Luce in frantumi

Drammatico

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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/12/2012, 23:53) 
    CITAZIONE
    No, questo è il presente.

    Capisco. Però a questo proposito ti devo segnalare che nella prima e nella seconda parte il testo era narrato al presente, mentre qui invece è al passato remoto.

    Oddio vero non c'avevo fatto caso... aggiusto subito... grazie per avermelo detto! :)
     
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    Di niente. ^^
     
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  3. •GABRIEL•
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/12/2012, 00:12) 
    Di niente. ^^

    Sistemato... e grazie ancora! ^_^
     
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  4. •GABRIEL•
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    Capitolo 1.

    Una luce abbagliante ferì i miei occhi. Feci fatica ad aprirli, ma quando ci riuscii, vidi Nathan fermo immobile all’entrata della mia camera con la mano appoggiata ancora sull’interruttore della luce.
    “Devi scendere! Aiuta mamma a preparare la cena!” mi ordinò. Poi scomparve lasciando la luce accesa.
    Mi alzai su a fatica, mi faceva male tutto, ma ancora di più la mia anima che bramava una sorta di liberazione che il corpo non poteva darle.
    Guardai il calendario un momento. Eravamo a dicembre. Il venti. A breve sarebbe arrivato il Natale. Scossi la testa con disapprovazione e con un gesto secco spensi la luce e chiusi la porta.
    Scesi le scale ed entrai in sala da pranzo. Mio padre era seduto a capotavola, accanto a mio fratello. La stanza era piena della fragranza di cibi diversi, avrebbero dovuto stuzzicarmi l’appetito, ma la sensazione che arrivò fu solo un tremendo voltastomaco. Per un attimo guardai mio padre che ricambiò il mio sguardo con sdegno, poi mi diressi in cucina, da mia madre.
    Mi avvicinai a lei, indaffarata come sempre, e mi porse un piatto pieno di chissà quale cibo, non avevo il coraggio di guardare.
    “A tuo padre.” Disse solamente. E, come fossi un cameriere, portai la pietanza a mio padre. Cercai di non guardarlo di nuovo, per non incorrere in quello sguardo freddo ancora una volta; tornai in cucina e feci lo stesso con il piatto di mio fratello e di mia madre.
    Il mio piatto, invece, era pieno di scarti, erano avanzi o quello che ne rimaneva. Lo esaminai e andai a sedermi al mio posto. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. Sentii qualcosa impigliarmi i piedi e caddi insieme al mio piatto con la faccia a terra.
    Quando mi ripresi, era troppo tardi... il pavimento era sporco, e il mio piatto vuoto. Guardai sopra di me. Mio padre mi fissava furente. Riuscii solo a pronunciare un silenzioso “Scusa.”, ma non servì.
    Lui mi ordinò: “E adesso... mangia!”
    Non ci riuscivo, sembrava l’ennesimo incubo, guardai mia madre che si girò dall’altra parte, poi guardai lui con una supplica scritta a chiare lettere negli occhi, ma tutto ciò che fece fu ripetere con ancor con più vigore. “Ho detto: mangia!”
    Ero come paralizzato, non riuscivo a muovere un muscolo, non riuscivo ad obbedirgli. Strinsi gli occhi solo per un momento e poi un dolore lancinante mi ferì lo stomaco, mi aveva dato un calcio. Mi urlò di mangiare, ma la mia unica risposta erano le lacrime che mi rigavano il volto.
    Gli occhi mi si appannarono e riuscii solo a percepire la su presenza, si mise a cavalcioni su di me e, con entrambe le mani mi prese la testa e me la sbatté a terra, dove c’era il cibo rovesciato. Continuò a urlarmi di mangiare, così tante volte che persi il conto. Ma la mia ostinazione nel mangiare lo costrinse a prendermi per i capelli, mi alzò con forza da terra mi diede due schiaffi e mi spalancò la bocca. Chiamò mio fratello che, quasi sorridendo, m’infilò il cibo caduto per terra in bocca. Poi mio padre con entrambe le mani mi chiuse la mascella. Ingoiai a fatica. Ripeterono per altre due volte la stessa scena. Guardai mio fratello nella speranza che smettesse, ma la mia preghiera non fu esaudita. Quando mi lasciarono, poco era rimasto sul pavimento, mio padre mi ordinò di pulire tutto e di lavare i piatti. Con la morte nel cuore, eseguii i suoi ordini.
    Loro andarono a sedersi in salotto a guardare la tv. Appena ebbi finito di sistemare tutto, chiesi il permesso di andare in bagno. Fortunatamente mi fu concesso.
    Quando entrai in bagno, ero riuscito a rigurgitare ciò che mi avevano fatto mangiare con forza. Se mio padre mi avesse visto, non avrebbe tardato a punirmi. Feci scorrere l’acqua e andai verso il lavandino. Mi lavai la bocca e la faccia. Mi bruciò tutto, mi faceva male tutto. Spensi la luce e mi diressi in salotto. Li guardai per un attimo, spiandoli dall’entrata. Mia madre percepì la mia presenza ma, prima che potesse voltarsi verso di me, mi nascosi e salii le scale verso la mia stanza.

