Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Posts written by Martirios

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    Sono tornato! *esplosioni e teschi al posto dei coriandoli* Ho avuto degli impegni+blocco della scrittura, quindi potrei essere un po' arrugginito ma spero che il pezzo sia comunque gradito (o almeno abbastanza decente da non essere riempito di sassate e sputi).

    "Quale è la differenza tra uno schiavo e un liberto...?" Deruk'jalvod era curioso, pronto ad approcciare un minimo di conversazione, tediato dall'impossibilità di fuggire e il dover essere trascinato dalla testa verso chissà dove.
    "Cosa è un liberto...?" Deruk'jalvod dopo il vano tentativo di ottenere l'interesse del machinomante con un mero -Ehy odio gli umani, anche tu?! Abbiamo così tanto in comune!-, ignorato da un silenzio imbarazzante, era felice di constatare che il robot provasse... Curiosità? Forse stava solo tentando di dare una definizione a quella parola; da quello che aveva visto i robot erano simili ai lich, ma molto più noiosi e strani.
    Quasi come se loro non avessero un'anima...
    "Avrei potuto dire "uomo" o "umano", ma sappiamo entrambi che vi sono altre entità libere e senzienti che non appartengono alla categoria: per semplificare un liberto è una creatura vivente o non con intelletto, coscienza del suo esistere e pensare e libera da influenze esterne sulle sue decisioni".
    "Allora questo -liberto- non può che esistere nella tua mente".
    "Non screditare la mia opinione! So che siamo partiti con il piede sbagliato, tu in particolare quando me lo hai schiantato sul volto-".
    "Non scredito la tua opinione, affermo che semplicemente non esiste una creatura o entità che rispetti l'ultimo parametro.
    Mettiamo caso che esistano su un'isola irraggiungibile per qualsiasi entità mortale o divina delle creature che chiamerò 01, creature che non hanno... Una cultura, l'istinto, un governo o società, un esercito, uno o più generi sessuali, una storia, una valuta e nemmeno il baratto".
    "Degli animali asessuati insomma" Concluse Deruk'jalvod certo che il discorso fosse errato ma deciso a osservare dove voleva andare a parare.
    "No, gli animali non sanno che pensano ed hanno un intelletto, un animale inoltre è guidato per l'appunto dall'istinto".
    "Giusto, giusto... Quindi questi -01- sarebbero dei liberti no?".
    "Sbagliato" Rispose gelido GD-145, spostando il suo sguardo verso quello di Deruk'jalvod "Senza un governo o società vivrebbero in un'anarchia pura, la quale influenzerebbe le azioni degli individui per il solo fatto che vivono in essa.
    Puoi applicare lo stesso discorso alla cultura, l'esercito, valuta o qualsiasi fattore tu voglia: la mancanza di influenze esterne è essa stessa un'influenza esterna, persino una entità che si basa solo su logica e fatti è influenzata dal suo essere tale.
    Per non parlare dell'esistenza di altri individui, molti altri, ognuno influenzato dall'esistenza condivisa.
    Nessuno di noi è un -liberto- e la libertà totale non può esistere, ma una parziale invece sì.
    Infine io ritengo che se togliessimo il tuo ultimo parametro, la risposta sarebbe la seguente: un liberto sceglie, uno schiavo obbedisce".
    "Interessante! Quindi la cosa che dovrebbe farti differire da uno schiavo, è la libertà di scegliere: eppure tu hai scelto di cercare questa libertà, ciò di per se non ti rende già libero?" Deruk'jalvod era stato, il che in principio lo sorprese, trascinato dentro quell'argomentazione filosofica.
    Il lich normalmente preferiva non meditare o pensare ad argomenti così poco pratici, ma questo in particolare lo riguardava da vicino: infondo i lich avevano combattuto per evitare la loro estinzione, la libertà di -vivere-, nonostante la vita secondo i Reisciti fosse un dono che non apparteneva ai lich.
    Un'idea in principio serpeggiante, un sussurro del popolo che solo con il tempo divenne un urlo assordante e maniacale.
    "Non finché vi sarà la possibilità che possano scoprire ciò che è successo, trovarmi e decidere la mia eliminazione".
    "Ok perfetto, posso suggerire di allontanarci da Ghalia subito?".
    "Stiamo andando al porto, ti userò per raggiungere il mio bersaglio senza dare sospetto".
    "... Sta per scatenarsi un massacro non è vero?".

    Deruk'jalvod si era fatto fornire un breve aggiornamento da Tyvell su quello che era successo durante il suo riposo forzato: la sostanza era sempre la stessa, guerra, il vero motore della civiltà... sempre pronto a slanciarla in avanti che questa fosse pronta o meno.
    Se aveva compreso bene la situazione, Yoteria probabilmente possedeva alcune delle flotte migliori al mondo, non tanto per le navi in se ma per le capacità degli equipaggi della Marina Yoteriana, i quali avevano forgiato le loro capacità contro gli incubi dell'oceano.
    GD-145 si approcciava a una nave in particolare, la quale recava il nome "Dyot" inciso sulla parte esterna della cabina di comando: era piccola, a malapena alta una quarantina, al massimo una sessantina di metri; gli armamenti oltre tutto erano scarni, non sembravano capaci di obliterare una costa con qualche salva il che, secondo il non modesto parere di Deruk'jalvod, doveva essere la capacità base di una nave da guerra.
    "Che nave di merda, pensavo che la gara a chi ha il cazzo più lungo tra Yoteria e Kilar avrebbe prodotto qualcosa di più grosso e brutale!".
    "È una nave del Dominio Scientifico... Non possiede armamenti offensivi efficaci".
    "Quindi la faremo saltare in aria! Pensa vedere i brandelli infuocati degli umani che si sparpagliano in cielo!" La risata del lich che seguì dopo venne brutalmente interrotta dallo sbattere ripetuto del cranio metallico contro una parete della nave.
    Deruk'jalvod dopo qualche secondo di smarrimento, proseguì la sua risata.
    "Evita di attirare l'attenzione. E comunque no, non farò saltare in aria la Dyot...".
    A quelle parole Deruk alzò gli occhi al cielo, il suo sorriso sempre affilato stampato in volto.
    "Se lo meriterebbero e secondo me anche tu lo sai, eppure c'è qualcosa che ti blocca: dammi una buona ragione per cui non dovremmo ucciderli".
    "Perché ho assistito a quello che succede quando una o più persone iniziano ad uccidersi a vicenda: ciò che perdono tentano di riottenerlo e se non possono farlo infliggono il maggior male possibile a coloro che ritengono colpevoli" Deruk'jalvod notó che il tono di GD-145 stava cambiando, la cadenza rigida e asettica pian piano assumeva fluidità, avrebbe osato dire vigore o addirittura emozione se non fosse stato certo che il robot non poteva avere...
    "E quei colpevoli presto diventano a loro volta vittime, ricominciando il ciclo, trascinando tutti quanti verso la rovina con loro" Il braccio sinistro di GD-145 in principio non emetteva che piccole molecole lucenti, la cui densità nell'aria circostante stava pian piano aumentando.
    "E tutti pretendono di fare finta che è così che va il mondo, che non vi sono altre alternative se non il scannarsi a vicenda! Io rifiuto di credere che un'entità superiore abbia deciso di infliggerci tutto ciò!" Il braccio di GD-145 era ora ricoperto da una voluminosa fiamma bluastra, la quale si avviluppava senza dare segno di consumare o sciogliere il metallo dell'umanoide.
    La poteva vedere, la sua altrimenti invisibile fonte sprigionarsi dal petto e svilupparsi lungo tutto il corpo.
    Un'anima! GD-fottutorobotkiller-145 ha un'anima! Tutto ciò non ha senso, nessun robot l'aveva e nemmeno lui dovrebbe! Come ha fatto ad ottenerla?!
    "Siamo stati noi! Ho già visto abbastanza sofferenza da quando sono stato creato, non intendo infliggerne altra".
    "Sento dei passi, forse dovresti darti una calmata" Non che il monologo non fosse di suo gradimento, ma Deruk'jalvod voleva vederlo in vita abbastanza a lungo da comprendere che cosa stesse accadendo.
    Un manipolo di soldati Yoteriani passò oltre GD-145, limitandosi ad osservare il lich, il quale ad essi doveva apparire non molto diverso da un robot se non per alcune caratteristiche particolari che non avevano mai visto.
    Fortunatamente per tutti i presenti l'anima del machinomante non era quel tanto potente da essere visibile agli occhi degli umani, solo Deruk'jlavod era a conoscenza di questa, quindi per il momento ogni sospetto era stato evitato.
    "Vedo che sei sensibile all'argomento quindi passò direttamente al punto centrale: il tuo bersaglio?".
    "Professoressa Ivliad".
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    Intanto grazie del commento, per rispondere alle domanda ho iniziato a scrivere questo racconto con l'intenzione di completare per una buona volta uno che fosse davvero long term e con più trame costruite pian piano ma dettagliate: volevo anche renderlo -realistico- (per quanto sia possibile farlo con tecno-magia, dei ecc.) quindi è molto alla Cronache del Ghiaccio e del Fuoco, dove non c'è bianco e nero ma solo una scala di grigio che varia da PG a PG.
    Ho deciso di renderlo molto criptico per rispecchiare la natura dell'universo narrativo e del suo BG, ho già molte trame in mente e il finale quindi oltre a concentrarmi sullo sviluppo dei personaggi mi diverto a piazzare spesso dettagli, foreshadowing, simbolismi ecc.
    Poi ovviamente alcune di quelle cose le chiarirò più avanti essendo archi portanti della trama, ma se uno legge attentamente può già cogliere in anticipo dei segreti che ho seminato qua e là.
    L'idea di base di tutto in realtà è bella lunga ed è un gigantesco spoiler, quindi magari ne riparlerò dopo il finale.
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    Brucia la strega, uccidi il mutante e purifica l'impuro.
    E cosa vi è di più impuro di un regno che permette l'insorgere del caos nelle sue terre, lascia che puttane xeno circolino nella sua nobiltà e fa utilizzo di alieni, traditori e malvagi per natura, che combattono al posto delle genti ad esso fedeli?
    SCREW-ON-YOU HERETIC.
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    Non ti preoccupare io manco sapevo che lo stavi ancora seguendo ahahahah
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    Il sacerdote di Mighal alzò istintivamente la testa, il collo contratto dalla sensazione che la spina dorsale fosse arsa da invisibili fiamme.
    Nonostante il dolore lancinante i confini della bocca erano tirati in modo estremo verso l'alto, i denti chiaramente visibili a chiunque avrebbe potuto osservarlo in quel momento.
    Un flusso di energia calda si propagava dal centro del petto, risaliva su per i polmoni ed usciva infine dai suoi occhi.
    Il mondo era sempre più distorto e privo di colori, una landa bianca ed asettica dove tante piccole creature nere si scagliavano l'una sull'altra, spargendo chiazze rosse sul suo dipinto perfetto.
    Nonostante tentasse di seppellire i suoi istintinti Afeyon non poteva che ammetterlo... Voleva ucciderle tutte senza distinzioni.
    Il braccio sinistro si alzò lentamente e all'improvviso venne agitato da un forte tremore: quelle minuscole e patetiche ombre vennero cancellate all'improvviso, scomparendo dal quadro e lasciando un silenzioso vuoto.
    La tela bianca divenne sempre più scura, Afeyon assistette al suo trasformarsi in un vasto oceano nero costellato da milioni di luci scarlatte.
    "L'essenza dell'universo è ciclica" Quella voce scosse il suo animo, lo rasserenava ma allo stesso tempo era capace di annientare ogni sua volontà... Non riusciva a scrollarsi la sensazione che ella fosse la sua ed una totalmente diversa.
    "Vi è un tempo per vivere e un tempo per morire" Senza preavvisi si palesò la visione di un gigantesco occhio grigio che si spalancava di scatto nell'oscurità; fu un breve attimo in cui Afeyon riuscì a percepire un'essenza contraddittoria e terrificante.
    "Un tempo per costruire... E UN TEMPO PER ANNIENTARE!" Il tuono ruggì frantumando l'oscurità come un martello su un cubo di vetro.
    "Si fermi! Ci sono i nostri soldati laggiù!" Urlò una voce femminile, accompagnata da un forte dolore al volto.
    Gli occhi del sacerdote ora funzionavano nuovamente e con sua grande sopresa la prima cosa che vide fu... Un secondo pugno diretto al viso.
    Il colpo scagliò il guerriero di Mighal a terra contro un muro delle vicinanze.
    "Dannazione! Che cosa sta succedendo?!" Si rialzò lentamente in piedi e vide che l'artefice dei lividi sul suo volto altro non era che una ragazzina.
    Certo era armata di fucile e portava l'uniforme ma era talmente giovane che poteva essere sua nipote.
    "Lei lo chiede a me? Non sono io quella che si è messa distruggere il campo di battaglia ridendo!".
    Il sacerdote si precipitò sul balcone assicurandosi di creare uno scudo magico intorno a se per proteggersi.
    Le abitazioni in lontananza ardevano sotto la morsa di svariati incendi, mentre il campo di battaglia era oramai un groviglio di fosse, crateri ed erba bruciata sulla quale alcuni sopravvissuti erano ancora intenti ad uccidersi.
    "Siete un mostro! Bastardo lì sotto c'erano-" La ragazzina smise di parlare mentre un brivido scese lungo la schiena di Afeyon.
    Si voltò poiché conosceva fin troppo bene il suono della carne trafitta da una lama, osservando la Kilariana che oramai si trovava per terra e grondava sangue dal collo... sovrastata dal suo assassino.
    Era un machinomante dalle gloriose sembianze, un misto di tecnologie imperscrutabili e arte Yoteriana fusi al fine di creare un servo mortale e perfetto.
    Le sue non erano semplici piastre di metallo su muscoli artificiali, ma un'intricata ramificazione di tanti piccoli segmenti mobili, atti a sostenere una corazza nella quale misteriose energie sconosciute al sacerdote si agitavano, come serpi di potere verdastre...
    Le dorate scanalature creavano trame su tutta la superficie e al suo apice erano coronate da silenziose lenti scarlatte.
    "Dobbiamo per forza combattere? Sei il secondo meccanoide che vuole uccidermi questa settimana".
    "No, non c'è bisogno" Di certo questa non era la risposta che Afeyon si aspettava dal MK 9.
    Due lame sfrigolanti di energia emersero dai polsi di M-22 mentre questo accorciava le distanze.
    "Un combattimento prevede che vi siano due forze capaci di portarlo avanti: questo non è un combattimento, è la tua esecuzione".


