We've got to get in to get out

Avevano combattuto fino allo stremo contro se stessi per dimenticare tutto ciò che avevano passato, tutto il tempo che avevano lasciato indietro e ora non ricordavano neanche il perché.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Brat Fitzparker
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    We are the lazy generation now.

    C’era un grande concerto in programma, quel pomeriggio, nel piccolo auditorium della Music Accademy, in onore della morte di Richard Smith, un ex generale dell’esercito, un’ autorità.
    C’erano i ragazzini di buona parte delle scuole di Seattle, medie, licei, elementari.
    C'erano generali pluridecorati con indosso le loro lustre uniformi, il governatore, la sua segretaria, tutte le figuri più maledettamente importanti della città, e c'era anche Jane.
    Probabilmente se anche avesse saputo chi fosse Richard Smith, non avrebbe detto niente a Mary, ma non lo sapeva, non poteva immaginare. Per lei era solo Mary.
    Ma perchè Jane era lì? Perchè aveva trovato un nuovo lavoro. Vendeva zucchero, caramelle, e tutto quello che può mandarti su. I ragazzi del liceo amavano quelle caramelle, oh si.
    Era immorale, ed era illegale, ed era stupido, ma non le importava. Lei aveva bisogno dei soldi, e quei figli di papà erano stramaledettamente ricchi, non le importava di rovinare le loro vite, non meritavano la sua considerazione, la sua protezione. Era lì poggiata al muro, nascosta nell'ombra, e non poteva fare a meno di riflettere sulla vita che non aveva avuto. Era nauseata da tutto quello sfarzo e quei festeggiamenti per la morte di un povero bastardo come mille altri, di uno dei tanti che aveva vissuto nel lusso tutta la vita, che non se l'era mai dovuta cavare da solo. è facile arrivare a cento partendo da settanta, ma partendo da zero? Eppure nessuno organizzava un concerto per tutti quei poveri bambini figli di nessuno il cui cuore rimaneva incollato all'asfalto, una notte, non uno di tutti quei bastardi si sarebbe presentato alla cerimonia per la loro dipartita. Non erano importanti, non valevano niente.
    La schifavano anche quei ragazzini, tutti così pieni di speranze, di possibilità. Loro aprivano la bocca e mammina e papino imboccavano. Non dovevano fare altro che godersi il tempo che non passavano a scuola, senza capire perchè ci andavano.
    Jane non aveva finito il liceo, a metà del terzo anno aveva dovuto mollare: non poteva permetterselo, eppure, anche se forse non le sarebbe piaciuto ammetterlo, amava imparare, era curiosa. Era anche sveglia, ma forse non se ne rendeva conto, forse non le importava esserlo, o semplicemente non le serviva. Avrebbe voluto fare qualcosa della sua vita, andare da qualche parte, e non aveva potuto, e tutti quei ragazzini che potevano buttavano quella possibilità nel cesso, e chiunque di loro avesse voluto fottersi la vita infilandosi un ago nel braccio, o ingoiando pastiglie, o sniffando per dimenticare la festa a cui i genitori gli avevano impedito di andare, bè, tanto peggio per loro.
    Per ora vendeva solo cocaina e ketamina, aveva cinque grammi di ciascuno. Una dose si aggirava intorno agli 0.2 grammi. Mezzo grammo sarebbe bastato a far diventare scemo un cavallo. Trenta dollari per 0.2 grammi. Aveva preso il carico a fido, ciò significava come preso in prestito, in pratica lei prendeva una quantità del valore di 1500 dollari circa, e, una volta rivenduto tutto a un prezzo più alto, doveva ridare in soldi il valore della droga presa in "prestito" con gli interessi. Si faceva un piccolo passaggio, erano circa 700 dollari, alla fine, ma erano abbastanza. Non le importava quanto fosse sciocco e prendeva certamente di più che lavando piatti.
    E il concerto, intanto, era finito. E Jane, intanto, si era ritrovata a parlare con tre ragazzini della quarta liceo. Aveva iniziato a lavorare.

