Shadows On The Wall

(Titolo provvisorio)

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    Ha comunque una gamba spezzata aggiunto al fatto che sta morendo di stenti e disidratazione eh, non tutto quello che dice o fa può essere sensato/ragionato.
    Come lanciare un fottutto sasso contro Daris, ad esempio.
     
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    Bello, trovo questi linch i "personaggi" migliori fino ad adesso. Se vuoi un consiglio, forse ti conviene approfondire un poco di più il background dell'ambientazione, o almeno farlo trasparire in qualche modo.
     
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    lich*

    Comunque, ci sono molte cose da spiegare ma ho deciso di rivelarle con calma.
    In realtà ci sono molti dettagli ed indizi velati a riguardo del BG presente dietro la storia, basta saperli cogliere.
     
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    Ah, okay, non avevo capito che il passaggio tu/voi fosse una cosa voluta.
     
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    Laws and labours, structures tight. Memories of faded might...

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    Smodiel sentiva chiaramente le sua ossa incrinarsi sotto il peso dell'enorme masso che aveva sulle gambe.
    Una si era già spezzata torturandolo con un dolore non solo atroce ma logorante.

    Aah, gli inizi di capitolo alla Martirios. Sofferenza, morte e DOLOREH sono non solo abbondanti ma ovunque... e costanti.
    E' sempre bello cominciare così.

    CITAZIONE
    no, non era vero.

    CITAZIONE
    Che bella la vita.

    Questi due strali aiutano ad avvicinarsi al personaggio, che lo si potrebbe dire un comune sfigato di periferia in questo momento.
    Il che rende più divertente il momento "aiuto divino express".
    Nella migliore tradizione maritiriosiana, questo aiuto divino non è l'oro colato che potrebbe sembrare altrove.
    Anzi, sulle prime Darìs neanche lo accetta. Sarebbe una scena estremamente drammatica se non ci fosse, via il POV che insomma narra, un gusto divertente nel descrivere la situazione.
    Il sasso lanciato è una reazione anche piuttosto normale, noi che siamo comodi comodi la diciamo stupida ma nei suoi panni probabilmente avremmo fatto lo stesso.
    Oppure saremmo morti di paura. Devo dire che comunque, davanti a quel mostro pseudo-angelico, si è comportato con più sangue freddo di quello che gli avrei dato.
    O ha visto parecchia roba schifosa oppure ha un piccolo problema localizzato all'amigdala (no, non quella di Bloodborne)

    E' la parte finale quella che solleva il punto secondo me più interessante del POV. I lich che osservano il segno non li hai messi solo per permettere al sacerdote di dire "anche voi pregate", ci sta dell'altro sotto e comunque non stanno nemmeno pregando, mi pare.
    Sono intenti ad osservare e dietro ci sta un significato recondito.
    E' comunque la discussione tra il sacerdote ed il lich gioioso a dare un buonissimo valore al pezzo; chi è peggio, tra creatore e creato?
    Chi è migliore?
    Apprendere il male è apprendere qualcosa oppure ripetere schemi già visti fino a che il mondo è grigio ed uso ad essi? Sono domande che possono sorgere da quella discussione, interrotta con un plot twist.

    Per ora stai procedendo con una calma che è un grande cambiamento rispetto alle altre storie e ciò mi piace.
    Ti incoraggio, anzi, a continuare così perché quando prendi tempo per misurare i tuoi passi te ne esci con cose davvero di pregio!
    Bravo, Martirios! Prosegui su questa linea!
     
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    Questo non è propriamente un pezzo, ma più una forma di estratto/approfondimento.
    Una forma di compendio, un'aggiunta al mosaico che è il Background di SOW.


