Anime di metallo

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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 22/6/2013, 13:05) 
    E' troppo pretendere che voglio il continuo?

    No, non è troppo. :D
    Oggi stesso arriva. XD
     
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    Parte conclusiva del capitolo 24.



    Il telefono squillò all'improvviso. Ralph scattò in piedi. Soltanto Ronnie lo guardò con un certo interesse.
    Uscì dalla sala da pranzo, chiedendosi chi potesse cercare chi a quell'ora della domenica. Gli volle poco a scoprirlo.
    «Parlo con la famiglia Emerson?» chiese una voce femminile.
    Ralph la catalogò come giovane e smarrita, una delle categorie potenzialmente più interessanti.
    «Sì» confermò Ralph, mentre un certo sospetto si faceva largo nella sua mente.
    «Sono un’amica di Ronnie» lo informò la ragazza. «Sono venuta da voi proprio ieri...»
    Ralph si rese conto di avere individuato correttamente l’identità della sua interlocutrice.
    «Sì, e abbiamo anche avuto modo di scambiare qualche parola.»
    «Tu sei Ralph, quindi?»
    «Esatto.»
    «Potresti per favore...»
    Ralph si affrettò a interromperla: «È davvero un piacere risentirti, Oona.»
    Si aspettava - o meglio, sperava ardentemente - che Yuma protestasse per il nome che aveva volutamente sbagliato e rimase piuttosto deluso quando non accadde.
    «Potrei parlare con Ronnie?» si limitò infatti a chiederli Yuma.
    «Perché dovresti?» ribatté Ralph. «Non è meglio parlare con me?»
    «Ho bisogno di lui» replicò Yuma, secca. «È in casa?»
    «No» mentì Ralph. «È uscito da un paio d’ore.»
    «E io dovrei crederti?»
    «Perché non dovresti?»
    «Ronnie è venuto a Starlit Spring per partecipare a un pranzo di anniversario. Com’è possibile che sia uscito di casa già da ore?»
    O quella ragazza era particolarmente perspicace, o Ronnie aveva l'abitudine di renderle conto dei propri spostamenti.
    Ralph si chiese quale fosse l'alternativa peggiore, proprio mentre Yuma gli ordinava: «Passami Ronnie.»
    Non gli rimaneva altro da fare che arrendersi, ma decise di fare un ultimo tentativo.
    «Sei proprio convinta di voler sprecare il tuo tempo?»
    «Sì, dato che è molto importante» confermò Yuma, «Al punto tale che sarei disposta a fare qualunque cosa per convincerti a passarmelo.»
    Qualunque cosa.
    Il tono con cui Yuma aveva pronunciato quelle parole lo spingevano a pensare a risvolti vagamente piccanti.
    «Mi piacerebbe che tu fossi qui e fossi davvero disposta a fare qualunque cosa» ammise, senza esitare.
    «Ma io non sono lì» puntualizzò Yuma, «E si può dire che parlare con Ronnie sia per me una questione di vita o di morte. Ti prego di non farmi aspettare altro tempo.»
    Ralph non poté fare altro che rassegnarsi.
    «Come vuoi.»
    «Mi stai dicendo che me lo passi?»
    «Sì, Oona.» Marcò volutamente il nome errato. «Hai vinto tu... per ora.»