    Quella notte c'era un concerto, aveva detto Jim. Veniva un gruppo di ragazzini a suonare al Jack's Rock su Kempton Street.
    -Ci sono i F-ups sta sera, andiamo?- era incredibilmente di nuovo lucido, ma doveva esserlo. Se cercava di ammazzarsi per sentirsi un pochettino più vivo fino all'ultimo dei suoi giorni, ora non ne avrebbe avuto bisogno. Tutta quell'adrenalina, la musica che fa fischiare le orecchie e girare la testa, tutte quelle persone che urlavano e si muovevano, e sudavano, tutti insieme, all'unisono, lo rendeva euforico, vivo come non era mai stato. E faceva lo stesso effetto a Jane.
    -I chi?- chiese Mary, disorientata. Non aveva mai visto un concerto, ne mai aveva pensato di andarci, in effetti non aveva neanche la più pallida idea di come funzionasse, di cosa fosse, esattamente. Musica dal vivo, era per lei, un concetto quasi astratto, blasfemia per gli altri due ragazzi, che, all'improvviso erano ammutoliti. Qualche istante ancora e poi Jane si riprese. Non la stupiva affatto che quella ragazzina, quella puttanella da quattro soldi, non avesse mai anche solo sentito l'odore della folla che urla e scalpita davanti alla voce della liberazione. La liberazione da cosa? Dalla vita. Dal tempo. Non la stupiva sapere che non aveva mai vissuto un secondo, un'ora, un giorno, senza tempo. Una generazione che si nutriva del momento senza sostanza e senza significato, e lei non ne faceva parte.
    -Non è roba per te- rispose gelida, per poi mandar giù un sorso della sua birra.
    -Io invece penso che dovrebbe venire..- disse Jim. Jane per poco non sputò il sorso che ancora stava ingoiando.
    -Ma dai! Non è roba per lei. Non verrà.- ripetè. Non la voleva intorno, accidenti, non voleva che entrasse nel suo mondo, non voleva che lo capisse perchè pensava non fosse degna di farlo.
    -No, invece no. Magari imparerà qualcosa, magari le piacerà, tu che cazzo ne sai? Piantala di fare la stronza, la portiamo-
    -Jim..- ricominciò la rossa e ora stava per scoppiare di rabbia.
    -No, piantatela- li interruppe Mary. -Io non voglio venire- l'altra rise.
    -Ah! Visto? Te l’avevo detto che non è roba per lei. Cosa c'è, il sudore di uno solo ti piace, quello di un centinaio di persone ti fa schifo?-
    -Jane, piantala!- l'ammonì il ragazzo. La biondina, invece, dal canto suo voleva dirgliene quattro, ma in fondo era troppo stanca, in fondo, ora, non le importava di niente. Non si sentiva neanche viva. Avrebbe potuto dirle che era cattiva, no.. voleva dirle che era proprio una stronza, ma non ne aveva voglia, aveva altro a cui pensare: il niente. Non si era neanche resa conto di aver pensato una parolaccia. Mai ne aveva dette nella sua vita, ma ora che non sentiva altro, non faceva neanche caso al fatto di averne anche solo pensata una. -..Mary, tu vieni con noi, senza ma, non m'interessa. Devi vederlo con i tuoi occhi, devi imparare qualcosa- disse secco Jim. Mary neanche ribatté.
    Due ore dopo erano dentro il Jack's Rock, sulla Kempton Street.
    L'interno era piccolo e opprimente, le pareti erano grigie in cemento e c’era un piccolo bancone, nell’angolo accanto alla porta, dietro cui luccicavano le bottiglie degli alcolici: solo distillati, rum, whiskey, vodka, grappa. Niente di più. Ovunque guardassi potevi vedere ragazzi di tutte le età che si contorcevano a ritmo di musica. Saranno stati un centinaio in tutto, troppi per le dimensioni infime del posto. Nell’aria aleggiava un odore acre, un misto fra puzza di chiuso, sudore e vomito. Non proprio un posticino per principesse, dunque.
    Il barista, Mark, lavorava lì da sei o sette anni, ed era poco più grande di Jane.
    Un gruppo stava suonando già da un po', erano all’ 'ultimo brano, ed era una cover di My generation degli Who.
    -Ciao Mark!- chiamò la rossa, avvicinandosi al bancone. -Come stai? Vivi ancora nel caldo culo di tua madre o ti sei trasferito?-
    Things they do look awful cold, I hope I die before I get old.
    -Si, fra le tue chiappe! E ti dirò, non si sta male-
    -Si, aspetta che vada al cesso, poi dimmi se ti piace ancora- risero entrambi.
    -Ciao Jane, sei qui anche tu per i F-ups?-
    -Siamo, c'è anche...- la ragazza si voltò e non trovò altri che Mary che si guardava intorno, incuriosita. Forse era addirittura più bella così, con un po' di trucco nero sugli occhi, messo come capitava, forse perchè non le importava davvero di truccarsi per una cosa simile, per un concerto, o forse perchè, non essendosi mai truccata, non lo sapeva fare, una maglietta nera smanicata, un vecchio giubbotto in jeans che aveva trovato in giro per la casa e dei pantaloni neri, con qualche strappo qua e là. Ma dov'era Jim? Doveva essere già corso in mezzo alla folla, a saltare e cantare. A sentirsi vivo. Amava quella canzone.
    I'm not trying to cause a big sensation, I'm just talkin' 'bout my generation.
    -Oh, si, la tua amica... chi è?- Chiese Mark.
    -Ah, no, c'era anche Jim, lei comunque è Mary e..-
    -Jim? Avevo sentito che era morto-
    -No, ma ci sta provando in tutti i modi, scusa, ma ora devo proprio andare- disse, salutando il ragazzo con un distratto cenno della mano, per poi prendere Mary per il polso e trascinarla con se.
    -Dove diavolo mi stai portando?- Jane rise. Si sentiva così tanto a casa da aver scordato per qualche secondo tutto l'astio che provava nei confronti della ragazza. Ora erano due corpi senza tempo, non le importava ne il nome, ne la provenienza. Era solo un'altra anima, altro tempo che si sprecava a cercare rifugio dal tempo stesso.
    -Ti porto a vivere, ragazzina-
    This is my generation, this is my generation, baby.

