Anime di metallo

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    Il 67 è l'ultimo capitolo della quarta parte, poi ci sarà l'epilogo (che ho finito di abbozzare mezz'ora fa). ^^ E' un romanzo, non la versione moderna di "Sentieri", quindi non durerà in eterno. :D
    In ogni caso ecco a voi la prima parte del 67...




    Capitolo 67.
    «Hai ragione» ammise Ronnie, «Avrei dovuto morire molto tempo fa.»
    Gliel'aveva ricordato anche Dean, la sera in cui aveva tentato di ucciderlo nella strada accanto allo Starlit Cafè.
    «Quello che non capisco è che ruolo abbiano Yuma e Michel. Loro non c'erano la notte dell'incidente e, anzi, nemmeno li conoscevo, a quell'epoca.»
    «Credi che me ne importi qualcosa?» replicò Melvin. «Tu sei il nulla, per quanto mi riguarda, ma non sei il solo. Non n'interessa solo cancellare le prove che dimostrano che tuo fratello non è morto per caso, anche se e fatto è andata proprio così. Voglio anche annientare chi ha cercato di ostacolarmi e chi, invece», indicò Yuma, «ha tradito la mia fiducia.»
    «Yuma è tua figlia» obiettò Ronnie. «Come puoi anche solo pensare di farle del male?»
    Melvin rise.
    «Che cosa dovrei fare? Fare finta che niente sia mai successo e che questa puttana non abbia messo al mondo un figlio con Dean? Lui ormai non è più un problema, ma non posso permettere che lei continui a vivere.»
    «Tutte le ragazze prima o poi abbandonano i loro genitori e mettono al mondo dei figli» intervenne Michel. «Quando anche i malati come te se ne renderanno conto, questo pianeta sarà un luogo migliore.»
    «Non mi pare di averti interpellato» puntualizzò Melvin. «Tu non sai niente del rapporto che c'era tra me e lei. Ci siano sempre amati, sapevano di non avere alternative. Ho perso mia moglie quando Yuma aveva solo quindici anni, ma mi sono però conto fin da subito che Yuma era speciale. Per nessun motivo l'avrei lasciata andare via, per nessun motivo...»
    «Falla finita!» lo interruppe sua figlia. «Sai benissimo che a questa storia non ci crede più nessuno, ormai.»
    Ronnie lanciò a Yuma uno sguardo carico di vita ammirazione, ma lei non se ne accorse, da quanto era impegnata a smontare una dopo l’altra le assurde fantasie di suo padre.
    «Qualunque cosa tu abbia in mente, come puoi pensare di farla franca?»
    «C'è modo e modo di farla franca» le spiegò Melvin. «A volte bisogna accettare dei compromessi, come ad esempio cambiare nome e trascorrere il resto della propria vita all'estero. D'altronde che cosa mi trattiene ancora qui? Coglierò un'occasione che ho ottenuto grazie alla mia amicizia con Dean.»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    Con quale coraggio Melvin definiva Dean un amico, dopo averlo ucciso?
    «Quindi te la caverai anche stavolta» dedusse Yuma.
    «Se la vuoi vedere in questi termini, direi di sì.»
    «Non credo» s'intromise Michel. «C'è troppa gente coinvolta, questa volta.»
    «Ti sbagli. Quelli che sapevano sono tutti morti...e voi lo sarete tra poco. Ho tutto il tempo per far sparire le mie tracce.»
    Per la prima volta da quando Melvin l'aveva stordito col suo spray urticante, Ronnie ebbe l'impressione che il padre di Yuma stesse sopravvalutando le proprie capacità.
    Credeva di avere tutto sotto controllo, ma non era così.
    C'era chi riusciva, almeno per il momento, a eluderlo.
    Heaven.
    Naive.
    Gabriel.
    Patricia.
    Pamela.
    Era davvero possibile che Melvin si ritenesse superiore a tutti loro?
    Lo vide avvicinarsi al tavolo.
    Riprese in mano il coltello.
    «Sai, Ronnie» osservò, «Credo che quella ferita non sia abbastanza profonda.» Sorrideva, ancora una volta. «Non pensi sia il caso di farla finita?»
    Ronnie non rispose.
    Guardò Yuma con la coda dell’occhio e si accorse che lei lo fissava.
    Sarebbero morti entrambi, questo lo sapeva, e preferiva essere il primo, in modo da non vedere Melvin mentre le strappava la vita.
    «Forse sì.»
    Melvin annuì, con aria soddisfatta.
    Per un attimo ci fu solo silenzio; infine la voce di Michel, che si rivolgeva al padre di Yuma, lo spezzò.
    «Tu sei completamente pazzo.»

    «L'entrata deve essere dall'altra parte» osservò Patricia, riflettendo sul da farsi. «Dobbiamo localizzare Melvin e Yuma.»
    Non solo loro, in realtà, dal momento che anche Michel era lì.
    "E probabilmente anche Ronnie."
    Patricia sorrise tra sé e sé, ripensando all'epoca in cui credeva che Ronnie fosse l'uomo della sua vita.
    "Era proprio un'idea assurda."
    Gabriel si girò a guardarla.
    «Andiamo?»
    Patricia esitò.
    «Allora?» insisté Naive. «Cosa stai aspettando? Non ci avrai ripensato?»
    Patricia negò.
    «Nemmeno per sogno.»
    Cancellò dalla propria mente i pensieri su un passato che non sarebbe mai più tornato. Adesso doveva combattere per il presente.
    «Innanzi tutto dobbiamo scoprire se Melvin è in casa» osservò Naive. «Dal momento che la macchina di Dean è ancora qui...»
    Gabriel la interruppe: «Non possiamo essere sicuri.»
    «Niente è certo» replicò Patricia. «Dobbiamo basarci sulla legge delle probabilità. Di solito non sbaglia così tanto. Ha ragione Naive: Melvin è dentro.»
    Naive annuì.
    «E non è solo.»
    «No, non è solo» confermò Patricia. «Non abbiamo la certezza matematica nemmeno di questo, ma stando agli indizi che abbiamo in mano non possiamo fare altro che trarre questa conclusione.»

