Anime di metallo

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    No, Pavone, non c'è tanto da aspettare! :D




    Capitolo 65.
    Quando Yuma rinvenne si accorse di essere legata a una sedia. Aveva un forte dolore alla testa. Udì dei passi alle proprie spalle e temette che si trattasse di Dean.
    «Bentornata tra i vivi, Yuma» la accolse una voce. «Per un attimo avevo temuto che non saresti rinvenuta.»
    Non era Dean, ma Melvin.
    Le sue intenzioni non potevano essere migliori di quelle di Dean.
    «Dove siamo?» gli chiese Yuma.
    C'erano tante altre domande che avrebbe voluto porgli, per esempio perché delle corde fissassero il suo corpo a una sedia, ma non ne aveva il coraggio.
    Abbassò gli occhi sulle caviglie.
    Non erano corde, ma nastro isolante.
    «Dove mi hai portata?» ripeté. «Cosa speri di ottenere?»
    «Siamo in un vecchio casolare» la informò suo padre. «Una coppia di anziani ci passa i mesi estivi. Credo che fino al prossimo giugno non si faranno vedere.»
    «Perché mi hai portata qui?» insisté Yuma. «Vorrei che tu me lo spiegassi.»
    Melvin rise.
    «Davvero non l'hai ancora capito?»
    Le si avvicinò.
    Yuma sussultò al contatto con la sua mano che le sfiorava una guancia.
    «Vuoi che torni da te, vero?»
    «Come potrei pretenderlo?» replicò suo padre. «Ormai Heaven è grande abbastanza da difendersi da sola e, ne sono certo, se osassi avvicinarsi a lei, mi farebbe fare una brutta fine.»
    «Allora cosa vuoi?»
    «Parlare.»
    Yuma non prese nemmeno in considerazione l'idea di credergli.
    «Di solito chi vuole parlare con una persona evita di assalirla e di sequestrarla.»
    Melvin annuì.
    «Vedo che la botta in testa non ha fatto molto effetto, riesci ancora a capire tutto al volo.»
    «Falla finita» lo pregò Yuma. «Dimmi cosa vuoi e possiamo discuterne. Posso arrivare a farti un regalo di addio.»
    Lo sguardo che le lanciò suo padre la raggelò.
    «È troppo tardi, ormai. Come pensi che possa perdonarti dopo quello che hai fatto?»
    Yuma fu scossa da un fremito. Non poteva sapere la verità, era un segreto che lei e Dean avevano deciso di condividere al fine di tutelare la loro incolumità.
    «Ti stai chiedendo come faccio a saperlo» dedusse Melvin.
    Yuma tacque.
    «Sai, le persone diventano piuttosto loquaci quando vedono la loro vita in serio pericolo» le spiegò suo padre. «Dean non fa eccezione. Mi è bastato promettergli che, in nome della nostra vecchia amicizia, l'avrei risparmiato se mi avesse riferito per filo e per segno tutto quello che era successo tra di voi.»
    Quella era la fine, Yuma lo sapeva. Se aveva risparmiato la vita al suo complice, a lei non avrebbe riservato la stessa cortesia.
    «Dean dov'è?»
    La risposta la lasciò spiazzata.
    «Dentro un sacco di plastica, con la gola tagliata.»
    Yuma si sentì mancare.
    Suo padre se ne accorse.
    «Non dirmi che ne sentirai la mancanza.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    Era assurdo, ma era così. Dean si era divertito con lei finché gli era stato possibile, ma almeno quello che c'era stato tra loro non le era mai stato imposto.
    Tra Dean e Melvin c'era un abisso.
    «È assurdo» osservò suo padre. «Non mi dire che lo amavi.»
    Yuma non lo smentì. Per quanto la riguardava era libero di pensarlo. Anzi, era molto meglio così. Cos'altro avrebbe fatto se avesse scoperto quello che c'era stato tra lei e Ronnie? Cosa sarebbe successo se avesse scoperto che era Ronnie Craven l'uomo che amava?
    «Lui non ha mai amato te» la avvertì Melvin. «Eri solo un giocattolo per lui. Sono io l'unico che ti abbia mai amata davvero.»
    Yuma non disse nulla.
    Diede una veloce occhiata intorno a sé. Dall'arredamento, quella in cui si trovava sembrava una sala da pranzo. Si chiese se sarebbe riuscita a vedere altro prima di morire o se la sua vita avrebbe avuto fine lì, in quella casa.
    «Quanto mi resta da vivere?» gli chiese a quel punto.
    Melvin sorrise.
    «Abbastanza per scoprire cos'è successo veramente a tua madre.»
    «A... a mia madre?»
    «Non dirmi che non lo sai» ribatté Melvin. «Stando a quanto mi risulta, quella stronza di tua sorella è qui per incastrarmi.»
    «Non capisco di cosa parli» mentì Yuma.
    «Allora sarò più chiaro. È stato Dean a tagliare la gola a Margot. Prova a indovinare chi gliel’ha ordinato...»

