Anime di metallo

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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 18:33) 
    CITAZIONE
    Mi sa che è diventato il mio capitolo preferito! u.u

    Anche se non c'è Gabriel? :P

    A meno che non ne fai uno con Gabriel che mi emozioni quanto questo, no!


    E comunque voglio la terza parte! :bounce.gif: Non puoi lasciarmi così!
     
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    A meno che non ne fai uno con Gabriel che mi emozioni quanto questo, no!

    Non sono sicura che possa accadere! :lol:

    CITAZIONE
    E comunque voglio la terza parte! Non puoi lasciarmi così!

    Me ne rendo conto... e presto provvederò! :D
     
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  3. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 15:29) 
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    A meno che non ne fai uno con Gabriel che mi emozioni quanto questo, no!

    Non sono sicura che possa accadere! :lol:

    Lo sospettavo infatti! :D
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 15:29) 
    CITAZIONE
    E comunque voglio la terza parte! Non puoi lasciarmi così!

    Me ne rendo conto... e presto provvederò! :D

    :woot: Finalmente!!!
     
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    Ecco qui la prima parte del capitolo 33, primo capitolo della terza parte.
    Farà la sua comparsa un nuovo personaggio, che vado immediatamente a inserire nel backstage.



    PARTE TERZA: MELODIE DELLA NOTTE

    5 Settembre - 4 Ottobre 1997

    Capitolo 33.
    Appoggiato al bancone del bar, all’interno di un piccolo discopub alla periferia di Dark River, un uomo sorseggiava un cocktail dal colore incerto, mentre le note di “More and more” dei Captain Hollywood Project terminavano lasciando spazio a un’altra melodia dalle sonorità eurodance.
    La donna che si faceva chiamare Pamela Custer lo fissò e si domandò se quello fosse l’inizio o la fine. Camminava lentamente, cercando di non aprire troppo le gambe: era rimasta impigliata in una sedia e aveva rimediato una lunga smagliatura sui collant color carne, in corrispondenza dell’interno della coscia sinistra. Teneva in mano un bicchiere contenente una bibita analcolica scelta a caso. Di solito non evitava gli alcolici, ma stavolta aveva bisogno di mantenere la concentrazione e, se avesse optato per qualcosa che riteneva sicuramente più gustoso, forse non sarebbe riuscita a rispettare il proprio obiettivo.
    Mentre l’uomo riponeva il bicchiere vuoto sul bancone, Pamela lo affiancò.
    «Sono qui» gli sussurrò.
    «Ti vedo» sbottò lui, quasi infastidito dalla sua presenza.
    «Ti va di andare a sederci?» gli propose Pamela.
    Non appena gli ebbe posto quella domanda, si rese conto che a lui non andava affatto. Non le importava: l’avrebbe seguita comunque.
    Proprio come sospettava lui le tenne dietro, fino a un tavolino bagnato che odorava di birra.
    «Ti devo parlare, Michel» esordì a quel punto Pamela, sedendosi.
    «Voglio sperarlo» ribatté lui, esaminando con attenzione la sedia sulla quale poi si sedette a sua volta. «E vorrei sperare anche che tu venissi subito al dunque.»
    Pamela non riuscì a trattenere una risatina, guardando negli occhi quello che le era sempre parso un giovane tormentato fin dal loro primo incontro avvenuto tanti anni prima, del quale lui sembrava essersi dimenticato.
    «Che c’è di divertente?» le domandò Michel, fissandola negli occhi.
    Pamela ricambiò il suo sguardo.
    «Niente di che.»
    Michel fece per alzarsi in piedi.