    Yuma non era abituata ai lunghi viaggi in treno. Dopo avere sfogliavo più volte la rivista acquistata nell'edicola della stazione di Starlit Spring si arrese all'evidenza che si stava annoiando a morte.
    Fu tentata di provare a dormire, e stanca com'era per la notte insonne avrebbe potuto riuscirci, ma si trattenne: era necessario tenere d'occhio la situazione, per essere pronta a nascondersi qualora notasse presenze sospette.
    Fin da quando aveva incontrato Dean Tray nelle prime ore del mattino aveva capito che non poteva più rimanere a Starlit Spring. La disgustava lo stratagemma che aveva adottato per sfuggirgli, ma sapeva di non avere altre soluzioni. Dean, quello che suo padre considerata un fedele cane da guardia, era maggiormente allettato dai piaceri della carne piuttosto che dagli ordini che gli erano stati impartiti e, per sua fortuna, bastava molto poco per corromperlo. Era stato sufficiente sbottonargli i pantaloni, infilargli una mano dentro ai boxer e dargli un appuntamento al quale non aveva mai avuto alcuna intenzione di presentarsi per piegarlo alle sue volontà.
    Dean, che fino a qualche istante prima non sembrava avere altri intenti se non quello di convincerla a tornare da suo padre, aveva apprezzato quel diversivo al punto tale da divenire immediatamente più accomodante, rivelandosi sempre più malleabile per ogni secondo in cui il contatto con la mano di Yuma si prolungava.
    «Che cosa ne dici se ci vediamo tra un paio d’ore?» gli aveva proposto, a quel punto. «Sono sicura che giungeremo a un accordo che vada bene a entrambi.»
    «Penso di sì, sempre ammesso che tu sia molto generosa» aveva risposto Dean, con un sorriso malizioso stampato sulle labbra.
    «Potrei essere molto più generosa di quanto tu possa immaginare» gli aveva garantito Yuma. «E poi, se non dovessi essere soddisfatto, potresti sempre essere tu a dettare qualche condizione in più.»
    «Direi che come idea non è niente male.»
    Non appena Dean se n'era andato, tutto le era apparso più semplice: era uno di quei casi in cui conoscere i punti deboli del proprio avversario era una garanzia di successo.
    Yuma sorrise compiaciuta, al pensiero di Dean che si chiedeva che fine avesse fatto. Si era precipitata a preparare le valigie ed era scomparsa senza lasciare traccia. Soltanto dopo essere scesa dal primo treno, mentre aspettava la coincidenza, aveva deciso di mettersi in contatto con Ronnie.
    Aver parlato di nuovo con Ralph non era stata la più piacevole delle esperienze, specie per le non troppo velate allusioni che lui aveva fatto su di lei, ma alla fine era riuscita a ottenere quello che più desiderata.
    «Sono in viaggio per tornare a Black Hill» aveva annunciato a Ronnie.
    Le era sembrato perplesso, mentre le chiedeva: «Torni da tuo padre?»
    «No, penso di meritarmi di meglio» aveva ammesso lei. «Se Michel è d’accordo, potrei trasferirmi da voi. D’altronde dovrebbe farvi comodo avere qualcuno che vi aiuti con le spese.»
    «Sono sicuro che Michel sarà d’accordo... e sarà un piacere trascorrere più tempo insieme a te.»
    Dal tono con cui Ronnie le aveva risposto le era passo di capire che le spese fossero l'ultimo dei suoi interessi. Non le era mai sembrato felice come in quel momento.
     
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    Aggiunto, nel backstage, il booktrailer!
     
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    Dal tono con cui Ronnie le aveva risposto le era passo di capire che le spese fossero l'ultimo dei suoi interessi. Non le era mai sembrato felice come in quel momento.

    lo vedi che alla fine i nodi vengono al pettine?? anche se lo avevo già capito da un bel po', ma ora è più esplicito!! Ronnie è innamorato perso della fidanzata del suo amico XD!! voglio vedere la rteazione di Micheal quando lo saprà... :shifty:

    non riesco a capire perchè Yuma voglia ritornare dalla città da cui è scappata :huh:...
     
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    CITAZIONE (PÅvoneBiÅnco @ 23/6/2013, 15:34) 
    lo vedi che alla fine i nodi vengono al pettine?? anche se lo avevo già capito da un bel po', ma ora è più esplicito!! Ronnie è innamorato perso della fidanzata del suo amico XD!! voglio vedere la rteazione di Micheal quando lo saprà... :shifty:

    Perché, non si era ancora capito? :P
    Comunque... la reazione che avrà Yuma invece non t'interessa? :xD:

    CITAZIONE
    non riesco a capire perchè Yuma voglia ritornare dalla città da cui è scappata :huh:...