    Michel abbassò il volume della radio mentre prendeva una strada secondaria.
    «Quanto manca?» gli domandò Ronnie.
    «Sei o sette chilometri, non di più.»
    Li percorsero nel silenzio più totale.
    Soltanto dopo essersi fermato accanto a un campo incolto, a qualche centinaio di metri da una vecchia casa colonica, Michel osservò: «Se le indicazioni di Pat sono esatte, dovremmo essere molto vicini a Melvin.»
    «E a Yuma» mormorò Ronnie.
    Michel si pentì di averlo coinvolto.
    «Aspettami qui» lo pregò.
    Fece per scendere, ma Ronnie lo trattenne.
    «Non ci penso nemmeno. Non ho intenzione di abbandonare Yuma a se stessa!»
    «Non siamo sicuri che Yuma sia qui» gli ricordò Michel.
    «Ma è molto probabile.»
    Michel alzò gli occhi al cielo.
    «È più sicuro se rimani qui, credimi.»
    Scese dall’auto e richiuse la portiera, sperando che Ronnie non lo imitasse.
    Non andò come sperava.
    «Rimanere qui?! Non ci penso nemmeno! Non quando la vita di Yuma è appesa a un filo...»
    «Anche la tua vita potrebbe essere appesa a un filo, se tu venissi con me» puntualizzò Michel. «Ne vale davvero la pena?»
    «Per Yuma farei questo e altro» replicò Ronnie. «E poi perché tu potresti rischiare la vita e io no?»
    «Perché ho più speranze di cavarmela, rispetto a quante ne hai tu. Io ho sempre avuto a che fare con certa gente...»
    «Io invece sto imparando ad averci a che fare» insisté Ronnie. «Non c’è motivo per cui dovrei rimanere qui ad aspettare... ad aspettare che cosa, poi?»
    Michel sospirò.
    «Va bene, come ti pare. Se dovesse capitarti di morire, però, non prendertela con me!»
    «Non preoccuparti» lo rassicurò Ronnie. «Si dice che i morti non abbiano l’abitudine di accusare chi sopravvive.»
    «Sei ottimista sulle mie speranze di uscirne vivo» osservò Michel. «Cerca di sperare anche per te stesso, già che ci sei!»

    «Io amavo Margot» dichiarò Melvin, «Ma non sopportavo l’idea che potesse mettersi tra di noi. Lo sai, Yuma, io non ho mai amato nessuna tanto quanto te...»
    Yuma scosse la testa.
    «Tu non mi hai mai amata. Non hai mai amato nemmeno mia madre, né nessuna delle tue amanti. Tu non sai che cosa significhi amare.»
    Melvin rise.
    «Quella è una frase fatta.»
    «E di che cosa ti lamenti? Tu sei uno specialista, nelle frasi fatte. La verità è una sola: tu sei un maniaco, e quando mia madre se n’è resa conto e ha deciso di portare via me e mia sorella hai pensato che ucciderla fosse la soluzione migliore.»
    Melvin sorrise.
    «Se questa fosse la realtà ti farebbe differenza?»
    Yuma scosse la testa.
    «No, mi faresti schifo ugualmente.»
    «Allora, se il risultato non cambia, non ha più senso indossare una maschera. Io non ho amato né te né lei, siete solo due puttane da quattro soldi, senza alcun valore. Tua madre, almeno, se la cavava con le auto. Tu che cos’hai fatto nella tua vita, a parte servire caffè o pulire cessi?»
    «Mi sembrano entrambe prospettive migliori rispetto a quelle che avresti potuto offrirmi tu. Non voglio avere a che fare con il tuo schifoso mondo.»
    «Peggio per te.» Melvin sorrise. «In ogni caso sarebbe troppo tardi, ormai mi hai già dimostrato che non posso fidarmi di te.»
    «Allora uccidimi» lo pregò Yuma. «Non ha senso continuare così.»
    «Lo farei subito, se non avessi una cosa importante da dirti.»
    Yuma vide gli occhi di suo padre che la scrutavano.
    «U-una cosa importante?»
    «Riguarda l’ultimo lavoro che ha fatto tua madre prima di morire. Vuoi sapere di che cosa si è occupata?»
    Yuma fu tentata di negare, ma finì per fare l’esatto contrario.
    «Dimmi.»
    «Margot ha manomesso una macchina, su richiesta di Dean, per permettergli di sbarazzarsi di un tizio che secondo lui doveva morire» la informò Melvin. «Purtroppo ha sbagliato macchina.»
    «No» mormorò Yuma. «Non può essere vero.»
    «Che ha sbagliato macchina?»
    «Che ha aiutato Dean a commettere un omicidio.»
    «Rilassati, Yuma» la pregò Melvin. «Margot non aveva speranze. Ha fatto quello che Dean le ha ordinato, sperando che lo spargimento di sangue fosse il più piccolo possibile. È stata fortunata, tutto sommato.»
    «Non è morto nessuno?»
    «C’erano due ragazzi su quell’auto. È morto soltanto uno dei due, mentre l’altro è sopravvissuto. Si dice che tra i due, non sia morto quello che guidava. Una certa Kelly James mi ha indirettamente confermato che è proprio così.»
    Yuma si sentì raggelare.
    «No...»
    «Sì, sto parlando proprio di chi pensi» replicò suo padre, confermando i suoi sospetti. «Immagino che tu sappia bene quanto me che chi è sopravvissuto a un tentativo di omicidio prima o poi parlerà, se qualcuno non gli chiude la bocca per sempre.»
    Yuma cercò di ribattere, ma non riuscì a pronunciare alcun suono.
    Melvin le aveva appena detto che Ronnie doveva morire. Non poteva permettere che accadesse.
    Si sforzò di trovare un appiglio al quale aggrapparsi per impedire che succedesse, ma i suoi sforzi furono interrotti quando udì dei passi nel corridoio ubicato oltre la stanza in cui Melvin l’aveva condotta.
    Suo padre si girò in quella direzione e Yuma immaginò che non avrebbe riservato un’accoglienza molto cordiale all’intruso. Sentì un tuffo al cuore non appena lo vide: si trattava proprio di Ronnie.
     