    «Allora non ha senso che io rimanga qui a perdere tempo.»
    «No, aspetta» lo pregò lei. «Non andartene.»
    Michel sbuffò.
    «Pam, mi spieghi che cosa succede?»
    Pamela si passò una mano tra gli orribili capelli platinati – non le piacevano affatto, ma stava agendo sotto copertura e aveva dovuto accettare di presentarsi sotto un look inusuale per lei che solitamente, non lo negava, portava acconciature adatte a una zitella di mezza età, proprio come non negava che in poco più di un decennio della zitella di mezza età non avrebbe avuto soltanto l’acconciatura – e rispose: «C’è un tempo e un luogo per tutto.»
    «Che vuoi dire?»
    «È molto semplice: si tratta di un certo Dean Tray.»
    Michel fu scosso da un fremito quasi impercettibile, che non sfuggì agli occhi attenti di Pamela Custer.
    «Non conosco nessun Dean Tray.»
    «Strano» mormorò Pamela. «Per quanto ne so, lui conosce te.»
    Michel sospirò.
    «Chiunque sia, io non mi ricordo di lui.»
    Pamela sapeva che Michel stava mentendo, ma per il momento non era necessario che ammettesse la verità; quello sarebbe servito soltanto in seguito.
    «Può essere» convenne, «Ma io so che Dean sta cercando una persona.»
    Michel aggrottò la fronte.
    «E io cosa c’entro in tutto questo?»
    Pamela rovistò nella borsa di pelle di coccodrillo e ne prese fuori una fotografia, che mostrò subito a Michel.
    «Ti dice niente?»
    Lui sobbalzò.
    «A che gioco stai giocando, Pam?»
    Il suo tono era secco, Michel era visibilmente infastidito.
    Pamela cercò di mostrarsi distesa.
    «Che c’è? Ho toccato un tasto dolente?»
    «Perché dovresti?»
    «Non essere ridicolo, Michel: non appena ti ho mostrato la foto di questa ragazza, ti sei trasformato in un’altra persona.»
    «Addirittura? Non starai esagerando?»
    Pamela si sforzò di non annuire. Era chiaro che stava ingigantendo i toni, ma era l’unica modalità che aveva per giungere, presto o tardi, al risultato che auspicava di ottenere il prima possibile.
    «Ho come l’impressione che ti abbia fatto un certo effetto.»
    «Sì, mi ha fatto un certo effetto» ammise Michel. «Conoscevo quella ragazza.»
    «Bene. Allora potresti essere proprio tu a rimescolare le sorti del povero Dean, che si ritrova a dover rintracciare a tutti i costi questa leggiadra fanciulla.»
    Michel alzò gli occhi.
    «E, sentiamo, che cosa vuole Dean da lei?»
    Pamela lo squadrò con attenzione.
    «Mi stai forse facendo capire indirettamente che sai perfettamente chi è questo fantomatico Dean Tray?»
    «Niente affatto.»
    «Strano. Io ho avuto questa impressione.»
    Michel si alzò di scatto.
    «Qualunque sia la tua impressione, è sbagliata.»
    Le passò di fianco e si allontanò.
    “Tutto sta andando secondo le aspettative” si disse Pamela. Ora Michel sarebbe uscito dal locale, sarebbe salito in macchina e se ne sarebbe andato a casa.
    Guardò l’orologio. Erano le due e cinque.
    “Fortunato lui che se ne può andare a dormire.”
    Per Pamela c’era ancora parecchio lavoro da fare.

    Edited by »Milù Sunshine» - 6/7/2013, 22:37
     
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  5. GÆBRIEL
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    Interessante... quindi siamo a 7 anni dopo! Wow... saranno successe parecchie cose che non vedo l'ora di scoprire! :)
     
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    Esatto... sette anni dopo... e di cose si può dire che ne siano successe. XD
    Comunque adesso metto la seconda parte del capitolo...



