Anime di metallo

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  1. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 01:14) 
    In effetti... povero Michel, hai ragione! :D
    Per quanto riguarda quello che è successo a Yuma... lo scoprirai in questa seconda parte del capitolo. ^^ Diciamo che tu hai dato troppo per scontato che lei stesse veramente partendo. U.U
    Per la sorpresa... attendo! A proposito, devo spaventarmi? :lol:

    Un po' lo sospettavo che dietro c'era suo padre, perchè in fondo Yuma non avrebbe mai permesso a Melvin di portarsi a casa Heaven. Però che tristezza... povera ragazza! :(

    Ora sono curiosa di sapere cosa succederà! :rolleyes:

    Per la sorpresa io spero che invece ti faccia piacere, dopotutto solo il tuo romanzo ha avuto il potere di farmi fare una cosa che non facevo da secoli! :lol:
     
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    Un po' lo sospettavo che dietro c'era suo padre, perchè in fondo Yuma non avrebbe mai permesso a Melvin di portarsi a casa Heaven. Però che tristezza... povera ragazza!

    Già, anche stavolta Yuma non ce l'ha fatta... e devo dire che, almeno per un po', le ho riservato un destino abbastanza crudele... e non è nemmeno la sola nei capitoli che seguiranno in effetti... XD

    CITAZIONE
    Per la sorpresa io spero che invece ti faccia piacere, dopotutto solo il tuo romanzo ha avuto il potere di farmi fare una cosa che non facevo da secoli!

    Ok, è ufficiale: mi vuoi spaventare! :lol:
    Scherzo... sono curiosissima! E con queste parole mi hai incuriosita ancora di più! :woot:

    Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento: domani è probabile che io non sia in casa né la mattina né il pomeriggio (anche se non ne sono sicura), mentre la sera dovrei riuscire ad aggiornare. ^^
     
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  3. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 01:32) 
    CITAZIONE
    Un po' lo sospettavo che dietro c'era suo padre, perchè in fondo Yuma non avrebbe mai permesso a Melvin di portarsi a casa Heaven. Però che tristezza... povera ragazza!

    Già, anche stavolta Yuma non ce l'ha fatta... e devo dire che, almeno per un po', le ho riservato un destino abbastanza crudele... e non è nemmeno la sola nei capitoli che seguiranno in effetti... XD

    Certo che i nostri personaggi hanno in comune un destino crudele! :lol:

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 01:32) 
    CITAZIONE
    Per la sorpresa io spero che invece ti faccia piacere, dopotutto solo il tuo romanzo ha avuto il potere di farmi fare una cosa che non facevo da secoli!

    Ok, è ufficiale: mi vuoi spaventare! :lol:
    Scherzo... sono curiosissima! E con queste parole mi hai incuriosita ancora di più! :woot:

    E lo so ma dovrai attendere... ma vedrai ti piacerà, o almeno spero! :rolleyes:

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 01:32) 
    Per quanto riguarda il prossimo aggiornamento: domani è probabile che io non sia in casa né la mattina né il pomeriggio (anche se non ne sono sicura), mentre la sera dovrei riuscire ad aggiornare. ^^

    Ah non preoccuparti nemmeno io oggi ci sono... o se ci sono, sarò a tratti! ;) La sera invece dovrei esserci!
     
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    Come non detto, alla fine eccomi qui... :D
    Per quanto riguarda i miei personaggi... beh, sì, destino crudele... ma diciamo che molti riusciranno ad avere un lieto fine. u.u

    CITAZIONE
    E lo so ma dovrai attendere... ma vedrai ti piacerà, o almeno spero!

    Attenderò! *-*
     
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  5. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 12:01) 
    Come non detto, alla fine eccomi qui... :D

    Idem con patate e prosciutto con contorno di piselli!!!! :D
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 12:01) 
    Per quanto riguarda i miei personaggi... beh, sì, destino crudele... ma diciamo che molti riusciranno ad avere un lieto fine. u.u

    Non ti dico del mio invece! :P Altrimenti ti rovino tutto!
     
