Anime di metallo

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  1. GÆBRIEL
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    :woot: Lo sapevo! Michel sta indagando sulla morte della madre di Yuma... e Margot è la stessa donna che tormenta gli incubi di Ronnie, quella della stessa sera in cui Rick è morto!

    Ora sono curiosa di sapere cosa si diranno Michel e quel porco pedofilo di Melvin! E quella Rachel gioca mooolto sporco... stro*za!
    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/6/2013, 19:16) 
    Mi adori per il romanzo che ho concepito? Quindi se io non sapessi scrivere non mi adoreresti? HERESY! :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P ...okay, basta con le linguacce, ne ho già messe troppe. Avrei dovuto mettere una trollface che le riassumesse tutte. U.U

    No problem, lo faccio ora. :trollface:

    *Fugge per schivare la mazza da golf che le viene scagliata sul naso.*

    Sono davvero felice che il romanzo ti stia piacendo così tanto, effettivamente è un progetto in cui ho sempre creduto molto e su cui mi sono fatta numerosi film mentali ogni sera prima di andare a dormire. U.U E parlo sul serio. ;)

    Diciamo che il tuo romanzo è un motivo in più per cui ti adoro! :P

    Ma dico io? Perchè proprio la mazza da golf? Non ne tengo a casa... semmai un mattarello! ahahhahahah

    Comunque si, questo romanzo è fantastico!

    Poi magari, un giorno, ti chiederò di farmi rilegare una copia da mettere insieme ai miei libri preferiti, sai quelli che non smetti mai di leggere! :wub:
     
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    Michel sta indagando sulla morte della madre di Yuma... e Margot è la stessa donna che tormenta gli incubi di Ronnie, quella della stessa sera in cui Rick è morto!

    Su questo ho la bocca cucita. u.u

    CITAZIONE
    Ora sono curiosa di sapere cosa si diranno Michel e quel porco pedofilo di Melvin!

    Lo scoprirai tra poco. :D

    CITAZIONE
    Rachel gioca mooolto sporco... stro*za!

    Esatto. U.U
    E ti anticipo fin da ora che ci saranno delle sorprese a proposito di Rachel...

    CITAZIONE
    Diciamo che il tuo romanzo è un motivo in più per cui ti adoro!

    Ok! :D

    CITAZIONE
    Ma dico io? Perchè proprio la mazza da golf? Non ne tengo a casa... semmai un mattarello! ahahhahahah

    Allora se non hai una mazza da golf mi sento più sicura! :P

    CITAZIONE
    Comunque si, questo romanzo è fantastico!

    Poi magari, un giorno, ti chiederò di farmi rilegare una copia da mettere insieme ai miei libri preferiti, sai quelli che non smetti mai di leggere!

    Sono felice che ti piaccia. U.U
    Comunque non appena lo finirò, te ne invierò una copia in un pdf ben impaginato (sempre in base alle mie teorie su cosa sia ben impaginato XD)...
     
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    Ecco in arrivo la prima parte del capitolo 26!



    Capitolo 26.
    «Ti sbagli» affermò Michel, senza perdere la calma. «Io e te non abbiamo niente da dirci.»
    «So che mia figlia vive qui» replicò Melvin, richiudendo la porta alle proprie spalle. «Devo vederla, e devo vederla subito.»
    «Tua figlia è grande abbastanza per decidere se vuole vederti o no... e non mi sembra che abbia intenzione di farlo.»
    «Cosa vuoi saperne tu delle intenzioni di Yuma? Sei solo un ragazzino che crede di potere avere tutto ciò che desidera... ma la realtà è diversa, Michael.»
    «Michel.»
    «Un nome vale l’altro, specie se si tratta di una nullità come te. Yuma sta solo sprecando tempo e un giorno lo capirà.»
    «Anche tu stai sprecando tempo» puntualizzò Michel. «Yuma non è in casa, in questo momento, e non sarebbe sicuramente felice di trovarti ad aspettarla.»
    Melvin gli lanciò un’occhiata di fuoco.
    «Credi che me ne importi qualcosa? La sua felicità apparente è irrilevante. Solo io so cosa serve per fare contenta mia figlia.»
    «Dal momento che non vuole più vederti, ne dubito.»
    «Un giorno sarai tu quello con cui non vorrà più avere niente a che fare. Yuma è sprecata insieme a te.»
    «Le tue teorie non m’interessano» si spazientì Michel. «Nessuno ti ha invitato, quindi fammi il piacere di andartene, sarà meglio per te.»
    «Se no cosa fai, mi denunci per violazione di domicilio? Ti ricordo che sei stato tu a farmi entrare in casa.»
    Michel evitò di precisare che non era andata proprio così.
    «Vattene e basta. Magari dirò a Yuma che sei passato.»
    «Forse allora non hai capito» insisté Melvin, avanzando verso di lui. «Io sono qui per vederla, e la vedrò. Dimmi quando torna.»
    «Non sono affari tuoi» ribadì Michel. «Yuma è grande abbastanza per decidere se vuole incontrarti o no.»
    «E di sua sorella cosa mi dici?»
    «Di... sua sorella?»
    «Yuma mi ha portato via Heaven.»
    «Questi non sono affari miei. La bambina, per quanto ne so, vive insieme a una zia materna.»
    «E la colpa è tutta di Yuma» concluse Melvin. «Da quando ha conosciuto te, quella ragazza s’è messa in testa di distruggermi, senza che io le abbia mai fatto nulla di male...»
    «Se fossi in te mi farei un esame di coscienza» gli suggerì Michel. «Non so come stiano le cose tra te e Yuma, ma se non vuole vederti...»
    «Tu non sei nessuno per giudicare» lo interruppe Melvin.
    Scattò verso di lui, lo afferrò per il collo e lo sbatté contro la parete.
    «Dov’è? Io devo vederla, devo parlarle! Io ho bisogno di lei!»
    Per un attimo Michel si chiese se quell’uomo fosse pazzo. Era forse questa la ragione per cui Yuma se n’era andata?
    «Ho già perso una volta la persona più importante della mia vita, non posso permettere che succeda di nuovo» riprese Melvin, indietreggiando. «Yuma è fondamentale per me.»
    A Michel bastò un attimo per realizzare che la sua ipotesi non poteva essere errata.
    “No, non può essere.”
    Yuma non avrebbe mai abbandonato un uomo malato, se questo sosteneva di volerle bene ed era in grado di dimostrarglielo. Se avesse avuto a che fare con un folle, probabilmente avrebbe fatto il possibile affinché venisse curato.
    Prima che Michel potesse replicare, udì il rumore di una chiave che veniva infilata nella toppa. La porta si aprì ed entrò Ronnie.
    Melvin si girò di scatto, fissandolo con fermezza.
    Ronnie lanciò a Michel un’occhiata interrogativa, come a chiedergli chi fosse lo sconosciuto che aveva davanti.
    «Lui è Melvin, il padre di Yuma» gli comunicò.
    Vide Ronnie irrigidirsi.
    «Se ne stava andando» aggiunse Michel. «Gli ho già detto che sua figlia non è qui e che, se lo vorrà, sarà lei stessa a contattarlo.»