    Michel aprì la portiera dell’automobile e salì a bordo. Stava per richiuderla quando qualcuno lo fermò.
    «Dove pensi di andare?»
    Michel spalancò gli occhi.
    «T-Tom?»
    L’altro lo fissava.
    «Sorpreso di vedermi?»
    «Direi di sì» ammise Michel. «Che cosa ci fai alle due nel parcheggio di un locale di Dark River? Mi avevano detto che ti eri sposato, avevi messo su famiglia e te n’eri andato da Black Hill. Ammesso che tu ti sia trasferito da queste parti, tua moglie ti permette di andartene in giro nel cuore della notte?»
    «Quello che sto facendo qui non è un affare che riguarda mia moglie» ribatté Tom Harvey. «Lo sa che il mio lavoro è sacro e lei non deve impicciarsi.»
    Michel scese dalla macchina e accostò la portiera.
    «Da quando il tuo lavoro consiste nell’andare in giro per i parcheggi dei locali notturni agli orari più strani?»
    «Da quando tu frequenti locali» rispose Tom. «Stavo aspettando proprio te.»
    «Guarda caso... Proprio dopo che una ragazza di mia conoscenza mi ha chiesto se conosco un certo Dean Tray.»
    «La ragazza di tua conoscenza è una tizia che si veste in maniera appariscente e ha i capelli decolorati, immagino.»
    «Non credo che tutto ciò abbia rilevanza.»
    «Hai ragione, so perfettamente che è lei.»
    Michel sospirò.
    «Devo dedurre che sei stato tu a convincerla a uscire con me nelle ultime settimane?»
    «Uscire?» si sorprese Tom. «Pamela mi ha detto che insieme avete sperimentato una buona metà delle posizioni del kamasutra, non sapevo che questo fosse accaduto fuori casa.»
    «Non credo che quello che ho fatto con Pamela ti riguardi.»
    «Devo ammettere che hai ragione.»
    Michel annuì.
    «Bene. Ora, però, potresti cortesemente spiegarmi per quale fottuta ragione ti sei messo a seguirmi in piena notte?»
    «Non ti ho seguito soltanto in piena notte, ma anche di giorno» gli rivelò Tom. «Era necessario.»
    «Andiamo di male in peggio, a quanto vedo.»
    «Niente affatto» replicò Tom. «L’ho fatto soltanto per motivi professionali, peraltro piuttosto rispettabili.»
    «Non metto in dubbio che tu l’abbia fatto per motivi di lavoro» ribatté Michel. «Quello che non mi convince è piuttosto il concetto che hai di rispettabilità.»
    «I tuoi dubbi sono leciti» ammise Tom, «Però non sono qui per stabilire con te che cosa sia etico e che cosa non lo sia.»
    «Ho il sospetto che non saremmo d’accordo su una definizione precisa.»
    «Lo credo anch’io, ma non conta. Se ti ho seguito, è perché sto cercando una persona.»
    Michel ripensò alla fotografia che gli era stata mostrata da Pamela Custer.
    «Ho le mie buone ragioni per ritenere che questa persona sia una donna.»
    «Proprio così» confermò Tom.
    «Bene. Ora, però, potresti spiegarmi perché sei sulle sue tracce?»
    Tom scosse la testa.
    «Segreto professionale.»
    «Suvvia, Harvey, non crederai che io ti aiuti a cercarla senza saperne il motivo?»
    «Aiutarmi a cercarla?» si sorprese Tom. «Ti sbagli, Michel. Tu non devi aiutarmi a cercarla, devi soltanto dirmi dove trovarla.»
    «Fammi capire... Pensi che io lo sappia?»
    «Non mi limito a pensarlo. Ne sono sicuro.»
    Michel fece per spalancare nuovamente la portiera.
    «Non penserai di andartene, spero» lo trattenne Tom.
    «Sì, invece, penso proprio di andarmene. Anzi, ne sono certo: non hai alcun diritto di trattenermi qui, per giunta alle due passate.»
    «Per avere dei diritti, basta prenderseli. Sei davvero sicuro di non voler proseguire la nostra conversazione?»
    «Non ho motivo per farlo.»
    Tom Harvey rise.
    «Non sai cosa ti perdi, Michel.»
    «Sinceramente non credo di perdermi qualcosa.»
    «Potresti perdere l’occasione per riconquistare la tua vecchia fiamma.»
    Michel spalancò gli occhi.
    «R-riconquistarla?»
    «Che c’è?» ribatté Tom. «Non hai idea di che cosa significhi?»
    «Sì, certo che lo so... ma non mi pare un’ipotesi ragionevole. Ti devo ricordare che sono passati più di sette anni dall’ultima volta in cui l’ho vista?»
    «È proprio questo a cui non credo» gli fece presente Tom. «Sono sicuro che tu sappia perfettamente dove si trova.»
    «Non so che dirti: tieniti le tue certezze. A me non cambia la vita.»
    Tom sbuffò.
    «È assurdo. Tu continui a non capire.»
    «Non c’è niente da...»
    Tom lo interruppe.
    «Non c’è niente da capire? Se la pensi così, sei libero di andare avanti per la tua strada... ma non crederò mai, nemmeno tra un milione di anni, che non t’interessi nulla di riconquistarla.»
    «In ogni caso, Harvey, non vedo il motivo per cui dovresti atteggiarti a Cupido in una situazione del genere. Non sei semplicemente in grado di badare agli affari tuoi?»
    «Soltanto quando gli affari altrui non hanno rilevanza per me: ti stavo soltanto offrendo la possibilità di collaborare con me un’altra volta.»
    «È una possibilità che non prenderei mai in considerazione, qualunque sia la posta in palio. Adesso ho un lavoro rispettabile. Intendo dire davvero rispettabile.»
    Tom rise.
    «Come ti pare. Se cambi idea, questo è il mio numero di telefono.» Gli infilò un biglietto da visita in una delle tasche della giacca. «Chiamami.»
    Si allontanò e finalmente Michel risalì in auto.
    Era una situazione assurda. Pamela Custer, una sconosciuta a cui aveva permesso di rimorchiarlo un paio di mesi prima, sembrava conoscere dettagli della sua vita privata passata. Per giunta Tom Harvey ricompariva dal nulla dopo anni, mostrandosi strettamente collegato a Pamela.
    Riconquistare la ragazza dei sogni: quel pensiero era una pazzia. Per quanto folle, però, gli richiamò alla mente il suo ultimo contatto telefonico con lei. Attraverso la linea disturbata gli era arrivata una voce metallica che aveva definitivamente squarciato in due la sua anima.
    «Sto per partire per Starlit Spring insieme a Ronnie.»
    Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, Yuma era lentamente scivolata in fondo al cassetto dei ricordi che Michel raramente apriva.
    “Non è giusto che Pamela e Harvey vogliano sconvolgere la mia esistenza” si disse, chiudendo la portiera.
    Si allacciò la cintura di sicurezza, avviò il motore e si diresse verso casa.