    Yuma non vuole tornare da suo padre, ma vuole andare a vivere insieme a Michel, nella sua città natale, perché, come si avrà modo di capire più avanti, stare da sola non la fa sentire sicura (come dimostra il suo incontro con Dean).
     
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  6. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 22/6/2013, 18:44) 
    Aggiunto, nel backstage, il booktrailer!

    Uffa non riesco a visualizzarlo! :(

    Ronnie è innamorato cotto di Yuma, ma lei quando lo capirà? :lol:

    E Ralph mi sta un tantino sui c°°°°°°i! :D
     
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    Uffa non riesco a visualizzarlo!

    Nemmeno con la password?
     
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  8. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/6/2013, 00:01) 
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    Uffa non riesco a visualizzarlo!

    Nemmeno con la password?

    Nu! :(
     
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    Allora provo a caricarlo su youtube, sperando che non venga bloccato.

    EDIT. Caricato! :woot: Ora lo inserisco nel topic del backstage!
     
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    @Gab: scusa per la mia risposta frettolosa. :D In effetti c'erano anche altre osservazioni che hai fatto. u.u
    Diciamo che tra un paio di capitoli Yuma dovrebbe iniziare a sospettare qualcosa. XD Ma non anticipo nient'altro. U.U
    Intanto ti propongo (o meglio, a te e anche ad altri eventuali lettori - Pavone e potenziali altri) la prima parte del capitolo 25, dove conoscerai/conoscerete in modo più approfondito Patricia, la collega di Ronnie che aveva già fatto una comparsa all'inizio e che veniva nominata di tanto in tanto. L'idea di darle maggiore spazio è stata recente, e anche se non anticipo nulla avrà abbastanza rilievo in seguito...




