Casting Lucciola

[Contest: Dall'Argomento al Racconto - 6° turno MOSTRI]

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. The Aster
        +1   -1
     
    .
    Avatar

    Senior Member

    Group
    Moderatore
    Posts
    14,567
    Scrittore
    +737
    Location
    Hueco Mundo

    Status
    Anonymous
    Premessa: so che il titolo potrebbe far storcere il naso all'omonima Vagabonda, ma mentre stavo finendo di scrivere il racconto, mi ero accorto di non avergli dato ancora un titolo. Mi trovavo nel mio studio e in un'altra stanza c'era mio fratello che stava guardando la TV, quando a un certo punto una persona pronunciò in inglese queste parole, casting lucciola.
    Ovviamente, non so se le parole siano state proprio queste, mail mio orecchio le ha percepite così, e io le ho viste come un segno del destino, perciò ecco il perché del titolo.
    Detto questo, buona lettura.


    Casting Lucciola





    Plic, plic, plic…

    Mi chiamo Dante, ma non sono il sommo poeta; tuttavia, oltre al nome, sto condividendo con lui parte del suo stesso destino.
    «Ba…sta!»
    Ho perso la cognizione del tempo, non saprei dire da quanto io sia rinchiuso qui, in questa cella buia, legato a una sedia da dei lacci emostatici che stringono in una morsa i miei arti, che mi bloccano la testa in modo che essa sia rivolta verso l’alto.

    Plic, plic, plic…

    Sono rimasto da solo, la mia ragazza è stata portata via da due uomini col passamontagna, probabilmente i responsabili del nostro rapimento.
    Temo per la sua sorte.

    Plic, plic, plic…

    «Vi prego!» Imploro l’oscurità. «Non ce la faccio più!»
    Quelle gocce d’acqua che mi cadono ripetutamente sulla fronte sembrano quasi sul punto di perforarmi il cranio. Non hanno smesso un attimo di colpirmi.

    Plic, plic, plic…

    I miei sensi devono essersi molto acuiti a causa dell’oscurità, per questo motivo riesco a sentire i passi di qualcuno in avvicinamento.

    Plic, plic, plic…

    Una striscia gialla fende il buio, la porta si apre con un cigolio sinistro. Con la coda dell’occhio, riesco a vedere la figura di qualcuno, un uomo mascherato, forse uno dei nostri rapitori.
    «Ti prego, fallo smettere!»
    Non parla, non avanza, non fa alcun gesto, tranne quello di scostarsi e lasciar passar un’altra persona mascherata, la quale mi si avvicina con passo stranamente silenzioso.
    «Allora…» Esordisce con voce camuffata. «Quante gocce sono cadute?»
    Le mie mani tremano. «C-Che cosa?»
    Mi afferra i capelli e me li tira con forza, strappando qualche ciocca. Appena apro bocca per urlare il dolore che provo, lui mi afferra la lingua con le dita e fa in modo che non gridi.
    Posso solo emettere dei gemiti.
    «Non era quello che volevo sentire.»
    Rivolge la mano libera all’altro uomo, il quale tira fuori dalla tasca un piccolo oggetto scuro con la punta a chela di granchio.
    Mi basta vedere quella tenaglia per piangere.
    «N-No!» L’unica cosa che riesco a dire.
    L’uomo mascherato dà un calcio alla sedia, scaraventandomi a terra. Non ho il tempo di gioire per l’essere stato tolto da quel continuo gocciolio, la mia lingua viene liberata dalla morsa, ma la mano dell’uomo mi afferra le mandibole, impedendomi di chiudere la bocca.
    Sento il freddo di quella tenaglia fra le gengive, ha un brutto sapore,
    o forse è solo il sapore ferroso del mio sangue a farmi provare disgusto. La forza con cui mi cava un dente è talmente forte che il mio l’occhio sembra quasi cadere dalla sua orbita.
    Mi lascia urlare, si gusta i miei lamenti e come tossisco il sangue, mentre getta via il dente nelle tenebre.
    «Sai perché ti sto facendo questo?» Mi chiede.
    Io proprio non riesco a capirlo, non ho mai fatto del male a nessuno, né mancato di rispetto a chicchessia. Quando posso, faccio beneficienza e del volontariato, aiuto chi ha bisogno.
    E allora perché devo subire tutto questo?
    Scuoto la testa, non ho la forza di parlare, ma la sua risposta mi turba fortemente.
    «Perché sei buono.»
    Lo guardo confuso mentre fa un altro cenno all’altro, questa volta gli passa un cellulare. Compone un numero, poi si abbassa e mi mette il telefono all’orecchio.
    Dopo tre squilli, sento qualcuno all’altro capo urlare disperatamente. Per un attimo credo di udire la voce straziante di una delle tante anime condannate a patire l'inferno.
    Sussulto quando riconosco quella voce.
    «E sì.» Conferma l’uomo. «È proprio la tua donna.»
    Mi sento morire, la sua voce disperata non si ferma un attimo. Trovo non so come la forza di urlare il suo nome, ma l’unica risposta che ricevo da Lucy sono le sua grida.
    «No! No! Lucy!»
    L’uomo mi schernisce, credo si stia divertendo.
    «Figli di puttana! Lasciatela stare!»
    L’uomo chiude il cellulare e mi prende di nuovo per i capelli.
    «Figli di puttana?» Ride. «Allora le hai le palle, ed io che credevo fossi una femminuccia.»
    Mi colpisce in mezzo alle gambe, il respiro mi si blocca, le gambe desiderano chiudersi a difesa, ma i lacci glielo impediscono. Vengo rimesso nella stessa posizione di partenza, sotto la costante caduta di quelle gocce d’acqua.