    Deruk'jalvod infilzò un altro Yoteriano con i suoi artigli trapassandogli rapidamente un punto debole situato poco sotto la cassa toracica.
    Lo frappose tra se e i fulmini degli Yoteriani mentre con il braccio sinistro procedeva ad eliminarli con una scarica di dardi energetici ben piazzata.
    "Degli Yoteriani di certo non si può dire che gli manchino i coglio-" GD-145 giunse volando a mezz'aria, atterrando a gambe unite contro il suo volto e causando un impatto devastante: una mossa nota tra gli umani come "Entrata Dinamica" o "Calcio Lanciato".
    Il lich si rialzò sistemando il collo piegato come se fosse un chiodo storto, ma il "viso" era rimasto graffiato dai piedi metallici.
    GD-145 tagliò l'aria con un fendente verticale seguito da una rapida sequenza di affondi della sua spada elettrificata.
    Deruk'jalvod retrocedette sparandogli addosso un raggio termico, obbligandolo ad interrompere l'attacco per pararsi con lo scudo Teimalk.
    Mutò il suo braccio destro così che assumesse la forma di un lungo spuntone a doppia lama.
    I due scattarono in avanti ma i lich non poteva prevedere che i riflessi del machinomante erano una sfida ai suoi, al punto che ogni colpo che tentatava di portare a termine veniva respinto e in seguito la sua guardia forzata dai fendenti della spada Yoteriana.
    GD-145 assestò un colpo di scudo sul volto del lich poco prima di affondare la spada elettrica nel suo petto.
    Deruk'jalvod sorrise mentre con un fendente del braccio destro spezzava la sua lama: approfittò del momento per eseguire un affondo che nonostante venne parato fu capace di rendere inutilizzabile lo scudo del MK 7.
    Nella frazione di un secondo appoggiò la mano artigliata del braccio sinistro appena ritrasformato sul suo petto.
    Gli bastò convertire un piccolo frammento della sua anima in energia magica, emetterla all'esterno del palmo e...
    La piccola esplosione lanciò in avanti GD-145 almeno dieci metri nella direzione opposta facendolo ruzzolare con violenza contro il terreno.
    Deruk'jalvod rimase qualche secondo ad osservarlo per assicurarsi che fosse stato disattivato: il suo corpo era immobile ed attraversato da uno stormo di piccoli fulmini scarlatti, residui dell'attacco magico.
    Fu a quel punto che si rese conto di un dettaglio che aveva trascurato: la dimora dei Doneria era occupata da Yoteriani che stavano massacrando i pochi soldati Kilariani e i lich rimasti a combattere.
    I carri armati nemici invece trucidavano le linee di fanteria come una mannaia che si abbatte sulla carne d'agnello.
    Alla fine lui la sua parte l'aveva rispettata, quindi non sentì vergogna alcuna quando decise di voltarsi ed andarsene... Con una particolare fretta invero.
    Non che fossero affari suoi comunque e dopo la prigionia voleva godersi una vacanza; certamente gli altri lich avrebbero compreso che stavano perdendo e che di conseguenza conveniva una manovra tattica di disingaggio.
    Per buona misura si mosse di casa in casa al fine di evitare la cattura, inoltre era sua opinione che i precedenti propetari scappati da Ghalia, o crepati durante il conflitto, non sarebbero tornati per riprendersi una collana o degli anelli.
    Non che avesse davvero bisogno di soldi... O cibo, acqua, riparo, calore, aria e tutte quelle cose necessarie alle creature biologiche: ma il lich oltre ad uccidere e ridere amava le cose lucenti.
    Le sue fiammelle eteree furono attratte da un piccola rarità in particolare trovata dopo aver distrutto la quinta cassaforte: una sorta di cubo fatto di un minerale color neve che su i quattro lati centrali aveva incise le parole "caos", "fuoco", "morte", "guerra".
    Osservandolo per un po' ebbe l'impressione che quattro voci stessero cacofonicamente urlando con grande ira quelle parole.
    Un individuo più sano di mente avrebbe potuto reagire in due modi: rimanerne inquietato e starci lontano oppure distruggerlo con violenza.
    Deruk'jalvod decise che comunque era un cubo piuttosto bello esteticamente, quindi lo fece assorbire al metallo vivo del suo addome.
    All'improvviso una delle pareti esplose creando una nuvola di polvere ed una tempesta di detriti: nei secondi che seguirono quel momento esplosero un secondo ed un terzo muro.
    La vista dell'umanoide biomeccanico era offuscata dalla coltre di polvere, ma udì dei passi meccanici che si muovevano rapidi.
    In un attimo dalla destra di Deruk'jalvod giunse un rapido diretto che fracassò il suo costato, creando una notevole ragnatela di crepe.
    Il corpo della terribile creazione Kilariana riuscì a riparare, in modo relativamente veloce, la sezione danneggiata.
    Quando si voltò il suo aggressore non c'era, ma aveva già intuito di chi si trattava "Sei ostinato vedo... Stai inseguendo la tua morte".
    "Un concetto effimero paragonato a ciò che voglio" Rispose minacciosa la profonda voce metallica del pericolo nascosto nelle polverose ombre.
    Deruk'jalvod sparò una raffica verso la fonte della voce ma mancò il bersaglio.
    GD-145 sferrò una sequenza di diretti intermezzata da ganci allo stomaco e montanti protratti a piena potenza.
    Il robot era più veloce e selvaggio rispetto a prima sfruttando i propulsori nei gomiti per potenziare i suoi attacchi: e ad ogni colpo diventava sempre più difficile coprire i danni subiti.
    Deruk'jalvod tentò di affondare la lama nel suo petto ma il MK 7 la schivò e scattando in avanti gli inflisse un montante.
    GD-145 eseguì un salto roteato in aria che terminò con l'impattare della tibia metallica contro la faccia del lich.
    Deruk'jalvod cadde a terra e venne presto bloccato dalla potente gamba del robot.
    Il machinomante afferrò il braccio sinistrò e con un movimento deciso glielo strappò via.
    Prese il lich per la gamba destra e lo lanciò contro una colonna portante delle mura, per poi procedere a strappare il braccio destro.
    Deruk'jalvod tentò di sparargli in faccia un colpo d'energia ma il robot deviò il braccio prima di rimuoverlo.
    GD-145 infine lo sollevò dalle due gambe e spalancò le braccia causando la separazione totale degli arti dal corpo.
    Il lich oramai ridotto ad avere solo testa, collo e busto, come se nulla fosse accaduto, sorrideva al vincitore dello scontro.
    "Congratulazioni, ti farei un applauso ma sai com'è... Quindi cosa cercavi? Di completare una missione assegnatati?".
    La nube oramai si era diradata rivelando GD-145 che l'osservava con le sue lenti verdi: gli parve di scorgere nei recessi di esse il comparire di rapide e smunte luminescenze azzurre.
    "Qualcosa che mi faccia differire da uno schiavo".