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    «Dean dov'è?»
    La risposta la lasciò spiazzata.
    «Dentro un sacco di plastica, con la gola tagliata.»

    lo ammetto... ci ho goduto un casino quando ho letto questo :trollface:

    CITAZIONE
    «Margot ha manomesso una macchina, su richiesta di Dean, per permettergli di sbarazzarsi di un tizio che secondo lui doveva morire»

    quindi è lei la causa dell' incidente di ronnie e Rick... :sadangel:

    CITAZIONE
    Una certa Kelly James mi ha indirettamente confermato che è proprio così.

    a proposito che fine ha fatto :huh: ??

    CITAZIONE
    Sentì un tuffo al cuore non appena lo vide: si trattava proprio di Ronnie.

    OH-MIO-DIO :linguacc: :linguacc: :linguacc: !! che succederà ora?

    ti risparmio l'ennesimo supplicamento...
     
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    lo ammetto... ci ho goduto un casino quando ho letto questo

    Vedo che Dean ti piace molto come personaggio! :D

    CITAZIONE
    quindi è lei la causa dell' incidente di ronnie e Rick...

    Già...

    CITAZIONE
    a proposito che fine ha fatto

    Lo si scoprirà tra poco... ma non aspettarti niente di positivo. ;)

    CITAZIONE
    OH-MIO-DIO :linguacc: :linguacc: :linguacc: !! che succederà ora?

    ti risparmio l'ennesimo supplicamento...

    Lo stai facendo indirettamente. XD
    In ogni caso presto aggiornerò. u.u
     
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    Buio.
    Buio.
    Buio.
    Buio.
    Finalmente uno spiraglio di luce si faceva largo tra le tenebre.
    La voce di una donna risuonava.
    Yuma.

    Ronnie riaprì gli occhi, chiedendosi dove fosse. Aveva la vista annebbiata e udiva delle voci senza riuscire a distinguere le parole. Una di queste era la voce di Yuma.
    A poco a poco riuscì a fare chiarezza: lui e Michel erano entrati nel casolare, ma mentre Michel era rimasto in attesa accanto alla porta d’ingresso, lui si era diretto verso la stanza in cui aveva sentito qualcuno parlare. Aveva visto Yuma legata a una sedia e suo padre di fronte a lei. Per un attimo si era domandato cosa fare, ma non aveva avuto il tempo materiale per darsi una risposta. Melvin Emerson l’aveva messo fuori combattimento spruzzandogli addosso uno spray urticante. Ronnie sapeva per certo di avere perso i sensi mentre una lama gelida gli sfiorava il collo, ma nel momento in cui rinvenne si rese conto di non avere idea di quanto tempo fosse passato. Il suo maglione grigio era macchiato di un inequivocabile liquido scuro. Sperò che la ferita non fosse troppo profonda, ma si rese conto che questa eventualità non avrebbe cambiato di molto la situazione. Si trovava su una sedia, alla sinistra di Yuma, a sua volta legato da nastro isolante.
    Melvin si rivolse immediatamente a lui: «Vedo che adesso sei lucido abbastanza per starmi a sentire.»
    Ronnie si sentiva tutto fuorché lucido, ma preferì evitare di contrariarlo. Si limitò a rimanere in silenzio.
    «Stavo raccontando a Yuma di come Margot abbia manomesso la tua macchina nella speranza di liberarsi di un certo Ralph Craven.»
    «Lo so perfettamente» rispose Ronnie, con voce piatta. In realtà il coinvolgimento di Margot Emerson era una novità, ma preferì non ammettere di ignorare quella parte di verità. «Mi sono serviti anni, ma sono riuscito a fare due più due.»
    Yuma si girò quasi impercettibilmente verso di lui.
    «Tu sapevi che...»
    «Taci, puttana!» la zittì Melvin, fulminandola con lo sguardo. «Nessuno ha chiesto il tuo parere.» Si girò verso Ronnie. «Se sei riuscito a fare due più due, per citare le tue stesse parole, che cosa ne diresti di raccontarmi quello che sai? Potrebbe essere divertente verificare che tu sia riuscito a raccogliere tutti gli indizi.»
    «Dean Tray voleva sbarazzarsi di Ralph, ma scambiò Rick per lui e si accertò che la macchina non potesse rimanere in strada.» Cercò di rievocare quanto fosse accaduto la notte dell’incidente. «Forse ha manomesso i freni.»
    Melvin scosse la testa.
    «Non è stato Dean.»
    «È stata Margot» azzardò Ronnie.
    «Esatto» confermò Melvin, nonostante non si trattasse di una domanda. «Dean e Kenneth si sono limitati a fare da supervisori. L’amico di Kenneth, invece, si è rivelato un immenso codardo e ha preferito evitare di immischiarsi in quella faccenda.»
    Ronnie si sentì sollevato.
    Non era riuscito a immaginarsi Gabriel nei panni di un sabotatore di automobili o in un assassino di mogli di trafficanti e fu lieto di scoprire che non lo era.
    «Anch’io ho fatto due più due» lo informò Melvin a quel punto. «Il fatto che così tanta gente sia convinta che al volante non ci fosse tuo fratello, ma che stessi guidando tu stesso, mi ha aperto gli occhi. A questo proposito ho avuto una conversazione illuminante con una certa signorina Kelly James.»

