Anime di metallo

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  1. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/6/2013, 18:45) 
    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 15/6/2013, 18:37 ?)
    Sono da sbavo.... altroché :bounce.gif:

    vedo che ti sei fissata con quella faccina! :D

    Abbastanza! :D Mi esprime molto! :bounce.gif:
     
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    Ma non ti starò viziando con tutti questi aggiornamenti? :unsure:
    Va beh, non tutto il male viene per nuocere, quindi andiamo avanti. u.u Ecco la prima parte del capitolo 18.



    Capitolo 18.
    Yuma si avvicinò alla porta.
    Suo padre le lanciò un’occhiataccia.
    «Dove stai andando?»
    Yuma gli mise sotto gli occhi la sciarpa che teneva in mano.
    «Ho l’impressione che Rachel si sia dimenticata questo.»
    «Quindi stai andando a portarglielo?»
    Yuma annuì.
    «Certo. Mi sembra gentile nei suoi confronti...»
    Suo padre obiettò: «Non devo perché tu debba essere gentile nei confronti di Rachel.»
    «È una tua amica» precisò Yuma. «Magari un giorno potrebbe addirittura...» S’interruppe. Se Rachel avesse saputo chi era veramente Melvin Emerson sarebbe sicuramente scappata via a gambe levate. «...insomma, tu e lei potreste...»
    Suo padre la interruppe: «Io e Rachel siamo solo amici. È inutile che tu ti faccia delle illusioni, sai bene che nessuna donna sarà mai importante quanto Margot.»
    «Va bene, siete solo amici» concesse Yuma, «Ma che cosa c’è di meglio che andare a restituirle la sciarpa?»
    «Potrei dargliela mercoledì sera.»
    «Vuoi dire che tornerà a trovarci?»
    Melvin scosse la testa.
    «Niente affatto.»
    Yuma si chiese se potesse essere una notizia positiva oppure negativa. Al momento non si sentì in grado di darsi una risposta.
    «Uscirete insieme, quindi?»
    «Mi ha convinto a partecipare a un torneo di biliardo che ci sarà nel locale che frequentiamo. Sostiene che battermi sarà una delle esperienze più belle della sua vita.»
    Yuma annuì.
    «Sì, capisco.»
    Suo padre ridacchiò – reazione che le fece spalancare gli occhi per lo stupore: era da anni che non lo vedeva ridere.
    «No, non capisci affatto.»
    «Che cosa?»
    Melvin continuò a ridere.
    «Rachel non riuscirà a battermi.»
    Yuma sospirò.
    «Ah, e io che pensavo che ti riferissi a chissà che cosa...»
    «Guarda che Rachel non ha speranze, contro di me! A proposito, perché non vieni con noi?»
    Yuma lo fissò a bocca spalancata.
    «C-con voi?»
    «Sì, a vederci.»
    «Non so nemmeno come si gioca a biliardo» ribatté Yuma. «Figurati se mi interessa venire a vedere!»
    «Non sai cosa ti perdi.»
    Yuma alzò gli occhi al cielo.
    «Sopravvivrò.» Gli indicò la porta. «Corro da Rachel, prima che sia troppo tardi.»
    Prima che suo padre potesse replicare schizzò fuori, corse giù dalle scale e uscì lungo la strada, dove si guardò intorno in cerca della donna.
    Finalmente la vide.
    «Ehi, Rachel!» la chiamò a gran voce.
    Lei non si girò.
    «RACHEL?!»
    Finalmente l’amica di suo padre si girò.
    Yuma agitò la sciarpa e le corse incontro.
    «Che sbadata che sono» borbottò la donna, senza però riprendersi la sciarpa, non appena Yuma le fu vicina. «Meno male che ci hai pensato tu a riportarmela. Tuo padre è fortunato ad avere una figlia come te.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    «Sì, forse.»
