Anime di metallo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    Ci sono degli errori dovuti alla rivisitazione che con una semplice lettura riuscirai ad eliminare!

    Alcuni gli ho già notati. E sinceramente non so se sia peggio non rileggere affatto o rileggere alle due di notte, le due possibili forme di revisione di quello che scrivo, prima di essere postato. XD

    CITAZIONE
    E ora pretendo il continuooo!

    Arriverà presto!
     
    Top
    .
  2. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/5/2013, 16:07) 
    Alcuni gli ho già notati. E sinceramente non so se sia peggio non rileggere affatto o rileggere alle due di notte, le due possibili forme di revisione di quello che scrivo, prima di essere postato. XD

    :perplex: Dubbio atroce! Entrambe le cose possono avere effetti collaterali, fidati, io ne so qualcosa! :arf3:

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/5/2013, 16:07) 
    Arriverà presto!

    E menomale!!! :bounce.gif:
     
    Top
    .
  3.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Devo assolutamente fare più attenzione! :D
     
    Top
    .
  4. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/5/2013, 16:18) 
    Devo assolutamente fare più attenzione! :D

    :lol: Mi dico sempre la stessa cosa... e poi finisce sempre che faccio confusione! :muro:
     
    Top
    .
  5.     +1   -1
     
    .
    Avatar

    Yes but No.

    Group
    Moderatore
    Posts
    3,976
    Scrittore
    +295

    Status
    Offline
    CITAZIONE
    Mi dico sempre la stessa cosa... e poi finisce sempre che faccio confusione!

    dai ragazze, sono cose che capitano :D ! anche se sarebbe meglio che non capitassero :lol: !
     
    Top
    .
  6. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    CITAZIONE (PavoneBianco @ 24/5/2013, 16:34) 
    CITAZIONE
    Mi dico sempre la stessa cosa... e poi finisce sempre che faccio confusione!

    dai ragazze, sono cose che capitano :D ! anche se sarebbe meglio che non capitassero :lol: !

    Ecco! Precisiamo! :D
     
    Top
    .
  7.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    CITAZIONE
    anche se sarebbe meglio che non capitassero

    Quoto e sottoscrivo. ^^
     
    Top
    .
  8.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Mi accingo a postare la prima parte del capitolo 4, con una precisazione (che si capirà meglio dalla seconda parte del capitolo): ciò che è scritto in corsivo, può essere generalmente o un sogno o un flashback. In tal caso è un sogno.