    «Non riesco ancora a crederci» commentò Yuma, tre sere più tardi, accendendosi una sigaretta mentre erano seduti accanto al tavolino che avevano sul balcone. Era la prima volta in cui lei e Ronnie si ritrovavano da soli, dal momento che Michel era uscito per quello che il suo capo aveva definito un improrogabile appuntamento di lavoro. «Se non s’è ancora arreso, non riuscirò mai ad avere un po’ di pace. Come s’è permesso di venire a cercarmi qui?»
    Ronnie si accese una sigaretta a sua volta, tenendo lo sguardo fisso a terra.
    «Continuo a chiedermi perché tu insista a non voler raccontare a Michel come stiano veramente le cose tra di voi» le confessò. «Hai mai pensato che potrebbe aiutarti?»
    «E tu hai mai pensato che la sua reazione potrebbe essere imprevedibile?»
    Ronnie alzò gli occhi al cielo.
    «Davvero, Yuma, non so come puoi pensare che sia colpa tua...»
    «È un discorso che abbiamo già fatto e che non voglio più fare. Ti prego, dimentica tutto quello che sai.»
    «Come se fosse facile.» Ronnie aspirò una boccata di fumo. «Ritrovarmelo davanti era l’ultimo dei miei desideri. Non sai quanto avrei voluto... mhm... dirgli che cosa penso di lui.» Era chiaramente una versione molto più soft di quello che avrebbe desiderato fare a Melvin Emerson se se lo fosse ritrovato davanti. «Meno male che se n’è andato senza fare storie.»
    Yuma sospirò.
    «Non potremmo parlare d’altro?»
    «Abbiamo altro di cui parlare?»
    Ronnie si pentì subito di avere pronunciato quelle parole. Yuma avrebbe potuto pensare che non avesse alcun desiderio di fare conversazione con lei su altri argomenti.
    La ragazza, però, parve non farci caso.
    «Non so come convincere Michel a mandare a quel paese Tom Harvey» gli confidò. «Mi stavo chiedendo, non è che potresti aiutarmi?»
    «Aiutarti?»
    «Sei il suo unico amico. Se gliene parli tu, esiste qualche speranza che ti dia ascolto.»
    Ronnie ridacchiò.
    «Tu sottovaluti Michel.»
    «È lui che sottovaluta se stesso, piuttosto» obiettò Yuma. «Harvey lo tratta come uno zerbino... e poi c’è qualcosa di poco chiaro in quello che fanno.»
    «Non c’è niente di poco chiaro» la rassicurò Ronnie, anche se non ci avrebbe messo la mano sul fuoco. «Michel è una persona affidabile.»
    «Di Michel mi fido» obiettò Yuma, «Ma non di Harvey. Quale datore di lavoro serio darebbe un normale appuntamento di lavoro alle dieci e mezza del sabato sera?»
    «Un datore di lavoro serio ed eccentrico, suppongo.»
    «Se solo Michel avesse la volontà di tirarsene fuori...»
    «Non essere così pessimista» ribatté Ronnie. «A lungo andare il suo lavoro potrebbe sembrarti... mhm... originale. Al mondo non ci sono soltanto noiosi contabili come me, e tutto sommato è un bene.»
    Yuma sorrise.
    «A volte mi chiedo se non sarebbe meglio avere un ragazzo come te.»
    “Magari.”
    Ronnie si pentì immediatamente di quel pensiero che non era riuscito a controllare. Doveva togliersi dalla testa Yuma, proprio come in passato avrebbe dovuto togliersi dalla testa Kelly.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.
    Kelly.

    Bastava una semplice allusione, un riflesso mentale involontario, per piombare di nuovo nell’incubo che non poteva dimenticare. Si ritrovò immancabilmente a domandarsi dove fosse Kelly in quel momento, che cosa stesse facendo e se le capitasse mai di pensare a lui – sperava di no, ma non ne era così convinto.
     
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  4. GÆBRIEL
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    Ronnie ma la vuoi smettere di pensare a Kelly? Hai due scelte plausibili o me o Yuma! Quindi deciditi ti prego!

    Bando alle ciance, Melvin se me lo ritrovassi davanti lo ucciderei sul serio, brutto stronzo pedofilo con refurtivo abusivo!

    E questo Harvey non me la conta giusta, comunque! -.-"
     
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    I tuoi commenti sono sempre spassosissimi! *-* Per questo ti è stato accreditato un ulteriore punto reputazione. U.U
    Credo comunque che, in base a quello che hai scritto, questo finale di capitolo possa piacerti. :P
    Per quanto riguarda Melvin, in ogni caso, ricomparirà altre volte e chissà, magari farà davvero una brutta fine. u.u Ma non aggiungo altro. :D




    «Finiscila di lamentarti!» sbottò Natascha. «Aveva ragione Aaron: non avrei dovuto portarti qui.»
    Kelly la fulminò con lo sguardo.
    «Ah, hai parlato con Aaron della possibilità di invitarmi? Buono a sapersi. È sempre bello scoprire che qualcuno ti ritiene talmente tanto importante da dover fare congetture con tutti sulle possibili conseguenze di invitarti a una festa! Perché non suggerisci ad Aaron di andare a farselo mettere in culo?»
    «Vedo che sei sempre molto raffinata, Kelly» osservò qualcuno alle sue spalle.
    Kelly si girò all’istante.
    Davanti ai suoi occhi comparve Ralph Craven, che teneva in mano un bicchiere pieno di qualche liquido dal colore indefinito.
    «Cosa ci fai qui?»
    «Cosa ci fai tu, piuttosto?» replicò Ralph. «La tua presenza non è gradita.» Si rivolse a Natascha: «Non l’hai ancora capito che con certa gente è meglio non avere a che fare?»
    «Chi frequento non sono affari tuoi» obiettò la ragazza, prima di allontanarsi, con aria palesemente infastidita.
    «Ecco, hai visto? Hai fatto scappare Natascha» ribatté Kelly. «Devi esserti impegnato parecchio per esserci riuscito. Di solito più cazzate dici e più è soddisfatta.»
    «Questo spiega perché stia sempre al tuo seguito: tu sei la reginetta delle stronzate. Ci scommetto che a lei hai anche raccontato quello che hai provato quando hai ucciso mio fratello!»
    Kelly valutò l’eventualità di prenderlo a schiaffi. No, era una pessima idea: avrebbe interpretato la parte della ragazza isterica e psichicamente instabile, proprio l’impressione che Ralph avrebbe voluto che finisse per dare.
    «Io non ho ucciso nessuno» precisò invece. «Non ero in macchina con lui e con Ronnie, non è a me che devi chiedere cosa successe davvero.»
    Ralph le sembrò incuriosito.
    «Mi stai dicendo che dovrei fare la stessa domanda a Ronnie?»
    Kelly si ritrovò ad annuire.
    «Sì, è chiaro. Sa molto di più di quanto non voglia far credere.»
    Si chiese se quelle parole avrebbero fatto incrementare il suo già enorme senso di colpa. Scaricare tutte le responsabilità su Ronnie, per quanto avesse preso a detestare quello che c’era stato tra di loro prima della morte di Rick, non era sicuramente molto etico.
    Si ritrovò ad essere guardata da Ralph con occhi diversi.
    «Tu lo amavi, non è vero?»
    «Chi, Ronnie?»
    Ralph le parve colpito.
    «Tu amavi Ronnie?»
    Se solo le avesse posto quella domanda cinque minuti prima, Kelly sarebbe probabilmente inorridita. Adesso vedeva la situazione sotto una luce molto diversa: aveva tra le mani una possibile soluzione per non dover più affrontare le continue insinuazioni di Ralph.
    «Sì, lo amavo. Non mi vanto di avere tradito Rick, ma mi sono ritrovata in una situazione che non avevo previsto.» Era davvero così brava a mentire? Non l’avrebbe mai sospettato. «Mi sono accorta che quella tra me e Rick non era stata altro che una storiella tra adolescenti e che la soluzione migliore era chiudere.»
    «Tu volevi lasciarlo, quindi? E volevi farlo per uno come Ronnie
    Ralph era sorpreso, ma non sembrava condannarla.
    «Credevo che ne valesse la pena, allora» mentì. «Stavo cercando di trovare un modo indolore per dire a Rick che non ne volevo più sapere. Me ne sono andata dal locale molto prima di lui. Ho trascorso la notte a maledire me stessa per essermi innamorata del fratello del mio ragazzo. Non avrei mai potuto immaginare che Rick fosse morto quella notte stessa. È stato terribile, per me, scoprirlo.»
    «Anche se non lo amavi più?»
    «Non era l’uomo della mia vita, ma gli volevo bene. Se non gli ho detto come stavano le cose è stato solo perché volevo trovare un modo per non ferirlo.»
    Ralph abbassò lo sguardo.
    «L’unico modo per non ferirlo era stare il più lontana possibile da Ronnie.»
    «Già. Peccato che all’epoca non me ne rendessi conto. Ora che è lontano chilometri e chilometri da qui, mi sento finalmente libera.»
    Quest’ultima, almeno, non era una menzogna spudorata: seppure non fosse esattamente così, era quello che avrebbe voluto, anche se dentro di sé sapeva che non avrebbe mai potuto scordarsi di quello che lei e Ronnie avevano fatto.
    “Chissà dov’è ora; chissà cosa sta facendo...”

