Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Posts written by Pavone Bianco

  1. .
    L'ho trovata molto dolce, con un ritmo pacato e scorrevole.
    CITAZIONE
    E guardo dentro le case degli altri.

    Questo verso mi ha colpito molto. Forse un modo per dire, guardo gli altri e li uso come sostegno per andare avanti.
  2. .
    Ha suscitato l'effetto che desideravo, confondere e spiazzare :D

    grazie per la lettura Milù!
  3. .

    In Tremens




    Ad una traballante lampadina appesa al soffitto, era affidato il compito di illuminare quella squallida cucina dai muri ingialliti e scrostati. Questa, riusciva a malapena ad illuminare tutta la stanza se non in modo molto debole il ripiano dove l’anziana donna stava lavorando.
    La luce tremolante le arrivava alle spalle, ma nonostante la scarsa luminosità, lei continuava a mescolare ingredienti dentro una bacinella di plastica. Il mestolo in metallo che teneva nella mano destra di tanto intanto, rifletteva un timido bagliore lungo il manico quando questo usciva dall’ombra della donna.
    Dalla bocca dell’anziana signora usciva una ninna nanna, mormorata a fil di labbra. Piccole zampette di ragno si accavallavano agli angoli della bocca, quando socchiudeva la bocca per fare qualche fischietto a ritmo della cantilena. Nel frattempo, le mani erano impegnate a mescolare con cura farina e zucchero, le dita callose e consunte dall’età, sembravano essere quasi senza forza. Aveva una corporatura gracile, e sembrava potesse cadere a pezzi da un momento all’altro per quando paresse fragile.
    I suoi occhi brillarono per un momento quando prese tra un lungo coltello affilato, e rimase un attimo incantata nell’osservarlo tra le proprie mani callose dalla pelle leggermente rigonfia attorno alle nocche. Come se la sua mente stesse processando qualcosa. Con un sospiro prese ad affettare la mela riposta accanto al resto degli ingredienti. Un sorriso si increspò sulle sue labbra. Sapeva quasi di dolcezza.
    Sentì un improvviso rumore.
    Allarmata, prese uno strofinaccio e pulendosi distrattamente le mani con questo, si avvicinò a passo lento alla finestra della cucina scrutandoci attentamente oltre; lo sguardo sembrava quasi timoroso, mentre oscillava da una parte all’altra, quasi spaventato. Il cortiletto era immerso nell’oscurità di una di quelle notti d’inverno nelle quali il buio ha fretta di calare. Il cielo era imperscrutabile, senza stelle e né luna, solo nero e tenebroso.
    La stessa lucina appesa al soffitto della cucina, riusciva faticosamente ad attraversare il vetro della finestra per andare oltre, e portare qualche spicchio di luce su di una piccola parte del cortile posandosi su qualche metro quadro di terra bagnata e mossa.
    La signora rimase lunghi attimi a fissare quel pezzo di terreno. Una ciocca di capelli grigi e secchi cadendo flaccidamente sulla guancia la riportò alla realtà. Spostò questa dietro l’orecchio con ancora lo sguardo perso nell’oscurità. Aveva il cuore che le batteva rumoroso nel petto. Si chiuse le mani vicino alla bocca, stando in un’espressione concentrata e vigile. Il respiro che si faceva via via più veloce.

