Di poeti maledetti e insegnanti avvenenti

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    Le solite civette che se non mettono il becco non sono contente, mi raccomando. Oscar ormai si è aperto. Ha detto che gli interessa di più quando Aurora non ha i vestiti e poi con gli amici fa il finto tonto. Tipico degli scrittori comunque, ammetto che anche io a volte tendo a a farlo.
     
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    "Le vittime del devastante incidente sono il guidatore Niccolò Pizzi, di anni trentuno, e Giuliana Rossi, di anni trentasei, seduta sul sedile del passeggero. Dalle ricostruzioni, sembra che l'automobile di Pizzi sia uscita improvvisamente di strada, in un tratto sprovvisto di guard-rail..." stava leggendo Aurora, non per la prima volta, nel momento in cui il campanello suonò. Doveva essere Oscar e doveva essere arrivato in anticipo. Aveva qualche istante per nascondere il giornale - giorni prima, a casa di Nora, avevano passato in rassegna tutti i quotidiani che i genitori della sua amica avevano conservato, trovando ciò che cercavano - quindi si affrettò a infilarlo nell'ultimo cassetto del comodino, sotto agli altri due sui quali c'era un piccolo accenno ai fatti, dopo averlo accuratamente chiuso. Se Oscar l'avesse trovato, avrebbe dovuto sfogliare numerose pagine prima di trovare la notizia che Aurora aveva appena riletto.
    "E poi, perché dovrebbe mettersi a frugare nei miei cassetti?"
    Si diresse verso la porta e, quando attraverso il citofono, si accertò che si trattasse proprio di Oscar, aprì e attese che salisse. Avevano deciso di andare al cinema, quella sera, ma prima gradiva fargli vedere l'appartamento nel quale abitava, anche se sapeva che non avrebbe ricevuto, almeno per il momento, la stessa cortesia.
    Rimase sullo stipite e lo accolse con un sorriso, che Oscar ricambiò.
    «Che piacere rivederti. Mi sei mancata, in questi giorni.»
    «Di già?»
    «Perché, io non sono mancato a te?»
    Aurora continuò a sorridere.
    «Sì, ma adesso sei qui, quindi non avrebbe senso sprecare tempo a ripetere quanto abbiamo sentito la mancanza l'uno dell'altra.»
    Oscar varcò la soglia richiudendo la porta.
    «Cos'hai fatto in questi giorni?»
    «Ho cercato di godermi una tranquillità che presto finirà» rispose Aurora, il che non era del tutto inesatto, si trattava solo di omettere le ricerche effettuate per scoprire dove e in che circostanze fosse morto il coinquilino di Oscar. «Non manca più tanto, tra un po' dovrò tornare a scuola.»
    «E sei già preoccupata?»
    Aurora rise.
    «Sì, forse anche di più di quanto non lo siano i miei allievi. Tu, invece, cos'hai fatto?»
    «Niente di che» ammise Oscar. «Sono un po' fermo, con tutti i miei progetti. La prossima settimana dovrò vedere l'editore, che sarà insistente come sempre.»
    «Insistente per leggere qualcosa di tuo o per leggere qualcosa di Olivia Passante?»
    «Credo qualcosa di entrambi. Dovrò fare il lavoro di due persone per accontentarlo.»
    «E oltre il lavoro? Hai fatto qualcosa di interessante?»
    «Ho incontrato dei miei amici, che non vedevo da un po'. Tu?»
    «Ho visto un paio di volte una collega.»
    «Insegna anche lei matematica?»
    «No, è una professoressa di francese.»
    «Giovane come te?»
    «Abbiamo poca differenza di età. Come mai tutto questo interesse? Devo pensare che tu abbia un debole per le insegnanti in generale?»
    Oscar le strizzò un occhio.
    «Solo per quelle carine come te. Com'è questa prof di francese?»
    «È una bella ragazza» ammise Aurora, «Ma fuma come una ciminiera. Mi è parso di capire che il fumo non piaccia neanche a te.»
    «Mi dà abbastanza fastidio, in effetti» rispose Oscar. «Il mio ex coinquilino fumava, per fortuna non tanto, e alla fine avevamo concordato che fumasse solo fuori. Penso che in quel periodo non ce la facesse a pagare le spese da solo, quindi temesse che me ne andassi lasciandolo nella merda. Deve avere accettato per questo.»
    Solo una settimana prima, Aurora avrebbe cercato di estorcergli qualche altra informazione. Leggendo e rileggendo gli articoli di giornale che aveva trovato, aveva dedotto che non ci fossero ombre nel passato di Oscar: semplicemente il suo coinquilino era morto in un grave incidente d'auto, insieme a una donna che era stata descritta dalle cronache locali come la promessa sposa del suo ex datore di lavoro - secondo quanto riportato dal giornale, era plausibile che Nico la stesse accompagnando in macchina a svolgere qualche commissione, per guadagnare qualche soldo. Era comprensibile che Oscar non desiderasse parlare della scomparsa dell'amico, anche se quanto narrato dai quotidiani non spiegava i contenuti della poesia che aveva abbozzato come dedica nei suoi confronti. Quei versi, ricordava Aurora, le avevano dato l'impressione che tra Oscar e Nico fosse rimasto qualcosa di non detto, consapevolezza che doveva ancora tormentare Oscar.
    In quel momento lo stesso Oscar ruppe il silenzio, non per continuare a parlare del suo ex coinquilino, quanto piuttosto per distogliere l'attenzione dai suoi confronti.
    «Posso vedere la casa?»
    «Sì, certo. Scusa se ti ho fatto rimanere lì imbambolato davanti alla porta.»
    «Non fa niente, eri tu quella imbambolata» ribatté Oscar, avviandosi lungo l'ingresso e iniziando a sbirciare dentro le stanze. «Dopotutto non mi stupisce, deve essere l'effetto che ti faccio fin dal primo momento.»
    «Non dire assurdità» replicò Aurora. «Sono perfettamente in grado di comportarmi in modo normale quando sono insieme a te.»
    Oscar si girò a guardarla.
    «Dipende tutto da cosa significa per te comportarti in modo normale. Se ti riferisci al fatto che non mi sei ancora saltata addosso per spogliarmi, allora sì, ti stai comportando in modo normale, ma la normalità mi sembra un po' sopravvalutata.»
    «Vorresti che ti saltassi addosso?»
    «Perché no?»
    «E il cinema?»
    «Possiamo andare allo spettacolo successivo.»
    «Finisce tardi.»
    «Non mi spaventa l'idea di fare tardi, se è per una giusta causa. Comunque, bella cucina.» Oscar si affacciò alla porta successiva. «Anche un bel soggiorno, devo dire. È tutto così straordinariamente in ordine. Si vede perfettamente che in questa casa non ci vive un uomo.»
    Aurora ridacchiò.
    «Non sono affatto sicura che gradirei la presenza di un uomo che mi mette in disordine la casa.»
    «Io mi comporterei bene» puntualizzò Oscar. «Insomma, non penso che sarei preciso tanto quanto te, ma sono sicuro che riuscirei a non fare devastazioni.»
    «Mi stai esponendo il tuo curriculum, per caso?»
    «Per candidarmi come tuo convivente? Potrebbe essere un'idea.» Oscar proseguì ancora la propria perlustrazione. «Hai anche una bella camera da letto.» Si introdusse dentro la stanza e dall'interno confermò: «Sì, proprio bella.»
    Aurora lo raggiunse.
    «Però non metterci troppo tempo a passarla in rassegna. Ti ricordo che dobbiamo andare al cinema.»
    «Va bene, mi arrendo.»
    Uscirono di casa pochi minuti dopo e si recarono a vedere il film che avevano scelto. Alla fine, quando uscirono, concordarono sul fatto che avrebbero impiegato meglio il loro tempo in un altro modo: non era stato molto interessante.
    Salirono in macchina e, prima che Aurora facesse in tempo ad accendere il motore, Oscar osservò: «Mi ha fatto piacere che tu non ricominciassi con le tue domande, quando ti ho menzionato Nico, prima a casa tua.»
    Aurora, che stava per girare la chiave, lasciò perdere. Rimasero a parlare, nel parcheggio, proprio di quell'argomento.
    «Mi sono resa conto di essere stata un po' invadente, la settimana scorsa. Poi ho capito che non ti faceva piacere parlarne e che era stato un errore.»
    «No, non è stato un errore. È normale che tu abbia un po' di interesse nei miei confronti, che ti interessi il mio passato. Sono stato io che, forse, avrei dovuto essere più chiaro.»
    «No, davvero, non c'era bisogno che mi spiegassi alcunché. Non devi sentirti obbligato a raccontarmi ogni dettaglio del tuo passato.»