    Plic, plic, plic…

    «Poverina... la tua donna se la sta passando male, molto peggio di te.»
    Sento qualcosa crescermi dentro, le viscere mi si contorcono, i muscoli delle braccia sono così tesi da essere sul punto di spezzarsi.

    Plic, plic, plic…

    Se solo non fossi legato…
    «Liberatela!» Come se potessi intimorirli.
    «Oh, vuoi forse fare la parte dell’eroe?» Ride. «Il principe che va a salvare la sua amata?»
    Mi da un pugno, sputo sangue.
    «Benvenuto nel mondo reale.»

    Plic, plic, plic…

    Si allontana verso l’oscurità, tasta il muro alla ricerca di qualcosa. Credo l’abbia trovata, perché i suoi passi si fermano.
    Parte dell’oscurità svanisce, una piccola lampadina in alto, una scintilla di speranza tenta di salvarmi l’anima dalle tenebre.
    Purtroppo, quello che il buio stava nascondendo era ben più spaventoso della stessa oscurità.
    «C-Cos’è?» Domando vedendo quella specie d’armadio metallico, grande quanto un uomo e dalla forma femminile.
    «Ti presento la Vergine di Norimberga.»
    La apre, così da mettere in mostra dei lunghi aculei situati su quelle sorti di ante.
    «È una macchina per la tortura.» Indica gli aculei. «Non c’è bisogno che ti dica a che servano questi.»
    Di nuovo quella sensazione, stavolta più forte. Il cuore mi accoltella da dentro, mi mordo le labbra, tento di spezzare i lacci che m’imprigionano, ma l’altro uomo mi si avvicina e mi poggia sul collo un taser; la scossa che mi percuote il corpo è bassa, ma non per questo non ne risento gli effetti.

