
    «Avrai capito male» replicò Yuma. «Ronnie non sospetterebbe mai niente del genere.»
    «Va bene, va bene» si arrese Naive. «Sei tu che lo conosci... e dopotutto non ti immagino a fare coppia con un delinquente.»
    Yuma si sentì sollevata.
    «Ora, però, passiamo alle cose serie: potresti passarmi Heaven?»
    «Non c’è.»
    Yuma avvertì un brivido intenso che la attraversava.
    «N-non c’è?»
    «Beh, sul mio stesso pianerottolo vive una famiglia che ha una bambina della sua età. Non potevo impedire a Heaven di andare a giocare insieme a lei.»
    «È meglio che non la vedano» obiettò Yuma. «Quel bastardo potrebbe arrivare a denunciarne la scomparsa, la sua fotografia potrebbe comparire sui giornali e...»
    «Tuo padre non denuncerà mai la sparizione di Heaven» la interruppe Naive. «Avrebbe troppe spiegazioni da fornire, non credi?»
    «No, non lo credo affatto. Dopotutto, se anche lo denunciassi, sarebbe la sua parola contro la mia.»
    «Non credo che questo sia il modo migliore di ragionare. Se tu l’avessi denunciato molto tempo fa...»
    «Lo sai che non potrei mai farlo, Naive. È mio padre.»
    «Ti sembra che questa possa essere una giustificazione?»
    Yuma abbassò lo sguardo. No, non lo era affatto, ma non poteva ammetterlo con sua zia. La salutò, riattaccò e poi si precipitò verso quella che poteva essere la sua ultima speranza.
    Aveva trascorso gli ultimi due giorni facendo domande e mostrando la fotografia di Michel a chiunque le sembrasse abbastanza insospettabile e pronto a dimenticarsi di lei dopo cinque minuti, senza però arrivare a un punto di svolta.
    Da quando lo conosceva, Michel se n’era andato più di una volta per motivi di lavoro, senza mai darle troppe spiegazioni. Prima del martedì precedente, però, l’aveva sempre informata dei suoi spostamenti, non le aveva mai tenuto nascosto il luogo in cui si sarebbe recato e le aveva dato qualche piccolo indizio a proposito di ciò di cui si sarebbe occupato.
    Conosceva Michel da diversi mesi ed era sempre stato piuttosto discreto a proposito della professione che svolgeva. Sapeva che lavorava presso un’agenzia investigativa o qualcosa del genere, ma non era il tipo da andarsene in giro a fotografare coppie di amanti. Le era stato chiaro fin da subito che svolgeva un’attività di diverso genere.
    “E ora è qui a Starlit Spring, e proprio in questa occasione ha tentato di nasconderlo.”
    Per convincere Ronnie che dovevano cercarlo e avere un’idea più chiara di che cosa si fosse messo in testa di fare in quella città maledetta, Yuma aveva dovuto esporsi più di quanto avrebbe voluto. A parte Michel, nessuno sapeva che aveva trascorso gran parte della sua esistenza a Starlit Spring. Era proprio questo a preoccuparla. Aveva cercato di dirsi che si trattava di una coincidenza, ma non era riuscita a farsi entrare quell’idea nella mente.
    «Le coincidenze non esistono» mormorò, mentre si dirigeva verso l’insegna che aveva attirato la sua attenzione.
    Non credeva che avrebbe ricavato molto entrando in un bar di periferia e mostrando una fotografia che ritraeva Michel a qualcuno, ma tanto valeva tentare.
     
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    Parte conclusiva del capitolo 9.