    Lentamente si spostò dal cornicione della finestra e ritornò a prendere il coltello in mano, per riprendere a preparare l’impasto per la sua torta di mele.
    Poco dopo un altro rumore sembrò attirare la sua attenzione. Un lamento.
    La signora rimase immobile quasi smettendo di respirare. Si stava sentendo così debole e stanca in quel momento.
    Dopo lunghi istanti decise di andare a controllare nella stanza adiacente alla cucina dove stava lavorando. Si avviò con passo lento e cadenzato, strascicando le pantofole che portava ai piedi. Con movimenti lenti e impacciati entrò nel soggiorno accendendo la luce, e rimanendo per un attimo timorosa sulla soglia della stanza. Tutto era come lo aveva lasciato l’ultima volta che ci aveva messo piede, tutto al suo posto. Delle grandi poltrone polverose troneggiavano al centro della stanza mentre un tavolo di legno, con alcune sedie numerate erano poste ai lati di questo. La stanza era arredata in una maniera davvero semplice, due o tre quadri su un muro, con delle grandi tende oscuravano le finestre, che però, sembravano non venire aperte da tempo ormai. Non c’era nessuno. Niente.
    Un tintinnio.
    Lo sguardo vigile si spostò furtivo di nuovo fuori dalla stanza, in fondo al corridoio. Andò a posarsi sulla fessura della porta socchiusa del sottoscala.
    Ebbe un leggero tremolio. Si incamminò verso il sottoscala, aprì la porta che si schiuse producendo un fastidioso cigolio.
    Lo stanzino non era provvisto di una luce, ma l’anziana signora non aveva bisogno di una luce per sapere cosa fosse presente in quella cameretta.
    Un badile dal manico di legno, con la terra fresca ancora attaccata ai bordi in metallo. Due palette, una di medie e l’altra di piccole dimensioni. Guanti di plastica. E infine un grande sacchetto nero, pieno di stracci grondanti di sangue ormai secco.
    Sbuffò infastidita. Doveva disfarsene al più presto di tutta quella roba.
    Un suono gutturale. Prolungato questa volta.
    La vecchia rinchiuse la porta, tenendo però la mano ferma attorno alla maniglia di questa. Come se stesse sondando con lo sguardo attraverso il suo legno.
    -Che serata strana…- mormorò, -Stev. Dove sei? Puoi controllare che sia tutto a posto al piano di sopra?- domandò poi, alzando la voce. Attese qualche attimo prima di dirigersi verso le scale che portavano al piano superiore. Il figlio doveva per forza star studiando, motivo per cui lei non aveva ancora ricevuto una risposta.
    Sorrise calorosamente al pensiero di lui: così diligente e modello. Talmente impegnato a studiare, che ormai lo vedeva anche raramente. Ma non gliene faceva una colpa, sapeva che stava faticando per potersi costruire un futuro, e permettersi di avere una vita agiata. Sapeva anche che stava facendo tutto questo per lei, quella madre che gli aveva dedicato la propria vita. E ora, vederlo fruttare così tutti i suoi sacrifici le riempiva il cuore di orgoglio e gioia. Si sarebbe portato la propria adorata madre con sé, ovunque sarebbe andato nel mondo. Sarebbero stati felici. Le avrebbe dato quella felicità che nemmeno il marito era riuscito a darle.
    Dopo aver rivolto un altro sorriso tremolante, si diresse di nuovo verso la cucina.
    Per mettere in forno la torta che stava preparando. Per lei e Stev. Dovevano festeggiare il venticinquesimo compleanno del ragazzo.
    Un grattare sul vetro della finestra. I brividi.
    Il corpo vecchio della signora fu attraversato da un tremito.
    Levò una mano in aria, lasciandola sospesa nel nulla. Quasi a sfiorare qualcosa di invisibile. La bocca socchiusa lasciava ad intravedere una fila perfetta di denti ancora sani, leggermente ingialliti dal tempo. Gli occhi chiari, erano attraversati da un contorno ceruleo, segno caratteristico della vecchiaia che non avrebbe aspettato ancora molto per manifestarsi completamente. Le guance invece, dalla pelle rosea leggermente vuote e affossate ospitavano qualche piega di ruga. Un viso dai tratti dolci e rassicuranti.
    Prese una tortiera e cominciò a versarci l’impasto della torta all’interno. Liscio e cremoso che presagiva una torta morbida dalla consistenza perfetta.
    Il sibilo di un soffio di una ventata d’aria fredda le accarezzò dolcemente la nuca, per infilarsi nel suo colletto e scendere lungo la spina dorsale. Quella serata aveva decisamente qualcosa che non andava.
    Infornò la torta mettendola a fuoco medio e decise di andare a controllare suo figlio.
    Salì uno alla volta, e poco a poco sugli scalini scricchiolanti.
    -Stev…- lo chiamò
    -Puoi scendere a dare un’occhiata…? Non so, ho una strana sensazione. - Sentì un fruscio giù al piano di sotto, si fermò. Con un sospiro quasi spaventato, fece dietrofont e senza aspettare una risposta dal figlio, scese le scale più velocemente di quanto fosse salita e di quanto le sue vecchie ginocchia glielo permettessero.
    Le rimaneva solo una stanza da controllare. Magari l’origine di tutti i rumori: la piccola biblioteca del figlio.
    Il posto preferito di Stev, un angolo sotto alla finestra del salotto. Illuminato anche nelle giornate più grigie. I libri in ordine meticoloso, e polverosi.