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    Ecco qui la prima parte del capitolo 31, penultimo capitolo della seconda parte del romanzo.
    A proposito, forse la terza parte sarà più lunga, rispetto alla seconda. ^^




    Capitolo 31.
    Kelly tolse dal piccolo vaso i fiori secchi. Era trascorso tanto tempo dall’ultima volta in cui li aveva portati, senza sentirsi colpevole per non essere tornata per mesi. Aveva sempre ritenuto inutile recarsi nei cimiteri: le spoglie mortali dei suoi cari ormai defunti non potevano vederla e, ne era sicura, nessuno aveva mai sperato che lei passasse le ore là dentro.
    Gettò i fiori nella spazzatura e sistemò i due mazzi di fiori finti, uguali, sia per suo nonno sia per sua nonna.
    Stava per andarsene quando udì dei passi dietro di lei. Non si sarebbe nemmeno girata, se non avesse udito una voce che conosceva bene.
    «Kelly.»
    Si voltò e vide Ronnie.
    «Allora le leggende metropolitane corrispondono a realtà.»
    Ronnie la guardò senza capire.
    «A cosa ti riferisci?»
    «Mi è giunta voce che tu sia tornato per rimanere qui in pianta stabile» gli comunicò Kelly. «Non pensavo che fosse vero, ma a quanto pare è così.»
    Ronnie annuì.
    «Black Hill non era il posto che faceva per me.»
    «È da molto che sei tornato?»
    «Pressappoco due settimane e mezzo.»
    «E Black Hill non ti manca?»
    Ronnie scosse la testa.
    «Perché dovrebbe?»
    «Ralph mi ha detto... Ehi, non guardarmi a quel modo! Le cose sono un po’ cambiate tra me e lui. Mi ha detto, comunque, che stavi insieme a una ragazza a Black Hill.»
    «Non è proprio così.»
    «Allora devo avere capito male.»
    Ronnie sorrise.
    «No, hai capito benissimo. Credo che sia stato Ralph a travisare le cose.»
    «Tu e lei, quindi, non state insieme?»
    «No.»
    «Allora potresti prendere in considerazione l’idea di uscire con Victoria» osservò Kelly. «Lei e Gabriel si sono lasciati.»
    Ronnie sembrò inorridito.
    «Victoria? Mhm... non mi pare proprio il caso!»
    «Cos’ha che non va?»
    «Non ha niente che non va, ma...»
    «Vi sentite ancora?» lo interruppe Kelly. «Tu e la ragazza di Black Hill, intendo.»
    Ronnie s’incupì.
    «L’ho sentita stamattina e ho l’impressione che non accadrà mai più.»
    Kelly cercò di mostrarsi ottimista.
    «Mai dire mai, non puoi sapere quello che accadrà in futuro.»
    «Diciamo che gli indizi di cui sono in possesso mi fanno pensare che non ci vedremo mai più» ammise Ronnie, «E che non ci sentiremo nemmeno al telefono.»
    «Mi dispiace, allora.»
    «E di cosa? Non sono certo fatti tuoi.»
    Kelly sbuffò.
    «Certo, tu ti difendi sempre così, dicendo agli altri che devono badare agli affari loro! Sei sempre stato così e...»
    Ronnie la interruppe: «Le persone non cambiano, per quanto possa piacerci pensarlo. Speravo che un giorno tu diventassi meno acida... ma a quanto pare non è stato così.»
    «Io non sono acida.»
    «L’importante è che tu ne sia convinta.»
    Kelly sospirò.
    «Ronnie, perché non ti togli dalle scatole? Capisco che chiederti di tornare a Black Hill possa essere troppo, ma almeno sparisci dalla mia vista.»
    «Sono lieto di poterti accontentare. Non sono venuto qui per parlare con te, ho una cosa molto più importante da fare.»
    Kelly lo guardò allontanarsi. Si chiese per un attimo che cosa ci fosse di importante da fare in un cimitero, ma si rese conto che la risposta non le interessava.