    Capitolo 4.
    Ronnie era completamente solo, lungo una strada isolata, accanto a un’automobile incidentata in fiamme. Non sapeva come fosse arrivato fino a lì, ma era consapevole del luogo in cui si trovava.
    Udì un fruscio alle sue spalle e si girò di scatto.
    «Kelly?!» esclamò, senza nascondere un certo stupore.
    Lei lo fissò con occhi carichi di odio.
    «È solo colpa tua» lo accusò.
    «Oh, no, non è così.»
    Ronnie lo sapeva: era una giustificazione che non stava né in cielo né in terra, probabilmente Kelly conosceva perfettamente quella verità che lui invece si ostinava a negare.
    «Tu l’hai ucciso» insisté Kelly. «È solo colpa tua.»
    «Non scherzare, Kelly» replicò Ronnie. «Io non ho ucciso nessuno. È stato solo un dannato incidente.»
    «Questo dovrebbe cambiare le cose?» obiettò lei. «Hai distrutto tutto, hai distrutto tutti i miei sogni... io lo amavo.»
    «Stava guidando lui» mentì Ronnie. «Stava guidando lui, non so come ho fatto io a uscire da quella maledetta macchina.»
    «Non dire cazzate. So benissimo com’è andata.»
    «No, tu non lo sai.»
    Ronnie si avvicinò all’automobile, senza sentire il calore delle fiamme.
    «Dovresti esserci tu a bruciare là dentro» insisté Kelly. «Tu, che hai distrutto tutte le mie speranze. Io amavo Rick.»
    «No, tu non lo amavi. Non l’hai mai amato.»
    Kelly rise.
    «Chi pensi di essere tu per poter leggere dentro di me?»
    «Io lo so e basta» replicò Ronnie. «A te non importava nulla di Rick, non ti è mai importato niente di lui.»
    «Questo è quello che hai sempre creduto tu.»
    «Non senza motivo.»
    «Oh, sì, invece... un motivo c’era eccome» puntualizzò Ronnie. «Ti sei forse dimenticata di quello che c’è stato tra noi?»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    «Quello che c’è stato tra noi non ha mai avuto alcuna importanza» obiettò, più convincente di quanto Ronnie avrebbe potuto aspettarsi. «C’era solo Rick nel mio cuore, c’è sempre stato solo lui... E quando te lo metterai in testa per me sarà una liberazione.»
    «Io non me lo metterò mai in testa» rispose Ronnie. «Io e te potevamo essere felici insieme... e potremmo esserlo ancora, se tu ti sforzassi di guardare oltre le poche cose che vuoi vedere!»
    «Dopo quello che hai fatto?! Ronnie, tu non dovresti nemmeno avere il coraggio di guardarmi negli occhi.»
    «Io non ho fatto nulla» mentì Ronnie. «Non ero io a guidare.»
    «Sì, invece» lo contraddisse una voce alle sue spalle.
    Ronnie si girò lentamente.
    «R-Rick?» balbettò.
    Lui sorrise.
    «Sorpreso di vedermi?» gli chiese, lanciandomi un’occhiata penetrante. «Lo ammetto, non è poi così strano che ti faccia questo effetto.»
    «Tu non... non dovresti...»
    Rick lo interruppe: «Non dovrei essere qui? Spiacente di deluderti, allora.»
    «Cosa ci fai qui? Che cosa vuoi?»
    «Non voglio niente» rispose Rick, «Ma posso confermare a Kelly che stavi mentendo e che al volante di quella macchina c’eri tu!»
    «Lo vedi?» intervenne Kelly. «Avevo ragione io, Ronnie. Ho sempre avuto ragione io.»
    «Non è così.»
    Non appena Ronnie pronunciò quelle parole, Rick lo fulminò con lo sguardo.
    «Sì, invece. Credevi di poter stravolgere i fatti a tuo piacimento, ma non è possibile. Io c’ero, ero seduto accanto a te, e posso confermare come sono andate le cose.»
    «Non ce n’era bisogno, peraltro» aggiunse Kelly. «Ho sempre saputo cos’è successo realmente.»
    «E ora lo sapranno tutti» aggiunse Rick.
    Ronnie obiettò: «Oh, no, non puoi...»
    «Non posso?!» replicò Rick. «Non posso raccontare a tutti quello che hai fatto?»
    Ronnie si sforzò di parlare, ma non riuscì a spiccicare parola.
    «Lo devo fare» riprese Rick. «Tu stai soltanto recitando una parte, stai cercando di far credere a tutti che quello che è accaduto non dipende da te.»
    «Io ti starò accanto» gli promise Kelly. «Confermerò la tua versione dei fatti, tutti sapranno cos’è successo davvero.»
    “No.”
    Ronnie avrebbe voluto urlare, ma la voce non gli usciva dalla bocca.
    Kelly e Rick lo fissavano, le fiamme si innalzavano sempre più, rischiava di essere travolto dall’incendio che avevo appiccato.
    «Pagherai per quello che hai fatto» gli disse Rick.
    «Pagherai per quello che hai fatto» confermò Kelly.
    Ronnie non poté fare altro che arrendersi all’evidenza.
    «Pagherò per quello che ho fatto.»
    Rick lo spinse contro l’automobile in fiamme, ma Ronnie non avvertì il calore che lo avvolgeva. Forse era morto: dopotutto toccava a lui morire.
    Uno strato di fuoco lo avvolgeva.
    Una donna si avvicinava.
    Lunghi capelli neri.
    Vestito a fiori.
    Tacchi alti.
    «È stato lui» disse Rick, indicandole Ronnie. «È stato lui a lasciarti sola quando ci hai chiesto aiuto.»
    «Lo so» rispose la donna, cupa.
    Si avvicinò a Ronnie.
    «Black Hill non proteggerà il tuo segreto» gli rivelò. «Qualcuno scoprirà quello che mi hai fatto... e allora pagherai per quello che è accaduto.»
    Ronnie li guardò, uno dopo l’altro.
    Rick.
    Kelly.
    La sconosciuta.
    Voleva che le fiamme lo soffocassero, voleva che le fiamme mi carbonizzassero.
    Vide qualcuno che si avvicinava.
    Michel.
    Yuma.
    «Stando a quanto dice Michel» declamò Yuma, «Non c’è niente di oscuro nella tua vita.»
    «Ci sono tante cose che Michel non sa» ammise Ronnie.
    «Anche lui le verrà a scoprire» intervenne Kelly. «Tutti sapranno chi sei veramente.»
    «No» mormorò Ronnie. «No, non può accadere.»
    Rick fece alcuni passi verso di lui.
    «Invece accadrà. Tutti i tuoi peggiori incubi si avvereranno.»
    Ora tutti si allontanavano.
    Rick.
    Kelly.
    La donna sconosciuta.
    Michel.
    Yuma.
    Ronnie era solo, solo in mezzo al fuoco.
    Ora avvertiva la sgradevole sensazione di bruciare, con la consapevolezza che quella notte tra le fiamme e i rottami della propria stessa automobile avrebbe dovuto esserci lui.
    Chiuse gli occhi, arrendendosi al proprio destino.
     