    Una scia di sangue scrostato sul pavimento. In quell’angolo.
    Un improvviso odore di bruciato. Si scordò che l’aveva lasciata nel forno accaldato: la torta si stava bruciando. Corse in cucina, ad aprire il forno le mele che erano messe in cerchio sulla superfice di questa erano tutte bruciate ormai, e anche il resto si ritrovava scrostato e secco. Annerito.
    Face uno sbruffo spazientito. Usando uno straccio tirò fuori la tortiera calda. L’aveva proprio bruciata questa volta. Maledetti rumori e quelle distrazioni. -A Stev piacerà comunque. L’ho preparata davvero con tanto amore- aprendo un cassetto trovò qualche mezza candelina, già usata in qualche anno passato e sistemandola sulla torta di mele, la posò nel piatto e si diresse di nuovo verso la stanza del figlio, al piano superiore.
    -Oh, scordavo. Stev non è in camera. A quest’ora dovrebbe essere fuori…-
    Prese un vassoio e sistemò la torta affettandola con cura, e ponendo una candelina su ogni spicchio. Si diresse verso la seconda porta della cucina che dava sul cortile, con un sorriso racchiuso sulle labbra pallide. Andò ancheggiando e riprendendo la litania interrotta poco prima.
    Aprì la porta della cucina tinteggiata di un rosso ormai scurito, e uscì fuori. Una ventata di freddo notturno la investì a pieno ma non vi fece caso. Stava andando da suo figlio, nulla l’avrebbe potuta fermare.
    I piedi affondavano poco nel fango umido del cortiletto. Erbacce sui bordi che crescevano ribelli e incurate. Di recente, erano state piantate delle rose, proprio vicino alla terra che si faceva mossa.
    Il buio era troppo scuro.
    Si inginocchiò davanti a un ammucchio di terra, leggermente in risalto rispetto al resto. Con le ginocchia che affondavano dolcemente nella terra, infilò una mano in questa e cominciò a smuoverla lentamente. Senza fretta.
    Sembrava non sentire il freddo sulla pelle raggrinzita.
    -stev… guarda, ti ho portato la torta. È il tuo compleanno. Spegni le candeline. Su su!- disse entusiasta. La mano rugosa sfiorò dei capelli ruvidi. Poi una guancia fredda e scese ancora, verso il colletto di una camicia. Un corpo. Stev.
    Posò il piatto con la torta accanto a lei, e cominciò a spostare la terra, scavando con le unghie, fino a scoprirlo completamente. Gli occhi del ragazzo erano sbarrati dal terrore. La bocca aperta con la mandibola spalancata.
    Gli spostò il braccio, prendendolo per il polso e portandolo in superfice. Intrecciò la propria mano tra le sue dita gelate. Molli e terribilmente senza vita, la pelle cominciava ad afflosciarsi. Un odore nauseabondo cominciò a espandersi nell’aria, ma l’anziana signora non ci fece caso. La camicia in perfette condizioni, solo umidiccia e sporca di terra scura.
    Una scia di sangue nero e scuro colato lungo una narice. Glielo pulì con la propria manica. Gli prese il mento tra le mani e gli mise una fetta di torta con una candela davanti al viso inespressivo.
    Le candeline gli rischiaravano il viso, creando ombre e mettendo in risalto i suoi tratti. Quasi un gioco di ombre su quel viso che non respirava più da qualche giorno.
    Una ennesima folata di vento spense tutte le candele in un colpo solo. Solo buio.
    Posò un boccone di torta tra le sue labbra. -volevi andartene Stev. Lontano da tutto quello che ho creato per te. Non potevo permetterlo. Così staremo vicini per sempre.-
    Gli diede un bacio in fronte e lo rimise nella fossa, ricoprendolo con cura. Come se volesse evitare che prendesse freddo.

