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Comunque, ho rimesso un po a posto i primi due capitoli e quelli li posto. Vediamo se vi piacciono.
Gli hyxyhii:cap 1
Piu di mille anni, erano trascorsi. Eppure, ad ogni Hyxyhii, venivano insegnate, quali essenza, di cio che mai, avrebbe dovuto ripetersi, quelle che, nominarono : “Le origini della diaspora “ Queste, furono le fondamenta del loro carattere. L'essenza, della civilta che crearono. La forgia, in cui crebbero. L'ispirazione, attraverso cui, i padri dei padri, stilarono le leggi. Lo spirito che, li avrebbe resi quello, che sarebbero stati a venire. Quello stesso che, li aveva resi, primi tra i primi. Guidandoli, nel divenire gli Hyxyhii. Giganti incontrastati, nell'universo conosciuto e custodi, del sommo sapere. Ognuno di loro, conosceva Il nome di Yhaxii, quasi meglio, di quello del padre. Narvii, inventore delle naniti e Rayhii, che fu scopritore delle biocelle, quelle stesse in cui, le naniti divennero vive, erano nelle memorie, di ciascuno di loro. Tanto, quanto quelli, delle loro stesse madri. Queste figure, creando le naniti, lanciarono quella civilta, oltre le vette del conosciuto. Portandola oltre, i bisogni materiali e permettendole, di assurgere al pieno compimento dell'essere ed alla. rigenerazione molecolare. Cedettero dunque, a tutti loro, il dono di esistere, come esseri di pura scienza. Affrancati, dalle necessita e quasi, dalla morte.
Yhaxii invece, fu il padre, della loro stirpe. Colui che, disdegno la guerra e rese liberi gli Hyxyhii. La storia, narra che: Quando nei dodici regni, infurio la guerra; Yhaxii, anziche combattere, raduno le sue genti. Creo una flotta e portando il suo destino a compimento, lascio i dodici regni per l'ignoto.
Prima di quei giorni, Nella casa dei tutti, come veniva anche chiamato Argos, le genti coesistevano e tutto, era pace. Bellissimo, il pianeta natale di tutte le genti, affogava nei mari e si specchiava nei cieli. Quasi privo di terre emerse, Argos, fu a lungo la casa dei tutti. Le sue citta sottomarine, si estendevano per miglia e miglia, carezzate docilmente dalle acque. Finche, le citta non bastarono a contenere tutti e vennero edificate, le citta del cielo. Enormi stazioni orbitanti, prodigio della scienza senza eguali, ospitavano acquari giganteschi. Questi, apparivano come enormi cilindri trasparenti, sospesi nel cielo. Eppure, le tecnologie che, ne determinavano il funzionamento, furono un avanzamento tecnologico, straordinario. Vi lavorarono quasi, un terzo degli abitanti di Argos . Per mezzo secolo, di generazione in generazione, vennero selezionati coloro, che vi avrebbero soggiornato. Per tutto il tempo, della loro progettazione e costruzione, l'intero Agros, fu chiamato a grandi sacrifici. Il costo di quel prodigio, fu alto. Eppure, in cuor suo, ognuno sapeva che quello avrebbe consentito la nascita libera, della propria prole. Quella che, per lunghi anni, vide negato il proprio diritto all'esistenza; ora, sarebbe stata libera, di esistere. Il divieto alla procreazione libera, era in vigore ormai, da novantasette anni. Solo alla morte, di uno dei componenti della famiglia, poteva succedersi lo schiudersi di una nuova vita. Le poche eccezioni, legate ai colonizzatori delle citta del cielo, vennero poste in criostasi, nell'attesa del realizzarsi, delle nuove colonie orbitanti. Nel giorno del varo, i festeggiamenti, furono sontuosi. Nei pulpiti, riecheggiarono somme parole. Nel popolo, l'immensa gioia, non si interruppe che, dopo molti giorni. Di li a poco pero, le dodici lune di Argos, ora, ulteriore possibile meta di colonizzazione, divennero oggetto, degli appetiti del Consiglio. Che nella sua interezza, considero la loro colonizzazione, come il proseguimento naturale del lavoro svolto, per le citta del cielo. Ponendole quindi al centro, di una diatriba che, avrebbe sconvolto ogni cosa a venire. Il consiglio, dove sedevano dodici consiglieri, per ogni casata, era l'organo legislativo e politico, degli Argoton. Le genti di Argos, erano divise, in dodici casate. Vi era poi, la tredicesima casata, che, composta da un solo seggio, per ogni casata, rispondeva a se stessa soltanto. Questa, veniva chiamata in causa, solo qualora, non vi fosse una maggioranza. Era l'ago della bilancia, nel dirimere questioni insolute. Ogni casata, aveva il proprio modo di intendere le cose della vita.
I Dagrorn, furono invincibili guerrieri. Difesero gli Aggroton tutti, da nemici esterni ed interni, per lunghi anni.
I Precorn, erano una casata ascetica. Essi, svilupparono poteri che nessuno, scopri mai a fondo. Temuti e chiusi, nei loro circoli e nelle loro pratiche, vivevano solitari e misteriosi.
I Sarucorn, erano la casata dominante. Detenevano, il potere economico. Abili faccendieri, erano pero, infidi ed avidi.
I Corcoron, erano la casata dei lavoratori. Erano loro, ad erigere citta, ponti e strade. Loro, a farle pulsare. Industriosi ed instancabili, erano legati, a doppio filo, con i Sarucorn.
I Miositorn, erano loro, la casata degli scienziati. A loro, il compito, di oltrepassare le leggi della fisica e di donare alla casa dei tutti, nuove e strabilianti scoperte.
I Broseron, erano la casata religiosa, custodi delle anime e dei propositi. Erano del tutto, a carico delle altre casate.
I Marmaron, erano i minatori di Argos. Loro, si insinuavano nelle profondita marine, scavando ed estraendo, quei materiali che, consentivano a tutte le casate, di esistere.
I Bularon, casata dei letterati, erano custodi del sapere e divulgatori dello stesso.
Gli Zartaron, casata rivale dei Dagroron, avevano sviluppato, l'arte della guerra, rimanendo vincolati, alle antiche tradizioni. Surclassati dai Dagroron, con l'avvento della tecnologia, avevano pero, finito per incarnare, i principi etici, del guerriero. Ne avevano sviluppate le arti, assurgendo a livelli di abilita, quasi mistiche ed a poteri marziali, impensabili. Nessuno, avrebbe mai pensato, di sfidarne uno, a mani nude.
Gli Ihajoron, erano la casata degli ingenieri. Loro, progettavano. Studiando le scoperte dei Miositorn e traducendole, in nuovi straordinari strumenti.
I Bulzaron, erano la casata dei costruttori, legata a quella degli Ihajoron, quasi in simbiosi. Essi realizzavano, opere specialistiche, di enorme difficolta.
Proron, era la casata che, riuniva tutte le altre sottocase. Ma era sterminata ed importantissima. Rappresentava prioritariamente, l'agricoltura marina e le culture, dei microorganismi viventi, delle acque.
Con il progetto di colonizzazione delle 12 lune, si avvio una spirale, di prevaricazione degli uni sugli altri. Tesa, ad innalzare le proprie istanze al di sopra, di quelle degli altri. Ogni casata dunque pretese, di poter colonizzare, una delle lune, ai propri fini. Pretendendo, dapprima che, gli insediamenti, ponessero un limite, ai non appartenenti, alla propria casata. Determinando poi in fine, che quella, sarebbe stata di proprio, assoluto ed inappellabile dominio.