    Anno Imperiale Kilariano 13.567, Era della Notte.
    Registrazione delle ore 34:99, memorie vocale N. 56 di Mosach Foghein


    "Questo è il lascito della mia generazione,
    le sfrenate urla divertite di una cultura che si soffoca ridendo di se stessa.
    Corriamo verso la nostra rovina con un sorriso in volto ed una menefreghista sicurezza del domani.
    Siamo incatenati ad una nave che affonda, ma nessuno prova a liberarsi: non vediamo il fondo dell'oceano che ci inghiottirà per sempre.
    No, gli occhi e pensieri dei molti osservano con estasi le vane glorie lasciate da chi li ha preceduti, vaneggiando vili e aberranti ideologie.
    La borghesia e la plebaglia che sta sotto si azzannano come serpi, la prima inebriata dalla sua futile vanità e la seconda mossa da una deplorevole follia omicida.
    Ma nessuno piangerà i morti.
    Sono tutti trasportati dalle promesse di una società -libera-.
    E tutti loro credono di essere liberi là dove invece l'inganno e l'oggettivismo più malsano sono colonne della loro nazione.
    Ed ora so che l'inganno più grande non è stato creato da un dio o da qualcosa di superiore: ma dagli illusi, dai derelitti, dai folli e dagli avidi.
    Gli stessi che ora sogghignano e perdono le loro menti in malsane ossessioni e vizi.
    E più guardo noi Reviani e più avverto un senso di disgusto e orrore percuotermi l'anima.
    Non siamo che la deforme contraffazione di un'opera d'arte, un quadro di decadenza realizzato dalla mano di un folle perverso e privo di controllo.
    Siamo la rovinosa fine di cinque secoli di progresso e genialità, un'ombra torbida e reietta del nostro passato che vede giungere il giorno destinato ad ucciderla.
    Non mi resta che aspettare e presto il povero farà suo nemico il più povero, mentre il ricco avrà come nemico colui che è sopra di lui.
    E se è vero che sono gli uomini a determinare il proprio fato, non gli dei o i re, allora è oramai chiaro che il nostro destino è già tracciato.
    Di ciò che eravamo, siamo e potevamo essere non resterà che una ricchezza sperperata, sepolta in una tomba d'acqua..."

     
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    Mosach Foghein ha capito tutto della società in cui vive.
     
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    Una catena dalle fumose sembianze gravava sulla schiena di Tyvell Doneria.
    Poteva sentirla insediarsi nel suo corpo, mentre il respiro di una tiranna velata alla sua vista soffiava sul collo.
    Colei che dimorava nella Città Perduta e davanti alla quale tutti prima o poi si inchinavano, lo stava osservando...
    "Tu mi temi?" Chiese una voce femminile, dolce e materna ma risonante di una melodia contorta ed evanescente.
    Tyvell Doneria scosse la testa mentre passava l'Orminva sulla sua pelle incidendo la terza e ultima runa.
    Lo strumento argentato scavava facilmente la carne, lasciando dietro di se ferite intrise di un'innaturale nebbia color ghiaccio.
    "La verità è che io ti conosco quasi da sempre: ti ho visto su molti volti, ma non ho mai temuto il giorno in cui mi avresti preso" Tyvell Doneria sentì la testa girare per il dolore, ma riuscì a rimanere lucido.
    "Eh... credi forse che ci sia una specie di -paradiso- ad aspettarti?" Chiese divertita l'invisibile Regina sussurrando nelle orecchie del nobile.
    "Non lo so, ha davvero importanza? Forse potresti rivelarmelo...".
    "Cosa ti fa pensare che te lo dirò?" Per un secondo Tyvell pensò di avere visto una donna al suo fianco, ma presto scoprì di essere solo nella stanza.
    Solo le luci di innaturali fredde candele e il suo sangue sparso sulla scrivania era ciò che poteva osservare.
    "Non lo so, ma sembri molto più aperta dal nostro primo incontro".
    Per qualche secondo, Tyvell e la Regina rimasero in silenzio.
    Ti annoiavi a parlare con i morti e hai deciso di farmi visita?
    Mi piacerebbe pensare che non ci stiamo sfruttando a vicenda, ma sarei sciocco.
    E sono certo che tu hai strappato via molti sciocchi a questo mondo.