    Ronnie sentiva il sangue scorrere, a poco a poco.
    Non era stato mortale il primo colpo che Melvin gli aveva inferto e forse non lo sarebbe stato nemmeno il secondo, ma ormai sapeva che non sarebbe uscito vivo da quella casa e si aggrappava alla speranza che nessuno condividesse con lui quel destino.
    «Lascia andare Yuma e Michel» mormorò, con un filo di voce. «La mia vita, quella di Dean e quella di Kelly non ti bastano?»
    Melvin non gli rispose.
    «Non mi avevi detto che questo coglione fosse così romantico da essere disposto a morire per una puttana senza valore.» Si stava rivolgendo a sua figlia. «Dovresti essere soddisfatta di tutto questo: a quanto pare il mondo è pieno di uomini che finiscono per morire a causa tua.»
    «Non ho nulla di cui essere soddisfatta» replicò Yuma. «Come potrei, sapendo che mio padre non ha fatto altro che distruggere quel poco di positivo che sono riuscita a fare nella mia vita? Hai sempre voluto annientarmi.»
    «Ho sempre voluto che tu non mi sfuggissi. Tu, però, hai continuato a farlo. Se siamo arrivati a questo è soltanto colpa tua.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    “Si sente colpevole” si disse Ronnie. “Melvin è riuscito a convincerla ancora una volta che sia lei stessa la causa di tutto ciò che ha dubito subire nel corso degli anni.”
    Melvin, che evidentemente aveva appena formulato lo stesso pensiero, ribadì: «Lo sai bene quanto me. Se tu avessi scelto di stare alle mie regole, adesso non ci...»
    Ronnie si rese conto che la vista gli si stava annebbiando.
    Tutto ciò che aveva intorno, all’improvviso, sembrava non far più parte del suo presente.
    Strizzando gli occhi cercò di mettere a fuoco la ferita sanguinante e si chiese quanto tempo gli restasse da vivere.

    Mi scanso per evitare il lancio di pomodori, perché so per certo che volete sapere come prosegue... e per giunta è probabile che io domani non ci sia, sul forum, e che vi tocchi aspettare almeno fino a domani in tarda serata...
     
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  2. GÆBRIEL
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    Uffa non c'è il continuo...

    @Ronnie: :cry:

    @Gabriel: sei tutti noi!
     
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    Il continuo c'è ora. ^^



    Quella era la fine.
    Ronnie si guardò intorno, cercando di scorgere qualcosa nel nulla.
    Yuma.
    Michel.
    Erano entrambi accanto a lui, insieme a lui sarebbero morti.
    Non importava sapere come: sarebbe accaduto, in ogni caso.
    Fuori da quella casa una Opel Tigra nera intestata a Gabriel Parker attendeva invano che qualcuno andasse a riprenderla.
    Era la fine, come lo era stata per Rick.
    Era la fine, come lo era stata per Margot.
    Era la fine, come lo era stata per Natascha.
    Era la fine, come lo era stata per Kenneth.
    Era la fine, come lo era stata per Dean.
    Era la fine, come lo era stata per Kelly.

    «È colpa mia, lo so.»
    La voce di Yuma era lontana, ma non abbastanza affinché Ronnie si sentisse totalmente estraniato dalla realtà circostante.
    “Non è colpa tua. Non lo è, e non lo sarà mai, qualunque cosa accada.”
    Se solo fosse stato in grado di dirglielo...

    Gabriel si fermò all’improvviso.
    «Avete sentito anche voi?»
    Naive si girò di scatto verso di lui.
    «Che cosa?»
    Gabriel scosse la testa.
    «Mi era parso di udire delle voci, ma devo essermi sbagliato.»
    Si era lasciato trascinare in una storia che non aveva né capo né coda. Qualunque cosa avesse in testa Patricia, non avrebbe dovuto darle credito. Era una sconosciuta: per quanto ne sapeva, avrebbe potuto essere proprio lei a trascinarlo nel baratro.
    Forse le lanciò un’occhiataccia senza volere, perché lei, che in apparenza si limitava a guardarlo con aria indifferente, si accorse che qualcosa non andava.
    «Se vuoi tornare a casa e sbattertene di tutto» disse, sprezzante, «Puoi ritenerti liberissimo di farlo. Io non trattengo nessuno.»
    Gabriel si sforzò di non perdere la calma.
    «Forse sei tu quella che potrebbe andare a casa.»
    «Non vedo perché dovrei.»
    «Beh, mi pare lampante» obiettò Gabriel. «Tu non c’entri niente con tutto questo.»
    Patricia rise. Sembrava incredula.
    «Io non c’entro niente? È proprio vero che tu non ne sai niente, Gabe.»
    Gabe.
    Era lo stesso nomignolo con cui Maya lo chiamava sempre.
    Gabriel si chiese cosa sarebbe accaduto. Come avrebbe spiegato a sua moglie quello che aveva fatto quel giorno?
    “Mi prenderà per pazzo.”
    O forse non sarebbe andata così: forse sarebbe morto, come moriva chiunque avesse avuto qualcosa a che vedere con Dean Tray, e non avrebbe mai scoperto che cosa ne pensava Maya.