    Appena entrai mi sedetti alla scrivania, aprii il cassetto e presi il mio quaderno. Ci scrivevo di tutto, semplici frasi, poesie... pensieri. Era l’unico modo per sentirmi meno solo e mi aiutava.
    Guardai un po’ la copertina del quaderno, sopra c’era disegnata una tigre con sfondo arancione, non mi si addiceva molto, però non importava, l’importante era prendere la penna e far scorrere le parole.
    Era inevitabile non pensare. Era inevitabile non pensare a lei. Quella ragazza dai lunghi capelli biondi con grandi occhi verdi che mi avevano rapito il cuore. Ma lei ovviamente non sapeva nemmeno che esistevo. Come tutti del resto.
    Scorsi per un po’ le pagine del mio quaderno. Mi fermai solo quando trovai quella che cercavo. Quella che raccontava quando la vidi per la prima volta.

    In fase di correzione:
    Era il ventinove di settembre.
    Andai a scuola come tutte le mattine. Il mio terzo anno era appena cominciato. O perlomeno ricominciato. Sì perché ero stato bocciato l’anno precedente. Certo, mio padre non mi aveva dato tregua per tutta l’estate, però alla fine anche quello era passato. Qual è quella parola che fa tanto paura? Ah sì, abitudine. Sì, ci sono abituato. Come sono abituato ai continui atti di bullismo dai miei compagni. Ma d'altronde che posso farci? Nulla. Non posso farci nulla. Devo solo resistere. Sopravvivere. Ma in questo sono esperto.
    L’unica cosa che non m’immaginavo oggi era quella che potessi perdere il respiro.
    La campanella trilla e avvisa tutti gli studenti che la ricreazione è appena iniziata. Poco male. Odio il momento della ricreazione. Non c’è giorno che non me ne capita una. In ogni caso, non volevo farmi trovare in aula, così andai a sedermi sulle scale. Fu lì la prima volta che la vidi.
    Era bellissima. Non riuscivo a guardare altrove. Ma lei apparteneva a un altro ceto sociale. Era distante da me. Lo si capiva da come parlava, da come si muoveva, da come vestiva. E più la guardavo, più ero attratto da lei, più il mio cuore appassiva. Ogni volta che la guardavo una pugnalata, mi raggiungeva nel petto, sanguinavo e da allora il mio cuore... smise di battere.


