La Morte ed Io

Genere: non ne ho idea.

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  1. The Aster
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    altro pezzo, occhio che ci avviciniamo alla fine:

    Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo, sentivo mille coltelli attraversarmi il corpo, centinaia di aghi continuavano a colpirmi il cuore, ero da solo, lei se n'era andata.
    Gli uomini vestiti di bianco dovettero lottare per riuscire a bloccarmi, e solo dopo avermi messo qualcosa nel braccio riuscii a calmarmi. Mi sentivo strano, ero tranquillo, ma non era la stessa sensazione di quando ero con lei.
    Già, lei.
    Non capivo dove potesse essere andata, tanto meno il perché. Aveva detto che sarebbe rimasta al mio fianco finché avrei avuto vita, ma allora per quale motivo era sparita? Ero, forse, già morto?
    No, non era possibile. Il luogo in cui mi trovavo era il mondo grigio, e la presenza degli uomini in bianco faceva capire che mi trovavo nello stesso posto in cui ero prima di addormentarmi.
    Salvo che lei non era con me.
    «Marco, Marco! Ti senti bene adesso?» Domandò l'uomo in bianco gentile.
    Non risposi.
    «Che ti é preso?»
    Non risposi.
    «Vado a chiamare il Dottor Smyles, torno subito.» Disse un'altro uomo vestito di bianco.
    "Dove sei?" Chiesi a me stesso.
    "Rispondimi..."
    Il liquido caldo che mi iniettarono nelle vene cominciò a farmi venire sonno, probabilmente non avrei sognato.
    "Dove sei?"
    Le palpebre calarono lentamente, contro la mia volontà.
    «Dove sei?»
    Sperai fino all'ultimo istante di udire la sua voce, ma rimasi deluso. Gli unici suoni che sentivo provenivano dall'uomo vestito di bianco gentile che era rimasto con me mentre l'altro andò a chiamare il dottore.
    "Dove sei?"
    Furono le ultime parole che sussurrai dentro di me, poi caddi in un sonno profondo.
    «...arc...o»
    "Uh?"
    «Mar... co...»
    "Chi é?"
    «Marco, svegliati.»
    Il volto del Dottore si stagliò davanti a me quando riaprii gli occhi. Ero nel mondo bianco, disteso sul lettino, dall'oscurità che vidi dalla finestrella, capii d'aver dormito molto.
    «Ti senti meglio Marco?»
    Annuì, ma non ne ero del tutto certo.
    «Hai avuto quella che noi definiamo una "crisi d'isteria".»
    «Isteria?»
    «Esatto. Quello che voglio capire é cosa é stato a scatenarla.»
    Non ebbi bisogno di pensarci troppo, sapevo benissimo cosa mi ha ridotto in quello stato: la sua assenza.
    «Marco... per caso qualcuno degli infermieri... si comporta male con te?»
    Scossi la testa, anche perché nessuno di loro mi rivolgeva mai la parola, a parte l'uomo in bianco gentile.
    «Capisco... mi dispiace molto per tuo padre.»
    Un tepore spietato cominciò a impossessarsi di me. «Mi sento stanco.»
    «È a causa del tranquillante che ti hanno iniettato, ne sentirai gli effetti ancora per un po'.»
    «Oh...»
    «Vuoi tornare nella tua stanza? Potremo continuare la nostra conversazione quando ti sentirai meglio.»
    «Sì.»
    In realtà non m'importava di ritornare nel mondo grigio, ma forse, forse lei era tornata; sperai con tutto il cuore che lo fosse. Ma quando mi riaccompagnarono, scoprii che le miei aspettative furono inutili: lei non c'era.
    Mi misi a piangere non appena rimasi da solo: adesso, non avevo più nulla. Tutto quello che mi avrebbe potuto dare un motivo per andare avanti se n'era andato, e lei, l'essere che riusciva sempre a tranquillizzarmi, a salvarmi dagli orrori e della disperazione, non era più lì con me.
    Non mi restava niente per cui vivere.
    "Uh?"
    All'improvviso udii qualcosa.
    "Che cos'é?"
    Un suono lontano, una melodia.
    "Un canto?"
    Sentii un violino, una chitarra, un mandolino forse, e qualche altro strumento di cui non sapevo il nome, e poi qualcuno si mise a cantare, una voce dolce, seducente, un richiamo.
    Era la sua voce.

    Edited by The Aster - 2/6/2013, 18:24
     
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