    Se ne ritornò in casa con i suoi fantasmi al seguito.
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    Figurati :)
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    Ciao, benvenuto tra noi :D

    Ci si legge in giro!
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    L'ho trovato molto enigmatico a tratti, come certi comportamenti del protagonista, il continuo riferimento al suo braccialetto, il fatidico giorno di giugno che segna il suo compleanno. Fatti che ti portano a continuare la lettura alla ricerca di risposte, che purtroppo vengono lasciate sospese e completamente libere all'immaginazione del lettore.

    Mi è piaciuto in particolare il modo in cui hai descritto le emozioni e gli stati d'animo che prova il protagonista, davvero molto realistici e coinvolgenti.

    I miei complimenti ;)

    Ps.
    CITAZIONE
    Piccola osservazione: per quanto ne so, un tentativo di auto-strangolamento nella realtà non funzionerebbe. La mancanza d'aria provocherebbe la perdita dei sensi e, di conseguenza, lasciando il collo si riprenderebbe a respirare.

    io penso che non riuscirebbe nell'intento visto che l'istinto di sopravvivenza sarebbe maggiore in quel caso.
  7. .
    CITAZIONE
    La lettura infonde fantasia, che si potrebbe definire un superpotere

    Quoto ;)
  8. .
    Molto carino, e scorrevole. anche il finale trova una specie di morale: leggere non ha mai fatto male a nessuno. E lo conferma pure la riuscita dell'esperimento XD

    Bravo!
  9. .
    ciao Bentornato, spero che questa volta sia un ritorno definitivo :D

    Ci si legge in giro!
  10. .
    Ruota attorno alla falsità di certe apparenze, molto cattivo e arrabbiato.

    Mi è piaciuta, sopratutto l'uso di certo ossimori che rendono molto.

    Bravo!
  11. .
    Ha uno stile molto elaborato, e a tratti complesso. Bisogna rileggerla un paio di volte per capirne appieno il significato, o perlomeno riuscire ad interpretarne uno.

    Molto malinconica, e bella.

    Complimenti.
  12. .
    Allora cercherò di perfezionarla ;)
  13. .
    penso che anche senza la virgola qui:
    CITAZIONE
    capitano, non l'avrebbe

    suonerebbe ancora meglio, senza quella pausa.

    Io la riscriverei così:
    CITAZIONE
    N°2 ora sapeva che il capitano non l'avrebbe fatta mai quella verifica, proprio come aveva pianificato sarebbe successo, ed andò allo scontro sapendo di perderlo:

    Cosa ne pensi?
  14. .
    CITAZIONE
    Ottima. Solo in alcuni versi, potrebbe essere migliorata.

    Dentro ogni poro di corpo, in roccia ( del corpo in roccia) è più fluido. Magari meno poetico ma più fluido.
    cercandovi la propria ombra, ( cercando la propria ombra) a me suona meglio
    in gare di veleno ( gare di...) senza in
    fatto di ogni cellula infetta di veleno. ( fatto di ogni cellula infetta, veleno-oppure-fatto di ogni cellula infetta è veleno)

    Per fare degli esempi eh.

    Grazie per la lettura e il commento Gioacchino, terrò conto anche delle correzioni ;)
  15. .
    Ti auguro una buona permanenza sul forum!!
3299 replies since 11/1/2013
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