Le casate, si diedero guerra all'interno del consiglio, per ottenere chi, la luna piu grande chi, quella piu ricca o piu, facilmente abitabile.
Alla fine, furono raggiunti degli accordi. Di cui nessuno, fu veramente soddisfatto e che presto, resero tesi i rapporti, tra le diverse casate. Col fervere, delle contrattazioni che, si svilupparono, spesso sotto banco, la situazione si aggravo, e tra le casate, si instauro un clima, piu che mai pieno, di rancori e sfiducia.
Inizialmente, le tensioni, vennero in parte sopite proprio, dalla corsa alla colonizzazione. Eppure questa, incrino maggiormente i rapporti, appena una seconda spedizione, lanciata da una casata rivale. approcciava una luna. La distanza tra le casate, ormai arroccate nei propri domini lunari, crebbe. Con il succedersi delle generazioni, nate nel sospetto e spesso lontane, dalla casa dei tutti, le cose, andarono via via peggiorando. Specie su Argon. Dove il convivere, gia difficoltoso, veniva aggravato dai giovani. Questi, provenienti dalle dodici lune ed assai piu suscettibili, erano incapaci di mitigarsi e pronti, allo scatto d'ira. Per di piu tipico, della loro eta. In oltre, nati fuori da Argos, dopo la liberalizzazione delle nascite o confinati, in celle criogeniche fino alla colonizzazione, non l'ebbero vissuta mai, l'armonia della casa dei tutti. Crebbero invece, in un'era di rancore e sospetto. Dunque, il loro comportamento, fini con l'infiammare anche, gli animi di coloro, che ebbero vissuta, la casa dei tutti. Incredulim questi ultimi, di come quell'arroganza cieca, potesse esistere. Allarmati ed intimoriti dall'odio, che si riversava su di loro, finirono per reagire, alle provocazioni, irrigidendosi anch'essi.
Questo, rese il clima invivibile. Su Argos, di li a poco, si andarono formando societa segrete, dai fini estremistici. L'una, contrapposta all'altra .Ormai, anche nel consiglio, non sedevano piu, i vecchi figli della casa dei tutti. La loro nuova e nutrita prole, poco propensa, a considerare le istanze altrui, ne aveva ormai, preso il posto. Scoppiarono le prime rivolte, invidia e rancore, si fecero sempre piu dominanti. Finche, nel nome dei giusti, alcune casate, si levarono a difesa, degli antichi valori. Dichiarandosi difensori, della casa dei tutti, giurarono al consiglio, di agire affinche, l'ordine, fosse ristabilito. Naturalmente, a proprio privilegio e con le armi. Premeditando vantaggi, suggellarono patti che, avrebbero reso, le altre casate inermi, di fronte al potere, del loro aggregarsi. Eppure, cio che ne consegui, fu oltre le loro previsioni, caotico, violento e straziante. La casate, finirono per armarsi. Nacquero eserciti privati e nuove, terribili armi. Poco conto, ebbero le parole del consiglio. Anch'esse, furono pregne d'odio e di rancore, quando le casate, dichiararono la propria indipendenza. Quando, asserirono di esistere, come i dodici Regni. Distinte, l'una dall'altra e mai piu, casate di un unico popolo. Ancora meno, quando queste, si pronunciarono detentrici del potere, su di una parte di Argos. Finche, si disse, che la casa dei tutti, era decaduta. Che essa, avrebbe dovuto essere ripartita, nei dodici anelli. Ciascuno dei quali, appartenente ad una delle case, ora Regni. La coalizione, che si era decretata difensore, dei valori della casa dei tutti, rifiuto. Ne seguirono, anni di guerra. Tra le casate della coalizione e le altre. Battaglie, vennero combattute. Per lo piu, sulle lune e nello spazio. Attentati, deportazioni, lutto e disperazione, nella casa dei tutti. Mentre la guerra, infuriava poco oltre, i suoi confini. Alla fine, la coalizione cedette e fu spartita, la casa dei tutti. Furono stilati, accordi di pace e fermata, la furia della guerra. Argos, fu diviso in dodici parti uguali, che dai poli, si estendevano per la longitudine del pianeta, formando una sorta di spicchio. Le cui barriere, separarono gli uni dagli altri. Tradendo per sempre, lo spirito che, cullo per tempo immemore, le genti, della casa dei tutti. Fu proprio Yhaxii, tra i piu, a distinguersi nella faticosa trattativa che, porto alla stipula dell'armistizio. Eppure, sotto la cenere, covavano ancora, le braci di quella, che era stata una guerra fratricida, durata quasi, per cinquant'anni.
Mantenere la pace, fu quasi impossibile. Le scaramucce, si moltiplicarono ed Regni, tornarono ad armarsi. In quella, che prese poi il nome, di esoguerra . Una pace non pace, durante cui Yhaxii e la tredicesima casa, unica rimasta tale, nel nome e nello spirito, si adoperarono affinche, vi fosse la pace.
Eppure, temendo che la guerra tornasse e questa volta, travolgesse tutto, essi tramarono, al fine, di creare una grande flotta. Non per destinarla alla guerra ma per creare, una sorta di arca. Comprendendo la gravita e volendo sfuggire, alla furia cieca dalla guerra, immaginarono navi, in grado di solcare l'universo e percorrere, enormi distanze. Capaci, di supportare la vita per generazioni, senza mai, doversi fermare. La loro speranza, era approdare in un nuovo mondo, dove vivere, di pace e di armonia. Il compito, fu arduo. Eppure, la strategia, eccelse. Portandoli ad intraprendere quella, che si sarebbe rivelata, un'impresa titanica. La cui riuscita, fu resa possibile proprio, grazie a quella, strabiliante strategia. La tredicesima casa, allora si erse. Affronto il consiglio. Coloro che mai, ebbero voce, parlarono. Per la prima volta, esistettero. Accusarono il consiglio, di aver permesso, se non scatenato, la furia della guerra. Si dichiararono, unica casata rimasta. Unica, forza concettuale, neutrale e trasversale. Assurgendo, a detentori dei valori ed a difensori, della casa dei tutti. Rivendicarono dunque, il diritto all'esistenza. Il diritto, ad ottenere i mezzi e gli spazi che, ne potessero supportare la vita. Delinearono, ipotetici confini. Ribadirono, il diritto ad ottenere uno spazio, ed al darsi, una dimora. Dunque, proclamarono il proprio intento. Trasformare le citta del cielo, nella loro casa. In quella, di tutte le genti neutrali. Dove, i valori della casa dei tutti, ormai estinta, potessero vivere ancora. Vi furono forti resistenze, eppure, la loro determinazione e l'euforia, per la pace appena raggiunta, finirono col portare il Consiglio, a pronunciarsi favorevole, a quella opzione. Dopo tutto, politicamente ed eticamente, il creare un soggetto terzo, e non belligerante, in cui, conservare l'antico spirito che, permeava un tempo, la casa di tutti, parve ai piu, un'eccellente escamotage. Un mezzo, per ottenere una salvaguardia, maggiormente stabile, della pace appena raggiunta. Ad altri, baleno l'idea che questo, potesse risultare, un pratico modo, per facilitare gli scambi, sia commerciali che culturali. Alla fine, il Consiglio delibero quasi, a maggioranza. Permettendo, alla tredicesima casata, l'esistenza. Addirittura, si spinse oltre, decretando che, i Regni, avrebbero dovuto sostenere, economicamente e politicamente, il nuovo soggetto. Incarnando questo, lo spirito di pace che, lo stesso Consiglio, si era appena votato a sostenere. La tredicesima casa, dunque, nacque nel consenso, crebbe, nella speranza. Ne consegui, un peregrinare di anime, verso le citta dei cielo. In loro il sogno, di un domani migliore, la consapevolezza, di appartenere ad un movimento di armonia, che avrebbe riportato pace e prosperita. Eppure, trovare animi di tale foggia, non fu facile. Gli anni dell'odio, avevano lasciato ben poche speranze, ben pochi sogni, nel popolo. Tuttavia, la stanchezza per le atrocita della guerra, resero molti inclini, al considerare altre strade .
