Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Parte conclusiva del capitolo 10.



    Michel spalancò gli occhi.
    «La mia?!»
    «A meno che tu non abbia un gemello perfettamente identico a te, quello eri tu.»
    «Non ho gemelli. Sei proprio sicura che fossi io?»
    «Mi mancano due diottrie, ma porto le lenti a contatto» replicò Kelly, acida. «So perfettamente che cos’ho visto!»
    Se era così sicura, forse avrebbe fatto meglio a preoccuparsi. Qualcuno che mostrava in giro la sua fotografia era qualcuno che lo stava cercando... e poteva non avere buone intenzioni.
    «Descrivimi subito la persona che te l’ha fatta vedere» le ordinò. «Ho bisogno di sapere tutto.»
    Kelly scosse la testa.
    «Te lo scordi!»
    «Come sarebbe a dire?»
    «Hai capito benissimo.»
    «Sì, ma quello che non capisco è lo scopo» puntualizzò Michel. «Non stiamo parlando di cazzate, ma di cose importanti.»
    «Te l’ho già detto: i tuoi casini te li risolvi da solo, non sono affare mio» replicò Kelly. «Con la gente che ti cerca io non voglio averci niente a che fare.»
    «E dai, Kelly, non rompere le palle con questa storia: non sono un criminale... Anzi, se sono qui è per cercare di consegnare dei criminali alla giustizia.»
    Kelly lo guardò negli occhi.
    «Potrei anche credere alla tua versione dei fatti, ma non sarebbe sufficiente a farmi sentire al sicuro. Anche chi cerca di consegnare criminali alla giustizia è in una costante situazione di pericolo. Non voglio avere a che fare nemmeno con persone di questo tipo.»
    Michel sbuffò.
    «Che cosa dovrei fare per convincerti, allora?»
    «Niente, però, se me lo concedi, vorrei darti un avvertimento.»
    Michel strabuzzò gli occhi.
    «Un avvertimento? Di che parli?»
    «C’è gente che mi ispira molta meno fiducia di te» gli spiegò Kelly. «Potrebbero essere persone che non te la raccontano giusta. Voglio dire, è possibile che tu abbia sempre agito in buona fede, ma che qualcuno ti stia usando per scopi diversi da quelli che credi. Mi raccomando, Michel, fai molta attenzione a chi ti ritrovi intorno.»
    Michel scosse la testa.
    «Oh, no, ti sbagli il mio datore di lavoro è una persona corretta» si affrettò a replicare. «Non mi sfrutterebbe mai per...»
    Kelly lo interruppe: «Non sempre siamo abbastanza attenti da saper identificare in modo univoco le persone davvero corrette.»
    Michel si sentì costretto ad ammettere, almeno con se stesso, che Kelly aveva ragione, ma era altrettanto vero che la sua considerazione lo disturbava al punto tale che decise di uscire dal bar senza consumare nulla.
    Quel poco che restava del pomeriggio e le prime ore della sera le trascorse a camminare senza meta lungo la spiaggia che rendeva Starlit Spring così appetibile per i turisti estivi. Il mare era mosso e riversava sul bagnasciuga pesci morti, cibo appetibile per numerosi gabbiani che col loro baccano gli davano la forza di sentirmi vivo: chi non lo è, non avverte più i rumori.
    Era tardi quando rientrò nel suo alloggio, accolto dal telefono che squillava.
    Si affrettò a rispondere che si trattava di Dean Tray.
    «Hai trovato la ragazza?» volle sapere.
    Michel sospettò che conoscesse già la risposta.
    «Non si è presentata al lavoro nemmeno oggi.»
    «Davvero strano.»
    «Io non direi» obiettò Michel. «Magari è malata.»
    Certo, sarebbe stata una coincidenza curiosa – oltre che una sfiga stratosferica – se lo fosse stata proprio nei giorni in cui aveva preso a cercarla senza avvertire nessuno della sua indisposizione, ma non ci si poteva mai sorprendere davvero di nulla, in certe circostanze anche l’impensabile poteva divenire possibile; dopotutto vivevano in un mondo in cui Tom Harvey, che gli era sempre sembrato un uomo serio e professionale, sceglieva come collaboratore fidato un imbecille di quel calibro.
    «Devi trovare Natascha» insisté Dean. «Devi dimostrare quanto vali.»
    “Più di te, questo è poco ma sicuro.”
    Quell’individuo inutile non era dotato di mente pensante, si limitava a eseguire come un automa gli ordini impartiti da Tom Harvey, che nella scelta di un assistente del genere in fin dei conti si era rivelato meno serio e professionale di quanto Michel avesse sempre creduto.
    A proposito di Harvey, Michel provò a contattarlo non appena Dean Tray decise che era inutile continuare a tenere occupata la linea per ripetergli di continuo le stesse cose. Nessuno rispose al telefono, così come non ricevette risposta in tutti i tentativi del giorno seguente. Ormai si stava abituando: Harvey non era mai rintracciabile, Yuma sembrava sparita nel nulla, Ronnie a quanto pareva si era volatilizzato...
    Era già mercoledì mattina quando, spinto dal desiderio di udire una voce nota, chiamò Marlene sul numero dell’ufficio in cui lavorava. Fu una conversazione breve, non accennarono nemmeno ai loro genitori.
    «Non metterti nei casini» gli raccomandò, dopo un rapido scambio di convenevoli.
    «Non lo farò» la rassicurò Michel, contrariato.
    “Per quale fottuto motivo tutti devono preoccuparsi per me sotto questo punto di vista?! E che diamine, non sono un irresponsabile!”
    Non riusciva a capire perché tutti avessero così poca considerazione di lui, che nella vita non aveva mai fatto nulla di più disastroso che fare scena muta a qualche interrogazione molti anni prima a scuola.
    «Cerca di fidarti un po’ di più» riprese, rivolto a sua sorella. «Tutto sommato sono grande abbastanza per capire come devo comportarmi.
    «Va bene» concluse sua sorella, con un tono che gli ricordava sempre di più quello della loro madre, che personalmente non sentiva da troppo tempo.
    A quel punto Marlene lo salutò frettolosamente e riattaccò.
    Gli venne l’idea di telefonare anche al suo datore di lavoro, nella speranza di rintracciarlo dopo i tentativi falliti del lunedì sera e del giorno precedente, ma lasciò perdere.
    “Dopotutto non farebbe che ripetermi che devo prendere ordini da Dean.”
    Non era esattamente quello che voleva sentirsi dire, per cui forse non valeva davvero la pena di rintracciarlo.
    Per quanto riguardava Dean, invece, non lo aveva più cercato, ma Michel aveva il sospetto che l’avrebbe fatto quanto prima. Sarebbe stato stupendo se avesse potuto comunicargli di avere rintracciato la ragazza che cercava. Gli avrebbe dimostrato chi, tra loro, era il vero incapace.
    «La troverò» si disse. «Niente è impossibile.»
     
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