    «Ehi, Ronnie, è da almeno venti minuti che ti limiti a guardare giù senza dire una parola» osservò Yuma. «Devo iniziare a sospettare di avere qualcosa che non va?»
    Gli occhi del ragazzo si spostarono su di lei.
    «Tu?»
    «Io.»
    Ronnie scosse la testa.
    «Perché dovresti?»
    «Pensavo di essere io a farti questo effetto» ammise Yuma. «Mi è venuto il dubbio di metterti a disagio.»
    Si sentì rasserenata nel momento in cui Ronnie sorrise.
    «Mettermi a disagio? Tu? Figurati.»
    «Sei uno dei pochi a cui non succede, allora» ipotizzò Yuma, posando lo sguardo sul tavolino accanto al quale era seduta. «Di solito tutti scappano, quando mi avvicino.»
    «La maggior parte delle persone non sono poi così tanto intelligenti.»
    A Yuma sfuggì una risata.
    «Mi stai suggerendo che tu, invece, lo sei?»
    «Non spetta a me giudicarlo» ribatté Ronnie, «Anche se considerando tutte le cazzate che ho fatto finora qualche sospetto di appartenere alla maggioranza ce l’ho.»
    «Cosa dovrei dire io, allora?» replicò Yuma. «È dal giorno in cui mia madre è stata sepolta nel cimitero di Starlit Spring che non faccio niente di sensato.»
    «Portare via tua sorella lo è stato» la smentì lui, «Così come lo è stato trasferirsi qui.»
    «Forse.»
    «Se stai insinuando che non lo sia stato, non te lo permetto. Tua sorella non merita di crescere accanto a un maniaco!»
    «Non lo metto in dubbio.»
    «E allora qual è il problema? Arrivata a questo punto non dovresti più avere dubbi.»
    Yuma sospirò.
    «Non è su Heaven che ho dei dubbi.»
    «Su chi allora? Su te stessa? Vorresti davvero essere ancora a casa con quel bastardo?»
    Yuma scosse la testa.
    «No, ma non è così semplice. Vedi, credevo che tra me e Michel...» Si alzò in piedi. «Credevo che la situazione sarebbe stata diversa. Lui pende dalle labbra del suo capo, non mi mette al corrente di ciò di cui si occupa e...» S’interruppe, prima di rientrare nell’appartamento, con la speranza che Ronnie restasse fuori. «Lascia perdere, non vale la pena di parlarne.»
    Non appena udì il rumore la sedia che strisciava a terra Yuma si rese conto che Ronnie l’avrebbe seguita. Per lei il discorso era chiuso, ma a quanto pareva lui non era d’accordo.
    «Sì, invece, dovresti parlarne» puntualizzò Ronnie, infatti.
    Yuma si girò a guardarlo.
    «Dovresti parlarne» ribadì Ronnie, «Ma non con me. È tra te e Michel che ci sono dei problemi, questo discorso dovresti farlo a lui.»
    «Lo so» ammise Yuma, «Ma... vedi, in realtà non ci sono dei veri e propri problemi.» Le sembrava, all’improvviso, di avere presentato a Ronnie una situazione peggiore di quanto non fosse in realtà. «Vedi, io sto benissimo con lui, solo che a volte mi faccio delle paranoie inutili.»
    Le venne istintivo abbassare lo sguardo.
    Ronnie si avvicinò.
    «Le tue presunte paranoie non sono mai inutili.»
    «Sì, invece. Sono sicuro che se tu avessi una ragazza come me non riusciresti nemmeno a sopportarla.»
    «Se avessi una ragazza come te, non me ne andrei in giro a qualunque ora del giorno e della notte per lavoro; o almeno, se non potessi evitarlo, le spiegherei meglio di che cosa mi sto occupando, in modo che non mi scambi per uno che ha qualcosa da nascondere.»
    «Ma tu non avresti questo problema» gli ricordò Yuma, facendo un passo in avanti e sentendosi pericolosamente vicina a lui. «I contabili noiosi e prevedibili non hanno scheletri nell’armadio e non hanno datori di lavoro quantomeno ambigui.»
    «Ne sei proprio sicura?» ribatté Ronnie. «Magari potrei avere falsificato qualche bilancio. Non ti spaventerebbe come prospettiva?»
    «Ci sono cose che mi spaventerebbero molto di più» sussurrò Yuma. «Una di queste sarebbe la prospettiva di non averti mai conosciuto.»
    «Non ho fatto poi così tanto per te, non...»
    Yuma non gli permise di finire la frase. La sua bocca sfiorò quella di Ronnie e finalmente sentì, dentro di sé, di avere fatto la cosa giusta. La lingua di Ronnie s’infilò tra le sue labbra e Yuma sperò che quell’istante durasse per sempre.
    In realtà finì tutto molto in fretta. Ronnie si ritrasse all’improvviso.
    «Scusami.»
    Yuma lo guardò senza capire.
    «Perché dovresti chiedermi scusa?»
    Era stata lei a prendere l’iniziativa, non aveva alcun senso.
    «Perché è stato un errore che non avrei dovuto commettere.»
    «Nella vita si fanno tanti errori, uno in più cosa cambia?»
    «Cambia che non dovevo fare questo errore. Non accadrà più.»
    Yuma annuì.
    «Certo, non accadrà più, ma a una condizione.»
    «Quale?»
    «Quello che è successo non deve cambiare il rapporto che è venuto a crearsi tra noi.»
    «Non succederà» la rassicurò Ronnie. «Io e te saremo amici per tutta la vita, di questo ne sono totalmente sicuro.»
    «Anch’io sono sicura che sarà così» convenne Yuma. «Non ho mai avuto alcun dubbio in proposito.»
    Si sorprese quando lo vide sorridere.
    «Beh, allora dovresti esserne felice: c’è qualcosa su cui di dubbi non ne hai.»
     