    Uno sbruffo d’aria fredda fece rabbrividire Pamela, mentre la melodia di “Right in the night” dei Jam & Spoon, ultima canzone che aveva sentito prima di uscire dal locale, che le risuonava in testa. Si guardò intorno. Tom Harvey la stava aspettando da qualche parte.
    «Eccolo laggiù» disse Pamela, tra sé e sé.
    Gli andò incontro, cercando invano di scacciare la canzone che aveva in mente.
    “Fall in love with music, fall in love with life, forget about the troubles and be a little nice...”
    Fece un cenno con la mano, per attirare l’attenzione di Tom. Come era tipico del suo stile, lui non si mosse di un passo.
    «Finalmente, Pamela Custer» la accolse, marcando con enfasi il nome falso. «Temevo che avessi preferito rimanere dentro tutto il resto della notte.»
    «Se non sbaglio ci eravamo accordati che avrei dovuto aspettare un po’, dopo che Michel se ne fosse andato, prima di uscire a mia volta» puntualizzò Pamela. «Ora non dovresti venire a lamentarti della lunga attesa.»
    «Hai ragione» ammise Tom.
    «Io, invece, non dovrei sorprendermene» ribatté Pamela. «Da quando ci conosciamo - e ormai ci conosciamo veramente da tanto tempo - so che lamentarti è l’essenza della tua esistenza, la tua linfa vitale.»
    Tom Harvey ignorò volutamente quel commento.
    «Che cosa mi dici, Pam? Sei riuscita a estorcergli qualche informazione?»
    Pamela sbuffò.
    «Fosse facile!»
    «Suvvia, non vedere ostacoli che non ci sono.»
    «Ma quali ostacoli che non ci sono?» sbottò Pamela. «È da settimane che la mia vita ruota intorno a Michel Sallivan – che tra parentesi non mi piace neanche – ed è impossibile cavare un ragno dal buco. Non c’è modo per spingerlo a parlare.»
    «Si vede che non usi i mezzi giusti» suggerì Tom.
    «Se stai facendo allusioni sessuali, ti assicuro che sotto le lenzuola me la cavo alla grande... Anche se non ci sono le lenzuola, ovviamente, e anche se non c’è un letto.»
    «Vedi, è proprio questo il problema.»
    Pamela spalancò gli occhi.
    «Come sarebbe a dire? Se non sbaglio, sei stato proprio tu a dirmi che dovevo usare ogni mezzo per arrivare alla verità.»
    Tom ridacchiò.
    «Sapevo che avresti ragionato così. Il punto è che una volta che ha ottenuto il suo scopo, quello di portarti a letto, l’uomo dimentica che anche tu hai uno scopo e che è suo dovere assecondarti. L’astinenza forzata invece potrebbe portarlo a dare più informazioni di quante lui stesso vorrebbe.»
    «Questa cos’è, un’altra delle tue teorie da quattro soldi?»
    «Non ho teorie da quattro soldi» obiettò Tom Harvey. «Diciamo piuttosto che sono filosofie di vita che ciascuno dovrebbe seguire per raggiungere il proprio fine.»
    Pamela era poco convinta.
    «Sarà...»
    «Faremo lezione di tattica in un altro momento, però» decretò Tom. «Non mi sembra il caso, in piena notte, di occuparci di queste sottigliezze. È il fine che conta, non i mezzi: sei libera di estorcere informazioni a Michel Sallivan nella maniera che preferisci, questo non mi riguarda; l’unica cosa che desidero è mettere le mani su quella ragazza... su entrambe, se possibile...»
    «Lo so, lo so» si affrettò a interromperlo Pamela. «Mi hai già raccontato per filo e per segno quella storia strappalacrime che secondo me fa acqua da tutte le parti.»