    «Ti assicuro, comunque, che non volevo nasconderti niente. Nico è morto, tutto qui. Mi manca un sacco e a casa mia tutto parla di lui. Immagino che ti chiederai perché non me ne vada...»
    «Veramente no, non me lo sono chiesta.» Era vero, Aurora si era fatta molte altre domande, ma non quella. «Immagino si tratti di una scelta tua, e non devi rendermi conto del posto in cui abiti.»
    «La verità è che non mi sento pronto» le confidò Oscar. «Prima o poi sarei andato via, anche se Nico non fosse morto, ovviamente. Aveva dei debiti da pagare, ma lo stavo aiutando. L'avrei aiutato anche a trovarsi un lavoro stabile, avrei fatto tutto quello che potevo. Poi, è andata com'è andata, all'improvviso. Non me lo aspettavo, è stato uno shock.»
    «Posso immaginarlo.»
    «Non sono pronto nemmeno per comprarmi una nuova macchina. Quella che avevo prima, la stava guidando lui quando ha avuto l'incidente.»
    Aurora lo sapeva, grazie a quanto letto sul giornale, ma preferì fingere di non esserne informata.
    «Quindi questo spiega perché non hai una macchina.»
    «Esatto. Forse troverai stupido questo mio atteggiamento...»
    Aurora non lo lasciò finire.
    «Atteggiamento stupido? No, affatto. Anzi, mi sembra una reazione abbastanza normale.»
    «Mi fa piacere sentirtelo dire. Purtroppo non ci sono molte persone alle quali posso confidare come mi sento, forse nessuno potrebbe capirmi. So che è banale e scontato da dire, ma sei diversa. Con questo non voglio dire che tu sia una persona speciale e che tutto il resto del mondo faccia schifo, questo no, mi sembra una sciocchezza da romanzo rosa per ragazzine. Non sei l'unica donna speciale al mondo, ma sei l'unica che riesce a comportarsi in modo speciale con me.»
    «Veramente non ho fatto nulla di straordinario. Mi sono solo intromessa un po' troppo nella tua vita.»
    «E io apprezzo la tua intromissione. Sai, se ci fosse ancora Nico, forse capirebbe quello che sento per te.»
    «Nico aveva una fidanzata?»
    «Purtroppo no.»
    «Perché purtroppo? Non voglio essere scortese, ma se era destinata a perderlo...»
    «Sì, capisco quello che vuoi dire, visto com'è andata a finire, è stato meglio così. Parlo, però, di quando era ancora vivo. Di fatto era entrato in fissa con una donna che gli piaceva e non riusciva più a togliersela dalla testa.»
    «Amore non corrisposto?»
    «Nico pensava di essere corrisposto.»
    «Quindi, fammi capire, tormentava questa persona?»
    «Oh, no, per niente!» replicò Oscar, secco. «Nico non tormentava nessuna, né si comportava in modo ossessivo con quella donna. Anzi, Giuliana sembrava interessata a lui, ma in realtà si doveva sposare con un altro e non avrebbe mai preso in considerazione Nico. Non so dire se le piacesse, ma non volesse stare con lui perché non aveva una lira, oppure se le facesse credere di apprezzarlo solo per prenderlo in giro o perché voleva sentirsi amata.»
    Ad Aurora non sfuggì il nome pronunciato da Oscar: si chiamva Giuliana anche l'altra vittima dell'incidente. Non si sarebbe affatto stupita, se si fosse trattato della stessa persona.
    Non disse nulla, quindi Oscar proseguì: «Gli ho consigliato un sacco di volte di lasciare perdere, per evitare di ritrovarsi coinvolto in situazioni imbarazzanti, specie considerato che una volta Nico lavorava per il fidanzato di Giuliana, ma non è servito a niente. Anzi, a un certo punto, negli ultimi tempi, spesso andava a fare qualche piccolo lavoro a casa da lei per arrotondare. Giuliana ne approfittava per pagarlo di meno di quanto avrebbe pagato altri.»
    «Quindi» dedusse Aurora, «Nico non ha mai lasciato perdere e, alla fine, era ancora convinto che un giorno questa Giuliana l'avrebbe ricambiato.»
    «Non so come sia andata esattamente, so solo che Giuliana è morta in macchina insieme a lui. Non aveva la patente, era probabile che avesse chiesto a Nico di accompagnarla a fare la spesa, o qualcosa del genere, non sarebbe stata la prima volta. Non so dove stessero andando, non ne ho la più pallida idea. Nico non frequentava la zona in cui è morto e non saprei dirti perché stesse portando Giuliana proprio da quelle parti.»
    «Cos'è successo?»
    «È uscito di strada, finendo in uno strapiombo, e nessuno a parte Nico sa come ci sia riuscito. Sia lui sia Giuliana sono morti sul colpo.»
    «Mi dispiace.»
    «Almeno non è durata molto. Dal momento in cui è finito fuori strada a quello in cui è morto devono essere passati pochi secondi. Mi auguro che non abbia fatto in tempo a realizzare cos'era successo.»
    Non dissero altro per qualche istante, rimanendo in silenzio dentro al parcheggio. Aurora non sapeva cosa dire, ma per fortuna fu Oscar a rompere il silenzio.
    «Cosa facciamo adesso?»
    «Ti porto a casa?»
    «È presto, non sono neanche le undici.»
    «Intanto possiamo andare in là» suggerì Aurora. «Non ho detto che, dopo averti accompagnato, devo andarmene via subito.»
    «Se stai cercando di autoinvitarti a casa mia, non attacca» ribatté Oscar. «Ti ho detto come la penso.»
    «Non ti ho chiesto di salire a casa tua.»
    «Né saresti particolarmente interessata a vedere l'appartamento, se salissi, immagino.»
    Aurora avvampò.
    «Mi stai mettendo in bocca parole che non ho detto.»
    «Quando eravamo al mare, non vedevi l'ora di entrare nel mio letto» replicò Oscar. «Mi viene spontaneo pensare che la situazione non sia cambiata.»
    Aurora azzardò: «Non è necessario un letto. Ce l'hai un garage o una cantina?»
    «Ho una cantina, ma...» Oscar rise. «No, dai, piuttosto andiamo a casa tua. Poi, se non hai voglia di accompagnarmi, prendo un taxi.»
    «Peccato» ribatté Aurora. «L'idea della cantina mi attizzava.»
    «Solo perché non hai visto la cantina. Ti assicuro che la tua stanza da letto è mille volte meglio.»
    Aurora si arrese.
    «E va bene, allora andiamo da me.»
    Avviò finalmente il motore e si allontanò dal parcheggio di fronte al cinema. Percorsero quasi tutto il tragitto il silenzio, un po' come se Oscar non volesse disturbarla mentre era al volante. Erano appena entrati in cortile, quando Oscar le chiese: «Cosa facciamo domani e domenica?»
    «Non è meglio pensare a come finire la serata?» obiettò Aurora. «Mi sembrava che avessimo dei piani ben precisi.»
    «Sembra anche a me» concesse Oscar, «Ma non vorrei che ci sfuggisse che abbiamo un weekend davanti. Hai da fare? Ti va di vederci anche domani e domenica?»
    «Certo che mi va di vederti» rispose Aurora. «Decidi tu cosa vuoi fare. Non sono sicura che avrei delle proposte interessanti.» Le venne da ridacchiare. «Per il momento sto ancora pensando alla tua cantina.»
    «Se vuoi venire a riordinarla, sei la benvenuta!» ribatté Oscar, spalancando la portiera e scendendo. «Va bene, ci pensiamo in un altro momento.»
    Aurora lo vide girare intorno alla macchina e si affrettò ad aprire la portiera e a scendere.
    «Che intenzioni hai?»
    «Mi è stato insegnato che gli uomini galanti aprono lo sportello alle loro partner.»
    «Non è necessario. Accanto a me non voglio un uomo che mi apra la portiera della macchina e che mi tenga aperte le porte.»
    «Che tipo di uomo vuoi?»
    «Uno che corra con me, per fare a gara a chi arriva primo alla porta.»
    Oscar rise.
    «Ti adoro, prof. E ora sbrigati a chiudere la portiera della macchina. Non mi piacerebbe cercare di barare iniziando a correre verso il portone prima di te.»
    Quella di Aurora era stata solo una battuta, ma fu piacevolmente sorpresa nello scoprire che Oscar l'aveva presa sul serio. Si lanciarono entrambi verso il portone e fu costretta ad accodarsi, rischiando anche di inciampare sui tacchi.
    Risero insieme, mentre Aurora rovistava dentro la borsa alla ricerca delle chiavi di casa.
    «Ti adoro anch'io» gli rispose, finalmente, prima di avvicinarsi a lui e baciarlo.
    Mentre saliva le scale, si chiese come avesse fatto a non sentire mai la mancanza di qualcosa, nella sua vita, prima di rivedere Oscar la settimana precedente. Fu un pensiero che non durò molto: la serata era ancora lunga e non valeva la pena di sprecarla con inutili elucubrazioni.
     