Yhaxii e la tredicesima casatam ebbero piu fortuna, tra coloro che eccellevano, poiche in costoro, era piu viva la consapevolezza che, non vi fosse altra via. E che, comunque, andasse prevista anche, quella possibilita. La tredicesima casata, porto sulle citta del cielo la propria gente. Sempre di piu. Ed essa, proveniva da tutte, le dodici casate. Ormai, dette Regni. Fu una sterminata ed eterogenea migrazione, che comprendeva sicuramente anche spie ed agitatori. Eppure, riuscirono a far si che, nella struttura di comando non vi fossero. I migranti, spesso erano menti eminenti. Altri invece erano piu umili, eppure straziati e stanchi, furono pronti ad immergersi in acque nuove. Cercando la pace, in un nuovo modo di vivere, in una nuova casa, piuttosto che proseguire in quella follia. Per questo, spie ed agitatori ebbero vita difficile.
Yhaxii e la tredicesima casata, misero in atto le loro strategie, celandole, ai dodici Regni. Approfittarono, della loro trasversalita. Creando a loro volta una rete di spie ed agitatori che, s'insinuarono, nelle altre casate o Regni. Studiarono piani, per la propria salvaguardia. Progettarono vettori, in grado di trasportare le citta del cielo, come fossero un treno. Legate l'una all'altra, avrebbero portato quegli eletti, al di la, dello spazio conosciuto. Sarebbero stati, esseri di pace, in cerca del loro destino. Che sia salvezza o che si perda nel buio del cosmo, la tredicesima casata, avrebbe mantenuto la pace qui, o lasciato Argon. Con esso, avrebbe abbandonato, ogni forma di distinzione, di rango, foggia o pensiero, lasciandosi per sempre alle spalle, i prodromi da cui, era nata la guerra.
Lottarono, per mantenere la pace. Ottennero, una piccola flotta di navi da guerra, con cui frapporsi, come forza di pace. Laddove, ve ne fosse maggiormente bisogno, avrebbero agito. Contemporaneamente, costruirono cantieri di assemblaggio. In segreto e lontano, dalla casa dei tutti e le sue lune. Ordinarono al Regno di Ihajoron, alcuni pezzi, che all'apparenza, sembravano disgiunti tra loro. Pezzi che invece, si incastravano tra loro, formando i vettori. La cui strana forma, appariva tutt'altro. Al principio del viaggio, se mai ve ne fosse stato bisogno, quelle parti, sarebbero andate perdute nello spazio. Per ora, avrebbero tenuto segreta, la vera struttura che vi si celava all'interno. Cosi, furono pronti. Ormai, anche le loro forze di pace, venivano coinvolte aspramente negli scontri che, sempre piu sovente, avvenivano. Per quanti sforzi facessero, si resero conto che un attacco, diretto alle citta del cielo, era probabile se non imminente. Erano divenuti in fine, ingombranti ed anacronistici, nei pensieri e nelle mire, dei dodici Regni. Tanto, da dover temere essi stessi, di essere spazzati via. Fu cosi, che decisero, non avrebbero, atteso oltre.
La enorme flotta, lascio Argon e le sue dodici lune, ancor prima, che la guerra, infuriasse di nuovo. Consapevoli che, di li a poco, la flebile fiamma della ragione, si sarebbe estinta, sotto i colpi dell'odio e del rancore, partirono.
La loro fuga, fu un prodigio, cui mai, fu data spiegazione. Non vennero attaccati, ne osteggiati, da nessuno. Forse, fu il destino, forse le mille preghiere, che spinsero gli dei, a proteggerli. Sicuramente, fu la sorpresa dei dodici Regni, che videro la flotta lanciarsi, nel vuoto del cosmo. Quando li videro muovere, le citta del cielo, scortate dalle navi di pace, e sospinte, da strani immensi vettori, mai visti prima, non seppero che fare e le lasciarono, sfilare lente, verso l'ignoto. Nessuno, alzo un dito e le navi, furono presto tanto lontane, da non appartenere piu, a quello spazio.
Le navi vagarono e le generazioni, si susseguirono. Approcciarono mondi sconosciuti, cercandone uno, che li potesse ospitare. Conobbero altre razze, impararono, evolsero e finalmente...trovarono quella, che sarebbe stata, la loro nuova casa. Il suo nome fu HYXYH, che nella loro lingua, significava unione. Come popolo, ma anche, come procreazione. Vita, dunque armonia e rinascita. Quando vi giunsero, la loro capacita tecnologica, si era evoluta eccezionalmente. Proprio grazie, agli innumerevoli mondi visitati ed alle nuove e diverse, civilta studiate. Non di meno, alla molteplicita, degli eventi cosmici osservati. Fu anche grazie, alla loro dedizione agli studi, che accrebbero sviluppandola, quale sola fonte, della propria sopravvivenza, che poterono trarre tanti vantaggi da cio che, incontrarono. Riuscendo sempre, attraverso quella dedizione, a non pagarne il prezzo, di quelle osservazioni e scoperte. Ad essi infatti, durante i cinquecento anni in cui, peregrinarono attraverso il cosmo, si pararono dinnanzi, mille prodigi ma anche, mille pericoli. Che superarono proprio, grazie allo studio ed alla crescita scientifica, dovute a quelle osservazioni, al cui studio, affidarono le proprie esili, probabilita di vita. Una volta giunti, crearono il mondo perfetto. Alterarono i confini, dominarono, gli elementi. Crearono gli oceani, laddove non c'erano. Costruirono nuove, favolose citta, sottomarine. Cosparsero gli oceani di flora e di fauna marine, provenienti da Argos. Progettarono macchine, sempre piu, ingegnose e potenti. Fecero scoperte, sempre piu eclatanti. Finche, non ebbero il dominio, sul proprio destino. Di li a poco, furono progettate le naniti. Quella tecnologia, gli permise cose, cui non avrebbero, nemmeno sperato prima. La loro storia, muto del tutto. Aprendosi poi, a nuove incredibili strade. Le naniti, prodigio della micro-ingegneria, videro prosperare gli Hyxyhii, dando loro, nuovo impulso. L'avvento delle naniti pero, usate in molteplici campi, avvio una corsa alla produzione che, avrebbe cambiato il volto di Hyxyh. Vi furono votazioni e fu deciso, di tenere le produzioni, lontane dal pianeta. Le grandi fabbriche, vennero allora approntate, sulle cento lune. Erano piu di cento in realta, ma il resto, erano per lo piu piccoli asteroidi in orbita attorno al pianeta. La svolta vera pero, si ebbe quando, dopo anni, a quella delle naniti, si uni la scoperta, dei tunnel spazio temporali. Fu l'opera finale, di una vita di studi, quella che, porto Quaysii il grande, alla scoperta dei tunnel. Quello di grande, fu l'appellativo, attribuitogli proprio, in virtu dell'importanza, della sua scoperta. Fu infatti, proprio grazie a quei tunnel, che essi, recuperarono dai meandri dell'universo, una piccola parte di un mare, che ricopriva il cratere, di un piccolo pianeta sconosciuto. Ecco come: Quaysii, appunto, scopri che nell'universo, vi erano tunnel, in grado di trasportare, da una parte all'altra dello spazio che questi ricoprivano, un corpo, che vi si immergeva. Il che, accadeva ad una velocita, che non si pensava, potesse nemmeno esistere, come unita di misura. Scopri, che ve ne erano molti, e di molti tipi. Da quelli enormi, a quelli piccoli. I tunnel. erano di lunghezze e diametri diversi. Con velocita di spostamento, diverse. Avevano diversa consistenza, durata e stabilita. Quaysii, scopri come individuarli e come, prevederne la creazione. Infine, come indurne la nascita. La corsa, alla scoperta dell'universo ancora sconosciuto, scoppio. Nuove navi, si approntarono e con esse, arrivarono nuove scoperte, nuovi argomenti da studiare e nuova linfa, attraverso gli innumerevoli viaggi scientifici, ora possibili. Ma fu solo vent'anni dopo, che la celeberrima 307 di 18 di 20, riporto dallo spazio profondo, quella che, avrebbe per sempre cambiato, il loro destino. L'astronave, 307 di 18 di 20. Cosi, avevano trovato il modo di catalogare le innumerevoli missioni, astronavi ed equipaggi. Gli equipaggi, erano formati di tre scienziati. Chiamati N°1, N°2, N°3 su qualunque nave. 307 di 18 di 20 Le astronavi, in ordine numerico progressivo 1,2,3,...100,101,102 etc.etc. Il tipo di ricerca effettuata, era determinato con numeri dall'1 al 20, a seconda della classificazione della missione. Ad es ricerca di campioni biologici era numerata 18. In fine, l'anno di partenza della missione, a decorrere dalla scoperta dei tunnel di Quaysii. In tal modo l'enorme fusso di partenze e ritorni veniva codificato senza possibilita di errori. Dunque, 307 di 18 di 20 stava a significare nave 307 in missione 18 ( ricerca campioni biologici) nell'anno 20, dopo la scoperta dei tunnel. 