    «Mi dispiace se non mi sono fatta viva ultimamente» aveva esordito Yuma, nella telefonata che Ronnie aveva atteso per oltre due settimane. «Tu aspettavi di sapere...»
    «Non era necessario che tu mi chiamassi» l’aveva rassicurata Ronnie, «Se non avevi niente da dirmi.»
    «Il punto è che ho tante cose da dirti» aveva obiettato Yuma. «Non so nemmeno con che parole iniziare.»
    «Usa le più semplici che ti vengono in mente.»
    «Anche se dovessero ferirti?»
    «Anche se dovessero ferirmi» aveva confermato Ronnie. «Dubito, comunque, che tu possa riuscirci: sei sempre stata talmente diplomatica...»
    «Va beh, allora io te lo dico» aveva concluso Yuma. «Mi sbagliavo quando pensavo che io e Michel non potessimo essere felici insieme. Da quando sei partito, le cose sono cambiate radicalmente; stiamo addirittura per lasciare Black Hill e per trasferirci. Non so perché mi fossi messa in testa che mi trascurava...»
    «Forse perché era vero.»
    «Io non ero immune da errori, però» aveva puntualizzato Yuma. «Mi lamentavo che lui non parlava mai con me, ma io non facevo niente per spingerlo a farlo. Adesso sta andando tutto meglio.»
    «Sono felice per te.»
    «Ma non per te stesso, immagino...»
    «Purtroppo non sempre le cose possono andare bene per tutti. A Starlit Spring, comunque, non me la cavo male.»
    «Capisco. Mi dispiace per com’è andata, per averti illuso...»
    «Tu non mi hai mai illuso» aveva replicato Ronnie. «Sono stato io, forse, a farmi delle illusioni, e la colpa è solo mia.»
    Si chiese ancora una volta se ne era davvero convinto. Sì, non poteva essere che così: tra lui e Yuma non c’era futuro, ma si era ostinato a vederne uno fino al momento del loro addio definitivo, soltanto poche ore prima.
    Non si sarebbe mai dimenticato di lei, ma doveva comunque archiviarla come parte di un passato che non poteva più tornare. L’avrebbe fatto di lì a pochi minuti: non riusciva a capirne la ragione, ma sentiva la necessità interiore di vedere la tomba della signora Emerson. Da quando quella donna era stata assassinata, la vita di Yuma era cambiata radicalmente. Doveva essere stata sempre molto determinata, se era riuscita fino all’ultimo a impedire che Melvin potesse fare del male alla figlia.
    Ronnie non aveva idea di dove fosse sepolta, ma non si scoraggiò e continuò a cercarla. Si fermò soltanto quando, dieci minuti più tardi, lesse il suo nome su una lapide. Margot Doyle Emerson. Nata nel 1944, era morta il 28 agosto 1986.
    Ronnie rabbrividì. Conosceva quella data.
    Dalla fotografia sulla lapide, alla quale non aveva ancora prestato attenzione, Margot sembrava fissarlo.
    Se fino a un attimo prima Ronnie si era chiesto se Margot somigliasse a Yuma, o magari a Naive, in quel momento notò una somiglianza ancora maggiore con la donna dei suoi incubi.
    I lineamenti, lo sguardo quasi spaventato, perfino l’abito che indossava. Non era una somiglianza: Margot Emerson era la donna che aveva chiesto aiuto a lui e a Rick la notte dell’incidente.
     
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    ho letto gli ultimi capitoli e sono rimasta del tipo :linguacc:...

    mi dispiace un casino per Yuma... per l'amore di sua sorella deve sopportare quel bastardo pedofilo di suo padre :cry:... e rinunciare a Micheal e soprattutto a Ronnie :crybaby:...
    spero solo che trovi una soluzione per uscire dalle grinfie di quell malefico Melvin:muro:

    sono ansiosa di sapere la reazione di Yuma quando scoprirà che Ronnie e suo fratello non hanno fatto niene per salvare sua madre...
     