    «Stai tranquilla, lo troveremo» la esortò Ronnie il giorno successivo, mentre camminavano lungo la strada deserta.
    Non un passante, non un rumore: era come se al mondo non esistesse nessuno eccetto lui e Yuma. La brezza sollevava piccole nubi di sabbia, mentre gli occhi della ragazza che gli stava accanto si specchiavano nei suoi.
    Era riuscita a raggiungere il suo obiettivo, poche ore prima: una barista di Starlit Spring, nel vedere una fotografia di Michel, le aveva confidato di avergli fatto fare un breve tour della città qualche sera prima e che lui le aveva accennato di essersi recato in quel luogo per questioni professionali. Non sapeva, però, dove rintracciarlo, dal momento che non l’aveva più visto da allora e che nemmeno le importava, dato che non era solita preoccuparsi dei fatti di ogni sconosciuto che entrasse al bar.
    Yuma sembrava tesa.
    «Pensi ancora a quello che ti ha detto la cameriera?»
    Scosse la testa.
    «È a un’altra persona che sto pensando.»
    Ronnie le lanciò un’occhiata interrogativa.
    «A chi?»
    «C’era un uomo al bar.»
    «Intendi uno che ci lavora?»
    «No.»
    «Un cliente, allora?»
    Yuma annuì.
    «Era seduto a un tavolo e leggeva il giornale. Quando ho mostrato la fotografia di Michel alla barista si è avvicinato, forse per caso. Ha visto la foto anche lui.»
    A Ronnie non sembrava che ci fosse qualcosa di cui allarmarsi.
    «È così preoccupante?»
    «No, non lo è. Diciamo solo che mi ha fatto uno strano effetto.»
    Cercò di rassicurarla.
    «Sarà stata suggestione.»
    Yuma annuì.
    «Senz’altro.»
    Ronnie si domandò se ne fosse davvero convinta.
    «Che ne dici?» le propose. «Domani partiamo per tornare a Black Hill?»
    «Tornare a Black Hill?»
    «Ormai abbiamo le prove che Michel è qui. Non c’è alcun motivo, almeno in apparenza, per cui dovremmo essere in apprensione.»
    «Appunto, l’hai detto.»
    «Cosa?»
    «In apparenza.»
    C’era qualcosa di pessimista in lei, probabilmente derivante dal contesto familiare in cui era cresciuta. Stando a quanto Ronnie aveva capito sua madre era morta da anni e suo padre era un poco di buono. Soltanto la sua relazione con Michel le aveva regalato un po’ di serenità e non gli era difficile capirne il motivo: nonostante l’aria da scapestrato Michel era un bravo ragazzo, probabilmente il primo che avesse esercitato un’influenza positiva sull’esistenza di Yuma.
    «Stai calma» le suggerì.
    «Non posso.»
    «Non è la prima volta che Michel parte per lavoro» rimarcò Ronnie. «Tornerà presto a Black Hill, vedrai.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    «No, Ronnie, stavolta è diverso.»
    «Che vuoi dire?»
    Yuma lo guardò negli occhi.
    «Qui a Black Hill è diverso.»
    «È una città come tante» puntualizzò Ronnie.
    Yuma ribatté: «Oh, niente affatto.»
    «A parte qualche individuo poco raccomandabile come me» scherzò Ronnie, «Non è poi così male, come luogo.»
    «Lo so» ammise Yuma. «A Starlit Spring ci sono nata.»
    Ronnie strabuzzò gli occhi e spalancò la bocca per lo stupore.
    «T-tu...?»
    Yuma rise.
    «Tutti abbiamo qualcosa da nascondere.»
    Per Ronnie era un pensiero folle che un angelo come lei venisse da quella città infernale.
    «Non me l’avevi detto» gli sfuggì.
    «Lo so.»
    «Perché?»
    Yuma alzò le spalle.
    «Era un obbligo?»
    «Certo che no, ma essendo anch’io di Starlit Spring mi avrebbe fatto piacere saperlo.»
    Yuma ribatté: «Non sempre gli altri agiscono come ci aspettiamo.»
    «Quasi mai» confermò Ronnie.
    «Sei un tipo pessimista» osservò Yuma.
    «Il pessimismo è la mia ancora di sopravvivenza.»
    «Non capisco come sia possibile» si sorprese Yuma.
    «Un giorno te lo spiegherò» rispose Ronnie, con un sorriso.
    «Spiegamelo ora» lo esortò Yuma.
    A Ronnie sfuggì una risatina.
    «Non è una cosa che si racconta in giro.»
    «Non lo racconteresti in giro» replicò Yuma. «Lo saprei solo io.»
    Ronnie sospirò.
    «E va bene! Secondo me non c’è niente di meglio che essere pessimista: se le cose vanno male non resti deluso, se invece vanno bene puoi sentirti soddisfatto, dato che ti aspettavi il peggio!»
    Yuma si fece interessata.
    «Non ti immaginavo così filosofico.»
    «Non c’è niente di così filosofico, a mio parere» obiettò Ronnie. «O almeno a me non sembra.»
    Almeno Yuma non l’aveva preso in giro per quelle parole, come si sarebbe aspettato invece da qualsiasi altra persona. Del resto Yuma era diversa da tutti: era unica, non era mai né dentro né fuori dagli schemi. Ronnie si ritrovò immancabilmente a domandarsi cosa sarebbe accaduto se nessuno dei due avesse mai lasciato Starlit Spring e se si fossero conosciuti in altre circostanze, nella loro città natale.
    «È da molto che ti sei trasferita?» le domandò.
    «Pochi anni fa, ma mi sembra che sia passata una vita. D’altronde forse è davvero così. Da quando mia madre è morta tutto è cambiato: non sono più la stessa.»
    Ronnie la guardò negli occhi.
    «Ti capisco.»
    Yuma scosse la testa.
    «Non credo.»
    «Sì, invece.» Ronnie sospirò, alzando gli occhi al cielo. «Non deve essere tanto diverso da quello che provo io da quando mio fratello non c’è più.» Da quando si era trasferito a Black River, Yuma era la prima persona alla quale parlava di Rick. «Qualunque avvenimento per me non ha più una collocazione temporale precisa: c’è una spaccatura, c’è quello che è capitato prima della sua morte e quello che è successo dopo.»
    Yuma confermò: «È proprio questo che si prova.»
    Ronnie avrebbe voluto aggiungere qualcosa sulle altre orribili sensazioni che provava, quelle legate al senso di colpa, ma non poteva: si era ripromesso più di una volta che nessuno avrebbe mai saputo nulla e non poteva venire meno a quella decisione solo perché si era accorto che al mondo c’erano anche ragazze diverse da Kelly.
    Kelly James era colei a cui tornava sempre a pensare: era lei l’incubo ricorrente, era lei che sognò quella notte, mentre dormiva in un piccolo albergo di Starlit Spring, nella stanza attigua a quella di Yuma.
    La notte.
    Le fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    L’incubo senza fine.
    L’incubo che si ripeteva.
    Le fiamme.
    Le fiamme.
    Le fiamme.