    Devo aver perso i sensi a lungo, sono rimasto solo un’altra volta, con quello strano armadio a farmi da guardia. Non sento più l’acqua cadermi addosso, ma percepisco qualcosa in bocca.
    Muovo la lingua e ne tasto la superficie, sono stato imbavagliato.
    «Ben svegliato.»
    L’uomo alle mie spalle mi passa accanto, è quello che prima era rimasto fermo a guardare la mia tortura. Ha in mano un cellulare, Lucy…
    Che cosa né è stato di te, amore mio?
    Muovo la testa e mugugno, ma vengo ignorato.
    «Lui ha supposto che tu lo sapessi.» Fa cenno verso l’armadio e scuote il capo nascosto. «Ma dubito che tu ne sia a conoscenza.»
    Di che diavolo sta parlando?
    «La caratteristica della Vergine di Norimberga sono proprio quegli aculei.» Spiega. «Essi penetrano nella carne senza danneggiare gli organi interni.»
    Ricomincio a tremare.
    «Tuttavia, questo non significa che è indolore, è pur sempre una macchina per la tortura.»
    Agito il corpo sulla sedia, ma non mi muovo di un millimetro. Sento dolore, ho ancora i lacci a tenermi ferme le gambe, ma i polsi, invece, sono bloccati da dei bracciali di ferro.
    «Una volta che la vittima viene fatta entrare, le ante si chiudono e il corpo viene trafitto in ogni punto.»
    Respiro pesantemente, credo di essere sul punto di vomitare.
    «Purtroppo, non è una morte rapida. Si muore lentamente, tra atroci dolori.» Mi accarezza una mano. «È una sorte che non auguro a nessuno.»
    L’uomo si mette di spalle, le mani infilate in tasca, ma non ci rimangono a lungo. Non riesco a trattenere la saliva, essa esce dalla mia bocca contro la mia volontà. Ho paura, mi vogliono uccidere, ci vogliono uccidere, perché?
    Lucy…
    «Ma rilassati.» Si rigira verso di me, nella mano destra tiene un cellulare, nell’altra una sorta di cerchio per i capelli con al centro un piccolo microfono. Non capisco cosa sia.
    L’uomo m’indica con un cenno l’armadio.
    «La Vergine non è per te.»
    Eh?
    Tocca lo schermo del cellulare e poi fa qualcos'altro, forse sta chiamando qualcuno.
    Mi si avvicina, mi mette il telefono davanti agli occhi. Avevo ragione, sul display è comparsa la schermata di una videochiamata.
    Dopo qualche secondo, appare l’immagine di un’altra stanza, bianca e ben illuminata.
    «L’uomo che prima ha giocato con te si trova lì.»
    L’immagine cambia, si concentra su uno dei muri della stanza, riesco a intravedere qualcosa.
    «Anche la tua donna è là dentro.»
    Inizio ad agitarmi, tremo con tutto il corpo, tanto da riuscire a muovere di poco la sedia.
    «E già, quella è proprio la Vergine.»
    Scuoto la testa alla rinfusa, mugugno, tento di liberarmi, mi taglio la pelle a causa dei bracciali, ma la mia situazione non cambia.
    L’uomo fa qualche passo indietro, preme un tasto sul cellulare.
    «Procedi.»
    Il cuore dovrebbe essere il simbolo dell’amore? Stronzate, in questo momento mi sta uccidendo. Tutti quei no di Lucy, la sua voce disperata, le sue lacrime…
    Dio, dammi la forza per uccidere questi figli di puttana!
    L’uomo si mette al collo quella sorta di cerchio per i capelli e inizia a parlare al telefono. Il mio intero essere si blocca quando l’uomo parla con la mia voce.
    «Lucy… mi senti?»
    Sono forse impazzito?
    «Sono io.»
    Quel bastardo… no, no, no! Lucy, non parlargli, non sono io! No! Non essere sollevata, ti stanno ingannando!
    «Anch’io sono felice di sentirti… così posso dirti finalmente addio.»
    Non sono io!
    «Perché sei così confusa? Non l’hai ancora capito?»
    Lucy! Non ascoltarlo!
    «Sono stato io a organizzare tutto quanto, la nostra storia, il nostro rapimento, la tua tortura… quanto ho amato le tue urla.»
    Mi do delle spinte in avanti, ma ottengo solo un forte dolore alla spalla destra.
    «Mi sono divertito, ma non si può giocare per sempre, giusto?»
    Non do conto al sangue che mi scorre dalle braccia, ruoto i polsi nei bracciali, tento di liberare le gambe.
    «O no, adesso non ricominciare a piangere.» Ride. «Credevi sul serio che fossi così buono? E che ti amassi per giunta?»
    Ti ammazzerò!
    «Stupida, non ti ho mai amato. Sei solo stata uno dei miei tanti giocattoli.»
    Ti ammazzerò!
    «Ne ho avute tante prima di te, e ne avrò molte di più dopo che sarai morta.»
    Ti ammazzerò!
    «Su, non urlare così, altrimenti poi non potrò godermi la tua bella voce quando sarai den-»
    Spezzo lacci e braccioli sacrificando il polso sinistro, non mi tolgo il bavaglio e mi getto addosso all’uomo.
    Ti ammazzo!
    Anche da imbavagliato, con quei pochi denti liberi riesco a morderlo al collo, penetrandogli nella carne.
    Il sapore del mio sangue prima mi dava disgusto, ma il suo, il sangue di questo figlio di puttana, è proprio buono.
    Mi da dei colpi alla schiena con le sue ultime forze, inutile, non mollo la presa, almeno finché non esalerà l’ultimo respiro.
    Scuoto la testa, così da aumentare lo squarcio provocato dai miei denti. Il liquido scarlatto mi riempie il volto, l’uomo trema, non riesce a colpirmi.
    Affondo ancora di più i miei denti, l’uomo ha smesso di muoversi, ma gli stacco lo stesso parte delle sue membra.
    Muori, bastardo!
    Un rumore sinistro mi fa allertare i sensi, il suono di una porta che si apre. Mi volto, pronto ad attaccare anche l’altro uomo, ma cado in ginocchio incredulo quando si toglie la maschera, mettendo in mostra i suoi capelli dorati e quei suoi occhi verdi da ma tanto amati.
    Lucy mi guarda commossa, è felice… Perché? Che cazzo sta succedendo?
    «Dante...» Il suono della sua voce, quella che prima stava urlando disperata…
    Che cazzo sta succedendo?
    «Non sai quanto sei magnifico in questo momento.»
    Lucy si avvicina, ignorando il cadavere. S’inginocchia di fronte a me, mi toglie il bavaglio.
    «Sapevo che c’è l’avresti fatta.»
    Sento il sapore delle sue labbra sulle mie, adesso perché mi sono messo a piangere?
    Mi abbraccia. «Lu…cy.»
    «Benvenuto all’Inferno, Dante.»
    Mi lascio cadere tra le sue braccia, intuendo in cuor mio che non avrei mai più rivisto le stelle.

    Edited by The Aster - 2/1/2014, 23:27
     
    Top
    .
21 replies since 1/1/2014, 13:28   147 views
  Share  
.