Anime di metallo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (PavoneBianco @ 6/6/2013, 16:17) 
    CITAZIONE
    Che intreccio... Yuma cerca Michel, Michel va da Kelly che non vorrebbe incontrare Ronnie mai più nella sua vita, però che Ronnie, forse, e dico forse si sta innamorando di Yuma.

    davvero, che confusione per chi si perde in un bicchiere d'acqua (come la sottoscritta) :rolleyes:!!

    Milù lasciamelo dire: Micheal sei uno stronzo!! abbandonare Yuma, per poi uscire con kelly :angry: ...

    CITAZIONE
    Potrebbero essere persone che non te la raccontano giusta. Voglio dire, è possibile che tu abbia sempre agito in buona fede, ma che qualcuno ti stia usando per scopi diversi da quelli che credi. Mi raccomando, Michel, fai molta attenzione a chi ti ritrovi intorno.»

    ho l'impressione che l'avvertimento di Kelly di rivelerà vero :unsure:

    attendo con ansia il seguito :D

    In effetti è un intreccio più complesso di quanto avevo pensato inizialmente! :D
    In ogni caso ci tengo a dire che, almeno per il momento, il motivo per cui Michel è uscito con Kelly è legato a esigenze professionali! XD
     
    Top
    .
  2. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 6/6/2013, 16:25) 
    In effetti è un intreccio più complesso di quanto avevo pensato inizialmente! :D
    In ogni caso ci tengo a dire che, almeno per il momento, il motivo per cui Michel è uscito con Kelly è legato a esigenze professionali! XD

    Beh questo l'avevo già ipotizzato! :bounce.gif:
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 6/6/2013, 16:51) 
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 6/6/2013, 16:25) 
    In effetti è un intreccio più complesso di quanto avevo pensato inizialmente! :D
    In ogni caso ci tengo a dire che, almeno per il momento, il motivo per cui Michel è uscito con Kelly è legato a esigenze professionali! XD

    Beh questo l'avevo già ipotizzato! :bounce.gif:

    ...anche se in futuro chissà, le cose potrebbero cambiare! :P
    Ma parlo di un futuro mooolto lontano! :D
     
    Top
    .
  4.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Ecco la prima parte del capitolo 11!