    Lo sguardo di Melvin si fece penetrante.
    «C’è un solo modo in cui può andare a finire.»
    Michel lanciò un’occhiata a Yuma.
    “Qualunque modo sia”, avrebbe voluto dirle, “Ce la caveremo.”
    Non ne era davvero convinto, ma non voleva ammettere di non avere speranze: effettivamente ne aveva, ammettendo che Melvin potesse commettere un errore madornale.
    «Sai, Ronald» riprese Melvin, «Devi ringraziare tuo fratello, o chiunque sia stato a bruciare il bar di quella stronza della tua amica, per questo.»
    Ronnie non sembrò avere colto le parole di Melvin.
    Michel si accorse con orrore che la sua ferita continuava a sanguinare. Melvin doveva commettere un errore madornale, e doveva commetterlo subito, affinché per Ronnie non fosse troppo tardi per sopravvivere.
    «Falla finita» lo pregò Michel, sperando che metterlo sotto pressione fosse un buon modo per intaccare la sua sorprendente lucidità. «Più tempo passerai qui a parlare di nulla e più aumenteranno le probabilità che qualcuno si chieda dove siamo.»
    «Nessuno può scoprirlo» replicò Melvin. «Ho fatto tutto quello che dovevo fare per impedirlo.»
    Sembrava fin troppo sicuro di sé, e Michel si sentì rincuorato: era il tipo di situazione in cui era più verosimile un macroscopico errore di valutazione.
    «Forse nessuno ci cercherà, questo è vero» ammise, «Ma non è detto. Cos’accadrebbe se qualcuno si domandasse davvero che fine abbiamo fatto?»
    «Nessuno se lo chiederà» decretò Melvin. Spostò lo sguardo su sua figlia. «No, Yuma, non dire niente: nemmeno Heaven ne vorrà sapere. Più si allontana da te e più avrà prospettive. Non c’è da sorprendersi se sia riuscita a sedurre un ragazzo pieno di soldi come quell’Eric Mendez.»
    Michel abbassò gli occhi.
    “Sapeva anche questo.”
    Melvin sembrava informato di tutto ciò che poteva essergli utile. Le possibilità che commettesse un errore erano decisamente troppo basse.
    «Non hai nulla di preoccuparti, Yuma. Mi limiterò a lasciare Starlit Spring per sempre, senza fare nulla a Heaven. Sapere che voi tre brucerete vivi è già una notevole soddisfazione.»

    «C’è qualcuno» sibilò Patricia. «State indietro!»
    Gabriel e Naive si bloccarono all’istante.
    “È Melvin.”
    Patricia scattò verso un cespuglio, dietro al quale si nascose. Purtroppo stava già perdendo le foglie, non la copriva tanto quanto avrebbe voluto.
    Melvin, che rovistava dentro una tasca del giubbotto tenendo gli occhi fissi sull’automobile di Gabriel, si girò a guardarla.
    “Merda! Siamo finiti!”
    Con sua sorpresa, però, Melvin non la degnò di uno sguardo e s’incamminò verso la direzione in cui era parcheggiata la macchina di Dean Tray.
    Patricia sgusciò fuori dal proprio nascondiglio e corse verso Gabriel e Naive.
    «Forse ce l’abbiamo fatta!»
    Naive le lanciò un’occhiata interrogativa.
    «Cos’è successo?»
    «Melvin se n’è andato.»
    Naive scosse la testa.
    «Questo significa che è andato tutto a rotoli, forse.»
    «Non essere così pessimista» la esortò Gabriel. «Può darsi che tutto si sistemi.»
    «No, niente affatto. Se Melvin se n’è andato, significa una cosa sola: mia nipote è morta.»
    Per un attimo Patricia si sentì sopraffatta dal pessimismo di Naive.
    Yuma poteva essere morta.
    Ronnie poteva essere morto.
    Michel...

    “No, non può essere andata così. Michel non può essere morto.”
    Sostenendo lo sguardo penetrante di Naive, puntualizzò: «Tu dici che tua nipote è morta... Bene, abbiamo solo un modo per scoprirlo: entrare in quella casa.»
    Senza aspettare Gabriel e Naive si avviò verso l’ingresso.