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    Ti poni degli interrogativi molto interessanti. :D
    Dico solo che sarà centrale, fino alla fine, la volontà di Yuma di liberarsi di suo padre...
    Per quanto riguarda la reazione di Yuma... beh, dovrai aspettare ancora un po'! :woot:
     
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    Parte conclusiva del capitolo 31.




    «Ehi, Ronnie!» sbottò Kelly, vedendoselo ricomparire davanti. «Non usa più salutare prima di andarsene?»
    Ronnie alzò gli occhi e la guardò. Sembrava smarrito, come se si fosse appena ritrovato di fronte a una realtà troppo inquietante per essere accettata a cuor leggero.
    «Scusami, Kelly.»
    Si girò e fece per andarsene.
    «Aspetta!» lo pregò lei. «Sembra che tu abbia appena visto un fantasma!»
    «Forse è proprio così» replicò Ronnie. «Dipende tutto da che cosa intendi per fantasma.»
    Kelly alzò gli occhi al cielo.
    «Tu sei un caso disperato!»
    «Sì, ammetto che è così.»
    «Non capisco che cosa ti stia succedendo, ma... riguarda... riguarda Rick?»
    «No, non riguarda Rick» la rassicurò Ronnie. «Puoi tranquillamente continuare a fingere di avere la coscienza più pulita della mia. Anzi, non si tratta di finzione: di fatto tu hai soltanto manomesso la scena di un incidente, non hai provocato la morte di nessuno.»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    «Quello che ho fatto è più che sufficiente per non dormire sonni tranquilli.»
    «Non so cosa farci» ammise Ronnie. «Anch’io, quando chiudo gli occhi, rivedo tutto quello che è successo.»
    «Purtroppo credo che non ci sia soluzione.»
    «Forse no. Io, però, credo di averne trovata una.»
    Le voltò le spalle e se ne andò.
    Kelly fu tentata di trattenerlo, ma preferì evitare. Ronnie era troppo sconvolto, qualunque ne fosse il motivo, per fare una conversazione sensata. Non poteva avere trovato una soluzione, perché non c’erano soluzioni. Presto se ne sarebbe reso conto anche lui, e non sarebbe cambiato niente: la loro maledizione era l’eterno rimorso, che non avrebbe mai potuto spegnersi.

    Ronnie entrò in casa con la consapevolezza di essere completamente solo.
    “Meglio così.”
    Yuma aveva il diritto di sapere, di questo ne era più che certo. Una lettera, viste le circostanze, era il modo migliore per confidarle tutto ciò che aveva fatto.
    Lei e Michel stavano per trasferirsi, gli aveva confidato quella mattina al telefono, perciò aveva soltanto un modo per raggiungerla.
    Si sedette, prese un foglio e iniziò a scrivere.

    Starlit Spring, 29 maggio 1990

    Cara Naive,
    quando riceverai questa lettera le cose saranno molto cambiate rispetto a un tempo, ma ti chiedo di non preoccuparti per questo.
    Qui dentro troverai un’altra busta: ti chiedo di consegnarla a Yuma, perché mi è impossibile spedirgliela o recapitargliela di persona.
    Ti prego di non leggerla e di fargliela avere: per lei potrebbe essere essenziale venire al corrente di alcuni fatti che ho deciso di narrarle.

    Ti auguro buona fortuna per tutto.
    Saluti a te e a Heaven.

    Ronald Craven

    Rilesse le sue parole: erano le migliori che avrebbe potuto trovare. Non conosceva molto bene Naive, ma era sicuro che non avrebbe esitato a recapitare a Yuma la sua lettera, una lettera che sarebbe stato molto più complicato scrivere. Non per questo, però, aveva intenzione di perdersi d’animo: sapeva di non avere altre vie d’uscita.
    Prese un altro foglio e ricominciò a scrivere.