    «Forse non è acqua, ma, appunto, sono proprio lacrime.»
    Pamela sospirò.
    «Risparmiati le battute di spirito. Non ti riescono bene, il che è un peccato: come pagliaccio saresti l’ideale.»
    Ancora una volta Tom optò per l’ignorare la frecciata lanciatagli da Pamela.
    «Che tu creda o no alla storia che ti ho raccontato, quello che conta è ritrovare quelle due, e alla svelta perché se no l’importo per me potrebbe scendere vistosamente... e quindi anche per te.»
    «Queste minacce non mi spaventano» ribatté Pamela. «Ti ricordo che non è l’unico affare che ho in corso.»
    «Però è l’unico che coinvolge più sfere della tua vita.»
    Pamela scosse la testa.
    «No, coinvolge solo la sfera professionale.»
    «Oh, sì, certo: andare a letto con un uomo è lavoro, per te.»
    «In questo caso lo è.»
    Tom la fissò.
    «Non scherzare. So benissimo che, nonostante quello ti ostini a farmi credere, Michel Sallivan ti piace parecchio.»
    «Non siamo qui per parlare di questo. Almeno spero.»
    «Hai ragione, non è essenziale, ma non posso fare a meno di sospettare che tu stessa stia cercando di non far saltar fuori la tua rivale in amore.»
    Pamela spalancò gli occhi.
    «La mia rivale in amore?! Tu voli troppo in alto con la fantasia. Stai attento, Harvey: le tue ali di cera potrebbero sciogliersi, se ti avvicini troppo al sole.»
    «Ti assicuro che mi manterrò a debita distanza.»
    «Non mi pare che tu lo stia facendo.»
    Tom annuì.
    «Sì, è esagerato definirla rivale in amore. Dopotutto non si fa vedere da parecchi anni.»
    «Più che altro l’amore non ha niente a che vedere con me e Michel» replicò Pamela. «Sai benissimo che non provo niente per quel tipo.»
    Tom accennò a un lieve sorriso, che fece provare a Pamela il desiderio di prenderlo a calci.
    «Staremo a vedere.»
    «Staremo a vedere un corno» sbottò lei. «Pensa alla tua vita privata, se ne hai una, piuttosto che impicciarti della mia.»
    «Lo vedi?» ribatté Tom. «Tu stessa hai finito per contraddirti: Michel Sallivan fa parte anche della tua vita privata.»
    «Può darsi» fu costretta ad ammettere Pamela. «Ma non è nulla che ti riguardi.»
    «Questo no, ma fai molta attenzione: se venissi a sapere che hai eluso qualche informazione importante al solo scopo di salvaguardare la tua relazione con Michel, non solo avresti finito di lavorare per me, ma sarebbe la fine della tua vita professionale» la avvertì Tom. «So essere molto influente, quando lo desidero, e per nessun mio collaboratore è auspicabile mettersi contro di me, nemmeno se si tratta di una parente.»
    «Stai tranquillo» lo rassicurò Pamela. «Non ho alcuna voglia di mettermi contro di te. Sia chiaro, non perché tu mi spaventi, ma soltanto perché non fa parte delle mie intenzioni.»
    «Anche in questo caso non m’interessa il motivo per cui lo fai. Che si tratti di fedeltà o di semplice tornaconto personale, me ne sbatto: quello di cui m’importa è il risultato.»
    «E il tuo dannato risultato lo avrai» concluse Pamela, mentre frugava nella borsa alla disperata ricerca di una sigaretta. «Non te ne porterò solo una, ma le avrai entrambe.»
    Tom Harvey sorrise, compiaciuto.
    «Bene, Pamela Custer. Stai iniziando a ragionare come si deve.»
    Lei ridacchiò.
    «Io ragiono sempre come si deve.»
     