    Kelly James.
    Il nome della sua amica risuonò nella mente di Michel. Per un attimo si sentì come se gli mancasse la terra sotto ai piedi.
    Che cosa c’entrava Melvin con Kelly?
    Perché era andato da lei?
    Cos’era successo a Kelly dopo il loro incontro?
    Michel si accorse di non avere la minima voglia di scoprire quale fosse la risposta a quei dubbi atroci.
    Avvertì la voce di Ronnie.
    «Perché hai messo in mezzo Kelly?»
    Melvin rise.
    «Non penso che questi siano cazzi tuoi.»
    «Non avresti dovuto» intervenne Yuma. «Quella ragazza non c’entra niente con...»
    Melvin la interruppe: «Il tuo parere non è richiesto. Se non sai cosa fare nel poco tempo che ti rimane da vivere, sfruttalo in un modo più sensato. Per esempio potresti metterti a pregare affinché io decida di risparmiare la vita al bambolotto che hai messo al mondo.»
    «Non lo troverai» replicò Yuma. «Non mi preoccupo per lui.»
    «Io non trovo qualcuno solo quando non voglio trovarlo» precisò Melvin. «Ti conviene non sottovalutarmi.» Si rivolse poi a Ronnie: «La vuoi sapere una cosa, Ronald?»
    «No.»
    Michel ammirò l’amico per quella risposta. Era proprio quello che avrebbe detto a lui, se si fosse trovato in una situazione del genere.
    “E mi troverò presto in una situazione come la sua, se non mi invento qualcosa” valutò. “Non gli vorrà molto per scoprire che sono qui.”
    Lui e Ronnie si erano introdotti insieme in quell’edificio e, mentre Ronnie aveva deciso di intervenire in prima persona, lui aveva preferito attendere. Probabilmente non era stata la migliore decisione.
    Ipotizzò di salire al piano superiore, dove Melvin non si sarebbe accorto di lui, ma scartò l’idea sul nascere: avrebbe significato allontanarsi, avrebbe l’impossibilità di tenere sotto controllo l’evolversi degli eventi.
    «Risposta sbagliata, Ronald. Se non mi stessi divertendo nel vedere l’espressione spaventata di quella stupida di mia figlia, non avrei esitato a ucciderti. È chiaro che lo farò, ma per il momento preferisco aspettare.» Melvin fece una pausa che a Michel sembrò interminabile. «Per quanto riguarda Kelly, puoi stare tranquillo: se n’è andata in fretta, senza soffrire.»
    Michel si sentì stordito.
    Kelly era morta?
    “No, non può essere.”
    Sperò che si trattasse di un bluff, ma intuì ben presto che non lo era.
    «Che cosa le hai fatto?» mormorò Ronnie.
    «Non è affare tuo» replicò Melvin. «Ha solo avuto quello che si meritava. Forse ti farà piacere sapere che in punto di morte ha pronunciato il tuo nome. Mi sembra che abbia detto di amarti, o qualcosa del genere.»
    Michel aveva gli occhi che gli bruciavano per le lacrime che tratteneva.
    Kelly era inconfondibile.
    Ora, però, Kelly era morta.
    L’uomo che l’aveva ammazzata era nella stanza attigua.
    Avrebbe ucciso anche Yuma e Ronnie, se nessuno l’avesse fermato.
    Michel sapeva di doverlo fermare.
    Prima di venire a sapere della morte dell’amica si era illuso di potere, in qualche modo, farlo ragionare, magari suggerendogli di sparire per sempre dalle loro vite in cambio del loro silenzio su tutto quello che aveva fatto.
    “Quello che ha fatto a Kelly, però, cambia le cose.”
    Non era possibile fermare Melvin in un modo che fosse indolore per tutti... e anche se lo fosse stato, non voleva lasciargli questa possibilità.
    Melvin aveva ucciso Kelly.
    Questo significava una sola cosa: per quanto lo riguardava, quell’uomo doveva morire.
    “E deve morire subito.”
    Melvin era talmente preso dal piacere che provava nel vedere Yuma e Ronnie totalmente inermi, il loro destino assoggettato alle sue volontà, da non fare caso a null’altro.
    Michel s’infilò nella stanza e si avventò su di lui con l’immagine di Kelly che gli chiedeva se il loro saluto fosse un addio scolpita nella mente.
     
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    Michel s’infilò nella stanza e si avventò su di lui

    Michel, riponiamo tutte le speranze in te!!

    molto bello questo aggiornamento, pieno di action :woot: !!

    attendo il seguito!
     