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  6. GÆBRIEL
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    @Ronnie: capisco che tu non vuoi ripetere gli errori del passato e bla bla bla, ma dico: sei deficiente o cosa? Cioè era tua, la stavi baciando! Mah io non capisco! *scuote la testa disperata.*

    Però che bello, almeno si sono baciati... :wub:
    Ora Ronnie torturerà i suoi pensieri... *muahahahah*
     
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    Sono felice che tu abbia apprezzato questo finale di capitolo! :D

    Cercherò di aggiornare a breve! :wub:
     
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  8. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 25/6/2013, 12:30) 
    Sono felice che tu abbia apprezzato questo finale di capitolo! :D

    Cercherò di aggiornare a breve! :wub:

    Beh il bacio non me lo aspettavo... è stato fantastico! :lol:

    Si ti prego... aggiorna... :clap:
     
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    Va bene, aggiorno. :D
    Purtroppo in questo capitolo non ci saranno altri baci. u.u
    In ogni caso ecco la prima parte del 27!



    Capitolo 27.
    Erano già arrivati alla macchina quando Rick osservò: «Avremmo davvero dovuto tornare indietro.»
    Ronnie non si preoccupò del suggerimento del fratello.
    Ripensò alla donna che avevano incrociato uscendo dal locale. Tre uomini in lontananza, fino a quel momento impegnati a ridere tra di loro, avevano urlato qualcosa di incomprensibile.
    La donna si era girata per un istante, Ronnie ricordava che l’aveva fissato. Si era girato verso Rick, infastidito dal fatto che si fosse fermato a guardare cosa succedeva.
    «E che diamine, sbrigati!»
    Rick aveva annuito e aveva fatto per raggiungerlo, per poi arrestarsi di scatto: la donna gli stava andando incontro.
    Anche Ronnie l’aveva fissata: doveva essere vicina ai quaranta, se non li aveva già superati, e aveva capelli neri. Seppure non giovanissima, considerò, il suo aspetto non era male e l’abito a fiori che portava sembrava fatto su misura per lei.
    «Devi aiutarmi» aveva sibilato, rivolgendosi a Rick. «Ti prego.»
    Rick non aveva potuto fare a meno di sorridere.
    «Aiutarti? Non vedo cosa potrei fare.»
    Ronnie gli si era avvicinato di scatto.
    «Allora? Ti dai una mossa?» aveva sbottato, afferrandolo per un braccio. «Sono le due passate, te ne sei dimenticato?»
    Rick aveva lanciato un’ultima occhiata alla donna e finalmente gli aveva dato ascolto.
    «Ti prego» aveva invocato lei. «Vi prego...»
    Ronnie si era girato di scatto.
    «Non abbiamo tempo da perdere, tornatene dai tuoi amici.» Aveva indicato gli uomini che schiamazzavano ancora in fondo alla via. «È la soluzione migliore.»
    «Vi prego» aveva ripetuto la donna, per poi abbassare lo sguardo. «Solo voi potete aiutarmi.»
    Ronnie aveva fatto qualche passo verso di lei.
    «Hai qualche problema?» le aveva chiesto, con palese freddezza.
    Lei aveva replicato, sprezzante: «Non credo che ti interessi davvero.»
    «Certo che no.» Ronnie aveva riso. «Sarai soltanto una sfigata che ha bevuto troppo e non sa come
    fare per non farsi vedere dai suoi familiari, una volta che rientrerà a casa.»
    La donna aveva obiettato: «Forse non sono io quella che ha bevuto troppo.»
    «Sì, su questo hai ragione» aveva ammesso Ronnie, «Ma si vive una volta sola e non ho intenzione di sprecare del tempo a casa a dormire, come fa tutta la gente che, come te, non ha uno scopo nella vita.»
    Davvero aveva pronunciato quelle parole? Non riusciva a capacitarsene.
    «Andiamo, Ron?» gli chiese Rick. «Sei stato tu a dire che era tardi.»
    Ronnie annuì.
    «Hai ragione, è meglio andare.»
    Aprì la portiera e si sedette al posto di guida.

    Per un attimo Ronnie ebbe serie difficoltà a rendersi conto di che giorno fosse. Era nuovamente tornato indietro di tre anni e mezzo, dopo qualche notte priva di sogni.
    Rick.
    La donna col vestito a fiori.
    Rick.
    La donna col vestito a fiori.
    Rick.
    La donna col vestito a fiori.

    L’immagine di uno si sovrapponeva a quella dell’altro, come in un interminabile incubo che l’avrebbe accompagnato ancora per molto tempo – per tutta la vita, non si faceva illusioni, e anche dopo qualora avesse trovato qualcosa ad attenderlo dopo la morte.
    Gli servirono un paio di minuti, più tempo del necessario, per rendersi conto di essere a Starlit Spring, nell’appartamento che condivideva con Michel e Yuma, e che era meglio sorvolare su quello che era successo pochi giorni prima tra lui e quest’ultima.
    “È la notte tra lunedì e martedì” realizzò.
    Guardò la sveglia che teneva sul comodino e si rese conto di avere ancora a disposizione un paio di ore di sonno.
    Sperò di essere in grado di riaddormentarsi e, nell’improbabile caso in cui ci fosse riuscito, di non sognare ancora una volta la notte dell’incidente in cui Rick aveva perso la vita.
    Trascorrere le due ore successive a rigirarsi nel letto non gli parve, a posteriori, tanto fastidioso quanto sarebbe stato un nuovo incubo.