    Capitolo 25.
    «E così» riassunse Patricia, seduta da oltre cinque minuti sul bordo della sua scrivania, «è da dieci giorni che la ragazza del tuo coinquilino abita insieme a voi.»
    «Esatto» confermò Ronnie.
    Sapeva di potersi fidare di Patricia, per questo si era confidato con lei a proposito di ciò che non riusciva più a ignorare.
    «Hai mai pensato di cambiare sistemazione?» gli domandò Patricia, a quel punto. «Sarebbe la soluzione migliore.»
    «Dovrei inventarmi qualcosa con Yuma e Michel, però... In particolare con Yuma: capirebbe che c’è qualcosa che non va.»
    «Non c’è niente che non va» replicò Patricia. «L’amore non corrisposto fa parte della vita.» Abbassò lo sguardo. «Forse è inutile che io te lo racconti, ma ci ho messo davvero tanto tempo a comprendere che dovevo fare una rinuncia che mi costava troppo.»
    «Mi dispiace.» Ronnie si pentì subito di come le sue parole sembrassero pronunciate con la più totale indifferenza. «Spero che tu possa riuscire a trovare il vero amore, un giorno.»
    Patricia annuì.
    «Sono sicura che succederà, quello che conta è non perdere le speranze.»
    «Te lo auguro davvero.»
    «E io auguro a te di riuscire a risolvere la tua situazione. Non deve essere piacevole abitare sotto lo stesso tetto della ragazza che ami ma non puoi avere.»
    Sentirlo dire da Patricia lo fece irrigidire. Era come se, pronunciate da qualcun altro, quelle parole divenissero più reali.
    «Per certi versi lo è, per altri è dannatamente soffocante.»
    La segretaria del titolare lo guardò a lungo, prima di domandargli: «Lei lo sa?»
    «Sa... che cosa?»
    «Quello che provi per lei.»
    Ronnie scosse la testa.
    «Non ne ha nemmeno la più pallida idea, ed è molto meglio così. Ha già avuto una vita tormentata, è meglio che ora possa avere un po’ di serenità. Se lo merita.»
    Vita tormentata.
    Non poteva scegliere una definizione meno teatrale? Avrebbe desiderato più di ogni altra cosa poter tornare indietro per scegliere altre parole. Patricia, però, non sembrava averci fatto caso, forse perché non aveva idea di quanto fosse agghiacciante il passato di Yuma.
    Nemmeno Michel era venuto a conoscenza della verità completa; ancora una volta Yuma aveva preferito evitare di raccontargli tutto quello che c’era da dire e si era limitata a confessargli che per poco tempo, dopo la morte di sua madre aveva notato un comportamento ambiguo da parte di suo padre, e che esisteva la vaga eventualità che sua sorella potesse ritrovarsi ad affrontare la stessa sorte e che, preventivamente, aveva pensato che fosse più opportuno affidarla a sua zia, con la quale in passato si era confidata a proposito delle lievi e poco significative molestie subite. Sui problemi esistenti nel presente tra lei e suo padre era stata molto vaga, aveva semplicemente asserito che non erano in buoni rapporti e che non tollerava più intrusioni nella sua vita privata. Dal momento che era stato proprio suo padre a impedirle di frequentare Michel alla luce del sole, la sua versione dei fatti era sembrata verosimile fin dal primo momento.
    Ronnie aveva cercato di convincere Yuma che riferire a Michel come stesse veramente la situazione era un’alternativa di gran lunga preferibile, ma quando la ragazza si era rifiutata per l’ennesima volta di dargli ascolto aveva scelto di evitare di essere troppo insistente. In fondo era libera di affrontare la sua nuova vita come riteneva più opportuno. Finché il suo passato non creava problemi tra lei e Michel, avrebbe potuto addirittura rivelarsi una decisione non troppo negativa.
    «Anche tu hai avuto una vita tormentata» mormorò Patricia, facendolo sussultare. «Lo leggo nei tuoi occhi.»
    «Quindi sei convinta che gli occhi siano lo specchio dell’anima» si sforzò di rispondere Ronnie. Era un’osservazione neutra, proprio ciò di cui aveva bisogno. «Potresti sbagliarti.»
    «Io non sbaglio mai su certe cose» precisò Patricia. «Vedi, Ronnie, ho avuto fin dall’inizio l’impressione che tu volessi sfuggire a qualcosa o a qualcuno. Il fatto che tu non sia più in buoni rapporti con la tua famiglia, mi fa riflettere.»
    «Non essere in buoni rapporti con la famiglia non mi sembra un indicatore significativo» obiettò Ronnie. «Potrebbero esserci mille motivi.»
    Patricia annuì.
    «Su questo hai ragione, ma non riesco a togliermi certe idee dalla testa. Tra l’altro tu mi sei sempre sembrato profondamente infelice, e questo significa molte cose.»
    Profondamente infelice.
    Forse Patricia aveva ragione, era quello l’effetto che poteva fare.
    «Da quando sei tornato a Black Hill, però» riprese Patricia, «Ti vedo un po’ cambiato. È come se a Starlit Spring fosse successo qualcosa che ha cambiato il tuo modo di guardare il mondo che hai intorno.»
    Aveva incontrato di nuovo Kelly. Si era ritrovato di fronte a lei soltanto per qualche minuto, ma in quel breve arco di tempo si era accorto che anche lei combatteva ogni giorno contro gli stessi sensi di colpa. In passato aveva cercato di scaricare tutte le responsabilità su di lui, ma si era trattato di un meccanismo di autodifesa.
    «Può darsi che sia così» ammise Ronnie. «Devo ammettere che, in certi momenti, mi sento un po’ più sereno.»
    «Ne sono felice» concluse Patricia, scattando in piedi e atterrando senza indecisione sui tacchi a spillo. «Te lo meriti. Tu meriti il meglio.»
    Ronnie notò che il tono di voce della collega non era forzato come il suo.
    Cercò di essere altrettanto convincente quando rispose: «Anche tu meriti il meglio.»
    Si stava chiedendo se avesse superato la prova o se Patricia avrebbe trascorso il resto della giornata a domandarsi se fosse sincero o meno, quando lei lo stupì.
    «Lo so, merito il meglio» ribatté infatti, strizzandogli l’occhio. «Lo merito e lo avrò.»
    A quel punto gli voltò le spalle e se ne andò. Se solo non avesse avuto quattordici anni più di lui, l’avrebbe invitata a cena.
    “Chissà, magari un giorno lo farò lo stesso.”