    Capitolo 11.
    Yuma camminava sulla spiaggia deserta cercando di schiarirsi le idee sul da farsi. Anni prima aveva giurato a se stessa di non tornare mai più a Starlit Spring almeno finché chi aveva ucciso sua madre non fosse stato consegnato alla giustizia, ma adesso non riteneva più così terribile essere proprio in quella città. A Black Hill non aveva trovato certo la pace che aveva sperato, proprio là erano iniziati gli abusi e aveva capito che il suo solo obiettivo doveva essere la tutela di Heaven.
    Non sentiva sua sorella da quando l’aveva lasciata a casa di Naive, ma non era bene cercarla. Più spazio metteva tra loro, non solo in termini fisici, e più aveva speranze di proteggerla. Se suo padre l’avesse trovata avrebbe potuto provare a difendermi, ma non poteva permettergli di avvicinarsi di nuovo a Heaven.
    “Dovrà passare sul mio cadavere, prima di farle del male.”
    All’improvviso udì un fruscio alle sue spalle.
    «Ehi, tu» disse una voce.
    Yuma si voltò di scatto, ritrovandosi davanti un uomo sui trentacinque anni. Le ricordava qualcuno. Dove l’aveva già visto?
    «Io e te dobbiamo parlare» le comunicò. «E dobbiamo farlo subito.»
    Yuma rimase in silenzio.
    “L’uomo del bar!”
    Lui insisté: «Non possiamo attendere oltre.»
    «Non ci conosciamo, mi pare» obiettò Yuma.
    Aveva avuto ragione a insospettirsi, quando si era avvicinato giusto in tempo per vedere la fotografia che aveva mostrato alla cameriera.
    «No, per ora non ci conosciamo» ammise lui.
    «E allora per quale dannato motivo dovremmo parlare?» gli chiese Yuma, senza scomporsi. «Non ne vedo il senso.»
    «Tu conosci un certo Michel Sallivan.»
    Non era una domanda, ma un’affermazione.
    Yuma obiettò: «Non sono solita parlare con gli sconosciuti di queste cose.»
    L’uomo rise.
    «Allora insisti?»
    «Insisto? E in che cosa?»
    «Continui a fingere di non sapere né chi sono né di cosa mi sto occupando...»
    «Ma è la verità!» replicò Yuma. «Non sto certo fingendo!»
    «Mi chiamo Dean Tray» si presentò lo sconosciuto.
    «Questo dovrebbe accendermi qualche sorta di lampadina?» obiettò Yuma. «Dovrei avere già sentito il tuo nome?»
    «Suppongo di sì.»
    «Mi spiace, allora, di doverti deludere.»
    Dean sbuffò.
    «Continui a negare di conoscere quel fallito di Michel Sallivan?»
    «Non ho negato niente» replicò Yuma, infastidita dal fatto che, oltre a dare per scontate certezze che non avrebbero dovuto essere tali, si prendesse anche la libertà di screditare il suo ragazzo senza un’apparente ragione logica.
    «Ma non hai ammesso niente.»
    «Ancora no.»
    Dean la squadrò dall’alto al basso.
    «Senti, ragazzina, non ho tempo da perdere.»
    «Nemmeno io» replicò Yuma, voltandogli le spalle e facendo per andarsene.
    Dean la afferrò per un braccio.
    «Non hai capito, ragazzina. Sono io che decido se e quando te ne andrai.»
    Yuma fece per liberarsi dalla sua stretta, ma non riuscì.
    «Te lo chiedo un’ultima volta» riprese Dean Tray. «Hai una vaga idea del perché il tuo ragazzo sia qui?»
    Yuma sospirò.
    «No.»
    «Sei sincera?»
    «Sì» sbottò Yuma, sperando che quella situazione assurda terminasse in fretta. «Ora potresti cortesemente lasciare il mio braccio?»
    Dean non accontentò la sua richiesta, ma almeno allentò la presa.
    «Vieni con me» le ordinò.
    «Dove, scusa?»
    Dean la strattonò con una forza tale che per poco Yuma non cadde a terra.
    «Tu non devi fare domande. Devi solo fare quello che ti dico.»
    Poco convinta si rassegnò a seguire quell’uomo al di fuori della spiaggia, fino a un’automobile grigia metallizzata di un modello talmente ordinario da non farvi nemmeno caso.
    «Sali» la pregò Dean a quel punto, molto più gentilmente. «Ci sono un po’ di cose che ti devo spiegare.»
    Probabilmente nessuna ragazza all’infuori di lei avrebbe accettato l’invito a salire in macchina con un perfetto sconosciuto, specie tenendo conto dei suoi modi. Yuma invece non si fece problemi: anche stare a casa insieme a suo padre si era rivelato pericoloso per me e per sua sorella, stare a stretto contatto con Dean Tray non era altro che una sorta di formalità.
    Si allacciò la cintura di sicurezza mentre il suo accompagnatore accendeva il motore.
    «Fidati di me, Yuma» la pregò.
    Non la sorprese il fatto che conoscesse il suo nome.
    «Mi fiderò di te solo se me ne darai motivo» replicò, cercando di mostrarsi decisa.
    «Ottima idea» rispose Dean. «Cerca solo di non essere troppo diffidente.»
    «Di solito mi sforzo di non esserlo.»
    «Tanto meglio.»
    Yuma non rispose.
    «So dove alloggi» riprese Dean. «E so anche che con te c’è un tuo amico di Black Hill, che però adesso non è in quell’hotel da quattro soldi.»
    «Io e Ronnie non dormiamo nella stessa stanza» puntualizzò Yuma. «Io e lui siamo solo amici.»
    «Non me ne frega un cazzo di chi dorme con te.»
    «Meglio così, allora.»
    Dean la condusse fino all’albergo.
    «Ora fai esattamente quello che ti dico» le ordinò, mentre scendevano dall’automobile. «Io voglio soltanto aiutarti.»
    «Non mi hai ancora detto una cosa importante.»
    «Cioè?»
    «Vuoi aiutarmi. Però non mi hai ancora detto a fare cosa.»
    Dean sorrise.
    «Lo sai.»
    Yuma temette che conoscesse anche un dettaglio ben più inquietante della sua vita, rispetto al suo nome e alla sua relazione con Michel. No, non era possibile. Nessuno sapeva la verità, a parte Naive, e Yuma si fidava ciecamente di lei. Non poteva essere quello, perciò c’era una sola alternativa possibile.
    Sua madre.
    Naive.
    Heaven.
    Lei stessa.
    L’orrore.
    L’eterna ricerca di una risposta.

