Scrittori della Notte: liberi di scrivere

Votes given by dany the writer

  1. .
    È strettamente consigliata la lettura della BOH Saga, così che mentre leggete non vi domandiate il perché di tutto ciò...

    Dumlevia, 27 anni-luce da Epwroth Carlyle,
    Città formicaio Asis,
    30 giorni prima dell'Operazione Vento Rosso...



    Pietro Valtovja, le mani sprofondate nelle tasche del soprabito nero, osservò l'entrata del locale, dove due gigantesche colonne erano sovrastate da dei cherubini cibernetici.
    Le due piccole creature, dai movimenti a scatti un po’ alienanti, reggevano con le loro braccia di bambini smunti un cartello che recitava "La Sbronza di Malchador".
    "Hanno usato il suo nome pure per una taverna? Ho visto più inventiva mostrarsi in una riunione tattica degli Ultramarini".
    "Stai attento, Pietro! Se ti sente uno di loro potrebbe iniziare un monologo sulla grandezza della loro Astra Militarvm!".
    "Qualcuno dovrebbe fargli abbassare la cresta..." Ringhiò l'ex-commissario scrutando, ora accigliato, la porta del locale.
    Decaius, schiacciando un mozzicone di sigaretta in un posacenere, borbottò con un che di vagamente sconfortato: "Sai una cosa, Pietro? Trovo sia più probabile la Resurrezione di Guilliman che non gli Ultramarini improvvisamente meno pieni di loro stessi.".
    “Ma se Guilliman tornasse loro diventerebbero ancora più insopportabili…”
    Piegato il colletto della sua giacca da Lord Commissario, l’amico di vecchia data gli rispose con uno sguardo dagli occhi sbarrati. “Darn, è vero… sarebbe una tragedia, non pensi?”
    “Una vera e propria catastrofe…”
    Subito dopo quello scambio i due commissari aprirono il portone allungando un passo dentro l'affollata, rumorosa ed a tratti caotica taverna.
    Il Mastino di Hyrule scrutò i presenti mentre si avvicinava al bancone. Il posto era stracolmo di soldati, tutti militanti nella Crociata di Von Gianellen, e probabilmente la maggior parte di loro avrebbe partecipato all'imminente operazione. Quanti di loro sarebbero morti? Quanti invece si sarebbero rivelati dei vigliacchi oppure riscoperti come “eroi”? Eroici ingranaggi di una macchina che tirava avanti dopo già quattro anni… quanti?
    Osservandoli divertirsi, seduti ai tavoli od accampati al bancone, un pensiero lo riportò ad Hyrule ed ai suoi eventi. Da una parte e dall’altra, comunque fosse andata, c’erano stati morti e tutti per l’idiozia di un singolo uomo.
    Decaius si sedette su uno sgabello in acciaio di fianco a una loro vecchia conoscenza.
    Ontyal fissava le schiere di bottiglie situate dietro il proprietario della taverna, come se stesse cercando di trascinarne una a sé con la forza del pensiero. Un simile soggetto alla stregua dell'alcolismo sarebbe stato il protagonista perfetto per una di quelle ballate profane che giravano di reggimento in reggimento.
    Di fianco a lui erano già depositati almeno una ventina di boccali vuoti.
    "Decaius, Faccia di Pietra..." Li salutò lo Xioniano senza distogliere lo sguardo dal prossimo bersaglio della sua alcolica voracità.
    Quel familiare soprannome riuscì a smuovere di poco i lineamenti del volto di Pietro Vatlovja ma, in un istante, la sua faccia tornò alla sua solita espressione naturale: incazzata, di un'inamovibile serietà e con una punta di "non rompetemi i coglioni" rivolta a tutto e tutti.
    "Ho sentito dire che ti hanno assegnato ai Sabathiani tempo fa, è per questo che ti ritrovi qui sbronzo e a fissare il whiskey Drakeriano come se fosse l'ultima donna nella galassia?" Chiese Decaius divertito dalla concentrazione con cui il commissario Xioniano rivolgeva alle bottiglie.
    "Non sono ubriaco amico mio" Ontyal fece segno al proprietario, Marnus, di portare altri tre boccali.
    "Se qualcuno può scolarsi tutto quell'alcool ed essere ancora sobrio allora o lui è un Primarca oppure un demone".
    Ontyal ridacchiò, preso dalla battuta: "Oh beh… allora dovrei fondare la mia Legione Astartes."
    Marnus servì i tre boccali richiesti ai commissari e lesto andò ad occuparsi d’altri clienti. Osservando in tralice il proprio, Decaius commentò: “Loro saranno i miei più fini soldati, questi alcolizzati che si sono dedicati interamente a me. Nella fucina di troppe birre li temprerò…”
    Ontyal gli riservò un colpo d’occhi e poi, invece d’interromperlo, si unì: “E con i migliori scotch saranno armati. Avranno alcolici, fegati e pancreas tali che nessun garoniano potrà vincerli in battaglia…”
    Pietro bevette a goccia il boccale mentre notava che i Pioltellesi, guardando nella sua direzione, lo indicavano chiaramente. Alcuni gli rivolgevano dei soddisfatti applausi ed altri invece ridevano rivelando file di denti d'oro.
    L'Hyrulian-Aureliano si avvicinò al grosso gruppo di crimin- soldati dell'Imperivm.
    "Dovete dirmi qualcosa, signori, o siete soltanto ubriachi come lord Altarior quando fa visita in Armageddon?".
    Uno dei pioltellesi, vestito con una giacca militare verde scuro e una quantità eccessiva di catene dorate al collo, si tolse gli occhiali da sole per parlargli.
    In tutta onestà Pietro non riusciva a spiegarsi i costumi di quella gente, ma probabilmente era parte delle loro tradizioni.
    "Tu sei Vatlovja, non è vero?" Chiese con un ghigno l'uomo dalla strana apparenza.
    L'ex-commissario emise un cavernoso "yad" come conferma.
    "Abbiamo sentito che su Hyrule hai dato vita a un bel puttanaio... Dimmi, è vero che ti sei messo a lanciare trattori in fiamme sugli Aureliani?".
    "Si è vero, quando ci siamo accorti che stavamo finendo le munizioni: fortunatamente il Lord Generale Pintor ci facilitava il lavoro bombardando i suoi uomini con le artiglierie".
    Una fragorosa risata scoppiò dai Pioltellesi una volta terminata l'ultima frase.
    Decaius e Ontyal nel frattempo si erano avvicinati anche loro per ascoltare la conversazione.
    "Pietro da quando fai battute?" Chiese curioso Decaius, osservando il gruppo di foll- coraggiosi assass- combattenti dell'Imperium.
    "Non era una battuta, quell'idiota con le artiglierie sminava i campi a qualche metro dai suoi soldati".
    Uno dei Pioltellesi rideva talmente tanto che non riusciva più a sorseggiare il suo rum.
    Una serie di bicchieri, bestemmie concatenate e scommesse illegali dopo i tre commissari ed i Pioltellesi stavano divagando sui loro trascorsi militari narrando aneddoti che toccavano elevati, discutibili picchi di ignoranza.
    In sottofondo un gruppo di Sabathiani, i Sabathorn, avevano appena finito di cantare "Panzaers Batallion" e si apprestavano a suonare "Khorneflakes, Blood’nd’Bones".
    Uno dei membri stava dando vita a un assolo di chitarra, la quale oltretutto era già in fiamme, quando i portoni si spalancarono nuovamente.
    Una ventina di soldati in uniforme nera, il simbolo di Aurelia sugli spallacci, entrarono nel locale con l'aria di chi cercava guai.
    "... Questi non sono amici tuoi" Affermò Decaius, serafico a dirla tutta, osservando la furia sui volti degli Aureliani.
    "Guarda sotto il tavolo" Rispose Pietro Vatlovja rivelandogli una pistola requiem decorata con il martello dorato di Hyrule.
    "Ah, è un calibro piuttosto grosso come arma da bar".
    "A dire il vero speravo che non avrei dovuto usarla stasera" gli rispose osservando di sottecchi gli Aureliani che erano entrati.
    "Abbiamo sentito dire che il Traditore Pietro è in questo locale: diteci dove si trova": Ordinò uno dei nuovi arrivati inquisendo i presenti con uno sguardo arcigno.
    Il Rivoluzionario di Hyrule si alzò in piedi con calma, senza nemmeno tentare di nascondere la pistola requiem.
    "Un tempo i soldati di Aurelia, una volta che avevano in mano il fucile laser, sapevano colpire un ago di notte ad almeno cento metri: ora non sapete nemmeno vedere un pelato di due metri che vi sta di fronte?".
    Il sergente Paol Travia gli puntò contro la sua pistola laser, il dito già pronto sul grilletto.
    Quel gesto che ruppe il silenzio scatenò una corsa a chi estraeva più armi e a chi aveva l'arma più letale tra le mani.
    Trascorso appena un secondo tutti stavano puntando le armi contro tutti, sebbene alcuni fossero particolarmente concentrati a mirare alle teste degli Aureliani.
    "Minchia questo figlio di puttana lo prendo io!" Affermò il pioltellese Taglaiph mirando alla testa del sergente Aureliano, il tipico accento del suo pianeta forse più pericoloso dell’arma che stringeva.
    "Sappiate che se qualcuno fa un gesto brusco IO SPAROH!" Affermò un Gladiano che brandiva un fucile a pompa con proiettili esplosivi. Aveva un ghigno folle stampato in volto.
    "Chi spara?!" Chiese un Garoniano voltandosi bruscamente con fare di sfida in direzione dell'antica nemesi, dell’eterno rivale.
    ... So già cosa sta per succedere, meglio che riscaldo i muscoli.
    "IO SPAROH!" Il Gladiano puntò il suo fucile e premette il grilletto in contemporanea al Garoniano.
    Una cacofonica tempesta di luci e rimbombi prodotti dagli scoppi investì la Sbronza di Malcador dando vita all'epocale sparatoria.
    Pietro, che si era riparato dai colpi Aureliani, fece segno a Decaius e Ontyal di seguirlo: mentre cercava l'uscita vide il chitarrista dei Sabathorn lanciarsi dal palco e menare fendenti con la chitarra infuocata a chiunque gli capitasse vicino.
    Gli Xioniani, i Gladiani, i Garoniani, gli Arcaniani, i Veimiriani e gli Aureliani erano troppo impegnati ad uccidersi in una bolgia di spade e colpi di pistola per rendersi conto del motivo per cui stavano combattendo.
    Pietro glielo leggeva negli occhi, volevano soltanto uccidere ed ognuno aveva una sua qualche ragione personale, probabilmente una più stupida dell’altra.
    L'arrivo degli Aureliani era stato soltanto il pretesto per il loro vero fine… senza contare il fatto che almeno la migliore metà di loro, probabilmente, era già ubriaca marcia.
    Un Aureliano si lanciò dalla folla sferrando un diretto al volto di Pietro.
    Il Mastino si voltò rivolgendogli uno sguardo trucido, poi lo afferrò per il collo e lo lanciò oltre il bancone, contro le bottiglie di vetro. Si sentì Marnus urlare una bestemmia e poi, imbracciando un fucile a canne mozze, esplodere un colpo contro il soffitto.
    Non placò nessuno.
    "Usciamo da questo posto di merda!" Decaius si accese un sigaro, stizzito dall'interruzione della serata. Ontyal notò la strana scelta rispetto alle sue sigarette ed il commissario elysiano, strette le spalle, disse: “L’ho rubato ad August.”
    “Peccato che lui non ci sia!”
    "Facciamoci largo a pugni, non ho voglia di sprecare proie-" disse Pietro, venendo interrotto: una sedia scagliata con una brutale velocità gli arrivò in testa interrompendolo.
    Si voltò in direzione dell'Arcadiano che gliela aveva lanciata addosso. Gli scaricò un caricatore intero della pistola requiem quasi volesse annientarlo in ogni modo esistente e possibile.
    "Non sprecare i proiettili, uhm?" Chiese sarcastico Ontyal osservando il suo furioso amico.
    "Andiamocene e basta...".


    A detta degli abitanti, la rissa si prolungò per altri due giorni quando le forze dell'ordine locali tentarono di interromperla, riuscendo solo a creare una guerra urbana tra FDP, guardie imperiali e Arbites.
    Solo l'intervento di venti commissari, due Psicoagenti Xioniani, duemila guardie imperiali e tre Leman Russ hanno prevenuto e placato il diffondersi degli scontri nella città formicaio Asis.