    Cara Yuma,
    dopo la nostra telefonata di stamattina ero seriamente intenzionato a lasciarti vivere la tua vita senza alcuna interferenza o intromissione, ma in questo momento ritengo che sia necessario metterti a conoscenza di una parte di verità che ancora ignori. Ti assicuro, in ogni caso, che questa sarà l’ultima volta in cui mi metterò in contatto con te; dopo avere letto questa lettera sarai finalmente libera dalla mia presenza e, ne sono sicuro, non potrai certo rimpiangermi. Ti chiedo solo di avere la forza di leggerla fino in fondo, con la consapevolezza che poi non sentirai mai più parlare di me.
    Credo che sia opportuno iniziare dall’inizio. Mi hai detto più di una volta che la morte di tua madre fu l’inizio delle tue disgrazie e che chi la uccise era, almeno in parte, responsabile di quello che stava accadendo con tuo padre. Credo fermamente che limitare a chi la uccise la responsabilità di quanto successe dopo non sia abbastanza: anche chi vide qualcosa, chi avrebbe potuto impedire che tua madre morisse, deve essere considerato ugualmente colpevole e...

    Ronnie continuò a scrivere ancora a lungo, cullato dal silenzio della casa dei suoi genitori dove anche Yuma era stata due mesi prima, quando ancora credeva che ci fossero speranze, che la donna a cui aveva negato il proprio aiuto fosse riuscita a cavarsela da sola.
    Non era andata così: era morta, abbandonando la sua famiglia... abbandonando le sue figlie tra le mani di un maniaco.
    Fu tentato più di una volta di interrompersi, di strappare quella lettera in pezzi talmente piccoli da rendere impossibile ricostruirla a chi avesse tentato quell’impresa. Non si fermò soltanto perché Yuma meritava di sapere: la sua vita era stata distrutta, non poteva continuare a ignorare chi fosse il responsabile.
    Quando terminò, rilesse ogni singola frase, convinto che tutte le parole fossero al posto giusto. Forse Yuma avrebbe capito che il suo più grande desiderio era quello di tornare indietro e di aggiustare tutto. In ogni caso, non avrebbe avuto importanza.
    Decise di aggiungere ancora qualcosa, una sorta di conclusione, le ultime parole che avrebbe rivolto a Yuma.

    A questo punto mi sembra di immaginare la tua voce che mi chiede: “Non hai paura di perdere tutto?” È proprio quello che potresti domandarmi se fossi qui e la mia risposta è no, non ho paura: so che chi ha già perso tutto non ha più nulla di cui preoccuparsi.
    Un tempo speravo che le nostre anime di metallo potessero fondersi e diventare una cosa sola, ma soltanto il fuoco può fondere il metallo e il fuoco può soltanto distruggere.
    Quando anche l’ultimo spiraglio di luce viene meno ci sono due possibilità: arrendersi alla morte o continuare a vivere. Sono convinto che la tua luce non smetterà mai di brillare e che per te non sarà mai necessaria una scelta.
    Dimenticati di me. Ti ho amata con tutte le mie forze e ti amo ancora, ma non merito di essere ricordato.

    Addio.

    Ronnie


    Ripiegò la lettera in quattro parti e la ripose in una busta, che infilò in una più grande insieme a quella per Naive. Riportò l’indirizzo al quale doveva essere inoltrata, poi prese un altro foglio, per l’ennesimo messaggio che doveva scrivere.
     
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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 27/6/2013, 16:28) 
    *me piange*

    Sì, è un capitolo abbastanza strappalacrime in effetti. u.u
     
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 27/6/2013, 16:56) 
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 27/6/2013, 16:28) 
    *me piange*

    Sì, è un capitolo abbastanza strappalacrime in effetti. u.u

    Mi sa che è diventato il mio capitolo preferito! u.u
     
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    Mi sa che è diventato il mio capitolo preferito! u.u

    Anche se non c'è Gabriel? :P
     
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    Prima parte del capitolo 32.