    «Stai parlando di... della morte di mia madre?»
    Dean non le diede una risposta diretta.
    «Ce ne dobbiamo andare da qui. Potresti essere in pericolo.»
    «I-in pericolo?» balbettò Yuma.
    Dean annuì.
    «Metti un po’ di cose in uno zaino, poi ci penso io a portarti al sicuro» la rassicurò. «Potrebbe essere pericoloso, per te, rimanere qui.»
    Dean la guardò negli occhi e in quel momento Yuma decise: si sarebbe fidata di lui.
    Salì nella sua stanza, situata accanto a quella di Ronnie, e iniziò a infilare in un borsone parte dei suoi effetti personali.
    Volevo la verità su sua madre ed era disposta a tutto pur di ottenere qualcosa. Sapeva che seguire Dean Tray poteva essere pericoloso, ma sapeva anche che nella vita ci si trova sempre a dover mediare tra i rischi e i risultati associati a tali rischi.
    Ovunque fosse Ronnie, non si preoccupò nemmeno di avvertirlo.
     
    Top
    .
  5. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Ingrata, Yuma!
    Non si fa così con chi ti porta sino in capo al mondo!

    *attende seguito... loading...*
     
    Top
    .
  6.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 6/6/2013, 19:50) 
    Ingrata, Yuma!
    Non si fa così con chi ti porta sino in capo al mondo!

    *attende seguito... loading...*

    Pagherà per la sua ingratitudine! u.u
    Il seguito arriverà domani! :D
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Anzi, no, non ti faccio aspettare così tanto! u.u



    Ronnie fissava la porta da quasi un’ora, senza avere la forza di suonare il campanello. Non era sicuro che qualcuno sarebbe stato felice di rivederli, forse la soluzione migliore era andare via e fingere di non essere mai stato a Starlit Spring. Doveva convincere Yuma a partire al più presto, avrebbero dovuto tornare a Black Hill e lasciare che Michel se la sbrigasse da solo, qualunque fosse la dannata ragione per cui era venuto a Starlit Spring.
    “Non ha senso stare qui davanti senza fare nulla” decise.
    Stava per girarsi e tornare da dove era venuto, quando la porta si aprì. Sua madre rimase perplessa, sulla soglia, a fissarlo, quasi come se non credesse ai propri occhi.
    «R-Ronnie?» balbettò, come se non fosse stata davvero convinta della sua presenza.
    Lui rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.
    «Entra» lo invitò lei. «Avevo un impegno, ma posso sempre disdire.»
    «Non dirlo nemmeno per scherzo» replicò Ronnie. «Vai dove devi andare, senza preoccuparti per me.»
    Sua madre spalancò gli occhi.
    «Tu ti degni finalmente di venire a Starlit Spring e io dovrei lasciarti andare via senza nemmeno farti entrare in casa? Non se ne parla!»
    Ronnie obiettò: «Forse c’è chi potrebbe non essere soddisfatto.»
    Suo padre.
    Ralph.
    La verità.