    Fin dalle prime ore del mattino Patricia si sforzò di cogliere più dettagli che poteva a proposito di Ronnie, che più che mai stava diventando l’oggetto dei suoi desideri. Attese con ansia che arrivasse il momento di poterlo raggiungere e le sembrò che il tempo non passasse mai.
    Finalmente, a pomeriggio inoltrato, poté dirigersi verso il suo ufficio. Si sforzò di avere un passo felpato: per quanto avesse sempre ritenuto offensivi coloro che paragonavano la sua camminata a quella di un rinoceronte, aveva iniziato a porsi delle domande e aveva realizzato che, se il mondo non si era coalizzato contro di lei allo scopo per denigrarla, probabilmente avevano ragione.
    Quando aprì la porta Ronnie alzò lo sguardo.
    «Non ti avevo sentita arrivare.»
    Patricia sorrise, compiaciuta.
    «Meglio così.»
    Lui le lanciò una strana occhiata.
    «In che senso?»
    Patricia ridacchiò.
    «Lascia stare.»
    Metterlo al corrente dei suoi tentativi di sembrare più interessante ai suoi occhi non era certo un’ottima idea.
    Si avvicinò a lui e, come al solito, andò a sedersi sul bordo della sua scrivania.
    «Sono nata il 10 aprile» lo informò.
    «E io il 19 settembre» ribatté Ronnie. «Ma cosa c’entra?»
    Patricia s’irrigidì.
    «Niente, appunto.»
    Ronnie impiegò qualche istante per comprendere il suo messaggio.
    «Auguri. Oggi compi quarant’anni, no?»
    Quarant’anni.
    Detto in maniera così esplicita l’effetto non era certo dei migliori. Forse, realizzò, sarebbe stato meglio non dire a Ronnie che era il suo compleanno.
    Il peggio, comunque, doveva ancora venire.
    «Complimenti, te li porti benissimo. Puoi tranquillamente dimostrarne dieci anni di meno.»
    Patricia strinse i denti per non mettersi a urlare.
    “Certo, posso dimostrarne dieci di meno, e questo significa che forse troverò un uomo disposto a venire a letto con me, prima o poi” valutò. “Peccato che sia troppo tardi per trovare qualcuno che voglia anche costruire qualcosa insieme a me! E peccato soprattutto che il ragazzo che ho davanti non ne voglia sapere di me.”
    Si impose di sorridere, mentre mormorava: «Grazie.»
    Ronnie non aggiunse altro e, ovviamente, non si rese conto di averla infastidita. Era normale, d’altronde, che non se ne accorgesse: che cosa poteva saperne lui di come si sentiva una donna di quarant’anni che non aveva un marito e non aveva figli, che desiderava entrambi e che molto probabilmente non li avrebbe avuti mai?
    Se gliene avesse parlato, le avrebbe risposto, probabilmente, che poteva pensarci prima.
    “Proprio come fa sempre mia madre.”
    Era vero, realizzò Patricia mentre scendeva dalla scrivania, per l’ennesima volta, avrebbe dovuto pensarci prima. Quando aveva conosciuto Ronnie non era ancora troppo tardi, ma poi si era lasciata prendere dall’ossessione che aveva maturato nei suoi confronti.
    «Senti, Ronnie» tentò di cambiare discorso, «Oggi ti vedo un po’ strano. Per caso è successo qualcosa?»
    Lui parve incuriosito.
    “Bene. Se non altro quando si parla di lui esiste la possibilità di non scambiare le sue parole per un insulto.”
    «Oggi mi vedi strano?»
    «Più del solito, in realtà» ammise Patricia, «Perché anche ieri mi sembravi un po’ pensieroso.» Sorrise. «In realtà sei sempre abbastanza pensieroso, ma ieri mi hai dato questa impressione molto più del solito.»
    Ronnie annuì.
    «Forse sì, in effetti qualcosa è capitato.»
    Patricia cercò di non parlare con un tono invadente nel domandargli: «Qualcosa di bello o qualcosa di brutto?»
    «Dipende da come la vedi» rispose Ronnie, quasi distrattamente. «Sabato ho baciato Yuma... o meglio, è stata lei a baciare me.»
    Patricia si sentì come se mille lame l’avessero trafitta tutte in una volta.
    «Ha-hai b-baciato Yuma?»
    Ronnie confermò: «È andata proprio così.»
    «E ne sei soddisfatto?»
    «Dovrei?»
    «Non spetta a me dirlo.»
    «Penso di sì.»
    Patricia gli lanciò un’occhiata penetrante.
    «Anche se quello che è successo non dovesse avere seguito?»
    «Quello che è successo non avrà seguito» puntualizzò Ronnie. «È stato solo un momento di debolezza.»
    «Tuo o suo?»
    «Mhm... direi di entrambi.»
    «Sapevo che mi avresti dato una risposta del genere» concluse Patricia, acida. «In realtà tu non aspettavi altro!»
    «Non sai quello che dici» obiettò Ronnie. «Io non...»
    «Vuoi forse negare che Yuma ti è piaciuta fin da subito? Tu hai approfittato di un suo momento di debolezza per fare ciò che tu desideravi.»
    «Veramente...»
    Patricia preferì non ascoltare quello che Ronnie aveva da dire e si avviò verso la porta.
    «Hai ragione, non sono affari miei» affermò prima di uscire.
     
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    @Ronnie: capisco che tu non vuoi ripetere gli errori del passato e bla bla bla, ma dico: sei deficiente o cosa? Cioè era tua, la stavi baciando!

    daccordissima :D! poteva chiudere un occhio per due secondi, e godersi l'attimo perfetto -_-...

    seguitooo...seeeguitoooo...seguitooo...seguuuitooo....

    okey posso sembrare uno zombie XD
     
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  11. GÆBRIEL
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    Oh ma questa Patricia è una panterona.... ammazza che caratterino!

    @Ronnie: cambialo lo spacciatore! Ti fai troppi giri di mente! u.u
     
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    Ragazze, i vostri commenti sono talmente spassosi che oltre spingermi a farvi incrementare i punti reputazione mi portano anche a regalarvi la seconda parte del capitolo 27. U.U
    Aggiungo che dopo questo capitolo ce ne saranno altri cinque(?) appartenenti alla seconda parte, per poi passare alla terza parte. Ma a questo ci arriveremo in seguito. ;)

    Qualche comunicazione di servizio:
    @Pavone: non ho mai visto nessuno zombie che mi invoca con tono da cheer-leader di postare il seguito, quindi non noto questa somiglianza, almeno per il momento. :D Comunque sì, Ronnie avrebbe potuto comportarsi diversamente... u.u
    @Gabriel: eh sì, Patricia è un personaggio che va assolutamente tenuto d'occhio, e dovrebbe farlo anche Ronnie perché - piccola anticipazione - raccontare i fatti suoi a Patricia potrebbe non essere la soluzione migliore. ^^ In ogni caso Patricia comparirà ancora per un bel po' e la sua importanza sarà sicuramente molto maggiore rispetto a quella che avevo pensato di darle inizialmente.
    Ora la smetto, però, con le comunicazioni di servizio, perché posso immaginare che ciò che desiderate non sia sentirmi parlare e basta, ma anche leggere la parte conclusiva del capitolo 27. BUONA LETTURA!