    Top
    .
  9.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Parte conclusiva del capitolo 4.


    Ronnie spalancò gli occhi.
    Non era in mezzo alle fiamme, era lontano tre anni e decine e decine di chilometri da quell’auto che bruciava. Scostò il lenzuolo e accese la luce. La sveglia che teneva sul comodino sosteneva che mancassero ancora diversi minuti alle cinque del mattino.
    “Non è accaduto niente” cercò di convincersi.
    Era nell’appartamento che condivideva con Michel, ma ora lui non c’era e nella sua stanza dormivano Yuma e Heaven.
    “Va tutto bene” si disse, non credendo al pensiero che cercava di imporsi.
    Come poteva fingere che non ci fosse nulla che stesse andando per il verso sbagliato? Quell’incubo non era casuale, almeno in parte.
    Si sentiva avvolto in una morsa d’acciaio. Si alzò di scatto e andò in cucina. Aveva bisogno di bere un bicchiere d’acqua.
    Si accorse di Yuma in piedi, davanti alla finestra.
    Si girò verso di lui.
    «Non riuscivi a dormire?» le chiese, sforzandosi di essere gentile.
    «No» rispose lei. «I cambiamenti mi spaventano e mi fanno questo effetto.»
    «Ma sarà un cambiamento positivo, no? Tu vuoi salvare tua sorella.»
    Yuma annuì.
    «Sì, certo, ma temo che non sia così immediato.»
    «Ti aiuterò» la rassicurò Ronnie. «Farò tutto quello che mi chiederai.»
    Non era mai stato particolarmente arrendevole né tanto meno Yuma loi affascinava al punto tale da spingerlo a eseguire ogni suo ordine, ma per troppo tempo avevo temuto che la sua vita si fosse spenta quasi tre anni prima, la notte in cui Rick era morto. Semplicemente adesso ero felice che la sua esistenza avesse di nuovo uno scopo che non fosse soltanto quello di sforzarsi di dimenticare ciò che non avrebbe mai scordato davvero.
    Rick.
    Kelly.
    La sconosciuta.
    Michel.
    Yuma.
    Le fiamme.