    Edited by Martirios - 1/9/2017, 23:52
  2. .
    Ce l'ho fatta (grazie anche a Dany, ovviamente)

    Emily

    Emily si mosse silenziosamente nei corridoi della grande fortezza, aveva già eliminato due soldati che, inconsci della sua presenza, si erano ritrovati con la gola squarciata, spruzzante sangue.
    Alcuni si facevano problemi nell'uccidere un essere umano; iniziavano lunghissimi e tediosi discorsi mentali sul quanto la vita fosse una cosa importante. Chi si stava per uccidere in quel momento non era così poi differente da te, dicevano alcuni.
    Noiosissimi pensieri, quelli, che stranamente avvenivano sempre negli stessi momenti.
    Ad Emily però non interessava. Davanti a lei c'era solo il suo obbiettivo e chiunque si trovasse tra lei ed esso era un ostacolo da eliminare, nulla di più, nulla di meno. Forse quel pensiero era estremamente brutale ed immorale; forse soltanto una bestia assetata di sangue poteva pensare ad una cosa simile e lei… lei faceva parte proprio di quell'ultima categoria.
    In fondo al lungo ed angusto cunicolo di plas-cemento, girato di spalle, c'era un uomo; da quella distanza non era possibile definire molte sue caratteristiche come l'età oppure i tratti somatici. Era solo una figura umanoide dentro un'armatura da combattimento.
    La minuta Paladin Lvx si avvicinò con passo felpato. Nella sua mente balenarono una serie di domande: aveva una famiglia a casa? Avrebbe reso una donna vedova e dei figli orfani?
    Cosa ci faceva li infondo al corridoio? Forse era di ronda oppure si era posizionato lì soltanto per riposare e quindi venir meno al suo compito?
    Emily scacciò quei pensieri dalla testa con una scrollata di capo: non era rilevante.
    Presto avrebbe raggiunto l'eterno riposo o la dannazione. La ragazza raggiunse l'uomo e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio. Il mercenario prese il fucile, lo portò sotto il mento e schiacciò il grilletto. Un misto tra uno schizzo di sangue cremisi ed un’appiccicosa pioggia di cervella e frantumi ossei andò a decorare il soffitto.
    Ed eccolo qui il suo meraviglioso dono, il motivo per cui si era dovuta costringere e consegnare ad una vita di silenzio.
    La sua dolce e melliflua voce era in grado di piegare la volontà di qualsiasi essere vivente. Ogni cosa lei dicesse veniva eseguita senza controbattere com’era appena successo. L'uomo si era tolto la vita con le sue mani solo perché gli aveva ordinato di farlo e lui, senza opporsi minimamente, aveva eseguito da bravo soldato.
    Per questo Emily non parlava, oltre al fatto di non voler causare incidenti essa voleva evitare a tutti i costi di venire corrotta dal suo stesso potere!
    C'era da dire che sugli Aeldarìs l'effetto era diverso: non obbedivano ma era come se avessero sentito la voce di Colei-Che-Ha-Sete in persona. Era bello vedere il loro volto tramutarsi in una smorfia di terrore. La faceva sentire viva.
    Scavalcò il cadavere con disinvoltura e riprese a muoversi. Non sapeva esattamente dove il bersaglio si trovasse e come raggiungerlo, stava solo vagando per quei grigi cunicoli tutti uguali. Che gusto orrendo, almeno colorarli, oltre a rendere un po' più bello quel posto, avrebbe aiutato ad orientarsi.
    Finalmente la ragazza raggiunse una stanza dalle modeste dimensioni, l'illuminazione era a malapena sufficiente per vedere qualche figura indistinta.
    Al centro di essa c'era un uomo e...
    No, quello non è un uomo. Conosco quell'armatura, è un Aeldari!
    Lethilia l'aveva avvisata della presenza di vili soldati xenos ma non si era mai aspettata la presenza di un aeldari o meglio di un aeldari corsayr, a giudicare dall'armatura.
    Lo xeno guardò verso il corridoio e notò la presenza dell'agente degli Illuminati. Ci fu un momento di tensione. Le uniche due anime presenti in quella stanza avevano già impugnato le rispettive armi, un fucile shuriken per lui e gli affilati ventagli per lei, e stavano attendendo che venisse fatta la prima mossa.
    A spezzare la quiete fu una raffica di plasti-cristalli; Emily schivò i colpi e si lanciò contro il suo nemico; lui sparò diversi proiettili nel tentativo di colpirla ma fu tutto inutile. Capendo di dover mollare l'arma da fuoco per passare a quella bianca lo xeno gettò il fucile a terra, che impattò un clangore metallico.
    La Paladin Lux non voleva lasciar modo al suo avversario di poter reagire e con un calcio lo scagliò contro la parete in fondo alla stanza. Nell'impatto contro il murò un piccolo oggetto sferico si staccò dalla cintura dell'alieno e rotolò ai piedi della giovane. Lei sapeva bene cos'era quell'oggetto, che cosa faceva e proprio per questo voleva prenderlo.
    Emily poggiò il piede destro sulla gemma dell’anima e, quando notò che il nemico la stava osservando, la schiacciò mandandola in frantumi.
    Lo Aeldari cercò di alzarsi ma l'unica cosa che ottenne fu il ricadere rovinosamente a terra.
    «Tu cosa sei?» chiese lo xeno.
    Emily con passo aggraziato si avvicino a lui e gli sorrise.
    «Sono un monumento ai vostri peccati»
    Con un fendente del ventaglio tranciò la gola al perverso xeno.
    Numerosi schizzi di sangue andarono a decorare la lama metallica del poco convenzionale strumento di morte colando nelle incanalature e formando sottili figure astratte.
    Sentì qualcosa agitarsi dentro di lei come se quel liquido cremisi fosse una sostanza stupefacente da cui era in astinenza da molto tempo.
    Subito prima che potesse sorbire il sangue dell'aeldari, quando il ventaglio era già vicino alla bocca, si fermò. Lo sto facendo di nuovo!
    Disgustata dall'azione che stava per compiere Emily chiuse i ventagli e si avviò verso la porta mentre brividi di raccapriccio gli salivano lungo la schiena.

    La stanza in cui era entrata rispettava tutti gli standard di quel complesso: grossa, fredda, grigia e in costante penombra. Sembra una fortezza dei Von Carstein, mancano solo quegli assurdi e mostruosi gargoyle ed è praticamente identica.
    Sul soffitto una serie di tubature di metallo andavano ad intrecciarsi come lunghi, argentei serpenti.
    Al centro del cupo salone, circondato da un ottagono di massicce colonne marmoree intrise d’eventi storici che andavano dalla Crociata del Proletariato durante la Guerra della Bestia fino alla Catastrofe di Tresakairòs, un uomo con un'armatura dai lineamenti contorti, se non quasi alieni, era inginocchiato in una trance meditativa.
    Il suo aspetto era estremamente simile a quello delle rappresentazioni dell'Imperatore verso la fine della Grande Crociata, prima che l'Arci-Traditore Horus si fosse ribellato ed avesse mandato in malora il neonato Imperivm.
    Era lui. Era il suo obbiettivo.
    «Non sei benvenuta qui, assassina», l'uomo scandì l'appellativo come se dovesse essere un'offesa verso Emily, la quale, lasciandosi scorrere addosso tali parole, gli si avvicinò con tutta la calma dell'Imperivm. Un passo dopo l'altro.
    «I tuoi padroni ti hanno mandato a morire come la bestia che sei, mostro» il sensei, alzandosi dal pavimento, si avvicinò alla Paladin Lux ed iniziò a girarle intorno per esaminare quella bizzarra creatura mandata per ucciderlo, «… sai con chi hai a che fare, mostro?»
    Emily non rispose, l'unica reazione fu il balenare di un sorriso sadico sul suo volto.
    Irritato da quella reazione il semi-divino sfoderò la lama e vibrò il colpo, tutto in meno di un battito di ciglia. Per un momento Emily ponderò sulla possibilità di bloccare quel colpo usando il ventaglio come scudo. Una più razionale parte della sua mente bocciò quell’idea come una stronzata da ololitho-film del Departemento Mvnitorvm.
    Anzi, le ricordava un titolo in particolare. Come si chiamava? Assasinii Ivllielmii?
    Piuttosto di lanciarsi in un gesto per quanto scenico altamente inutile, la ragazza si lanciò in una veloce capriola scartando a margine; avvertì la lama sfiorarle i capelli ululando un sospiro metallico e ritenne d’avere fatto la scelta giusta.
    La lama era potenziata!
    Atterrò sui palmi, s’impuntò slanciandosi in “alto” e poi toccò terra sulle punte dei piedi. Estrasse ambo i ventagli e si lanciò all’attacco con una mezza piroetta. Un manrovescio psichico l’afferrò scaraventandola contro la parete. Emily sentì le sue scapole scricchiolare all’impatto. Rovinata in piedi dovette abbassarsi a margine per evitare la calata di un fendente; ambo i ventagli balenarono a bloccare la lama, stallandola a pochi centimetri dalle sue spalle. A quel punto si lanciò in avanti con un calcio alla rotula del semi-divino, che ricevette quel colpo alzando una… era stata una bestemmia, quella?
    Divertente.
    L’istante d’ilarità che l’aveva presa, in quel momento ed in quella posizione scomoda, svanì quando vide negli occhi del suo bersaglio il progressivo esplodere di due nove dorate. Le iridi innalzavano fiumi di fumo infuocato irto di piccoli lampi.
    Comprese che era venuto decisamente il tempo di spostarsi. Scartò a lato, rotolando dopo un primo lancio, in tempo per vedersi passare a pochi millimetri dal fianco sinistro due torrenti di fuoco aureo ed argenteo, densi come frullati. La sua uniforme prese fuoco, accedendosi come un fiammifero che era stato sfregato contro il fianco della scatola. Emily spazzò via le fiamme, leste a incidere nella sua carne tramite ustioni purulente, con un vento psionico dagli strali viola.
    Brandì quel vento così evocata con una manovra del ventaglio; lo fece roteare innanzi a sé, dapprima con musicale, calmo ritmo e poi sempre più alacremente, quasi fosse un lazzo da rodeo di Orionis Tertivm, per poi evocare nell’altra mano, libera dal ventaglio, un glyph pulsante di luce viola. L’intensità di quel simbolo aumentò, invigorendosi nello spazio di pochi secondi.
    Lo spedì con un colpo di palmo dentro il tornado evocato poco prima. Brandendo quel potere d’empyreo con le redini della sua sola forza del pensiero, Emily lo esplose contro il semi-divino alzando un verso che risuonò come rumore bianco.
    Il sensei, gli occhi ancora pulsanti di fuoco dorato, ricevette quel colpo stando immobile e lo disperse con un gesto della mano. Un secondo dopo, si ritrovò sbattuta come una bambola contro le colonne. Il primo urto non la destabilizzò più di tanto, il secondo le fece esplodere migliaia di luci negli occhi ed il terzo le annebbiò la vista.
    Uno schiaffò la schiantò di fronte contro il pavimento. Sentiva il suo fianco rigenerarsi mentre nuove ferite si accumulavano, come sassi nella valanga, sul suo corpo. Si rialzò, senza i ventagli caduti durante gli urti di pochi istanti prima, con le braccia che pulsavano di rinnovato potere arcano.
    Il semi-divino suo nemico le scagliò contro un lampo di fuoco, diritto ed affilato come un pilvm, e lei si difese invocando con un pensiero privo di parole una doppia, tagliante colata d’acquatiche pulsioni dell’Empyreo Warp. Echeggiando attraverso uno stridente contrasto tra lo stridio di un’aquila ed il propagarsi di una distorta nota musicale, giavellotto e difesa si annullarono a vicenda esplodendo guizzi di fuoco ed incendiati sprazzi di ghiaccio.
    Sollevatone uno con la mente, Emily lo lanciò in fronte al Sensei. Attraverso le fiamme alzate dal sortilegio, il proiettile fu più veloce di un battito di ciglia.
    Fermo a meno di un millimetro dalla testa del semi-divino, l’improvvisato dardo di sciolse in una voluta di fumo aureo. Approfittando di quel momento, Emily si slanciò in avanti portando un fendente di ventaglio alla gola del Sensei.
    Sentì una lama potenziata trafiggerla alla vita in un ustionante scoppio di carni dilaniate ed ossa ridotte in schegge e carboni ardenti. Inalberandosi, la lama salì fino alla spalla tranciandole di netto quasi tutta la parte sinistra del torso.
    Ma il suo ventaglio aveva aperto uno squarcio nella gola dell’avversario. Un fiotto di sangue nelle cui stille lei sentiva un potere immenso le piovve sul volto, trasmettendole un brivido di piacere, e con un pensiero guidò in quella ferita altri frantumi di ghiaccio avvolto da spire di fuoco psionico. Alcuni esplosero prima di raggiungere il bersaglio, altri lo colpirono alzando disgustosi schiocchi d’ossa spezzate e vene tranciate in modo del tutto slabbrato.
    La lama potenziata del semi-divino tornò a colpirla, infilandosi di punta laddove la curva del seno destro scendeva verso l’addome. Entrò per oltre mezzo metro incendiandole il polmone e spuntando oltre la schiena, fradicia di sangue e con pezzi di colonna vertebrale che sfrigolavano a contatto con la lama. Impuntandosi, Emily sferrò una testata al volto del semi-divino.
    L’urto la stordì e lo fece arretrare. Lo vide prendersi la gola, dal quale cadeva un fiotto di sangue, con terrore negli occhi. Caduta in ginocchio, l’agente degli Illuminati usò l’unica mano che le restava per estrarre la spada potenziata dal suo corpo. La rigirò per impugnarla meglio, sentendo poche forze ancora pulsarle in corpo, quindi la guidò in un fulmineo, sanguinante affondo che colse il nemico nel cuore.
    Sentì l’organo colpito schiantarsi e quasi incespicò in avanti quando il Sensei cadde in ginocchio. Estratta la lama, conscia d’avere pochissimi istanti ancora, Emily spazzò l’aria innanzi a sé recidendogli il capo.
    La lama potenziata riverberò di potere dorato, simile ad una torcia, e poi si spense. La lasciò cadere a terra e si scoprì ad ansimare.