307 di 18 di 20, ritorno anni dopo la sua partenza, appunto per una missione di campionatura biologica, nello spazio profondo, riportando, uno strano campione. Una sostanza, leggermente gelatinosa e verdastra, fatta di micro organismi. Lo studio approfondito, di tale sostanza, confermo quello che, gli scienziati, avevano intuito trovandola. Uno di essi, ne era stato aggredito. Senza che, ne riportasse alcun danno. Seppure messo in criostasi, si era dichiarato sempre, sentirsi benone, meglio, che mai. Una volta rientrata, la navetta e il resto del suo equipaggio, furono posti in quarantena. Gli studi effettuati, acclararono che, la struttura genetica di quel campione, era tale da adattarsi a qualsiasi ospite, ed agire, come simbionte dello stesso. Alterandone, in modo non invasivo la chimica e la struttura, al fine, di ottimizzarla. Ricevendo in cambio, il sostentamento, di cui l'organismo, necessitava. Quando, Rayhii, scopri che, quel simbionte, se posto in delle celle e bombardato di elementi nutritivi, non solo, era in grado di riprodursi ma anche di riprodurre, gli esseri che con esso, vi si trovavano immersi, decise di condurre, un azzardato esperimento. Introdusse delle naniti, all'interno delle biocelle e le bombardo di nutrimento, assieme al simbionte. L'esperimento, dapprima parve, non dare risultati. Eppure Rayhii, decise che, avrebbe lasciato quelle naniti a bagno, per cosi dire, a tempo indeterminato. Almeno per un anno, immagino di persistere, in quell'esperimento. Passarono dei mesi, senza che, accadesse nulla. Finche, quando ormai non ci sperava piu, scatto un allarme, in quella struttura. Era proprio, la cella delle naniti. Queste, avevano cominciato a riprodursi. Quel simbionte, gli aveva donato la vita. O meglio, si era replicato. Inserendosi nelle naniti, le aveva identificate, quale organismo ospite. Dunque, era entrato in simbiosi, con le naniti. Queste, per loro caratteristica, si potevano auto-replicare. Per farlo, avevano bisogno di energia e del metallo di cui erano fatte e di enormi laboratori, in cui, nugoli di scienziati, controllavano quegli esperimenti. Tanto che, costruirle, era di gran lunga meno costoso e piu breve. Questa volta invece, doveva essere stato il simbionte a creare i presupposti, per la replicazione delle naniti. Con un costo irrisorio e senza bisogno di alcuna cura ne sorveglianza. La spiegazione di tutto cio, sfuggi alla comprensione di Rayhii, eppure, accadde. Si penso che, il simbionte, fosse in qualche modo riuscito, a replicare i metalli e dunque, lo si bombardo, con elementi nutritivi, densi di particelle di metallo. Le piu svariate particelle, furono provate, per determinare se, quel processo, sarebbe stato replicato, o meno. Controllarono anche, se il tempo di gestazione, per cosi dire, sarebbe stato minore od eguale. Il tempo, fu minore e sempre piu minore, a seconda delle particelle, di metallo inserite. Piu queste infatti, erano del metallo di cui, erano fatte le naniti e piu, il tempo di gestazione, diminuiva. In piu, se si inserivano particelle, di metalli diversi, le naniti, seppur impiegando maggior tempo, venivano replicate ed i metalli, di cui erano fatte, variati nelle replicazioni. Si osservo poi che, immettendo della sostanza, che gia avesse replicato naniti, in biocelle nuove, la gestazione, avveniva in tempi rapidissimi. Da cio, si dedusse che, l'organismo, doveva avere memoria genetica. Il poter replicare le naniti, aggregandole all'organismo, ed il poterne variare la struttura, fu una scoperta eccezionale. Il tutto, era autonomo, essi si auto replicavano. Sia l'organismo che le naniti. Questo, forni agli Hyxyhii, un nuovo ed inesplorato, campo di ricerca. Le cui applicazioni, parevano non avere fine. I cui vantaggi, si ponevano al di la, di ogni piu rosea aspettativa. Furono costruite case, di naniti. Era necessaria una stanza in piu? Sarebbe stato sufficiente, dare da mangiare all'organismo ed inserire, i parametri di cio che, si voleva ottenere in una nanite ed il gioco, era fatto. Di li a poco, la nuova stanza, era pronta. Si approntarono modifiche, sempre piu raffinate, fino ad ottenere ad esempio, che le naniti, si modellassero in elementi diversi, a seconda, delle necessita del momento. Cioe ora, un letto, ora, un tavolo, ora uno schermo, etc etc. Era sufficiente che, le specifiche dei modelli da assumere, fossero nel database, delle naniti. Poi, anche questo, fu superato. Fu sufficiente che, vi fosse un database a cui, attingere le informazioni relative ai modelli da assumere, e le naniti, avrebbero fatto il resto. Le applicazioni furono praticamente infinite. Di li a poco, tutto venne costruito, anzi auto replicato, dalle naniti. A seconda, delle specifiche richieste. Poi le naniti, furono in grado addirittura, di estinguere le richieste verbali degli hyxyhii, con assoluta precisione. Divennero infatti in grado, di collegarsi ai vari database e dialogare tra loro. Poterono, grazie a questa scoperta ricostruire arti, curarsi autonomamente, creare navi stellari di ogni foggia e dimensione, col solo uso della parola. Le naniti, vennero fatte ramificare tra HYXYH e le sue lune, creando sterminate praterie nello spazio dove cresceva in serre, scaldate dai due soli di Hyxyh, il nutrimento per l'organismo. Ed altrettanti enormi spazi che, ne catturavano i raggi producendone l'energia necessaria alla popolazione, furono creati, dalle naniti stesse. Gli Hyxyhii, erano incontrastati, nell'universo conosciuto. Queste scoperte, li avevano portati oltre ogni immaginazione. In breve tempo, ciascun hyxyii fu libero da ogni vincolo materiale. Le generazioni a seguire, furono asservite soltanto al proprio genio. I più temerari, si cimentarono nei viaggi astronomici, sempre piu intensi, per numero e difficoltà. Partirono alla scoperta di nuove meraviglie. Ben presto, ebbero mappato e conosciuto spazi quasi illimitati. Ma non trovarono mai, tecnologie superiori alla loro. Allora la ricerca morbosa di una qualche razza che, gli fosse pari o li sovrastasse. Questa, era la loro speranza e paura maggiore. Cosi un giorno tra le mille destinazioni dei viaggi Hyxyhii, uno, parti alla volta di un sistema solare composto di otto pianeti . Il terzo dal sole, era la meta primaria di quella spedizione. Prima di approdare su quello, avrebbe viaggiato e visitato innumerevoli altri mondi. Altrettanti ne avrebbe visitati sulla via del ritorno. Ma quel piccolo pianeta di quel sistema sperduto, avrebbe determinato il momento della fine del viaggio di andata...e tanto altro ancora.