    Le immagini dell’incubo che aveva fatto comparirono per un istante nella sua mente.
    «Tutto bene, Ronnie?» gli chiese Yuma.
    Ronnie la guardò.
    «Non lo so.»
    Abbassò lo sguardo.
    «È colpa mia?» gli domandò Yuma. «Forse non avrei dovuto coinvolgerti.»
    «Non è colpa tua» la rassicurò Ronnie. «Il problema è che tutti abbiamo degli scheletri nell’armadio, e questi minacciano di uscire allo scoperto, di tanto in tanto.»
    «Ma sono solo scheletri» ribatté Yuma. «Gli scheletri non parlano.»
    «E quindi?»
    «Tutto quello che è accaduto lo sappiamo solo noi. Tutto ciò che fa male, dobbiamo lasciarcelo alle spalle.»
    A Ronnie piaceva la sua filosofia ed era stato lungamente tentato di metterla in pratica. Ci sarebbe riuscito, se gli stessi scheletri, immobili nel loro armadio giorno dopo giorno, non avessero avuto il potere di tormentare le sue notti.
    «Ma non è il momento» borbottò Ronnie, anche se sapeva che un giorno avrebbe dovuto affrontare il passato e cercare una soluzione.
    Prese fuori dallo scolapiatti un bicchiere pulito.
    Yuma lo guardò con aria interrogativa.
    «Cosa dicevi?»
    «Niente, lascia stare» rispose Ronnie, riempiendo il bicchiere sotto al rubinetto del lavello. «Parlavo tra me e me, ma non era nulla d’importante.»
    Yuma sorrise.
    «Inventatene una migliore!»
    «Non...»
    Yuma interruppe sul nascere la sua obiezione: «Ehi, non ti sto chiedendo di mettermi a conoscenza di quello che ti passa per la testa! Hai dei segreti? Bene, sei libero di tenerteli stretti: se ti può consolare, anch’io ne ho!»
    Ronnie si sforzò di sorridere.
    «Dovrei sentirmi sollevato?»
    «Non lo so» rispose Yuma, seria. «Personalmente non mi ritengo pericolosa.»
    «Nemmeno io lo sono» puntualizzò Ronnie.
    Era davvero così? Se lo chiese e decise che, tutto sommato, non le aveva mentito: da sobrio non aveva mai messo in pericolo nessuno... e negli ultimi tre anni non aveva bevuto un solo sorso d’alcool.
    «Lo spero bene» ribatté Yuma. «Se così non dovesse essere, sarebbe una fregatura colossale!» Lo fissò, restando in silenzio per un attimo. «Non che non ci sia abituata, alle fregature colossali, ma se per una volta le cose andassero diversamente non mi dispiacerebbe affatto!»
    «Sarà tutto diverso» la rassicurò Ronnie. «Non so cosa ti sia successo, ma sono sicuro che adesso le cose cambieranno.»
    Yuma sorrise.
    «Anche per te.»
    «No, non...»
    Yuma lo interruppe: «Nemmeno io so cosa ti sia successo, ma sono sicura che, in un modo o nell’altro, tutto possa avere una soluzione. Dobbiamo solo avere il coraggio di accettare la realtà: a quel punto possiamo sforzarci di cambiare le cose.»
    Ronnie annuì.
    «Lo spero.»
    Le immagini del suo sogno, però, gli suggerivano il contrario e, se da un lato era convinto che essere tormentato da un’automobile in fiamme, da Kelly, da Rick e da una donna che non conosceva, ma che aveva incrociato lungo la sua strada, avesse un senso, dall’altro lato non riusciva a spiegarsi gli ultimi due elementi.
    Michel.
    Yuma.

    La sua nuova vita non aveva niente a che vedere con quella precedente: seppure lasciare Starlit Spring non fosse servito per attutire il suo senso di colpa, si era ormai lasciato quell’incidente alle spalle. Com’era possibile che Yuma, che lo osservava con quei suoi occhi così dolci e allo stesso tempo spaventati, potesse ritrovarsi ad avere a che fare con un passato che avrebbe dovuto essere sepolto?
     
    Top
    .
  10. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    L'ho detto, e lo ribadisco! Adoro Ronnie! gif

    Io non sono un tipo da congetture... però il passato di Ronnie mi spaventa! Vorrei tanto sapere cosa frulla nella testa di quel ragazzo!

    E adesso posta il continuo... dai, su, non farti pregare!
     
    Top
    .
  11.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Oggi mi sento piuttosto buona e ho deciso di accontentarti! u.u Purtroppo in questo capitolo non c'è Ronnie. Ecco comunque la prima parte, più tardi arriverà anche la seconda.