    Prima di poter muovere un muscolo le luci della stanza si accesero di colpo ed una dozzina di uomini in divisa tattica nera ed elmo integrale l'accerchiarono. I loro fucili laser erano puntati su di lei.
    Sbattendo continuamente le palpebre per abituarsi al repentino cambio di luce, Emily sentì un lento applauso echeggiare nella sola, sopra lo sfrigolio delle fiamme psichiche ancora rimanenti.
    Un uomo dai lunghi capelli neri ed una maschera dello stesso colore si posizionò davanti a lei, stando in mezzo a due di quei cupi soldati.
    «Bene, bene, bene. Ma che bello spettacolo, complimenti» l'uomo fermò il suo applauso e si portò le mani dietro la schiena. Indossava la stessa divisa dei suoi subordinati.
    Quando gli occhi si abituarono alla luce la ragazza poté identificare quell'individuo. L'eretico Adam Kadmòn.
    Più volte quell'uomo si era impicciato nei piani degli Illuminati ed ogni volta era riuscito a scamparla.
    «Sei soddisfatta dell'uccisione di questa persona?» gli chiese Adam, indicando il cadavere riverso sulla pozza di sangue, con una stilla di curiosità nella voce.
    più di quanto pensi
    «Tu non sei solo una potenziata» le disse Kadmòn con un tono calmo, quasi a volerla analizzare, «Non saresti viva, altrimenti. Non sei né umana ma neanche un demone, non è così? Come chiama quelli come voi l'Imperivm?»
    "Pezzi di merda che devono ardere in mezzo alle fiamme", per gli amici abomini
    «Ah si, ricordo. Tu sei un nephilim. È così?»
    Emily si irrigidì di colpo: quell'eretico sapeva troppo.
    Con un leggero cenno della mano di Kadmòn dodici fucili folgore si mossero all'unisono con le letali bocche di fuoco rivolte verso di lei. I potenziamenti a cui era stata sottoposta e la sua natura sarebbero stati totalmente inutili, posti gli sforzi per rigenerarsi dalle ferite di pochi istanti prima, contro quel numero di dardi energetici e soprattutto a quella distanza.
    Doveva scappare ed in fretta.
    le tubature sul soffitto, forse potrei ...
    «Nephilim, nephilim, non credo sia una coincidenza il fatto che questo nome ti dia fastidio. Ora che conosco cosa sei veramente la tua morte non solo sarà un importante passo avanti del mio piano ma anche un bene per il genere umano. Ho anche fatto una rima! Un abominio in meno, un altro lupo travestito d'agnello che verrà soppresso per garantire la sicurezza del gregge. Stai provando paura? Dovresti! Basta un mio segnale e tu tornerai nel luogo dove le empie creature come te vivono!»
    Un forte boato causato da un’esplosione fuori dalla struttura attirò l'attenzione di tutti i presenti. Era un’occasione d'oro. Non poteva farsela scappare!
    Emily fece cadere una piccola sfera metallica che al contatto con il freddo e gelido pavimento rilasciò un enorme coltre di fumo denso e, pochi secondi dopo, slacciò il rampino dalla cintura e lo sparò sulle tubature.
    Il sistema di carrucole del marchingegno fece schizzare la ragazza verso quelli che sembravano enormi serpenti di metallo e con un abile mossa, possibile perché le era ritornato il braccio perso pochi momenti prima, afferrò uno di essi.
    Per non farsi vedere l'assassina si posizioni in modo da coprire la sua posizione usando come ripari le grosse tubature. Comprimendo il seno contro il riparo, Emily poté sentire il freddo oltrepassare la tuta tattica facendola rabbrividire.
    «Trovatela!», sbraitò Kadmon con un gesto di stizza. «Trovatela, incompetenti, ed uccidetela! Non può essere andata lontano!»
    Che branco di cretini!
    Analizzando la situazione sotto di lei, notò la presenza di un secondo punto di fuga dal lato opposto da cui era entrata. Cercare di correre verso una delle due porte, con tutti quei soldati in giro, avrebbe avuto l'unico esito di farla finire bucherellata come uno di quegli scolapasta zevonesi.
    Doveva trovare oppure creare un diversivo.
    Osservando che i nemici si erano divisi, Emily figurò che attaccarne uno isolato avrebbe potuto aiutarla a formare una falda nella sicurezza attirando buona parte degli altri dal compagno caduto.
    Doveva essere rapida, tuttavia. Non avrebbe avuto tanto tempo per allontanarsi da li: era un azzardo, è vero, ma non aveva altra scelta.

    Edited by Malekith‚ il sommo re trollone - 4/3/2017, 23:03
  3. .
    Quel momento in cui hai un titolo fighissimo che ti fa presupporre le peggio battaglie futuristiche ed invece ti ritrovi nello space vietnam a citare FMJ e a bombardare un brutto ibrido tra i puffi ed i na'vi.
    Congratulazioni per la prima parte, quasi mi è dispiaciuto per quel povero soldataccio...quasi XD.
    La prossima volta ci penserà due volte prima di nascere dalla parte sbagliata del nostro grande Imperivm.
    Quanto alla terza parte invece temo di non aver capito su chi sia focalizzata l'attenzione.
    C'è uno spathiano brutto e cattivo e gente con nomi strani (ma guarda un pò) che cerca il modo migliore per uccidere altri esponenti dei suddetti ibridi...quindi penso di poterlo accettare comunque U.U
  4. .
    FORMICAIO CERBERUS
    POCHI MINUTI DOPO