    Capitolo 32.
    «Come sarebbe a dire che ci rivedremo presto?» Il tono di Marlene era palesemente sorpreso. «Cosa pensi di venire a fare a Dark River?»
    «Da come lo dici sembra quasi che ti dispiaccia» osservò Michel. «Non sei certo obbligata a venirmi ad accogliere a braccia aperte.»
    «Non hai capito...»
    «Invece mi sembra di avere capito benissimo» ribatté Michel. «Non hai nessuna voglia di vedermi e il fatto che trascorrerò un po’ di tempo a Dark River sembra infastidirti.»
    La sentì ridere.
    «Temo che tu ti stia sbagliando. Sai benissimo che non vedo l’ora.»
    «Permettimi di dubitarne!»
    «No, non te lo permetto. Diciamo che sono soltanto un po’ sorpresa: non eri sempre sommerso di lavoro al punto tale da non riuscire nemmeno a farmi una telefonata, se non ogni due o tre settimane?»
    «Più o meno» ammise Michel. «Ora, però, è cambiato tutto; te ne parlerò non appena ci vedremo di persona.»
    «Sembra un incontro solenne, da quello che dici.»
    Michel ridacchiò.
    «In un certo senso.»
    Salutò sua sorella, poi riattaccò.
    Si preparò per uscire, poi indossò un giubbotto che non portava dall’autunno precedente. Fu sorpreso di trovare in tasca qualcosa e il suo stupore incrementò quando si accorse che si trattava di un biglietto da visita che pubblicizzava lo Starlit Cafè, il bar in cui aveva conosciuto Kelly James molto tempo prima.
    Erano trascorse settimane, forse addirittura mesi, dall’ultima volta che aveva pensato a lei. Forse non sarebbe stata una pessima idea quella di chiamarla per chiederle come stava.
    Tornò al telefono e compose il numero.
    Rimase in attesa.
    Uno squillo.
    Due squilli.
    Tre squilli.
    Quattro squilli...
    Aspettò ancora, rendendosi conto che non solo Kelly non gli avrebbe risposto, ma non l’avrebbe fatto nessun altro.
    Forse lo Starlit Cafè era chiuso per ferie, o chissà, magari l’attività era fallita. Era plausibile ipotizzare che Kelly fosse da tutt’altra parte.
    “In ogni caso non ha importanza.”
    Si convinse che quella di telefonare a Kelly non era stata un’intuizione così geniale come gli era parsa pochi minuti prima.
    Appallottolò il biglietto da visita e lo gettò nella stessa tasca in cui l’aveva trovato. Probabilmente presto o tardi sarebbe finito nella spazzatura, cancellando definitivamente Kelly James e tutto il resto.
    Andare a Starlit Spring, otto mesi prima, era stato un errore, ma il suo sbaglio più grande era stato, in generale, quello di assecondare Tom Harvey e tutte le sue richieste. Finalmente era riuscito a liberarsene, informandolo che non aveva più intenzione di lavorare per lui, e adesso se ne sarebbe andato, forse per un po’, forse definitivamente. Non aveva idea di cosa sarebbe accaduto e, a priori, non gli importava esserne consapevole in anticipo. Quello che contava era lasciarsi tutto alle spalle e la città di Black Hill, proprio come Kelly James, era una parte del tutto.