    E poi, alla fine di tutto, apparve una stanza buia e un letto dalle lenzuola scolorite: si svegliò di soprassalto, chiedendosi cosa ci facesse a Starlit Spring e quanto tempo sarebbe rimasto. Aveva proposto a Yuma di andare via, la sera prima, sulla spiaggia, o si sbagliava? Non aveva più importanza, quello che contava era non essere solo. Per la prima volta da tanto tempo non lo era – o almeno non si sentiva tale – e gli sembrava una vittoria importante, una di quelle che avevano il potere di alleggerire il peso di qualsiasi sconfitta.
    Yuma dormiva nella stanza accanto, Yuma era reale.
    Yuma.
    Kelly.
    Yuma.
    Kelly.
    Yuma.
    Kelly.

    Ciò che era una non poteva essere l’altra, ma l’inizio di una era la fine inesorabile dell’altra.
    Poi il mondo crollò.
    «Perché hai lasciato Starlit Spring?» gli domandò Yuma a bruciapelo il mattino seguente. Mentre Ronnie cercava nella sua mente una risposta sensata e credibile, riprese: «La tua famiglia abita ancora qui, non è vero?»
    Kelly.
    Rick.
    Le fiamme.

    Ronnie sapeva che era più di quanto il suo inconscio riuscisse a tollerare.
    Restarono in silenzio a fissarsi e come sempre si chiese se sarebbe mai riuscito ad avere un’esistenza normale, cosa di cui dubitava giorno dopo giorno sempre più fortemente.
    «È una storia lunga» le spiegò, vago. «Abitano ancora qui, comunque.»
    «Non ti va di raccontarmela, vero, questa storia lunga?»
    Una parte di lui avrebbe tanto voluto liberarsi, ma sapeva di non poterlo fare.
    «Scusa se sono stata invadente» mormorò Yuma. «Non avrei dovuto.»
    «Non importa.»
    «Sì, invece: tu stai facendo tanto per me. Non dovrei ripagarti impicciandomi degli affari tuoi.»
    «Davvero, Yuma, non importa» ribadì Ronnie.
    Il suo sguardo si incontrò con quello di Yuma. Fu in quel momento che Ronnie comprese che avrebbe potuto seguirla ovunque fosse andata.
     