    Edited by Martirios - 30/7/2017, 23:48
  6. .
    Sul braccio destro di Afeyon l'intricato disegno composto di cerchi e linee color lambra lucente si disgregava, rivelando che sotto i sigilli la carne e la pelle erano scomparse, sostituite dalla pulsante energia color neve della magia di Reis.
    "Una mossa rischiosa, mi chiedo se ne varrà la pena".
    Deruk'jalvod conosceva fin troppo bene come quell'antica fonte di potere potesse distruggere le carni degli uomini, annientarli ed ucciderli o ancora peggio deformarli nel corpo e nell'anima.
    La magia priva di catalizzatori o blocchi era lo strumento più terribile che il creato avesse mai conosciuto.
    Rimuovere i limiti di essa era una mossa che andava sempre ponderata, al fine di evitare il disastro...
    "I tuoi ricognitori dicono che siamo circondati... Ed io non posso combattere con i metodi convenzionali, dopo che mi hai quasi distrutto il petto".
    "Tuttavia dalla nostra parte abbiamo un vantaggio che loro non posseggono".
    "Il coraggio? La magia? Questa specie di villa? Reis?" Sentendo quelle parole il lich mimò con la bocca la parola -puttanate-.
    "Mostri, assassini, soldati, un borbottante sacerdote-guerriero: pensi davvero che abbiano fatto bene a togliere ogni via di fuga a degli elementi di questo genere?" Deruk'jalvod sfoderò il sorriso più affabile del suo repertorio, quello che mostrava tutti i sessantaquattro denti.
    "Andiamo, sarà divertente! Proprio come quando combattevamo con i vostri antenati: morte, sangue, menti devastate per sempre... EVVAI!".
    Afeyon rimase impassibile ad osservare dall'alto del balcone le truppe che si schieravano all'interno delle postazioni difensive.
    I soldati di Kilar coprivano la linea principale, barricati all'interno di trincee improvvisate e nella dimora dei Doneria armati dei fucili Deus Vult.
    Loro avrebbero scatenato la pioggia di proiettili solidi fiammeggianti mentre i lich colpivano i fianchi delle linee nemiche.
    "Siamo tesi eh?" Constatò il lich battendo ripetutamente gli artigli sulla ringhiera.
    "Immagino che tu non provi dolore quindi non può importarti cosa sta per succedere".
    "Non sopravalutarmi Afeyon nonostante tutto anche io voglio evitare un incontro con la Regina, ma per motivi diversi dai vostri".
    Il guerriero di Mighal alzò un sopracciglio pesando quelle parole "È per quel giuramento di cui parlavi?".
    "No... io non voglio morire, perché nessuno ha il diritto di strapparmi il dono della vita contro la mia volontà: se ci riusciranno non se ne faranno nulla, quindi che soffrano ed urlino il mio nome con odio prima che accada!".
    Il lich si lanciò dal terzo piano atterrando tra le fila degli umani, causando per un attimo sgomento in alcuni individui.
    "Signori so che vi ho dato una prima impressione piuttosto magra e" alzò il suo indice appuntito "faccio schifo con questi discorsi, quindi vi faccio una semplice domanda... Chi di voi odia gli Yoteriani e ha già ucciso?".
    Svariati soldati dalle divise rosse e dorate alzarono il braccio, incoraggiati dall'avere un punto in comune con quell'essere.
    "Allora dimostriamolo a quei fottuti stronzi!" Esclamò aizzando manifestazioni che mischiavano giubilo e rabbia.
    Presto lo schiamazzare venne coperto da un suono piuttosto inquietante: il battere forte, rapido e coordinato di migliaia di piedi metallici...
    Dalle quattro vie principali della città lunghe fiumane di machinomanti color mare giunsero decisi a uccidere i difensori.
    A guidare le loro fila vi erano i MK 3, giganti meccanici che sorreggevano spessi scudi a torre alti quattro metri e martelli da guerra in grado di schiacciare carri armati... Come se non ciò bastasse, erano intelligenti quasi quanto i MK 5.
    Sulle loro schiene erano eretti gli stendardi dell'Armata Liberatrice con il loro simbolo: una piramide bianca dalla cima ridotta in macerie su uno sfondo rosso e nero.
    Alcuni dei Kilariani erano chiaramente sconvolti dalla punta di lancia delle forze nemiche.
    "Soldato!" La voce del lich fece girare di scatto un uomo con occhiaie che gli scavavano in profondità il volto.
    "Disponiamo di strumenti capaci di annientare quei cosi? Uhm?!".
    "Forse le granate... signore, suppongo?" Rispose mentre si metteva in posizione per sparare.
    "Chiamatemi solo Deruk, ed ora passatemele".
    "Deruk sono a duemila metri di distanza, le granate non possono raggiungerli!".
    "Ho detto passatemele cazzoni di merda! Se non esegui i miei ordini non ricevi un provvedimento disciplinare, no! Ricevi una lama nel fottutto stomaco! QUINDI PASSATEMI LE GRANATE!".
    Gli umani eseguirono l'ordine consegnadogli una cassa di ordigni al plasma.
    "In quanti secondi esplodono?" Il lich ne lanciava in aria una per testarne il peso.
    "Cinque secondi, ma quando potremo usarle sarà troppo tar-" Deruk'jalvod piantò saldamente i piedi per terra e con un rapido movimento rotatorio del braccio protratto in avanti scagliò l'ordigno: la granata solcò il cielo rapida fino a che non si trovò sopra la testa di uno dei quattro giganti.
    Un bagliore intenso esplose in lontananza seguito dal lento crollo del colossale MK3.
    "FUOCO A VOLONTÀ SULLA STRADA CENTRALE DI DESTRA!" Urlò il lich indicando la zona oramai esposta alle armi anti-fanteria.
    I Kilariani rovesciarono migliaia di proiettili ruinici avvolti nel fuoco sui machinomanti, i quali nonostante fossero ancora protetti da Scudi Teimalk e scudi balistici iniziarono a risentire delle perdite.
    Gli Yoteriani caricarono aumentando improvvisamente il passo, così che potessero circondare al meglio i Kilariani e sopprimerli con un'impetuosa massa di proiettili solidi, serpeggianti flussi voltaici e missili di calibro minore.
    Il gigantesco giardino del palazzo diveniva travagliato ed informe mentre lo scontro si faceva più cruento.
    La pioggia di granate scatenata dai lanci di Deruk'jalvod compieva il suo dovere disgregando le loro formazioni, ma non era capace di compensare da sola il costante afflusso di soldati umani e robotici.


    Il capitano Erul vide in lontananza la devastazione che i due fronti stavano scagliando l'uno sull'altro.
    "GD-145 collegati al Sistema Unificato, rapporto sulle prime linee!".
    "Uno dei loro costrutti sta scagliando delle granate addosso le nostre truppe, i MK 3 sono stati distrutti e vi è un mago intento ad innalzare grosse sezioni del terreno... Ritengo che voglia lanciarle sulle- ha appena schiacciato qualche centinaio di individui".
    "Dobbiamo sbarazzarci subito del mago, passa le informazioni ai cecchini e a M-22".
    Un numero indefinito di fumogeni coprirono il giardino con muri di fumo, permettendo un'avanzata ancora tartassata dai proiettili infuocati ma certamente meno suicida e futile.
    "GD-145 coprimi con il tuo scudo: se avvistiamo uno dei loro robot o un Kilariano lo sopprimiamo".
    Il duo avanzò insieme ad altre decine di uomini, mentre i proiettili nemici rimbalzavano sulle superfici luminose degli Scudi Teimalk.
    Uno dei suoi comilitoni venne gambizzato da una salva, Erul corse oltre ma riuscì ad udire le urla disperate e la carne che bruciava.
    L'aria era intrisa di quell'odore sgradevole... Un secondo soldato insieme a un lich furono trucidati da uno stormo di proiettili vaganti.
    Il gruppo balzò oltre la landa di fumo, morte e carne bruciata raggiungendo il luogo ove il combattimento era più intenso e massiccio.
    Erul coprì il lato destro scaricando un nugolo di palettoni addosso a tre soldati, mentre la spada elettrificata di GD-145 decapitava con un taglio netto un Kilariano che si trovava sul loro cammino.
    Un soldato nemico armato di ascia bipenne per poco non tranciò il busto di Erul, il quale dovette lanciarsi in avanti sulle sue ginocchia.
    Eseguì una capriola laterale per evitare il suo fendente dall'alto, parò un terzo colpo con la spada deviando l'asta dell'arma e si proiettò nuovamente in avanti.
    Puntò il suo fucile a palettoni contro il petto del bruto e con un colpo secco sventrò una sezione della cassa toracica e i polmoni.
    La vittima si accasciò a terra emettendo dei lamenti informi e soffocati, ma presto la vita lasciò il suo corpo.
    Un secondo soldato giunse dal fianco sinistro sparando una salva di proiettili, il costato dell'armatura di Erul lo protesse permettendogli di rispondere all'aggressore con un ulteriore colpo di fucile diretto al cranio.
    I muscoli dello Yoteriano erano tesi, i suoi sensi venivano urtati da esplosioni circostanti, i morti, le viscere che venivano sparse sul terreno come semi umidicci e rossi.
    Il rumore delle ossa che si frantumavano, le carni squarciate... Voleva urlare fino a ledere le sue corde vocali, ma una sezione ancora lucida della sua mente gli ordinava di proseguire e non attrarre l'attenzione dei nemici.
    Aveva già visto più e più volte gli inferi manifesti nel mondo mortale e lui non era che uno dei suoi mille carnefici.
    Si sarebbe fatto strada nelle linee nemiche ad ogni costo, anche se era necessario trucidare altri venti, cento o migliaia di Kilariani.
    Da dietro le sue spalle provennero cinque colpi di cannone plasma che si abbatteranno sul palazzo, seguiti dal rapido emergere dei carri Marœg.
    Le macchine da guerra dall'eleganti forme ondulate e taglienti solcavano l'aria senza toccare terra, scaricando con le torrette minori centinaia di proiettili solidi sulle truppe Kilariane.
    La 9ª Divisione Corazzata si apprestava a porre termine alle resistenze nemiche.