    Kelly si alzò in piedi e si avviò verso la porta.
    «Vado a vedere quanto è grave il danno.»
    «Aspetta» la trattenne Colin. «Non penso che sia il caso.»
    Kelly spalancò gli occhi.
    «Non è il caso, dici?! Hanno distrutto tutto! Non c’è più niente di quello che ho lasciato ieri sera, è bruciato tutto!»
    Suo zio si alzò a sua volta e la raggiunse.
    «Appunto per questo ti sto chiedendo di non andare.»
    «Quindi per te non sapere è meglio che vedere con i propri occhi e affrontare la realtà?»
    «Non ho detto questo» rispose Colin, «Ma sono convinto che a tutto ci sia rimedio.»
    Kelly scosse la testa.
    «Cazzate!»
    «So che al momento vedi tutto nero, ma...»
    Kelly, stanca di sentirlo farneticare, lo interruppe: «Vedo tutto nero perché non ci sono alternative! Puoi inventarti qualsiasi storia, ma con me non attacca! Qualcuno ha bruciato il nostro bar, e questo mi sembra molto indicativo!»
    «È stato un incidente.»
    «Non è stato un incidente.»
    «Sì, Kelly, nessuno ce l’aveva con noi al punto tale da...»
    Kelly lo interruppe ancora una volta: «Non m’interessa se nessuno ha mai dimostrato di avercela con noi. Io mi baso sui fatti, e i fatti dicono che un incendio non scoppia così, all’improvviso, senza una ragione logica, nel cuore della notte!»
    «Forse c’era qualche problema con l’impianto elettrico...»
    «Non ci credi nemmeno tu» lo accusò Kelly. «Preferisci semplicemente non affrontare una realtà troppo dura. Tu hai visto com’era ridotto il bar...»
    «L’ho visto, appunto, e non credo che qualcuno avrebbe potuto fare una simile devastazione di proposito!»
    «Allora non posso far altro che osservare come tu abbia una visione troppo limpida e pulita dell’animo umano.»
    Quelle parole strapparono un sorriso a Colin, un sorriso che a Kelly parve fuori luogo.
    «Forse perché ho sempre avuto a che fare solo con persone perbene.»
    Kelly abbassò lo sguardo.
    Persone perbene.
    Si sentiva descritta da quelle parole?
    «No» mormorò.
    Suo zio le lanciò un’occhiataccia.
    «Che cosa?»
    Soltanto allora Kelly si rese conto di avere pensato ad alta voce.
    «Niente, lascia stare.»
    «Io ho detto che ho sempre avuto a che fare con persone perbene» insisté Colin, «E tu hai detto “no”. Come me lo spieghi?»
    «Non c’è niente che io debba spiegarti» obiettò Kelly. «Riflettevo.»
    «Mi piacerebbe se tu mi mettessi al corrente delle tue riflessioni.»
    Kelly negò con fermezza.
    «Non c’è niente che tu debba sapere.»
    Colin la fissò con occhi penetranti.
    «Ne sei sicura?»
    Kelly si affrettò ad annuire.
    «Certo che ne sono sicura.»
    «Comunque non hai niente di cui preoccuparti» aggiunse Colin. «L’assicurazione copre i danni derivanti da incendi.»
    Kelly non riuscì a trattenersi.
    «Anche se sono dolosi?»
    Suo zio annuì.
    «Soprattutto se sono dolosi.»
    Kelly si chiese se questo la rendesse più sollevata.
    “No.”
    «È meglio che io vada» le annunciò Colin, a quel punto. «Ho alcune... ehm... cose da sistemare, possiamo dire.»
    «Va bene. Poi fammi sapere, mi raccomando.»
    «Ovvio che ti farò sapere.»
    Se ne andò di fretta, Kelly udì i suoi passi lungo le scale.
     
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    Parte conclusiva del capitolo 32.



    A una giornata pessima seguiva sempre una notte terribile, e a una notte terribile adesso stava seguendo un giorno d’inferno.
    Se solo non avesse incontrato Ronnie al cimitero, il giorno precedente...
    «Certo, come se fosse colpa di Ronnie!» borbottò, sorprendendosi del suo stesso pensiero. «Un pazzo dà fuoco al bar nel cuore della notte e io continuo a pensare a quel dannato Ronnie Craven! Forse sono malata: il fuoco mi ha danneggiato il cervello, anche se non c’ero.»
    Il telefono squillò.
    Kelly non aveva alcuna voglia di rispondere, ma fece quello sforzo.
    «Pronto?» sospirò, seccata, alzando il ricevitore.
    «Ho sentito la notizia» la informò una voce che in un primo momento non distinse.
    «Chi parla?» domandò, ancora più acidamente.
    «Sono Maya.»
    «Maya.»
    «So che sei sconvolta, ma che senso ha ripetere il mio nome?»
    «Fottiti» replicò Kelly. «Che cosa ne sai tu di quanto sono sconvolta?»
    «Beh, posso immaginare...»
    «No, non puoi immaginare niente! Tu non sai quanto mi senta colpita nel profondo. Se lo sapessi non mi avresti chiamata!»
    «Pensavo di fare una cosa gentile...»
    «Se vuoi fare una cosa gentile, fattelo mettere in culo dal primo che passa per la strada! Magari hai la fortuna di beccare quel figlio di puttana di Ronnie!»
    «Kelly...»
    «Devi morire tra le sofferenze più atroci, Maya! Tutti dovete morire tra le sofferenze più atroci! Siete tutti delle merde e non meritate di vivere!»
    Maya non rispose, ma si limitò a riattaccare.
    Kelly si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare a terra. Si accorse di avere le guance rigate di lacrime.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.