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    Michel, riponiamo tutte le speranze in te!!

    Spero che le tue speranze non s'infrangano. u.u
     
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    Domanda numero 1: da appassionata di auto e moto vorrei tanto sapere quale sia l'auto di Gabriel... marca e modello si intende... :)

    Ora passiamo a cose più importanti:

    Sapere che Kelly è morta mi ha messo un po' di tristezza, stava iniziando a farmi simpatia... :(

    Dean ha avuto la fine che si meritava!

    E ora contiamo su Michel...
     
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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 29/7/2013, 16:09) 
    Domanda numero 1: da appassionata di auto e moto vorrei tanto sapere quale sia l'auto di Gabriel... marca e modello si intende... :)

    Sai che non ci ho mai pensato? :D
    In effetti non conosco molto bene le auto degli anni '90... ho lasciato che i lettori se la immaginassero come preferivano.

    CITAZIONE
    Ora passiamo a cose più importanti:

    Sapere che Kelly è morta mi ha messo un po' di tristezza, stava iniziando a farmi simpatia... :(

    Dean ha avuto la fine che si meritava!

    E ora contiamo su Michel...

    Vedo che anche tu sei moooolto dispiaciuta dalla morte di Dean. :D
    Per il resto sì, Kelly era un personaggio che, tutto sommato, si faceva apprezzare. Ma il suo destino era già segnato da moooolto tempo... ^^ Era già da un anno che sapevo che l'avrei fatta morire.

    Aggiornerò moooolto presto. ^^



    PS. Nel backstage ho aggiunto le immagini di Tom Harvey, di Victoria (che farà una piccola comparsa nell'epilogo) e di Eric.
     
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  9. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 29/7/2013, 16:29) 
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 29/7/2013, 16:09) 
    Domanda numero 1: da appassionata di auto e moto vorrei tanto sapere quale sia l'auto di Gabriel... marca e modello si intende... :)

    Sai che non ci ho mai pensato? :D
    In effetti non conosco molto bene le auto degli anni '90... ho lasciato che i lettori se la immaginassero come preferivano.

    Io direi Opel Tigra... magari nera o rossa! E' un auto che quando uscì nel 94 costava un botto, ma nonostante tutto, secondo me ad oggi si fa ancora osservare ;) Tra l'altro è una delle auto più usate nel tuning!

    A Gabriel piacerebbe questo elemento! ;)

    CITAZIONE
    Aggiornerò moooolto presto. ^^

    :bounce.gif:
     
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    Sì, Gabriel ha una Opel Tigra, ho deciso. u.u La preferisco nera. :D

    Mi sono accorta che nel backstage manca anche Heaven... O.O Dopo aggiungo anche lei.
     
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    Prima parte del capitolo 66.