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  6. GÆBRIEL
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    Da grattacapo veramente.
    Vuoi vedere che Yuma sta per entrare nel bar dove lavora Kelly?

    *è un mondo piccolo...* mi vien da cantare!

    Ora aspetto la parte conclusiva!

    Hai messo la parte conclusiva... leggooooo!

    Vuoi vedere che Ronnie e Yuma...
    Questo romanzo è sempre più intricato e la cosa mi piace moooolto!
    Ti esorto ancora una volta a continuare!
     
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    Vuoi vedere che Yuma sta per entrare nel bar dove lavora Kelly?

    *è un mondo piccolo...* mi vien da cantare!

    Sì, è un mondo piccolo, come si avrà modo di scoprire! :D :D :D

    CITAZIONE
    Vuoi vedere che Ronnie e Yuma...

    Non anticipo niente. u.u

    CITAZIONE
    Ti esorto ancora una volta a continuare!

    Il capitolo 10 arriverà presto. ^^
     
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  8. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 4/6/2013, 16:24) 
    CITAZIONE
    Ti esorto ancora una volta a continuare!

    Il capitolo 10 arriverà presto. ^^

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    Immaginavo che ne saresti stata felice! :D
     
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  10. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 4/6/2013, 17:59) 
    Immaginavo che ne saresti stata felice! :D

    Ovvio! :arf3:
     
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    Con grande soddisfazione (immagino) di Gab, mi appresto a postare la prima parte del capitolo 10. :D