    Dalla cabina di pilotaggio, alta nei cieli, sembrava tutto così insignificante.
    Vedeva in lontananza gli inseguimenti tra gli arbites, coi loro pesanti e corazzati veicoli, e gli xeno responsabili del sabotaggio della raffineria.
    Li aveva affrontati decine e decine di volte quegli ittiostronzi e ad occhio e croce si doveva trattare di armature da battaglia crisis XV8, poco più di un'assaggio di ciò che si sarebbe abbattuto su gladius.
    Le armature, grige ed arancioni, si destreggiavano magnificamente nell'intricata rete di palazzi e superstrade che formavano il formicaio.
    Ora erano su di un cavalcavia ed ora si buttavano sul palazzo sottostante.
    Adesso spiccavano salti spettacolari in aria ed ora si buttavano a strapiombo nei baratro che separavano due titanici colonnati.
    Quasi con divertimento il pilota osservava i corazzati anti-sommossa degli arbites che cercavano di non perdere troppo terreno.
    Era goffi, lenti, progettati per marciare su una fiumana di manifestanti e schiacciare barricate, non certo per inseguimenti ad alta velocità. Eppure erano lì, destreggiandosi nel fitto traffico con tutta la loro corazzata mole facendosi strada cozzando e travolgendo tutto ciò che incontravano.
    Che spettacolo.
    Ecco che una delle armature xeno che, spiccato un salto con l'ausilio dei razzi propulsori, apriva il fuoco dal cielo.
    Ed i colpi, strali di luce biancoazzurra, si schiantavanp contro i musi dei blindati in spettacolari piogge di scintille.
    Elicotteri d'assalto si univano all'inseguimento, smitragliando palazzi e strade.
    Blocchi di plascemento e schizzo di catrame si levavano in aria, mentre i lampeggianti blu e rossi delle pattuglie ad alta velocità facevano da sfondo ai fasci di proiettili e alle scie dei razzi a ricerca. Una pesante autobotte carica di promezio avanzava lenta e sbuffante, cazzo.
    Colpita dal fuoco di quello che riconobbe essere un fucile a fusione xeno la struttura blindata del rimorchio si squaglió, incendiando il contenuto.
    Una vampata degna delle più grosse bombe incendiarie, in preda alle fiamme il pesante veicolo prima si inclinó poi si pose di traverso esplodendo.
    Vedeva le auto, ritrovatesi in quel campo di battaglia cittadino, inchiodare e schiantarsi l'una contro l'altra.
    E dietro gli arbites che invece dalla sicurezza dei loro pesanti veicoli 6x6 continuavano nella loro folle corsa.
    Non un cenno di insicurezza, il primo dei tre mezzi travolese un paio di auto con le poderose ruote, schiacciadole poi sotto il proprio peso, per andare poi a schiantarsi di pieno muso contro il muro di lamiere e fiamme.
    Ne uscì un secondo dopo, avvolto dal promezio, in preda alle fiamme e seguito a ruota dal resto del convoglio.
    Ed ecco che il suo occhio tornava a cadere su una delle armature crisis sfrecciava sulla superstrada. Un manipolo di pattuglie lo clcavano da vicino, mentre proiettili schegge volavano ora a destra ed ora a sinistra.
    Con una mossa che tradiva una certa esperienza il pilota riuscì a mantenere la traiettoria pur avendo girato l'i tera struttura di cento e ottanta gradi, mitragliando poi a distanza ravvicinata gli inseguitori.
    Scintille, fiamme.
    Una delle auto colpite si impuntó di muso, ribaltandosi un secondo dopo.
    Mentre altre persero il controllo finendo inevitabilmente per esplodere sotto i colpi nemici.
    A cosa diavolo stavano pensando?
    Non stavano affrontando dei semplici criminali, ma soldati xeno equipaggiati con armi da guerra.
    Folli.
    Il vox di bordo gracchió:
    -A tutte le unità interrompere inseguimento, i bersagli si dirigono verso livelli inferiori.
    Ripeto, abbandonare inseguimento e disporsi in attesa di rinforzi.
    Comando chiude-
    I livelli inferiori...un posto privo di legge che offre rifugio a criminali, traditori, ribelli e tutta la feccia che si può sperare di trovare in formicaio.
    Se avevano dato ordine di interrompere l'azione poteva significare solo che era in preparazione una spedizione punitiva contro i Figli del Gladio.
    Un'organizzazione terroristica radicata in tutto il sistema che da secoli cercava di ribaltare le leggi che governavano Gladius.
    Erano sempre stati tenuti a bada tramite rastrellamenti, incursioni e spedizione punitive.
    Tuttavia se si fossero alleati con l'Impero Tau avrebbero potuto rappresentare un pericolo nella guerra che si profilava all'orizzonte.
    Poco male, li avrebbero sterminati tutti.
    L'HUB tattico di bordo gli indicó con una nuova icona una colonna di mezzi corazzati che si avvicinava da Nord-Est...si profilava una giornata interessante.
    Il vox gracchió ancora:
    -Squadrglia Archangel, i bersagli si dirigono verso i livelli inferiori.
    Mantenete il contatto fino all'arrivo della cavalleria e fate attenzione a non farvi imbottigliare.
    Buona caccia, comando chiude-
    Come volevasi dimostrare.
    L'HUB del visore si fece rosso, mentre tutti i sistemi di arma venivano sbloccati.
    -Archangel 1 ad Archangel, avete sentito ragazzi? Si va a sgominare qualche ribelle.
    Occhio agli spazi ciechi e a dove attivate i meccanismi di conversione.
    Facciamo buon uso di questi nuovi giocattoli. Armi libere e permesso di ingaggio assoluto, uccidete tutto quello che si muove-
    Non perfette tempo ad ascoltare le risposte dei suoi uomini, del resto altro non erano che manifestazioni della loro gioia per quella caccia inaspettata.
    Così, dando potenza ai motori la squadriglia archangel si buttò all'inseguimento del gruppo di xeno.
    Ormai erano quasi giunti alla meta.
    Dall'altra parte del ponte su cui stavano muovendo si trovava un ceck-point militare pesantemente armato, ultimo confine tra l'ordine e l'anarchia dei livelli inferiori.
    Raffiche di laser e botti di cannone automatico venivano esplosi all' indirizzo di quei visitatori poco graditi, nel tentativo di rallentarli mentre la saracinesca corazzata si chiudeva.
    Servì a poco.
    Con una mossa assai discreta gli incursori alieni si tuffarono dal ponte, gettandosi di testa nel vuoto che li separava dalle fondamentalmente su cui si ergeva Cerberus.
    Non prestó attenzione al convoglio di arbites e polizia che attestava al sua marcia e a capo fitto si tuffó nel vuoto per braccare la sua preda.
    Era un peccato che quella zona fosse inutilizzabile e sfruttata solo dai ribelli.
    Immense colonne e archi chilometrici si ergevano alti e tetri, crea do uno spazio sconfinato.
    Gli edifici, fatiscenti e vittime del tempo al contrario erano poco più di case giocattolo se confrontate coi palazzi dei livelli superiori...o almeno questo valeva per la maggior parte di essi.
    Vi erano anche strutture titaniche che dal livello del terreno si estendevano per tutta l'altezza del formicaio.
    Gli piaceva quella zona e le spedizioni punitive lo mettevano sempre di buon umore.
    Quella si che era una bella giornata.
    Frattanto i venti frustavano la carlinga mentre i post-bruciatori spingevano oltre ogni limite.
    In formazione a "V" la squadriglia archangel stava calando come una mannaia su di un collo scoperto.
    L'HUB tattico segnalava ancora dieci minuti prima dell'arrivo della colonna corazzata al ceck-point.
    Dovevano ingaggiare il nemico per portarlo a rivelarsi.
    -Archangel, disperdersi-
    Non una risposta, come un'automatismo gli altri dieci piloti si staccarono dalla formazione dividendosi in coppie e lanciandosi in avvitamenti e picchiate.
    Gli xeno erano spariti e stranamente anche l'attività per la strade malconcie era più carente del solito.
    Qualcosa non tornava.
    Da dietro la maschera nera integrale da pilota il capo squadriglia archangel-1 osservava e scrutava con occhio critico alla ricerca di segni di vita.
    Vi erano delle presenze, palpabili ma elusive.
    Vedeva ora del movimento oltre una facciata diroccata, ora delle ombre su un tetto.
    Nulla si muoveva ed il nervosismo sul canale vox era palpabile.
    Improvvisamente dalla mappa satellitare due segnali di squadriglia sparirono, mentre suoni di statica e disturbi increspavano le onde radio.
    -Abbiamo perso Archangel 4 e 5, ripeto abbiamo perso Archangel 4 e 5!-
    Non c'era dubbio, era senz'altro una trappola ma ormai non importava.
    Loro erano gli Arcangeli della morte, uomini che calavano dal cielo per portare la giustizia ai corrotti.
    La cruda realtà era che non erano finiti in una trappola, ma avevano accettato la sfida...
    Il capo squadriglia aprì il contatto vox.
    -Squadriglia Archangel, recuperate quota e copritemi.
    Archangel 3 e 7, scendete con me-
    Avrebbe provocato il nemico costringendolo a rivelarsi per dar loro battaglia.
    I tre velivoli si rigettarono verso quel paesaggio urbano desolato e straniante.
    Una picchiata rapida che diveniva veloce, continava fino a toccare ora il pericoloso ed ora il folle.
    L'altimetro segnava 200m, 150m, 100m, 50m, 25m.
    No, non era follia.
    In quel misero attimo i servomeccanismi del mezzo d'assalto Viking Mk III si misero in moto.
    Quello che prima era un minaccioso e tozzo velivolo parve fermarsi ad uno sputo dal terreno.
    Le gondole lanciamissili dorsali si spostarono in avanti di due metri, mentre il ventre si smontava e ricombinava per dare forma a due grosse gambe semi-articolate.
    La prua dalla forma a "V" si piegò tramite dei giunti posti di fronte alla cabina, formando uno scudo corazzato che copriva il massiccio petto del camminatore.
    Le due grosse mitragliatrici a canne rotanti si staccarobo un poco dal busto, ed i loro servonotori si misero in moto rendendole non più fosse ma brandeggiabili e capaci di alzo.
    I reattori lineari, che ora formavano la schiena, brillavano non più di luce arancione e calda ma di una blu e ben più fredda.
    Le ali si inclinarono di 45° bloccandosi, mentre i reattori V-tol incassati nel corpo principale rallentavano la caduta.
    Il camminatore, alto sei metri circa, atterró sui piedi corazzati con tutto il suo peso, sollevando polveri e detriti.
    Dietro Archangel-1 gli altri due veicoli fecero la medesima cosa atterrando tra clangori e tonfi sordi, disponendosi poi spalla a spalla me tre controllavano i rispettivi settori.
    In aria il resto della squadriglia continuava a volteggiare minacciosa e pronta a intervenire.
    Il punto di scomparsa di Archangel 4 e 5 si trovava a pochi click di distanza, in una zona ben fitta di strutture fatiscenti e palazzi diroccati.
    -A tutti i mezzi in volo, voglio vedere il settore 8/g in polvere, ora!-
    Ancora una volta non una risposta di assenso, ma solo ordini che venivano eseguiti alla lettera e senza esitazione.
    I cinque velivoli che stavano volteggiando in anoi cerchi si mossero veloci cominciando una serie di picchiate da attacco.
    Le gondole vomitarono raffiche di missili aria-terra con testate HE che andarono ad impattare contro la parte bassa delle strutture.
    Queste deflagrarono in nubi di polvere e fiamme.
    Le strutture, già poco solide, collassarono sotto il loro peso.
    Un'intero palazzo, privato in pochi secondi della metà delle proprie fondamenta, si inclinó su di un lato andando poi a schiantarsi di muso contro il duro suolo.
    Archangel-1, tramite una finestra del proprio HUB, vedeva ciò che i suoi uomini stavano facendo.
    Vedeva le fiammate delle gondole lanciamissili, gli strali di proiettili che piovevano come grandine ed el terreno che esplodeva e si rimescolava.
    Una raffica colpì in pieno un colonnato, sbrecciandolo ed azzerando le colonne dal diametro di due metri che lo formavano.
    Mentre col suo manipolo avanzava cercava qualche segno di presenza nemica, prima dalle finestre dell'HUB, poi dal radar ed infine coi propri occhi.
    Ecco, gli parve di vedere qualcosa.
    Del movimento tra i palazzi che stavano cadendo ancor più in rovina.
    Quel bombardamento selvaggio forse li stava forzando ad evacuare le loro posizioni.
    Poi finalmente un segno tangibile.
    Il riverbero delle polveri, smosse come da un vento forte e costante.
    Lo aveva visto molte volte ed era indicatore della presenza di veicoli a grav.
    -Contatto!-
    Urlata quella parola la squadriglia passò da manovre di attacco ad evasive, in cerca di bersagli più diretti.
    Pochi, lunghi ed eternibattimi di calma prima della tempesta.
    Da dietro la facciata di un palazzo devastato nacque una pioggia di fiamme e stridii.
    Scie azzurre si dipinsero nel cielo scuro, indicando la posizione di veicoli d'artiglieria a razzo multipli.
    Uomini e donne in armi, dissidenti e ribelli, apparvero dalle finestre e dai vicoli riversando piogge di spilli sulla squadra di terra.
    Certo, quei proiettili di piccolo calibro rimbalzano innoqui sulla spessa corazza, ma il fatto che avessero dimostrato tanta coordinazione non era di buon auspicio.
    Ma adesso doveva ricompattare la squadriglia.
    I ragazzi che stavano destreggiandosi in una danza mortale nei cieli stavano correndo un grave pericolo.
    -Squadriglia Archangel, ricompattarsi!-
    Non ebbe tempo di ripetere la frase, una cannoniera hammerhead di fattura tau sbucó dalle rovine fumanti di un palazzo aprendo il fuoco col cannone a rotaia.
    Il proiettile volò rapido, passando a pochi centimetri dalla spalla destra andando poi ad impattare alle sue spalle, in una vampata di luce azzurra.
    Il sistema di auto-diagnosticae espresse sottoforma di ologramma 3D i danni subiti.
    Il pannello superiore che si trovava tra la gondola e le articolazioni del braccio era evidenziato di giallo in virtù dei danni da temperatura subiti.
    In sintesi, nessun danno.
    Un sorriso malevolo si dipinse sul volto di Archangel-1.
    Due baionette potenziate lunghe un metro e mezzo circa spuntarono di fianco alle mitragliatrici a canne rotanti.
    Con abilità magistrale dette un'impulso ai reattori e si scagliò verso il fianco sinistro del corazzato xeno.
    La baionetta, se così si poteva chiamare visto lo spessore di venticinque centimetri, impaló il veicolo prima e lo sventró da capo a coda poi.
    Persa la stabilità questo prima si accasció sul fianco sfigurato, poi esplose avvolto da fiamme blu e rosse.
    Frattanto la squadriglia si ricompattava, fiumi di flares illuminavano il cielo a giorno mentre gli scoppi dei missili contraerei andavano a infiorettare di luce la volta scura su cui si ergeva Cerberus.
    Tentare una ritirata via aria non era fattibile, se non al prezzo della squadriglia intera.
    Avevano portato il nemico a rivelarsi, quindi tecnicamente il loro dovere era stato compiuto.
    Adesso quindi non restava che sopravvivere.
    Il radar a impulsi segnava presenze multiple...centinaia, se non migliaia di presenze multiple.
    Queste andavano dal comune sbandato armato di bastone ai corazzati xeno.
    Passando per fucili, fucili anti-materia, lanciarazzi, fucili a fusione e tutte le altre chincaglierie che i tau spacciavano per armi.
    L'ennesima finestra si aprì nell'HUB digitale mostrando il ceck-pointer superato poco prima.
    Atraverso una videocamera di sorveglianza vide una colonna di veicoli.
    Blindati dell'adeptus arbites in testa, i nuovi corazzati Barbarossa al seguito e apc da assedio "bombo" in coda.
    Erano almeno cinquecento uomini che tra stidori di cingoli e sbuffi di motore.
    L'HUB segnò anche grossi velivoli in movimento.
    Il supporto aereo stava giungendo, dunque.
    Se si trattava di ciò a cui stava pensando con tutta probabilità non sarebbe rimasto molto dei livelli inferiori.
    Ma ora aveva altro cui pensare.
    Gli otto Viking superstiti si stavano raggruppando, disponendosi spalla a spalla e volgendo i propri arsenali verso le vie principali da cui i primi gruppi di feccia stavano giungendo tra grida e urla.
    Zaffate di catrame e terriccio si sollevavano dove i proiettili più grossi cadevano, mentre delle zolle prendevano il volo laddove cascava una granata o un razzo.
    -Fuoco! Fuoco!-
    In risposta giunse una pioggia di morte.
    Proiettili grossi come la testa di una persona adulta falciavano la folla in arrivo.
    Sangue, interiora, corpi, tutto.
    Tutto veniva mescolato e tritato in un' unico informe ammasso di membra informi.
    -Arretriamo verso i vicoli secondari!-
    Dovevano togliersi da quello spazio aperto.
    Di feccia ne potevano falciare all'infinito, ma ben presto sarebbero giunti i rinforzi xeno.
    Un' altro colpo di hammerhead passò a pochi metri da Archangel-1, andando a colpire in pieno Archangel-3.
    La granata colpì il camminatore in pieno petto, deflagrando all'interno e provocando una fitta pioggia di schegge metalliche e pezzi meccanici grossi quanto il busto di un'uomo.
    Sul display tattico il segnale di Archangel-3 si spense con un lampeggio rosso.
    A giudicare dalla traiettoria il colpo doveva provenire dai piani alti del palazzo sulla destra.
    Con un rapido colpo d'occhio al HUB dette l'ordine di concentrare il fuoco sul punto sospetto.
    Non sapeva come potevano aver portato una cannoniera lassù e non gli importava.
    Una salva di missili parti roboante e funesta dalle gondole ancora funzionanti e cariche.
    Una cornice di esplosioni abbellí la facciata del palazzo devastandola.
    Ben presto l'intera facciata cominciò a crollare tra fumi e polveri.
    Non ebbero tempo di gustarsi quella piccola vittoria.
    Stavano cominciando a giungere colpi di fucile anti-carro.
    I proiettili di grosso calibro giunsero con la precisione tipica di chi non era un miserabile armato alla bella.
    Un primo proiettile colpì la piastra superiore destra, già danneggiata, ed intaccó il servomotore sottostante.
    Una seconda raffica colpì Archangel-3 in piena cabina, crepando il parabrezza blindato e aprendo il pilota in due.
    Ancora nessuno costava sul canale vox di quadra e ciò mosse un profondo moto d'orgoglio nel capo squadriglia.
    Dimostrava quanto ferrea fosse la disciplina.
    Dimostrava come la ritirata non fosse un'idea neanche contemplata.
    A dopo i vanti, aveva un problema col braccio destro che non rispondeva adeguatamente ed ora la sua squadriglia era decimata.
    Se voleva che qualcuno dei piloti che aveva personalmente addestrato sopravvivesse dovevano dividersi.
    Loro sarebbero arretrati andando incontro al convoglio, mentre in virtù di ufficiale ed esempio di ciò che questo significava avrebbe distratto il nemico.
    Aveva un braccio malfunzionante ed armi ancora cariche, era un bel giorno per servire.
    Con voce ferma dette le direttive ai suoi soldati che, seppur mostrando un cenno di esitazione nel lasciare il proprio comandante nonché istruttore indietro, eseguirono.
    In due colonne da tre si avviarono a passo svelto verso il confine che separava i livelli inferiori dalla zona militarizzata, un sezione di formicaio adibita al solo scopo di contenere i ribelli e la feccia che continuava a voler sopravvivere.
    Non fece in tempo a distrarsi dai suoi pensieri.
    Un lampo grigio le passò di fronte, colpendo in pieno Il camminatore di retroguardia.
    Un taglio trasversale andava dalla gondola di missili a alla cabina, mentre una sagoma di armatura si profilava minacciosa.
    Le piastre tondeggianti e dalle forme morbide rilucevano di malignità aliena, mentre una grossa spada ancora lorda di olio aspettava obbediente i comandi della mano.
    Eccolo.
    Quello doveva essere colui che manovrava i ribelli.
    Il comandante Tau Shas'hyo Toyuba, addetto secondo l'intelligence alle operazioni in territorio ostile nonché veterano della frangia orientale ben noto ad amici e nemici.
    Lo xeno osservava il capo-squadriglia attraverso le lenti rubino della sua armatura di quattro metri.
    Si mise in posizione, pronto a vibrare un'affondo.
    Non stavolta.
    I propulsori vitol di prua dettero la giusta spinta nel giusto momento, evitando che il filo della spada toccasse l'abitacolo per molto poco.
    Il pesante Viking schizzó all'indietro, mentre un turbinio di proiettili nacque dalle mitragliatrici gemelle.
    I fasci di luce e piombo mancarono di poco il bersaglio, tritando invece un gruppo di ribelli armati lanciarazzi che incautamente si era affacciato per colpire i mezzi in ripiegamento.
    I propulsori del comandante tau, la cui armatura restava ancora una sopresa vista l'agilità e la forza che conferiva, non furono da meno e scagkiarono il costrutto xeno nella direzione del suo avversario.
    Ma ancora una volta l'attacco andò a vuoto poiché il Viking, seppur più grosso e pesante esercitava una potenza di spinta quadrupla in virtù delle sue caratteristiche da caccia da superiorità aerea.
    A mezz'aria, ruotato il corpo di quarantacinque gradi verso il basso, Archangel-1 liberò una devastante raffica di missili.
    Ogni calibro, ogni testata.
    Le due gondole vennero letteralmente svuotate, giacché missili e razzi di ogni forma e fattura stavano venendo vomitati in un turbinio di furia distruttrice.
    Razzi esplosivi, missili anticarro, contraerei, tutto.
    Il sistema di aggangiamento dell'HUB per un' attimo rischiò di impazzire, mentre il sistema di polarizzazione delle lenti reagì prontamente per proteggere adeguatamente gli occhi.
    Un sospiro colse il capo-squadriglia quando vide che la colonna aveva passato la zona militarizzata e si stava gettando nello scontro.
    Sentiva già in lontananza lo schiocco dei Barbarossa e ed i Bombo che sgranavano calibro di tutti i tipi.
    Se non altro i suoi uomini era in salvo.
    Il sollievo durò poco.
    Quando il fumo si fu diradato vide con orrorre che il guerriero avversario era ancora vivo.
    Uno scudo energetico, ormai esaurito e prosciugato di ogni sua energia ed utilità stava ancora avvolgendo l'armatura nemica con fulmini e scariche di statica.
    Tolto bruciatura e ammacco, non era stato molto il risultato.
    Poco male.
    I due costrutti parvero guardarsi, per poi lanciarsi in carica l'uno contro l'altro desiderosi di porre fine a quel duello con un'unica, singola mossa.
    Lo xeno tentó un taglio trasversale, mentre il capo-squadriglia un'affondo con la baionetta potenziata.
    Il primo, troppo rapido, colpì il braccio destro rendendolo inutilizzabile.
    Il secondo invece, troppo lento, andò a piantare la baionetta nella piastra circolare che lo xeno portava come scudo.
    Poi, come se nulla fosse accaduto, il tau proseguì la sua azione di risalita mentre il pilota piombó verso il basso recuperando l'assetto da caccia.
    Con spinta massima eseguì una cabrata che lo portò ad un soffio dallo schiantarsi contro un palazzo che arrivava a toccare l'arcata superiore, lanciandosi poi all'inseguimento dell'alieno.
    Ben presto raggiunse la posizione ideale per il mitragliamento, azione che cominciò, si, ma non ebbe il risultato sperato.
    I proiettili impattarono contro la figuara nemica attraversandola.
    Il bastardo aveva usato un'ologramma.
    Subito dopo un fracasso i verbale, come di grandine su di una piastra metallica.
    Il parabrezza dell'avitacolo si stava crepando e sfasciando.
    Il comandante tau aveva ottenuto una posizione di tiro vantaggiosa e aveva colto la sua occasione riuscendo a colpire il centro di quel costrutto meccanico e rendendolo di fatto inutilizzabile...per chiunque altro.
    Non potendo più volare in quella condizione di cecità quasi totale decise di tornare in assetto da camminatore.
    Atterró con calma, lasciando all'avversario il tempo di studiare la prossima mossa.
    Tirò la leva rossa che arrivava le microcariche esplosive inserite tra la scocca è la carlinga.
    Questa si staccò e fece un volo di tre metri prima di ricascare a terra con un tonfo sordo.
    Così Archangel-1 si mostrò al suo avversario.
    Lunghi capelli neri che sventolavano da sotto il casco integrale, una tuta nera aderente ed un barlume rosso che brillava da sotto il display ora disattivato del casco.
    Maggiore Alexia Katarina, associazioni dei cieli nonché veterana della crociata nera e di altre mille atroci battaglie combattute qua e là per l'Imperium intero.
    L'occhio mancante riluceva di luce maliziosa, mentre un sorriso divertito si era dipinto sotto il casco integrale.
    Adesso era praticamente isolata, solo lei ed il suo avversario.
    La baionetta di sinistra, unica ancora veramente utile a fini offensivi crepitava di energia e friggeva per il pulviscolo che continuamente si adagiava sulla lama.
    Lanciò un cenno di sfida al comandante avversario, sfida che egli non rifiutò di certo.
    Rafforzó la presa delle mani sintetiche sull'impugnatura della tecno-sciabola e diede spinta ai reattori posteriori lanciandosi nell'ultimo atto di quella danza mortale.
    Il maggiore tuttavia fu più rapido. Girò su un fianco offrendo il braccio danneggiato come bersaglio.
    La sciabola impattó, aprendo i pannelli di blindatura fino a ad incastrarsi sul più tedioso metallo delle bocche da fuoco.
    Fu un'artimo di troppo, il sistema di conversione era già stato attivato e la struttura attorno al braccio maciullato e grondante di oli idraulici si stava chiudendo. In pochi attimi l'armatura tau, più piccola e leggera, si si ritrovò stretta in un'abbraccio di pistoni idraulici e piastre blindate.
    Le mani metalliche lasciarono allora la sciabola, ma allorché ciò potesse accadere la piastra frontale si era già sollevata, andando a recidere parte del pianco destro del costrutto xeno.
    Scintille, olio e cavi stavano ora grondando da entrambi i macchinari.
    Fu allora che la lama sinistra, ancora desiderosa di versare sangue venne caricata dal pistone idraulico e, come un punteruolo, fatta scattare per trafiggere l'armatura xeno all'altezza del petto. Alexia osservò, mentre una sostanza violacea fuoriusciva dallo squarcio. e colava al suolo.
    Restava solo una cosa da fare.
    Il suo Viking, ormai semi distrutto a causa dei colpi e dei movimenti così innaturali a cui lo avveva forzato, poteva servire una volta ancora.
    Con manovre calme e sicure innescó il sovraccarico del reattore principale.
    Una luce lampeggiante rossa cominciò ad illuminare l'abitacolo devastato.
    Con un balzo agile scese dalla carlinga, avviandosi a passi lenti ad una distanza più o meno sicura.
    Slacciò la maschera, si tolse sinuosamente il casco e lasciò i linghi capelli neri liberi.
    Il casco cadde con un suono sordo, picchi attimi prima che un bocciolo di fiamma avvolgesse il Viking e l'armatura da ufficiale.
    Fiamme rosse, blu, poi si innescarono i proiettili rimasti aggiungendo una raffica di boati minori, mentre i sistemi delle mitragliatrici a impulsi xeno si friggevano e si squagliavano.
    La sua ombra, nera ed imponente, cadde tanto lontano quanto arrivò il boato dell'esplosione.
    Alcuni sparuti gruppi di ribelli stavano già arrivando, forse per sciacallare o forse per qualsiasi altro motivo.
    Non le importava, lei aveva fatto il suo dovere, era sopravvissuta ed ora si stava avviando verso a passo lento verso la linea di corazzati a sei click stava tartassando il suolo di cannonate.
    Ormai le luci della battaglia si erano spostate e gli unici individui che avrebbe incontrato sarebbero stati sbandati o poco più.
    Camminava, rifletteva sui caduti della giornata e soprattutto cercava di capire come avevano potuto i tau infiltrarsi così in profondità nella capitale di Gladius.
    Venne riportata al presenta da un sommesso brusio alle sue spalle.
    Sentiva uno scricchiolio di stivali, ora lento, ora più veloce.
    Si stavano avvicinando.
    Rapidamente ruotó il busto ed estrasse la pistola Annihilation d'ordinanza.
    Uno, due, tre colpi nelle tenebre e due cadaveri caddero a pochi passi dai suoi piedi.
    Le cervella deflagrate e fumanti sparse sull'asfalto.
    Ve ne era un terzo, da qualche parte nel buio. Non era sicura di averlo colpito, quindi doveva stare in guardia.
    Alle sue spalle si irradiaca intanto una luce bianca e azzurrognola, tipica delle lampade led dei veicoli militari.
    Un clamgore lento e costante porto un tenue sorriso di gioia sul bel volto della donna.
    Quanti ricordi legati a quel rumore.
    Raffiche di mitragliatrice e colpi di lanciagranate piovevano a palombella sui ribelli e la feccia in fuga.
    Un colpo di lanciarazzi, giunto da qualche punto non riuscì a vedere, colpì il fronte del mezzo esplodendo in Una miriade di schegge ed una nuvola di fumo.
    Non bastò.
    Assorbito il contraccolpo il mezzo non arrestò la sua marcia.
    La pala apripista idraulica sul muso si fece largo a forza tra un mucchio di cadaveri e macerie, i poderosi cingoli schiacciarono e triturarono i cadaveri ed i corpi inerti dei feriti.
    La luce dei potenti proiettori le fece dolere gli occhi per pochi attimi, rivelando l'ultimo dei tre aggressori che si era ritrovato la gamba maciullata dal colpo di pistola.
    Tanto valeva terminare le sue sofferenze.
    Il quarto dei sei proiettili presenti nel tamburo partì con un boato tonante, amplificato dai grandi spazi vuoti della zona.
    Il proiettile a carica cava colpì l'uomo all'altezza dello sterno sfondondandolo, nebulizzando e devastando la cassa toracica. Frattanto la sagoma squadrata e tozza si faceva largo sbuffando.
    Fiammate e vampate partivano dalle armi di bordo, portando il giusto castigo a coloro che avevano osato ribellarsi e volgere le armi contro il vessillo di Gladius.
    Con un sinistro rumore di acciaio che stride sul cemento il pesante mezzo arrestò la sua marcia, cominciando l'apertura della rampa posteriore.
    Quindici incursori delle Maschere di Ferro scesero rapido mettendo in sicurezza l'area.
    Una coppia ai fianchi della rampa, mentre altri dieci, suddivisi in manipoli da cinque ciascuno, si mossero rapidamente verso gli edifici ai lati della strada per ripulirli da eventuali minacce per la colonna di Barbarossa in arrivo.
    Arrivò poi un trio di incursori che, armi spianate, si avvicinarono alla donna.
    Era la prassi di ogni operazione di recupero quella.
    Senza opporre la benché minima resistenza o desiderio di ostentare i propri gradi si girò di spalle lasciando cadere la pistola, si inginocchió e pose la mani dietro la testa.
    Poi lasciò che il cappuccio nero le venisse posto sulla testa e si lasciò guidare verso la rampa del Bombo.
    Un'altra missione compiuta con successo, un'altra giornata passata...che fortuna.
  5. .
    MA QUELLO È SAURON!
    Comunque immagino che i miei specialisti di false flag e ribellioni fomentare finiranno ben presto in mano ai garoniani.
    Oh beh, ogni tanto si vince e ogni tanto si perde.
    Io comunque sento puzza di magia dello pseudo sangue un space, ma dei poveri quindi vediamo cosa ti inventi!
  6. .
    CITAZIONE
    Temistoklès abbiamo ritrovato ciò che i nostri amici khourskini hanno... preso in prestito dalle nostre navi qui ormeggiate al momento dello scoppio della rivolta?''. La frase fu pronunciata con un marcato tono sarcastico. L'uomo alzò la testa e lo guardò per qualche secondo negli occhi, poi distolse lo sguardo.