    Era dannatamente bella, come lo era sempre stata. La linearità del viso e la pelle morbida non erano cambiate, il tempo sembrava non averla sfiorata. Ero totalmente ossessionato da lei. Mi sembrava di vedere il suo viso dappertutto. Avrei potuto morire per lei ogni giorno e sarebbe stato molto più bello che continuare quella vita nell’ombra.
    Appoggiai il mento sulla mano, mentre con l’altra, scarabocchiai il foglio cercando di disegnare i suoi occhi. Non ero mai completamente soddisfatto e ripetevo lo stesso gesto come un mantra. Senza prevederlo sentii le mie guance umide; stavo piangendo e non avrei saputo dire neppure il perché. O forse lo sapevo ma non volevo ammetterlo a me stesso.
    Con un gesto lasciai cadere la penna e poggiai la testa sul quaderno.
    “Blaze!” riuscii a sussurrare tra i singhiozzi.
    Sì, Blaze era il suo nome e significava splendore.

    Edited by •GABRIEL• - 11/1/2013, 00:34
     
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    CITAZIONE (•GABRIEL• @ 28/12/2012, 21:24) 
    Aggiornato il capitolo 1.

    Nel senso che hai operato gli aggiustamenti?
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/12/2012, 23:00) 
    CITAZIONE (•GABRIEL• @ 28/12/2012, 21:24) 
    Aggiornato il capitolo 1.

    Nel senso che hai operato gli aggiustamenti?

    Nel senso che ho aggiunto una nuova parte!
    Solo che ho messo il capitolo 1 per intero! ^_^
     
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    Ho capito! ^^ Leggo e poi ti faccio sapere.
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/12/2012, 23:06) 
    Ho capito! ^^ Leggo e poi ti faccio sapere.

    Ok! ^_^
     
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    In questo tratto:
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    Guardo mio fratello nella speranza che smettesse, ma la mia preghiera non fu esaudita. Quando mi lasciarono, poco era rimasto sul pavimento, mio padre ordinò di pulire tutto, e lavare i piatti. Con la morte nel cuore, eseguii i suoi ordini.
    Loro andarono a sedersi in salotto a guardare la tv. Appena ebbi finito di sistemare tutto, chiesi il permesso di andare in bagno. Fortunatamente mi fu concesso.
    Quando entrai in bagno, sono riuscito a rigurgitare ciò che mi avevano fatto mangiare con forza. Certo se mio padre mi avesse visto, non avrebbe tardato a punirmi. Feci scorrere l’acqua e andai verso il lavandino. Mi lavo la bocca e la faccia. Mi brucia tutto, mi fa male tutto. Spengo la luce e mi dirigo in salotto. Li guardo un attimo spiandoli dall’entrata. Mia madre riesce a intravedermi, io mi nascondo quasi furtivamente e poi salgo le scale verso la mia stanza.

    i tempi verbali non concordano con il resto della narrazione.

    Per il resto ho trovato molto interessante questo sviluppo, in cui fa la sua comparsa, seppure soltanto in modo indiretto, Blaze.

    Attendo sviluppi.

    PS. Non c'entra molto, ma forse sarebbe più chiaro se, da adesso in poi, una volta che hai ultimato i capitoli, ripostassi il capitolo ultimato senza rimuovere i post (magari mettendo il testo sotto spoiler)... così rischia di essere un po' confuso, a mio parere. ^^
     
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    Oltre a quello che ti ha segnalato Milù ho trovato questo:

    CITAZIONE
    Ogni volta che la guardavo una pugnalata, mi raggiungeva nel petto, sanguinavo e il mio cuore smise di battere.

    E il mio cuore smetteva. O forse ho inteso male la frase.
    Per il resto, ho apprezzato anche la terza parte...
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/12/2012, 23:46) 
    In questo tratto:
    CITAZIONE
    Guardo mio fratello nella speranza che smettesse, ma la mia preghiera non fu esaudita. Quando mi lasciarono, poco era rimasto sul pavimento, mio padre ordinò di pulire tutto, e lavare i piatti. Con la morte nel cuore, eseguii i suoi ordini.
    Loro andarono a sedersi in salotto a guardare la tv. Appena ebbi finito di sistemare tutto, chiesi il permesso di andare in bagno. Fortunatamente mi fu concesso.
    Quando entrai in bagno, sono riuscito a rigurgitare ciò che mi avevano fatto mangiare con forza. Certo se mio padre mi avesse visto, non avrebbe tardato a punirmi. Feci scorrere l’acqua e andai verso il lavandino. Mi lavo la bocca e la faccia. Mi brucia tutto, mi fa male tutto. Spengo la luce e mi dirigo in salotto. Li guardo un attimo spiandoli dall’entrata. Mia madre riesce a intravedermi, io mi nascondo quasi furtivamente e poi salgo le scale verso la mia stanza.