.M1N3RS cap2,Ismael
Buio, per uno sbattere di ciglia. Poi, come lo statico di un televisore. Si dissolve, lascia il posto ad una nube, purpurea e scura. Qualcosa appare, indistinto, vago. Via via, si vanno dissipando i fumi e stringono le immagini. Ecco... Il quadro. Questo, lo trascina in istanti affannati. Immerso, tra salse e sapori. Preso ad intuire, l'avanzare della cottura, dal crepitio delle pietanze. Intento, a disporre eleganti, i colori delle portate. Eppure, la sua concentrazione, viene a tratti rapita. Perdendosi al di la dei vetri, incastonati sui riquadri a legno della porta che, dalla cucina, si affacciavano sul piccolo corridoio di servizio dirimpetto. Li dove lui, poteva scorgere le due cameriere prone, armeggiare tra stoviglie e posate. Udirne i discorsi mentre le due, erano intente a stipare il carrello, che avrebbero poi usato per la preparazione della sala. Le osservava senza volere e senza riuscire ad opporsi. Le gonne strette. Le giacche stirate di fresco. La schiena, piegata in avanti. I glutei, protesi al punto giusto. Le calze nere e i capelli raccolti. Un erezione abbozzata, si estingue alle prime parole.
Cameriera A:“Visto quello nuovo ? “ Cameriera B:“Chi ? Il cuoco ? “ A:“Si! Giovanino eh ?” B:“Mmm...Carino ...un po pingue per i miei gusti. Basso pure, ma carino! “ A:“Lascia perdere gioia, non fa per te.” B“Mica ci tengo. Dico solo, che non e poi malaccio. Ma non e il mio tipo! “ A:“Perché, hai un tipo? “ Rise. A:“ Per me, te li faresti tutti .” B:“ Stronza! “ A:“ Comunque, quello, vedrai che ci rimane poco! “ B:“ Cioè? Che intendi?” A:“ Prima, quando è arrivato, c'ero. M'ha salutata. In punto e virgola... Buona sera signora. Manco un ciao. Poi, quando ha finito di parlare con Antonio, è entrato in cucina e non ne è più uscito. Ma io, mentre entrava l'ho beccato, mi ci sono strofinata ben bene, gli ho sfiorato il ginocchio e sorriso e sbattuto le ciglia. Eppure, non ha provato nemmeno a darmi un buffetto sul culo o un'occhiata alle tette, e si che, avevo la camicetta sbottonata e si vedeva tutto... Lo sai lo che li porto solo a balconcino.” B:“La solita troietta, eh?” A:“Beh non ho mica piu vent'anni come te. Ohh, manco son da buttare eh! Ma vado per i trenta e me le devo cercare anche un po. Altrimenti, hai voglia a strofinarla, mica e la lampada di Aladino che poi esce il genio e ti si fa .” Risero. Poi quella, riprese il suo ciarlare. A:“Comunque dicevo, per come sembra professionale e per come e giovane, i casi sono due: O è un rimpiazzo e quindi nel panico al primo impiego, e dura poco... Oppure, è uno bravo bravo e qui, non ci rimane.” B:“Beh, comunque non e poi merda lavorare da Antonio.” Ribattè l'altra. A:“No, il ristorante e buono ma questo, mi pare di un'altra categoria. Mah? Magari è solo introverso e apprensivo ...o frocio.” Risero ancora di gusto. Poi, con un gomito, una tocco l'altra. Gli sguardi si incrociarono, scorsero Antonio arrivare. Avviarono il carrello, ricolmo di piatti e posate verso la sala, veloci e silenziose.
Il menu. Lo aveva studiato da tempo. Le mani erano abili. Sapeva insegnare. Spiegare quel che voleva ottenere. Eppure la tensione per il suo primo incarico da master chef, nel suo primo giorno di lavoro, era palese. Dopo il quinquennio di alberghiera. Aveva lavorato due anni al servizio di abili chef. Aveva imparato, era stato premiato col grado di vice del master chef. Aveva lavorato a piatti suoi, nel tempo libero. Li aveva curati, rivisti, assaggiati e fatti assaggiare. Ora ne avrebbe colto i frutti.
Una luce, bluastra e scura, traspariva. Due battiti di ciglia. Una nebbia, delle onde. Come quelle di un vecchio televisore in bianco e nero. Cui, veniva ruotata la manopola della sintonia, da un canale all'altro. Producendone immagini distorte, fino a tradurle in righe intermittenti, in statico. Nuovamente, in righe. Poi linee, ed ora, ancora...immagini.
Il sole alto, scaldava la sabbia. Fu li che la vide. Si bagno solo, per poterla osservare più da vicino, giocare tra le amiche sulla battigia. Lo raggiunse Leo. Leo:“Che aspetti ? Dai che non morde ...tuffati !” Ma si, che avrebbe risolto aggirandosi tra la sabbia e le onde come un deficiente. Si tuffo. Nuotavano, scherzando e schizzando, come due scemi. Eppure, lo sguardo tornava li, a quel pallone che volava ed a quel seno che sobbalzava. Ai capelli biondi e fluenti. Alle risa ed agli sguardi che sperava di incrociare. Quegli occhi dolci che, parevano sorridergli tra le ciglia, anche a costo di rendersi ridicolo, non li avrebbe mollati mai. Leo lo noto. Leo:“Dagli! Guarda com'è preso, e preso!” Ismael:“ Ho la roba in spiaggia “ Leo:“ Se se “ Svani tra le onde Leo e lui, lo perse. Torno ad osservare ma era sparita. Era bella, forse troppo per lui. Eppure l'avrebbe voluta. Raro, che provasse così nitido, l'istinto a vincere la propria timidezza. Eppure quella volta, non aveva indecisioni. Leo ricomparse, lo schizzò. Lo incalzò, giocarono ancora. Mentre tornavano sulla spiaggia e verso le sdraio, gli cinse il collo e fregandogli le nocche sui capelli disse: Leo:” Ma chi era quella che puntavi eh? La biondina col bichini psichedelico?” Ismael:“Ma no, avevo la roba in spiaggia “ Ridendo beffardo Leo lo scherni. Leo:”Ha ha ha, beccato! Ha puntato la bionda... e bravo. Bonazza pero!” Ismael:“Beh male non era.” Leo:“Ahh vedi?Ha ha ha, beccato pieno!” Leo, lo lasciò col compito, di recuperare la roba dalle sdraio e corse via atletico, facendo sobbalzare la cesta di capelli biondi e ricci anche quando erano bagnati. Leo:“Ci troviamo al bar.”Disse. Leo:”Oh veloce eh “...aggiunse svanendo. Se lo vide tornare di corsa come se ne era andato. Leo:“Dai dai, molla la sacca.” Ismael:“Ma come? Qui? C'è la nostra roba dentro oh!” Leo:“ E chi se la piglia? E che te frega poi, di due magliette e due bermuda? Ma la fai finita di fare lo stronzo ? T'ho agganciato la biondina, scemo. Molla sta sacca e corri. Oh baldanza eh!” Si avviarono.