    «Dico sul serio» insisté Rachel. «Tu sei una di quelle ragazze su cui, nel momento del bisogno, si può sempre contare.»
    «Sì, forse.»
    Rachel ridacchiò.
    «Sai dire anche qualcos’altro?»
    «Mhm...»
    «No, aspetta!» la interruppe Rachel. «Se vuoi rispondere ancora una volta “sì, forse”, è meglio se lasci perdere.»
    «So dire anche qualcos’altro, comunque» la informò Yuma. «Credo, appunto, che sia il caso di scambiare qualche chiacchiera, io e te.»
    «Avremmo potuto farlo prima» obiettò Rachel. «Non c’è niente di cui ho intenzione di discutere con te all’insaputa di tuo padre.»
    Yuma si affrettò a puntualizzare: «Non è certo di te che dobbiamo parlare, la tua vita sei libera di gestirla come vuoi.»
    «Dovremmo parlare di te, allora?» le chiese Rachel, senza troppo stupore. «Che cosa ti fa pensare che possano interessarmi gli affari privati di una ragazzina?»
    Yuma sospirò.
    «Perché ogni volta che cerco di fare un discorso serio bisogna sempre puntualmente tirare fuori la storia che “sono una ragazzina”?»
    «Perché è quello che sei. Hai appena diciotto anni, non puoi certo pretendere di capire come funziona il mondo!»
    «Ne ho quasi diciannove, e soprattutto non me ne importa niente di capire come funziona il mondo!» replicò Yuma. «Quello che so è che sono grande abbastanza per capire quello che succede nella mia vita, quello che succede da anni... e non so con chi parlarne! Credo che tu sia l’unica che può aiutarti.»
    Rachel alzò gli occhi al cielo.
    «Ci mancava anche questa. Mi hai forse scambiata per un’assistente sociale?»
    «No, ti ho presa per un’amica di mio padre, e in quanto tale ti devo informare di quello che succede tra me e lui.»
    Rachel obiettò: «No, Yuma, quello che succede in casa vostra non è...»
    «Non è affare tuo?» la interruppe Yuma. «Può darsi, ma se ti raccontassi come stanno le cose saresti disposta a renderti sua complice?»
    Rachel sorrise.
    «Potrei rendermi tua complice e non accennargli minimamente al fatto che tu abbia tentato di corrompermi...»
    Yuma spalancò gli occhi.
    «Corromperti?!»
    «Come altro potrei definire quello che hai fatto?» obiettò Rachel. «Tu pensi di avere dei problemi con tuo padre...»
    «Io ho dei problemi con mio padre. Lui...»
    «Se pensi di avere dei problemi con lui, cerca di risolverli! Io, per quanto mi riguarda, sto dalla sua parte... e credo che non sarebbe molto soddisfatto se io lo informassi che mi hai fatto questo discorso!»
    Yuma tentò di replicare, ma il modo in cui Rachel la guardava la spinse a dimenticarsi della propria intenzione.
    «Stai tranquilla, non gli dirò niente» la rassicurò l’amica di suo padre, «Ma a una condizione.»
    «U-una c-condizione?»
    Rachel annuì.
    «Non dobbiamo parlarne mai più.»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    “Come se ne avessimo discusso davvero, di quello che succede con mio padre.”
    Non disse nulla e ascoltò Rachel che la informava: «A questo punto non mi resta altro da fare che andarmene. Dì a tuo padre che se pensa di battermi al torneo si sbaglia di grosso.»
    La vide voltarle le spalle e allontanarsi.
    «Ehi!» la chiamò. «Non hai preso la tua sciarpa.»
    Rachel si fermò e si girò.
    «Tienila tu.»
    «Perché dovrei?»
    «Per ricordarti di me e del fatto che non ho l’abitudine di tradire i miei amici. Se non ti trovi bene con tuo padre sei libera di fare le valigie e di andartene, per quanto mi riguarda. Delle tipiche lamentele da figlia insoddisfatta, però, non ne voglio sapere nulla.»
     