    Yuma si avviò verso la porta.
    «Ehi, sto uscendo!»
    Michel comparve, proveniente dalla cucina. Teneva in mano un bicchiere colmo d’acqua.
    «Ci vediamo dopo, allora.»
    Yuma non riuscì a nascondere il proprio stupore.
    «Ti trovo a casa, quindi?»
    In genere, quando rincasava dal lavoro, Michel era sempre fuori per imprecisati motivi relativi alla sua occupazione. La loro convivenza non aveva cambiato niente in tal senso e continuava ad essere molto riservato sulla propria professione. Da parte sua Yuma non gli faceva domande e, finché non fosse sorto alcun genere di problema, non aveva intenzione di porgliene.
    «Se Harvey non mi chiama per qualcosa di urgente ci sarò di sicuro» la rassicurò Michel, con uno dei suoi classici sorrisi da bravo ragazzo. «Buon lavoro, Yuma.»
    Sorrise a sua volta.
    «Grazie.»
    Aprì la porta e si avviò giù dalle scale. Era leggermente in ritardo, perciò scese i gradini quasi di corsa.
    Prese la bicicletta, che teneva in garage, e si avviò lungo la strada.
    Con la coda dell’occhio le parve di notare qualcosa, o forse qualcuno, ma non vi diede importanza. Non c’era niente di anomalo, avrebbe dovuto smetterla di lasciarsi prendere dalle proprie fantasie. Da quando se n’era andata di casa nessuno l’aveva cercata - e Naive le aveva assicurato che nessuno aveva tentato di avvicinarsi a Heaven - e questo confermava la sua teoria: quelle di suo padre erano state minacce prive di fondamento, al solo scopo di convincerla di poter esercitare qualche forma di potere su di lei.
    Doveva smetterla di sentirsi braccata e di sospettare di qualunque innocente passante, e soprattutto doveva sbrigarsi, altrimenti avrebbe fatto tardi al lavoro, dove sarebbe stata costretta a sorbirsi l’ennesima interminabile predica.
     
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    Yuma non vuole tornare da suo padre, ma vuole andare a vivere insieme a Michel, nella sua città natale, perché, come si avrà modo di capire più avanti, stare da sola non la fa sentire sicura (come dimostra il suo incontro con Dean).

    avevo avuto un piccolo lapsus ma ora ho capito ;)!!

    CITAZIONE
    Con la coda dell’occhio le parve di notare qualcosa, o forse qualcuno, ma non vi diede importanza.

    credo che sia davvero qualcuno :unsure:...


    a Gab: ti rivolgo le mie più sentite condoglianze... se Ronnie si impegna con Yuma, non avrai più speranze con lui :(!!

    aspetto il seguitooo *___________*
     
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    CITAZIONE (PÅvoneBiÅnco @ 24/6/2013, 14:38) 
    a Gab: ti rivolgo le mie più sentite condoglianze... se Ronnie si impegna con Yuma, non avrai più speranze con lui :(!!

    Non dispero! Ho sempre Gabriel! :wub:
     
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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 24/6/2013, 15:30) 
    CITAZIONE (PÅvoneBiÅnco @ 24/6/2013, 14:38) 
    a Gab: ti rivolgo le mie più sentite condoglianze... se Ronnie si impegna con Yuma, non avrai più speranze con lui :(!!