    "Forse non hai paura della morte, ma di certo temi per la vita di altri".
    Riuscì a percepire la presenza avvicinarsi nuovamente a lui "Coloro che ami...".
    Un freddo spettrale scosse le spalle di Tyvell, facendogli perdere la sua rigida compostezza.
    "È certo che te li prenderai in futuro, ma spero che tu mi dia il tempo di salvarli oggi" Il Doneria provò a forzare un'espressione neutrale ma le sue emozioni iniziavano a tradirlo.
    La sua mano si strinse con forza mentre la runa dalle forme sinuose ed intricate sul polso destro veniva terminata.
    Tyvell spostò lo sguardo verso destra, dove appoggiato al muro vi era un piccolo vaso di vetro e pietre fuse.
    Da questo cresceva un fiore piuttosto particolare, la Calenxia: non era il più facile da raccogliere per le spine che ricoprivano tutto il gambo, inoltre qualcuno poteva chiedersi se valesse la pena raccoglierlo.
    Proprio la Calenxia, che al contrario di altri non poteva né produrre veleni, medicinali o polveri utili.
    Ma non lo aveva buttato, non poteva farlo nonostante anni prima si fosse sfregiato la mano per raccoglierlo.
    Era un fiore piuttosto bello a modo suo, dai petali bianchi come la neve e... Quel profumo così familiare e allo stesso tempo distante.
    Afferrò una siringa dal pacchetto di Monslasa sulla scrivania.
    Quando era in Revi, tutti dicevano che -aiutano a risollevare corpo e spirito!-.
    Ma nessuno parla degli effetti "secondari".
    Non lo fanno i venditori, ne i loro politici o la gente comune.
    Ci hanno venduto questa merda per anni fino a che-

    I pensieri scorrevano fugaci mentre l'ago penetrava iniettando il liquido giallastro.
    Quei dolori che laceravano le sue memorie e la carne per un momento scomparvero.
    Si accarezzò il lungo sfregio sul volto, un fiume di immagini fugaci gli facevano sognare tempi migliori.
    Nonostante tutto... Lui non dimenticava.
    Dopo alcuni secondi, persi in un'eternità caotica ed ingannevole, i suoi occhi si riaprirono con fatica.
    "Reviani, che lurido ammasso di feccia" Disse con un filo di voce mentre riprendeva il controllo.
    "Nessuno ti obbliga ad usare il Darkalma, eppure-".
    "Non osare parlare!" Sbottò all'improvviso Tyvell dimenticandosi chi era il suo interlocutore.
    "Tu non sai cosa succede una volta che provi questa merda" Il Doneria scagliò la siringa vuota contro il muro alla sua sinistra.
    "Ti ho visto sopportare ferite peggiori senza l'ausilio di quella sostanza deleteria".
    "Pretendi che io agisca come se fossi, un lich? O un machinomante?! Forse non ti rendi conto che basta un errore da parte mia e loro...!" Per un momento la sua testa si fece pesante, offuscata da ben altro che gli effetti del Darkalma.
    Lui aveva già visto quel momento, l'istante in cui la ragione per cui tirava avanti cadeva nell'oblio.
    E la rivedeva ancora e ancora, al punto che si era trasformata in un'incessante tortura fuori dal suo controllo.
    Tyvell si coprì il volto con le mani, schiacciandosi la faccia contro i ruvidi palmi.
    "Non posso-".
    "Cosa non puoi?" La voce della Regina ora era furiosa, mentre un forte gelo si posava sulla spalla destra del nobile.
    "Non posso salvarli".
    "Se non puoi salvarli... vendicali".