    Melvin avviò il motore con un certo grado di sicurezza. Le cose non erano andate esattamente secondo i piani, ma per quella stronza di Yuma e quegli impiccioni dei suoi amici era ormai giunta la fine.
    “Chissà se stanno aspettando di essere divorati dalle fiamme...”
    Purtroppo un incendio avrebbe destato troppi sospetti. Quando aveva formulato quell’ipotesi - un'ipotesi che gli sarebbe piaciuto moltissimo mettere in pratica - non sapeva ancora niente di quella Tigra nera parcheggiata poco lontano dal casolare.
    «Probabilmente è di una coppietta che ha deciso di appartarsi in mezzo ai campi qui intorno» aveva borbottato. «Dannati guastafeste!»
    Avrebbe potuto aspettare che se ne andassero, ma più tempo trascorreva lì e più il suo futuro era a rischio.
    Finché si era trattato di uccidere Dean, che non aveva nessuno a cercarlo, si era potuto permettere di non tenere d’occhio l’orologio, ma adesso un solo minuto in più avrebbe potuto essergli fatale.
    Naive, Heaven e il suo ragazzo avrebbero potuto cercare Yuma.
    I genitori, il fratello e l’ex compagna di Ronald Craven avrebbero potuto chiedersi che fine avesse fatto.
    “Devo andare via da qui” si era detto. “Vorrà dire che moriranno più lentamente.”
    Probabilmente Craven sarebbe morto per le ferite che gli aveva inferto, mentre per Yuma e Michel ci sarebbe stato da aspettare un po’ di più. Melvin si domandò quanto fosse possibile vivere senza bere. Qualche giorno, probabilmente, ma non abbastanza perché qualcuno si accorgesse che in quel casolare era accaduto qualcosa.
    “Per fortuna mi è venuto in mente di tappare la bocca col nastro isolante a tutti e tre, prima di andarmene.”
    Se si fossero messi a urlare, la presunta coppietta della Tigra, di cui non aveva previsto la presenza, avrebbe potuto sentirli.
    In ogni caso, ne era certo, quei due, chiunque fossero, non gli avrebbero dato problemi.
    “E poi me ne sto andando.”
    Aumentò la velocità, per andarsene il più in fretta possibile da quel luogo isolato. Presto sarebbe stato libero una volta per tutte e Melvin Emerson sarebbe stato soltanto un ricordo. Era pronto per iniziare una seconda vita.
    Le sue convinzioni si interruppero nel momento in cui prese una curva troppo velocemente.
    Frenò, ma non servì.
    “Regola numero uno: se Dean sa che vuoi ucciderlo, poi non andartene con la sua macchina” fu il suo ultimo pensiero prima dello schianto.

    Fine quarta parte

     
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    EPILOGO

    Ottobre 1997

    Non appena Michel riattaccò, Patricia gli domandò: «Come sta?»
    Lui le lanciò un’occhiata assente.
    «Come, scusa?»
    «Yuma» specificò Patricia. «Eri al telefono con lei, no? Come sta?»
    Michel alzò gli occhi al cielo.
    «È quello che ho cercato di scoprire, peraltro senza risultato. Non ha fatto altro che ripetermi che deve vedermi, perché ha qualcosa di molto importante di cui parlarmi...»
    «Allora perché non vai da lei?»
    Michel abbassò lo sguardo.
    «Non so se sia la cosa migliore da fare. Sono successe tante cose...»
    «Sì, per esempio un paio di giorni fa hai rischiato di essere ammazzato.» Patricia rabbrividì al solo pensiero. «È stata una fortuna, comunque, che tu abbia deciso di parcheggiare proprio lì vicino, credo che sia stata la presenza di quella macchina a salvarvi.»
    Michel annuì.
    «A ripensarci, penso che tu abbia ragione.»
    Patricia si morse il labbro inferiore, chiedendosi se fosse il caso di fare a Michel quella che le appariva come un’importante rivelazione.
    “No, sarebbe assurdo, è meglio fare finta di niente.”
    Si rese conto di non essere un genio nel rendersi impassibile non appena Michel le domandò: «C’è qualcosa che dovresti dirmi?»
    «Mhm... no.»
    Michel sorrise, ed era la prima volta in cui Patricia lo vedeva sorridere, da quando Kelly James era morta.
    «Io penso di sì, invece.»
    «Forse dovresti andare da Yuma» gli suggerì Patricia. «Ti ha spiegato che deve parlarti con una certa urgenza, no?»
    «Qualche minuto in più non cambierà le cose» obiettò Michel. «Adesso è il tuo turno.»
    Patricia fece un profondo respiro.
    «Non so come dirtelo, ma...»
    S’interruppe.
    “No, non posso continuare. Mi renderei soltanto ridicola.”
    «Quando hai creduto che io fossi morto ti è mancata la terra sotto ai piedi?» azzardò Michel. «Oppure pensi che io sia sprecato accanto a una come Pamela? Lo penso anch’io, in effetti. Tra tutte le donne che sono cadute ai miei piedi, è di gran lunga la peggiore.»
    Patricia scoppiò a ridere.
    «Te l’hanno mai detto che ti dai troppe arie?»
    «Me l’hanno detto più o meno tutte quelle a cui ho fatto questo discorso» la rassicurò Michel. «Non sei la prima... ma spero che tu sia l’ultima.»
    Patricia lo guardò con occhi carichi di gratitudine.
    «Lo spero anch’io.»