    Capitolo 5.
    Michel attendeva, seduto in macchina in una via secondaria, mentre albeggiava su Starlit Spring. Sul sedile accanto al suo vi era una bottiglia di acqua frizzante ormai vuota, accanto all’altra che si era scolato in precedenza, e il suo bisogno di andare in bagno incrementava minuto dopo minuto.
    Nessuno di Black Hill, ad eccezione di Tom Harvey, sapeva dove si trovasse.
    «Devo andare a Dark River» aveva comunicato al suo coinquilino, l’unico a cui aveva parlato della sua imminente partenza.
    «Dark River...» si era stupito Ronnie, «Cioè la città in cui sei nato?»
    «Conosci altre Dark River?» aveva replicato Michel, cercando di sembrargli credibile.
    Ronnie gli aveva chiesto, subito dopo: «Il fatto che tu vada proprio lì c’entra qualcosa con la tua professione?»
    Questo significava, probabilmente, che gli aveva creduto. Tutto sommato almeno parte di quanto gli aveva raccontato corrispondeva a realtà: era a Starlit Spring, anziché a Dark River, ma era proprio una questione professionale a portarlo lì, anche se poteva avere implicazioni che andavano ben oltre la sfera lavorativa.
    «Devi partire stasera stessa» gli aveva spiegato Tom Harvey. «Non c’è tempo da perdere.»
    «E se non potessi?» aveva replicato Michel. Sapeva di essere un collaboratore prezioso per Harvey, che generalmente finiva sempre per arrendersi alle sue esigenze. «Se stasera volessi andare al cinema con la mia ragazza, tu me lo impediresti?»
    «È un incarico di grande importanza» aveva puntualizzato Harvey. «A proposito, la tua ragazza si chiama per caso Yuma Emerson?»
    Michel aveva annuito.
    «Proprio così... ma perché vuoi saperlo?»
    «Di questo ne parleremo dopo» aveva replicato Harvey. «Veniamo alle cose serie: accetti o devo fare a meno di te?»
    Michel aveva alzato gli occhi al cielo.
    «Pensi che potrei non accettare?»
    «No» aveva ammesso Harvey. «Considera pure la mia domanda come una semplice formalità.»
    «Di cosa si tratta?»
    «Hai molta fretta di scoprirlo, vedo.»
    «Non dovrei?» aveva obiettato Michel. «Di solito ho l’abitudine di informarmi su che cosa mi ritroverò davanti.»
    «È proprio questo che mi piace di te» aveva confermato Harvey. «A proposito, sai come raggiungere Starlit Spring?»
    Quel nome era stata una vera sorpresa.
    «S-Starlit Spring?»
    «Mi aspettavo una reazione del genere» aveva ammesso Harvey. «Non vorrai tirarti indietro, spero.»
    «Neanche per sogno.»
    «Era proprio quello che volevo sentirti dire» aveva concluso Harvey, prima di spiegargli che, una volta giunto a Starlit Spring, gli sarebbe bastato collocarsi lungo una strada ben precisa e a quel punto un suo collaboratore di fiducia gli si sarebbe avvicinato per dargli informazioni a proposito del caso di cui doveva occuparsi.
    L’incontro doveva avvenire nel cuore della notte, ma non si era visto nessuno. Michel aveva passato ore ad ascoltare la radio, nonostante la ricezione non fosse buona, forse a causa della vicinanza al mare.
    Non ne poteva più di stare seduto sul sedile scomodo di una vecchia Volkswagen, così spalancò la portiera e decise di avventurarsi lungo quella via semideserta. La prima forma di vita umana che i suoi occhi incontrarono fu un uomo sui settant’anni che stava portando in giro un cane trattenuto da un lungo guinzaglio.
    “A quest’ora?” si domandò Michel. “In questa città c’è qualcuno con abitudini normali?”