    Sua madre non aveva mai avuto alcun sospetto, ma loro avevano quasi saputo leggergli nella mente. Non avevano una sola prova, quelle nessuno le avrebbe mai avute, ma avevano entrambi intuito la sua colpevolezza.
    «Non dire sciocchezze» lo rimproverò sua madre. «Questa è casa tua.»
    «Sei la sola a pensarlo.»
    «Non è colpa tua» insisté lei. «Non puoi essere responsabile tu, se Rick non c’è più.»
    Ronnie si sorprese che accennasse in maniera così esplicita alla morte di suo fratello, ma non lo diede a vedere.
    «Entra» ripeté sua madre. «Siamo soli, non è ancora arrivata nemmeno Elizabeth.»
    A parte l’assenza di Rick, nulla era diverso rispetto a un tempo, almeno di facciata. Perfino Elizabeth veniva ancora a fare le pulizie sempre al mercoledì e sempre alla stessa ora.
    Seppure tentennante, Ronnie entrò.
    Passò quasi un’ora e mezza a parlare con sua madre, a raccontarle del suo lavoro a Black Hill, ad accennare soltanto, senza entrate troppo nel dettaglio, al ragazzo col quale condivideva le spese per l’appartamento dove abitava, infine fu molto vago sul fatto di trovarsi a Starlit Spring insieme a un’amica. Sua madre interpretò male questa informazione, convincendosi che fosse venuto insieme a una sua ipotetica fidanzata. Non la smentì: tanto meglio se si metteva in testa che aveva una ragazza, non aveva certo intenzione di spiegarle che lui e Yuma eravamo venuti in città per cercare un tale che non avrebbe approvato, che si trovava a Starlit Spring per motivi incerti e svolgeva una professione altrettanto incerta.
    Quando se ne andò avvertì uno strano senso di sollievo, come se la consapevolezza che sua madre non avrebbe mai potuto violare il suo segreto potesse dargli la forza di andare avanti, seppure in un contesto fatto di menzogne.
    Tornò all’albergo, chiedendosi se Yuma fosse già rientrata. Era uscita per andare a fare quattro passi, quella mattina, forse c’erano speranze di incontrarla e di pranzare insieme a lei.
    Salì le scale in fretta e si fiondò a bussare alla sua porta. Non ricevendo risposta, aprì. La stanza era deserta, con poche cose gettate alla rinfusa sul letto, il che non era tipico di Yuma. Ronnie rimase lì, appoggiato allo stipite, chiedendosi dove si fosse cacciata.
    “Non essere paranoico” si ordinò. “Tornerà.”
    In quel momento udì dei passi dietro di sé, in corridoio.
    «Sta cercando la signorina Emerson?» gli domandò una cameriera che non doveva essere tanto più vecchia di Yuma e che non gli sembrava molto sveglia.
    «Sì, cerco proprio lei» confermò Ronnie. «L’ha vista?»
    La cameriera arrossì.
    «Beh, sì...»
    Se non altro era già un notevole passo avanti.
    «Quando?»
    «Saranno state le dieci e mezza. No, forse le undici...»
    Ronnie guardò l’orologio: erano le dodici e un quarto.
    «È tornata, quindi.»
    La cameriera si mise a contemplare il pavimento con uno sguardo ben più interessato di quello che avrebbe riservato alle opere esposte in un museo d’arte contemporanea.
    «Sì, ma ora non è qui.»
    Ronnie lo vedeva perfettamente anche da solo, ma non gli parve il caso di puntualizzarlo.
    «È uscita di nuovo, quindi?» le chiese.
    La cameriera alzò la testa e stavolta riservò i suoi occhi adoranti al lampadario più kitsch che Ronnie avesse mai avuto modo di ammirare.
    «L’ho vista prendere qualcosa in camera, credo uno zaino, e poi andarsene via in macchina con l’uomo che l’aveva portata qui.»
    «Qualcuno l’ha accompagnata in albergo e poi se n’è andato insieme a lei?» ripeté Ronnie, incredulo.
    La cameriera sorrise.
    «Proprio così.»
    A Ronnie sembrava inverosimile, ma poteva esserci una spiegazione. Forse Yuma aveva incontrato Michel e se n’era andata via con lui dimenticandosi di avvertirlo.
    «Lui era un tipo biondo con una macchina malandata?»
    «Era una bella auto, invece» replicò la cameriera. «Era grigia e non sembrava proprio messa male.»
    Non pareva una descrizione adatta all’automobile del suo coinquilino, Ronnie fu costretto ad ammetterlo. Cercò anche lì di non lasciarsi prendere dallo sconforto: per qualche motivo Michel avrebbe potuto usare una macchina che non era la sua.
    La cameriera, però, mandò all’aria ogni sua illusione.
    «L’uomo, comunque, non era biondo.»
    «Ne è sicura?»
    «Sì. Vede, aveva i capelli scuri.»
    E adesso? Ronnie si rese conto di non avere nulla tra le mani. Yuma se n’era andata e non aveva idea né di dove si trovasse né di chi ci fosse con lei.
    «Non ha idea, vero, di dove fosse diretta?»
    La cameriera abbandonò il lampadario per tornare al pavimento.
    «No, io l’ho vista da una finestra.»
    Ronnie avrebbe dovuto aspettarselo, ma ci rimase ugualmente male.
    «Quindi non le ha parlato.»
    «No, certo che no. Non è mio compito informarmi sugli spostamenti dei clienti.»
    Ronnie iniziò ad avvertire uno strano senso di pericolo.
    “Devo trovarla.”
    «Quando tornerà, le dirò che la stava cercando» si offrì la cameriera.
    «Non si preoccupi» replicò Ronnie. «Se e quando tornerà, la vedrò io stesso.»
    Entrò nella sua stanza, lasciandola assorta nell’osservazione del pavimento.
    Si sedette sul letto con la sensazione che quello che era successo finora non fosse altro che un anticipo di qualcosa che ancora doveva accadere.
    Era solo, era di nuovo solo.
    Una sconosciuta che gli chiedeva aiuto.
    Rick.
    L’auto in fiamme.