    Quando Michel suonò il campanello fu la stessa Yuma ad aprirlo.
    «Tu e il bambino siete soli?» le domandò.
    Yuma scosse la testa.
    «C’è anche Heaven. Eric, invece, è fuori con suo padre e con la signora Mendez. Penso che siano andati a fissare la data del funerale.»
    A Michel bastò un istante per sentirsi totalmente impotente. D’altronde lo era chiunque, di fronte alla morte.
    «Mi dispiace per quello che è successo alla tua amica» mormorò Yuma. «Non sapevo niente di lei, ma senza dubbio non se lo meritava.»
    «No» confermò Michel, «Non lo meritava affatto.»
    «E questo contribuisce a farmi sentire ancora peggio.»
    «Perché dovresti?»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    «È stato mio padre a ucciderla.»
    «Avrebbe ucciso anche te» le ricordò Michel. «Avrebbe ucciso tutti noi. Non devi sentirti in colpa per quello che ha fatto lui.»
    «Non posso farne a meno. Sono stata io che...»
    Michel la interruppe: «Mi hai chiamato qui solo per dirmi questo? Pensavo che ci fosse qualcosa di molto più importante.»
    Yuma gli porse una busta.
    «Puoi darla a Ronnie? Scusa se non ti faccio entrare in casa, ma prima risolviamo e meglio è...»
    Michel la prese.
    «A... a Ronnie?»
    Yuma annuì.
    «Sto partendo. Non posso dargliela io.»
    Michel spalancò gli occhi.
    «Stai partendo? Per andare dove?»
    «Non ha importanza» replicò Yuma. «Quello che conta è mettere tanto più spazio possibile tra me e le persone a cui voglio bene. Nessuno merita di soffrire per colpa mia.»
    «Mi stai dicendo che la tua partenza sarebbe un addio definitivo?»
    «Sì.»
    Michel scosse la testa.
    «A meno che tu non sia impazzita completamente, non ti credo.»
    «Faresti meglio a credermi, invece» replicò Yuma. «Abbiamo rischiato tutti di morire, ma Ronnie è quello che ci è andato più vicino, e ora è in ospedale per causa mia. Senza contare che, molti anni fa, avrebbe potuto morire a causa di mia madre. Siamo già a due componenti della mia famiglia che hanno attentato alla sua vita, non pensi che sia abbastanza?»
    «Fammi capire, lo stai lasciando perché hai paura di essere tu la prossima?» ribatté Michel. «So bene che a volte la sua presenza può diventare molto stressante, ma sono sicuro che te la caveresti alla grande.»
    «È strano che sia proprio tu a dirmelo.»
    «Non capisco cosa ci sia di strano.»
    «Sei stato tu stesso, pochi giorni fa, a farmi capire che era un errore rimanere accanto a lui.»
    «Rimanere dove tuo padre e Dean potevano trovarti era un errore» puntualizzò Michel. «Adesso nessuno dei due può più farti del male. Tra l’altro, a proposito di Dean, grazie a lui ho rivalutato le mie convinzioni.»
    «Cioè?»
    «Anche un grande idiota può avere un’intuizione geniale.»
    Non c’era dubbio che quella di Dean lo fosse stata: le probabilità che Melvin Emerson salisse sulla sua automobile erano state abbastanza elevate da spingerlo ad agire di conseguenza, facendo ciò che sapeva fare meglio, con il risultato che la vita di Melvin era finita nel momento in cui era andato a impattare contro un albero uscendo di strada in una curva.
    «Sì» ammise Yuma. «Forse, se siamo vivi, è anche grazie a Dean.»
    «Perché?» si ritrovò a chiederle Michel. «Pensi che potesse ripensarci e tornare indietro?»
    «No, ma quando si tratta di mio padre non c’è mai da stare sicuri. Era un uomo pericoloso, non posso negarlo.»
    «Lo so, ma tu sei diversa.»
    Proprio mentre Yuma stava per obiettare, Heaven li raggiunse.
    «Sei sempre la solita! Ti hanno mai insegnato che è educazione far entrare in casa gli ospiti, invece di lasciarli ad attendere in eterno sulla porta?»
    «Non ti preoccupare» si affrettò a rispondere Michel. «Per me non c’è problema.»
    «E poi Michel se ne stava andando» aggiunse Yuma, accennando alla busta. «Ci stavamo soltanto salutando.»
    Heaven la fulminò con lo sguardo.
    «Non dire idiozie. Sai benissimo che lasciare Starlit Spring sarebbe una grandissima stronzata.»
    «Non lo è.»
    Heaven sospirò, poi si rivolse a Michel.
    «Ti prego, convincila.» Gli strappò di mano la lettera che Yuma aveva scritto per Ronnie e se la infilò in tasca. «Non può scappare, sarebbe un’assurdità.»
    «Gliel’ho già detto» precisò Michel. «Purtroppo non sembrava molto intenzionata a starmi a sentire.»
    «Da lei non potevo aspettarmi nient’altro. Possibile che non si renda conto che Ronnie la sta aspettando? A proposito, sai come sta?»

    Victoria lo aspettava davanti al portone. Ralph attirò la sua attenzione con un cenno e lei gli venne incontro. Erano passati mesi dal loro ultimo incontro, e in quei mesi tutto era cambiato.
    Si scambiarono uno sguardo carico di tristezza.
    «Mi dispiace» mormorò Ralph. «Avrei dovuto capire che Nat era in pericolo.»
    Victoria gli si avvicinò.
    «Non è stata colpa tua.»
    «Sì, invece. Non facevo caso a tutte le sue stranezze.»
    Victoria sorrise.
    «Mia sorella è sempre stata molto strana, è normale che tu non te ne sia accorto.»
    Le parole di Victoria lo assolvevano, ma Ralph si sentiva ugualmente colpevole.
    «Poi, quando è morta, non ho pensato ad altro che a lei e a tutto quello che avevo perso. Anche Ronnie e i suoi amici hanno rischiato di morire...»
    «A proposito, come sta tuo fratello?» gli chiese Victoria. «Ho sentito dire che era ferito e che ha perso molto sangue.»
    «Ora sta abbastanza bene. È stato dimesso dall’ospedale stamattina, l’ho accompagnato a casa io. Poi...»
    Ralph s’interruppe. Non c’era alcun bisogno di riferire a Victoria che una perfetta sconosciuta - una tizia dai capelli biondo platino vestita in maniera bizzarra - incontrata per strada subito dopo gli aveva fatto delle avance.
    “Tanto, chiunque fosse, non la rivedrò mai più.”