    Alzò gli occhi e vide un’insegna luminosa in lontananza, che recitava “Starlit Cafè”. Attirato da quell’imprevista visione si incamminò in quella direzione e con il cuore in gola si accorse che era aperto. Non aveva mai visto nulla di più soddisfacente, un bar aperto significava soltanto una cosa per lui: un bagno, quindi la possibilità di urinare e di eliminare quel senso di pesantezza provocato dai litri d’acqua che aveva bevuto nel corso della notte.
    Si avvicinò a passi rapidi, finché non fu alla sua portata la porta d’ingresso. La spalancò e improvvisamente una voce briosa esclamò, con una certa soddisfazione: «Buongiorno!»
    Era una ragazza che non doveva avere più di venticinque anni, con lunghi capelli ondulati di un bel castano dorato. Indossava un’uniforme dello stesso colore verde scuro dei tavoli.
    sui venticinque anni con lunghi capelli ondulati di un colore castano dorato, che portava un’uniforme dello stesso verde scuro dei tavoli.
    «Buongiorno a lei» la salutò Michel..
    «È il primo cliente della giornata» lo informò Kelly. «Che cosa desidera?»
    «Una bottiglia di acqua frizzante da un litro» rispose Michel, prontamente. Era l’unica cosa che avrebbe potuto consumare nelle ore successive. Indicò a Kelly la porta su cui una targhetta recava la scritta “Toilette”. «Io andrei in bagno.»
    La cameriera gli parve delusa.
    «Ma come? Non le interessano i cornetti appena sfornati? Credevo fosse qui per fare colazione.»
    «Mi spiace, ma non m’interessano.»
    Michel si sforzò di sorridere, cercando di non farle capire che più che di mangiare qualcosa avrebbe avuto voglia di vomitare... ma soprattutto di liberarsi la vescica.
    Si avviò verso il bagno, incredulo di fronte alla prospettiva di poter finalmente mettere fine a un’attesa che gli era sembrata interminabile. Aprì la porta con scritto “Toilette” – su una targhetta dello stesso verde dei tavoli e dell’uniforme della cameriera – e fu travolto da un piacevole odore di detersivo. Non aveva mai sentito il bagno di un luogo pubblico emanare un simile odore di pulito.
    Ne uscì meno di un minuto più tardi, con la cameriera che gli veniva incontro tenendo una bottiglia d’acqua nella mano sinistra.
    «Va bene a temperatura ambiente?»
    «Va benissimo.»
    Michel prese fuori il portafoglio dalla tasca dei jeans.
    «Quant’è?»
    «Offre la casa» rispose lei.
    «Ah... grazie.»
    La cameriera sorrise.
    «Mi chiamo Kelly. Kelly James.»
    Michel si trattenne a stento dal replicare: “Te l’ho per caso chiesto?”
    Si limitò a prendere la bottiglia e a borbottare: «Bel nome.»
    Ebbe subito l’impressione che fosse delusa.
    «E tu?»
    «Io che cosa?»
    Kelly sospirò.
    «Tu come ti chiami?»
    Michel si sforzò di ridere.
    «Non mi chiamo Kelly James, a differenza tua.»
    Fece per avviarsi verso l’uscita.
    «Dove credi di andare, biondino?» lo trattenne lei. «Non avrai intenzione di...»
    «Di uscire senza pagare?» la interruppe Michel. «Me l’hai detto tu.»
    «Non mi riferivo a quello. Quello stronzo del titolare del bar può anche fallire, per quanto mi riguarda.»
    Michel sorrise.
    «Parla piano: le pareti potrebbero sentirti.»
    Kelly ridacchiò.
    «E se anche fosse? È talmente evidente che il titolare è uno stronzo che non ci penserebbero neanche lontanamente ad andare a riferirgli che io parlo male di lui in sua assenza!»
    «Non ne sarei tanto convinto.» Michel le guardò dentro la scollatura. «Le pareti potrebbero invocarlo di licenziarti e assumere una ragazza che porta la quarta.»
    «Ti ho detto che non ti lascio andare via finché non mi hai detto come ti chiami» s’impuntò la cameriera. «A meno che tu non debba tenere segreta la tua identità, naturalmente.»
     