    Capitolo 10.
    Davanti alla porta due uomini di mezza età parlavano con grande partecipazione emotiva. Uno dei due teneva in mano un giornale. Michel si sforzò di capire quale fosse l’argomento del discorso, per poi rendersi conto che non gli importava.
    Era arrivato di fronte allo Starlit Cafè quasi per caso: non conosceva ancora alla perfezione le strade di Starlit Spring, era ovvio che percorresse quelle che ricordava. Non aveva certo intenzione di rincontrare Kelly James... Oppure sì?
    “Tutto sommato potrebbero accadere cose molto peggiori” concluse. “E poi ho già messo le cose in chiaro: non ho intenzione di provarci con lei. Questo dovrebbe facilitare le cose.”
    Oppure le avrebbe complicate?
    C’erano troppe domande a cui non poteva dare risposta, ma non era fondamentale risolvere quei dubbi proprio in quel momento. Aveva tante cose più importanti di cui occuparsi, come ad esempio Natascha Harris.
    Era ormai il tardo pomeriggio di lunedì e quella giornata l’aveva trascorsa a scervellarsi su come rintracciare la fantomatica ragazza della rosticceria.
    «Non si è presentata al lavoro, ultimamente» l’aveva informato una donna di mezza età, anch’essa dipendente di quel negozio. «È una ragazza con qualche rotella fuori posto, se fossi in te non mi sforzerei di cercarla.»
    «Ma la devo trovare!» aveva insistito Michel. «Saprebbe dirmi in che modo posso rintracciarla?»
    «Non lo so e non m’interessa nemmeno» aveva replicato la donna, lasciandogli intendere che per lei la discussione era finita. «Se fosse scappata di casa e se ne fosse andata per sempre, non potrei essere altro che felice!»
    Gli era stato chiaro fin da subito che quella donna non amava particolarmente Natascha Harris e si ritrovò a domandarsi fino a che punto quella ragazza avesse “qualche rotella fuori posto”. Visto il modo in cui la sua collega aveva parlato di lei, poteva essere una persona normalissima, ma che agli altri sembrava un po’ bizzarra. Ne aveva incontrate tante, di ragazze di quel tipo, e forse erano quelle con cui, dal punto di vista professionale, era più facile avere a che fare.
    Guardò la porta d’ingresso per un istante.
    «Entro o non entro?» borbottò tra sé e sé.
    Soltanto troppo tardi si rese conto di avere pensato ad alta voce, ma i due uomini poco distanti continuarono a commentare indisturbati le notizie più interessanti – secondo la loro idea di che cosa fosse interessante, che Michel avrebbe potuto non condividere – che avevano trovato sul quotidiano di quel giorno.
    “Entro” decise.
    Aprì la porta e vide Kelly che, reggendo un vassoio carico di bicchieri pieni, si dirigeva verso un tavolo intorno al quale erano sedute diverse persone.
    Quando tornò indietro e si girò verso di lui parve illuminarsi.
    «Oh, chi si rivede!»
    «Dì la verità, ti fa piacere» ribatté Michel. «Ti stavi chiedendo che fine avessi fatto.»
    «Hai un’opinione troppo alta di te stesso» replicò Kelly. «In realtà non me ne importava poi più di tanto.»
    «Non mentire!»
    «Non sto affatto mentendo.»
    «Sì, invece» insisté Michel. «Magari stavi pensando che io fossi morto.»
    La vide abbassare lo sguardo.
    «Non proprio.»
    Michel si chiese se la sua battuta l’avesse offesa. Non era poi così impensabile, magari stava pensando al suo ragazzo deceduto in un incidente d’auto, ferita per lei ancora aperta e visibile anche dall’esterno.
    Tutto avrebbe desiderato, tranne offendere Kelly. Per qualche motivo sentiva che, in un modo o nell’altro, poteva essere l’unica persona in grado di capirlo. Chissà, magari c’erano altri punti in comune tra loro, oltre quello di non avere più contatti con i rispettivi genitori.
    Kelly alzò finalmente gli occhi verso di lui.
    «Allora?» gli chiese, piuttosto seccata. «Che cosa ti ha riportato da queste parti?»
    «Il desiderio di rivederti» mentì Michel.
    «Niente stronzate né frasi fatte, per cortesia» replicò Kelly. «Sei venuto qui per avere informazioni su qualcuno, non è vero?»
    La sua domanda lo stupì.
    «Perché dovrei?»
    «Tutti non fanno altro che chiedermi informazioni» sbottò Kelly, palesemente infastidita. «Vengono al bar, mi mostrano fotografie, mi chiedono se ho visto certe persone, se ci ho parlato... Ormai non ne posso più.»
    «Non sono qui per questo» tentò di rassicurarla Michel. «È l’ultima delle mie intenzioni.»
    Kelly sospirò.
    «Faccio finta di crederci!»
    «Perché non dovresti?» replicò Michel.
    «È più semplice di quanto tu possa penare.»
    «Ti assicuro che non riesco a capire.»
    Kelly sbuffò.
    «Niente di tutto ciò era mai accaduto, prima che io incontrassi te.»
    Michel trattenne a stento una risata.
    «Non mi pare un buon motivo per dare necessariamente la colpa a me.»
    «Su questo, in parte, hai ragione» ammise Kelly. «Il punto è che non ho alcuna voglia di ritrovarmi invischiata nei tuoi casini.»
    «Di che casini parli?» replicò Michel. «Stammi a sentire, Kelly, non so che idea tu ti sia fatta di me... ma di sicuro è sbagliata!»
    «Ah, sì? Ed è sbagliata così, a prescindere, senza nemmeno prenderti il disturbo di chiedermi come la penso veramente?»
    «Non è necessario.»
    «Che sia o non sia necessario, te lo dico lo stesso» ribatté Kelly. «Io credo – anzi, diciamo pure che ne sono sicura – che tu sia qui per qualcosa di illegale e che usi la scusa dei motivi di lavoro per fare la parte del ragazzo onesto.»
    Michel ridacchiò.
    «Come volevasi dimostrare.»
    Kelly gli lanciò un’occhiata interrogativa.
    «Di cosa parli?»
    «Del fatto che mi hai scambiato per un delinquente. Era proprio quella l’idea distorta a cui mi riferivo prima.»
    «Idea distorta un corno! Non mi fido di te, Michel.»
    Lui sorrise.
    «Sei libera di non fidarti.»
    Lei gli lanciò un’occhiataccia.
    «Cos’è, un’ammissione?»
    Era evidente che, seppure avesse certi sospetti, non aspettava altro che lui le dimostrasse che i suoi pregiudizi erano errati.
    «No, non è un’ammissione, ma un dato di fatto» rispose Michel. «Mi conosci appena, non posso certo pretendere che tu mi creda.»
    Kelly si fece più accomodante: «È già un passo avanti che tu ti renda conto di essere vagamente ambiguo.»
    «Mi rendo conto di poterlo apparire.»
    «Perfetto.»
    Michel le puntò gli occhi addosso.
    «Piuttosto, dicevi che è venuto qualcuno che ti ha insospettito, giusto? Parlavi del fatto che ti hanno mostrato fotografie...»
    «Anche la tua.»
     