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    Non male la battuta sulla portiera! Anche io decisamente preferisco le donne così. Nel senso che ok che era una battuta, ma di cui il significato è ben chiaro. E quindi il mistero su Nico si sta a mano a mano svelato. Chissà perché però in questa storia ci sono tante situazioni di chi è già sposato, si deve sposare ecc o.o Comunque sia aver pensato alla cantina è qualcosa di veramente selvaggio, ormai questi due sono più spinti pur con i propri caratteri e modi.

    Quel "Ti adoro anch'io" comunque mi ha fatto sobbalzare! :woot: <3
     
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    Diciamo che sia Aurora sia Oscar, ciascuno a proprio modo, si sentono stretti dalle convenzioni sociali. Tuttavia, invece di fare come quelli che si credono dei verihhhh ribbbbbellihhhh, che si oppongono di default a tutto ciò la maggior parte della gente ritiene opportuno, finiscono per essere se stessi.

    Sul fatto che stiano diventando sempre più spinti... direi di sì, di solito questo genere di tematiche non fanno molto parte dei miei racconti, ma stavolta ho voluto spingermi in un campo dal quale ero sempre stata abbastanza lontana.
    Tuttavia volevo evitare a tutti i costi la trash-trama uomo donnaiolo + donna puritana. Seppure abbiano vissuto in modo molto diverso dal punto di vista sentimentale, prima di iniziare a frequentarsi, avevano comunque una linea di fondo comune, quello del non volersi impegnare con persone che per loro non significassero nulla.
    Il fatto che Oscar si sia lasciato andare a relazioni occasionali e Aurora no, per come li ho immaginati, dipende dal fatto che Oscar sentisse la mancanza di qualcosa nella propria vita, mentre Aurora no, sentendosi mediamente più soddisfatta della propria esistenza.

    Il mistero di Nico sta venendo alla luce, ma ci sarà molto altro da dire. Diciamo che, da un certo momento in poi, la parte di mistero tenderà a prendere il sopravvento su quella sentimentale, anche se ci saranno comunque momenti romantici.

    Grazie per il commento e per l'attenzione che stai dedicando a questo mio lavoro. *-*
     
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    Colpisce come Aurora sia indipendente, cosa sicuramente non tipica nella realtà. In genere le donne, appena trovano buon partito o comunque un uomo, si accollano. Inoltre l'hai formata come insegnante di matematica, quindi come una che sa il fatto suo. Diversamente, Oscar ci sta che abbia avuto relazioni occasionali. La sua è la figura del "poeta maledetto", quindi deve per forza aver fatto certe cose, cavolate e avere alle spalle un trauma, che probabilmente è quello su Nico. Vediamo dove vai a parare.

    Ah beh, qui leggo anche perché se vado sui social a vedere cosa c'è mi viene il latte alle ginocchia. Bleah!
     
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    Da "cat lady senza gatti" quale sono, mi piace rappresentare protagoniste femminili che non sentano strettamente la necessità di non avere una partner accanto, non per aderire a qualche dettame femminista che di fatto sarebbe un condizionamento esterno tanto quanto la pressione per trovare un partner a tutti i costi, quanto piuttosto perché non la sentano come un'esigenza.

    Per Aurora l'amore è la persona giusta o niente, e la persona giusta non è qualcuno che vada in qualche modo cercato o atteso, è proprio qualcuno che può capitare oppure non capitare, e prima che faccia la propria comparsa, di fatto non manca perché la sua esistenza è soltanto teorica.
    Anche il fatto che nella sua precedente relazione avesse accettato di non "consumare" è legato a questo aspetto: il precedente fidanzato, destinato al dimenticatoio al punto da non essere nemmeno mai citato per nome, era forse frutto di una pressione sociale giovanile a fidanzarsi, pressione alla quale aveva ceduto, ma senza provare una vera attrazione per costui.

    Nel passato di Oscar, segreti ce ne sono, così come una costante sensazione di insoddisfazione, che emergerà in un secondo momento. La vicenda di Nico in qualche modo l'ha segnato, ma non intendo spoilerare!
     
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    Proseguo a leggere a questo punto. Vediamo cosa tiri fuori! E sai già che difficilmente la prosa mi appassiona o.o
     