    Top
    .
  12.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Parte conclusiva del capitolo 5.



    Poteva essere un’ottima idea, valutò Michael.
    «Mi chiamo Ronnie» mentì, pensando al suo coinquilino a Black Hill. «Ronald Craven.»
    La cameriera sbiancò.
    «R-Ronald Craven?»
    «Sì.»
    Michel si accorse che tremava.
    “Sono un idiota di prima categoria” si disse. “Ronnie è di Starlit Spring!”
    Per quanto il mondo avrebbe dovuto essere piccolo per rendere possibile quell’eventualità, quella cameriera impicciona avrebbe potuto conoscerlo.
    «C’è qualcosa che non va?» cercò quindi di rimediare. «Sembri sconvolta.»
    Kelly scosse la testa.
    «No, niente. Semplicemente mi è capitato di conoscere una persona che portava quel nome... e spero di non rivederlo mai più.»
    “Bene” si disse Michel. “Se il Ronald Craven che conosce è Ronnie, allora anche lui ha qualcosa da nascondere.”
    «Quel Ronald Craven mi somiglia?» le domandò.
    «Per niente» si affrettò a rispondere Kelly. «Ha i capelli scuri... e due occhi grigi da incantatore.»
    Una descrizione fisica era proprio ciò che sperava e, sebbene la cameriera si fosse limitata a pochi dettagli, da quelle poche parole avrebbe potuto essere lui, anche se ovviamente Michel non era mi stato sensibile al presunto fascino degli occhi “da incantatore” di Ronnie.
    Kelly continuò: «Si è rivelato il peggiore stronzo che io abbia mai incontrato.»
    «Peggio del tuo datore di lavoro?» azzardò Michel.
    «Direi di sì. A causa del titolare di questo bar di merda non ho mai perso nulla di prezioso.»
    Michel sorrise.
    «Devo notare che sei una ragazza molto raffinata. Non è che gli fai scappare i clienti? Poi non lamentarti che fa lo stronzo.»
    Kelly replicò: «Con i clienti in genere sono molto più educata; con quelli che non si chiamano Ronald Craven, almeno.»
    A quel punto Michel avrebbe voluto rivelarle che le aveva mentito sul proprio nome, ma non gli sembrava il caso: gli avrebbe senz’altro chiesto per quale dannata ragione lo aveva fatto e non gli andava affatto di spiegarglielo... anche perché una spiegazione non c’era; voler conservare l’anonimato sarebbe stato sensato soltanto finché avesse continuato a farlo.
    «È meglio se vado, ora» annunciò quindi. «Devo incontrare una persona.»
    «A quest’ora?» si sorprese Kelly.
    «Beh, in realtà avrei dovuto incontrarlo due o tre ore fa.»
    Kelly lo scrutò con attenzione.
    «Inizio a comprendere la ragione di quelle occhiaie così marcate.»
    “Occhiaie?!”
    Tutto sommato era una cosa normale. La sua intenzione era quella di sdraiarmi in un letto molto prima, non di lasciare che venisse giorno a causa di un collaboratore che non si degnava di mantenere gli impegni.
    «Non sei del posto, vero?» gli domandò Kelly.
    “Un po’ di fatti suoi proprio non se li potrebbe fare?” si domandò Michel, infastidito.
    Le rispose, secco, sperando che capisse che non voleva aggiungere altro: «No.» Indietreggiò di un passo, in modo da essere più vicino alla porta. «Ora, se permetti, andrei al mio appuntamento.»
    Kelly annuì.
    «Buona fortuna. E, mi raccomando, non bere troppa acqua, che poi devi tornare al bagno!»
    Michel ignorò la sua battuta e si diresse verso l’uscita.
    Si stava proprio bene all’aria aperta e con la vescica vuota... Sopportare l’insistenza di Kelly era stato un nonnulla, ne valeva la pena, valutò a posteriori, se questo significava non avere più la necessità di trovare un posto in cui liberarsi dei liquidi in eccesso.
    Il collaboratore non aveva avuto fretta di incontrarlo e ora non aveva fretta nemmeno lui, perciò si avviò verso la sua vecchia Volkswagen a passo lento, con la bottiglia d’acqua nella mano destra. Se proprio quel tizio fosse arrivato e si fosse lamentato di non averlo trovato avrei sempre potuto fracassargliela nel cranio...
    “Ah, no, è di plastica!”