    Capitolo 66.
    «Se non riusciamo a trovare Kelly, siamo finiti» osservò Gabriel. «Tutte le idee che potevamo avere...beh, credo che si siano dimostrate inefficaci dalla prima all'ultima.»
    «Vedo che sei pessimista come al solito» osservò Naive.
    Non sembrava particolarmente contrariata.
    «Se Kelly ha deciso di non farsi trovare, forse intende darci un segnale.»
    «Il bar è chiuso» le ricordò Gabriel. «Nessuno ha la più pallida idea di dove sia finita.»
    Naive ridacchiò.
    «Infatti davanti al bar c'era un bel po' di gente contrariata. Siete tutti così qui a Starlit Spring?»
    «Dovresti ricordartene, dato che sei nativa del luogo.»
    «Già...»
    Gabriel le indicò l’automobile.
    «Saliamo?»
    Non aveva idea di dove potessero andare, ma al momento non gli sembrava il più insormontabile dei problemi.
    «Non credo che sia così sicuro» obiettò Naive. «Qualcuno potrebbe riconoscerla. Forse è il caso di passare da casa tua e di prendere la tua macchina. Al funerale eravate andati con quella di Maya, no?»
    Gabriel fece per confermare, ma non ne ebbe il tempo.
    Una donna che non conosceva, con lunghi capelli corvini e un paio di occhi celesti, intervenne: «Non sono sicura che tu possa prendere la tua macchina.»
    Gabriel non l'aveva vista arrivare e, dallo stupore che gli parve di leggere sul viso di Naive, ebbe l'impressione che non se ne fosse accorta nemmeno lei.
    «Che cosa ne sai della mia macchina?» si affrettò a domandare all'intrusa.
    Sperava in una risposta immediata, ma non la ottenne.
    «Forse è il caso che tu sappia il mio nome» osservò invece la donna. «Mi chiamo Patricia.»
    «È fondamentale?»
    «No, ma saperlo potrebbe esserti utile.»
    «Non vedo come.»
    Patricia sorrise.
    «In molti fanno osservazioni di questo genere. Può darsi, però, che io sia capace di farti cambiare idea.»
    Gabriel scosse la testa.
    «Ne dubito.»
    «Fai male.»
    «Dimostramelo.»
    Naive intervenne: «Smettila, Gabriel. Credo che questa signora abbia qualcosa da dirci. È così, Patricia?»
    Lei sorrise.
    «Di due, almeno una ragiona. È una buona media, tutto sommato.» Si rivolse a Gabriel. «La tua macchina non è più a casa tua. Ho seri motivi per credere che sia parcheggiata nei pressi di un casolare abbandonato a se stesso poco lontano da qui.»
    Gabriel spalancò gli occhi.
    «La...la mia macchina?»
    «Rilassati» ribatté Patricia. «Posso portarti a recuperarla.»
    «Quella macchina l'ha portata via Dean Tray, vero?» chiese Naive. «È sempre lui, di solito, che ha a che fare con le auto.»
    Patricia scosse la testa.
    «Ho seri dubbi sul fatto che Dean sia ancora vivo... e ancora più dubbi sul fatto che qualcuno possa esserne dispiaciuto.»
    A Gabriel sembrò che, nonostante quell'affermazione, la stessa Patricia provasse almeno un po' di rimpianto. Seppure non sapesse che tipo di legame ci fosse stato tra lei e Dean, sentiva di riuscire a comprenderla. Lui stesso, che considerava Dean un semplice conoscente che molti anni prima era andato vicino a fargli imboccare una strada dalla quale sarebbe stato difficile, per quanto necessario, tornare indietro, non riusciva ad essere totalmente indifferente di fronte alla prospettiva della sua morte.
    «Ne sei sicura?»
    «Sì. Chi vuoi che versi anche solo una lacrima per uno come lui?»
    «Non era questo che volevo sapere. Sei sicura che sia morto?»
    «Al novantanove per cento: Melvin Emerson voleva ucciderlo alla prima occasione... e oggi l'occasione l'ha avuta.» Patricia non aggiunse altro e si avviò verso la macchina di Naive. «Credo che sia meglio andare. Più tempo passa e più è probabile che anche persone molto più rispettabili di Dean possano raggiungerlo nella tomba.»
    Ronnie.
    Yuma.
    Forse qualcun altro.
    «Andiamo» convenne Gabriel.
    Qualunque cosa avesse in mente il marito della povera Margot, non doveva essere niente di positivo.
    Come se gli avesse letto nella mente, Patricia lo informò: «Melvin e Dean sono sempre stati complici. Qualunque cosa abbia fatto Dean, l'ha sempre fatta perché era Melvin a ordinarglielo... a parte mettere incinta Yuma, naturalmente. Purtroppo Dean ha sempre avuto un serio problema: ogni volta che una donna gli tirava giù i pantaloni, non era più in grado di fare un solo ragionamento logico. Non c'è da stupirsi così tanto che sia incappato in quell'incidente di percorso.»

    «NO!»
    L'urlo di Yuma arrivò, inatteso, proprio nel momento in cui Michel cadeva a terra.
    Aveva sottovalutato Melvin.
    Aveva notato il coltello, sul tavolo che c'era alle spalle di Ronnie e Yuma, e pensava che non avesse altro.
    Si sbagliava.
    Con quel dannato spray al peperoncino, Melvin poteva volgere la situazione a proprio favore.
    Spruzzò.

    Patricia non aveva molta voglia di parlare della propria vita privata, ma Naive la stava mettendo alle strette, tanto da farle desiderare di raggiungere il prima possibile il vecchio casolare, sebbene non avesse la più pallida idea di cosa potesse succedere in quell'edificio.
    «Quindi tu eri la ragazza di Dean.»
    Il tono della sorella minore di Margot le sembrava quasi accusatorio.
    «È stato molto tempo fa» puntualizzò Patricia, sperando che servisse. «All'epoca non aveva ancora ucciso nessuno, si limitava a falsificare carte d'identità, patenti e passaporti.»
    Naive non le sembrò particolarmente impressionata.
    Era il momento migliore per cambiare discorso.
    «In fondo a questa strada, svolta a destra.»
    La donna al volante rimase impassibile, dopo aver ricevuto quell'indicazione.
    Gabriel, seduto sul sedile posteriore, intervenne: «Manca ancora molto?»
    «Non dobbiamo andare molto lontano, te l'ho già detto» gli ricordò Patricia. «Ci sono ancora pochi chilometri.»
    «Voglio sperarlo» commentò Naive, acida. «Mia nipote potrebbe essere là.»
    Fu inevitabile, per Patricia, domandarsi cosa sarebbe accaduto se, giunti al casolare, non avessero trovato né Yuma né l'auto di Gabriel.
    "Finirei per perdere credibilità."
    Al momento, decise, non le importava.
    Quello che contava era che presto avrebbe visto Michel.
    Non aveva mai pensato che potesse davvero impostarle di lui, ma da quando tra loro la situazione si era sbloccata sentiva di non poterne più fare a meno.
    Aveva bisogno di riprendere da dove Kelly aveva interrotto lei e Michel.
    «È questa la strada?» le chiese Naive, interrompendo per un attimo i suoi pensieri.
    «Sì.»
    «Non ne sembri convinta.»
    «Sì che lo sono. Non rompere.»
    "Sto diventando acida proprio come Kelly" osservò. "Non è positivo."
    O forse lo era.
    Kelly era una cara amica di Michel, se lui riusciva a sopportarla, significava che, tutto sommato, le donne acide gli piacevano.
    «Va bene» borbottò Naive. «Se devo cambiare strada, dimmelo tu.»
    «Al momento non ci sono altre strade, nel caso tu non te ne sia accorta.»
    Naive non disse nulla.
    "Meglio così."
    Patricia riprese a pensare a Michel.
    Sperava che tutto si risolvesse in fretta, in modo da poter passare, a breve, molto tempo insieme a lui.
    Sapeva che aveva intenzione di tornare a Dark River.
    Le importava poco. Non sarebbe stato poi così male passare un po' di tempo in quella città...
     