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    hey! non puoi lasciare proprio sul più bello :o:...
    sono davvero curiosa di sapere cos'è sucesso in quei 7 anni a Ronnie e Yuma :bounce.gif:...

     
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    A te e a Gab piacciono le stesse emoticon a quanto pare! u.u

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    sono davvero curiosa di sapere cos'è sucesso in quei 7 anni a Ronnie e Yuma

    Con calma lo scoprirai... :D
     
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    CITAZIONE (PÅvoneBiÅnco @ 28/6/2013, 18:04)
    hey! non puoi lasciare proprio sul più bello :o:...
    sono davvero curiosa di sapere cos'è sucesso in quei 7 anni a Ronnie e Yuma :bounce.gif:...

    Concordo! :bounce.gif:

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 18:05) 
    A te e a Gab piacciono le stesse emoticon a quanto pare! u.u

    Questa cosa è inquietante in effetti! u.u
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 18:05) 
    CITAZIONE
    sono davvero curiosa di sapere cos'è sucesso in quei 7 anni a Ronnie e Yuma

    Con calma lo scoprirai... :D

    Calma? Voglio il seguito! Adesssssssssssssssssso!

    Ho finito di imitare il signore degli anelli! u.u
     
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    Ahahahaha Gab, sapevo che avresti preteso il seguito. u.u
    Al momento dovrai aspettare ancora un po'...
    ...
    ...
    ...
    Aspetta, non uccidermi, c'è una cosa importante che ti devo dire, prima!
    ...
    ...
    ...
    spero che questa notizia ti aiuti a sopravvivere all'attesa: la terza parte probabilmente non sarà l'ultima, facendo una scaletta dei capitoli successivi ho visto che ho ancora moooolto da scrivere e che è plausibile che ci sia anche una quarta parte.
    Ciò significa, essenzialmente, che siamo soltanto a metà! U.U
     
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  11. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 18:46) 
    Ahahahaha Gab, sapevo che avresti preteso il seguito. u.u
    Al momento dovrai aspettare ancora un po'...
    ...
    ...
    ...
    Aspetta, non uccidermi, c'è una cosa importante che ti devo dire, prima!
    ...
    ...
    ...
    spero che questa notizia ti aiuti a sopravvivere all'attesa: la terza parte probabilmente non sarà l'ultima, facendo una scaletta dei capitoli successivi ho visto che ho ancora moooolto da scrivere e che è plausibile che ci sia anche una quarta parte.
    Ciò significa, essenzialmente, che siamo soltanto a metà! U.U

    Non ho intenzione di ucciderti... ci mancherebbe! Altrimenti chi me lo scrive il seguito di questo mio romanzo preferito? u.u

    Quindi siamo a metà? :woot: Buon per me!
    Però non puoi farmi attendere così tanto.. uffi! :bounce.gif:

    Va a scrivere...
     