    «Certo che avresti potuto offrirmi qualcosa di meglio di un succo di pompelmo da quattro soldi» protestò Pamela.
    Era seduta di fronte a Tom Harvey, che continuava a ridacchiare.
    «E così hai tentato di sedurre Ralph Craven per il semplice fatto che è single e ricco.»
    «Unite al fatto che è piuttosto carino, mi sembrano giustificazioni più che sensate» obiettò Pamela, infastidita dalla reazione che suo cugino aveva avuto nell’udire il racconto di quanto accaduto quella mattina. «Non posso farci niente se ha deciso di trascorrere tutto il resto della sua vita a disperarsi per avere perso quella svampita della sua ragazza.»
    «Sei un’insensibile!»
    «E tu sei un impiccione.»
    Tom annuì.
    «Certo, mia cara. Un buon detective deve esserlo.»
    «Tu sei un buon detective?» ribatté Pamela. «Mi risulta che, con la tua ricerca delle sorelle Emerson, non sei riuscito a concludere nulla.»
    «Non è certo colpa mia se quell’imbecille di Michel Sallivan si è lasciato incantare e ha preferito salvaguardare la vita della sua amica piuttosto che dirmi dov’era.» Tom si fece improvvisamente cupo. «Sai cosa ti dico? Quel figlio di puttana deve pagare per quello che ha fatto. Stai sicura che prima o poi tornerò a Dark River e avrà quello che si merita.»
    Pamela gli lanciò un’occhiata carica di preoccupazione.
    «Non avrai intenzione di farlo ammazzare dai tuoi amici di Dark River?!»
    Tom alzò gli occhi al cielo.
    «Per chi mi hai preso, Pam? Io non ho mai fatto uccidere nessuno, specie quelli che, prima o poi, potrebbero tornarmi utili. Al massimo chiederò ai miei amici di Dark River di rompergli qualche osso.»
    «Allora dì ai tuoi amici di fare attenzione» gli suggerì Pamela. «È molto probabile che Michel torni a Dark River insieme a una bodyguard d’eccezione. Mia sorella non scherza, quando si tratta di calpestare testicoli coi tacchi a spillo.»
    «A proposito di Patty, cos’ha combinato?» le domandò Tom, a quel punto. «Mi risulta che abbia salvato la vita alla figlia di Melvin, al suo ragazzo e purtroppo anche a quel cretino di Sallivan... Come ha fatto?»
    «Questo dovresti chiederlo a lei» ammise Pamela. «O a lei, o alla cognata di Melvin, o al tizio che c’era con loro.»
    «Oppure non lo chiederò a nessuno e me ne sbatterò le palle, dato che da questa storia non ci ho guadagnato un soldo» concluse Tom, portando alla bocca il proprio bicchiere. «Dovrai accontentarti del succo di pompelmo del discount ancora per un po’!»

    «Sei sicuro che vada tutto bene?» chiese Naive, dall’altro capo del telefono.
    «Certo» confermò Gabriel. «È tutto a posto.»
    «Anche con tua moglie?»
    «Soprattutto con mia moglie.»
    Quando aveva raccontato tutto a Maya, lei non aveva voluto credergli. Fortunatamente sia Naive sia Patricia le avevano confermato la stessa versione dei fatti.
    «Sei un incosciente» aveva concluso Maya, infine, «Ma se non lo fossi Ronnie, Yuma e il loro amico sarebbero morti, quindi è un bene che tu lo sia.»
    Non era andata male nemmeno quando le aveva raccontato tutto il resto.
    «Ora sa tutto» confidò a Naive.
    «Tutto nel senso di... tutto
    «Tutto nel senso di tutto, esatto» ribatté Gabriel. «Alla fine non ha potuto fare altro che accettare la realtà ed esserne soddisfatta.»
    «Soddisfatta?!»
    Dalla voce con cui parlava, Naive sembrava sconcertata.
    “In effetti chiunque lo sarebbe, nel sentirmi dire che mia moglie sia contenta di sapere che qualche anno fa avevo tra le mie amicizie dei sabotatori di automobili.”
    Si affrettò, quindi, a spiegarle: «È felice che ci sia una ragione, se mi sono comportato in modo strano per giorni. E anche di sapere che, nonostante gli amici che avevo, io non ho mai fatto niente di male.»
    «Meglio così.»
    «Già, meglio così.»
    I due si salutarono e Gabriel si chiese se lui e la sua amica di un tempo si sarebbero mai risentiti.
    «Probabilmente sì.»
    Maya comparve all’improvviso alle sue spalle.
    «Con chi parli?»
    Gabriel si girò.
    «Ero al telefono con Naive.»
    «Lo so, te l’ho passata io» gli ricordò Maya. «Ti chiedevo con chi stessi parlando adesso.»
    «Da solo» ammise Gabriel. «Però non sono pazzo, ormai te l’ho dimostrato.»
    «Sì, forse me l’hai dimostrato» ribatté Maya, «Però ho ancora qualche dubbio. Spero che, da adesso in poi, non capiteranno più fatti insoliti.»
    «Dipende cosa intendi per fatti insoliti.»
    «Che tu vada in giro a fare il supereroe o che la tua macchina sparisca quando è parcheggiata in cortile.»
    «Farò il supereroe solo per te» scherzò Gabriel. «E comunque non è certo colpa mia se Ronnie si è messo in testa che, per andare a salvare la sua ragazza, doveva usare proprio la mia auto! In ogni caso non lo rifarà: gli ho spiegato che, se vuole avere qualche speranza di vivere a lungo, quello non è il modo migliore per riuscirci!»
    «Per sicurezza non lasciare le chiavi in bella vista» gli suggerì Maya, con un radioso sorriso. «Sai, è una bella macchina, mi dispiacerebbe se qualcuno te la rubasse e poi te la facesse ritrovare con qualche graffio...»