    i tempi verbali non concordano con il resto della narrazione.

    Per il resto ho trovato molto interessante questo sviluppo, in cui fa la sua comparsa, seppure soltanto in modo indiretto, Blaze.

    Attendo sviluppi.

    PS. Non c'entra molto, ma forse sarebbe più chiaro se, da adesso in poi, una volta che hai ultimato i capitoli, ripostassi il capitolo ultimato senza rimuovere i post (magari mettendo il testo sotto spoiler)... così rischia di essere un po' confuso, a mio parere. ^^

    Sai che c'è? C'è che sono indecisa... :D non so se scrivere in passato o in presente... così faccio confusione. :wacko: Comunque, cerco di aggiustare tutto. ;)

    Si, Blaze è un personaggio che assumerà un'importante ruolo più avanti, quindi tenetela d'occhio! ^_^

    ps: forse hai ragione... seguirò il tuo consiglio... ^_^

    CITAZIONE (JTJast @ 28/12/2012, 23:54) 
    Oltre a quello che ti ha segnalato Milù ho trovato questo:

    CITAZIONE
    Ogni volta che la guardavo una pugnalata, mi raggiungeva nel petto, sanguinavo e il mio cuore smise di battere.

    E il mio cuore smetteva. O forse ho inteso male la frase.
    Per il resto, ho apprezzato anche la terza parte...

    No, no... questa frase è proprio così. ^_^

    Comunque... grazie mille JT!
     
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  12. •GABRIEL•
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    Torno con degli aggiornamenti:
    Ah, quasi dimenticavo, ancora una volta... ringrazio infinitamente Claudia, per il suo aiuto! ^_^