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  12. GÆBRIEL
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    Con-ti-nuo! Con-ti-nuo! Con-ti-nuo!

    Ok, ho finito con il coro da stadio! :D
     
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    Michel si rese immediatamente conto, non appena riuscì ad aprire gli occhi, di essere legato a una sedia, proprio come Ronnie, che si trovava alla sua destra, e Yuma, che era la più vicina alla parete.
    Notò sul collo di Ronnie un taglio ancora sanguinante. Melvin doveva averlo ferito col coltello che al momento si trovava ancora sul tavolo.
    «Non ho avuto il tempo di dirtelo prima» esordì Melvin, «Ma è giusto che tu sappia che la tua cara amica Kelly James è morta.»
    Michel non disse nulla.
    Sapeva perfettamente che Kelly era stata uccisa.
    Era quella la ragione per cui aveva preso l'avventata decisione di palesare la propria presenza.
    «Non ha sofferto.»
    Michel guardò Melvin con disprezzo.
    «Spero che, quando arriverà il tuo turno, soffrirai anche per quello che non ha sofferto lei.»
    Melvin rise.
    «Vedo che sei rimasto molto colpito dal suo triste destino. Sei davvero sicuro che tu e lei foste solo amici?»
    Solo?
    Per lui che non aveva legami, Kelly era diventata una delle persone più importanti della sua vita.
    «Perché l'hai fatto?» domandò, stavolta con un tono piuttosto pacato, che forse avrebbe potuto essergli d’aiuto. «Lei non c'entrava niente.»
    «Non è stata colpa mia» rispose Melvin, come se ne fosse davvero convinto. «Purtroppo Dean ha sempre avuto l'abitudine di fare dei casini. Stavolta ha pensato bene di portarsi a letto una cara amica di Kelly: un'oca svampita secondo lui, ma che in realtà ci ha messo poco per capire che fine avesse fatto, in realtà, il cugino di Dean. Quando lei ha iniziato ad accusarlo, lui se n'è sbarazzato. Peccato che, nel frattempo, Kelly sapesse tutto delle frequentazioni della sua amica.»
    Michel approfittò della situazione per riferire a Melvin il suo punto di vista su Dean.
    «A proposito di Tray, mi permetti una considerazione?»
    «Tutto quello che vuoi.»
    «È un imbecille patentato. Avresti potuto trovare un collaboratore più intelligente.»
    Melvin rimase in silenzio per qualche istante.
    «Non lo è più» gli rivelò, infine. «La sua vita è finita poche ore fa.»
    Per un attimo Michel ipotizzò che Melvin gli stesse mentendo. Dean avrebbe potuto essergli ancora utile, era davvero possibile che si fosse sbarazzato di lui?
    Melvin lo fulminò con lo sguardo.
    «Cosa c'è, non mi credi?»
    «Non vedo perché dovrei risponderti.»
    «È un vero peccato» osservò Melvin. «Sei l'unico, al momento, che sembra avere qualcosa da dire. Mi dispiacerebbe se perdessi la lingua anche tu.»
    «Non vedo che cosa dovremmo dire» intervenne Yuma. «C'è soltanto una cosa che vorrei comunicarti, ma penso che tu possa arrivarci anche da solo.
    Melvin annuì.
    «So come ragionate voi ragazze. Probabilmente hai da dirmi qualcosa sulla fine ingloriosa che ha fatto tua madre e sul fatto che non la meritassi. In tal caso, puoi anche risparmiare la voce.»

    «È meglio se lasciamo la macchina qui.»
    Quello di Patricia non era un consiglio, ma un ordine al quale non avrebbe tollerato repliche.
    Naive obbedì senza fiatare.
    «Bene» osservò Patricia. «Adesso è il caso di proseguire a piedi per il breve tratto che ci separa dalla nostra meta.»
    Gabriel, che fino a quel momento aveva mantenuto un religioso silenzio per evitare di innervosire Patricia, azzardò a chiederle: «Quanto manca esattamente?»
    «Poco.»
    «Cosa intendi per poco?»
    Patricia non gli diede una risposta, mentre scendevano dall'automobile.
    Soltanto poco dopo precisò: «Anch'io ho molto da perdere, quindi vi prego di non farmi sprecare del tempo inutilmente. Anche la vita di Michel è preziosa, per quanto mi riguarda.»
    A Gabriel non sfuggì lo ritardo carico di stupore di Naive.
    «Michel?!»
    Vide Patricia annuire.
    «Sì, stiamo parlando della stessa persona.»