    Non appena scorse la macchina, notò anche un uomo sui trentacinque anni che vi stava appoggiato contro. Portava una cintura piena di borchie, che sfregava proprio contro la sua macchina.
    “Quanto vorrei avere una bottiglia di vetro tra le mani!”
    Michel si affrettò a raggiungerlo e, proprio quando gli comparve davanti, l’altro gettò a terra la sigaretta ormai finita che stava fumando.
    «Tu dovresti essere Michel Sallivan.»
    Michel osservò con attenzione quanto più poteva della carrozzeria della Volkswagen.
    Si schiarì la voce e propose: «Non è che ti potresti spostare?»
    L’altro rise.
    «E perché mai? Hai paura che ti rovini questo cesso di macchina?»
    «Quel... cesso?!»
    «Hai ragione, non c’è motivo di starci appoggiato. Non vorrei sporcarmi di merda.»
    Si spostò in avanti e Michel, mentalmente, maledisse Tom Harvey. Se voleva metterlo alla prova per vedere quanto era in grado di resistere prima di commettere un omicidio, ci stava riuscendo alla grande.
    «Il tuo capo mi ha detto che sei un fenomeno» insisté il suo collaboratore. «A vederti si potrebbe tranquillamente bollarti come sfigato, ma non mi sono mai lasciato ingannare dalla prima impressione.»
    «Nemmeno io mi lascio ingannare dalla prima impressione» replicò Michel. «Per questo aspetterò prima di dedurre che tu sia un figlio di puttana.»
    L’altro rise.
    «Quando avrai terminato con le tue chiacchiere, potremmo occuparci di cose serie.»
    «Sarebbe anche il caso» obiettò Michel. «Harvey mi aveva detto che saresti arrivato nella notte.»
    «Ci ho provato, ma quella puttana che mi sono portato a casa ieri sera non ne voleva sapere. Dato che mi ha fatto divertire parecchio e che costava poco forse ho tardato un po’.»
    Michel si domandò dove diamine andasse Harvey a scovare quella gente. Il suo “collaboratore serio e affidabile” gli sembrava un emerito idiota.
    Finalmente si decise a fare qualcosa, prendendo fuori un foglio stropicciato da quella che sicuramente spacciava per una costosissima giacca di pelle, nonostante si vedesse lontano un miglio che era prodotta in materiale sintetico.
    Non era un foglio: era una mappa di Starlit Spring.
    «Sentiamo, cosa ci dovrei fare con questa cosa?» gli chiese Michel.
    «Qualora tu non te ne sia accorto, c’è un asterisco rosso a indicare un particolare luogo.»
    In effetti non ci aveva fatto caso.
    «Sembra una viuzza secondaria.»
    «Esatto» confermò il collaboratore fidato o presunto tale. «Proprio lungo quella strada un tempo c’era un discopub. E proprio a poche centinaia di metri da lì, tu-sai-chi fu assassinata da ignoti. Ti è richiesta una cosa molto semplice ed elementare: scoprire il colpevole... o molto più probabilmente i colpevoli.»
    Non era niente di più di quanto Michel si sarebbe aspettato, ma non immaginava che sarebbe stato da solo.
     
    Top
    .
  13. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Coooosa? :woot:
    Avevi aggiornato mettendo il 5 capitolo e io non m'ero accorta!!!??? Leggo subitoooooo!
     
    Top
    .
  14.     +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,938
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    Attendo il tuo parere, allora! :D
     
    Top
    .
  15. GÆBRIEL
        +1   -1
     
    .

    User deleted


    Eccomi... l'avevo letto ieri sera ad essere sincera, solo che non ho avuto tempo di commentare! ;)

    E' sempre fantastico... ed è fantastico il modo in cui lo scrivi...

    Ronnie... il suo passato... voglio scoprire tutto... dai su continua... anche se dovresti farlo solo per me!!!! :woot:


    CITAZIONE
    sui venticinque anni con lunghi capelli ondulati di un colore castano dorato, che portava un’uniforme dello stesso verde scuro dei tavoli.

    Questo pezzo è stato ripetuto... controlla... ;)
     
    Top
    .
587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
  Share  
.