    Ora sul palco c’erano i F-ups. Suonavano la loro canzone preferita.
    We are the lazy generation, no more standing out in line, so good at wasting our time.
    Jim ballava e saltava, urlava e sudava, si sentiva vivo. Non ci pensò propriamente su, in quel momento non pensava, semplicemente, ma gli mancava tutto quello. Gli venne quasi da piangere, mentre guardava verso il palco: quattro ragazzi che da zero erano riusciti a salire, ad arrivare, se non in cima, almeno da qualche parte. Quello che aveva sempre sognato, loro erano dove voleva essere lui. Lo spirito era quello, in fondo, diventare altro, dimostrare che non sei ciò che hai, e Jim ora era in negativo, ma quella notte, in quella stanza, fra i corpi umidi di altri ragazzi come lui, persi come lui, spaventati, sconfitti come lui, tutto quello che era successo non era mai accaduto, il tempo non esisteva, passato, presente, futuro, si incontravano e si annullavano, sotto il raptus estatico di un halleluja collettivo in onore della liberazione dal mondo, della depurazione dell'anima, solo per lasciar spazio a qualcos'altro. La consapevolezza di non essere soli, forse, o la rabbia che fluiva contro il palco, e scivolava fuori dal locale, per riprenderti non appena avevi varcato la soglia. Ma in fondo non è quello che vogliamo tutti? Nessuno dei ragazzi che lì in mezzo saltava avanti e indietro urlando avrebbe saputo spiegarlo, non era importante farlo. Cos'era la musica per loro se non un tentativo disperato di cambiare le cose? E ora, qualcosa stava cambiando. A Jim non serviva più droga, non serviva più nient'altro che quello, si sentiva forte, niente più che un bambino che sogna. Ora lui riusciva ancora a sognare.
    We are the lazy generation, we are the lazy generation, we are the lazy generation now!
    Jane urlava e agitava i pugni in aria, combatteva per lasciare andare la testa, seguiva il movimento collettivo, e non era niente più che una bolla nel mare, e con esso si agitava. Si lasciava andare, scivolare, verso la fine. Ora non le importava più, le cazzate, le ingiustizie, tutti quei visi disillusi, quei sogni infranti, era tutto fuori, o forse era lei, a essere fuori dal mondo. Lucida, viva, sentiva il sangue ribollire, il cuore pompava forte ed era come se la vita fosse stata semplificata, sintetizzata in quella frenetica ricerca della liberazione, che aveva sfogo e realizzazione solo sotto quel suono, così sporco, così infantile, così banale, così espressivo, forte, così fottutamente punk. Un messaggio chiaro e semplice: erano una generazione persa a cui non importava di essersi persa. Lo erano e basta, avevano accettato il loro destino, e ora stavano aspettando la morte lasciando che il sangue scorresse e che le gambe gli facessero male; che la gola raschiasse, che le orecchie fischiassero e che la testa iniziasse a girare.
    We are the lazy generation,they call us social mutations, why? You can just drop dead and die.
    Nothing we do ever seems to matter, just like shit on a silver platter shines.
    Yeah you know just where we stand!