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    In apparenza era solo un lunedì come tanti, ma a Oscar bastava ripensare al fine settimana con Aurora per comprendere che non era un lunedì come tutti gli altri. Nessun giorno, ormai, era più come quelli precedenti, nonostante in apparenza fosse un pensiero banale. Non avrebbe saputo dire fino a che punto la sua vita si fosse trasformata di colpo nell'arco di dieci giorni, ma sentiva dentro di sé i segni del cambiamento. Non si pentiva di nulla, forse solo di avere trascorso l'intero fine settimana insieme ad Aurora senza mai trovare un ritaglio di tempo in cui mettersi al lavoro e produrre qualcosa - qualsiasi cosa - che potesse permettergli di fare bella figura con l'editore, con il quale aveva appuntamento proprio quella mattina.
    Il posto era facilmente raggiungibile, non c'era alcun bisogno di chiamare un taxi. Per quella ragione si diresse alla fermata dell'autobus più vicina, controllando quanto mancasse all'arrivo del successivo mezzo utile. Se non ci fossero stati ritardi, otto minuti. Se ci fossero stati ritardi, invece, chissà, forse era ancora in tempo per l'autobus precedente.
    Si sedette sulla panchina sotto la pensilina e rimase in attesa, senza pensare. Quando udì un clacson che suonava, pensò per prima cosa a un automobilista che si lamentava a quel modo della manovra azzardata di un ciclista o di un pedone, se non addirittura di un'altra macchina. Poco dopo, però, il colpo di clacson si ripeté.
    «Vuoi un passaggio?» chiese una voce femminile.
    Oscar alzò gli occhi. Non c'erano altre persone, oltre a lui, alla fermata, quindi la possibilità che quella donna si stesse rivolgendo proprio a lui non solo non era assurda, ma era anche del tutto probabile.
    L'automobile era una piccola utilitaria di colore grigio metallizzato e gli servì solo qualche istante - il tempo di mettere a fuoco - per riconoscere la guidatrice.
    «Emilia!» esclamò. «Cosa ci fai qui?»
    «Sali» lo invitò Emilia.
    Oscar si alzò in piedi e, seppure riluttante, si diresse verso l'auto. Udì altri clacson. C'erano un paio di macchine stazionarie dietro a quella di Emilia e da quelle si alzavano le proteste. Si affrettò a salire a bordo: prima si fossero levati di torno e prima la situazione sarebbe tornata alla normalità.
    «Dove ti porto?» chiese Emilia, mentre Oscar si allacciava la cintura di sicurezza.
    Si mise nuovamente in marcia, anche se fu costretta a fermarsi solo un centinaio di metri più avanti: erano giunti a un incrocio sul quale svettava un semaforo rosso.
    «Dovrei andare dal mio editore.»
    «Dove si trova?»
    Oscar le spiegò in quale zona avrebbe dovuto recarsi.
    Emilia comprese al volo.
    «Va bene, perfetto, ti ci porto subito, poi magari posso anche rimanere ad aspettarti. Ne avrai per molto?»
    «Non so» ammise Oscar. «Dipende da quanto a lungo dovrà lamentarsi e minacciarmi di stracciare il nostro contratto.»
    «Non c'è problema, ti posso aspettare.»
    «Non devi andare al lavoro?»
    «È lunedì.»
    «Appunto.»
    Emilia ridacchiò.
    «Noi parrucchieri siamo chiusi, al lunedì.»
    «Oh, non ci avevo pensato. E tuo figlio?»
    «Ci pensa la mia ex suocera.» Emilia sbuffò, perché il semaforo era già verde, ma le auto in colonna davanti a lei non sembravano muoversi. «Stanno tutti dormendo, qua? O c'è qualche fesso che non sa dove deve andare?»
    Il probabile fesso in questione decise da che parte svoltare, permettendo al traffico di riprendere a scorrere.
    Oscar osservò: «Non sapevo che la madre del tuo ex marito avesse tempo per tuo figlio.»
    «La madre del mio ex marito è sempre stata una santa donna» ribatté Emilia. «Mi ha aiutata tantissimo, quando...» Si interruppe, forse per non pronunciare il nome dell'uomo che aveva fatto parte della sua vita e che ne era uscita. «Quando avevo bisogno di soldi per il bambino e il mio ex marito non li aveva, oppure quando avevo bisogno di qualcuno che lo tenesse mentre ero al lavoro, ma i miei genitori non potevano.»
    «La madre, quindi, non somiglia al figlio.»
    «No.»
    «Mi dispiace che tu abbia incontrato un simile stronzo.»
    Emilia sospirò.
    «Non era così stronzo, a dire il vero. Ha solo fatto tante scelte sbagliate e queste gli si sono ritorte contro.»
    Oscar azzardò: «Dov'è adesso?»
    «Preferirei non parlarne, se per te non è un problema.»
    «No, figuriamoci, perché dovrebbe essere un problema? Anzi, scusa se non sono stato indiscreto. Non avrei nemmeno dovuto chiederti dove fosse tuo figlio. Solo, dato che le scuole non sono ancora iniziate, mi era venuto il dubbio.»
    Emilia ribatté: «Non è un problema. Penso sia normale che la gente parli del più e del meno. Non hai idea di cosa mi chiedano le clienti, di tanto in tanto. Se ne escono con le domande più assurde, e il bello in tutto ciò è che vorrebbero sentirsi fare le stesse domande.»
    «E tu» replicò Oscar, «Cosa fai? Le accontenti o badi ai fatti tuoi?»
    «Una via di mezzo. Cerco di non essere troppo invadente, ma d'altra parte so che loro mi vorrebbero così e che, di conseguenza, mi vorrebbe così anche la titolare, al solo scopo di soddisfarle.»
    «Invadente senza esagerare, quindi.»
    «Esatto» confermò Emilia. «È un po' come se volessi sapere se, in questi giorni, ti sei incontrato con la professoressa castana di media statura, ma ci girassi intorno chiedendoti che cos'hai fatto nel fine settimana.»
    Oscar puntualizzò: «Non è un segreto, ho visto Aurora.»
    «Cos'avete fatto di interessante?»
    «Venerdì sera siamo andati al cinema.»
    «Che film avete visto?»
    «Non ricordo nemmeno il titolo. Faceva abbastanza schifo.»
    «Tempo sprecato, quindi.»
    «Ci siamo rifatti in altro modo.»
    Emilia girò lievemente la testa dalla sua parte, per guardarlo con la coda dell'occhio, mentre gli chiedeva: «L'hai portata a casa tua?»
    «È un modo per chiedermi se ci sono andato a letto?» replicò Oscar. «Non sono una delle tue clienti, puoi essere esplicita, se vuoi.»
    «Siete stati a letto insieme?»
    «Sì.»
    «A casa tua?»
    «No, a casa sua.»
    «L'hai già portata a casa tua?»
    «No.»
    «Posso chiederti come mai? È un bel posto, casa tua.»
    «È un po' un buco.»
    «Per uno come te posso immaginare.» Emilia tornò a concentrarsi sulla strada. «Dobbiamo andare da questa parte, vero?» chiese, indicando una via sulla loro sinistra. Mentre Oscar annuiva, riprese: «Non voglio essere scortese, ma mi è parso di capire che non te la passi male a soldi. Non mi aspetterei che uno con il tuo status possa abitare in un appartamento così piccolo. È poco più di un monolocale.»
    «Sono affezionato a quell'appartamento» rispose Oscar. «Ci ho vissuto dei bei giorni.»
    «Con un'altra donna? Una che è venuta prima di Aurora?»
    «No, con un amico. Ci dividevamo le spese e, di fatto, ci dividevamo la stessa stanza. Non dormivamo nello stesso letto, però.»
    Emilia mormorò: «Non mi aspettavo che uno come te abitasse in casa insieme a un estraneo.»
    Non aveva un tono molto convinto, ma Oscar preferì non indagare su cosa la turbasse. Si limitò a precisare: «Il mio coinquilino non era un estraneo.»
    «Lo conoscevi da molto?»
    «In un certo senso. Era un mio amico d'infanzia che a un certo punto ho incontrato per caso.»
    «Credi nel caso e nelle coincidenze, quindi?»
    «Non saprei darti una risposta. So solo che, di punto in bianco, me lo sono ritrovato davanti e l'ho riconosciuto, dopo tanti anni e quando meno me lo aspettavo.»
    «E immagino che ci sia una storia curiosa dietro al vostro incontro.»