    *casse xioniane piene di alcolici e spade*

    CITAZIONE
    Nel frattempo la battaglia per la rocca continuava. Era un peccato che si fossero asserragliati proprio li. La vecchia città di Mak'Har era scavata nel fianco delle montagne sovrastanti e si diceva che fosse una delle settanta meraviglie dell'Imperium dell'uomo

    Se ciò fosse vero per ogni volta che qualcuno lo dice le meraviglie dovrebbero essere 15344

    CITAZIONE
    Più tardi avrebbe pensato lui stesso a punire gli idioti che gli stavano facendo sprecare munizioni contro la parete rocciosa della montagna.

    Gran'Ammiraglio: ho deciso di CANNONIZZARVI da Garon
    *li spara come se fossero proiettili di artiglieria*

    CITAZIONE
    La porta della stanza si aprì ed un uomo in uniforme entrò. Sul braccio aveva la fascia rossa distintiva dei servizi segreti.

    *braccio teso*
    "SIEG HEEEEEEEEEEEEEEEEEIL!"
    Gran'ammiraglio: sei andato talmente a sinistra che sei finito a destra!

    CITAZIONE
    Subsector Actar

    Actar *sposta le lettere* Catar
    *DUN DUN DUN*
    *Xion-Gladius Illuminati Confirmed*

    CITAZIONE
    L'ologramma della battaglia sul tavolo tattico tremolò, poi si disattivò. Due tecno servitori lobotomizzati si affrettarono a riavviare il marchingegno

    "Spirito macchina io ti comando! FUNZIONA!"
    *lo prendono a martellate*

    CITAZIONE
    Dal vuoto dietro l'occhio di fuoco una voce parlò''Io... ti... vedo!''.

    Porca puttana Sauron ti sei fatto battere da un Hobbit e pensi di sconfiggere gente che abbatte demoni, orki, tiranidi, traditori e eldar?
  7. .
    E dopo due mesi di inattività... si continua. Buona lettura


    Capitolo 2
    Parte prima

    Orbita esterna di Khoursk Primus
    Nave classe Apocalypse Krsny Oktobry
    Sala tattica del Grand'Ammiraglio Mitth Thrawnov Whitehall
    Diciannove giorni dopo il precedente atto


    Khoursk era caduto. Dopo settimane e settimane di accanita resistenza i suoi difensori erano capitolati. Molte città e centri di produzione erano stati ridotti in macerie dai combattimenti e la popolazione era allo stremo. Le ultime sacche di resistenza, guidate da quelli che potevano essere tranquillamente definiti degli eroici idioti, stavano venendo soppresse o lo erano già state. Dall'olo-tavolo tattico al centro dell'ampia sala stava osservando in diretta l'attacco ad una di queste sacche. Alcune centinaia di ribelli si erano arroccati nella vecchia Rocca di Mak'Har nel continente Khoursk secundus e stavano tentano l'estrema difesa. Dall'altro capo del tavolo il suo collega trikeliano era intento a leggere il bollettino giornaliero del fronte.

    ''Temistoklès abbiamo ritrovato ciò che i nostri amici khourskini hanno... preso in prestito dalle nostre navi qui ormeggiate al momento dello scoppio della rivolta?''. La frase fu pronunciata con un marcato tono sarcastico. L'uomo alzò la testa e lo guardò per qualche secondo negli occhi, poi distolse lo sguardo. Il Grand'Ammiraglio sorrise. Nessuno riusciva a fissarlo negli occhi a lungo. O quasi. L'unico era stato un lord del Solar, i cui occhi del colore del ghiaccio non tradivano alcuna emozione quando li si guardava. ''Questo è il suo giorno fortunato, Ammiraglio. Tutto quello che era presente a bordo delle navi trikeliane,xioniane e garoniane è stato recuperato. Lo stesso non si può dire delle navi spathiane. Il carico è come sparito nel nulla''. L'uomo trikeliano aveva uno sguardo perplesso e allo stesso tempo avido. Non che fosse strano per lui e per i suoi connazionali. ''E mi dica, cosa ci facevano qui delle navi spathiane, così lontane dalla loro patria?'' ''A quanto sembra trasportavano viveri, medicinali e materie prime. Su una probabilmente c'erano dei cavalli purosangue''.