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    Parte conclusiva del capitolo 10.



    Michel spalancò gli occhi.
    «La mia?!»
    «A meno che tu non abbia un gemello perfettamente identico a te, quello eri tu.»
    «Non ho gemelli. Sei proprio sicura che fossi io?»
    «Mi mancano due diottrie, ma porto le lenti a contatto» replicò Kelly, acida. «So perfettamente che cos’ho visto!»
    Se era così sicura, forse avrebbe fatto meglio a preoccuparsi. Qualcuno che mostrava in giro la sua fotografia era qualcuno che lo stava cercando... e poteva non avere buone intenzioni.
    «Descrivimi subito la persona che te l’ha fatta vedere» le ordinò. «Ho bisogno di sapere tutto.»
    Kelly scosse la testa.
    «Te lo scordi!»
    «Come sarebbe a dire?»
    «Hai capito benissimo.»
    «Sì, ma quello che non capisco è lo scopo» puntualizzò Michel. «Non stiamo parlando di cazzate, ma di cose importanti.»
    «Te l’ho già detto: i tuoi casini te li risolvi da solo, non sono affare mio» replicò Kelly. «Con la gente che ti cerca io non voglio averci niente a che fare.»
    «E dai, Kelly, non rompere le palle con questa storia: non sono un criminale... Anzi, se sono qui è per cercare di consegnare dei criminali alla giustizia.»
    Kelly lo guardò negli occhi.
    «Potrei anche credere alla tua versione dei fatti, ma non sarebbe sufficiente a farmi sentire al sicuro. Anche chi cerca di consegnare criminali alla giustizia è in una costante situazione di pericolo. Non voglio avere a che fare nemmeno con persone di questo tipo.»
    Michel sbuffò.
    «Che cosa dovrei fare per convincerti, allora?»
    «Niente, però, se me lo concedi, vorrei darti un avvertimento.»
    Michel strabuzzò gli occhi.
    «Un avvertimento? Di che parli?»
    «C’è gente che mi ispira molta meno fiducia di te» gli spiegò Kelly. «Potrebbero essere persone che non te la raccontano giusta. Voglio dire, è possibile che tu abbia sempre agito in buona fede, ma che qualcuno ti stia usando per scopi diversi da quelli che credi. Mi raccomando, Michel, fai molta attenzione a chi ti ritrovi intorno.»
    Michel scosse la testa.
    «Oh, no, ti sbagli il mio datore di lavoro è una persona corretta» si affrettò a replicare. «Non mi sfrutterebbe mai per...»
    Kelly lo interruppe: «Non sempre siamo abbastanza attenti da saper identificare in modo univoco le persone davvero corrette.»
    Michel si sentì costretto ad ammettere, almeno con se stesso, che Kelly aveva ragione, ma era altrettanto vero che la sua considerazione lo disturbava al punto tale che decise di uscire dal bar senza consumare nulla.
    Quel poco che restava del pomeriggio e le prime ore della sera le trascorse a camminare senza meta lungo la spiaggia che rendeva Starlit Spring così appetibile per i turisti estivi. Il mare era mosso e riversava sul bagnasciuga pesci morti, cibo appetibile per numerosi gabbiani che col loro baccano gli davano la forza di sentirmi vivo: chi non lo è, non avverte più i rumori.
    Era tardi quando rientrò nel suo alloggio, accolto dal telefono che squillava.
    Si affrettò a rispondere che si trattava di Dean Tray.
    «Hai trovato la ragazza?» volle sapere.
    Michel sospettò che conoscesse già la risposta.
    «Non si è presentata al lavoro nemmeno oggi.»
    «Davvero strano.»
    «Io non direi» obiettò Michel. «Magari è malata.»
    Certo, sarebbe stata una coincidenza curiosa – oltre che una sfiga stratosferica – se lo fosse stata proprio nei giorni in cui aveva preso a cercarla senza avvertire nessuno della sua indisposizione, ma non ci si poteva mai sorprendere davvero di nulla, in certe circostanze anche l’impensabile poteva divenire possibile; dopotutto vivevano in un mondo in cui Tom Harvey, che gli era sempre sembrato un uomo serio e professionale, sceglieva come collaboratore fidato un imbecille di quel calibro.
    «Devi trovare Natascha» insisté Dean. «Devi dimostrare quanto vali.»
    “Più di te, questo è poco ma sicuro.”
    Quell’individuo inutile non era dotato di mente pensante, si limitava a eseguire come un automa gli ordini impartiti da Tom Harvey, che nella scelta di un assistente del genere in fin dei conti si era rivelato meno serio e professionale di quanto Michel avesse sempre creduto.
    A proposito di Harvey, Michel provò a contattarlo non appena Dean Tray decise che era inutile continuare a tenere occupata la linea per ripetergli di continuo le stesse cose. Nessuno rispose al telefono, così come non ricevette risposta in tutti i tentativi del giorno seguente. Ormai si stava abituando: Harvey non era mai rintracciabile, Yuma sembrava sparita nel nulla, Ronnie a quanto pareva si era volatilizzato...
    Era già mercoledì mattina quando, spinto dal desiderio di udire una voce nota, chiamò Marlene sul numero dell’ufficio in cui lavorava. Fu una conversazione breve, non accennarono nemmeno ai loro genitori.
    «Non metterti nei casini» gli raccomandò, dopo un rapido scambio di convenevoli.
    «Non lo farò» la rassicurò Michel, contrariato.
    “Per quale fottuto motivo tutti devono preoccuparsi per me sotto questo punto di vista?! E che diamine, non sono un irresponsabile!”
    Non riusciva a capire perché tutti avessero così poca considerazione di lui, che nella vita non aveva mai fatto nulla di più disastroso che fare scena muta a qualche interrogazione molti anni prima a scuola.
    «Cerca di fidarti un po’ di più» riprese, rivolto a sua sorella. «Tutto sommato sono grande abbastanza per capire come devo comportarmi.
    «Va bene» concluse sua sorella, con un tono che gli ricordava sempre di più quello della loro madre, che personalmente non sentiva da troppo tempo.
    A quel punto Marlene lo salutò frettolosamente e riattaccò.
    Gli venne l’idea di telefonare anche al suo datore di lavoro, nella speranza di rintracciarlo dopo i tentativi falliti del lunedì sera e del giorno precedente, ma lasciò perdere.
    “Dopotutto non farebbe che ripetermi che devo prendere ordini da Dean.”
    Non era esattamente quello che voleva sentirsi dire, per cui forse non valeva davvero la pena di rintracciarlo.
    Per quanto riguardava Dean, invece, non lo aveva più cercato, ma Michel aveva il sospetto che l’avrebbe fatto quanto prima. Sarebbe stato stupendo se avesse potuto comunicargli di avere rintracciato la ragazza che cercava. Gli avrebbe dimostrato chi, tra loro, era il vero incapace.
    «La troverò» si disse. «Niente è impossibile.»
     