    «Oggi mi sembri strano.»
    Ronnie spalancò gli occhi. Le parole di Yuma, seduta di fronte al televisore, avevano avuto il potere di folgorarlo.
    «Anche a te?»
    Yuma lo fissò senza capire.
    «Anche a me?»
    «Oggi pomeriggio una mia collega mi ha fatto notare la stessa cosa» fu costretto ad ammettere Ronnie, per quanto volesse dimenticare quello che era successo.
    Patricia si era comportata in modo molto insolito dopo che le aveva raccontato del bacio che lui e Yuma si erano scambiati.
    “Forse è invidia” dedusse, dal momento Patricia non avrebbe avuto altre ragioni per una simile reazione. “Le piaceva pensare di non essere l’unica senza speranze di essere corrisposta.”
    Si sentì raggelare non appena si accorse di quanto si fosse spinto troppo oltre: non solo non era nella posizione migliore per sentirsi autorizzato a provare certi sentimenti nei confronti di Yuma, ma addirittura insinuare che lei potesse contraccambiare era assurdo.
    Fortunatamente fu proprio Yuma a mettere fine ai suoi deliri mentali.
    «La tua collega è molto perspicace.»
    Ronnie si ritrovò ad annuire.
    «Forse lo è.»
    Yuma sorrise.
    «È un’ammissione?»
    «Un’ammissione su cosa?»
    «Sul fatto che tu sia un po’ strano.»
    Ronnie non rispose, non sapeva cosa dire.
    «Perché non vieni a sederti qui?» lo invitò Yuma. «Potremmo parlarne, se ti va.»
    Se gli andava?
    Si affrettò ad accomodarsi accanto a lei: questo gli andava eccome! Per quanto riguardava il raccontarle del sogno, invece, non era convinto che fosse un’idea geniale. Decise comunque di metterla al corrente di parte di ciò che ignorava.
    «Ti ho mai parlato di una certa Kelly James?»
    «Mi sembra che tu abbia accennato a una certa Kelly» ammise Yuma. «Era la tua ragazza a Starlit Spring o sbaglio?»
    «Sbagli. Anzi, no.»
    «Cosa vuoi dire? Era la tua ragazza o no?»
    «Era la ragazza di mio fratello» rispose Ronnie, «Ma ho comunque avuto una storia con lei.»
    «Stava con Ralph, quindi?»
    «No.»
    Yuma gli sembrò imbarazzata, mentre gli domandava: «Con Rick, allora?»
    Ronnie sospirò.
    «Sì, si erano messi insieme quando frequentavano le superiori. Si erano conosciuti a scuola e inizialmente, quando la portava a casa, la presentava come un’amica.»
    «Sono stati insieme molto a lungo?»
    «Due o tre anni, fino a quando Rick è...»
    Yuma lo interruppe: «Capisco. Ma tra voi cos’è successo?»
    «Qualcosa che non doveva succedere, suppongo. Mi sembrava che fosse meno coinvolta da Rick e, dato che ero attratto da lei, ho avuto la pessima idea di mettermi in mezzo. Kelly non si è tirata indietro e ci siamo ritrovati a letto insieme... non solo una volta. È successo qualche settimana prima che Rick morisse.»
    «Vi frequentavate ancora?»
    «No. Kelly si era stancata di Rick al punto tale da accettare le mie avance, ma non abbastanza da lasciarlo.»
    «Rick sapeva quello che c’era stato tra voi?»
    «Assolutamente no, e né io né Kelly volevamo che lo sapesse.»
    «Quindi avete finto che non fosse successo niente?»
    «Proprio così.»
    «E l’incidente?» gli chiese Yuma, a quel punto.
    «Una sera io e Rick siamo andati in un locale insieme a degli amici e abbiamo bevuto più del dovuto. Ti dicono sempre che non devi metterti al volante quando hai esagerato con l’alcool, ma di solito ti convinci che non ti accadrà niente, se lo fai una volta sola.» Ronnie abbassò lo sguardo. «In certi casi, però, non è il tuo giorno fortunato, o in quel caso la tua notte fortunata. A me è andata bene, ne sono uscito solo con qualche livido; a Rick purtroppo è andata molto peggio. Io sono sceso dalla macchina con le mie gambe, prima che prendesse fuoco. Lui è rimasto lì, al posto di guida, con le fiamme che lo divoravano. Per fortuna non ha sofferto: quando l’incendio è divampato, lui era già morto.»
    Yuma lo guardò, commossa.
    «Mi dispiace.»
    Ronnie abbassò lo sguardo.
    “Anche a me. Anche a me dispiace non avere il coraggio di dirti cos’è successo davvero quella notte!”
    Desiderava farlo, ma non poteva: aveva il sospetto che, se l’avesse fatto, Yuma avrebbe cercato di allontanarsi da lui il più possibile, e lui non avrebbe certo potuto biasimarla per questo.
    «È dopo l’incidente che è successo qualcosa di spiacevole con la tua famiglia?» gli chiese Yuma, allontanandolo da quelle cupe riflessioni.
    «Più o meno. Ralph e Rick erano gemelli ed erano sempre stati legatissimi. Ralph, in particolare, mi è sempre sembrato molto dipendente da Rick. Lo seguiva ovunque. Fortunatamente è anche uno studente modello, quindi quella sera decise di rimanere a casa a studiare, invece di uscire insieme a noi. Non mi ha mai perdonato di essere uscito vivo dall’auto dentro la quale Rick è morto.»
    «Ma è assurdo.»
    «Non troppo assurdo, per la sua mentalità. Ralph mi ha sempre visto come colpevole, al punto tale da convincersi che io sia in qualche modo riuscito a uccidere Rick. Quando ha scoperto che ero stato insieme a Kelly, ha iniziato a insinuare che lei fosse stata mia complice.»
    «E i tuoi genitori?»
    «Diciamo che mio padre sospetta che la colpa dell’incidente non sia tutta di Rick. Lui pensa che... che avrei dovuto impedirgli mettersi al volante in quelle condizioni...» Ronnie abbassò lo sguardo, domandandosi come potesse mentire così spudoratamente a Yuma. Ciò nonostante non si fermò. «Pensa che avrei dovuto guidare io, se mi sentivo più lucido.»
    «Quindi te ne sei andato per dimenticare» concluse Yuma, «Ma ti sei accorto che è più difficile di quanto potessi pensare.»
    «Sì.»
    Ronnie si sentì sollevato: quel monosillabo, almeno, era pieno di verità.
     
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    Prima parte del capitolo 28.




    Capitolo 28.
    Michel si avviò verso la porta.
    «Harvey mi ha telefonato prima, ci sono novità importanti.»
    Ronnie si chiese per quanto tempo ancora avrebbe continuato a dare importanza alle chiamate di quel tale.
    «A che ora torni?»
    «Non lo so.»
    «Ricordati cos’hai promesso a Yuma» gli ricordò Ronnie, mentre Michel apriva la porta. «Potrebbe restarci molto male se te ne dimenticassi.»
    «Non me ne dimenticherò» gli assicurò Michel. «Salutala da parte mia, quando tornerà a casa.»
    «Quindi ne avrai per molto.»
    «È probabile.»
    «Le avevi detto che, entro la fine di aprile, questa storia sarebbe finita» puntualizzò Ronnie. «Perché non suggerisci a Harvey di sbrigarsela da solo?»
    Michel sorrise, sfuggente, mentre apriva la porta.
    «Aprile non è ancora finito.»
    «Non ancora, ma manca soltanto un’ora.»
    Michel alzò gli occhi al cielo.
    «Se Yuma non si lamenta, perché dovresti lamentarti tu?»
    «Yuma non si lamenta perché non ti vede mai, ma non credere che le faccia piacere non sapere nemmeno di cosa ti occupi.»
    «Invece ci vediamo eccome» ribatté Michel. «E poi lo sai come sono le donne: preferiscono non doversi immischiare in affari che non le riguardano.»
    «Dai troppe cose per scontate.»
    «Forse... ma un giorno Yuma capirà. Quello che faccio, lo faccio anche per lei.»
    «Un giorno si stancherà» insisté Ronnie. «Hai mai pensato che potrebbe lasciarti e andarsene?»
    «Non credo che lo farà» rispose Michel, sicuro di sé. «Rimanere qui è l’alternativa migliore che ha.»
    Oltrepassò la porta senza aggiungere altro e se la richiuse alle spalle, mentre Ronnie si chiedeva quali parole avrebbe utilizzato per informare Yuma che Michel era uscito ancora una volta per questioni di lavoro, in merito alle quali non aveva fornito alcuna spiegazione, e che sarebbe probabilmente rincasato a notte inoltrata.