    Non dispero! Ho sempre Gabriel! :wub:

    Ragazze, vi ho mai detto che vi adoro? :P
    I vostri commenti mi fanno sempre sorridere. ^^

    Stasera aggiornerò. u.u
     
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  14. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 24/6/2013, 19:08) 
    Ragazze, vi ho mai detto che vi adoro? :P
    I vostri commenti mi fanno sempre sorridere. ^^

    Stasera aggiornerò. u.u

    Ottima notizia! :lol:

    Beh, ti ho mai detto che ti adoro perchè la tua mente ha partorito un romanzo come questo! Credo sia diventato il mio romanzo preferito tra tutti quelli che ho letto sinora! :wub:

    E guarda che non scherzo! :D
     
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    Mi adori per il romanzo che ho concepito? Quindi se io non sapessi scrivere non mi adoreresti? HERESY! :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P :P ...okay, basta con le linguacce, ne ho già messe troppe. Avrei dovuto mettere una trollface che le riassumesse tutte. U.U

    No problem, lo faccio ora. :trollface:

    *Fugge per schivare la mazza da golf che le viene scagliata sul naso.*

    Sono davvero felice che il romanzo ti stia piacendo così tanto, effettivamente è un progetto in cui ho sempre creduto molto e su cui mi sono fatta numerosi film mentali ogni sera prima di andare a dormire. U.U E parlo sul serio. ;)

    Va beh, dai, non ti faccio aspettare fino a stasera. Il capitolo 25 merita di mostrarsi nella sua interezza. u.u Ecco la conclusione...




    Ronnie era appena salito in macchina quando nel retrovisore vide comparire l’immagine di Patricia Spencer che si avvicinava correndo. Aveva due soluzioni: ignorarla e partire oppure scendere e chiederle cosa desiderasse da lui. Un tempo avrebbe optato per la prima alternativa, ma adesso era tutto diverso.
    Aprì la portiera e la accolse con un caloroso sorriso.
    «Ti serve un passaggio, Pat?»
    Lei scosse la testa.
    «No, ma dovevo fermarti.»
    «Perché?»
    «Hai dimenticato queste in ufficio.» Patricia gli allungò il pacchetto di sigarette che doveva evidentemente avere dimenticato sulla scrivania. «Me ne sono accorta e...»
    «Non importava che ti scomodassi» replicò Ronnie, cercando di non essere troppo scortese nei suoi confronti.
    «Ho pensato di fare una cosa gentile» rispose Patricia, per nulla offesa dalle sue parole. «Però dovresti smettere di fumare.»
    Ronnie sorrise.
    «Non sei la sola a dirmelo.»
    «Allora potresti prendere in considerazione questa ipotesi.»
    «Potrei» ammise Ronnie. «Forse un giorno ci riuscirò.»
    Patricia si tirò indietro una ciocca di capelli corvini che le ricadeva sulla fronte e prese, con aria imbarazzata, a fissare le punte delle sue decolleté nere.
    «Mhm... senti, Ron, mi stavo chiedendo se...»
    Ron.
    Ronnie s’irrigidì.
    «Dimmi.»
    «Ho dovuto portare la mia auto dal meccanico, ieri» gli confidò. «Mi stavo chiedendo se tu potessi... se tu potessi darmi un passaggio fino a casa.» Lo guardò negli occhi e prese a parlare senza sosta. «Non vorrei essere di alcun disturbo, posso prendere l’autobus se per te è un problema, te l’ho chiesto solo perché l’unica linea che porta direttamente a casa mia fa tutto il giro della città, ma se tu avessi un impegno non...»
    Ronnie la interruppe: «Va bene.»
    Gli occhi chiari di Patricia parvero illuminarsi.
    «Davvero saresti disposto a fare questo per me?»
    «Non mi stai chiedendo niente di così anomalo» la rassicurò Ronnie. «Ti accompagno a casa molto volentieri.»
    Gli sembrò di leggere un’espressione di trionfo negli occhi di Patricia e per un attimo si domandò se derivasse soltanto dal suo disappunto per il lungo percorso che avrebbe dovuto sorbirsi nel caso fosse tornata a casa in autobus.
    «Sei davvero molto gentile nei miei confronti» mormorò la segretaria, a quel punto. «Non sono poi così sicura di meritarmelo.»
    «Vorrà dire che, se un giorno sarò io ad avere bisogno di un passaggio, mi accompagnerai a casa» ribatté Ronnie.
    Stava per andare ad aprirle la portiera, ma Patricia lo precedette.
    «Non ti hanno mai detto che le donne sono capaci di salire in macchina anche senza l’aiuto di un uomo?» scherzò.
    Ronnie rise.
    «No, ma qualcuno me l’ha fatto capire adesso.»
    Salì a sua volta e, mentre si allacciava la cintura di sicurezza, chiese a Patricia: «Da che parte abiti?»
    Lei glielo spiegò mentre accendeva il motore, poi si mise a rovistare dentro l’enorme borsa che portava con sé, prima di girarsi verso di lui e lanciargli un’occhiata penetrante.
    «Andiamo?»
    Ronnie la guardò con aria di disapprovazione.
    «Non ti manca niente?»
    Patricia spalancò gli occhi.
    «Di cosa parli?»
    «Mettiti la cintura.»
    Patricia rise, il che lo infastidì, ma poi fece ciò che le aveva suggerito.