    C’era più di un modo per distruggere un locale pubblico, eppure chi aveva commesso quell’atto aveva scelto di farlo col fuoco.
    “Voleva colpire me.”
    Qualcuno aveva scoperto la verità, ne era certa.
    Il telefono squillò di nuovo, ma Kelly lasciò che suonasse a vuoto.
    Finalmente smise.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.
    Fiamme.

    Aveva smesso, ma ricominciò. Kelly si chiese se avesse il coraggio di alzarsi in piedi e di sentire chi fosse a cercarla. Sperava solo che non fosse qualche sprovveduto come Maya, qualcuno che si sentiva dispiaciuto dall’avere appreso la notizia che lo Starlit Cafè era stato dato alle fiamme e riteneva necessario comunicarglielo.
    Fiamme.
    Fiamme.

    Di tiro su di scatto e sollevò il ricevitore.
    «Chi parla?»
    «Kelly, sono Ralph.»
    Un brivido gelido la attraversò.
    «Ralph?»
    «Ralph Craven» puntualizzò lui, come se ce ne fosse bisogno.
    «Se mi stai chiamando per quello che è successo al bar...»
    Ralph la interruppe: «No. Cos’è capitato?»
    Non lo sapeva? Come poteva non saperlo?
    «Un incendio.»
    «Mi dispiace. Quando è successo?»
    Sembrava sincero.
    «Intorno alle quattro di notte.»
    «Ma com’è accaduto?»
    Kelly si sforzò di non riattaccare.
    «Non lo sappiamo ancora. Penso che qualcuno l’abbia fatto apposta.»
    «Sarebbe terribile» osservò Ralph. «Mi chiedo chi potrebbe avere commesso un simile scempio. Lo Starlit Cafè ha sempre avuto un’ottima fama, almeno tra le persone di mezza età e gli anziani.»
    «Già.»
    «Spero che tutto possa risolversi.»
    «Risolversi?»
    «Beh, sì, che l’assicurazione copra i danni...»
    «Mio zio dice di sì.»
    «Terrò le dita incrociate per voi, allora» concluse Ralph. «A questo punto credo che tu abbia già qualcosa di importante a cui pensare, è meglio che non ti dica nulla.»
    Ah, già. Ralph le aveva telefonato per un altro motivo, in origine, era stata lei a tirare fuori l’argomento che avrebbe tanto preferito evitare.
    «No, se è qualcosa di importante dimmi tutto.»
    «Ti avverto che potresti restarne sconvolta.»
    Kelly si lasciò andare a una risata fragorosa che - almeno così pensava - avrebbe fatto sì che Ralph dubitasse della sua sanità mentale.
    «Che cosa potrebbe sconvolgermi, ormai?»
    «Già, in effetti credo che niente potrebbe sconvolgerti davvero» affermò Ralph, con un tono vagamente ostile. «Questo, però, non ha così tanta importanza.»
    «Allora dimmi tutto.»
    Ralph parlò.
    Le spiegò cos’era accaduto.
    La distrusse, a poco a poco.
    Kelly finse di non essere turbata, mentre rispondeva: «Deve essere stato uno shock.» Le sembrò subito un’affermazione senza senso, che andava corretta. «Voglio dire, adesso come sta?»
    Mentre Ralph le rispondeva, il suo bisogno di vomitare si faceva più forte istante dopo istante.

    Fine seconda parte

     
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