    Michel guardò a lungo la donna seduta in disparte. Aveva lunghi capelli corvini e il suo corpo era fasciato da un abito nero.
    «Patricia Spencer?» le domandò, dopo essersi avvicinato.
    La donna annuì.
    «Così pare.»
    Si sedette di fronte a lei e le sorrise.
    «Io sono Michel, piacere di conoscerti.»
    «Non sono qui per fare conversazione» replicò Patricia, torva. «Per quanto mi riguarda sarei molto felice di essere altrove.»
    Michel annuì.
    «Certo, hai ragione. Mi chiami per invitarmi nel locale più malfamato di tutta la città, mi costringi a inventarmi un impegno di lavoro... È chiaro che deve esserci qualcosa sotto. A proposito, Ronnie non mi ha mai detto che frequenti certi posti.»
    «Ti ho detto che non sono qui per fare conversazione» ribadì Patricia. «E poi non ho l’abitudine di parlare con Ronnie dei locali che frequento.»
    «Hai ragione, non siamo qui per parlare del più e del meno... ma allora perché siamo qui? Credo di meritarmi una spiegazione.»
    «Suppongo di sì» convenne Patricia. «Mi è giunta voce che tu stia indagando sull’omicidio di Margot Emerson.»
    «Ronnie ti ha detto questo?»
    Michel non ebbe bisogno di attendere la risposta della donna che aveva di fronte per capire che non poteva essere così: nemmeno a Ronnie aveva spiegato che cosa lo tenesse così impegnato in quel periodo.
    «Ronnie non ha l’abitudine di raccontarmi gli affari tuoi, se è questo che ti spaventa.»
    «No, non mi spaventa.»
    «In verità mi racconta ben poco...»
    «Questo non m’interessa» precisò Michel. «So soltanto che lavorate insieme e che lui non deve sapere che ci siamo incontrati stasera.»
    «È già un buon punto di partenza.»
    «Può darsi.»
    Patricia sorrise.
    «Chissà, magari potrebbe essere un buon punto d’arrivo...»
    «Non capisco che cosa intendi.»
    «È impossibile che tu capisca così, senza che te lo spieghi.»
    «Allora cosa ne diresti di darmi qualche spiegazione?» le propose Michel. «Sto sprecando il mio tempo per te...»
    Patricia lo interruppe: «No, non stai sprecando il tuo tempo. Ti ho chiamato qui per aprirti gli occhi a proposito di Tom Harvey.»
    Michel spalancò gli occhi.
    «Anche tu?! Guarda, mi bastano i commenti della mia ragazza...»
    «La tua ragazza, quindi, pensa che ci sia qualcosa di poco chiaro nell’incarico che ti ha assegnato quell’uomo?»
    «La mia ragazza non sa niente del mio incarico» puntualizzò Michel. «Non voglio illuderla: soltanto se dovessi venire a scoprire qualcosa d’importante la metterei al corrente.»
    «Fammi indovinare» ribatté Patricia. «È stata una condizione che Harvey ti ha imposto?»
    «No.»
    «Mi è molto difficile crederlo.»
    «Non m’interessa che tu mi creda.»
    «Va bene, qualunque sia la ragione per cui la tua ragazza non sa niente, non mi riguarda» riprese Patricia. «Vorrei soltanto chiederti se per caso sai chi abbia commissionato l’indagine che Harvey ti ha affidato.»
    Michel la guardò negli occhi.
    «Se ti dicessi che non ne ho idea cosa faresti?»
    «Scoppierei a ridere e ti pregherei di non mentire.»
    «E se fosse la verità?»
    «Ti direi che sei il peggiore dei coglioni: ti fanno fare ricerche a proposito di una persona che è stata assassinata, ricerche che potrebbero metterti in pericolo... e tu non ti degni nemmeno di informarti su chi stia pagando affinché tu lo faccia!»
    «Harvey è il mio datore di lavoro, spetta a lui decidere che cosa devo e che cosa non devo sapere» le spiegò Michel. «È sempre stato così.»
    «Le altre volte, però, non ti aveva chiesto di scoprire chi avesse ucciso la madre della tua ragazza.»
    «No.»
    «Eppure tu hai ritenuto che non ci fosse niente che non quadrava.»
    «Di cose che non quadrano ce ne sono sempre» replicò Michel. «Sarebbe piuttosto un’eccezione se tutti i conti tornassero al primo tentativo.»
    Patricia annuì.
    «Certo, è la cosa migliore da credere.»
    «Non capisco dove tu voglia arrivare.»
    «Non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere, dopotutto...»
    «E non c’è tempo più sprecato di quello trascorso ad ascoltarti, a quanto pare.» Michel soffocò una risata. «Ti dispiacerebbe tanto se adesso me ne andassi?»
    «Come ti pare» concesse Patricia. «Vorrà dire che non ti racconterò la parte più interessante della storia.»
    «Non sapevo che ci fosse anche una parte più interessante» ribatté Michel, «Ma soprattutto non mi ero accorto che tu mi stessi raccontando qualcosa.»
    «Te l’ho detto, appunto, non c’è peggior cieco di chi non vuole vedere» ribadì Patricia. «Che cosa faresti se ti dicessi che so chi ha ucciso Margaret Emerson?»
    «Ti direi che si chiamava Margot.»
    «Giusto, Margot Emerson.»
    «E non ti crederei.»
    «Mi aspettavo una simile risposta» ammise Patricia. «Nessuno vuole mai credere a niente, è la regola da seguire specie quando è meglio chiudere gli occhi e fingere di non sapere.»
    «Ti assicuro che non ho nessuna intenzione di proteggere nessuno» replicò Michel. «Il punto è che non ho la più pallida idea di chi abbia assassinato Margot Emerson.»
    «Appunto per questo ti ho chiamato.»
     