    Yuma sapeva che suo padre non avrebbe ascoltato le sue suppliche. Era questa la ragione per cui non l'aveva pregato di risparmiarle la vita, magari con la promessa di trascorrere ancora molti anni al suo fianco.
    "La situazione, però" rifletté, "è molto cambiata adesso."
    Suo padre aveva ucciso Dean, e questo poteva spingersi a tollerarlo. Dopo, però, era venuto il turno di Kelly James, colpevole soltanto di avere avuto un'amica che conduceva una vita sessuale un po' troppo movimentata: quel secondo delitto non era facile da sopportare, ma non c'era niente che Yuma potesse fare.
    Ora che era il suo turno, Melvin si era messo in testa che anche Ronnie e Michel dovessero morire.
    Non era giusto.
    Ronnie era l'uomo che amava e che, a causa della sua famiglia, aveva già dovuto sopportare anche troppo.
    "Dean e mia madre hanno ucciso suo fratello, lui s'è salvato per miracolo e ha passato anni e anni a colpevolizzarsi per qualcosa che non è successo per causa sua. Dean ha tentato ed volte di ucciderlo, lui stesso ha tentato il suicidio..."
    Non era giusto che Ronnie morisse.
    Poi c'era Michel, accomunato dallo stesso destino.
    "Avrebbe dovuto consegnare me e Heaven al detective ingaggiato da mio padre, ma non l'ha fatto... e ha salvato la vita di Ronnie, mentre io scappavo per sfuggire a Dean."
    Nemmeno Michel doveva morire.
    Questa consapevolezza la spinse a parlare.
    «È me che vuoi, lascia andare Ronnie e Michel. Loro non c'entrano niente con te. Mi spieghi che senso avrebbe ammazzare anche loro?»
    «Puro divertimento» si limitò a rispondere Melvin. «Non dovrebbe essere poi così male uccidere entrambi davanti ai tuoi occhi. Sono sicuro che, fino all'ultimo, mi imploreresti di non farlo.» Il suo sguardo si spostò su Ronnie. «Tra l'altro risolverei un problema. Dean sosteneva che chi è scampato alla morte non merita di continuare a vivere. Nonostante il modo increscioso in cui è andata a finire, rimango del parere che Dean avesse ragione. La tua vita doveva finire undici anni fa, Ronald.»
    Yuma si accorse che Ronnie stava per rispondere.
    Si chiese se dovesse fermarlo, dire qualcosa al posto suo, che potesse cambiare le cose.
    No, non doveva.
    Nulla sarebbe cambiato.

    Quando Gabriel la afferrò per un braccio, Naive si voltò di scatto.
    «Cosa c'è?» sibilò. «Guarda.»
    Gabriel le indicò una direzione.
    «Quella è la mia macchina.»
    Patricia si schiarì la voce per attirare la loro attenzione. «Laggiù, invece», indicava la direzione opposta, «ce n'è un'altra.»
    Naive cercò di mettere a fuoco.
    «È quella di Melvin?»
    Patricia scosse la testa.
    «No, è quella di Dean.»
    «È assurdo» obiettò Gabriel.
    «Oh, no, ti assicuro che non lo è» replicò Patricia. «Niente di quello che Melvin fa lo è, anche se lui si diverte a farcelo credere. Probabilmente Dean era da queste parti, quando è stato ucciso.»
    «E perché non sbarazzarsi della macchina?» obiettò Naive.
    Si sentiva confusa, come se qualche dettaglio fondamentale le stesse sfuggendo.
    «Non dobbiamo dimenticare qual era la specialità di Dean» rispose Patricia. «Falsificava documenti. Quell'auto potrebbe essere intestata a chiunque.»
    «Ma non a Melvin, questo è poco ma sicuro.»
    Patricia annuì.
    «Appunto. Anche Melvin dispone sicuramente di documenti falsi. È impensabile che possa seminare cadaveri senza fare nell'occhio. Lascerà la città il prima possibile, spacciandosi per qualcuno che non esiste, prima di essere ufficialmente ricercato... e probabilmente prenderà la macchina di Dean. Mi chiedo se...»
    Patricia s'interruppe.
    Naive la esortò: «Se...?»
    «Dean sapeva che Melvin voleva ucciderlo, e forse sapeva anche che sarebbe scappato con la sua auto.»
    Gabriel intervenne: «Questo significa che...»
    Patricia annuì.
    «Vedo che anche tu inizi a ragionare.»
    Naive guardò prima uno e poi l'altra, invocando una risposta che non arrivava.
    Dean sapeva che sarebbe morto, se fosse rimasto in città. Possibile che potesse avere escogitato qualcosa di così intelligente da meritare l'attenzione di Gabriel e Patricia? Lui, che era rimasto ad attendere l'inevitabile anziché fuggire sotto falso nome?
    "A meno che..."
    Ad un tratto le fu tutto molto chiaro.
    Qualunque idea avesse in mente Melvin, si ritrovò a sperare che il piano di Dean potesse andare a buon fine.
     
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  14. GÆBRIEL
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    Me si commuove... è l'ultimo capitolo il prossimo vero? :cry:

    Però voglio leggerlo... il più presto possibile! bounce
     
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    ultimissime speranze: GABRIEL!! datti una mossa e muovi quelle chiappe, salva quei monelli che si sono cacciati nei guai u.u

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    è l'ultimo capitolo il prossimo vero?

    come l'ultimo :crybaby: :crybaby: ?? nooo!! dimmi che non è vero...
     
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