    Yuma se n’era andata e, senza di lei, Ronnie non era in grado di affrontare i fantasmi che lo tormentavano.
    Attese per ore un segnale del suo ritorno, ma si rese conto ben presto che, con tutta probabilità, non l’avrebbe rivista mai più. Forse era la soluzione migliore, almeno per lei: dopo avere affidato la sorella minore a Naive avrebbe potuto vivere la propria vita, finalmente lontana da un padre che le aveva rovinato l’esistenza.
    Per questo, quando udì bussare alla porta, per un attimo si chiese che cosa fosse cambiato. Nessuno poteva cercarlo, se non lei. Scattò verso la porta, aprì e si ritrovò a occhi spalancati a fissare l’ultima persona che avrebbe creduto di poter vedere.
     
    Top
    .
  8. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Noooooo! Che sia Kelly?

    Non puoi lasciarmi così! Uffi, io voglio sapere!
     
    Top
    .
  9.     +1   +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 7/6/2013, 01:05) 
    Noooooo! Che sia Kelly?

    Non puoi lasciarmi così! Uffi, io voglio sapere!

    E presto saprai... :rolleyes:
     
    Top
    .
  10. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 7/6/2013, 14:45) 
    E presto saprai... :rolleyes:

    :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif:
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 7/6/2013, 14:49) 
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 7/6/2013, 14:45) 
    E presto saprai... :rolleyes:

    :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif:

    Immaginavo una simile risposta! :D
     
    Top
    .
  12. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 7/6/2013, 15:06) 
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 7/6/2013, 14:49) 
    :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif:

    Immaginavo una simile risposta! :D

    :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif: :bounce.gif:
     