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    «Mi stai dicendo che tu... lo sai?»
    Patricia sospirò.
    «Perché pensi che abbia voluto incontrarti, allora?»
    «Non saprei» ribatté Michel. «Molte donne non si farebbero sfuggire un’occasione come questa!»
    «Ti credi davvero così irresistibile? Fai attenzione, potresti finire per risultare più patetico di quanto tu possa immaginare... e poi, se permetti un consiglio, non passare troppo tempo fuori casa: una ragazza ce l’hai, ma quanto tempo pensi che possa sopportarti?»
    Michel la fulminò con lo sguardo.
    «Questi non sono affari che ti riguardano.»
    «No, non mi riguardano, ma forse dovrebbero riguardare te.»
    «Appunto. E io non ho la minima intenzione di parlarne. Mi hai chiamato qui per dirmi che sai chi ha ucciso Margot Emerson...»
    «Esatto. Non ho le prove, ma soltanto sospetti molto fondati.»
    «Contro chi?»
    Patricia sorrise.
    «Credi davvero che io te lo dica così, senza pretendere niente in cambio?»
    «Vuoi dei soldi?» le chiese Michel. «In tal caso dovresti parlarne con Harvey e...»
    Patricia lo interruppe: «Non voglio soldi, voglio soltanto mettermi insieme a Ronnie Craven.»
    «E io cosa c’entro?»
    «Siete amici, no?»
    «Sì, ma...»
    «Convincilo a uscire con me.»
    «È assurdo.»
    «Forse per te è assurdo, ma per me non lo è» replicò Patricia. «Ho quarant’anni e poco tempo a disposizione per ottenere ciò che voglio!»
    Michel strabuzzò gli occhi.
    «Tu... tu hai quarant’anni?!»
    Patricia parve allarmarsi.
    «Perché, la cosa ti sconvolge?»
    «No, ma te ne avrei dati una trentina» ammise Michel. «Mi chiedo come sia possibile che una quarantenne sembri così giovane
    «Purtroppo gli uomini non scelgono in base all’età apparente, ma a quella riportata sui documenti» rispose Patricia, seccata. «Ronnie è uno di questi e ti assicuro che avresti solo da guadagnarci se io riuscissi a incastrarlo.»
    Michel sorrise.
    «Sì, ammetto che forse se ne andrebbe di casa e resterei da solo con Yuma...»
    «Ecco, appunto, dovresti preoccuparti un po’ di più di lei, prima che al tuo amico venga in mente di consolarla per la tua assenza... sempre che non lo stia già facendo!»
    «Tu stai delirando.»
    «No, non sto affatto delirando, forse sei tu quello che delira: ti sto offrendo un modo per liberarti di Ronnie, rendere giustizia a Margot Emerson e guadagnare punti agli occhi di Yuma, eppure ti ostini a non volere accettare...»
    «Non ho motivi per farlo.»
    Patricia sospirò.
    «E va bene, allora punterò su qualcos’altro: se tu accettassi la mia proposta, potrei arrivare a spiegarti perché sembro più giovane della mia età.»
    «Se vuoi parlarmi di creme antirughe e di maschere di bellezza, non sono argomenti che mi interessano particolarmente» obiettò Michel. «Credo che farei meglio ad andarmene.»
    Patricia scoppiò a ridere.
    «Questa è l’ennesima dimostrazione di quanto tu sia ingenuo. Vattene pure, Michel, se è quello che vuoi fare, ma aspetta almeno un minuto.» Prese fuori dalla borsa un biglietto da visita. «Se ci ripensi, sai dove trovarmi.»
    Michel se lo infilò in tasca.
    «Va bene, ci penserò.»
    In realtà aveva soltanto un’idea in testa: parlare con Tom Harvey, subito. Non gli avrebbe fatto il nome di Patricia, ma gli avrebbe senz’altro riferito la loro conversazione – o meglio, la prima parte di essa.
    Uscì dal locale e si diresse verso la cabina telefonica che ricordava di avere visto poco lontano. Conosceva il numero di Harvey ormai a memoria, quindi gli bastò soltanto qualche istante per comporlo.
    «Ci sono novità» lo avvertì, non appena lui gli rispose.
    «Michel?» domandò Harvey. «Sei tu?»
    «Certo che sono io. Chi pensi che ti chiami a mezzanotte passata?»
    «Credevo che preferissi trascorrere il tuo tempo con la tua ragazza, quando non ho bisogno di te.»
    «Forse tu non hai bisogno di me in questo momento, ma ti assicuro che dobbiamo vederci» ribadì Michel. «Potrei avere delle informazioni molto importanti.»
    «Va bene» gli concesse Harvey. «Vediamoci tra mezz’ora nel solito posto. Pensi di farcela?»
    «Suppongo di sì.»
    «Yuma cosa dirà?»
    Michel sospirò.
    «Siete tutti fissati con Yuma? Guarda che il mondo non ruota intorno a lei!»

    «Quindi Michel non ti ha detto quando tornava» osservò Yuma, quando Ronnie le riferì che era uscito poco prima delle undici. «Avrei dovuto aspettarmelo.»
    «È fuori per lavoro. Non sa mai per certo a che ora arriverà a casa.»
    Yuma sbuffò.
    «Non c’è bisogno che tu me lo ripeta! Lo so perfettamente, ormai. Accidenti a quel dannato lavoro!»
    «Calmati» le suggerì Ronnie. «In fondo le cose non andranno sempre così.»
    Mentiva, Yuma se ne rendeva conto. Ronnie sapeva meglio di lei che non solo Michel non sarebbe cambiato, ma non si sarebbe nemmeno mai sforzato di metterla al corrente di ciò di cui si stava occupando.
    «Non capisco perché continui a ostinarti a negare la realtà.»
    «Io non sto negando la realtà» si difese Ronnie. «Ti sto soltanto pregando di avere un po’ di pazienza.»
    «Perché dovresti essere tu a chiedermi di avere pazienza?»
    Ronnie sorrise.
    «Beh, se Michel non lo fa...»
    «Michel non ha bisogno di un portavoce» lo interruppe Yuma, «E soprattutto non ne ha bisogno perché quello che mi stai dicendo non viene da lui. Sei tu che stai cercando di rendere un po’ più giustificabile il suo comportamento, quando in realtà a lui non importa niente!»
    Ronnie abbassò lo sguardo.
    «Lui pensa che non sia necessario parlarti del suo lavoro, tutto qui. Dovresti essere tu a fargli qualche domanda.»
    «Ottimo suggerimento» ribatté Yuma, sarcastica. «Peccato che non ce ne sia mai la possibilità: o non è in casa, o quando c’è non ha tempo per me! A volte mi chiedo se non sia stato un errore venire qui anziché tornarmene a casa di mio padre!»
    Ronnie le si avvicinò.
    «Non dirlo nemmeno per scherzo. Tuo padre avrebbe finito per farti del male ancora una volta, più stai lontana da lui e meglio è.»
    Yuma annuì.
    «Sì, suppongo che tu abbia ragione.»
    «Vedrai, le cose cambieranno.»
    «Lo spero.»
    «Fidati di me.» Ronnie la strinse in un abbraccio. «Sono sicuro che un giorno riuscirai a ottenere tutto ciò che desideri.»
    «E se desiderassi una cosa sola?»
    Yuma si pentì subito di non essere rimasta in silenzio.
    «Dipende da cosa desideri.»
    “Stare con te.”
    Purtroppo non poteva rispondergli.
    Si chiese se Ronnie avesse intuito qualcosa, nel momento in cui il suo abbraccio amichevole si trasformò in una stretta più decisa.
    «Non so cosa desideri, ma sono sicuro che lo avrai» la rassicurò Ronnie.
    Furono le ultime parole che pronunciò prima di baciarla.
     
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  15. GÆBRIEL
        +1   +1   -1
     
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    Che finale col bottoooooooooo!!!! Yeeeeeeeeeeeahhhh! 2-0 per Ronnie!

    @Ronnie: sei un grande! Finalmente hai capito come si fa! Una domanda: hai cambiato spacciatore vero? Hai seguito il mio consiglio! No, perchè se è così hai fatto bene!

    @Yuma: Hai tolto le le fette di salame sugli occhi: e finalmente direi! Cioè, ti sei accorta che hai accanto a te un ragazzo speciale... e aggiungo: non lasciartelo sfuggire... Michel non regge il paragone credimi!

    Una cosa da dire ufficiale: Patricia è una gran *******! Cioè come gli viene in mente di contattare Michel e dirgli di aiutarla a mettersi con Ronnie... stronza!

    E comunque Milù ti devo ringraziare perchè hai messo 3 parti di capitoli fantastici! Non me l'aspettavo! :g-milu:
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
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