    Edited by Martirios - 30/7/2017, 23:42
  7. .
    La tempesta divorava la terra saziando le impetuose fauci con edifici, strade e le vite degli abitanti.
    Namin e le sue rigogliose foreste morivano con un lamento privo di parole mentre la mano della Regina si allungava su di essa per strapparle la vita.
    Erul non poteva che aggrapparsi a una tegola di legno, malconcia ma ancora in grado di galleggiare, mentre veniva trasportato in una corrente di cadaveri e macerie.
    Gli edifici di legno e nodose liane erano troppo deboli per reggere la furia del vento e dell'acqua che vorticavano in aria libere da ogni restrizione.
    I flutti del mare cessarono pian piano di essere limpidi mentre la loro superficie veniva infetta da una massa nera ed oleosa.
    Da quest'ultima centinaia di mani scheletriche emergevano afferrando i sopravvissuti per trascinarli verso la morte.
    Enormi navi Yoteriane con a bordo migliaia di persone infrangevano i mille ostacoli: le carene venivano graffiate, piegate e avvolte penetrate mentre il clima rabbioso ed incostante tentava di ribaltarle con manifestazioni di brutale potenza.
    Eppure riusciva ancora a vederle in lontananza, sapeva che potevano riuscire a portare in salvo la sua gente.
    Dovevano solo resistere con tutte loro forze, continuare a battersi contro le avversità di quell'apocalittica fine.
    Ed in fondo al cuore sapeva che ce l'avrebbero fatta, ma una parte di lui rimpiangeva di non essere a bordo di quelle portatrici di salvezza.
    La sua presa iniziava ad allentarsi, la fatica rischiava di farlo scivolare nelle profondità del mare...
    Gli oscuri nembi in cielo si squarciarono, spiragli di luce si facevano strada rivelando una gloriosa visione.
    L'Arca che grande quanto Namin stessa ascendeva dal cielo come una dorata rivelazione.
    Il sole stesso si sarebbe inchinato davanti a una simile bellezza, l'elegante nave-città che solcando i cieli lasciava ai mortali la possibilità di osservare uno sprazzo della gloria di Reis.
    Il giovane Erul non riuscì a trattenere un sorriso idiota, rasserenato dal sapere che l'Armata Angelica sarebbe discesa da un momento all'altro per trarre in salvo tutti quanti.
    Una luce soffusa iniziò ad accumularsi sotto la pancia dell'Arca mentre enormi cristalli piramidali attiravano i fulmini intorno a se stessi.
    Il colpo esplose emettendo un ruggito che avrebbe intimidito anche il più coraggioso dei mortali.
    La luce accecante del candido raggio che discese su Namin e le navi Yoteriane obbligarono Erul a voltarsi nella direzione opposta...
    Non ci volle molto prima che la vista gli ritornasse, riportandolo alla realtà.
    Era fermo vicino al cadavere di un Kilariano, lo sguardo fisso sulle vesti di lana verde lorde di fango.
    Un secondo lampo esplose ma stavolta il capitano di Yoteria rimase indifferente alla sua luce.
    Deglutì lentamente incapace di muovere un ulteriore passo in avanti.
    "Erul, i tuoi uomini ti attendono..." Il sergente Havad era di fianco a lui, si osservava intorno quasi stesse per passare il Supremo in persona.
    "E tu lasciali attendere, possiamo crepare in compagnia più tardi" Grugnì l'uomo con i capelli leggermene rasati senza distogliere lo sguardo da terra.
    "Siamo in marcia non puoi stare q- Stai vagando di nuovo vero?".
    "Probabile... Avvolte diventa difficile distinguere quello che mi succede intorno".
    Erul cominciò a riprendere la camminata, non accennando a quella strana sensazione nel petto.
    Come se dell'acqua si stesse insediando nei suoi polmoni, litri e litri che parevano soffocarlo.
    "Fortunatamente durante gli scontri riesci a rimanere lucido" Commentò Havad sistemandosi i capelli bruni e fradici che gli coprivano la fronte.
    "Come puoi esserne certo? Per quanto ne sai potrei essere sempre in questo stato".
    "Anche se così fosse, non sembra impedirti di combattere... Allora, di cosa si trattava questa volta?".
    Erul prese una boccata d'aria lasciando che essa scorresse dentro di lui, quasi volesse assicurarsi di essere ancora vivo.
    "Avrai già notato che non sono di Yoteria quella volta che mi sono messo a urlare, -cazzate tribali- citando le tue stesse parole".
    Havad si grattò il retro del cranio alzando lo sguardo al cielo "A dire il vero pensavo che stessi scherzando".
    "Io sono uno dei tanti esuli dalle isole che stanno affondando in ogni dove, ti è mai capitato di assistere a un simile evento?".
    "Solo una volta in lontananza, ma è bastato per rendermi conto che la situazione sta sfuggendo di mano".
    "Non mi dire..." Rispose lentamente il capitano Erul alzando di poco il sopracciglio sopra il suo occhio ancora umano.
    "Senti Erul mi stavo chiedendo... Perché ti sei arruolato? Vendetta? Avevi bisogno di denaro?".
    Lo Yoteriano alzò brevemente le spalle "Un po' entrambe, ma avvolte penso che potrei andarmene e trovarmi un lavoro".
    "Beh la nostra tecnicamente è una professione, ben pagata... E tu ci sai fare!".
    "Uccidere persone per denaro? Non fraintendermi io sono fedele alla causa del Supremo, ha il suo perché e certamente non mi dispiace liberare questo mondo dalla feccia teos ma..." Il capitano emise un sospiro pesante, inumidito dalla costante pioggia.
    "Sai il mondo non è diviso in bianco e nero, eppure ho come l'impressione che stiamo provando a spaccarlo in due fazioni: cosa succederà a coloro che si troveranno nel mezzo? Non possiamo uccidere ogni umano non Yoteriano".
    "Qui non si tratta di uccidere gli umani, noi li stiamo salvando" Provò a giustificare Havad incerto.
    "Eppure..." Rispose Erul con un tono basso, rinchiudendosi nuovamente nella sua intima e contorta prigione di pensieri.

    Edited by Martirios - 9/7/2017, 15:32
  8. .
    Democle vagava tra le colonne di pietra, acciaio e parole che legate tra loro sorreggevano il soffitto, dorato e ricco di trame e disegni.
    Su di esso si susseguivano le immagini di tante creature dai mille colori e forme: si scagliavano feroci l'una sull'altra, avvinghiandosi in una selvaggia mattanza che schiacciava gli esemplari più deboli.
    Questi giacevano ai lati estremi della guglia, ove nel grigiume contorto e deforme i loro cadaveri si ammassavano, scaricati, presto mai più rimembrati, sostituiti dalla fiumana di contendenti che appena nati erano scagliati nella bolgia.
    Le creature convergevano verso il centro, la luce intensa fonte del loro desiderio più irrefrenabile.
    Ma più si avvicinavano ad essa e più questa li consumava, spedendo anche i più forti e spietati verso le braccia dell'oblio.
    Democle rimase a lungo ad ammirare la guglia, sette siringhe e tre coltelli penzolavano dalla striscia di pelle che teneva in mano.
    Gli occhi vacui e spenti ripercorrevano la strada percorsa per giungere al tempio, ma non erano capaci di comprendere come il suo viaggio era iniziato.
    Il motivo invece era... Forse una bandiera rossa, una mano bianca e lucente oppure ancora una moneta che cadeva nella sua mano.
    Più tentava di comprenderlo e più si convinceva che non vi era mai stato uno scopo nel suo viaggio.
    Ora non vi era altro che il voler conoscere pienamente la natura del tempio, in ogni sua forma, anfratto, guglia, profondità e gloria che esso poteva rivelargli: aveva ottenuto una moltitudine immensa d'informazioni eppure vi era ancora molto da comprendere.
    "La pace è parte di voi signore!" Sentì quelle sette parole pronunziate da parte di una voce femminile.
    Abbassò lo sguardo incrociandolo con quello di un umanoide dai capelli biondi, occhi azzurri e dalle prosperose doti artificiali sul petto e sulla parte posteriore del corpo roseo.
    Un'umana se Democle non errava.
    "Non comprendo cosa volete dire..." Rispose esitante ricevendo in cambio un largo sorriso.
    "Il mio nome è Martiaz Sdiva, tu come ti chiami?".
    "Non è quello che vi ho chiesto" L'umana era forse incapace di comprenderlo? Oppure si dilettava a sviare i suoi quesiti sulle sue futili formalità millenarie?
    "La pace è parte di voi! È solo un modo di dire, non ha un significato".
    "Allora non date fiato a parole prive di essenza".
    "Sembrate molto solo signore" La ragazza si inclinò per squadrarlo da capo a piedi oltre la sua visione frontale.
    "Eppure eccomi qui a dialogare con voi, ora se non vi dispiace tornerò a riflettere-".
    "Volete una mano signore? Vi posso aiutare a collegarvi al Flusso".
    Solo in quel momento notó che dal cranio della ragazza fuoriusciva un lungo cavo, al cui interno scorreva un luminescente liquido color arcobaleno che permeava anche la pellicola esterna.
    "Non sono interessato, spiacente signorina".
    "Signore per lo meno provi! Una volta che è parte del Flusso non si è mai più soli!".
    La ragazza si chinò per raccogliere una sezione del cavo ed offrirgliela.
    Democle sfiorò la sua superficie e presto venne travolto dall'esperienza che provò in quell'istante: migliaia di suoni, voci, immagini e dati gli arrivarono addosso come la forte corrente d'un corso d'acqua.
    Vagò nel Flusso cercando la conoscenza e per un breve momento, fu rasserenato e godette dell'unione con migliaia di coscienze.
    Presto la superficie attraente e meravigliosa iniziò a degenerare: più si immergeva e maggiore era il disgusto che provava.
    Una fiera di vanità, idiozie, disinformazione, degrado e inettitudine che si contorceva vomitando orribili spettacoli e visioni.
    Giunse in un abisso così profondo che la luce della verità al di sopra della superficie era oramai totalmente celata.
    Lasciò di scatto il cavo e respirando affaticato alzò lo sguardo per assicurarsi che il tempio fosse ancora intatto.
    "Signore state bene?".
    "Dovrei essere io a farvi questa domanda".
    "Non comprendo cosa volete dire...".
    "Esatto! E non lo farete mai finché non vi staccate dal Flusso, non so nemmeno perché io ci sia rimasto così a lungo".
    "Siete un pazzo?" Chiese lei con l'aria di chi assaporava una caramella al gusto di limone e merda.
    "Preferirei esserlo e non comprendere ciò che ho visto: lasciatemi solo nel Tempio dell'Umanità e non disturbatemi mai più".
    "Ma signore... Il Tempio appartiene al Flusso".
    "No signorina, esiste da molto prima di quello scempio che voi tanto amate: esso perdurerà nei milleni, ha visto la nostra nascita e vedrà la nostra morte, nulla è eterno all'interno delle sua mura come egli stesso".
    La ragazza iniziò a balbettare una sequela scollegata di insulti alla sua persona, accampognata dall'accampare che esso non era altro che un misogino e cinico guerra fondaio, amante dell'arte di offendere e sparare futili idiozie.
    "Allora andate in un'altra sezione del Tempio, così che io non dovrò più darvi attenzione e viceversa".
    "No! Io ho ragione! Entrate nel flusso!".
    "Uhm..." L'uomo strappò un pezzo di tessuto dal suo camice color latte, se lo avvolse intorno alla mano ed afferrò il cavo multicolore della ragazza.
    "Cosa succede... Se io lo taglio?" Chiese Democle poco prima di tranciarlo a metà con un fendente del suo terzo coltello.
    Gli occhi della ragazza si dilatarono mentre osservava con orrore il liquido che fuoriusciva spargendosi sul marmo del pavimento.
    Tentò di attaccarsi all'estremità tagliata continuando a ingurgitare il suo contenuto ma Democle la sottrasse.
    I capelli di Martiaz si fecero sempre più scuri diventando neri e lucidi, le forme del suo corpo persero parte dell'estreme fattezze originarie e per qualche strano motivo ella divenne più bassa.
    Iniziò a vomitare un liquido nero e schiumoso dall'odore ripugnante; Democle l'afferrò per i capelli aiutandola a non crollare a terra.
    Dopo due ore passate in silenzio e meditazione, l'uomo tornò ad osservare la ragazza.
    "Mi dispiace essere stato così brusco, ma avvolte è meglio che il dolore sia rapido".
    Martiaz si passò la mano sul volto, quasi stesse tentando di rimuovere uno strato di sporco.
    "La realtà fa veramente schifo..." Mugugnò stanca, non staccando lo sguardo dal pavimento.
    Democle alzò le spalle, un mezzo sorriso in volto.
    "Non è così male, se impari ad affrontarla".
    "Come affrontate una cosa simile? Nasci e convivi con tutti i tuoi errori, le sofferenze e le perdite solo per scoprire che alla fine non saranno valse nulla? Dammi un senso ad andare avanti solo per ritardare la fine".
    "L'epilogo è la parte più noiosa, è l'intermezzo che devi... Dimmi Martiaz tu hai mai visto uno spettacolo?".
    "Gli spettacoli dentro il Flusso contano?".
    "Era uno spettacolo che ti sei goduta?".
    "Sì, parlava di un re che combatteva il suo destino, era scritto davvero bene".
    "Eppure se fosse durato per sempre, non avresti mai visto la fine e probabilmente ti saresti annoiata".
    Martiaz si lasciò scappare un sorriso, sincero e per niente forzato.
    "Signore quindi voi non fate altro che osservare il soffitto e pensare?".
    "È da molto tempo che sono qui, ma sono troppo stanco per abbandonarlo".
    "O non ne avete il coraggio".
    Democle scoccò uno sguardo tagliente a Martiaz "Non è vero".
    La ragazza si alzò in piedi, si avvicinò a Democle e gli tese la mano.
    "Dimostratemelo".