    ******

    Oscar diede un'occhiata fugace e si preparò per uscire di casa, ma venne prontamente fermato da sua madre. D'altronde l'aveva chiamato da lei solo ed esclusivamente per fargli vedere come procedessero i lavori di ristrutturazione, non avrebbe avuto molte possibilità di evitare un lungo discorso in merito. Non pensava ci fosse molto da dire: tutto ciò che vedeva era un'impresa di imbianchini che stava tinteggiando le pareti. Non gli era rimasto impresso nulla, a parte uno degli operai dall'aria decisamente più maldestra rispetto ai suoi colleghi. Come fosse finito a imbiancare pareti rimaneva un mistero, era molto probabile che non fosse da molto che svolgeva quel lavoro, né che ci fosse molto portato.
    Non c'era molto da dire, ma sua madre voleva assolutamente sentirsi dire qualcosa, quando gli chiese: «Cosa ne pensi?»
    Oscar fu piuttosto vago.
    «Ho visto delle pareti imbiancate e alcune ancora da imbiancare, tutto qui.»
    «E cosa ne pensi?» insisté sua madre. «Come ti sembrano?»
    «Mi sembrano pareti dipinte di bianco» rispose Oscar. «Non c'è molto da dire, ti pare?»
    «No, certo, ma ti sembra che la ditta stia lavorando bene?»
    «Non saprei. Non me ne intendo per niente, sapranno loro quello che devono fare.»
    Un uomo di mezza età in tuta da lavoro uscì da quello che doveva diventare il soggiorno. Oscar vide sua madre fargli un cenno, come a chiedergli di avvicinarsi.
    «Oscar, ti presento il signor Carletti, il titolare dell'impresa.»
    «È un piacere» mormorò Oscar, senza metterci troppa convinzione. «Io sono Oscar Molinari.»
    «Sì, l'avevo intuito.»
    Prima che l'uomo potesse aggiungere altro - Oscar non aveva la più pallida idea di che cosa dire a un imbianchino - si allontanò, lasciando l'uomo in balia di sua madre, che iniziò a borbottare qualcosa.
    Oscar entrò in una delle stanze, percependo subito un odore di fumo. Non solo: l'imbianchino maldestro non doveva essere maldestro soltanto come imbianchino, dato che riuscì a farsi cogliere sul fatto mentre gettava un mozzicone di sigaretta fuori dalla finestra.
    Oscar si schiarì la voce per attirare la sua attenzione.
    L'altro si girò all'istante, guardandolo con aria spaesata.
    «Buongiorno, lei è il figlio della signora Molinari?»
    «Sì, esatto, e sono d'accordo con mia madre sul fatto che dentro casa nostra non si fuma, ma soprattutto non si gettano mozziconi in cortile dalle finestre. Quindi, per cortesia, queste cose le faccia stasera quando sarà a casa sua, se non vuole tornarsene a casa in anticipo.»
    L'imbianchino avvampò.
    «Ha ragione, mi scusi, non pensavo che...» Si interruppe, senza sapere cosa dire. «Non pensavo di...»
    «Non pensava che io la vedessi.»
    «Beh, non volevo dire questo.»
    «E ci mancherebbe altro.»
    L'altro abbassò lo sguardo.
    «No, davvero, le chiedo scusa. L'ho fatto senza pensare.»
    «Allora si sforzi di pensare di più» gli suggerì Oscar. «Lo dico per lei. Di solito chi pensa poco non finisce molto bene.» Era sul punto di voltargli le spalle e di andarsene, ma per un attimo gli parve che l'imbianchino fumatore avesse un'aria familiare. «Per caso ci siamo già visti da qualche parte io e lei?»
    «Mhm, no, non mi pare» rispose l'altro, senza alzare gli occhi.
    Proprio in quel momento, entrò nella stanza il titolare della ditta. Si rivolse a Oscar: «Tutto bene? Per caso c'è qualche problema?»
    «Oh, no» rispose Oscar, che non voleva causare alcun problema al dipendente. «Anzi, sono io che sono venuto a curiosare.»
    «Meglio così.» Il titolare si rivolse all'operaio, prima di allontanarsi. «Mi raccomando, Pizzi, non fare danni.»
    Oscar rimase in silenzio per qualche istante, poi azzardò: «Nico?»

    ******

    Quella di Emilia non era stata una banale osservazione, ma proprio una domanda alla quale aspettava una risposta. Oscar decise che non c'era nulla di male nel raccontarle come fosse andata.
    «Una storia da non crederci. Praticamente questo era il figlio di una signora che lavorava come governante a casa nostra, quando ero bambino, e quando non sapeva dove lasciarlo, sua madre lo portava con sé. Diventammo amici inseparabili, anche se poi, a un certo punto, sua madre si licenziò e se ne andò. Non ci vedemmo più, non sapevo nemmeno che fine avesse fatto.»
    Emilia osservò: «Del resto non mi stupisce, il figlio di una governante non doveva frequentare le stesse persone che frequentavi tu.»
    Oscar ignorò il suo commento.
    «Poi, circa tre anni fa, mia madre ha comprato una casa al mare, per passarci le vacanze. È il posto in cui ho rivisto Aurora dieci giorni fa, tra parentesi. Comunque ha chiamato una ditta a imbiancare ed è venuto il titolare insieme a tre suoi dipendenti. Due di loro erano bravi, ce n'era un terzo che non sembrava assolutamente del mestiere. Mentre stavo facendo un giro di perlustrazione l'ho beccato mentre fumava in casa, nonostante mia madre gliel'avesse sicuramente vietato, e quando ha finito la sigaretta ha anche buttato quello che ne restava dalla finestra.»
    Emilia osservò: «A volte lo faceva pure mio marito. Non hai idea di quanto mi incazzassi: ogni volta i vicini si venivano a lamentare con me del fatto che fosse un incivile. Per fortuna, con il tempo, ha iniziato a comportarsi in modo un po' più decente.»
    Oscar proseguì: «Anch'io, ovviamente, mi sono lamentato. Allora l'imbianchino ha iniziato a balbettare qualche scusa. Siamo praticamente stati colti sul fatto dal titolare, che mi è comparso dietro all'improvviso.»
    «Non oso immaginare cosa sia successo dopo. L'avrai fatto cacciare via a calci come minimo.»
    «No, per niente, non ho l'abitudine di mettere nei casini le persone, anche se si comportano in maniera non proprio ortodossa. Non ho detto niente al titolare, anzi, quando ha chiesto se il suo aiutante stesse dando problemi, ho negato nel modo più assoluto. Quando si è rivolto a lui chiamandolo per nome, mi è venuto un dubbio. O meglio, avevo già dei dubbi, mi sembrava di averlo già visto da qualche parte, ma finalmente ho avuto l'illuminazione. Allora gli ho chiesto se per caso era Nico, il mio amico d'infanzia... ed era lui.»
    «E come era finito a imbiancare casa a tua madre?»
    «Cercava lavoro ed era riuscito a spacciarsi per un imbianchino competente. Non è durato molto in quella ditta, ovviamente.»
    «Poi cos'è successo? Voglio dire, dopo che ti ha confermato di essere proprio lui.»
    «Gli ho detto che ero felice di vederlo e l'ho abbracciato. Era un po' spiazzato, ma ne è stato felice. Gli ho chiesto come mai non mi avesse detto nulla e avesse fatto finta di non conoscermi. In un primo momento ha detto di non avermi riconosciuto, poi mi ha spiegato che si sentiva in imbarazzo. Pensava che ormai le nostre strade si fossero separate definitivamente e che la mia vita non c'entrasse niente con la sua.»
    Emilia azzardò: «Ma infatti era proprio così, la sua vita non c'entrava niente con la tua.»
    «Su questo non hai tutti i torti» convenne Oscar, «Ma è anche grazie a lui che ho capito che non ero soddisfatto fino in fondo della mia esistenza e che c'erano alcune cose che volevo cambiare.»
    «E le hai cambiate?»
    «Sì.»
    «Ne sei stato soddisfatto, poi?»
    «Diciamo di sì.»
    «E Aurora?» volle sapere Emilia. «Si incastra bene nella tua vita attuale?»
    «Aurora si incastrerebbe bene in qualsiasi vita» replicò Oscar. «Su questo non ho dubbi.»
    «A proposito, siamo rimasti a venerdì, quando avete fatto sesso a casa sua» ricordò Emilia. «Com'è andata sabato?»
    Oscar precisò: «Siamo quasi arrivati. Devi prendere quella strada a destra, poi proseguire per duecento o trecento metri e...»
    Emilia lo interruppe: «Va bene, va bene, ma sabato cos'avete fatto?»
    «Siamo stati a cena insieme.»
    «E poi siete finiti a letto insieme di nuovo?»
    «No, siamo finiti a letto insieme prima di andare a cena.» Oscar ridacchiò. «È sempre meglio mettersi avanti con i lavori, non ti pare?»
    «E ieri?» volle sapere Emilia. «Cos'è successo ieri?»
    «Niente di che, solo una passeggiata in centro.»
    «Niente sesso?»
    «Lungo le vie del centro non era possibile.»
    «Quando vi rivedrete?»
    «Presto. È qui che devi svoltare.»
    «Sì, l'avevo capito.»
    «Non si sa mai.»
    Emilia si finse offesa.
    «Guarda che un'autista migliore di me difficilmente la trovi. Dove mi fermo?»
    «Un po' più avanti.»
    «Va bene, ti aspetto in macchina.»
    «Davvero, non importa» le assicurò Oscar. «Dopo posso prendere un autobus, o al più un taxi. Non mi sembra bello farti aspettare per almeno un'ora.»
    «Puoi sempre trovare un modo per farti perdonare» ribatté Emilia. «Non saprei, magari possiamo andare a pranzo insieme.»
    Oscar le fece un cenno.
    «Fermati qui.»
    Emilia accostò.
    «Allora, ci stai? Va bene il pranzo insieme?»
    «Va bene il pranzo insieme» accettò Oscar, «Ma offro io. Mi pare il minimo dopo che hai stravolto i tuoi impegni per me.»
    Si guardarono ed Emilia fece un radioso sorriso.
    «Non avevo impegni.»
    «Allora cosa ci facevi in giro in macchina vicino a casa mia?»
    Emilia gli strizzò un occhio.
    «A ciascuno i suoi segreti... perché tutti abbiamo dei segreti. Anche tu, ne sono certa.»
    Oscar fu scosso da un brivido, ma non lo diede a vedere.
    «Ci vediamo, Emilia. Vado a sentirmi dire che sono un fallito che meriterebbe di essere messo alla porta, poi torno.»
     