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  3. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 15/6/2013, 21:34) 
    Ma non ti starò viziando con tutti questi aggiornamenti? :unsure:
    Va beh, non tutto il male viene per nuocere, quindi andiamo avanti. u.u Ecco la prima parte del capitolo 18.

    Nooooooooo! Per niente! embarrassed4-onion-head-emoticon gif


    Rachel è una stronza antipatica! Sono curiosa di vedere come reagirà Yuma a questo!

    Domanda: quando compariranno i miei amori? *.* Colpa tua sono diventati 2! ahahahha
    A proposito devo fare la targhetta per Gabriel! 0010ib

    Ma lo sai che il fidanzato della mia cagnetta si chiama Ronnie?
     
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    Rachel è una stronza antipatica! Sono curiosa di vedere come reagirà Yuma a questo!

    Lo si scoprirà nella seconda parte di questo capitolo, che inserirò tra pochissimo. ;)

    CITAZIONE
    Domanda: quando compariranno i miei amori? *.* Colpa tua sono diventati 2! ahahahha

    Ronnie comparirà tra poco. Gabriel farà una comparsa tra un paio di capitoli. ^^

    CITAZIONE
    A proposito devo fare la targhetta per Gabriel!

    Me lo immaginavo! :lol:

    CITAZIONE
    Ma lo sai che il fidanzato della mia cagnetta si chiama Ronnie?

    L'ho appena letto! :woot: :woot: :woot:
     
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  5. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 17/6/2013, 22:14) 
    CITAZIONE
    Rachel è una stronza antipatica! Sono curiosa di vedere come reagirà Yuma a questo!

    Lo si scoprirà nella seconda parte di questo capitolo, che inserirò tra pochissimo. ;)

    Oh bene! Mi stava mancando! :D

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 17/6/2013, 22:14) 
    CITAZIONE
    Domanda: quando compariranno i miei amori? *.* Colpa tua sono diventati 2! ahahahha

    Ronnie comparirà tra poco. Gabriel farà una comparsa tra un paio di capitoli. ^^

    Me feliceeeeeee!

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 17/6/2013, 22:14) 
    CITAZIONE
    A proposito devo fare la targhetta per Gabriel!

    Me lo immaginavo! :lol:

    Sono così prevedibile? :D
     
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    Eccomi qui con la parte conclusiva del capitolo 18.
    Immagino che tu ne sia soddisfatta, Gab! :D