    Nel frattempo la battaglia per la rocca continuava. Era un peccato che si fossero asserragliati proprio li. La vecchia città di Mak'Har era scavata nel fianco delle montagne sovrastanti e si diceva che fosse una delle settanta meraviglie dell'Imperium dell'uomo, con le sue stanze enormi sostenuti da imponenti colonne che si estendevano a perdita d'occhio per chilometri e chilometri sotto la catena montuosa della Prima Dorsale di Khoursk. Il Grand'Ammiraglio seguì con lo sguardo la traiettoria dei proiettili delle sue artiglierie mostrata dall'olo-tavolo. Quella di alcuni reparti era di tre o quattro gradi troppo alta. Cosi calibrate, le imponenti armi da cinquecento millimetri avrebbero preso la nuda roccia sovrastante la Rocca, scalfendola a malapena. Prese nota dei numeri di identificazione dei reparti in questione. Più tardi avrebbe pensato lui stesso a punire gli idioti che gli stavano facendo sprecare munizioni contro la parete rocciosa della montagna.

    La porta della stanza si aprì ed un uomo in uniforme entrò. Sul braccio aveva la fascia rossa distintiva dei servizi segreti. ''Un dispaccio dal Komitet gharondesky bezopasnosti, signore''. Consegnò una busta sigillata con il marchio dei servizi d'informazione garoniani, il teschio trafitto da un pugnale. Thrawnov spezzò il sigillo e aprì la lettera. Il rapporto dei servizi segreti era lungo poco più di trenta righe, ma pieno di informazioni. A quanto pare una flotta gladiana abbastanza consistente era partita tre giorni prima da una base nel Subsector Actar per dirigersi verso una destinazione ignota. Il rapporto citava anche delle fonti non confermate secondo le quali i gladiani si stessero dirigendo proprio verso Khoursk e le sue ricche miniere.

    Il Grand'Ammiraglio si chiese se fosse il caso di far leggere il rapporto al suo collega trikeliano. Se una flotta gladiana fosse spuntata all'improvviso nel sistema avrebbero dovuto essere pronti a reagire. Anche se lui dubitava che sarebbero stati cosi idioti da aprire il fuoco contro una flotta più numerosa, per di più formalmente alleata, dai gladiani ci si poteva aspettare di tutto. Il documento era classificato come ''livello cinque''. Di conseguenza esso poteva essere letto solamente da alti ufficiali garoniani e, in casi di estrema necessità, dai comandanti supremi delle spedizioni alleate. Dato che la definizione di ''casi di estrema necessità'' era molto poco definita, decise di passare il rapporto al generale Temistoklès.
    Mentre il trikeliano leggeva il rapporto, Thrawnov tornò a guardare il tavolo tattico. I reggimenti inviati all'assalto della montagna erano ormai a poco più di cinquecento metri della Rocca e si preparavano ad attaccare. All'improvviso le porte della città collassarono,bloccando gli accessi. Probabilmente i ribelli le avevano fatte detonare, sperando di bloccare in quel modo l'avanzata nemica. Poco importava. Tempo poche ore e Mak'Har sarebbe caduta, segnando la fine della guerra in Khoursk e di quella patetica ribellione.

    La porta della sala si aprì di nuovo e lo stesso uomo che aveva portato il rapporto varcò la soglia. ''Un altro rapporto signore''. Thrawnov prese il nuovo rapporto. A differenza del precedente era di ''livello due'' quindi non poteva passarlo in alcun modo e per alcun motivo al generale alleato. Le talpe che erano state infiltrate tra la popolazione di Khoursk avevano dato i loro frutti: avevano scoperto che la ribellione era stata supportata e fomentata da un gruppi di esperti militari e ufficiali extramondo, che erano arrivati sul pianeta tempo prima. Ma ora, data la catastrofica sconfitta subita, questi soldati dovevano aver perso la fiducia dei khourskini che li avevano catturati e portati in una fortezza su una delle tante isole di Khoursk primus. Il Grand'Ammiraglio garoniano decise che si sarebbe occupato personalmente della faccenda.

    L'ologramma della battaglia sul tavolo tattico tremolò, poi si disattivò. Due tecno servitori lobotomizzati si affrettarono a riavviare il marchingegno. Nel frattempo sia Temistoklès che Thrawnov si erano avvicinati ad esso per capire cosa stesse succedendo. Un bagliore blu annunciò che l'olo-tavolo era di nuovo in funzione e la proiezione del campo d battaglia apparì davanti ai due alti ufficiali. La zona immediatamente antistante la Rocca però era cambiata. Era come se qualcosa avesse livellato la zona nel giro di pochi minuti. Dei circa diecimila uomini che erano partiti all'attacco non c'era traccia.
    Il Grand'Ammiraglio andò al suo vox personale e, con un rapido gesto che mostrava esperienza, lo attivò. ''Portaerei His Majesty e Katharina, fate decollare i vostri gruppi aerei e bombardate a tappeto alle seguenti coordinate. Due passaggi''. In pochi secondi inviò i dati alle navi. Aveva fatto installare quel vox in modo da poter coordinare meglio le sue truppe. ''Whitehall lei è un pazzo. Ucciderà i nostri uomini con quelle bombe. Fermi l'attacco ora''. La risposta giunse calma e fredda ''Non vedo alcuno dei miei o dei suoi uomini. Qualunque cosa abbia causato questo è ancora li in agguato. Se dovesse raggiungere le artiglierie nelle retrov-''. Il trikeliano lo interruppe. ''I miei legionari proteggono le sue artiglierie, ammiraglio!'' ''Quella cosa ha annientato oltre diecimila soldati in pochi minuti. Non sono così sicuro che artiglieria e fanti riuscirebbero a fermarla.''. Ma il trikeliano continuava ad essere scettico. Forse sperava ancora di ritrovare vivi i suoi soldati.

    Doveva scoprire cosa era successo. I droni da ricognizione che sorvolavano la zona continuavano a captare attività warp anomala, come se qualcuno stesse tentando di teletrasportare qualcosa di enorme. Doveva vederci chiaro e c'era un solo modo quando la tecnologia falliva. L'alto ufficiale garoniano uscì dalla stanza e si diresse verso le sue camere private.


    Trenta minuti dopo...
    Sale private del Grand'Ammiraglio


    La camera in cui si trovava ora era fredda e umida. I pavimenti in marmo erano ricoperti di incisioni dal significato oscuro ai più. Queste convergevano tutte verso il centro della stanza, dove un piedistallo si ergeva solitario. Il piedistallo era coperto da un panno. Un uomo, un confratello dei monaci Shaau'Lyn, vi si avvicinò. Aveva i capelli rasati a zero e vestiva una tunica nera. ''Quando vuole M'Lord.''. Il Grand'Ammiraglio fece un cenno di assenso e l'uomo tolte il panno rivelando ciò che c'era sotto: una sfera perfettamente liscia fatta interamente di una pietra sconosciuta. Il monaco tese la mano e prese la sfera. Questa si illuminò e iniziò a mostrare immagini.

    La prima cosa che mostrò fu la piana antistante la Rocca. Era completamente ghiacciata e non sembravano esserci forme di vita. Poi entrò nella Rocca stessa. Ne percorse i corridoi, le stanze e tutte le cavità. La visione giunse infine davanti ad un altare su cui era poggiato un coltello insanguinato. Sullo sfondo c'era un uomo, la cui faccia era immersa nell'ombra. Egli prese nella mano destra una pietra come quella che stava usando il monaco. Lo scenario cambio improvvisamente. Un gigantesco occhio di fuoco sovrastava tutto e dietro di lui l'oscurità più infinita. Sotto interi sistemi collassavano, mentre un coro di urla umane e aliene si alzava, acuto e terribile. Dal vuoto dietro l'occhio di fuoco una voce parlò''Io... ti... vedo!''. Per un attimo apparve un enorme castello, con la torre più alta che si perdeva tra le nuvole, subito dopo l'immagine di una ragazzina bionda che dormiva in un letto, poi tutto sbiadì.
    La pietra ricadde sul piedistallo e la visione terminò. Il monaco era svenuto ed il collegamento psichico era saltato. Per la prima volta nella sua vita il Grand'Ammiraglio garoniano si sentì svuotato di ogni emozione e sensazione positiva.
  8. .
    Fonte d'ispirazione, potrete trovare molte similitudini.



    Su bambine, mettetevi a letto, voglio raccontarvi una storia.
    -Che storia mamma, quella di Çinci-reena? L'Athanae e La Grande Guerra per il Ritorno dell'Alba? Le Leo Gestae? Vronegard e Mag il Potente?-
    No piccola mia, questa storia è diversa. Parla di due potenti guerriere, due sorelle, che insieme difendevano un regno molto, molto lontano. Erano combattenti nobili e coraggiose... ma la più piccola crebbe nell'ombra della maggiore covando invidia e astio verso di lei, verso i suoi successi.
    Dopo una furibonda lite, le due sorelle si diedero battaglia per decidere chi fosse la più forte, lottando tra loro con una ferocia che fece tremare le fondamenta della terra stessa.
    La minore delle due venne sconfitta e precipitò, scomparendo, nell'oscurità.
    La sorella maggiore dunque aveva vinto ma ben presto iniziò a soffrire la solitudine e la vittoria, un tempo dolce come il miele, si trasformò in fiele.
    Un giorno una mendicante invoco la guerriera e le domandò: «Oh potente combattente, perché sei così turbata?»
    E la donna le rispose: «Cieca non vidi quello che stava succedendo alla persona a cui tenevo di più e quando me ne accorsi era ormai troppo tardi».
    La mendicante allora le sorrise: «Le ferite che le hai inferto le hai inferte anche a te stessa. Devi accettare il passato e andare serena verso il futuro. Solo così potrai finalmente guarire e trovare la pace»...

    M42.025, Giorno Tredicesimo del mese di Dicembre.
    Imperium dell'Uomo, Segmentum Solar
    Sub-Sector Zevona, Sistema stellare di Zevona
    Mondo Rovina di Valayr la Splendente,
    palazzo nobiliare degli Vēzenka

