La densità del vuoto

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  1. • cherrypaws •
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    Il pendolo scandiva in maniera ritmica e lenta il tempo nella stanza spoglia che sembrava esserne priva, unico suono nel denso silenzio delle pareti bianco sporco.
    Neanche il respiro flebile del vecchio, leggero come la rugiada mattutina, risultava udibile se non a un orecchio estremamente fino.
    Le dita dell’uomo, poggiate sulle ginocchia, scattavano producendo l’effetto di vecchi ingranaggi arrugginiti, piegandosi per sgranchirsi di tanto in tanto.
    Gli occhi velati erano costantemente persi nel vuoto. Nessuno sapeva davvero se ci vedesse ancora o se, più semplicemente, si perdesse in dimensioni sconosciute, traboccanti di ricordi stellati e morbidi come dorsi di colline.
    Erano passate settimane, mesi e infine un anno da quando la lucidità dell’uomo era del tutto scivolata via dalla sua coscienza, prosciugandola fino all’ultima goccia e racchiudendo luci e ombre di una vita lunga e ricca in un cofanetto spinoso, avvolto da rose appassite e troppo occultato dalle reti usurate di una memoria rappresa per essere riaperto o anche solo ritrovato.
    Non un nome, non un volto, non una voce riuscivano a rischiarare la mente dell’uomo anziano, il quale oramai viveva chiuso in una bolla dove passava immobile le ore del giorno, increspando ogni tanto le sottilissime labbra secche e raggrinzite, a immaginar vasti campi di grano sormontati dall’universo o pianeti riempiti da grigi oceani perpetuamente agitati.
    «Papà» il pendolo accompagnò quel richiamo, scandito da una voce maschile.
    L’uomo non si mosse, perso com’era a sorvolare le creste erbose di un prato azzurro.
    «Papà» tentò di nuovo la voce, ma stavolta il ragazzo sembrò rassegnato. Non avrebbe ricevuto alcuna risposta. «Papà».
    La ragazza alle sue spalle avanzò d’un passo, rovistando nella borsa a tracolla marrone che le cingeva il corpo esile.
    Ne estrasse una pila di foto e le porse al vecchio.
    Un odore familiare lo spinse ad abbassare lo sguardo. Non guardò le mani diafane della giovane donna, solcate da vene celesti che si ramificavano in ogni dove, né le sue unghie laccate di rosa e perfettamente curate.
    Invece, rivolse le gemme traslucide direttamente alle foto plastificate, su cui i raggi pomeridiani riflettevano una luce soffice e rilassante.
    Le sue mani callose e inaridite come radici di una vecchia quercia si allungarono piano e i volti dei due visitatori si illuminarono di speranza ed emozione.
    Seguirono ogni singolo movimento del vecchio, chiedendosi cosa stesse pensando e se lo stesse effettivamente facendo. I polpastrelli ruvidi di quest’ultimo percorsero la superficie liscia della carta, mentre sfogliava le foto una ad una, risalendo lentamente alla prima, l’inizio di tutto, sulla quale si soffermò a lungo.
    Gli occhi slittarono sui lineamenti levigati e puliti di una bambina dalle guance rosee e dalle grandi pietre castane incastonate nel viso, incorniciate da folte ciglia nere. Accanto alla bimba sedeva un altro bambino, di forse sei anni, raggomitolato in un maglione arancione troppo grande per lui. Se ne stava col viso sprofondato nel colletto, le guance paffute gonfiate da un sorriso facevano risplendere gli occhietti verdi.
    Sulla testolina incoronata da una folta chioma ramata, se ne stava adagiata la mano del vecchio che, soggetto centrale dell’immagine, reggeva i due bambini sulle gambe allora possenti e scattanti.
    Ogni anno, da quel giorno, i tre avevano continuato a replicare la foto, mantenendo fede alla tradizione a discapito delle distanze, degli imprevisti, della pioggia insistente e del sole cocente, del freddo pungente e del caldo torrido che consuma la terra. Nulla aveva mai potuto fermarli; quel giorno era sacro, tutto il resto perdeva d’importanza.
    «Papà» chiamò di nuovo il ragazzo, chinandosi in avanti per mostrargli la vecchia Polaroid rimasta intatta dopo tutto quel tempo e che continuava a servire la famigliola con fedeltà.
    L’uomo, sorridendo, poggiò sul letto le istantanee, divaricando suo malgrado le gambe stanche e spalancando le braccia, nel muto invito ai figli a prender posto.
    L’infermiera dall’aspetto pingue che era rimasta in disparte in un angolo della stanza per tutto quel tempo, fece un passo in avanti imbracciando la fotocamera. Nel momento stesso in cui i due giovani si posarono sulle gambe del padre, lo scrigno spinoso abbandonato nei meandri della sua interiorità scattò leggermente.
    Suoni, parole, gesti, momenti remoti gocciolarono all’esterno, smuovendo il laghetto della sua coscienza. Ombre di giorni passati presero forma, riconsegnando consistenza a una mente alla deriva e in pezzi.
    Fu il momento di uno scatto, quello in cui l’intera vita del vecchio gli passò davanti agli occhi come un album di fotografie, nel quale una costante perseverava: i suoi due figli. I loro primi passi, le prime parole, i successi, le delusioni, i pianti e le risate, gli scontri e le riappacificazioni, gli allontanamenti, le paure e le incomprensioni.
    Il tempo di un respiro e la mente dell’uomo si spense di nuovo. I suoi occhi smisero di vedere e il peso dei due giovani scomparve dal suo corpo, insieme al loro calore. Sprofondò di nuovo nella sua bolla.
    Un battito di ciglia fece calare la notte. Gli occhi gonfi gli annunciarono un bisogno impellente.
    Si mosse a fatica nella stanza vuota, in cui solo il pendolo dava un contorno alla realtà.
    Le coperte lo avvolsero e le carezzò con le mani, tastando qualcosa di diverso dal semplice tessuto.
    Afferrò l’oggetto, allungando a tentoni la mano sulla superficie fredda del comodino, alla ricerca dell’interruttore della lampada.
    L’accese.
    Ciò che stringeva tra le mani era una foto che probabilmente era stata lasciata lì per errore. Mise a fuoco.
    Ricambiarono il suo sguardo una tenera bimba e gli occhi verdi di un fagotto arancione.
    Guardò al centro, l’uomo che stringeva i due piccoli, se stesso. Un’ombra scura gli nascondeva il viso.
    Abbandonò la testa sul cuscino, chiudendo le palpebre asciutte e stringendo l’istantanea al petto.
    Riusciva a sentirlo. Riusciva a sentire il calore della foto.
    Il calore della foto da cui tutto era iniziato e da cui tutto, in quel preciso istante, stava per finire.
     