    "Questa è la fonte del potere che ho avvertito" Affermò il lich indicando la porta davanti a loro.
    Il mogano nero era raffinato, intarsiato lungo i bordi delle sommità da una scritta dorata che recitava la frase: "Noi scagliammo la prima lancia".
    "Quello è il motto dei Doneria..." Commentò Afeyon osservando la lucente frase.
    Conosceva alcuni membri della famiglia, ma non era uno storico e nessuno di loro si era mai preso il disturbo di fargli da insegnate sulla loro araldica o discendenza.
    In vero, il secondo era un argomento piuttosto pericoloso da discutere...
    Deruk'jalvod puntò il suo braccio armato in direzione del centro della porta.
    "Mi basta un solo colpo e il bastardo lì dietro raggiunge quella troia che lo comanda!".
    "E se non si trova dentro la stanza?" Chiese Afeyon mentre un pensiero inquietante si faceva largo tra le ipotesi.
    "Se non c'è nessuno beh, abbiamo la possibilità di entrare".
    La mano di Afeyon afferrò il braccio del lich, attirando l'attenzione della creatura biomeccanica.
    "Spara alla maniglia, se la fondi basta un calcio ed evitiamo di attirare l'attenzione".
    "Preferisco qualcosa di più diretto!" Deruk'jalvod scatenò una tempesta di fiammeggianti dardi scarlatti che ridussero in cenere grosse sezioni della porta.
    Il lich tirò un calcio distruggendo i pezzi di legno ancora intatto.
    Tyvell Doneria si ergeva in piedi, illeso nonostante l'attacco improvviso.
    "A che gioco stai giocando umano?!" Deruk'jalvod puntò il suo fucile contro la testa del nobile.
    "Posso comprendere perché ti sei alleato alla Regina, ma sei stato un idiota se pensavi che potevi allearti in contemporanea ANCHE con me!".
    Tyvell Doneria spalancò le braccia, uno sguardo privo di emozioni in volto.
    "Ti dirò la verità, non mi aspettavo che avresti scoperto il mio -schieramento-, quindi ti ricompenserò con una risposta".
    Un sorriso crudele e beffardo non diverso da quello di Deruk'jalvod si rivelò sul volto dell'umano.
    "Tu non sei un mio alleato, sei solo uno strumento.
    E non siete una razza, siete solo armi abbandonate!".
    Il lich sparò un colpo ma non fu la testa dell'umano ad esplodere, bensì il soffitto.
    Uno strato di polvere si depositò sulla testa del lich mentre si voltava: una luce proiettata dalla mano di Afeyon incatenava il braccio di Deruk'jalvod.
    "Che cosa stai facendo?! Dobbiamo ucciderlo!".
    Afeyon rimase ad osservarlo silenzioso, mentre la sua espressione era sempre più tesa.
    "Non posso permetterlo, ho fatto un giuramento a Corbus" Rispose mentre nell'altra mano si generava una seconda fonte di energia color neve.
    Le piccole fiamme eteree sul volto di Deruk'jalvod si fecero intense.
    "Anche io mi sono imposto un giuramento, molto tempo fa!".
    Il lich eseguì uno scatto incredibilmente rapido in direzione di Afeyon: i suoi artigli intrisi di energia distrussero la catena di luce, mentre con una ginocchiata spezzava le costole del reiscita.
    Con il braccio armato ed ora libero sparò una scarica di colpi contro il lord Tyvell.
    A Tyvell bastò un veloce gesto delle mani per generare il fumo nero che deviò i colpi contro la scrivania dietro di lui.
    L'umano assunse una forma spettrale e mutevole che volò attraverso la ferita del soffitto.
    Deruk'jalvod si avvicinò con dei passi rapidi e minacciosi ad Afeyon, il quale giaceva ancora sul pavimento.
    Lo afferrò per il collo sollevandolo così che potesse osservarlo in faccia mentre parlava.
    "Vedo che fai uso della magia! Vi sono altri segreti che mi nascondi... -sacerdote-?".

    Edited by Martirios - 4/3/2017, 02:13
     
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    Il dialogo tra Tyvell e la Regina è stata la parte più coinvolgente del capitolo. *-*

    e il lich... niente, il lich continua ad essermi difficilmente digeribile. :P
     
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    Molto interessante come pezzo, il lich continua a piacermi come personaggio, ma devo ancora inquadrare bene Tyvell
     
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    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+