    Erano soli, e lo erano insieme. Camminavano da soli, ma tutti sulla stessa strada, e quella notte erano più soli che mai, e più uniti. Entità separate che si muovevano come una massa unica.
    Non c'era più niente di statico, niente di complicato, era pura e semplice forza. Nessun freno, nessun blocco. Erano tutti per tutti e tutti per se simultaneamente.
    Un'emozione talmente semplice e intensa da essere indescrivibile.
    Stand up and shout, we won't be there for you.
    Hey, ho, hey, ho, hey, ho, lets go!

    Mary veniva spinta da un lato all'altro della sala, e all'inizio non capiva, sbatteva corpo su corpo e si muoveva come tutti, si muoveva con tutti, senza capire. Poi iniziò a sentirlo, e la sensazione divenne pensiero, e il pensiero divenne ragione, consapevolezza. La consapevolezza che quello era troppo da descrivere, più di quanto avesse mai provato nella sua intera esistenza. Fu come se la sua mente si fosse spalancata, guardava i visi di Jane e di Jim, le lacrime nel loro sguardo, che si mescolavano al sudore, e finalmente li capiva. Sentiva urlare, gridare, vedeva la massa di persone avanzare e arretrare, come in una danza tribale, primitiva, animalesca, ma era tutto ciò di cui c'era bisogno. Si lasciò guidare dal suo corpo, e scoprì che riusciva a sentire anche lei qualcosa. Sentiva rabbia, frustrazione, ed era felice. Voleva urlare, voleva piangere e voleva muoversi. Chiunque fosse su quel palco, stava dicendo proprio quello che era giusto dire, e chiunque ci fosse lì in mezzo, stava facendo esattamente quello che era giusto fare. Ora anche lei sentiva il tempo fermarsi, ora non scorreva più, era immobile. E nel collasso temporale era tutto incredibilmente dinamico, fottutamente dinamico. Lei capiva, le sentiva, sentiva tutte quelle sensazioni, si sentiva regina di un mondo senza sovrani, e sapeva che ognuno, in quella stanza, si stava sentendo come lei.
    Capì che tutto quello di cui si era sempre preoccupata, in realtà, non aveva importanza, significato. Non era emozione, non lo era mai stato. Se avesse avuto tempo per farsi domande, si sarebbe chiesta se avesse mai provato qualcosa di vero, nella sua vita, in quel momento non aveva importanza, niente ne aveva. Ora Mary piangeva e saltava con gli altri, e per la prima volta, nella sua vita di ragazzina, sentiva qualcosa. Il cuore pulsava forte come mai aveva fatto, il sangue scorreva veloce, lo poteva sentire appena sotto la pelle, la testa girava, ed era fantastico che lo facesse. La cosa più simile alla sensazione di volare che un essere umano potesse provare.
    Ora lei era viva, faceva parte di quella generazione. Ora si guardava intorno, e poteva sentire tutto quello che sentivano gli altri, non era fuori posto, no, era a casa, più di quanto non lo fosse mai stata: quella puzza di corpi sudati, di birra e di sigaretta. Quel sapore acre che lascia la saliva quando si secca, quel dolore graffiante alla gola di quando hai perso la voce, ma continui a urlare, perchè quella è forse l'unica occasione che avrai di farlo.
    I pugni alzati erano un simbolo, la terra tremava ed era giusto così. Non importava chi era stata o chi sarebbe diventata, ora lei era e basta e non poteva non essere lì, non poteva non lasciare che tutto accadesse, e doveva essere veloce, come quella musica, doveva essere forte, come quella musica. Stava correndo con tutti gli altri per fuggire dal mondo e dal tempo, e per la prima volta sentiva giusto farlo.
    Non c'era per nessuno, era dentro se stessa, e stava tirando le somme. Stava scoprendo qualcosa di nuovo, qualcosa che forse non avrebbe mai provato in tutta una vita, se prima non si fosse persa. Non aveva bisogno di fermarlo, non aveva neanche intenzione di provarci.
    Stand up and shout, we wont be there for you.
    Hey, ho, hey, ho, hey, ho, lets go!

    Davanti alla fine, ora lei sorrideva. Il primo vero sorriso che avesse mai regalato al mondo.
    Era viva, e voleva urlarlo. Era appena nata, da crisalide a farfalla, non sapeva quanto sarebbe durato, ma si disse che se anche fosse stato un secondo, non avrebbe mai più dimenticato quella sensazione di onnipotenza. Era Dio, lo erano tutti in quella stanza e il mondo non era altro che uno schiavo succube di quelle parole, di quel suono, di quelle grida, di quel movimento.
    We are the lazy generation
    We are the lazy generation
    We are the lazy generation
    We are the lazy generation
    Now.... Now!
     
    Top
    .
131 replies since 4/5/2016, 10:56   1072 views
  Share  
.