    Già, splendore. Se non fosse stato così simile al mio non ci avrei fatto tanto caso. Ma cosa importava? Non potevo averla, lo sapevo. E non l’avrei avuta mai.
    Improvvisamente sentii aprire la porta, e con un gesto repentino mi sollevai, chiusi il quaderno e ci misi sopra le mie braccia. Mi voltai. Era mia madre.
    Istintivamente abbassai la testa, non volevo guardarla. Lei si avvicinò a me. Rimasi davvero sorpreso quando la guardai, sembrava quasi commossa e non ne capivo il motivo.
    “Perdonaci... sai com’è tuo padre!” mi disse.
    Mi sembrava davvero dispiaciuta, ma perdonarla era impossibile. Non le credevo, tutto ciò che usciva da quella bocca non significava niente per me. Erano solo le parole vuote di una donna che non aveva avuto il coraggio di ribellarsi alla vita, neppure per amore dei suoi figli.
    Le rivolsi uno sguardo privo di espressione e non parlai.
    “Lu... mi dispiace, davvero.” Usò il diminutivo del mio nome. Piangeva, ma non m’importava.
    “Vattene!” fu la mia risposta.
    Lei tentennò, non poteva pretendere altro da me, non dopo tutto quello che era stato.
    “Non voglio le tue scuse, non mi servono più.” Continuai, alzando il tono di voce. La rabbia avrebbe preso il posto della rassegnazione e non volevo che accadesse.
    “Ma non sono scuse. Non posso fare niente contro tuo padre.” Mi disse quasi pregando.
    “Smettila!” Mi alzai di scatto e mi misi davanti a lei guardandola fissa negli occhi.
    Impulsivamente mi tolsi la maglietta scoprendo il mio corpo. Ero davvero esausto e quella stessa stanchezza mi portò a compiere quel gesto.
    “Dimmi una cosa, mamma” marcai la parola. “Sono dodici anni che sopporto le sue ire, sopporto il mio corpo fatto a pezzi. Non so come faccio, ma sopravvivo. Tu non ti sei mai preoccupata di me, perché dovresti farlo adesso dopo dodici anni. Dimmi, perché?”
    Lei prese la maglietta che avevo gettato a terra e me la rimise nelle mani.
    “Lu... so quello che passi da dodici anni. Io ci vedo.” Mi disse avvicinandosi a me. E quando fu vicina una sua mano mi sfiorò il volto. Io presi quella mano e con forza la tolsi dal mio viso.
    Restammo in silenzio per un po’… poi in preda alla rabbia e alla frustrazione, incapace di trattenermi ancora, le urlai: “ Io non credo che tu ci veda. Non hai mai mosso un dito per aiutarmi, nemmeno quella volta in cui...” mi bloccai di colpo, mi venne da piangere ma ricacciai indietro le lacrime e continuai.
    “Di una cosa però sono sicuro... e puoi credermi: un giorno me ne andrò da questo inferno! Ma per adesso, esci dalla mia stanza!”
    Lei rimase immobile ad ascoltarmi; piangeva. Poi abbassò la testa, si girò lentamente e uscì chiudendo la porta.
    La guardai uscire, e non appena la porta fu chiusa un impeto d’ira mi scosse, con un gesto buttai tutto ciò che c’era nella scrivania a terra. Il quaderno degli appunti si aprì proprio dove c’era una sua foto.
    Non era molto nitida, gliela avevo scattata furtivamente, però riuscivo a coglierne anche i tratti che restavano nascosti agli occhi di chiunque.
    Istintivamente mi inginocchiai guardando la foto, la presi nelle mani e la strinsi al petto. Cercai di fermare quel dolore che sembrava una voragine nel mio cuore, ma con scarso successo.


    Fatemi notare gli errori, grazie!
     
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    Di errori non ne ho notati; ho solo visto che è scritto al passato remoto invece che al presente... alla fine hai deciso di passare a quel tempo verbale?

    Per quanto riguarda i miei pensieri sul contenuto... devo dire che la madre del protagonista non mi piace affatto. u.u
    Il fatto che per dodici anni sia stata a guardare senza muovere un dito la rende, di fatto, ancora più colpevole del padre che, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere pazzo... lei invece si rende conto che c'è qualcosa che non va, ma finge di non vedere.
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 11/1/2013, 01:05) 
    Di errori non ne ho notati; ho solo visto che è scritto al passato remoto invece che al presente... alla fine hai deciso di passare a quel tempo verbale?

    Per quanto riguarda i miei pensieri sul contenuto... devo dire che la madre del protagonista non mi piace affatto. u.u
    Il fatto che per dodici anni sia stata a guardare senza muovere un dito la rende, di fatto, ancora più colpevole del padre che, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere pazzo... lei invece si rende conto che c'è qualcosa che non va, ma finge di non vedere.

    Si, dopo continui indugi, ho deciso di passare al passato remoto... anche gli altri pezzi sono stati aggiornati! ^_^

    Sembra che questo pezzo ti abbia fatta arrabbiare...
     
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    Si, dopo continui indugi, ho deciso di passare al passato remoto... anche gli altri pezzi sono stati aggiornati!

    Ho capito!

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    Sembra che questo pezzo ti abbia fatta arrabbiare...

    Diciamo di sì... non per te, naturalmente! :D
    Per la storia in sé, e per il fatto che certe cose capitano anche nella realtà. Insomma, spesso gli abusi, all'interno delle famiglie, non dipendono soltanto dal fatto che c'è una persona che li commette, ma anche dal resto della famiglia che volutamente va in giro con il paraocchi.
     
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