    Edited by Martirios - 27/6/2017, 09:43
  9. .
    CITAZIONE (ALAN-B @ 14/6/2017, 08:38) 
    Bello mi piace

    Ti sei sprecato.
  10. .
    Daris era appoggiato a un muro mentre si assicurava che il vessillo non ricevesse danni durante il sonno.
    La gamba doveva essere rimessa apposto, una cura paziente era meglio di un processo accellerato e instabile, ma all'interno vi era ancora molto lavoro che andava refinito.
    Un sole pallido e grigio si alzava pigro, incapace di accecarlo.
    Eh, cosa hanno da osservare? Questi umani così sporchi e perduti...
    Non erano nemmeno bravi a nascondersi, poteva vedere un cespuglio di nerastri capelli oleosi emergere da dietro un muretto.
    "Non sono una statua da ammirare, mortali! Se avete un minimo di rispetto fatevi avanti o andatevene".
    "Ma che cazz-!" Una mano tozza dalle nocche ruvide e consumate afferrò la testa spingendola verso il basso.
    "NON CERCHIAMO PROBLEMI!" Continuò la voce facendo emergere un fucile da dietro il muretto.
    Le sue forme erano piuttosto lineari, non si trastullavano in inutili decorazioni; probabilmente funzionava con proiettili solidi tuttavia Daris non era un esperto di armi da fuoco.
    "Siete più di qualche decina, sparpagliati tra vicoli, palazzi e ripari improvvisati" Rispose Daris mentre la sua attenzione era diretta a due emanazioni in particolare, facilmente notabili per la pesantezza della loro essenza.
    "Forse tu non cerchi lo scontro ma due dei vostri emettono un non trascurabile intento omicida: deponete tutte le armi e forse non vi ucciderò".
    L'edion si lasciò sfuggire un sorriso affilato, il divertimento di colui che è consapevole di avere in mano la situazione.
    "Oh beh, colpa mia!" Una fiumana di sfrigolanti sfere violacee eseguì una rapida parabola in cielo per poi discendere su Daris.
    L'edion afferrò rapidamente Smodiel per la divisa saltando per evitare l'attacco.
    Daris si voltò lentamente nella direzione opposta, dove ora si trovava il suo non molto occulto assalitore.
    Un'umana la cui testa era inverosimilmente calva l'osservava sorreggendo un libro di cristallo.
    Le pagine di esso, cristalline e limpide, tossivano piccoli sprazzi di energia grezza.
    Un artefatto catalizzatore, di certo possiede alcune conoscenze arcane.
    Il che tuttavia contrastava con gli abiti, non dissimili da quelli di molti paesani.
    Quindi come l'ha ottenuto...?
    "Ti piace saltellare trascinandoti dietro il cadavere di quel ragazzino? Non avevo mai sentito di un angelo necrofilo".
    "È ancora vivo ma vedo che oltre ad essere portata per le arti arcane lo è anche per la cecità".
    Lei in tutta risposta si leccò le labbra violacee.
    "Rimane una cosa piuttosto inquietante se la guardi da una certa prospettiva...".
    La donna sembrava in vero fiera e scoccava con movenze e parole sinuose frustate all'ego di Daris.
    "Voi mortali non fate altro che sprecare il mio tempo, il che inizia a darmi buoni motivi per pensare che dovrei falciarvi più spesso".
    "Oh no! Un immortale che spreca il suo tempo! Sarà difficile per te recuperarlo se passi le giornate a-".
    "Sakrata, tesoro... Puoi almeno per una giornata intera non farti nuovi nemici?!".
    Da dietro il muretto emerse un umano basso, al punto che un bambino di dieci anni avrebbe potuto raggiungerlo in altezza.
    Alcuni avrebbero potuto usare la definizione "nano".
    Talune persone sarebbero risultate piuttosto ignoranti: è risaputo che i nani sono tutti morti il giorno in cui l'isolamento e le malattie veneree li hanno stroncati dal primo all'ultimo.
    Quello che a sua insaputa Daris osservava invece era il Signor Liomin.
    Niente barba o cotta di maglia per lui, quelle erano più consone a un lord dei tempi andati.
    Esso invece portava un giacchetto scuro abbinato a un panciotto verde, inoltre il suo viso era quasi totalmente liscio se non per dei piccoli baffetti.
    "Prima l'Ordine Purificatore, poi i fanatici fissati con il sangue, un cacciatore, dopo ancora la strega dai capelli rossi-"
    "La ciarlatana, dai capelli rossi" Lo corresse Sakrata alzando il naso al cielo.
    "Per abbattere quella -ciarlatana- hai dovuto fargli crollare una casa in fiamme addosso".
    "Beh ora sarà felice immagino! Quella non smetteva di sproloquiare profezie a caso!".
    "Il punto è che continui a farti nemici SENZA UN FOTTUTO MOTIVO! Voglio dire, guarda!".
    Il Signor Liomin indicò con un gesto vago Daris dall'alto verso il basso.
    "Tu vedi un angelo! Un cazzo di angelo che sembra uscito da un pozzo di fuoco, cattiveria e odio ed invece di stare ferma ti metti a lanciargli addosso i tuoi merdosi trucchi magici!".
    Il minuto signore appoggiò il suo fucile a terra, poi si voltò verso l'edion ed eseguì un mezzo inchino.
    "Scusa, siamo molto grati che non ci hai ancora attaccato nonostante i nostri atteggiamenti...".
    Liomin volse un'occhiata di rimprovero alla sua compagna, poi continuò "Che è successo al ragazzo?".
    Daris scrollò le spalle, il suo tono vagamente annoiato "Vi basti sapere che era bloccato sotto delle macerie ed ora devo guarirlo da alcune ferite".
    Una piccola folla di gente cominciò ad emergere dai ripari avvicinandosi con cautela a Liomin, Daris e Sakrata.
    "E l'hai salvato solo per via del tuo meraviglioso cuore?" Chiese l'arcanista poggiando un dito contro il petto di Daris.
    Lo ritrasse rapidamente quando si accorse che non solo si stava scottando, ma che l'oscurità intorno al corpo dell'angelo era sul punto di strapparlo via...
    "Vi era un'anima nella notte: si contorceva e dimenava, mossa dal più potente desiderio che l'uomo abbia mai provato" Daris si avvicinò a Sakrata e Liomin torreggiando con i suoi due metri di altezza sopra i mortali.
    I suoi occhi parvero riaccendersi di una rinnovata volontà ed energia.
    "Allora io ho visto una nuova arca per il mio potere! Tuttavia questo non è che il primo passo...".
    "Che conduce a...?" Chiese Sakrata girando intorno al dormiente Smodiel.
    "Giustizia, per coloro che hanno sofferto così a lungo nella loro miseria d'accettarla".
    L'arcanista si coprì la bocca emettendo una risata, attirando lo sguardo dell'edion.
    "Giustizia per tutti! Ah... Sei davvero un illuso: vi sarà sempre qualcuno che ascende verso la salvezza e altri che non potranmo mai vederla.
    È così che funziona il mondo... Innumerevoli individui destinati a soffrire per il bene di altri".
    "Pensi che non lo sappia?!" Chiese furioso Daris mentre le sue ali evanescenti si infiammarono splendendo con la loro luce oscura.
    Sakrata arretrò leggermente, le pupille della donna si dilatarono mentre la potente figura non esitava a stringere le distanze.
    "Molti mi vedono come la cosa più futile che possono inseguire nella loro vita: dedicati totalmente al potere o al denaro senza considerare nessuno e vedrai in poco tempo risultati, ma quando si tratta della giustizia? Sembra che non potrai mai farcela!".
    Un'espressione stranita apparve sul volto di Liomin "-mi vedono-?" Ma Daris ignorò la domanda continuando il suo furioso discorso.
    "Risani la ferita di un popolo ed un'altra si apre! Porti pace in una regione e la guerra esplode in un'altra! Ricostruisci dopo un terremoto ed uno tsunami spazza via tutto! E combatti! E combatti! E combatti! Ma non sembra bastare mai!".
    Poi si fermò, indicando lentamente con il braccio gli edifici in rovina che li circondavano.
    "La stabilità non è mai permanente, c'è sempre qualcosa pronto a farla crollare! Così come c'è sempre qualcuno che soffre ed ogni dannata volta mi chiedo: ne è valsa la pena?".
    Rimase ad osservare Sakrata, la quale per la prima volta dal loro incontro aveva perso il suo sorriso di sfida.
    "Ho avuto millenni per tentare di cambiare il mondo, ed ora che dopo tutto questo tempo sono ritornato senziente mi sento solo... Stanco.
    Non voglio passare l'eternità a combattere, semplicemente non ci riesco: io pongo fine a tutto ciò, in un modo o nell'altro".
    I presenti udirono il tipico sibilo di una pistola alimentata a Cristalli E.N.I. (Energia Non Identificabile) che si attivava.
    Smodiel si alzò lentamente, lo sguardo a metà tra l'addormentato e il furioso.
    La canna era direttamente puntata contro la testa dell'edion.
    "Non mi è piaciuto affatto quello che ho -sognato- Daris e come ho l'impressione che tu centri in tutto ciò...".
    "Nulla che tu non abbia già visto, o fatto..." Commentò l'angelo riprendendo compostezza.
    "Sai vi sono abissi della mia mente che preferisco NON esplorare e per causa tua ho dovuto compiere un tuffo piuttosto profondo".
    Smodiel emise un lungo sbadiglio, poi estese le braccia al cielo generando dei grugniti.
    "Comunque grazie per la gamba, hai fatto un ottimo lavoro".


