La Morte ed Io

Genere: non ne ho idea.

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  1. The Aster
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    indovinate cos'ho fatto stamattina?


    L'uomo vestito di bianco mi aiutò a sedermi al tavolo, poi ci lasciò da soli. Restammo in silenzio, nessuno dei due proferiva parola.
    Io rimasi fin da subito con lo sguardo fisso sul tavolo, non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, come potevo, dopo quello che La Bestia e io gli avevamo tolto.
    «Non hai un bell'aspetto figliolo.» Disse lui. «Mangi abbastanza?»
    Mi limitai ad annuire con la testa.
    «Marco...» Tossì un paio di volte. «... alza la testa.»
    Non potei fare altro che dargli ascolto: lentamente, rivolsi lo sguardo all'uomo che mi stava davanti, all'uomo che mi aveva cresciuto con amore, all'uomo a cui andavo incontro quando cominciai a muovere i primi passi, all'uomo che mi insegnò ad andare in bicicletta, all'uomo che quando poteva mi riempiva di giocattoli senza che io glieli chiedessi, all'uomo che mi diede tanti libri quando imparai a leggere, all'uomo che avevo sempre ammirato, all'uomo che per me era un idolo, a mio padre.
    Appena i nostri occhi si incrociarono, lui mi sorrise. «Ciao Marco.»
    Non risposi, non ne ebbi il coraggio.
    Mio padre tossì ancora. «Il dottore mi ha raccontato della tua... passeggiata notturna.»
    Rimasi in silenzio.
    «Marco, se hai dei problemi, devi dirlo al dottore, lui é qui per aiutarti.»
    Il cuore cominciò a battermi forte dandomi delle coltellate incessanti, gli occhi mi si inumidirono.
    «... Papà...»
    Fu l'unica cosa che riuscii a dire prima che le lacrime sgorgassero dai miei occhi. Il mio era un pianto silenzioso, non di dolore, non di sofferenza o angoscia; piansi per aver deluso l'uomo che mi stava davanti, per come io e La Bestia l'avessimo fatto soffrire.
    Mio padre era una persona buona, un gran lavoratore, stimato e amato da tutti. Potevamo essere felici, la mamma, lui e io.
    Se solo La Bestia non fosse mai esistita...
    Mio padre fece il giro del tavolo e mi si avvicinò, asciugandomi le lacrime dal volto con un fazzoletto di seta.
    «Su su, calmati figliolo, va tutto bene.»
    "Perché?" Domandai a me stesso.
    "Come puoi ancora sorridere dopo tutto quello che é successo?"
    Guardò i segni sulle mie braccia, dopo mi abbracciò così forte e a lungo che l'odore della sua colonia stava per farmi svenire.
    «Te la ricordi, vero, la promessa che mi hai fatto?»
    Io annuì. «Non... lo...farò... più...»
    Si distaccò da me, mi prese il volto delicatamente e fece in modo che lo guardassi negli occhi.
    «Marco, tu sei tutto quello che mi resta...» Tossì ancora. «... non voglio perdere anche te.»
    Cos'altro potevo fare se non stringergli la giacca e abbracciarlo con tutta la forza che avevo in corpo?
    Se uno degli uomini in bianco non fosse venuto da noi, saremmo rimasti in quel modo anche per tutta la notte.
    «Desolato di interrompervi.» Disse. «Ma l'orario delle visite é finito da un po', devo riportare suo figlio in camera.»
    Mio padre si rivolse all'uomo con tono supplichevole. «La prego, non può lasciarci ancora qualche minuto?»
    «Mi dispiace, l'ho fatta rimanere di proposito più del dovuto, non posso farlo ancora.»
    «Capisco... la ringrazio.»
    Poi l'uomo in bianco mi prese per una mano e mi aiutò ad alzarmi dalla sedia, dentro di me sperai che mi si spezzassero le gambe, così da poter passare ancora del tempo assieme a mio padre.
    «Tornerò ancora a trovarti Marco.» Disse mentre venivo portato via dal salone.
    "Papà... come fai a volermi ancora?" Mi ritrovai a domandarmi.
    Il pensiero di stare per tornare nel mondo grigio e di rivederla non mi dava alcun sollievo.
    «Sei contento di aver visto il tuo papà?» Chiese sorridendomi l'uomo vestito di bianco.
    Io annuì.
    "Perché... perché sono tutti così buoni e gentili con me?"
    «Scommetto che domani verrà a trovarti ancora.»
    "Perché? Anche se ho ucciso una persona... anche se ho ucciso La Bestia."
    «Magari ti porterà qualche regalino.»
    Detto questo, l'uomo aprì il portale del mondo grigio e mi fece entrare dentro. Vedendo il vassoio del pranzo ancora avvolto nella plastica, mi ammonì dolcemente. «Piccolo, devi mangiare, non puoi stare a stomaco vuoto, altrimenti il tuo papà ne sarà molto triste.»
    La mia attenzione non cadde sulle cibarie, ma sull'essere dalle sembianze femminili che gli stava accanto, mi osservava, era rimasta nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata.
    L'uomo vestito di bianco scartò la plastica dal vassoio e rimase lì con me e lei fin quando non ebbi mandato giù l'ultimo boccone, poi se ne andò portando via i resti di quella che era diventata la mia cena e chiudendo l'accesso al mondo grigio.
    Restammo soli, io e lei.
    Mi alzai dal letto, così da poterla guardare. «Ho... capito.» Le dissi. «So perché non sei venuta con me ad incontrarlo.»
    Lei non proferì parola.
    «Non volevi... che lo vedessi... non volevi che vedessi l'essere accanto a lui... l'essere come te e quell'uccellino.»
    Le lacrime mi riscaldarono le guance. «Mio padre... sta morendo, vero?»
    «Tutti muoiono.» Si limitò a rispondere.
    «Quando?» Le chiesi implorando. «Quando accadrà?»
    «Non posso dirtelo.»
    «Ti prego... devo saperlo.» Continuai ad implorarla.
    «Non posso dirtelo...» Rispose. «... tuttavia, se ci pensi, potresti scoprirlo da solo.»
    Che cosa voleva dire? Non riuscivo a capirla, fino ad ora era sempre stata lì pronta a rassicurarmi, ad allontanare la paura e la sofferenza da me, bastava che mi guardasse negli occhi e mi baciasse per...
    Ebbi come un lampo nella testa, una sorta di illuminazione, come se fossi attraversato da una corrente elettrica, poi capì:
    "No, non lo farò."
    Aveva detto quando le chiesi di baciarmi.
    "Dovrai incontrarlo... é una cosa che devi fare da solo."
    Aveva detto quando le chiesi il perché non volesse venire con me.
    La realizzazione della verità mi fece quasi vomitare quello che avevo mangiato, sentii come un canto, una preghiera di pietà nella mente. Persi energia alle gambe e cadetti a terra in ginocchio, gli occhi rivolti in alto, le mani tremanti, le lacrime così calde da farmi male al volto mentre scendevano.
    Lei si alzò da letto senza toccare il pavimento coi piedi, mi si avvicinò e si inginocchiò anch'ella davanti a me. Mi abbracciò con le sue freddi braccia cingendomi al suo petto, io cominciai ad urlare e piangere disperato, inumidendo la sua vesta nera con le mie lacrime.
    Non avrei mai più rivisto mio padre.
     
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