Leo:“Buono buono, ferma. Eccole, lascia fare a me, entra solo se ti viene, ma pure no.” Poi aggiunse: Leo:“Dai, tranquillo ho già apparecchiato. Basta solo un richiamino. Poi, te la giochi al party!” Incrociarono le ragazze... Leo:”Ah allora ...eccolo eh!” Ancora Leo, senza che le ragazze possano riprendere fiato Leo:“E' lui ...è un grande eh! Da paura ragazze! Vi fa assaggiare roba da urlo, garantito! Allora alle otto, ok?” “Ok” risposero le ragazze in coro, mentre procedevano verso la spiaggia allontanandosi. Leo:“Allora, contento Ismael?” Disse Leo fissandolo. Ismael:“Beh si, ma che gli hai raccontato?” Leo:“La verità, che sei un mago ai fornelli e che abbiamo organizzato un party per questa sera.” Ismael:“Ma noi, non abbiamo organizzato nessun party!” Leo:“Eh che palla zio! Lo organizziamo ora! Anzi, tu pensa ai viveri che al resto ci penso io, bene?”
Avevano frizzato tutto il pomeriggio, organizzato, preparato chiamato gente. Sperava si facessero vive. Beh, sarebbe comunque stata una bella festa. Ma aveva passato troppo tempo a preparare leccornie, per non fargliele assaggiare . La sera incombeva sul giorno. Le luci rossastre creavano magiche striature, che attendevano solo l'avvento della notte per morire. La lunga fila di tavoli diseguali uniti tra loro, con accanto altrettante sedie spaiate, si andavano riempiendo di commensali ridenti e ciarlieri. Cominciò a servire pietanze curate. Tra un sorso ed una battuta, i profumi si sparsero per il giardino e nei sensi degli invitati inebriandoli. La festa, si animo. Il suo lavoro fu apprezzato. Gli elogi, elargiti. In quel momento, la scorse. Approfittò dell'attimo di gloria ed afferrata una sedia, disse: Ismael:”Fatemi posto dai, che tocca pure a me azzannare.” Strategicamente, le sedette di fronte. Invece gustava piano, lento ed aggraziato. Rispondeva alle domande sulle portate, incassava ancora elogi, catalizzando l'attenzione su di se. Nel mentre la rimirava, trovandone sovente lo sguardo, come sperava. Attese che, tra le tante, vi fossero le sue parole. Prese a parlarle lasciando che la conversazione con lei, fosse costante. Considerando, di volta in volta altri argomenti ed altre persone ma senza mai, lasciar cadere con lei, l'intensità della conversazione. Badando che questa, non divenisse scontata o noiosa. Approfittando, della sua momentanea popolarità, lascio che fosse lei, a doversi guadagnare la sua attenzione. Eppure, rinfocolando ed infittendo sempre più, le frasi rivolte a lei rispetto alle altre, la attrasse a se. Finché in fine, furono loro, che sparlavano degli altri. L'aveva portata dunque a quel “ Noi “ che l'avrebbe catturata. Poi, fu la volta della musica, dei drink, dei balli. La perse e la ritrovò. In quello che doveva essere, un interesse scostante ma vivo. Casuale, eppure intrigante. Aveva un asso nella manica. Si era svenato, per una bottiglia di whisky pregiato che aveva nascosto, e che avrebbe estratto, al momento opportuno. Fregiandosene, ne avrebbe usata la squisitezza, come scusa per un tete à tete . Così avvenne, quando la vide intenta a rovistare sul tavolo dei drink, tra le poche birre rimaste. Non era sola. Stava con un tipo, probabilmente ubriaco. Le si accosto, le prese la mano e sussurro: Ismael:“Molla, se vuoi qualcosa di serio e decisamente invecchiato. Ho qualcosa, di assolutamente squisito e solo per il palato di pochi. Seguimi senza farti notare. Vedrai, che non te ne penti, fidati.” Lei, gli sorrise incuriosita. Lui, la trasse a se e ne sfioro le guance, la cinse in vita e la trascino via. Con un fare, tra l'arrogante ed il languido. Lei lo seguì, senza parlare. Indugiando un po tra il divertito, l'affascinante e l'alticcio, per poi avviarsi. Sorseggiavano seduti sull'erba nel retro del villino, quel distillato di pregio. Parlarono della festa, di chi fosse chi, degli intrecci tra gli amici. Di chi conoscesse chi e con chi, si accompagnasse. O, si volesse accompagnare . Il whisky si faceva sentire. Lui, ristette osservandola ridere e parlare. Gli occhi erano rapiti e fissi su di lei. Lei, bellissima in quel vestitino a fiori gli sorrise, abbasso gli occhi e sussurro: Emma:” Che hai da guardare... tutto serio poi? ...” Ora, lo scrutava interrogativa ed imbronciata in volto. Lui, non rispose. Lei si lascio andare alle risa, scostando per un attimo, quel filo di tensione. Fece teatro e scrollando il capo, cacciò un urlo quasi squittisse. Rise ancora e portò la bottiglia alle labbra e attese, tornando poi invece, a fissarlo seria come voleva. Ismael:“ Ma… non ci siamo nemmeno presentati?“ Disse lui ridendo. Cercando anche lui cosi, di allontanare quella tensione che, tornava ad addensarsi. Voleva poter ripartire dalle parole e prendersi il tempo di un altro sorso. Emma: “ Emma” Sillabò lei sbarazzina e prese ad attenderlo, ed incalzarlo cercandone lo sguardo, per avere risposta. Ismael:“Ismael, piacere “ Disse lui, e le porse la mano. Lei, cadde in una fragorosa risata, scosse il capo chinandolo ed aggiunse soffocando a stento le risa Emma:“No no, scusa “ Singhiozzando ripete Emma:“ No, scusa, cioè...” Torno a ridere senza ritegno. Emma:“Ok...” Non riuscendo a trattenersi, ancora disse: Emma:“ Ok, no, scusa ma, quindi … sei circonciso?“ E scoppio ancora a ridere . “Ismael:“Beh no“. Emma:“ Ma sei ebreo, no?” Ismael:“ Beh si ma ...” Rise Ismael , rise di gusto. Ismael:“ Beh, mio padre si. Da parte della sua famiglia, avrebbero voluto in effetti. Ma mia madre e cattolica quindi, hanno deciso che avrei dovuto scegliere io. All'età, della ragione “ Lei, lo incalzo. Emma:” E allora ?” Ismael:“ Se mai ci arrivo, ti giuro che te lo faccio sapere.“ Risero entrambi. Lei lo guardo, Ismael, le passo la mano tra i capelli. Gli sguardi si incrociarono. Le labbra si sfiorarono. Dolcemente, i loro corpi si adagiarono l'uno sull'altro e si amarono.