    “Chi è quel maleducato che chiama a quest’ora?” si chiese Naive, mentre il telefono prendeva a squillare.
    «Posso rispondere io?» domandò Heaven.
    «Stavi per andare a dormire» le ricordò Naive. «Domani mattina devi andare a scuola, non puoi fare tardi.»
    «Faccio in tempo anche se rispondo al telefono» obiettò Heaven. «Potrebbe essere Yuma, è da un po’ che non chiama.»
    «Se è Yuma te la saluterò» la rassicurò Naive, «Ma soltanto se vai subito a dormire.»
    Heaven annuì.
    «Va bene.»
    Corse nella propria stanza, mentre Naive si avviava velocemente verso il telefono. Sollevò il ricevitore chiedendosi se fosse proprio sua nipote a cercarla. Era tardi, magari Yuma era riuscita a trovare una scusa per fare una chiamata.
    Naive si accorse che il cuore le batteva all’impazzata.
    «P-Pronto?» balbettò.
    «Naive?» le chiese una voce. «Sei tu?»
    «Sì, certo. Sei... sei Yuma?»
    Dall’altro capo del telefono sua nipote confermò: «Sono proprio io.»
    «Mi fa piacere sentirti.»
    «Dal tuo tono di voce non si direbbe.»
    «No, credimi... è solo che mi sembra strano che tu mi abbia chiamata.»
    A Naive sembrò che Yuma stesse ridendo – probabilmente fingeva di essere davvero divertita – mentre le spiegava: «Non potevo farne a meno.»
    «Non può che farmi piacere» ribatté, quindi. «Tu che affronti mille peripezie pur di farmi una telefonata... Sai, è una cosa che ha il suo fascino.»
    Yuma, però, non aveva voglia di scherzare.
    «C’è una cosa importante di cui devo parlarti» l’avvertì. «Non penso che questo discorso si possa rimandare.»
    Una cosa importante? Quelle parole potevano avere molteplici interpretazioni, che a loro volta lasciavano il posto a svariate implicazioni. Di solito Yuma non trattava argomenti di primo piano, ma si limitava a qualche banalità che Melvin potesse ascoltare senza problemi. Cos’era successo? Perché adesso poteva farlo?
    «Tuo padre è con te?»
    «No, non c’è» la rassicurò Yuma. «Sto chiamando da una cabina telefonica.»
    Naive avvertì un brivido gelido.
    «Da una cabina telefonica a quest’ora?»
    «Perché? C’è un orario oltre il quale non si può chiamare da un telefono pubblico?»
    «Oh, certo che no... ma come hai fatto a uscire? Cosa ti sei inventata con tuo padre? Non avevi detto che ti teneva sotto controllo, per evitare che potessi incontrare Michel?»
    «È venuta a trovarlo una sua amica, che si è dimenticata a casa nostra una sciarpa» le spiegò Yuma. «Sono scesa per portargliela, naturalmente.»
    «E hai pensato di venire a chiamarmi... Ottima intuizione, Yuma, sei la degna figlia di tua madre! Se fossi stata al tuo posto, non avrei mai potuto farlo: per andare a portare una sciarpa a una persona non mi sarei mai scomodata di portarmi delle monete.»
    «Le avevo per puro caso in tasca: ero uscita a comprare le sigarette un paio d’ore prima...»
    Naive la interruppe: «Dovresti prendere in seria considerazione l’ipotesi di smettere di fumare, prima o poi.»
    «Prima o poi, appunto. Ma non dovevamo parlare di cose importanti?»
    «La tua salute non è importante?»
    «Mhm... forse» borbottò Yuma. «Adesso, però, vorrei che tu mi ascoltassi. Se sono uscita non è stato solo per portare la sciarpa a Rachel... l’amica di mio padre, insomma. Mi ero messa in testa di spiegarle la situazione, speravo che potesse aiutarmi.»
    “Questa sì che è una bella notizia” non poté fare a meno di pensare Naive. “Finalmente si è decisa a confidarsi con qualcuno e a farsi aiutare.”
    Le domandò immediatamente: «L’hai fatto, alla fine?»
    Yuma rispose: «Purtroppo non è andata bene.»
    «Non hai trovato il coraggio di farlo oppure non ti ha creduta?» le chiese Naive, non sapendo quale dei due scenari fosse il peggiore.
    Nessuno dei due lo era: la verità, si rese conto ben presto, era molto più drammatica.
    «Pare che non gliene freghi niente. Dice che mi devo arrangiare io, se ho dei problemi con mio padre, e che lei non ne vuole sapere. Anzi, sostiene di avermi fatto un favore, decidendo che non gli riferirà quella nostra conversazione.»
    «Questa Rachel deve essere una gran stronza!» sbottò Naive. «Mi piacerebbe molto dirle per filo e per segno che cosa penso di lei.»
    «Sarebbe bello, ma non ti ho chiamata solo per questo.»
    «Per cosa, allora?» Domanda stupida, decretò Naive. Probabilmente voleva sapere notizie della sorellina. «Per Heaven, giusto?»
    «Non proprio, anche se presto ci rivedremo.»
    «Stai dicendo che tuo padre ti lascerà venire a trovarci?»
    «No. Me ne andrò di casa una volta per tutte.»
    Naive spalancò gli occhi.
    «Ho sentito bene?»
    «Sì, e non c’è bisogno che tu te ne sorprenda.»
    Naive rise.
    «Si notava così tanto?»
    «Diciamo che me ne sono accorta senza troppa fatica.»
    «Quando te ne andrai?»
    «Il primo giorno di primavera: un ottimo giorno per un nuovo inizio.»
    Naive rifletté.
    «Quanto manca?»
    Yuma ridacchiò.
    «Hai mai pensato di comprarti un calendario?»
    «Ce l’ho un calendario, ma non ce l’ho sotto gli occhi.»
    «È il 19 marzo.»
    «Questo significa che...»
    Yuma la interruppe: «Esatto, significa che tra quarantotto ore me ne andrò. Quella sera mio padre andrà a giocare a biliardo insieme a Rachel e a qualcun altro dei loro amici sconclusionati, io intanto farò su i miei stracci e, quando tornerà, troverà un appartamento vuoto ad aspettarlo. So che sorgeranno mille difficoltà, ma sono pronta ad affrontarle.»
    «Ne sei davvero sicura?» le chiese Naive. «La tua filosofia del “tutto è perduto” dov’è andata a finire? Hai finalmente deciso di buttarla giù per il cesso?»
    Yuma rise.
    «Niente è perduto, oppure lo è tutto, a seconda di come vedi le cose. Per quanto mi riguarda ho scelto di guardare tutto dalla prospettiva migliore, anche se questo significa mandare all’aria gli insegnamenti di Ronnie.»
    «Gli... insegnamenti di Ronnie?»
    «Lascia stare, è una sua vecchia teoria sul pessimismo. Lo definisce testualmente la sua ancora di sopravvivenza. A volte mi chiedo se sia pazzo.»
    «Stando a quanto ricordo, non lo è affatto.»
    «Già. E devo ammettere che, quando lascerò Black Hill, sarà una delle poche persone di cui sentirò la mancanza, anche se al momento non è qui. È partito ieri per Starlit Spring e, al suo ritorno, scoprirà che me ne sono andata.»
    «Troverete il modo per sentirvi» la rassicurò Naive. «Quel ragazzo ha fatto davvero tanto per te e per tua sorella.»
    «Sì» convenne Yuma. «Ronnie è stato la mia ancora di sopravvivenza, quando davvero non sapevo dove sbattere la testa.»
     