    Il telefono squillò quando Michel meno se lo aspettava. Rispose sperando che non si trattasse di Tom Harvey, in modo tale da poter essere a casa quando Yuma sarebbe rientrata.
    Fu proprio Tom, però, a parlargli non appena sollevò il ricevitore.
    «Michel?»
    La voce era inconfondibile.
    «Dimmi.»
    «Ho bisogno di te, ci sono delle novità a proposito di quel caso rimasto in sospeso.»
    Michel sussultò.
    «Non lascio mai dei casi in sospeso.»
    «Parlo dell’omicidio di Margot Emerson.»
    Era da mesi che l’argomento non saltava fuori: ufficialmente Harvey aveva altro di cui occuparsi in quel periodo, anche se Michel sospettava che il vero problema fosse che il finanziatore di quell’indagine aveva smesso di pagare.
    «Se pensi che io abbia intenzione di tornarmele a Starlit Spring...»
    Harvey si affrettò a interromperlo: «Non dovrai tornare da nessuna parte. È solo necessario che io e te ci vediamo.»
    «Quando?»
    «Appena puoi, sai dove trovarmi.»
    «Ci sarà Rachel con te?»
    «No» lo rassicurò Harvey. «Non ho certo intenzione di metterla al corrente di dettagli coperti da segreto professionale.»
    «Ma lavorate insieme» obiettò Michel.
    «Me l’hai detto tu stesso, Rachel è un amica del marito della defunta Margot» ribatté Harvey. «Ho tutti i diritti di tenerla all’oscuro di certe cose, non credi?»
    «Suppongo di sì.»
    «Bene. Allora sbrigati a raggiungermi.»
    Michel guardò l’orologio.
    «Tra un’ora sono da te.»
    «Un’ora?» ripeté Harvey.
    Sembrava seccato.
    «Quaranta minuti» propose Michel.
    «Va un po’ meglio» ammise Harvey, senza mostrarsi troppo soddisfatto. «Mi raccomando, non fare tardi.»
    «Come se non mi conoscessi! Ho mai fatto tardi io?»