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    Ok, ho letto. Questi ultimi capitoli non li ho un attimo ricollegati. Questa Emilia come si intromette? Mi sembra una via di mezzo tra la civetta e tipo la segretaria innamorata del capo. E Nico? Che è successo? Era davvero lui? Come prosegue?
     
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    Emilia è già comparsa un paio di capitoli fa alla serata di Oscar con i suoi amici e cerca prepotentemente di entrare nella trama. Quale sia il suo *vero* ruolo lo si scoprirà più avanti! :f:
     
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    Sì infatti, era già comparsa come la civettuola di turno. Che va dietro ad Oscar ma non legge neppure quello che scrive. Per me sarebbe inconcepibile o.o Vediamo che ruolo avrà, allora.
     
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    Seduta in sala insegnanti, Aurora diede una rapida occhiata al compito che stava in cima a tutti gli altri. Non guardò il nome dell'allievo, ma lo riconobbe subito dalla grafia e dal fatto che non ci fossero errori apparenti. Se fossero stati così anche tutti gli altri ne sarebbe stata felice, ma non si faceva illusioni.
    Spostò il foglio, per passare a quello successivo. Non poteva esserci più differenza: anche quello studente fu riconosciuto in breve tempo da Aurora, senza leggerne il nome, per tante ragioni, nessuna delle quali positiva.
    Era immersa nella propria attività, tanto da non accorgersi di una presenza alle proprie spalle, almeno finché non udì la voce di Nora.
    «Come procede? I tuoi piccoli Pitagora ti stanno dando soddisfazioni?»
    Aurora alzò lo sguardo.
    «Possiamo cambiare discorso?»
    «Non sono diventati dei geni, quindi» dedusse Nora. «Che strano, non l'avrei mai detto.»
    «Alcuni se la cavano bene» chiarì Aurora. «Purtroppo sono troppo pochi.»
    «Non si può avere tutto, nella vita» ribatté Nora, scostando la sedia accanto alla sua e accomodandosi. «Quando la vita privata riserva solo momenti di gioia, allora quella professionale va incontro a delusioni.»
    Aurora puntualizzò: «Va bene tutto, va bene sentirsi coinvolta, ma alla fine dell'anno non sarò io quella che sarà bocciata o rimandata, quindi forse è qualcun altro che dovrebbe darsi una svegliata.»
    Nora sentenziò: «Lo dico sempre, secondo me sei tu che non sai come prenderli. Non fraintendermi, non sei la sola, ma i ragazzi hanno bisogno di essere coinvolti.»
    «E credi che non faccia niente per coinvolgerli?»
    «Effettivamente non puoi farci molto, insegni una materia noiosa.»
    Aurora si irrigidì.
    «La matematica non è affatto noiosa.»
    «Non ha applicazioni pratiche nella vita.»
    «Ne ha molte di più di quante tu possa pensare.»
    «Ma infatti il problema è proprio quello: non viene spontaneo pensarlo. Paradossalmente, per me è molto più facile: mi basta ricordare ai miei alunni che parlare altre lingue oltre all'italiano un giorno permetterà loro di rimorchiare turisti e turiste stranieri che conosceranno in vacanza.»
    «Hai sempre in mente solo una cosa.»
    «Sì, lo ammetto.»
    «È curioso che tu non sia ancora fidanzata. Se mettessi in pratica quello che dici, dovresti saltare letteralmente addosso a ogni uomo presentabile che incontri.»
    Nora ammise: «Non sono tanto spigliata quanto mi piacerebbe. Piuttosto, il tuo scrittore non ha qualche amico da farmi conoscere?»
    «Non saprei» rispose Aurora. «Non conosco i suoi amici.»
    «Ne avrà, comunque. Avrà degli amici vivi, intendo dire, e magari ricchi sfondati come la sua famiglia.»
    «Non penso che Oscar frequenti volentieri le persone che vedeva anni fa, quando i suoi genitori avevano ancora qualche genere di controllo su di lui. Mi ha raccontato che si è sempre sentito un pesce fuori dall'acqua e che il suo incontro con Nico gli ha fatto aprire gli occhi e capire che doveva cambiare qualcosa.»
    «E di quel Nico ti ha detto qualcos'altro?»
    «Non tanto.»
    «Ne parlate spesso?»
    «No, nelle ultime settimane è capitato un paio di volte.»
    «Stai ancora facendo qualche ricerca? È passato un mese, ormai.»
    Aurora scosse la testa.
    «No, non sto facendo ricerche, perché non ho motivi per farne. So che è morto in un incidente stradale e che insieme a lui c'era una donna che gli piaceva, ma con la quale non aveva una relazione. O quantomeno, con la quale non aveva una relazione ufficiale, che cosa facessero nel privato Nico e quella donna non siamo tenuti a saperlo. Oscar, tuttavia, è convinto che tutto quello che c'era fosse solo ed esclusivamente nella testa di Nico.»
    «Quindi» dedusse Nora, «Ti sei convinta che non ci sia niente di interessante da scoprire e hai lasciato perdere. Non è da te. Ti immaginavo più determinata e combattiva.»
    «Non è questione di essere determinata e combattiva. Quando ho sentito parlare di Nico per la prima volta, mi sono incuriosita perché aveva fatto parte della vita di Oscar. Adesso, però, so che cosa rappresentasse per lui. Non ci sono segreti, è soltanto un'amicizia del passato, senza nulla di nascosto.»
    «Rimane il fatto che Oscar sia sempre molto vago, quando parla di lui, o sbaglio?»
    «Non sbagli, ma non perché mi stia nascondendo qualcosa. È tutto molto semplice: la sua perdita è una ferita ancora aperta e preferisce tenersi dentro quello che prova. Non posso obbligarlo ad aprirsi, se non lo desidera. Io stessa preferisco non parlare di certe questioni. È giusto così: io e Oscar abbiamo una buona intesa, ma questo non significa che dobbiamo per forza dirci tutto.»
    Nora scosse la testa.
    «Scusa se dissento, ma per me sbagli. Se ciascuno si tiene tutto per sé, che coppia siete?»
    «Siamo due persone distinte, prima di essere una coppia» replicò Aurora. «Non fraintendermi, non mi piacerebbe se Oscar mi nascondesse cose che riguardano anche me, così come non mi sentirei a mio agio a nasconderne a lui. Qui, però, stiamo parlando di un legame che non mi riguarda, tra Oscar e un amico che non ho mai conosciuto e non potrò mai conoscere. Nico faceva parte della vita di Oscar quando non c'ero io e, in tutta sincerità, non me la sento di volere fare parte anche del suo passato. Mi basta esserci nel suo presente.»
    «E nel presente» chiese Nora, «Va tutto bene?»
    «Sì, non mi posso lamentare» rispose Aurora. «Sto bene con lui e mi pare di capire che Oscar stia bene con me.»
    «Sta lavorando a qualche progetto, adesso?»
    «Sì.»
    «Ti ha svelato qualcosa?»
    «Non tanto, ma lo capisco. Si tratta del suo lavoro.»
    «È uno scrittore, non è un lavoro come tutti gli altri.»
    Aurora ridacchiò.
    «Lo ammetto, è più interessante di che quello che faccio io, ma io stessa non gli racconto nel dettaglio del mio lavoro. Penso che a Oscar non interesserebbe più di tanto scoprire che rapporto abbiano con la matematica i miei studenti e, allo stesso tempo, tiene per sé quello che fa. Magari pensa che potrei annoiarmi e preferisce evitare di raccontarmi dettagli.»