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  13. GÆBRIEL
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    Che intreccio... Yuma cerca Michel, Michel va da Kelly che non vorrebbe incontrare Ronnie mai più nella sua vita, però che Ronnie, forse, e dico forse si sta innamorando di Yuma.

    Che circolo vizioso... continua...
     
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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 6/6/2013, 15:47) 
    Che intreccio... Yuma cerca Michel, Michel va da Kelly che non vorrebbe incontrare Ronnie mai più nella sua vita, però che Ronnie, forse, e dico forse si sta innamorando di Yuma.

    Che circolo vizioso... continua...

    In effetti è abbastanza contorto! :D
    Il prossimo capitolo arriverà molto presto... e si noterà che c'è anche qualcun altro che sta cercando qualcuno! u.u
     
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    Che intreccio... Yuma cerca Michel, Michel va da Kelly che non vorrebbe incontrare Ronnie mai più nella sua vita, però che Ronnie, forse, e dico forse si sta innamorando di Yuma.

    davvero, che confusione per chi si perde in un bicchiere d'acqua (come la sottoscritta) :rolleyes:!!

    Milù lasciamelo dire: Micheal sei uno stronzo!! abbandonare Yuma, per poi uscire con kelly :angry: ...

    CITAZIONE
    Potrebbero essere persone che non te la raccontano giusta. Voglio dire, è possibile che tu abbia sempre agito in buona fede, ma che qualcuno ti stia usando per scopi diversi da quelli che credi. Mi raccomando, Michel, fai molta attenzione a chi ti ritrovi intorno.»

    ho l'impressione che l'avvertimento di Kelly di rivelerà vero :unsure:

    attendo con ansia il seguito :D
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
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