    Angolo dello scrittore: so che molti di voi si staranno ponendo questioni profonde come...
    Perché se Smodiel aveva con se una cazzo di pistola ha usato contro Daris un sasso?
    Forse era bloccata sotto un masso, oppure Smodiel da grande voleva diventare un fromboliere!
    CHI LO SA!

    Edited by Martirios - 14/6/2017, 10:14
  11. .
    Post scriptum: mi sono accorto che è un puttan... Casino gestire il racconto se per ogni salto temporale devo fare calcoli, quindi ho deciso che mantengo il calendario in quel modo ma rimangono le 24 ore e i minuti normali.
  12. .
    CITAZIONE
    Bel pezzo, il lich continua ad essere il mio personaggio preferito, e la sua storia passata mi sta affascinando molto.

    Ne sono felice!

    CITAZIONE
    Anche la seconda parte non è male, anche se devo ancora inquadrarla bene

    Ci saranno altri POV di Smodiel che l'approfondiranno...

    CITAZIONE
    quindi esistono solo due stagioni che corrispondono ai due mesi? Poi, cosa intendi per 50 ore più frazionate? Perché già così un giorno locale equivale a due dei nostri, con tutto ciò che ne consegue

    Sostanzialmente, i secondi, minuti, le stagioni e i giorni sono diversi da quelli della nostra realtà a causa di *SPOILER DI TRAMA* quindi quello che loro considerano un minuto, non è formato da 60 secondi, ma da una frazione diversa e lo stesso vale per minuti, ore ecc.
    Le loro ore non sono le nostre ore, poiché loro misurano diversamente il tempo.
    Le loro ore potrebbero essere quattro volte le nostre, ma anche la metà o tre quarti.
  13. .
    "Noi non siamo nemici, lich... Non possiamo esserlo di questi tempi" Mormòro Afeyon mentre respirava con fatica.
    "Questo tocca a me deciderlo!" Esclamò Deruk'jalvod schiantando il reiscita contro il muro.
    "Ecco come faremo" Il lich appoggiò uno dei suoi artigli nella parte centrale del petto di Afeyon.
    "Tu mi concederai una spiegazione, chiara e semplice: ogni volta che non mi darai una risposta che mi soddisfa, affonderò il mio dito dentro il tuo petto.
    Una volta raggiunto il cuore lo penetrerò e l'emorragia farà il resto".
    "Nessuna pressione eh, siamo -alleati-" Aggiunse il lich sorridendo.
    "Avevamo bisogno di Tyvell per uccidere ciò che si annida sotto Tamaigo, la Città d'Ombra".
    "Tu e questo -Corbus- giusto?" Come risposta ottenne un breve gesto di conferma con la testa da parte di Afeyon.
    "Volevate farvi aiutare dalla Regina?".
    Il sacerdote scosse la testa e presto sentì il metallo affondare lentamente nelle sue costole.
    "Non sapevamo che Tyvell ci aveva traditi!" Urlò dolorante Afeyon, fermando la sua lenta esecuzione.
    "Tu non sei un sacerdote, non è vero? Cosa sei in realtà?".
    "Sono davvero un sacerdote-" Percepì nuovamente l'artiglio penetrargli le ossa...
    "Fammi finire! Sono un sacerdote, ma sono anche un guerriero di Mighal!".
    Mighal... Si ricordo quel luogo: era una delle isole fortificate su cui combattemmo le armate della Regina.
    Poteva ricordare il rumore di onde e vento che tormentavano quel luogo.
    Li vedeva ancora, migliaia di cadaveri spiaggiati sulle affilate coste che tingevano l'acqua con sangue nero, lordo, maledetto...
    "Dimostramelo!" Ora l'artiglio del lich stava penetrando la carne e presto avrebbe raggiunto il suo bersaglio.
    "Dietr- diet- la schie-" Afeyon non riusciva più a completare una parola senza essere colpito da fitte di dolore.
    Il lich gettò a terra l'umano, il quale cadde sul pavimento atterrando di faccia.
    Deruk'jalvod strappò la sezione posteriore delle vesti color bronzo mettendo a nudo la schiena di Afeyon.
    Una finestra pentagonale, protetta da cinque sbarre incrociate, era incisa sulla sua pelle con una pittura sottocutanea.
    "Certe cose non cambiano mai? Uh?" Chiese soddisfatto il lich mentre osservava il simbolo.
    Anche se dubito che lui sappia quale sia il significato di questa -finestra-.
    "Perché non mi hai detto prima che eri un guerriero di Mighal?".
    Deruk'jalvod sollevò con facilità l'umano aiutandolo a rimettersi in piedi.
    "Non pensavo che dopo tutto questo tempo avresti mantenuto il voto" L'umano tentava di fermare il sangue che fuoriusciva dalla ferita, ma il vivido fluido rosso scivolava tra le sue dita.
    "Stai crepando? Sai di solito voi umani dopo un po' crepate quando vi spezzo le costole".
    "Mi stai prendendo in giro?" Chiede seccato il sacerdote mentre un'altra fitta di dolore si insediava tra le fratture.
    Deruk'jalvod lanciò una risata divertita, poco prima di osservare meglio la ferita.
    "Su troviamo qualcuno che ti aggiusti quelle vecchie ossa che ti ritrovi".
    I due iniziarono a scendere le scale, gocce di sangue cadevano sul tessuto che le ricopriva sporcandolo.
    "Sei proprio un stronzo, Deruk'jalvod" Disse Afeyon scagliando un'occhiata sopra il lich.
    "Grazie! Faccio del mio meglio!".



    Anno Imperiale 13.568, 12esimo giorno del Ritorno Solare
    Kilar, Nona Cella ("quartiere" di Tamaigo)...


    Dovori aprì la porta lentamente dando vita a un coro di scricchioli e stridii doloranti.
    Al calare del dì oramai vicino nella casa di legno erano state accesse lanterne, anche elle da un aspetto rude e grezzo.
    La faija di Smodiel addensava la stanza con un acre odore, in quale era addirittura più piacevole della lordura che erano abituati a chiamare "aria"...
    Il volto del ragazzo era coperto dal fumo, ma esso non poteva coprire il gigantesco livido viola sulla destra del mento.
    "Mica avevi smesso di fumare?" Grugnì il muscoloso padre mentre atterò sulla logora poltrona, alzando un cumulo di polvere dai suoi vestiti.
    Smodiel squadrò la maglia di Dovori notando piccole di gocce sangue marcio sparse sulla superficie.
    "E tu mica avevi smesso di uccidere?" Controbatté Smodiel con la risposta in parte già pronta.
    "Non pensare male, si trattava di un vagabondo corrotto: per come la vedo io gli ho fatto un favore".
    Il carpentiere afferrò una bottiglia di vak blu, il liquido scendeva nel suo piatto di legno facendo trasparire gli ultimi raggi di luce.
    "Sarebbe tutto più facile se uccidessi qualche ricco" Mugugnò il giovane alzando la testa al cielo.
    "O se tu ti trovassi un lavoro invece di...Com'è che dite voi giovani? Cazzeggiare? Insomma, perdere tempo con le lotte in strada".
    "Riesco a pagare parte del debito con quei combattimenti".
    "E a spaccarti la faccia!" Esclamò Dovori stanco, gesticolando in direzione del volto di Smodiel.
    "Si beh tu ti spacchi la schiena da quanto? Dieci? Venti? Trenta anni? E sei allo stesso punto di prima".
    "Solo la volontà degli Uomini può condurre a-" Smodiel parve irritato da quelle parole.
    "Non recitare sermoni come se fossi un uomo di chiesa! Dannazione!".
    "Un giorno imparerai che ci sono cose più importanti delle ricchezze, Smodiel".
    Il sorriso di Dovori era caldo e sincero, inusuale per gli abitanti di Tamaigo.
    "Ad esempio le donne!" Rispose Smodiel con un sorriso malizioso, accolto dalle risate del padre.
    "È un inizio! Quelle sono certamente importanti! Ma vedi, io mi riferivo a-".
    I vetri delle finestre esplosero travolti da una sagoma deforme e rapida.
    Il maoklot, un esemplare dalla testa allungata e coperta di tante piccole corna, ruzzolò sopra il polveroso pavimento schiantandosi contro un muro.
    Si rialzò in piedi spalancando una schiera di arti lunghi e sottili che si estendevano dal suo petto gonfio e deforme.
    Smodiel ebbe appena il tempo di vedere uno di questi arrivargli addosso scagliandolo contro il tavolo.
    Dovori con uno slancio protratto in avanti afferrò la gamba del comodino e lo schiantò in faccia alla progenie oscura.
    Presto l'uomo si trovò sovverchiato dalla massa di artigli che lo atterrarono nonostante il suo peso.
    Le fauci del maoklot si spalancarono rivelando un rovo di pungiglioni e tentacoli.
    Pezzi di cranio insaguinati schizzarono intorno ai due mentre un colpo rapido e preciso penetrava il cervello di Dovori.
    Smodiel colto dalla paura e dalla rabbia stava già per scagliarsi contro l'infame mostro armato di un coltello da cucina, ma non ebbe la soddisfazione di ucciderlo lui stesso.
    Un getto fiammeggiante proveniente dalla finestra infranta travolse il padre e l'omicida consumandoli nei loro ultimi momenti mortali.
    Il ragazzo si lanciò verso la porta evitando di morire tra le fiamme che stavano avvolgendo la sala.
    Uscì dalla casa e presto i forti venti notturni gli soffiarono sul viso, ma il fumo gli stava causando ancora dei problemi alla vista.
    Un uomo dalle vesti di un grigio monotono ed il capo coperto da un tricorno logoro l'osservava.
    Mise a fuoco ciò che aveva intorno e notó che intorno al figuro il pavimento era tappezzato di cacciatori e maoklot.
    Il signore dalla lunga giacca a vento rimise nella fodera la pistola ancora fumante.
    "C'era qualcun altro in quella casa?" Chiese inclinandosi leggermente a destra.
    Smodiel rimase in silenzio mentre un'onda di pensieri e sensazioni erano sul punto di farlo crollare.
    Lo sguardo era fisso sulla sua stessa ombra generata dal rogo che stava consumando la sua casa.
    Il cacciatore si guardò intorno, emise un sospiro scontento.
    "Se ho ucciso un tuo parente...".
    "No" Lo interruppe Smodiel, i muscoli delle braccia tesi e tremanti.
    Alzò lo sguardo tentando di non sembrare debole o malato.
    Quel genere di persona non viveva a lungo al cospetto di un cacciatore.
    "Voi siete credente?".
    Vi erano tante domande che avrebbe potuto porgli: chi era, cosa ci faceva lì, perché gli aveva bruciato la cazzo di dimora...
    Cosa gliene poteva fregare se era quel genere di persona?
    Come se facesse una qualche differenza in un posto dove la gente veniva torturata o uccisa solo perché nata.
    In che modo poteva cambiare ciò che avveniva credere in qualcosa o meno?
    Il signore dal pizzetto bruno e argenteo scosse le spalle.
    "Non sono un uomo pio o religioso, non pratico! Non credo e la chiesa mi odia!
    Ma so che un dio desidera spazzare questo mondo...".
    Tese lentamente il braccio in direzione dell'inferno con il palmo rivolto verso l'alto.
    "Con una Canzone del Fuoco" Concluse chiudendo la mano.
    Il suo sguardo sfuggì all'ipnotico movimento delle fiamme e ritornò la sua attenzione al giovane.
    "Il mio nome è Lav" Disse con fare distratto mentre gli poggiava una prometeark davanti ai piedi.
    "Non so chi tu sia ma credo proprio che quella ti servirà, presto...".
    Un coro di migliaia, forse milioni di urla stridenti e canti si alzavano ululando.
    Il Ritorno Solare era appena iniziato eppure...
    Più Smodiel osservava il cielo e più aveva l'impressione che il giorno non sarebbe tornato presto.