    Il campanello trillò. Ronnie si alzò in piedi e si diresse verso il citofono. Non aveva idea di chi potesse essere a quell’ora e si sorprese nello scoprire che si trattava di Michel. Gli aprì la porta, sentendosi un po’ deluso. Aveva sperato fino all’ultimo che si trattasse di Yuma, della quale non aveva più notizie.
    Quando Michel entrò, Ronnie fece per richiudere la porta.
    «Aspetta» lo avvertì Michel. «Non sono venuto da solo.»
    Ronnie lo fulminò con lo sguardo.
    «Che cosa ti ha fatto pensare che avessi voglia di ricevere degli ospiti?»
    «Penso che per lei farai un’eccezione» ribatté Michel, «Anche perché ho dovuto praticamente costringerla a venire qui.»
    Entrò Yuma.
    Ronnie si sentì quasi ipnotizzato.
    «Finalmente sei qui.»
    Yuma richiuse la porta alle proprie spalle e rimase a guardarlo in silenzio.
    «Mi sei mancata.»
    Finalmente la vide sorridere.
    «Anche tu. Scusami.»
    «Per che cosa?»
    «Volevo andarmene.» Yuma abbassò lo sguardo. «Da quando mi hai conosciuta nella tua vita ci sono stati solo casini. Volevo sparire una volta per tutte, senza nemmeno dirti addio, perché credevo che, se ti avessi guardato negli occhi ancora una volta, non ce l’avrei fatta.»
    Ronnie si sentì mancare.
    «Quindi sei venuta per dirmi addio?»
    Yuma negò.
    «Ti ho appena detto che, se ti avessi guardato negli occhi, avrei capito che la mia vita è con te. Non avrei...»
    Michel la interruppe: «Adesso non essere troppo sdolcinata, però.»
    Yuma lo fulminò con lo sguardo.
    «Bada ai fatti tuoi! E lasciaci soli.»
    «Non ancora» ribatté Michel. «Ronnie non mi ha ancora ringraziato per averti convinta a venire da lui.»
    «Convinta? Mi hai praticamente scortata!»
    «Dovevo farlo.» Michel si rivolse a Ronnie: «Se non l’avessi portata fino qui, probabilmente sarebbe scappata a gambe levate non appena svoltavo l’angolo.»
    «Hai fatto bene a costringerla» convenne Ronnie. «Mi hai risparmiato di doverla cercare fino in capo al mondo.» Guardò Yuma negli occhi. «Pensavi che, se tu te ne fossi andata davvero, ti avrei permesso di escludermi dalla tua vita?»
    «Forse sarebbe stata la soluzione migliore per tutti» obiettò Yuma. «Un giorno potresti pentirti di...»
    «Non mi pentirò di un bel nulla» la interruppe Ronnie. «E poi che cosa significa soluzione migliore per tutti? Dobbiamo pensare a quello che è meglio per noi, fregandocene degli altri.» Lanciò un’occhiata a Michel. «Anche di quelli che stanno qui a guardare invece di andarsene e tornare in un momento più opportuno.»
    Michel ridacchiò.
    «Ti ho detto che sto ancora aspettando un ringraziamento.»
    Ronnie sospirò.
    «Grazie, Michel, per la prima volta nella tua vita ti sei dimostrato utile. Sei contento adesso?»
    «Diciamo che può andare» ribatté Michel, «Anche se avrei preferito che, in segno di gratitudine, ti mi avessi chiesto di farti da testimone al vostro matrimonio.»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Quale matrimonio?»
    «Tanto lo so che prima o poi vi sposerete... e probabilmente non dovrò nemmeno aspettare troppo tempo.»
    Yuma sorrise.
    «In fondo non è un’idea così pessima, che cosa ne dici, Ronnie?»
    «Intendi l’eventualità di avere Michel come testimone?»
    Yuma sbuffò.
    «Questo è irrilevante! Intendevo l’eventualità di avere me per moglie! Che cosa importa se mio padre era un assassino e se mia madre aggiustava auto rubate? In fondo nemmeno la tua famiglia è perfetta, hai un fratello piromane!»
    Ronnie scosse la testa.
    «Ralph non c’entra niente con l’incendio dello Starlit Café.»
    Yuma avvampò.
    «Scusa, pensavo che...»
    «Non c’è niente di cui tu debba chiedermi scusa» la rassicurò Ronnie. «Anch’io ho avuto quel sospetto, ma mia madre mi ha assicurato che non è andata così... e nessuno può saperlo meglio di lei.»
    «Cosa vuoi dire?»
    «Forse un giorno te lo spiegherò.»
    Era stata una vera sorpresa scoprire la verità su un fatto che aveva sempre ritenuto irrilevante. Quando sua madre, il giorno precedente, in ospedale, durante l’orario di visite, gli aveva fatto quella rivelazione, in un primo momento non aveva voluto crederle.
    «Ho letto la lettera che avevi scritto a Yuma e ho pensato che fosse tutta colpa di Kelly» gli aveva spiegato. «Temevo che non ti saresti risvegliato mai più... e ho deciso di vendicarmi nell’unico modo in cui potevo farlo.»
    Non era il momento adatto per raccontare a Yuma come fossero andate davvero le cose: prima o poi l’avrebbe fatto, ma adesso aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi.
    «Che cosa ne dici di lasciarci soli?» domandò a Michel. «Hai detto tu stesso che non partirai per Dark River prima che venga celebrato il funerale di Kelly, quindi avremo sicuramente occasione di rivederci.»
    «Già» confermò Michel. «Credo che per me sia giunto il momento di togliere il disturbo.»
    Aprì la porta e se ne andò.
    «È bello essere finalmente da sola con te» gli disse Yuma, avvicinandosi.
    Ronnie la strinse a sé.
    «Sì, è stupendo averti qui.»
    «Peccato che non potrò restare molto.» Yuma indietreggiò, sciogliendo il loro abbraccio. «Ho lasciato Ron con Heaven e...»
    «Potremmo andarlo a prendere» propose Ronnie. «Potreste fermarvi a casa mia per un po’ di tempo... anzi, per molto tempo. A proposito, mi hai fatto una domanda, prima, o sbaglio?»
    Yuma annuì.
    «Temo di averti chiesto se vuoi sposarmi.»
    «Allora credo che sia giunto il momento di darti una risposta. Sì; e ha ragione Michel, lo faremo il prima possibile.»