    Quel codice binario appariva spesso nell'intelligenza artificiale di GD-145.
    Era una costante che non riusciva mai a conciliare pienamente, non era un comando immediato come altri.
    Che cosa doveva intendere come "Umanità"?
    Doveva intenderla come un macro gruppo di tutte le forme umane esistenti?
    Oggettivamente non poteva esserlo, gli Yoteriani nelle Isole Reumake avevano dato l'ordine di -purificare- la zona da ogni Perduto sotto l'influenza del Mutevole Leviatano.
    Erano minacce ostiche ed ostili all'Armata Liberatrice, ma le loro caratteristiche fisiche erano decisamente umane.
    Inoltre gli Accecati parlavano, combattevano e si "disperavano" quando uccideva la loro prole o altri soggetti con legami parentali.
    Esattamente come ogni altra forma di umanità conosciuta al Sistema Unificato.
    Per 457 volte aveva terminato le vite di Perduti armati, 190 volte quelle di civili considerati Perduti e 45 volte quelle di bambini... "corrotti".
    Gli umani usavano spesso quel termine, per qualche ragione.
    Ed ogni singola volta, l'IA visualizzava quel messaggio:
    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+
    Logicamente allora sia civili che soldati erano esclusi dalla categoria "Umanità"...
    Nemmeno i soldati Yoteriani rientravano nei parametri, apparentemente.
    Il 42esimo giorno del Lungo Gelo del 13.574 il Machinomante GD-145 aveva eliminato un giovane soldato Yoteriano.
    GD-145 non conosceva il motivo e non ne aveva bisogno: gli umani ordinavano, lui eseguiva.
    Ed i suoi calcoli per evitare tempi di esecuzione troppo prolungati, finivano sempre per ignorare quel Comando Primario.
    Forse era sottointeso che gli ordini impartiti dagli Yoteriani erano prioritari alle direttive programmate.
    Nonostante ciò quel conflitto di sistema si presentava ogni volta che doveva uccidere un altro umano.
    Come ad esempio quella donna che gli stava correndo davanti: da una rapida analisi aveva individuato segni di stanchezza, una gamba con gravi danni strutturali... Inoltre portava un peso tra le braccia che le ostacolava la corsa.
    Una scelta piuttosto inefficiente per una fuga.
    Quando questa si voltò leggermente nella sua direzione individuò il carico: era una forma di vita umana procreata da poco, probabilmente da appena qualche mese.
    "GD-145, sparagli" Disse il sergente Havad indicando la donna che correva.
    Il braccio meccanico del Machinomante si mosse automaticamente nella sua posizione di tiro.

    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+


    GD-145 stava tardando ad eseguire l'ordine, cercando di conciliare il comando con l'azione che gli stavano ordinando.
    Ma non vi era alcun modo e l'intelligenza artificiale per un momento ignorò sia l'ordine che il Comando Primario.
    Il sergente Havad si voltò verso GD-145, una sguardo perplesso in volto.
    "Ti ho detto di sparargli... Comando: terminare il soggetto in fuga" Ripeté usando una sequenza di termini più tecnici.
    La donna stava per sfuggire al visuale del machinomante.
    Se non gli sparava, non contraddiceva il Comando Primario Numero Sei.
    "Obbedisci!".
    Obbedisci... Quella parola in meno di un istante riuscì ad annullare ogni calcolo sorto in precedenza.
    GD-145 premette il grilletto e un arco elettrico si scagliò sulla donna e l'infante fermandoli prima che potessero scomparire.
    Quello era il comando più potente presente nella programmazione dell'IA, ed era allo stesso tempo il più semplice.
    +OBBEDISCI+
    "Fai un'altra volta una cosa simile e ti farò rimpiazzare".
    L'umano non era soddisfatto della prestazione, ma non era importante.
    GD-145 si avvicinò al cadavere della donna per osservare i risultati.
    I suoi capelli in precedenza chiari si erano scuriti, in parte bruciati dal colpo, mentre il corpo era ricoperto di bolle e scottature.
    Il corpo del neonato invece era talmente carbonizzato che in alcuni punti le ossa erano scoperte.
    Ed ancora una volta apparve...
    +Comando Primario Numero Sei: Proteggere l'Umanità+
    "Ehy...lattina" Secondo i suoi registri la voce era quella del Capitano Erul.
    "Hai qualche collegamento danneggiato? Ti ho visto uccidere sei Kilariani in sette secondi e almeno quattro erano in movimento" Commentò lo Yoteriano, mentre anche lui si avvicinava per osservare il cadavere.
    "I miei sistemi di mira sono ancora efficienti" Rispose GD-145 distaccato.
    "Uhm..." Ora anche Erul pareva sconcertato dalla situazione, ma non più di tanto.
    Il capitano non era quel genere di persona che si sorprende facilmente.
    "Senti, ehm" Erul spostò lo sguardo sul marchio inciso sulla spalla destra.
    "GD-145 so che è una domanda particolare, ma tu... Non hai sparato apposta? Perché se è così non sono certo che dovresti-".
    "Noi machinomanti non prendiamo decisioni, eseguiamo solo ordini".
    Il capitano Erul si grattò il mento, squadrando l'umanoide meccanico.
    "Tuttavia hai tardato ad eseguire l'ordine, da quello che ho visto" Continuò indicando la testa di GD-145.
    "4562" Rispose il Machinomante senza rendersi conto di quanto fosse criptica la frase.
    "Come scusa?".
    "Ho ucciso 4562 umani da quando sono stato creato, una volta ricevuto l'ordine non ho mai fallito".
    La testa di GD-145 girò di qualche grado per osservare Erul "Voi quanti umani avete ucciso, capitano?".
    Per un momento l'umano parve spiazzato dalla domanda.
    Forse nessuno gli aveva mai posto quel quesito?
    Erul rimase a fissarlo per svariati secondi, poi disse un debole "Provo a non pensarci, preferisco non saperlo".
    "Io invece ricordo ogni singolo umano che ho ucciso, ma so che nessuno mi ha mai dato l'ordine di fermarmi".
    GD-145 tornò ad osservare la donna e il bambino stretto tra le sue braccia.
    "Posso supporre che diano per scontato che io non posso fermarmi...".