    Nota dell'autore: chiariamo un paio di cose.
    Nei pezzi precedenti e in molti dei prossimi siamo nell'anno 13.573.
    Nel calendario Kilariano (è quello comune a tutti così come la lingua) non ci sono dodici mesi, ma solo due: Lungo Gelo e Ritorno Solare, entrambi composti da 240 giorni e potete intuire come siano caratterizzati.
    Una giornata ha 50 ore, ma ciò non significa che queste 50 ore sono come 50 delle nostre, in quanto in questo mondo le misure sono diverse e molto più frazionate.
    Inoltre la storia è divisa in Ere, ed ogni era ricomincia da un proprio Anno Zero.


    Edited by Martirios - 2/5/2017, 11:15
  14. .
    È strettamente consigliata la lettura della BOH Saga, così che mentre leggete non vi domandiate il perché di tutto ciò...

    Dumlevia, 27 anni-luce da Epwroth Carlyle,
    Città formicaio Asis,
    30 giorni prima dell'Operazione Vento Rosso...



    Pietro Valtovja, le mani sprofondate nelle tasche del soprabito nero, osservò l'entrata del locale, dove due gigantesche colonne erano sovrastate da dei cherubini cibernetici.
    Le due piccole creature, dai movimenti a scatti un po’ alienanti, reggevano con le loro braccia di bambini smunti un cartello che recitava "La Sbronza di Malchador".
    "Hanno usato il suo nome pure per una taverna? Ho visto più inventiva mostrarsi in una riunione tattica degli Ultramarini".
    "Stai attento, Pietro! Se ti sente uno di loro potrebbe iniziare un monologo sulla grandezza della loro Astra Militarvm!".
    "Qualcuno dovrebbe fargli abbassare la cresta..." Ringhiò l'ex-commissario scrutando, ora accigliato, la porta del locale.
    Decaius, schiacciando un mozzicone di sigaretta in un posacenere, borbottò con un che di vagamente sconfortato: "Sai una cosa, Pietro? Trovo sia più probabile la Resurrezione di Guilliman che non gli Ultramarini improvvisamente meno pieni di loro stessi.".
    “Ma se Guilliman tornasse loro diventerebbero ancora più insopportabili…”
    Piegato il colletto della sua giacca da Lord Commissario, l’amico di vecchia data gli rispose con uno sguardo dagli occhi sbarrati. “Darn, è vero… sarebbe una tragedia, non pensi?”
    “Una vera e propria catastrofe…”
    Subito dopo quello scambio i due commissari aprirono il portone allungando un passo dentro l'affollata, rumorosa ed a tratti caotica taverna.
    Il Mastino di Hyrule scrutò i presenti mentre si avvicinava al bancone. Il posto era stracolmo di soldati, tutti militanti nella Crociata di Von Gianellen, e probabilmente la maggior parte di loro avrebbe partecipato all'imminente operazione. Quanti di loro sarebbero morti? Quanti invece si sarebbero rivelati dei vigliacchi oppure riscoperti come “eroi”? Eroici ingranaggi di una macchina che tirava avanti dopo già quattro anni… quanti?
    Osservandoli divertirsi, seduti ai tavoli od accampati al bancone, un pensiero lo riportò ad Hyrule ed ai suoi eventi. Da una parte e dall’altra, comunque fosse andata, c’erano stati morti e tutti per l’idiozia di un singolo uomo.
    Decaius si sedette su uno sgabello in acciaio di fianco a una loro vecchia conoscenza.
    Ontyal fissava le schiere di bottiglie situate dietro il proprietario della taverna, come se stesse cercando di trascinarne una a sé con la forza del pensiero. Un simile soggetto alla stregua dell'alcolismo sarebbe stato il protagonista perfetto per una di quelle ballate profane che giravano di reggimento in reggimento.
    Di fianco a lui erano già depositati almeno una ventina di boccali vuoti.
    "Decaius, Faccia di Pietra..." Li salutò lo Xioniano senza distogliere lo sguardo dal prossimo bersaglio della sua alcolica voracità.
    Quel familiare soprannome riuscì a smuovere di poco i lineamenti del volto di Pietro Vatlovja ma, in un istante, la sua faccia tornò alla sua solita espressione naturale: incazzata, di un'inamovibile serietà e con una punta di "non rompetemi i coglioni" rivolta a tutto e tutti.
    "Ho sentito dire che ti hanno assegnato ai Sabathiani tempo fa, è per questo che ti ritrovi qui sbronzo e a fissare il whiskey Drakeriano come se fosse l'ultima donna nella galassia?" Chiese Decaius divertito dalla concentrazione con cui il commissario Xioniano rivolgeva alle bottiglie.
    "Non sono ubriaco amico mio" Ontyal fece segno al proprietario, Marnus, di portare altri tre boccali.
    "Se qualcuno può scolarsi tutto quell'alcool ed essere ancora sobrio allora o lui è un Primarca oppure un demone".
    Ontyal ridacchiò, preso dalla battuta: "Oh beh… allora dovrei fondare la mia Legione Astartes."
    Marnus servì i tre boccali richiesti ai commissari e lesto andò ad occuparsi d’altri clienti. Osservando in tralice il proprio, Decaius commentò: “Loro saranno i miei più fini soldati, questi alcolizzati che si sono dedicati interamente a me. Nella fucina di troppe birre li temprerò…”
    Ontyal gli riservò un colpo d’occhi e poi, invece d’interromperlo, si unì: “E con i migliori scotch saranno armati. Avranno alcolici, fegati e pancreas tali che nessun garoniano potrà vincerli in battaglia…”
    Pietro bevette a goccia il boccale mentre notava che i Pioltellesi, guardando nella sua direzione, lo indicavano chiaramente. Alcuni gli rivolgevano dei soddisfatti applausi ed altri invece ridevano rivelando file di denti d'oro.
    L'Hyrulian-Aureliano si avvicinò al grosso gruppo di crimin- soldati dell'Imperivm.
    "Dovete dirmi qualcosa, signori, o siete soltanto ubriachi come lord Altarior quando fa visita in Armageddon?".
    Uno dei pioltellesi, vestito con una giacca militare verde scuro e una quantità eccessiva di catene dorate al collo, si tolse gli occhiali da sole per parlargli.
    In tutta onestà Pietro non riusciva a spiegarsi i costumi di quella gente, ma probabilmente era parte delle loro tradizioni.
    "Tu sei Vatlovja, non è vero?" Chiese con un ghigno l'uomo dalla strana apparenza.
    L'ex-commissario emise un cavernoso "yad" come conferma.
    "Abbiamo sentito che su Hyrule hai dato vita a un bel puttanaio... Dimmi, è vero che ti sei messo a lanciare trattori in fiamme sugli Aureliani?".
    "Si è vero, quando ci siamo accorti che stavamo finendo le munizioni: fortunatamente il Lord Generale Pintor ci facilitava il lavoro bombardando i suoi uomini con le artiglierie".
    Una fragorosa risata scoppiò dai Pioltellesi una volta terminata l'ultima frase.
    Decaius e Ontyal nel frattempo si erano avvicinati anche loro per ascoltare la conversazione.
    "Pietro da quando fai battute?" Chiese curioso Decaius, osservando il gruppo di foll- coraggiosi assass- combattenti dell'Imperium.
    "Non era una battuta, quell'idiota con le artiglierie sminava i campi a qualche metro dai suoi soldati".
    Uno dei Pioltellesi rideva talmente tanto che non riusciva più a sorseggiare il suo rum.
    Una serie di bicchieri, bestemmie concatenate e scommesse illegali dopo i tre commissari ed i Pioltellesi stavano divagando sui loro trascorsi militari narrando aneddoti che toccavano elevati, discutibili picchi di ignoranza.
    In sottofondo un gruppo di Sabathiani, i Sabathorn, avevano appena finito di cantare "Panzaers Batallion" e si apprestavano a suonare "Khorneflakes, Blood’nd’Bones".
    Uno dei membri stava dando vita a un assolo di chitarra, la quale oltretutto era già in fiamme, quando i portoni si spalancarono nuovamente.
    Una ventina di soldati in uniforme nera, il simbolo di Aurelia sugli spallacci, entrarono nel locale con l'aria di chi cercava guai.
    "... Questi non sono amici tuoi" Affermò Decaius, serafico a dirla tutta, osservando la furia sui volti degli Aureliani.
    "Guarda sotto il tavolo" Rispose Pietro Vatlovja rivelandogli una pistola requiem decorata con il martello dorato di Hyrule.
    "Ah, è un calibro piuttosto grosso come arma da bar".
    "A dire il vero speravo che non avrei dovuto usarla stasera" gli rispose osservando di sottecchi gli Aureliani che erano entrati.
    "Abbiamo sentito dire che il Traditore Pietro è in questo locale: diteci dove si trova": Ordinò uno dei nuovi arrivati inquisendo i presenti con uno sguardo arcigno.
    Il Rivoluzionario di Hyrule si alzò in piedi con calma, senza nemmeno tentare di nascondere la pistola requiem.
    "Un tempo i soldati di Aurelia, una volta che avevano in mano il fucile laser, sapevano colpire un ago di notte ad almeno cento metri: ora non sapete nemmeno vedere un pelato di due metri che vi sta di fronte?".
    Il sergente Paol Travia gli puntò contro la sua pistola laser, il dito già pronto sul grilletto.
    Quel gesto che ruppe il silenzio scatenò una corsa a chi estraeva più armi e a chi aveva l'arma più letale tra le mani.
    Trascorso appena un secondo tutti stavano puntando le armi contro tutti, sebbene alcuni fossero particolarmente concentrati a mirare alle teste degli Aureliani.
    "Minchia questo figlio di puttana lo prendo io!" Affermò il pioltellese Taglaiph mirando alla testa del sergente Aureliano, il tipico accento del suo pianeta forse più pericoloso dell’arma che stringeva.
    "Sappiate che se qualcuno fa un gesto brusco IO SPAROH!" Affermò un Gladiano che brandiva un fucile a pompa con proiettili esplosivi. Aveva un ghigno folle stampato in volto.
    "Chi spara?!" Chiese un Garoniano voltandosi bruscamente con fare di sfida in direzione dell'antica nemesi, dell’eterno rivale.
    ... So già cosa sta per succedere, meglio che riscaldo i muscoli.
    "IO SPAROH!" Il Gladiano puntò il suo fucile e premette il grilletto in contemporanea al Garoniano.
    Una cacofonica tempesta di luci e rimbombi prodotti dagli scoppi investì la Sbronza di Malcador dando vita all'epocale sparatoria.
    Pietro, che si era riparato dai colpi Aureliani, fece segno a Decaius e Ontyal di seguirlo: mentre cercava l'uscita vide il chitarrista dei Sabathorn lanciarsi dal palco e menare fendenti con la chitarra infuocata a chiunque gli capitasse vicino.
    Gli Xioniani, i Gladiani, i Garoniani, gli Arcaniani, i Veimiriani e gli Aureliani erano troppo impegnati ad uccidersi in una bolgia di spade e colpi di pistola per rendersi conto del motivo per cui stavano combattendo.
    Pietro glielo leggeva negli occhi, volevano soltanto uccidere ed ognuno aveva una sua qualche ragione personale, probabilmente una più stupida dell’altra.
    L'arrivo degli Aureliani era stato soltanto il pretesto per il loro vero fine… senza contare il fatto che almeno la migliore metà di loro, probabilmente, era già ubriaca marcia.
    Un Aureliano si lanciò dalla folla sferrando un diretto al volto di Pietro.
    Il Mastino si voltò rivolgendogli uno sguardo trucido, poi lo afferrò per il collo e lo lanciò oltre il bancone, contro le bottiglie di vetro. Si sentì Marnus urlare una bestemmia e poi, imbracciando un fucile a canne mozze, esplodere un colpo contro il soffitto.
    Non placò nessuno.
    "Usciamo da questo posto di merda!" Decaius si accese un sigaro, stizzito dall'interruzione della serata. Ontyal notò la strana scelta rispetto alle sue sigarette ed il commissario elysiano, strette le spalle, disse: “L’ho rubato ad August.”
    “Peccato che lui non ci sia!”
    "Facciamoci largo a pugni, non ho voglia di sprecare proie-" disse Pietro, venendo interrotto: una sedia scagliata con una brutale velocità gli arrivò in testa interrompendolo.
    Si voltò in direzione dell'Arcadiano che gliela aveva lanciata addosso. Gli scaricò un caricatore intero della pistola requiem quasi volesse annientarlo in ogni modo esistente e possibile.
    "Non sprecare i proiettili, uhm?" Chiese sarcastico Ontyal osservando il suo furioso amico.
    "Andiamocene e basta...".