    «Quindi abiti qui» osservò Ronnie, accostando. «È proprio una bella zona.»
    Patricia si sforzò di apparire entusiasta.
    «Sì, non potrei sperare in niente di meglio. È da qualche anno, ormai, che abito qui. Il palazzo è molto bello anche dall’interno.»
    «Fa proprio quest’effetto.»
    «Che ne dici di venire a vedere com’è dentro?» gli propose Patricia, cercando di non mostrarsi troppo audace. «Il mio appartamento ha un disperato bisogno di qualcuno che, di tanto in tanto, gli dia un’occhiata.»
    Ronnie declinò l’invito.
    «Magari un’altra volta. Non sono un grande osservatore di appartamenti
    Patricia cercò di non mostrarsi troppo seccata. Si chiese per l’ennesima volta se Ronnie non capisse i suoi messaggi non troppo velati o se si limitasse a fingere di non capire.
    Le loro voci le risuonarono in testa: frasi fatte, in apparenza, ma che in realtà avevano un grande significato
    «L’amore non corrisposto fa parte della vita.»
    «Spero che tu possa riuscire a trovare il vero amore, un giorno.»
    «Lo so, merito il meglio. Lo merito e lo avrò.»
    Possibile che Ronnie non si accorgesse che non desiderava altro che lui e che la loro nascente amicizia era soltanto una commedia messa in atto da una donna che voleva molto di più?
    Controvoglia aprì la portiera, slacciandosi nel frattempo la cintura di sicurezza che Ronnie l’aveva quasi costretta ad allacciare. A proposito, doveva indagare sul perché fosse così fissato da rifiutarsi di partire finché lei era senza.
    «Allora io vado» azzardò.
    «Va bene» le disse Ronnie, con un tono talmente neutro da infastidirla. «Ci vediamo domani, Pat.»
    «A domani.»
    A quel punto non le restava altro da fare che scendere e di guardare la sagoma della Ford Escort di Ronnie che si allontanava.

    Non era tardi; se non c’era troppo traffico, Michel sarebbe arrivato puntuale all’appuntamento con Tom Harvey.
    Sorseggiò un bicchiere d’acqua e diede un’occhiata al pessimo panorama che vedeva oltre la finestra della cucina. Tutto sommato tornare a Starlit Spring non sarebbe stata una prospettiva così pessima. Valutò la possibilità, se Harvey gli avesse ordinato di recarsi da quelle parti, di portare Yuma con sé. Le era già capitato di lasciare il lavoro per brevi periodi e non aveva mai avuto troppi problemi, magari non sarebbe stata un’idea così pessima.
    “Anzi, sì.”
    Yuma non doveva sapere che si occupava di indagare sull’omicidio di sua madre, avvenuto una notte di tre anni e mezzo prima in quella che era la sua città natale. Per lei era una ferita ancora aperta e cercava di parlarne il meno possibile, perciò lui stesso riteneva molto più opportuno evitare totalmente l’argomento.
    Si avviò verso la porta, cercando di ricordare l’ultima volta in cui Yuma gli aveva detto qualcosa a proposito di Margot, rendendosi conto che risaliva probabilmente a quasi un anno prima.
    «Uscì di casa una sera, per andare a consegnare dei soldi a dei creditori di mio padre» gli aveva spiegato. «Non fece più ritorno. Il giorno seguente ricevemmo una telefonata che ci annunciava che qualcuno le aveva tagliato la gola e aveva abbandonato il suo cadavere in un vicolo. Da allora, per me, niente è mai più stato come prima.»
    All’epoca non ci aveva fatto caso, ma adesso sospettava che quelle ultime parole avessero a che vedere con i problemi - mai veramente chiariti - esistenti tra Yuma e suo padre. La sensazione che ci fosse qualcosa di cui non era informato cresceva giorno dopo giorno, anche se non gli era mai sembrato il caso di chiedere chiarimenti a Yuma.
    Michel cercò di liberarsi di quelle congetture almeno per un po’; adesso aveva altro di cui occuparsi e Tom Harvey non sarebbe stato soddisfatto nel vederlo particolarmente pensieroso.
    Abbassò la maniglia e, proprio in quel momento, dall’esterno qualcuno spinse con forza la porta verso di lui.
    Michel si fece istintivamente da parte, prima di vedere Melvin Emerson oltrepassare la soglia.
    «Io e te dobbiamo parlare» gli annunciò il padre di Yuma, «E credo che tu abbia molte cose da dirmi.»
     
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