    Edited by Martirios - 9/7/2017, 15:11
     
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    Bel pezzo, si capisce che questo "machinomante" abbia una gran bella confusione, è il classico problema delle tre leggi della robotica.
    Solo non ho capito se il personaggio sia un unione di uomo e macchina o una macchina senziente.
     
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    La mia impressione è che si tratti di una macchina senziente.
    Il suo curriculum la dice lunga, peraltro. E' un tipo di macchina che non mi piacerebbe incontrare. XD
     
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    "Noi non siamo nemici, lich... Non possiamo esserlo di questi tempi" Mormòro Afeyon mentre respirava con fatica.
    "Questo tocca a me deciderlo!" Esclamò Deruk'jalvod schiantando il reiscita contro il muro.
    "Ecco come faremo" Il lich appoggiò uno dei suoi artigli nella parte centrale del petto di Afeyon.
    "Tu mi concederai una spiegazione, chiara e semplice: ogni volta che non mi darai una risposta che mi soddisfa, affonderò il mio dito dentro il tuo petto.
    Una volta raggiunto il cuore lo penetrerò e l'emorragia farà il resto".
    "Nessuna pressione eh, siamo -alleati-" Aggiunse il lich sorridendo.
    "Avevamo bisogno di Tyvell per uccidere ciò che si annida sotto Tamaigo, la Città d'Ombra".
    "Tu e questo -Corbus- giusto?" Come risposta ottenne un breve gesto di conferma con la testa da parte di Afeyon.
    "Volevate farvi aiutare dalla Regina?".
    Il sacerdote scosse la testa e presto sentì il metallo affondare lentamente nelle sue costole.
    "Non sapevamo che Tyvell ci aveva traditi!" Urlò dolorante Afeyon, fermando la sua lenta esecuzione.
    "Tu non sei un sacerdote, non è vero? Cosa sei in realtà?".
    "Sono davvero un sacerdote-" Percepì nuovamente l'artiglio penetrargli le ossa...
    "Fammi finire! Sono un sacerdote, ma sono anche un guerriero di Mighal!".
    Mighal... Si ricordo quel luogo: era una delle isole fortificate su cui combattemmo le armate della Regina.
    Poteva ricordare il rumore di onde e vento che tormentavano quel luogo.
    Li vedeva ancora, migliaia di cadaveri spiaggiati sulle affilate coste che tingevano l'acqua con sangue nero, lordo, maledetto...
    "Dimostramelo!" Ora l'artiglio del lich stava penetrando la carne e presto avrebbe raggiunto il suo bersaglio.
    "Dietr- diet- la schie-" Afeyon non riusciva più a completare una parola senza essere colpito da fitte di dolore.
    Il lich gettò a terra l'umano, il quale cadde sul pavimento atterrando di faccia.
    Deruk'jalvod strappò la sezione posteriore delle vesti color bronzo mettendo a nudo la schiena di Afeyon.
    Una finestra pentagonale, protetta da cinque sbarre incrociate, era incisa sulla sua pelle con una pittura sottocutanea.
    "Certe cose non cambiano mai? Uh?" Chiese soddisfatto il lich mentre osservava il simbolo.
    Anche se dubito che lui sappia quale sia il significato di questa -finestra-.
    "Perché non mi hai detto prima che eri un guerriero di Mighal?".
    Deruk'jalvod sollevò con facilità l'umano aiutandolo a rimettersi in piedi.
    "Non pensavo che dopo tutto questo tempo avresti mantenuto il voto" L'umano tentava di fermare il sangue che fuoriusciva dalla ferita, ma il vivido fluido rosso scivolava tra le sue dita.
    "Stai crepando? Sai di solito voi umani dopo un po' crepate quando vi spezzo le costole".
    "Mi stai prendendo in giro?" Chiede seccato il sacerdote mentre un'altra fitta di dolore si insediava tra le fratture.
    Deruk'jalvod lanciò una risata divertita, poco prima di osservare meglio la ferita.
    "Su troviamo qualcuno che ti aggiusti quelle vecchie ossa che ti ritrovi".
    I due iniziarono a scendere le scale, gocce di sangue cadevano sul tessuto che le ricopriva sporcandolo.
    "Sei proprio un stronzo, Deruk'jalvod" Disse Afeyon scagliando un'occhiata sopra il lich.
    "Grazie! Faccio del mio meglio!".