    A detta degli abitanti, la rissa si prolungò per altri due giorni quando le forze dell'ordine locali tentarono di interromperla, riuscendo solo a creare una guerra urbana tra FDP, guardie imperiali e Arbites.
    Solo l'intervento di venti commissari, due Psicoagenti Xioniani, duemila guardie imperiali e tre Leman Russ hanno prevenuto e placato il diffondersi degli scontri nella città formicaio Asis.


    Edited by Martirios - 1/9/2017, 23:52
  15. .

    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+



    Quel codice binario appariva spesso nell'intelligenza artificiale di GD-145.
    Era una costante che non riusciva mai a conciliare pienamente, non era un comando immediato come altri.
    Che cosa doveva intendere come "Umanità"?
    Doveva intenderla come un macro gruppo di tutte le forme umane esistenti?
    Oggettivamente non poteva esserlo, gli Yoteriani nelle Isole Reumake avevano dato l'ordine di -purificare- la zona da ogni Perduto sotto l'influenza del Mutevole Leviatano.
    Erano minacce ostiche ed ostili all'Armata Liberatrice, ma le loro caratteristiche fisiche erano decisamente umane.
    Inoltre gli Accecati parlavano, combattevano e si "disperavano" quando uccideva la loro prole o altri soggetti con legami parentali.
    Esattamente come ogni altra forma di umanità conosciuta al Sistema Unificato.
    Per 457 volte aveva terminato le vite di Perduti armati, 190 volte quelle di civili considerati Perduti e 45 volte quelle di bambini... "corrotti".
    Gli umani usavano spesso quel termine, per qualche ragione.
    Ed ogni singola volta, l'IA visualizzava quel messaggio:
    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+
    Logicamente allora sia civili che soldati erano esclusi dalla categoria "Umanità"...
    Nemmeno i soldati Yoteriani rientravano nei parametri, apparentemente.
    Il 42esimo giorno del Lungo Gelo del 13.574 il Machinomante GD-145 aveva eliminato un giovane soldato Yoteriano.
    GD-145 non conosceva il motivo e non ne aveva bisogno: gli umani ordinavano, lui eseguiva.
    Ed i suoi calcoli per evitare tempi di esecuzione troppo prolungati, finivano sempre per ignorare quel Comando Primario.
    Forse era sottointeso che gli ordini impartiti dagli Yoteriani erano prioritari alle direttive programmate.
    Nonostante ciò quel conflitto di sistema si presentava ogni volta che doveva uccidere un altro umano.
    Come ad esempio quella donna che gli stava correndo davanti: da una rapida analisi aveva individuato segni di stanchezza, una gamba con gravi danni strutturali... Inoltre portava un peso tra le braccia che le ostacolava la corsa.
    Una scelta piuttosto inefficiente per una fuga.
    Quando questa si voltò leggermente nella sua direzione individuò il carico: era una forma di vita umana procreata da poco, probabilmente da appena qualche mese.
    "GD-145, sparagli" Disse il sergente Havad indicando la donna che correva.
    Il braccio meccanico del Machinomante si mosse automaticamente nella sua posizione di tiro.

    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+


    GD-145 stava tardando ad eseguire l'ordine, cercando di conciliare il comando con l'azione che gli stavano ordinando.
    Ma non vi era alcun modo e l'intelligenza artificiale per un momento ignorò sia l'ordine che il Comando Primario.
    Il sergente Havad si voltò verso GD-145, una sguardo perplesso in volto.
    "Ti ho detto di sparargli... Comando: terminare il soggetto in fuga" Ripeté usando una sequenza di termini più tecnici.
    La donna stava per sfuggire al visuale del machinomante.
    Se non gli sparava, non contraddiceva il Comando Primario Numero Sei.
    "Obbedisci!".
    Obbedisci... Quella parola in meno di un istante riuscì ad annullare ogni calcolo sorto in precedenza.
    GD-145 premette il grilletto e un arco elettrico si scagliò sulla donna e l'infante fermandoli prima che potessero scomparire.
    Quello era il comando più potente presente nella programmazione dell'IA, ed era allo stesso tempo il più semplice.
    +OBBEDISCI+
    "Fai un'altra volta una cosa simile e ti farò rimpiazzare".
    L'umano non era soddisfatto della prestazione, ma non era importante.
    GD-145 si avvicinò al cadavere della donna per osservare i risultati.
    I suoi capelli in precedenza chiari si erano scuriti, in parte bruciati dal colpo, mentre il corpo era ricoperto di bolle e scottature.
    Il corpo del neonato invece era talmente carbonizzato che in alcuni punti le ossa erano scoperte.
    Ed ancora una volta apparve...
    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+
    "Ehy...lattina" Secondo i suoi registri la voce era quella del Capitano Erul.
    "Hai qualche collegamento danneggiato? Ti ho visto uccidere sei Kilariani in sette secondi e almeno quattro erano in movimento" Commentò lo Yoteriano, mentre anche lui si avvicinava per osservare il cadavere.
    "I miei sistemi di mira sono ancora efficienti" Rispose GD-145 distaccato.
    "Uhm..." Ora anche Erul pareva sconcertato dalla situazione, ma non più di tanto.
    Il capitano non era quel genere di persona che si sorprende facilmente.
    "Senti, ehm" Erul spostò lo sguardo sul marchio inciso sulla spalla destra.
    "GD-145 so che è una domanda particolare, ma tu... Non hai sparato apposta? Perché se è così non sono certo che dovresti-".
    "Noi machinomanti non prendiamo decisioni, eseguiamo solo ordini".
    Il capitano Erul si grattò il mento, squadrando l'umanoide meccanico.
    "Tuttavia hai tardato ad eseguire l'ordine, da quello che ho visto" Continuò indicando la testa di GD-145.
    "4562" Rispose il Machinomante senza rendersi conto di quanto fosse criptica la frase.
    "Come scusa?".
    "Ho ucciso 4562 umani da quando sono stato creato, una volta ricevuto l'ordine non ho mai fallito".
    La testa di GD-145 girò di qualche grado per osservare Erul "Voi quanti umani avete ucciso, capitano?".
    Per un momento l'umano parve spiazzato dalla domanda.
    Forse nessuno gli aveva mai posto quel quesito?
    Erul rimase a fissarlo per svariati secondi, poi disse un debole "Provo a non pensarci, preferisco non saperlo".
    "Io invece ricordo ogni singolo umano che ho ucciso, ma so che nessuno mi ha mai dato l'ordine di fermarmi".
    GD-145 tornò ad osservare la donna e il bambino stretto tra le sue braccia.
    "Posso supporre che diano per scontato che io non posso fermarmi...".

    Edited by Martirios - 9/7/2017, 15:11
262 replies since 8/8/2014
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