La mattina seguente mentre Emma si tuffava in mare, Ismael mise l'asciugamano, vicino alle sdraio delle ragazze. Vi si poggio e leggermente, si assopì al sole. Quando le ragazze tornarono, finse un sonno pesante. Quelle, lo lasciarono dormire e si misero sulle sdraio vicine. Di li a poco, cominciarono a spettegolare … Dopo una breve, strategica introduzione, la tipa accanto ad Emma, affondò il colpo. Amica: “Allora, com'è il tappo?” Emma:“ E che ne so io!” Ribatte Emma. Amica:“ Eddaiii...” Emma:“ Ma no, non ci ho mica fatto nulla!” Amica:“ See, spariti insieme e riapparsi la mattina dopo, insieme. E dai, che mica lo metto su facebook!” Emma:“ Ma se ti ho detto, che non abbiamo fatto nulla?” Amica:“ Ma almeno scopa bene? Perché figo proprio non lo è, eh!” Scoppio, dopo un intenso giro di sguardi, una risata strozzata, tra le due ragazze. Emma:“ Tzzschh dai, che ci sente. “ Amica:“ Ma che ci sente? … dorme ...daiiii...spiffera!” Emma:“ Uh...mhm...che vuoi? Abbiamo solo limonato ecco.” Amica:“ Ah la santarellina ...ma le dimensioni?” Emma:“ Uffa … ma la fai finita? “ Amica:“ Eh che sarà mai?... Mica ti sei presa una cotta eh?” Emma:“ Ma di chi? Di quello? See ...” S'imbroncio Emma, poi rise, poi ... Emma:“ Mi andava, tutto qua! “ Amica:“ Allora? “ Incalzo l'altra . Emma:“ Allora niente!“ Amica:“ Uff, e smettila di fare la stronza dai, racconta.” Emma:“ Te l'ho detto, mi andava, poi ...” Amica:“ Poi? “ Emma:“Poi, e carino. Almeno, ieri sera, mi pareva carino. Cioè, ora, col giornale in testa e la buzza all'aria, mica tanto carino.“ Scoppio l'ennesima risata. Poi Emma torno seria e continuo dicendo ... Emma:“ Beh... alla festa era carino però. Poi è stato bravo, mi ha intortata bene bene. Era dolce dolce... Simpatico, e poi ero sbronza ...e comunque oh... di viso, è uno schianto il tipo, eh? Dai, dimmi di no! “ Amica:“ Si ma...” Emma, insistette. Emma:“ Ok d'accordo, nell'insieme non dico di no. Però, di viso ripeto, è belloccio forte, dai.” Amica:“ Va beh, ormai comunque e andata, ti rifaraì, capita.” Sentenzio l'amica, stigmatizzandone, con le risa, la pesante sentenza. Poi, torno leggiadra alle domande . Amica:“Insomma, ma almeno scopa bene?”“ Emma:Da Dio! Tiè!”
Ismael, non l'avrebbe più cercata. La incontro ancora, eppure tra loro si era eretto un muro, che lui, non riusciva a scalare. Intuiva che, tra le parole di lei ed i suoi sorrisi, vi fosse più di quello che traspariva ma non fu abbastanza.
Le palpebre ballavano. Stropiccio gli occhi. La flebile luce, filtrava attraverso la finestra socchiusa. Il colore tenue dell'alba, forse. Si raggomitolo tra le coperte e riprese a dormire. Il buio, attraverso cui scrutava, restava stagnante senza regalargli altre immagini. Si perse, lentamente si ritrovo nel mezzo di una strada piovosa...e la rivide. Era entrata nel pub di primo pomeriggio, gli parve strano. La segui. Dapprima non la trovò, poi una voce gli arrivò alle spalle e subito la riconobbe. Era Emma! Serviva al bancone e gli stava chiedendo cosa volesse. Finse di non riconoscerla ed ordinò. Le stava per parlare, quando fu lei a riconoscerlo. Si scambiarono i numeri di telefono, giurandosi che si sarebbero dovuti rivedere.
La stanza, era immersa di luce chiara. Cercò di protendersi fino al cellulare e vedere che ora fosse. Ma le braccia erano intorpidite e la sveglia non aveva ancora suonato. Immerse il capo tra i cuscini, cercando ancora il viso di lei.
La luce grigiastra delle onde, prendeva strane forme. Di li a poco, si trasformarono in immagini nuovamente. Dettagli sporadici. Momenti, cristallizzati nella sua mente.
Le prime uscite. Le risa e le promesse negli sguardi, i baci. La speranza condivisa, di un futuro radioso. Lei, alle prese con l'università, pagata col lavoro al pub. Lui, in procinto di aprire un suo ristorante. Con Leo, l'amico di sempre. In effetti, Leo di ristorazione non ne capiva molto. Ma aveva una laurea in economia, avrebbe fatto comodo. Eppoi da solo, coi soldi non ce l'avrebbe fatta a metterlo su. Leo lo avrebbe sostenuto per il trenta percento, grazie ai soldi di papa. Che Ismael, avrebbe poi reso. Così Leo, avrebbe potuto finalmente porsi, come uno con la testa a posto. Indurre il padre a sganciare e trovare un impiego decoroso. Seppure, con un impegno minimo. Il che, era esattamente quello, che cercava. Consentendo così ad Ismael, di avere il suo ristorante come desiderava ed avendone lui stesso un tornaconto.
Ad un tratto una nube nera lo sovrastò, portandogli un dolore intenso. Passò, trasportata dal vento, lasciandogli in bocca un sapore amaro, ed un magone lo attanagliò. Poi, furono di nuovo i giorni intensi e luminosi a capeggiarne i vagheggianti ricordi. L'immagine di lei, bellissima sull'altare. Il ritorno dal viaggio di nozze. Ancora, pieno di mare e sole, di amore e di sesso. Il momento, in cui lei, gli disse che avrebbe abbandonato l'università. Quello in cui, invece scopri, che non vi era mai stata. Lo pervase un senso di angoscia e aprì gli occhi.
Trovo la forza di allungare la mano e protendersi fuori da quel tepore che lo avvolgeva, per raggiungere il cellulare e con quello, l'ora. “Gia chissa che ora era? Le 10 e 30 del mattino”. Si rigiro dall'altro lato e rintuzzo le coperte.
Lo statico lo avvolgeva di nuovo, era come in una nube. Parevano passargli davanti anni, veloci ed infidi. D'un tratto si ritrovò a mettere insieme quello che, al tracciarne le linee tra i punti, appariva un disegno prestabilito. Nitido e crudele. Ma che in fondo magari, neanche lo era stato. Eppure quanto male faceva. Rivide Leo che la baciava. Rivide, il ristorante in rovina. Se stesso, in quella stanza di ospedale. Univa i punti, e più scorreva e più bruciava.
Ad un tratto, si destò. Si spinse all'indietro e fu seduto. Ebbe, nella mente, la consapevolezza nitida dell'accaduto. Riportando, l'immediatezza del sogno nel vago e la memoria nel certo. Come aveva potuto lasciare, che questo accadesse?
Il gorgoglio che gli agitava la pancia non era solo dovuto a quei pensieri, si accorse del senso di fame che ignorava.
Tornò sotto le coperte, eppure la sua mente era lanciata. Non avrebbe più dormito, se lo sentiva. Avrebbe rivisto tutto e non voleva. Chiuse gli occhi, forzandosi a non pensare. Gli baleno in mente, l'immagine di un succulento hot dog. Un hot dog fumante. Con senape, senape crauti e mayonnaise. Si, da Hamed. Sarebbe andato da Hamed e ne avrebbe preso uno. Trasportato nuovamente nel sonno, dagli odori del chiosco di Hamed, tornarono le nubi e le immagini. Erano indistinte eppure crudeli. Lo agitavano prima, che le potesse vedere, poi mise a fuoco e fu li, nel pieno del susseguirsi di quegli eventi.