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    Altrimenti chi me lo scrive il seguito di questo mio romanzo preferito? u.u

    Non ci sarà un seguito... :D
    Comunque durerà ancora per un bel po', dato che siamo appena a metà! ;)
     
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  13. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 28/6/2013, 19:25) 
    CITAZIONE
    Altrimenti chi me lo scrive il seguito di questo mio romanzo preferito? u.u

    Non ci sarà un seguito... :D

    Non intendevo come seguito... ma come capitoli appunto! :lol:
     
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    Ecco la prima parte del capitolo 34, per la gioia di Gab. <3



    Capitolo 34.
    Kelly si sistemò come meglio poteva l’uniforme stropicciata, pensando per l’ennesima volta quanto il suo lavoro allo Starlit Cafè fosse giorno dopo giorno sempre più deprimente. Nel corso degli anni le giornate di lavoro si erano rivelate l’una identica all’altra - eccetto quando in piena notte veniva appiccato un incendio che distruggeva il bar, ma questo fortunatamente era accaduto soltanto una volta - e, se da un lato la sua vita privata era piatta, dall’altro quella professionale non mostrava certo sfaccettature che potessero darle un minimo di soddisfazione.
    I primi clienti del mattino, mentre il sole si alzava su Starlit Spring, non erano ancora giunti, ma il loro arrivo non sarebbe stato qualcosa di memorabile.
    Si avvicinò a un tavolino, sul quale aveva collocato un quotidiano sportivo, che costituiva la lettura principale dei frequentatori abituali di quel piccolo bar, si sedette e iniziò a sfogliarlo piuttosto distrattamente: dello sport non le importava nulla e, in realtà, nemmeno di tutto il resto.
    Mentre si perdeva, scorrendo senza leggerle le righe di una pagina che le era capitata sott’occhio, udì la porta spalancarsi con un cigolio fastidioso.
    «Salve!» esclamò una radiosa voce maschile.
    Per un attimo Kelly si domandò se valesse la pena di alzare lo sguardo.
    No.
    Sentì dei passi che si avvicinavano.
    L’uomo appena entrato si schiarì la voce, per attirare la sua attenzione.
    Finalmente Kelly si alzò in piedi.
    «Buongiorno» disse, sfoderando uno dei suoi sorrisi più forzati - non che potesse essere più forzato di tutti gli altri, comunque. «In che cosa posso esserle utile?»
    «Fammi indovinare» ribatté lui. «Sono il primo cliente della giornata o sbaglio?»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «No!» esclamò. «Non è possibile!»
    L’uomo – un trentenne dagli abiti casual e dai capelli biondi – osservò: «Speravo che impiegassi meno tempo a riconoscermi.»
    Kelly ridacchiò.
    «È passato tanto tempo.»
    «Già.»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    «A quel tempo mi sentivo felice.»
    Lui si avvicinò.
    «Ora sono arrivato io» puntualizzò. «Anche adesso sei felice.»
    Kelly non poté fare a meno di scoppiare in una fragorosa risata.
    «Tu sei pazzo, Michel.»
    Lui annuì.
    «Forse.»
    «Siediti» lo invitò Kelly. «Ci sono degli ottimi cornetti appena sfornati.»
    «Chi se ne frega dei cornetti!» ribatté Michel. «Anche in occasione del nostro primo incontro pretendevi di rifilarmeli.»
    «Mentre tu mi avevi chiesto soltanto una bottiglia d’acqua, e solo perché avevi bisogno di andare in bagno.»
    Michel le indicò la porta della toilette.
    «Quella è la ragione per cui sono entrato.»
    Kelly cercò di mostrarsi delusa.
    «Pensavo fossi venuto per me.»
    «Come potevo sapere che ti avrei trovata qui?» replicò Michel. «L’ultima volta che sono passato di qui è stata nell’89. Pensavo che nel frattempo ti fossi sposata e che magari fossi andata ad abitare altrove.»
    Kelly rise.
    «Ti sembro il genere di persona che pensa al matrimonio?»
    «Forse sono gli uomini che smettono di pensarci quando ti incontrano!»
    «Ma fammi il piacere!» ribatté Kelly. «Il problema sarebbero gli uomini? Te lo scordi. Se solo fossi del parere, ne avrei mille ai miei piedi.»
    Michel finse di guardarsi intorno.
    «Sarà, ma non ne vedo nemmeno uno.»
    «Sono le sei e un quarto» gli ricordò Kelly. «Magari dormono ancora.»
    «Giusto.» Michel si guardò intorno. «È cambiato qualcosa, da quando sono stato qui, o sbaglio?»
    «Non è cambiato qualcosa» puntualizzò Kelly. «È cambiato tutto
    Michel sorrise.
    «Immagino che tuo zio abbia pensato che ai pensionati che frequentavano il bar facesse bene un po’ di cambiamento.»
    «Non è andata proprio così. Diciamo che è capitato un... ehm... un incidente.»
    «Che genere di incidente?»
    «Anni fa c’è stato un incendio.»
    Michel non le parve molto interessato all’accaduto e, del resto, non avrebbe dovuto aspettarsi che lo fosse.
    “Meglio così.”
    Questo significava, almeno, che non ne avrebbero parlato.
    Michel tornò a indicarle il WC.
    «A proposito, mi permetti di andare a svuotare la vescica?»
    «Vai pure.»
    «Grazie. Tu procurami una bottiglia d’acqua nel frattempo.»
    «Lo farò.»
    Kelly lo guardò andare verso il bagno e fermarsi proprio nel momento di sfiorare la maniglia della porta.
    Michel si girò verso di lei.
    «L’acqua la gradirei frizzante.»
    Kelly annuì.
    «Sarà fatto.»
    «Da un litro.»
    «Come vuoi.»
    «Grazie.»
    Tirandosi indietro una ciocca di capelli ondulati che le ricadeva davanti agli occhi, Kelly si apprestò a procurare a Michel ciò che lui le aveva chiesto.
    “Anche in occasione del nostro primo incontro voleva una bottiglia d’acqua gassata” osservò. “A temperatura ambiente.”
    In realtà – almeno per quanto ricordava: non era sicura di avere ben in testa tutti quei dettagli che risalivano al 1989 – era stata lei a proporglielo.
    Le sembrava che fosse passata una vita da allora e, di fatto, era proprio così.