    «Hai letto il suo precedente romanzo?»
    «Sì, me ne ha regalata una copia un paio di settimane fa.»
    «E ti è piaciuto?»
    Aurora sospirò.
    «Nora, non c'è alcun bisogno di fingere interesse per cose che ti sono del tutto indifferenti. Vuoi sapere se facciamo sesso di frequente e magari quanto di frequente, e dove, giusto? Non c'è bisogno di introdurre l'argomento così da lontano.»
    Nora sbuffò.
    «Per una volta che non ti stavo chiedendo dei vostri rapporti, devi sempre pensare male!»
    «Però impazzisci dalla curiosità, giusto?»
    «Sì, impazzisco dalla curiosità. Quand'è stata l'ultima volta che l'avete fatto?»
    «Ieri sera, quando è venuto a trovarmi.»
    «Ha anche dormito da te?»
    «No.»
    «E tu sei stata a casa sua, di recente?»
    «No, non ci sono ancora stata.»
    «Peccato, mi sarebbe piaciuto sapere com'è casa sua.» Nora rise. «Purtroppo, per calmare la mia sete di dettagli, dovrai raccontarmi quelli più scabrosi.»
    Aurora le scoccò un'occhiata gelida.
    «Non ci pensare nemmeno, non ho la minima intenzione di descriverti nel dettaglio quello che facciamo a letto insieme.»
    «Sei proprio certa di non volermi raccontare niente?»
    «Nora, piantala! Possibile che tu non abbia niente da fare? Perché non te ne vai fuori a fumare come al solito?»
    «No, non ho niente da fare», Nora controllò l'orologio, «Almeno per i prossimi venti minuti. Sono arrivata in anticipo, sapevo che avevi quest'ora libera e che ti avrei trovata. E ti ricordo che di solito mi rimproveri sempre quando fumo.»
    «Quindi, fammi capire, sei arrivata in anticipo proprio per me?» ribatté Aurora. «Sei così ossessionata con la mia vita privata? Forse faresti davvero meglio a trovarti un uomo.»
    Al sentire quel suggerimento, Nora realizzò: «Abbiamo lasciato in sospeso il discorso sugli amici di Oscar. Hai detto che non frequenta più gente della sua stessa estrazione sociale perché, quando ha incontrato Nico, ha capito che la vita da squattrinati è decisamente più intrigante. Amici squattrinati ne ha? Non dei miserabili, gente che almeno abbia un lavoro e una fonte di reddito. Non pretendo necessariamente un uomo ricco e altolocato, tanto una volta che si sbottonano i pantaloni hanno tutti la stessa utilità, a meno che non siano impotenti.»
    «Ti ho detto che non ho avuto l'onore di incontrare gli amici di Oscar, anche se so che ogni tanto vede gente che ha conosciuto a suo tempo tramite Nico» rispose Aurora. «Non mi sembra il caso di informarmi sulla loro presunta impotenza.»
    «Era solo una battuta, possibile che non si possa dire niente con te?»
    «Mi sembra che di cose tu ne stia dicendo anche troppe.»
    «E, venendo a quelle serie, tu invece mi stai dicendo che non c'è possibilità di conoscere quella gente generica che Oscar frequenta in modo generico dopo averla conosciuta in modo generico tramite l'unico suo amico non generico.»
    Aurora ammise: «Per ora, temo di no. Oscar non parla molto volentieri di loro. Ho l'impressione che, in realtà, li vedesse e li veda tuttora solo perché erano amici di Nico, che non li frequenterebbe se fosse per lui.»
    «Dunque, ricapitolando questo Oscar aveva un amico con cui condivideva un appartamento» sintetizzò Nora, «E che aveva altri amici. Oscar, invece, non vedeva mai nessuno e non vedrebbe tuttora nessuno se non fosse per onorare la memoria del suo coinquilino. Quindi, prima di conoscere Nico, cosa faceva? Se ne stava sempre a casa, oppure frequentava solo donne che si portava a letto?»
    «Penso la seconda opzione, dato che Oscar stesso mi ha raccontato di avere avuto molte avventure, ma nessuna che si sia mai trasformata in una relazione fissa» rispose Aurora. «Questo è stato confermato anche da zia Luisa e da sua sorella, che mi hanno raccontato, quella volta in spiaggia, come Oscar non abbia mai avuto molto l'abitudine di trasformare le sue storie in qualcosa di più stabile.»
    «Tutto ciò è molto poetico» osservò Nora. «Certo, c'è sempre il pericolo che possa decidere da un giorno all'altro che quella vita gli manca, ma deve essere un'emozione sapere di essere proprio colei che gli ha fatto cambiare strada. Non ti senti un po' una salvatrice?»
    «No, Oscar non aveva bisogno di essere salvato. Se non aveva una relazione stabile, vuole dire che non aveva mai incontrato una persona con cui volesse una relazione stabile. Se non avesse trovato me, avrebbe continuato con tutta probabilità a saltare da una donna all'altra, ma non significa per forza che fosse un errore. Penso che non abbia molto senso impegnarsi in una relazione duratura se non si è davvero convinti di quello che si fa.»
    «E adesso ti sembra convinto?»
    «Non parliamo molto di futuro, ma sono sicura che stia bene con me.»
    «E tu stai bene con lui, anche se pare non essere il poeta maledetto bello e dannato che pensavi che fosse.»
    «Non ho mai pensato che fosse maledetto e dannato. Dal punto di vista estetico, invece, non mi posso lamentare.»
    «Non è maledetto e dannato, ma è tormentato.»
    «Tormentato? Forse sì, ma non di più di quanto siamo tormentatr noi. C'è chi nasconde meglio e chi nasconde peggio i propri tormenti interiori. Oscar non può: sono proprio i suoi tormenti interiori, spesso, che gli danno ispirazione per il suo lavoro.»
    «Quello che scrive è autobiografico?»
    «Non necessariamente. Non...» La porta della sala insegnanti si aprì ed entrò un loro collega. Aurora sussurrò: «Credo che dovremo rimandare il proseguimento di questa conversazione, Nora. Preferirei non mettere in piazza la mia vita privata.»
    Nora non si oppose. Non rimasero più sole, nel tempo che le separava all'inizio della successiva ora di lezione. Aurora ricominciò a guardare di sfuggita i compiti dei propri studenti. Li avrebbe corretti quel pomeriggio, con più concentrazione.
    Il resto della mattinata proseguì tranquilla e, rientrata a casa, dopo pranzo Aurora si mise al lavoro. Se alcuni dei suoi alunni erano un disastro, altri erano pressoché perfetti. La sorprendeva ogni volta, non in positivo, come ci fossero più estremi che vie di mezzo. Se da un lato i migliori le davano soddisfazioni, per quanto si sforzasse, era difficile far arrivare molti altri almeno a una sufficienza risicata.
    Le mancavano solo gli ultimi tre compiti ed era immersa in quelle riflessioni, quando il campanello suonò. Si chiese chi potesse essere. Non aspettava nessuno e di solito non riceveva visite non programmate; anche i suoi genitori di solito le davano un colpo di telefono prima di andare a trovarla. Controllò la segreteria telefonica, per verificare che non le fosse sfuggito qualche messaggio. Non ce n'erano. Andò quindi al citofono, per verificare chi fosse.