    Anno Imperiale 13.568, 12esimo giorno del Ritorno Solare
    Kilar, Nona Cella ("quartiere" di Tamaigo)...


    Dovori aprì la porta lentamente dando vita a un coro di scricchioli e stridii doloranti.
    Al calare del dì oramai vicino nella casa di legno erano state accesse lanterne, anche elle da un aspetto rude e grezzo.
    La faija di Smodiel addensava la stanza con un acre odore, in quale era addirittura più piacevole della lordura che erano abituati a chiamare "aria"...
    Il volto del ragazzo era coperto dal fumo, ma esso non poteva coprire il gigantesco livido viola sulla destra del mento.
    "Mica avevi smesso di fumare?" Grugnì il muscoloso padre mentre atterò sulla logora poltrona, alzando un cumulo di polvere dai suoi vestiti.
    Smodiel squadrò la maglia di Dovori notando piccole di gocce sangue marcio sparse sulla superficie.
    "E tu mica avevi smesso di uccidere?" Controbatté Smodiel con la risposta in parte già pronta.
    "Non pensare male, si trattava di un vagabondo corrotto: per come la vedo io gli ho fatto un favore".
    Il carpentiere afferrò una bottiglia di vak blu, il liquido scendeva nel suo piatto di legno facendo trasparire gli ultimi raggi di luce.
    "Sarebbe tutto più facile se uccidessi qualche ricco" Mugugnò il giovane alzando la testa al cielo.
    "O se tu ti trovassi un lavoro invece di...Com'è che dite voi giovani? Cazzeggiare? Insomma, perdere tempo con le lotte in strada".
    "Riesco a pagare parte del debito con quei combattimenti".
    "E a spaccarti la faccia!" Esclamò Dovori stanco, gesticolando in direzione del volto di Smodiel.
    "Si beh tu ti spacchi la schiena da quanto? Dieci? Venti? Trenta anni? E sei allo stesso punto di prima".
    "Solo la volontà degli Uomini può condurre a-" Smodiel parve irritato da quelle parole.
    "Non recitare sermoni come se fossi un uomo di chiesa! Dannazione!".
    "Un giorno imparerai che ci sono cose più importanti delle ricchezze, Smodiel".
    Il sorriso di Dovori era caldo e sincero, inusuale per gli abitanti di Tamaigo.
    "Ad esempio le donne!" Rispose Smodiel con un sorriso malizioso, accolto dalle risate del padre.
    "È un inizio! Quelle sono certamente importanti! Ma vedi, io mi riferivo a-".
    I vetri delle finestre esplosero travolti da una sagoma deforme e rapida.
    Il maoklot, un esemplare dalla testa allungata e coperta di tante piccole corna, ruzzolò sopra il polveroso pavimento schiantandosi contro un muro.
    Si rialzò in piedi spalancando una schiera di arti lunghi e sottili che si estendevano dal suo petto gonfio e deforme.
    Smodiel ebbe appena il tempo di vedere uno di questi arrivargli addosso scagliandolo contro il tavolo.
    Dovori con uno slancio protratto in avanti afferrò la gamba del comodino e lo schiantò in faccia alla progenie oscura.
    Presto l'uomo si trovò sovverchiato dalla massa di artigli che lo atterrarono nonostante il suo peso.
    Le fauci del maoklot si spalancarono rivelando un rovo di pungiglioni e tentacoli.
    Pezzi di cranio insaguinati schizzarono intorno ai due mentre un colpo rapido e preciso penetrava il cervello di Dovori.
    Smodiel colto dalla paura e dalla rabbia stava già per scagliarsi contro l'infame mostro armato di un coltello da cucina, ma non ebbe la soddisfazione di ucciderlo lui stesso.
    Un getto fiammeggiante proveniente dalla finestra infranta travolse il padre e l'omicida consumandoli nei loro ultimi momenti mortali.
    Il ragazzo si lanciò verso la porta evitando di morire tra le fiamme che stavano avvolgendo la sala.