    Le urla ed i suoni del combattimento risuonavano in quel luogo anche dopo mezzo decennio-
    Sōna poteva ancora sentire il clangore delle spade che s'incrociavano in mezzo a quegli archi e il sangue di sua sorella scorrergli fresco tra le mani.
    Provava rimorso e disonore, non poteva negarlo. Non avrebbe mai potuto perdonarsi per quello che aveva fatto al sangue del suo sangue ma andava fatto, o almeno così le era stato detto.
    O almeno così lei giustificava quell'azione immonda.
    Le leggi zevonesi punivano severamente l'assassinio di un consanguineo, tranne in un caso: se il colpevole aveva macchiato l'onore della famiglia allora la sua eliminazione era cosa buona e giusta, una redenzione che avrebbe sciacquato l'onta con il sangue.
    Una riabilitazione per la famiglia ma una dannazione morale per chi calava la spada. Sōna Vēzenka aveva ucciso sua sorella perché colpevole di qualcosa di cui lei non poteva nulla.
    Era una psionica, un livello Beta Plus per la precisione. I suoi poteri si erano manifestati repentini e senza preavviso e seppure l'Imperium tollerava quel livello di potenza con le dovute precauzioni, il lord loro padre era stato d'avviso diverso.
    Lui però non sapeva che anche lei era una psionica, molto debole come potenziale ad onor del vero ma pur sempre una psionica.
    Anche sua zia lo era e la loro madre possedeva a sua volta tale mutazione, seppur in forma latente. Tutte avevano ereditato quel determinato potere per via del loro sangue in piccola parte Eldar.
    Gli incubi da quel dannato giorno l'avevano perseguitata senza sosta, bastava solamente entrare in quei ampi saloni dove aveva commesso il crimine per rievocare l'immagine del corpo martoriato ed agonizzante di quella che era stata sua sorella.
    Da quel momento ogni anno nello stesso giorno, Sōna si recava a quell'altare per porgerle il suo rispetto.
    Il corpo, ricordò lei, era scomparso nel nulla poche ore dopo lasciando solo pozze e strisce di sangue.
    La sorella maggiore aveva sperato ardentemente che in qualche modo ella fosse sopravvissuta per riabbracciarla e dirle quanto fosse dispiaciuta e contraria a quello che le era stato costretto fare.
    Ma la galassia è un luogo freddo e crudele.
    La speranza di Sōna di chiederle perdono sparì insieme alla brezza invernale.
    Con ampi passi la donna dai capelli bianchi raggiunse l'altare in fondo alla sala, su di esso era posta una spada, una Myrtnemaster, spezzata.
    Era stata lei con la sua spada da ufficiale a danneggiarla. Quell'antica lama era stata regalata a sua sorella, Bianca. Ricordò che quando la piccola espresse la volontà di entrare nei Leoni la loro madre si era alterata e le aveva ordinato di ritirarsi in camera sua.
    Povera Bianca, povera sognatrice, se soltanto avesse capito che l'aveva fatto unicamente per il suo bene....
    Sōna si inginocchiò davanti all'altare e chiuse gli occhi. Su di lei sentì concentrarsi lo sguardo di pietra delle statue degli eroi della sua famiglia, persone onorevoli che avevano compiuto azioni gloriose.
    Si sentiva a disagio, come se stessero giudicando l'unico essere vivente in quelle sale per quello che aveva fatto.
    Ma lei sapeva di non essere sola.
    «Se devi proprio uccidermi allora fallo affrontandomi faccia faccia», disse lei scandendo quelle parole senza aprire gli occhi.
    Una figura femminile uscì dall'ombra qualche metro dietro di lei con movenze leggere, quasi spettrali, il suo vestiario denotava la sua vera natura: una veggente Eldar.
    «Hai coraggio a venire qui...» disse la xeno con la melliflua voce alterata dall'elmo di spettrosso «...questo luogo ti è ostile e tu lo sai».
    Sōna si alzò e trasse un profondo respiro «Questa è la mia casa, feccia. Sei venuta ad uccidermi senza sapere chi fossi?»Girandosi di scatto la grande ammiraglia estrasse la pistola laser dalla fondina e sparò un colpo contro l'Eldar la quale, senza fatica alcuna, lo scansò come se nulla fosse.
    Le vesti della figlia di Isha erano color rubino con alcune parti in spettrosso lasciate del colore naturale. La divisa di Sōna invece era la classica divisa da ufficiale dell'HEZIF: bianca con rifiniture blu e grigie.
    «Lo so chi sei, Sōna Vēzenka, so anche che ogni anno nello stesso giorno vieni qui per onorare qualcuno che hai assassinato!» Una scintilla di rabbia s'accese dentro di lei, come conosceva tutti quei dettagli?
    Come faceva a sapere dell'omicidio di Bianca? «Tu non sai niente di ciò che è successo!» infuriata, Sōna sparò una raffica di colpi i quali, con la stessa facilità con cui era stato evitato il primo, vennero tutti schivati dalla veggente.
    Più infastidita che stupefatta, Sōna impugnò la pistola con la mano sinistra e sfoderò la fedele lama da ufficiale. Inclinando leggermente il capo a destra, la xeno guardò quell'azione in totale silenzio al fine di studiare per bene la sua avversaria.
    Indietreggiò di qualche passo e corse per un corridoio laterale della stanza. Non potendo lasciare quella che riteneva come un'offesa impunita, la valayriana si lanciò all'inseguimento.
    Al termine del breve corridoio vi era un ampio passaggio coperto che dava sulla città sottostante, avvolta nell'oscurità della notte. Sōna, guardando il panorama, sentì una sensazione di pace interiore ed il desiderio di attaccarsi alle spesse ringhiere di marmo pregiato per osservare meglio la magnifica architettura della città tenuemente illuminata dalla luce che qua e la fuoriusciva dalle case.
    «So che dici a te stessa che tua sorella era un disonore per la famiglia...» la grande ammiraglia sparò un colpo verso la presunta provenienza della voce senza però colpire alcunché, «...che dovevi ucciderla per lavare l'onta. Che era tuo dovere.»
    Un fiume di ricordi ed immagini attraversò la mente di Sōna: «Era il mio dovere...» le rispose lei con la voce spezzata «...e la mia condanna».
    Dopo aver individuato la posizione dell'elenda, la donna si girò di scatto e sparò un altro colpo verso la sua avversaria che lo deviò con la spettro-lama.
    «Ma ciò non toglie che le renda onore!» gridando quelle parole un ulteriore bolt laser uscì dalla canna della pistola.
    Lo strale cremisi accelerò la sua mortale corsa perdendo però, centimetro dopo centimetro, energia e calore.
    Cambiando la presa sulla spada, la xeno divise a metà il colpo che al momento del contatto con la lama non era altro che un pezzo di ghiaccio affusolato.
    Sōna osservò la scena e rimase a bocca aperta.
    Era impossibile colpire un oggetto che viaggiava ad una velocità così elevata, tanto meno trasformare dell'energia pura in ghiaccio.
    L'Eldar osservò la sua espressione con il solito atteggiamento di superbia che contraddistingueva la sua razza. Quell'istante di silenzio venne interrotto dall'incrociarsi delle lame. L'aliena si muoveva bene, constatò lei, forse un po' troppo goffa per gli standard della sua specie ma di certo più agile e veloce di un comune essere umano.
    Il susseguirsi di fendenti, stoccate e schivate sembrava una letale danza di morte, eseguita sul suono dello sfrigolio dovuto allo scontro dei campi di forza delle lame potenziate.
    Pur con un poco di difficoltà, Sōna riuscì a tenere testa alla sua aguzzina. Era più abile di lei, d'altronde era un'ufficiale di plancia e non una duellante come sua madre. Lei era di tutt'altra galassia come abilità, la migliore schermitrice del Segmentum Solar, se non di tutto l'Imperium dicevano certe voci.
    Aveva tentato di emularla ma non aveva mai raggiunto tali livelli di bravura. Anche Bianca aveva provato ma sfortunatamente per lei non era stata brava abbastanza per salvarsi la vita.
    Ricevendo un poderoso calcio nello stomaco, Sōna andò a sbattere con la schiena contro il freddo e robusto cornicione di pregiato marmo bianco. La pistola le sfuggì di mano.
    Sospettò di essersi incrinata una vertebra ma quel pensiero fu messo velocemente a tacere dalla spada xeno. Le due lame si incrociarono nuovamente.
    La sua spada messa in posizione di guardia per evitare che il freddo metallo alieno potesse toglierle la vita.
    «Pensi di onorare tua sorella Bianca con preghiere e qualche bei pensiero?» chiese l'Eldar con la voce alterata dall'elmo integrale. «L'onore di ciascuno sta nelle proprie azioni!».
    Offesa da quelle parole, l'ammiraglia iniziò a imprimere più forza in quell'ultima resistenza.
    «Proprio tu osi parlarmi di onore?!»Facendo un ultimo sforzo, Sōna riuscì a liberarsi dalla morsa ed a far barcollare la sua avversaria.
    Senza perdere tempo si lanciò verso la sua pistola. Non poteva perdere nemmeno un solo istante, da quell'azione sarebbe stato determinato l'esito di tutto lo scontro e doveva vincere, era l'unica cosa che contava davvero. Sovraccaricata la pistola, un letale e più potente bolt fuoriuscì dalla canna. Osservando l'azione l'Eldar, senza scomporsi di un millimetro, fece un minuto movimento della mano destra.
    Ciò che successe lasciò nuovamente l'umana a bocca aperta e le fece fare un passo indietro. Il proiettile d'energia si era bloccato a metà percorso.
    Era li. Fermo eppure pulsante di energia.
    Facendo lo stesso movimento ma nel senso opposto, il colpo riprese il suo percorso al contrario.
    Sōna, sconvolta da ciò che aveva visto, alzò la guardia per intercettarlo in un ultimo e disperato tentativo di salvarsi la vita.
    L'Eldar chiuse la mano a pugno facendo esplodere il bolt qualche decina di metri prima che colpisse il suo bersaglio. L'esplosione scaraventò Sōna per terra. Sbattendo le palpebre per riprendersi dall'accecamento, Sōna osservo l'aliena avvicinarsi a lei con movimenti leggeri e delicati.
    Guardandola negli occhi, la xeno strinse la presa sull'impugnatura della spada e si mise in posizione per decapitare l'umana. <
    i>Era così dunque che deve finire? Uccisa nello stesso giorno e nello stesso luogo in cui aveva assassinato sua sorella. Il fato era davvero crudele....
    «Hai vinto, uccidimi» disse abbassando la testa e liberando un sospiro di rassegnazione. Per una manciata di secondi tutto rimase immobile, come congelato. Osservando la reazione della donna la xeno rinfoderò la spada «No,hai ancora degli scopi in questa vita... sorella».
    L'ultima parola la colpì come una doccia gelata. Alzandosi di scatto, Sōna indietreggiò di qualche passo fissando incredula quella che sosteneva di essere la sua defunta sorella.
    «Non è possibile, mia sorella è morta! L'ho uccisa io!» Per nulla sorpresa di quella reazione, l'Eldar ridacchiò e portò le mani sull'elmo. Con una leggere pressione, la parte interna si staccò rivelando un volto estremamente familiare.
    La donna rimase sconvolta da ciò che aveva davanti: sua sorella.
    Bianca era viva.
    -Dan dan dan, plot twist.-
    Era lei, la sua faccia era pressoché identica tranne per l'occhio sinistro. Sōna ricordò di averla colpita con la spada in quel punto. Molto probabilmente lo aveva reso inutilizzabile. Una piccola cicatrice attraversava verticalmente le palpebre dell'occhio sinistro ma la cosa più strana era il bulbo.
    Al posto del normale occhio dall'iride verde, Bianca aveva una strana sfera blu notte costellata da tanti piccoli puntini bianchi. Era uno spettacolo, come osservare il cielo stellato di una nebulosa.
    Ed allo stesso tempo era terrificante.
    «Bianca...» sospirò quel nome con ancora una traccia d'incredulità nella voce, «Cosa ti è successo?»
    Bianca riaggancio la maschera all'elmo «Sono dovuta cambiare e ti ho perdonato. Ora tu devi perdonare te stessa.»
    Sōna rimase immobile mentre Bianco le passò di fianco poggiandole una mano sulla spalla. «La galassia sta cambiando di nuovo, Sōna. È il momento di scegliere da che parte stare».
    Combattuta per qualche secondo, la donna afferrò la pistola e la puntò verso la sorella che ormai aveva raggiunto il corridoio.
    «La vita non è come le storie che ti piacevano e ci raccontava nostra madre! Tu sai che fine ha fatto. Non essere un'illusa e incorrere nello stesso destino.»
    «Forse sono un'illusa a pensare che tu possa cambiare. Ma lo faccio comunque. Riflettici su, sorella». Sōna la vide sparire nel nulla, lasciandole in testa più domande che risposte.

    Qualche ora prima
    «Sei sicura di volerlo fare?»
    «Non dovrei? Hai visto qualcosa nel mio futuro?»
    «No, Bianca, è solo che questa volta non ci sarò io a salvarti.» Bianca sbuffò e si legò i bianchi capelli per farli entrare dentro l'elmo di spettrosso.
    «Sono migliorata da allora. Posso batterla.» La sua interlocutrice si alzò dal comodo scranno. Ogni volta che Bianca osservava i suoi capelli rossi e quegli occhi verdi, un immenso senso di tristezza prendeva il sopravvento.
    Era così simile...
    «Allora fatti dare un consiglio, lo stesso che diedi a tua madre.» la veggente le afferrò con delicatezza il mento per poterla guardare dritta negli occhi. «Se devi combattere, vinci.»

    Alla fine la guerriera uscì dal nascondiglio dove si era ritirata. La mendicante si rivelò essere la sorella sopravvissuta ed insieme, le due si impegnarono a ricostruire e proteggere ciò che un tempo avevano distrutto.
    È diversa dalle altre storie. Finisce bene.
    Ahahahah, si... è vero, piccola mia...
    Mamma, pensi che noi due diventeremo come loro?
    Non lo so. Mia nonna mi diceva sempre: “Il futuro non si può mai prevedere con certezza", e fidatevi, le se ne intendeva. Si è fatto tardi, è il momento per voi di dormire. Domani sarà una giornata impegnativa.
    Allora buonanotte mamma.

    Buonanotte Sōna, buonanotte Bianca. Dormite bene piccole mie


    Si ringrazia la futura ulcera di dany the writer.
  9. .
    Dunque, dunque. Manco da un po' ma devo dire che il mio ritorno è stato ben più che lieto. Vendas Nonno. Stirpi di GrammarNazi prolificheranno per la Via Lattea, portando nei Cieli la parola: alfabetizzazione!
    CITAZIONE
    Il signore di Castel Anthrax e Lord Protettore di Anthrax Regio, pensò Arer stringendo il nodo del mantello, era il vincitore anche di quella guerra. La grande, gloriosa guerra dell'alfabetizzazione figliare.

    Finché l'Alfabetizzazione non regni sovrana sull'Universo :ombrell:
    Comunque, tornando seri, questi due pezzi ci mostrano come Vendas sia un personaggio a tutto tondo, capace di essere tanto crudele quanto amorevole. E, cosa più importante, forse è uno dei pochi padri rimasto "normale" (se così si può dire eh). Sarà molto interessante vedere questo confronto con Antaren che, sebbene nemico del mio Lord preferito, mi ispira curiosità.
    Anche Merina è un personaggio ben sviluppato e il suo desiderio di voler rimanere con il padre a costo di ingannarlo è davvero una cosa troppo... carina (ma succedono pure queste cose in una Via Lattea ridotta in questo stato?). La discussione che ha con il padre poi, riguardo la sedia a dondolo, è stata superlativa (e comunque Vendas, da buon padre, devi farne una anche per lei :P ).
    CITAZIONE
    La parte più difficile è stata agire sul loro istinto artificiale, che era tarato per le guerre nel Distante Altrove Galattico... e laggiù, a quanto pare, combattono misere guerricciole da femminucce

    Cioè, aspetta. Questo str... ehm Insonne insulta la portata delle guerre condotte dall'Impero?
    E adesso sono proprio di vedere come se la caverà Antaren contro l'offensiva di Arer e se scopriremo qualcosa di più riguardo il Sogno e i Pro-Strab.
  10. .
    Me ne ricorderò Lord-B, la reclamazione è cominciata...
  11. .
    Ed eccomi qua! Chiedo venia per l'assenza ma, purtroppo, il destino mi è avverso.
    Dunque, decisamente molto più fascinoso questa nuova versione di venda che ci viene offerta.
    Molto più umana e meno...beh, non riesco a trovare una parola adatta a descrivere quello che era nelle precedenti versioni XD
    Sicuramente però tra le cause di questo suo essere meno inquietante e leggermente più normale c'è la presenza di Merina, che, d'altrocanto pare stia venendo su strampalata quasi alla pari del padre.
    Certo, io la prenderei a schiaffi per rimetterla in riga ma purtroppo non ho ancora il potere di entrare nei racconti.
    (anche se a pensarci bene se avessi questo potere probabilmente non entrerei di certo in BOH)
    Il fatto che Vendas abbia fatto un così aperto riferimento alla Sindrome del Gladio è preoccupante, quasi quanto il fatto che Merina la conosca.
    Ciò significa o che ne ha avuto esperienza diretta o che, ancor peggio, questa si sta diffondendo a causa del...

    TAN TAN TAAAAAAAAA

    PRIMOH ORDINEH DI SPATHARIAN

    cazzate a parte, qui qualcuno sta mentendo alla galassia.

    Ok, ora la smetto...
    Merina in ogni caso si presenta come un personaggio interessante, ben scritto e probabilmente capace di farsi amare tanto dal lettore quanto dagli altri personaggi.
    Peccato solo che siamo in un'universo di folli sanguinari e fanatici religiosi e che non bastino un paio di occhioni sbrilluccicosi e dolci parole per ottenere ciò che si vuole.
    Altrimenti non pensi che io ci avrei già provato per barattare la mia macchina con una super apocalypse?
    Magari con una di quelle di Zevona perchè...beh perchè mi stanno antipatici, quasi quanto il loro creatore.