    FINE




    Un sentito ringraziamento a Gabriel e Pavone Bianco, che con i loro commenti mi hanno invogliata, giorno dopo giorno, a continuare... e ad arrivare a una conclusione.

    PS. In prima pagina ho aggiornato con la copertina. ^^
     
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    mi sono venute le lacrime agli occhi :cry:

    CITAZIONE
    Un sentito ringraziamento a Gabriel e Pavone Bianco,

    grazie a te Milù che ci hai regalato un romanzo così bello :)

    non riesco a credere che sia finitooo :sadangel:

    ma comunque: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :clap: :clap: :clap: !!!
     
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    @Pavone: sono felice che ti sia piaciuto... in effetti anch'io non riesco a credere che sia finito! :D
    Comunque c'è un'idea del tutto nuova (in realtà è un progetto che avevo lasciato in sospeso dopo due capitoli, ma che ho deciso di riprendere da zero, stravolgendone in parte la trama) che ho in mente, e spero che possa essere altrettanto avvincente. ^^
     
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    dai, sono sicura che verrà fuori una bella cosa ;)!! non ti rimane che provarci :D!!
     
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    :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu: :g-milu:

    Me commossa, tanto commossa... è il più bel romanzo che abbia mai letto! E' davvero fantastico... pretendo il pdf!!!!

    @Ronnie: mi mancheraiiiiiii!
    @Gabriel: mi mancheraiiiiii!
    @Yuma: mi mancheraiiiiii!!!
     
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    Gaaab! Sono davvero felice che ti sia piaciuto! *-* Cercherò di non essere deludente con le mie opere future. u.u

    Il tempo di controllare che non ci siano errori, poi te lo invio in PDF! ^^
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 1/8/2013, 17:38) 
    Gaaab! Sono davvero felice che ti sia piaciuto! *-* Cercherò di non essere deludente con le mie opere future. u.u

    Il tempo di controllare che non ci siano errori, poi te lo invio in PDF! ^^

    OK! Lo aspetterò con ansia! :wub:

    Ora invece possiamo concentrarci con l'altro romanzo nel frattempo... :D

    Perchè a leggerli entrambi contemporaneamente mi girava la testa... :wacko:
     
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    Ora invece possiamo concentrarci con l'altro romanzo nel frattempo... :D

    Perchè a leggerli entrambi contemporaneamente mi girava la testa...

    Capisco. :D
    Comunque penso che "Il Canto delle Tenebre" lo aggiornerò con meno frequenza rispetto "Anime di metallo", perché sto già lavorando a un ulteriore progetto nel frattempo. XD
     
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    @Gab: ti ho inviato il PDF via email.

    @Pavone: se mi scrivi il tuo indirizzo email via mp, lo invio anche a te se vuoi. ^^
     
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  13. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» {the Lady B} @ 5/9/2013, 16:30) 
    @Gab: ti ho inviato il PDF via email.

    Arrivatoooooooooo!

    E mi hai commossa! :cry:

    ps: Finalmente farà parte della mia collezione di libri!!!!!!!! :bounce.gif:
     
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    CITAZIONE (•One Million• GÆBRIEL @ 5/9/2013, 19:11) 
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» {the Lady B} @ 5/9/2013, 16:30) 
    @Gab: ti ho inviato il PDF via email.

    Arrivatoooooooooo!

    E mi hai commossa! :cry:

    ps: Finalmente farà parte della mia collezione di libri!!!!!!!! :bounce.gif:

    L'emoticon che salta! *_______*
    Sono felice che ti abbia fatto piacere. <3
     
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  15. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» {the Lady B} @ 6/9/2013, 00:28) 
    CITAZIONE (•One Million• GÆBRIEL @ 5/9/2013, 19:11) 
    ps: Finalmente farà parte della mia collezione di libri!!!!!!!! :bounce.gif:

    L'emoticon che salta! *_______*

    Sono felice che ti abbia fatto piacere. <3

    Quella è una mia prerogativa, l'emoticon intendo! :lol:


    Altrochè... lo aspettavo con ansia! :) Ora durante la mia vacanza lo rileggerò! :)
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
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