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    Questo racconto mi è piaciuto molto, così come il fatto di scoprire poco del protagonista: secondo me è una buona rappresentazione del fatto che sia così assente.

    EDIT. ho premuto invio prima di finire il messaggio. XD
    Ho trovato l'atmosfera che si respira, nonostante tutto, calma e rilassante, come se l'assenza di ricordi e il non sapere attribuire un'identità ben precisa agli altri allontani in qualche modo dalla realtà della vita.
    Dovrebbe apparire inquietante, a logica, ma in quella condizione credo che tutto possa andare oltre la logica.

    Non so se fosse quello che tu volevi rappresentare o meno, ma io l'ho interpretato così.
     
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  3. • cherrypaws •
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    CITAZIONE (Milly Sunshine @ 23/12/2017, 22:52) 
    Questo racconto mi è piaciuto molto, così come il fatto di scoprire poco del protagonista: secondo me è una buona rappresentazione del fatto che sia così assente.

    EDIT. ho premuto invio prima di finire il messaggio. XD
    Ho trovato l'atmosfera che si respira, nonostante tutto, calma e rilassante, come se l'assenza di ricordi e il non sapere attribuire un'identità ben precisa agli altri allontani in qualche modo dalla realtà della vita.
    Dovrebbe apparire inquietante, a logica, ma in quella condizione credo che tutto possa andare oltre la logica.

    Non so se fosse quello che tu volevi rappresentare o meno, ma io l'ho interpretato così.

    Sono davvero contentissima che questa shot ti sia piaciuta e sono rimasta molto colpita dalla tua interpretazione!
    Dico ciò non perché tu non abbia centrato il punto di quanto io volessi rappresentare o altro, al contrario. Scrissi La densità del vuoto quando ero sommersa in una coltre fittissima di pensieri, dunque contiene altrettante fitte chiavi di lettura e le possibilità di interpretazione sono illimitate. E' sempre un piacere potermi confrontare con le diverse interpretazioni che i lettori ne danno!

    Grazie mille per aver dedicato attenzione al testo e grazie soprattutto per il commento
     
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    Prego, di nulla, mi fa piacere.
    Credo che i testi più introspettivi abbiano molteplici chiavi di interpretazione: forse c'è un'interpretazione possibile per ogni lettore.
     
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  5. • cherrypaws •
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    Sì, la penso esattamente allo stesso modo :)

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4 replies since 23/12/2017, 21:45   65 views
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