    Top
    .
  13.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Capitolo 12.
    Ronnie sembrava sinceramente stupito dalla sua presenza, su questo Ralph non aveva alcun dubbio. Si rese conto, di colpo, di essere spaesato almeno tanto quanto lui. Non aveva più avuto contatti con Ronnie da quando quest’ultimo aveva lasciato la città e ritrovarselo davanti non era semplice tanto quanto aveva pensato.
    «Perché sei venuto?» volle sapere Ronnie.
    Non erano esattamente le parole che Ralph si aspettava di sentire.
    «Dovrei essere io, piuttosto, a chiederti che cosa sei venuto a fare» replicò seccamente. «Posso capire che tu avessi bisogno di venire a Starlit Spring, ma non c’era alcun bisogno che...»
    Ronnie lo interruppe: «Che andassi a vedere come stava nostra madre? Immagino che sia stata lei a dirti dove trovarmi.»
    «Vedo che sei molto perspicace. Era talmente soddisfatta di rivederti che ancora una volta non ho avuto la forza di dirle quello che so su di te.»
    «Tu non sai niente di me.»
    Ronnie fece per richiudere la porta, ma Ralph lo fermò.
    «Invece io so tante cose, non solo su di te, ma anche su quella puttana da quattro soldi.»
    «Non so di che cosa tu stia parlando» replicò Ronnie.
    Ralph sapeva che mentiva.
    «Invece lo sai benissimo» lo accusò. «Ti sei inventato una scusa, hai fatto credere a nostra madre di essere venuto a Starlit Spring con la tua ragazza...»
    «Sono venuto con un’amica» specificò Ronnie. «Se non ci credi, posso farti vedere la sua stanza.»
    «Non me ne frega niente né della sua stanza né di lei... e soprattutto non me ne frega niente di te!»
    Ronnie alzò gli occhi al cielo.
    «Per favore, smettila di interpretare la parte dell’incompreso che ce l’ha a morte con tutti quelli che gli stanno intorno! Te la sei sempre cavata alla grande a recitare la parte della vittima, ma ormai tutti sono stanchi di starti a sentire!»
    «E tu, allora?» ribatté Ralph. «Tu hai interpretato qualunque ruolo possibile, pur di nascondere a tutti una verità troppo scomoda.»
    «Non so di che parli» ribadì Ronnie.
    «Allora, se non ti ricordi» replicò Ralph, «Potresti sempre chiedere a Kelly di rinfrescarti la memoria. C’era anche lei quella sera, non è vero?»
    Ronnie abbassò lo sguardo.
    «No.»
    «So benissimo che era con voi» insisté Ralph. «Non so come sia riuscita a uscirne illesa, ma sono sicuro che fosse con voi!»
    «Kelly non c’era» ripeté Ronnie. «È venuta al locale insieme a noi, poi se n’è andata insieme a Victoria.»
    «Inventatene una migliore. Pensi che non abbia mai notato come vi guardavate tu e Kelly? Si vedeva lontano un miglio che stavate nascondendo qualcosa!»
    «Magari avevamo davvero qualcosa da nascondere» ammise Ronnie, «Ma hai mai pensato che potesse non avere niente a che fare con l’incidente?»
    «A quello c’ero già arrivato da molto tempo» replicò Ralph, «E sinceramente non me n’è mai importato nulla di chi si sia portata a letto. Finché tutto andava bene, non mi costava niente chiudere gli occhi per non vedere quello che andava avanti da mesi.»
    «Tra me e Kelly è durata soltanto un paio di settimane. È stato un errore... ed è un errore che non ti riguarda.»
    «Ti ricordo che sono stato il primo a dirlo, se non te ne sei accorto» puntualizzò Ralph. «Non me ne importa niente di quello che c’è stato tra di voi, m’importa solo di quello che avete fatto! Hai mai pensato che se nostra madre sapesse la verità impazzirebbe?»
    «E tu non vuoi che impazzisca, vero?»
    La risposta di Ronnie lo lasciò spiazzato.
    «Ovvio che no.»
    Era proprio quella l’unica ragione per cui da tre anni fingeva, davanti a lei, di non avere mai avuto sospetti.
    “Sospetti?” si disse. “Non si tratta di sospetti, ma di certezze.”