Il momento della fitta. Il trasporto in ambulanza. L'operazione al cuore, la degenza. Le parole di lei, amorevole al suo capezzale. Affranta e bella, seppur con gli occhi gonfi ed il trucco sbavato. Leo che lo rassicurava, che gli parlava del ristorante e di come si fosse assicurato un cuoco di grido, tramite i suoi innumerevoli amici. Ed invece... quei due lo stavano tradendo. Stavano sbancando il ristorante. Prendendo prestiti da banche e strozzini. Li vedeva, gemere nel suo letto, nella sua casa. Licenziare il personale ed assumerne di inetto, a salario minimo. Perdere, il buon nome del ristorante ed i clienti. Acquistare sempre più merce, rivendendola dal retro a poco prezzo e cambiare fornitori, quando pretendevano il loro, per altri nuovi, con cui continuare il ballo. Poi, li vide baciarsi nel ristorante deserto, era il giorno in cui li sorprese. Dopo settimane, colto dal sospetto, aveva finito per alzarsi dal letto. Non si fidava di Leo, nella gestione del ristorante. Ma mai, avrebbe creduto tanto. Prese un taxi ed andò a verificare. Nella speranza che Leo ionvece, se la fosse in qualche modo cavata. Nonostante il medico glielo avesse proibito, intimandogli l'assoluto riposo, andò. Quando li scorse, non lo credette vero. Il vecchio calzolaio che aveva il negozio accanto al ristorante, lo vide accasciarsi . Calzolaio:“ Che avete Ismael? Vi sentite male?” Il cuore pulsava come una locomotiva, Ismael chiese al vecchio con un filo di voce: Ismael:“ Chi sono quei due nel mio ristorante?” Calzolaio;“ Eh beh … due!” Non ebbe il coraggio di dirglielo. Ed Ismael non ebbe il coraggio di guardare ancora. Eppure, sapeva. Incalzò il vecchio. Ismael:“ Albert dimmelo, dimmi che succede!” Calzolaio:“ Eh Ismael...le hanno giocato un brutto tiro, caro mio.” Ismael:“E Il ristorante? I camerieri? Chi c'è, in cucina? “ Il vecchio scosse il capo . Calzolaio:“ Lasci stare Ismal, si rifarà. Vedrà che tutto si aggiusta. “ Ismael:“ Anche il ristorante?” Il vecchio indugiò. Ismael tornò a chiedere, alzando la voce. Il vecchio lo guardò, scosse il capo. Ismael, cadde. Calzolaio:“ Hei, hei voi! C'è Ismael qui, si sente male” Urlò il vecchio ai due amanti. Quella, fu l'ultima cosa che sentì, prima di un buio profondo.
Si era svegliato, si stropiccio ancora gli occhi e pianse. Si rannicchiò tra le coperte, come fosse nel bozzo, in cui il ragno avvolge le prede. Immerse anche il capo dentro le lenzuola. Fuori si gelava. Dentro, quel tepore rassicurante, lo atterriva di sogni e di ricordi. “Chissà che ora è?” Si chiese. Si spinse fuori, nel gelo e brancolo tastoni fino al cellulare. Spinto, se non altro, da quel borbottare dello stomaco. Avrebbe dovuto mangiare. “Le 12,30.” Pensò che fosse un orario meschino, per un hot dog. Specie da Hamed. Era l'ora di punta e lo avrebbe servito alla spiccia, per non far attendere i clienti, sempre di fretta per pranzo. Decise che, sarebbe stato molto meglio posticipare e dormire ancora un po, sempre che vi fosse riuscito.
Si abbandonò all'immagine succulenta dell'hot dog. Non riprese sonno però. Almeno non abbastanza da sognare. Comunque, non abbastanza per ricordarsene. Il brontolio della pancia si era fatto pressante, interrompendo quel dormiveglia, a cui si era avvinghiato. Torno a sfidare il freddo ed a controllare l'ora. “Un quarto alle due. Ancora cinque minuti, solo cinque poi mi alzo.” Non avrebbe più dormito, lo sapeva. Dopo qualche minuto, decise di scoprirsi. “Brr, che gelo”. Torno a ricoprirsi. Poi scivolò fuori dal letto barcollando fino al lavabo. “le 15,30... azz.” Si versò l'acqua sul viso, ancora ed ancora eppure, quella malinconia e quella voglia di piangere non sarebbero scomparse e lo sapeva bene. Mentre le gambe si muovevano sull'asfalto, il suo pensiero, piombava nei ricordi di quel secondo infarto. Al suo ritorno dall'ospedale, questa volta, non trovò nessuno ad attenderlo. Ricordo poi, le parole che aveva pronunciato il commercialista: “Mi spiace, ma per quanto sia triste, e la capisco, l'unica soluzione è vendere la casa! Gliela porteranno via comunque. Se riuscissimo a venderla noi, forse potrei stornare qualcosina. Almeno per tirare avanti i primi tempi. Certo e pochino ma sempre meglio che nulla.” Spese mediche e debiti, tra fornitori, banche e strozzini, lo avevano ridotto sul lastrico. I due infarti, gli precludevano, quasi tutte la attività lavorative. Aveva trovato un impiego saltuario, come fattorino in una pizzeria. Faceva consegne a domicilio. Ma la cosa che più lo atterriva, era come fosse potuto accadere! Si domandava, come avesse potuto, farsi raggirare cosi? Eppoi, quale fosse, la conseguenza di tutto ciò? Al di la della sua condizione, al di la di quello che era successo e delle condizioni in cui versava. Quello che veramente ne conseguiva, che lo avviliva tanto, da non trovare uscita era chi fosse lui! Che ne fosse stato di quel se stesso che conosceva! Nella sua vita, si era sempre visto sostenuto, da una preponderante intelligenza. Tutto, fin dall'infanzia, lo aveva portato a credersi un piccolo genio. Ora, per quanto si fosse rivelato debole ed inetto, si sentiva uno stupido idiota. Evidentemente, era stato sempre un coglione! Non era un genio ma un inetto! Un debole incerto. “Stupido, stupido e stupido. Incapace e coglione e pavido! Che ti resta, idiota? Un colpo e via, meglio levarsi di mezzo!” Pensava cosi, mentre davanti a lui, Hamed rimestava tra le salse. Prese il suo hot dog, pagò e sorrise salutando Hamed. Come gli fosse uscito poi, quel sorriso, mah? “Ridi ridi, pagliaccio! Verme decerebrato.” Quel panino poi, ora lo avrebbe scaraventato via. Eppure doveva mangiare. Ma quei sapori intensi che ne attiravano la gola, stridevano in bocca, come assalissero le papille. Spandendosi in un doloroso senso di acre fino alle orecchie. Le voci e gli stridii della strada, si facevano martellanti nella testa. Il camminare, incerto. Un vorticare di immagini, si stava impadronendo di lui. Sedette su di una panchina, da cui, si vedeva bene il ponte. Amava quella vista. Per un momento, ne fu rapito. Si senti rasserenato, perfino. La mente torno lucida, penso che era quasi ora. A breve, avrebbe iniziato il turno e portato pizze, fino a tarda sera. Si avvio verso quel decadere da cuoco a fattorino, mesto e lento. Per quanto, avrebbe ancora dovuto trascinarsi oltre? Piccolo pavido Ismael, sbranato dalla vita e dagli affetti. Che altro avrebbe mai potuto essere, se non quel che era stato? Come, incolparli di un qualcosa, che sarebbe comunque accaduto ? Era lui, ad averlo permesso! Dunque, o loro od altri, o prima o dopo, era nella natura delle cose. Il debole soccombe ai forti !
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