    *ruba le navi da guerra e scappa*

    Ok, avete presente quando ho detto che la smettevo?
    Ho mentito.

    Quanto al finale i presupposti per un finale col botto (BADUM TSSSS) ci sono, quindi vediamo cosa ci riserberai per il futuro!
  12. .
    Esiziale.

    Vuoto.

    Oscurità.

    Sofferenza.

    Niente.

    Alba.

    Ricordo.

    Avorio.

    Saggezza.


    Non immaginava quanto potesse essere sorprendentemente bella e quieta l’alba mentre si annuncia nell’oscurità della notte con i primi bagliori, come timidi pastelli su di una tela appena sfiorata.

    Non credeva che avrebbe potuto provare quel subbuglio di emozioni quando, dal niente, era apparso... Non sapeva neanche lui cosa fosse, forse il ricordo di un sogno che, dopo tanto girare, era riaffiorato, dall’incoscienza perpetua di quel momento, così lontano dal quotidiano vivere e così fugace nella memoria per poter esser analizzato dalla ragione.

    Se qualcuno, nella sua vita, gli avesse detto che si poteva vivere anche solo in un istante di beato torpore, mai gli avrebbe potuto credere.

    Ma la saggezza, brilla come avorio durante la notte e, per quanto esiziale possa essere trovare se stessi dopo tanta sofferenza, con l’inquietudine di aver fatto per la prima volta tua la compagnia della solitudine, il vuoto che a lungo era stato caro amico si perde, nella serenità e nella nuova conoscenza che si fa quando si incontra il proprio riflesso: senza più rancore nello sguardo né ostilità reciproca, senza più mezze scuse a celare i traguardi mancati e quelli ancora sperati, desiderati, senza caricature di emozioni non provate o di altre taciute, senza tacciarsi di malavoglia o ipocrisia, ciò che resta, è ciò che si è sempre stati e in cui, lentamente, siamo rinati.

    In un labile sguardo, caldo è il primo raggio che accoglie la nuova vita e tiepido è il tocco della morte che si porta via le spoglie lise.
  13. .
    Ed eccomi di ritorno da gelide e incontaminate terre. Ci è voluto tempo, ma sinceramente mi sono affezionato a questa storia e ho tutte le intenzioni di portarla avanti!
    Allora, anticipo che, in cuor mio, avrei voluto fare un commento più preciso, ma dato che sto commentando ben tre aggiornamenti non andrò troppo nello specifico, facendomi perdonare in futuro ;)
    CITAZIONE
    Capitolo V: 'De Principes Astralii
    Atto II, Maximillian Von Karlfranzhaenn, Conte Elettore di Armageddon e Principe di Electa Heinracha Karlfranzhaenna
    Parte II di II

    Mi dispiace ma l'Alta Cardinalessa continua a non piacermi e sono d'accordo con Maximilian: quella donna non solo è strana, ma nasconde qualcosa. Non so bene se ci possa essere qualcosa che possa cambiare il mio desiderio di vederla squartata, ma chissà, vedremo.
    Fabritios, d'altro canto, mi è sembrato molto più "umano" in questo pezzo. Il massacro che ha compiuto contro gli Strab a quanto pare è stata un'azione estrema e sono felice che si ponga dei limiti morali. Il Lord Solar è sicuramente un personaggio dalle molte sfaccettature.
    CITAZIONE
    Capitolo V: 'De Principes Astralii
    Atto III, Lord Maresciallo Vlad-Achaìn IV Anthraxi-Vaduva

    Buon sangue non mente. Merina è figlia di suo padre, tuttavia, ripeto che lo zio potrebbe avere ragione. Un poco di umiltà gli servirebbe. Tra l'altro non avrei mai immaginato che Vendas fosse così attaccato alle sue figlie. Un vero padre in tempi del genere è più unico che raro.
    La parte finale mi ha colpito per il netto consenso che Hilda ha. I suoi meriti sono abbastanza palesi. Chissà, una volta cresciuta cosa sarà in grado di fare (crescerà, giusto?!)
    P.s: la discussione sulle prestazioni sessuali è stata molto divertente. Ma non hanno le camere insonorizzate? Sarebbero utili ;) :D
    CITAZIONE
    Capitolo V: 'De Principes Astralii
    Atto IV, lord Arer Vendas
    Parte I di III

    Ecco, riguardo quest'ultimo aggiornamento sono rimasto inevitabilmente attratto da questi manufatti e da quanto il M'lord Vendas sia superiore a tutte le mie aspettative. Avere abilità magiche, in grado persino di controllare un palantiri è spettacolare. Tutto il discorso è un po' enigmatico e mi è poco chiaro, come anche il finale, tuttavia questo non fa altro che incuriosirmi ancora di più. Mi domando, soprattutto, cosa Vendas stia cercando di fare a Garyn... che non sia solo un semplice scudiero?
    Per il resto, ho colto la citazione di Xan (Opera... quanto siamo altolocati e aristocratici...) e sono rimasto incuriosito dal discorso dei sindacati e degli operai. Bisogna dire che il Sogno ha una certa attrattiva per il volgo, a quanto pare.
    Purtroppo sono stato molto striminzito e se avessi preso aggiornamento per aggiornamento avrei sottolineato e detto molte più cose, ma prometto di stare al passo! (tra l'altro prima o poi mi farò una rilettura per cogliere meglio i diversi aspetti che sicuramente non avrò notato).
  14. .
    Salve a tutti, chiedo subito scusa per essere mancato così a lungo, ma ho avuto troppi impegni per collegarmi, ho provato a cominciare questa nuova storia, deciso a portarla a termine.
    Consigli, critiche e commenti draconiani sono bene accetti.

    PROLOGO
    Le alte mura di Tekre, o stelle, cantate, che solo l'Abisso supera pei lamenti
    I principi che ad esse tanto sangue versarono ad esse combattendo con aspra guerra
    Che pure il Sole e la Luna piangono i signori che qua giacciono in lungo sonno


    Il sole calava lento sulle montagne.
    I cancelli erano inondati dalla luce color sangue, diventando simili ad alte cascate di sangue.
    I vessilli dorati sventolavano pigri nel debole vento della sera, il simbolo dell’elmo bianco si intravedeva nella stoffa.
    Le teste dei trecento soldati della sua guardia personale, nello loro armature bronzee, formavano una massa compatta dietro di lui, le vesti dei notabili della città formavano un muro multicolore ai lati dell’ingresso, la piazza centrale della sua città era addobbata a festa.
    Re Ruknaz sentì l’aria della sera infilarsi tra l’armatura e la veste, a quasi cinquant'anni non sopportava più a lungo l’avere addosso l’armatura per lunghi periodi.
    Eppure non poteva esimersi da quell’incontro, i suoi tre figli erano dietro di lui, davanti alla guardia schierata in ranghi.
    I primi ad entrare furono tre alfieri con gli stendardi ben in alto, sulla stoffa blu scuro di quelli ai lati era ricamato il nero cavallo rampante, su quello al centro due spade incrociate sovrastavano due cavalli neri che si affrontavano.
    Un centinaio di orchi a cavallo entrarono dietro di loro, a seguire almeno quattrocento soldati appiedati, tutti armati di lance.
    Re Ruknaz riuscì a mascherare una smorfia, un tale spiegamento di forze non faceva altro che confermare ciò che pensava; il giovane orco col mantello bordato di nero e l’armatura argentata giungeva per un motivo ben preciso.
    E lui non era sicuro di volerlo sapere.
    Il giovane principe orco scese da cavallo nel centro esatto della piazza, attorniato dalla sua guardia a cavallo.
    La fronte alta era incorniciata da capelli neri raccolti in una lunga coda che arrivava a metà schiena, la sua armatura scanalata metteva in risalto le larghe spalle dell’orco.
    Le braccia muscolose uscivano dal piastrone, terminando in due bracciali di cuoio nero da cui spuntavano due mani robuste e nodose.
    Una spada curva, dal filo seghettato, con l’elsa argentata ed una pietra nera sul pomo, gli pendeva dal fianco.
    Il giovane principe orco non poteva avere più di vent'anni.
    Ruknaz sentì ancora il brivido lungo la schiena. Ed un tremito alle mani.
    D’improvviso la voglia di spaccare la faccia al giovane orco crebbe a dismisura.
    -salute, re Ruknaz di Ekra-
    Il giovane principe gli si fece incontro a braccia aperte.
    Il re non poté fare a meno d’abbracciarlo, la stretta del principe era salda come quella di un adulto.
    Lui dovette riconoscere che il giovane era forte.
    -salute, principe Kretrak di Zervo-
    Fianco a fianco, attorniati dalle rispettive guardie, attraversarono la folla festante, diretti verso il tempio per il matrimonio.

    La sala era illuminata appena da un paio di bracieri ai lati.
    La poca luce che entrava dalla finestra formava un piccolo specchio di luce argentata.
    Ruknaz sedeva presso la finestra, una coppa mezza vuota gettata di traverso vicino i piedi. Addosso solo la sottoveste, l’armatura appoggiata in un angolo insieme alle armi.
    Suo figlio stava dritto al centro della sala, le mani incrociate dietro la schiena.
    Da quanto lui poteva ricordare non l’aveva mai visto rilassato davanti a lui. O in una situazione formale.
    Sollevò il capo per guardare in volto il figlio.
    A metà tra i venti ed i trent'anni, con indosso l’armatura ed il mantello, la spada come sempre al suo fianco, il capo rasato di fresco mostrava quante cicatrici potesse ottenere un giovane orco. Una sulla guancia grande quanto un mignolo, un’altra vicino la bocca, un’ultima più piccola sulla fronte.
    Un debole colpo di tosse lo scosse dai suoi pensieri.
    Suo figlio voleva sapere perché era stato convocato.
    -la festa era bella- disse Ruknaz lanciando la coppa in un angolo
    -molto padre- suo figlio lasciò cadere di nuovo il silenzio
    -partirete tra due giorni- Ruknaz lo disse più a se stesso che al figlio
    -e torneremo quando il principe Kretrak avrà il suo trono-
    -un trono rubato- il re sputò sul pavimento, suo figlio non ci fece caso
    -suo fratello avrebbe dovuto tagliargli la testa invece che esiliarlo, adesso la guerra risolverà la sua debolezza-
    Suo figlio rimase fermo, ma il rapidissimo battito dei suoi occhi gli fece comprendere che non era d’accordo; in fondo lo capiva, uccidere un fratello non era semplice, neppure quando ti si rivoltava contro.
    -gli oracoli hanno parlato, padre, la nostra impresa è benedetta dagli dei-
    -“un nuovo re sederà sul trono all’ombra della Grande Torre”- recitò Ruknaz –ma le sacerdotesse parlano sempre per enigmi-
    -ventimila orchi faranno avverare questo oracolo- suo figlio non si scompose, troppo giovane per capire; l’oracolo si sarebbe avverato in ogni caso, come lo sapevano solo gli dei.
    -ventimila contro altri ventimila, non abbastanza per un assedio, e la Torre non si lascerà prendere senza combattere-
    -contro gli dei ed i loro desideri padre? Anche la Torre deve piegare il ginocchio davanti a loro-
    Re Ruknaz guardò suo figlio negli occhi, senza rabbia o severità, non lo sguardo di un padre ad un figlio, solo lo sguardo di un orco ad un altro orco
    -perché tu?-
    Suo figlio ci mise qualche secondo a capire
    -perché sono il maggiore, padre, a me spetta il compito di guidare l’esercito-
    Stavolta lo sguardo del re si incrinò, divenne veramente quello di un padre
    -comprendi che un padre non può mandare suo figlio in guerra senza temere, e non esiste oracolo che possa tranquillizarmi-
    -lo capisco, ma il dovere...-
    -il dovere di riavere il suo trono spetta al principe, se ne avrà la forza-
    -se mancherà a lui, la mia basterà-
    Ruknaz dovette sorridere, quello sciocco di Kretrak aveva un campione fin troppo efficiente
    -credi si meriti questo?-
    -mia sorella lo merita-
    Un’ombra cadde di colpo sul volto del re, come una nuvola nera che oscura il sole, e non riuscì a trovarne un motivo
    -tua sorella è vincolata ad una speranza ed un oracolo-
    -padre...-
    Re Ruknaz si alzò, di colpo troppo stanco per continuare quel colloquio
    -torna alla festa, Zhunfar, la guerra è troppo vicina per le mie lamentele-
    Il re si ritirò nelle sue stanze, Zhunfar rimase impalato al centro della stanza, il cuore gonfio di un’ansia che non voleva mostrare a suo padre
    -tornerò padre, sarai fiero di me-
  15. .
    Un saluto a tutti, mi sono appena iscritta.
    Sono un'autrice che predilige fantasy, fantascienza ed avventura, ma ho una passione per le sfide che sfocia quasi nel malsano e sono aperta ad ogni nuova opzione. Ho 24 anni ed il mio username è una deformazione del nome d'arte del mio self-insert.
    Dopo una piacevole svolta nella mia vita, ho avuto la fortunata possibilità di dedicarmi totalmente alla scrittura ed ora, a parte leggere, non faccio altro. Al momento sto completando il mio secondo romanzo, un urban, per dedicarmi poi a qualcosa di profondamente dark.
    Le mie letture preferite sono (ovviamente) fantasy, ma anche thriller, romanzi d'avventura, biografie (quando meritano) e manga che seguano questi stessi temi.
    Sono una metallara senza speranza, con un'inguaribile passione per il gotico e per il medievale. A questo proposito, da anni ormai pratico la scherma storica, uno sport che ha reso il mio modo di scrivere fantasy molto più realistico e dettagliato.
    Non sapendo che altro dire, termino qui.
    Di nuovo ciao a tutti.
615 replies since 7/1/2012
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