    «Allora» gli suggerì Ronnie, «Evita di metterla al corrente delle tue fantasie. Non è bene che nostra madre impazzisca: un pazzo, in famiglia, basta e avanza!»
    «Io non sono pazzo» replicò Ralph. «So quello che dico... e so che, se quella sera tu non ti fossi messo al volante, Rick a quest’ora sarebbe ancora vivo!»
    Ronnie ripeté per l’ennesima volta, con il solito tono piatto che Ralph ormai detestava con tutte le sue forze: «Non ero io che guidavo.»
    Ralph lo fulminò con lo sguardo.
    «Devo dedurre, allora, che al volante ci fosse Kelly?»
    «Non so più come dirtelo» replicò Ronnie. «Kelly non era in macchina con noi.»
    «Non puoi dimostrarlo. È la tua parola contro la mia, non...»
    Ronnie lo interruppe: «E, come sappiamo entrambi, quella sera tu avevi deciso di rimanere a casa a studiare, quindi non puoi pretendere di sapere meglio di me cosa sia successo!»
    «È vero, quella sera non c’ero» fu costretto ad ammettere Ralph, «Ma non ho mai creduto alla tua storia. Nessuno, a parte nostra madre, ci ha mai creduto.»
    «Sono tutte cose che sapevo già» gli ricordò Ronnie. «Se sei venuto per questo, puoi anche andartene.»
    «Ma come, mi liquidi così? Oltre ad arrampicarti sugli specchi pur di continuare a nascondere una verità talmente lampante che solo un cieco potrebbe negarla sei diventato anche scortese nei confronti di chi nonostante tutti i suoi impegni ha trovato mezz’ora per venirti a fare una visita di cortesia?»
    Prima che Ronnie avesse il tempo per replicare una voce femminile alle loro spalle intervenne: «Signor Craven?»
    Ronnie alzò gli occhi.
    «Mi dica.»
    Ralph si girò. Davanti a lui vide una cameriera che dimostrava a malapena vent’anni, che gli rivolse un’occhiata imbarazzata prima di rivolgersi nuovamente a Ronnie: «La sua amica è per caso tornata in mia assenza?»
    «No.»
    Il tono di Ronnie era piuttosto sconsolato.
    «Certo che è davvero strano» mormorò la cameriera. «Nella stanza della signorina Emerson ci sono ancora i suoi effetti personali?»
    «L’ultima volta in cui ho controllato sì» rispose Ronnie, con la stessa voce piatta di poco prima. «È quasi come se fosse sparita nel nulla.»
    La cameriera annuì.
    «Capisco. Ora il mio turno è finito, stavo per andare a casa. Spero di rivedere la signorina Emerson domani.»
    Si voltò e si avviò lungo il corridoio, mentre Ronnie mormorava: «Lo spero anch’io.»
    Ralph si girò verso di lui.
    «Per caso la tua presunta ragazza se n’è già andata? Anche lei si è stancata di te?»
    «Yuma è soltanto un’amica» ripeté Ronnie. «E questi non sono affari che ti riguardano. È meglio che tu te ne vada.»
    Ralph si finse rassegnato.
    «Va beh, dovrò mettermi il cuore in pace, io ero venuto qui animato da buone intenzioni eppure sono costretto ad andarmene.»
    «Ma quali buone intenzioni?» replicò Ronnie. «Tornatene da dove sei venuto e lasciami in pace una volta per tutte.»
    «Una volta in cui te ne sarai tornato a Black Hill e che avrai messo tra noi qualche centinaio di chilometri, sarò lieto di farlo.»
    «Tornerò a Black Hill quando sarà il momento.»
    «Fammi capire, che intenzioni hai? Cosa vuoi cercare di dimostrare?»
    Ronnie sospirò.
    «Non voglio cercare di dimostrare niente. Non sono qui per qualcosa che ha a che vedere con Kelly, se è di questo che mi stai accusando.»
    Ralph abbassò lo sguardo.
    «Mi è difficile crederlo» concluse. «Non hai fatto altro che pendere dalle sue labbra fin dal primo momento in cui l’hai conosciuta.»
    «Ora le cose sono cambiate» obiettò Ronnie. «Io e Kelly non ci vediamo da quando...»
    «Da quando avete deciso che Rick doveva morire?» lo interruppe Ralph. «Un giorno pagherai per questo, Ron.»