    Uscì dalla casa e presto i forti venti notturni gli soffiarono sul viso, ma il fumo gli stava causando ancora dei problemi alla vista.
    Un uomo dalle vesti di un grigio monotono ed il capo coperto da un tricorno logoro l'osservava.
    Mise a fuoco ciò che aveva intorno e notó che intorno al figuro il pavimento era tappezzato di cacciatori e maoklot.
    Il signore dalla lunga giacca a vento rimise nella fodera la pistola ancora fumante.
    "C'era qualcun altro in quella casa?" Chiese inclinandosi leggermente a destra.
    Smodiel rimase in silenzio mentre un'onda di pensieri e sensazioni erano sul punto di farlo crollare.
    Lo sguardo era fisso sulla sua stessa ombra generata dal rogo che stava consumando la sua casa.
    Il cacciatore si guardò intorno, emise un sospiro scontento.
    "Se ho ucciso un tuo parente...".
    "No" Lo interruppe Smodiel, i muscoli delle braccia tesi e tremanti.
    Alzò lo sguardo tentando di non sembrare debole o malato.
    Quel genere di persona non viveva a lungo al cospetto di un cacciatore.
    "Voi siete credente?".
    Vi erano tante domande che avrebbe potuto porgli: chi era, cosa ci faceva lì, perché gli aveva bruciato la cazzo di dimora...
    Cosa gliene poteva fregare se era quel genere di persona?
    Come se facesse una qualche differenza in un posto dove la gente veniva torturata o uccisa solo perché nata.
    In che modo poteva cambiare ciò che avveniva credere in qualcosa o meno?
    Il signore dal pizzetto bruno e argenteo scosse le spalle.
    "Non sono un uomo pio o religioso, non pratico! Non credo e la chiesa mi odia!
    Ma so che un dio desidera spazzare questo mondo...".
    Tese lentamente il braccio in direzione dell'inferno con il palmo rivolto verso l'alto.
    "Con una Canzone del Fuoco" Concluse chiudendo la mano.
    Il suo sguardo sfuggì all'ipnotico movimento delle fiamme e ritornò la sua attenzione al giovane.
    "Il mio nome è Lav" Disse con fare distratto mentre gli poggiava una prometeark davanti ai piedi.
    "Non so chi tu sia ma credo proprio che quella ti servirà, presto...".
    Un coro di migliaia, forse milioni di urla stridenti e canti si alzavano ululando.
    Il Ritorno Solare era appena iniziato eppure...
    Più Smodiel osservava il cielo e più aveva l'impressione che il giorno non sarebbe tornato presto.


    Nota dell'autore: chiariamo un paio di cose.
    Nei pezzi precedenti e in molti dei prossimi siamo nell'anno 13.573.
    Nel calendario Kilariano (è quello comune a tutti così come la lingua) non ci sono dodici mesi, ma solo due: Lungo Gelo e Ritorno Solare, entrambi composti da 240 giorni e potete intuire come siano caratterizzati.
    Una giornata ha 50 ore, ma ciò non significa che queste 50 ore sono come 50 delle nostre, in quanto in questo mondo le misure sono diverse e molto più frazionate.
    Inoltre la storia è divisa in Ere, ed ogni era ricomincia da un proprio Anno Zero.


    Edited by Martirios - 2/5/2017, 11:15
     
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    Bel pezzo, il lich continua ad essere il mio personaggio preferito, e la sua storia passata mi sta affascinando molto. Anche la seconda parte non è male, anche se devo ancora inquadrarla bene .
    Piccola curiosità: quindi esistono solo due stagioni che corrispondono ai due mesi? Poi, cosa intendi per 50 ore più frazionate? Perché già così un giorno locale equivale a due dei nostri, con tutto ciò che ne consegue
     
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42 replies since 25/11/2016, 23:21   833 views
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