    Michel uscì dal bagno e, contrariamente a quanto si aspettava, si accorse che Kelly non lo stava aspettando tenendo in mano la bottiglia d’acqua che le aveva chiesto. Anzi, sembrava immersa nei propri pensieri al punto tale da non accorgersi di lui.
    «Kelly?» la chiamò, facendola sobbalzare.
    Nel giro di pochi istanti lei prese ciò che gli aveva chiesto e gli venne incontro.
    «Ecco a te.»
    Michel appoggiò la bottiglia sullo stesso tavolino sul quale si trovava il giornale che Kelly aveva sfogliato prima del suo arrivo.
    «A che cosa pensavi?»
    Kelly gli lanciò un’occhiataccia.
    «Da quando questi sono cazzi tuoi?»
    «Non lo sono mai stati» ammise Michel, «Però mi stavo chiedendo se per caso non stessi pensando a me.»
    Kelly accennò a una lieve risata.
    «Hai troppe manie di protagonismo.»
    «Forse.»
    «Sicuramente.»
    Michel sospirò.
    «Sì, sicuramente è così. Mi ero illuso che tu stessi rimuginando sul nostro primo incontro.»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «Oh, no, niente affatto!»
    «Sì, invece» ribatté Michel. «Del resto come potresti scordarti che...»
    «Che ti sei presentato con un nome falso?» lo interruppe Kelly. «No, non me ne sono affatto dimenticata.»
    «Non era un nome falso» obiettò Michel. «Semplicemente non era il mio.»
    «Giusto.»
    «A proposito, hai idea di che fine abbia fatto?»
    «Dovresti essere più chiaro» puntualizzò Kelly. «Le domande senza un soggetto sono di difficile interpretazione.»
    «Hai ragione.»
    «E quindi?» lo esortò Kelly. «Che cosa vuoi sapere?»
    «Ronnie Craven» specificò Michel. «Parlo di lui.»
     
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  15. GÆBRIEL
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