    Edited by »Milù Sunshine» - 18/6/2013, 01:11
     
    Top
    .
  14.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Parte conclusiva del capitolo 12.



    Le ore di attesa si trasformarono in ore di sottile agonia: per quanto Ronnie avesse passato gli ultimi anni a convivere con accuse mai pronunciate, non si era mai spinto a ipotizzare che qualcuno sospettasse che le sue colpe fossero ancora più gravi.
    Rick.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Rick.
    Kelly.
    Le fiamme.

    Le immagini si susseguivano una dopo l’altra nella sua mente, come avveniva giorno dopo giorno, senza esclusioni. Quella sera, però, tutto era diverso: rivedere Ralph era stato uno shock, così come sentire un’accusa così pesante.
    «Avete deciso che Rick doveva morire.»
    Non aveva trovato nemmeno la forza di replicare e Ralph l’aveva considerata un’ammissione indiretta.
    «L’avete ucciso voi» aveva proseguito. «Avete approfittato dell’incidente per sbarazzarvi di lui una volta per tutte!»
    Finalmente, con un filo di voce, Ronnie era riuscito a rispondere: «Tutto quello che dici non ha senso. So bene quanto eri legato a Rick, ma inventarti storie che non stanno né in cielo né in terra sulla sua morte non ti sarà d’aiuto per sentirti meglio. Capisco che tu abbia bisogno di qualcuno a cui attribuire la responsabilità di quello che è successo, ma non è certo questo il modo migliore di affrontare le cose. Kelly non era in macchina con noi.»
    «Pensi davvero che io possa crederti?» aveva obiettato Ralph. «Ho sempre riconosciuto la presenza di Kelly, quando era coinvolta in qualche affare.»
    Ronnie si chiese come avesse potuto rendesi conto, seppure non avesse mai saputo come si erano svolti quei drammatici eventi, individuare colei che era stata al suo fianco nei momenti successivi all’incidente.
    Gli era sembrato quasi che Kelly fosse comparsa dal nulla, quella notte maledetta; era apparsa nel momento in cui si rendeva conto di che cosa fosse accaduto, l’aveva trovato in stato di shock e, nel suo tentativo di aiutarlo, era riuscita inconsciamente a distruggere il suo equilibrio e, con esso, la sua vita.
    Naturalmente non l’avrebbe mai ammesso davanti a Ralph, avrebbe negato con tutte le sue forze, proprio come aveva fatto poche ore prima.
    «Tu sei ossessionato da Kelly e dall’idea che possa avere fatto del male a Rick!» aveva sostenuto, sforzandosi di mostrarsi sicuro di sé. «È per questo che non fai altro che vederla anche dove non c’è!»
    «Non dire stronzate!» era stata la pronta replica di Ralph. «Quella stronza ha sempre incantato tutti, ma non me. È sempre stata marcia dentro fin da quando eravamo ragazzini.»
    «Adesso esageri.»
    «No, non sto esagerando. Se non fosse stata lei a convincerti, tu stesso non avresti mai fatto quello che hai fatto!»
    Non c’era nulla di più vero di quelle parole – anche se per Ralph avevano un significato diverso – e Ronnie lo sapeva bene: probabilmente, se Kelly non fosse arrivata a suggerirgli un’alternativa, si sarebbe preso le proprie responsabilità, come sarebbe stato giusto, e già da molto tempo sarebbe riuscito a convivere, seppure a fatica, con ciò che ormai non poteva più lasciarsi alle spalle. Ralph sbagliava soltanto nel proprio accanimento nei confronti di Kelly, convinto come era sempre stato che, qualunque cosa facesse, la facesse in malafede. In realtà Kelly non aveva mai voluto danneggiare Rick.
    “Voleva soltanto aiutarmi” si ripeté Ronnie, per l’ennesima volta, cercando forse di convincersene fino in fondo. “Le è sembrato che quella fosse la cosa migliore da fare e, probabilmente, ancora oggi non riesce ad accettarlo.”
    In realtà non sapeva come Kelly convivesse con i propri rimorsi e, anzi, non sapeva nemmeno se ne avesse. In seguito all’incidente aveva sempre cercato di evitarlo e, addirittura, lei stessa era arrivata, qualche tempo dopo, a pronunciare velate accuse che l’avevano spinto sempre di più verso la decisione di lasciare Starlit Spring. Da quanto gli risultava, Kelly non l’aveva mai cercato né tantomeno aveva mostrato interessamento per il luogo in cui si era trasferito. Non che Ronnie ne fosse dispiaciuto: anzi, proprio la lontananza da Kelly gli aveva permesso di riuscire, almeno di tanto in tanto, a sentirsi vivo come un tempo. A poco a poco era riuscito a rimuoverla e, quando inevitabilmente ripensava ai fatti della notte in cui la vita di Rick era finita e la sua era cambiata per sempre, tendeva a minimizzare il ruolo che Kelly aveva avuto.
    Ronnie chiuse gli occhi e, per l’ennesima volta, rivide tutto, stavolta sforzandosi di non lasciare da parte la ragazza che era stata con lui quella notte, che l’aveva esortato ad appigliarsi a quella che, secondo lei, era l’unica soluzione possibile. Starlit Spring era una città piccola, gli aveva ripetuto più di una volta, le accuse contro di lui gli avrebbero reso la vita impossibile, tanto valeva escogitare una messinscena che facesse tacere tutti.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Kelly.
    Le fiamme.
    Kelly.
    Il bagliore delle fiamme sovrastava l’immagine di Kelly, ma la sua voce continuava a rimbombargli in testa.
    «Andiamocene» lo pregava, restituendogli l’accendino. «Facciamo finta che tu su quella macchina non ci sia mai salito.»
    Kelly se ne andava, senza nemmeno girarsi, pensando che lui l’avrebbe seguita.
    «No.»
    Le fiamme s’innalzavano.
    Le fiamme danzavano nella notte buia.
    Le fiamme, con il loro calore, gli ricordavano che non stava vivendo un sogno.
    Intanto Kelly se ne andava.
    Quella che doveva essere una liberazione diventava una condanna eterna.
    Rick non c’era più.
    Rick non c’era più e la responsabilità era sua.
    Rick non c’era più e con lui se ne stava andando anche tutto il resto.
    Sogni.
    Futuro.
    Speranze.
    Le fiamme bruciavano tutto, impassibili.

    Ronnie riaprì gli occhi e per un attimo si sforzò di non vedere tutto nel suo aspetto più negativo. Da quando aveva avuto modo di approfondire la sua conoscenza con Yuma gli era sembrato che la speranza che credeva morta una volta per tutte potesse rinascere a poco a poco. Anche il passato di Yuma era doloroso, eppure lei si era sempre sforzata di andare avanti; Ronnie sapeva che si riteneva colpevole di avere accettato una situazione che non avrebbe dovuto tollerare, ma la vedeva combattere per dare a Heaven una vita migliore. La differenza tra lui e Yuma era che lei si poneva ancora degli obiettivi, mentre lui, convinto di non poter portare a termine nulla, si era arreso già da troppo tempo. Non doveva più essere così: doveva sforzarsi di dare ancora un senso alla propria esistenza.
    Tornare a Black Hill e invitare Patricia Spencer a cena sarebbe stato un modo per riuscirci, anche se era una soluzione che non aveva mai previsto prima di allora. Al momento, però, gli sembrava troppo drastica: forse anche a Starlit Spring avrebbe potuto concludere qualcosa.
     
    Top
    .
  15. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Questo capitolo è stato molto rivelante!
    Odio Ralph e le sue convinzioni, giuste o sbagliate che siano!

    Questo romanzo mi piace sempre di più!!!

    Continuaaaa!!!! :bounce.gif:
     
    Top
    .
587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
  Share  
.