    «Non mi conosce, mi chiamo Emilia, sono un'amica di Oscar. Possiamo vederci?»
    Aurora rimase spiazzata per un attimo. Non aveva mai sentito parlare di una certa Emilia, da Oscar, quindi riteneva improbabile che, qualunque fosse la ragione, costei avesse bisogno di vederla senza un minimo di preavviso.
    «Cosa desidera?» chiese Aurora.
    «Mi fa salire?» la pregò Emilia. «Vorrei parlarle.»
    Non era una buona idea: non si fidava a fare entrare in casa dei perfetti sconosciuti, specie se non poteva verificare un minimo la credibilità di ciò che le raccontavano. C'era solo una via praticabile.
    «Scendo io.»
    «Va bene, la aspetto.»
    Aurora infilò un soprabito e prese le chiavi, prima di uscire dall'appartamento e scendere le scale, con la testa piena di domande.
    La presunta amica di Oscar era una donna sui trent'anni, con i capelli biondi raccolti in una treccia piuttosto elaborata.
    «Emilia?» chiese Aurora.
    «In persona» confermò l'altra. «Ho bisogno di dirle alcune cose.»
    «Dato che è un'amica del mio ragazzo, possiamo darci del tu, se per lei va bene.»
    «Mi va bene. Ho bisogno di dirti alcune cose.»
    «Possiamo parlare qui?»
    «Ti capisco» ammise Emilia. «Anch'io non farei entrare in casa una persona di cui non ho mai sentito parlare. Immagino che Oscar non ti abbia mai raccontato niente di me.»
    Aurora azzardò: «Sei una sua ex?»
    Emilia ridacchiò.
    «Ti sembro una ex di Oscar?»
    «Non saprei.»
    «Non credo che Oscar frequenti quelle come me» ribatté Emilia. «Ho solo la terza media, faccio la parrucchiera - come dipendente, non ho un negozio mio - e fino a qualche tempo fa avevo un marito senza neanche un soldo. Penso che il tuo fidanzato non prenderebbe in considerazione una come me.»
    «Oscar è meno classista di quanto tu creda.»
    «Comunque meglio così, se non gli sono mai interessata. Almeno tra me e te non ci sarà imbarazzo.»
    Quelle chiacchiere potevano essere un buon modo per rompere il ghiaccio, ma Aurora era convinta che ci fosse qualcosa di più interessante di cui discutere. Emilia non si era certo presentata sotto casa sua per raccontarle di non essere istruita e altolocata abbastanza da potere puntare ad avere una relazione con uno come Oscar.
    «Perché sei qui? Cosa vuoi dirmi?»
    Emilia abbassò lo sguardo.
    «Non saprei nemmeno da dove iniziare, non so trovare le parole. Vorrei solo dirti di fare attenzione.»
    Aurora strabuzzò gli occhi.
    «Attenzione? A cosa?»
    «A Oscar» rispose Emilia. «Non ti ho raccontato come l'ho conosciuto, ma ci tengo a rassicurarti: non ci frequentiamo da soli. A volte esco con altri amici e Oscar, ogni tanto, viene con noi. Si chiamano Vittorio e Paolo, forse non li hai mai incontrati.»
    «No» ammise Aurora. «Conoscevi anche Nico?»
    Emilia esitò, prima di scuotere la testa con fermezza.
    «No, non conosco nessun Nico, so che era un loro amico che adesso non c'è più. Tu l'hai mai conosciuto?»
    «Nemmeno io.»
    «Lo so che non è bello parlarne in questi termini, ma Vittorio dice che, se non avesse mai incontrato Oscar, Nico a quest'ora sarebbe ancora vivo» riferì Emilia. «Io non so cosa pensare. Oscar mi sembra una brava persona, e del resto anche Vittorio e Paolo lo frequentano senza problemi, ma sembra che, in fondo, non li convinca a pieno. Una volta ho chiesto a Vittorio cosa intendesse, e mi ha risposto che Nico non avrebbe preso certe strade sbagliate, se Oscar non l'avesse in qualche modo incoraggiato.»
    Aurora replicò: «Che io sappia, Nico è morto in un incidente d'auto. In che modo c'entra Oscar con tutto questo?»
    Emilia obiettò: «Non puoi capire. Nemmeno io posso capire. Solo, perché Vittorio avrebbe dovuto scomodarsi di dire qualcosa del genere, se non ci fosse niente di vero? Perché accusare Oscar di avere delle colpe, se fosse così limpido come fa credere di essere?»
    «Perché ne stai parlando con me e non con il tuo amico Vittorio?» replicò Aurora. «Mi sembra sia qualcosa che riguarda voi.»
    «Riguarda anche te» ribatté Emilia, «Dato che stai insieme a Oscar. Io ti ho solo voluto dire che potresti avere travisato, che potrebbe sembrarti diverso da quello che è veramente. Se vuoi, posso metterti in contatto con Vittorio.» Senza attendere una risposta, si mise a frugare nella tasca del giubbotto, consegnandole un foglio scritto a mano. «Ci sono i nostri numeri di telefono, sia il mio sia quello di Vittorio. Adesso ti lascio sola, ti ho già portato via abbastanza tempo, ma vorrei che tu ci pensassi. Se vuoi sapere qualcosa di più su Oscar, chiama Vittorio.»
    Aurora non sapeva dire, quindi pronunciò le prime parole che le vennero in mente.
    «Ci penserò.»
    Emilia la avvertì: «Vittorio è sposato. Se dovesse risponderti sua moglie e fare dei problemi per passartelo, dille che sei la fidanzata di Oscar e che stai preparando una sorpresa per lui insieme ai suoi amici, o qualcosa del genere.»
    Con quel suggerimento, Emilia si congedò. Aurora la guardò attraversare la strada e salire a bordo di una piccola automobile grigia. Tornò dentro e salì in casa, con la consapevolezza di avere dei compiti ancora da correggere, ma di non essere nello stato d'animo giusto farlo in quel momento. A peggiorare la situazione, le arrivò una telefonata di Oscar. A peggiorarla, o forse a migliorarla: incurante degli avvertimenti di Emilia, Aurora gli propose di cenare insieme e di fermarsi a dormire da lei, quella notte.
     
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    Questa Nora è proprio senza pudore. Ma sul coinvolgere gli alunni bisogna ammettere che ci ha beccato. Nonostante la sua fissa per la vita sessuale dell'amica, è più scaltra di quanto si pensi. Interesante Emilia che va da Aurora, così di colpo, creando una svolta nella trama.
     
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    Concordo su Nora, finora è apparso solo il suo lato più spudorato, adesso potrebbe prepararsi per lei una svolta.
    L'incontro Emilia/ Aurora di fatto è un punto di rottura. Adesso la trama prenderà una direzione che poteva sembrare inaspettata, inizialmente. :D

    Grazie per esserci sempre stato come lettore e scusami per il ritardo nella risposta.
    A presto! *-*
     
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    Ma alla fine Nora non è affatto antipatica. Ha il suo perché. La cosa che a me davvero irrita di lei è il suo fumare, dato che sono un runner e salutista.

    Povera Emilia però, per certi versi. Spero che in qualche modo anche lei abbia il lieto finale. Vediamo come proseguirà ora la trama.

    Di nulla comunque, fa sempre bene leggere anche qualcosa tra "pari", cioè amatori. Qualcosa in prosa comunque la leggo pure io.
     
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