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  7. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 18/6/2013, 00:14) 
    Eccomi qui con la parte conclusiva del capitolo 18.
    Immagino che tu ne sia soddisfatta, Gab! :D

    Direiiii!!!! :bounce.gif:

    CITAZIONE
    Niente è perduto, oppure lo è tutto, a seconda di come vedi le cose.

    Ora ho capito da dove proviene la frase della tua firma! Ho sempre adorato questa tua frase! :wub:

    E Yuma, Ronnie non è pazzo, fattelo dire da me che lo conosco bene! -_- E' innamorato pazzo di te, semmai! :lol:

    Ok, mi spavento da sola... inizio a parlare con i personaggi! Sarà mica grave? :unsure:
     
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    Ora ho capito da dove proviene la frase della tua firma! Ho sempre adorato questa tua frase!

    In realtà quella frase ha una storia un po' più complessa. :D
    Ricordo che la prima volta che la scrissi, la scrissi sul mio diario (sì, tengo un diario, lo ammetto, e ci scrivo ogni giorno anche se fossero due righe XD) come pensiero di fine giornata. Poi, siccome suonava bene, l'ho inserita in precedenza in un altro mio racconto ed è diventata una sorta di marchio di fabbrica. Quindi, potenzialmente, potrei inserirla anche in altri racconti o romanzi in futuro... ma non lo so. ^^ Diciamo che qui, secondo me, ci stava bene!

    CITAZIONE
    E Yuma, Ronnie non è pazzo, fattelo dire da me che lo conosco bene!

    Dato che più si fa tardi e più i miei riflessi peggiorano, non mi ero accorta della seconda metà della frase e, a una prima lettura, avevo letto "E Yuma, Ronnie non è pazzo, fattelo". A quest'ora sono fusa. XD

    CITAZIONE
    Ok, mi spavento da sola... inizio a parlare con i personaggi! Sarà mica grave?

    Se fosse grave, probabilmente io sarei già finita in manicomio da un bel po'! XD

    Sto lavorando a delle novità. u.u Queste forse rallenteranno di un ulteriore capitolo l'ingresso in scena di Gabriel (l'avevo previsto per il 20, ma di questo passo arriverà probabilmente nel 21)... Comunque Ronnie comparirà tra poco. XD
     
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  9. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 18/6/2013, 01:36) 
    CITAZIONE
    Ora ho capito da dove proviene la frase della tua firma! Ho sempre adorato questa tua frase!

    In realtà quella frase ha una storia un po' più complessa. :D
    Ricordo che la prima volta che la scrissi, la scrissi sul mio diario (sì, tengo un diario, lo ammetto, e ci scrivo ogni giorno anche se fossero due righe XD) come pensiero di fine giornata. Poi, siccome suonava bene, l'ho inserita in precedenza in un altro mio racconto ed è diventata una sorta di marchio di fabbrica. Quindi, potenzialmente, potrei inserirla anche in altri racconti o romanzi in futuro... ma non lo so. ^^ Diciamo che qui, secondo me, ci stava bene!

    Ci sta moolto bene, direi! Però è una bella frase, ma bella bella e che soprattutto condivido in pieno! :)


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 18/6/2013, 01:36) 
    CITAZIONE
    E Yuma, Ronnie non è pazzo, fattelo dire da me che lo conosco bene!

    Dato che più si fa tardi e più i miei riflessi peggiorano, non mi ero accorta della seconda metà della frase e, a una prima lettura, avevo letto "E Yuma, Ronnie non è pazzo, fattelo". A quest'ora sono fusa. XD

    Aahahhahahahha! Ma dai!
    Semmai me lo faccio io!

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 18/6/2013, 01:36) 
    CITAZIONE
    Ok, mi spavento da sola... inizio a parlare con i personaggi! Sarà mica grave?

    Se fosse grave, probabilmente io sarei già finita in manicomio da un bel po'! XD

    Sto lavorando a delle novità. u.u Queste forse rallenteranno di un ulteriore capitolo l'ingresso in scena di Gabriel (l'avevo previsto per il 20, ma di questo passo arriverà probabilmente nel 21)... Comunque Ronnie comparirà tra poco. XD

    Allora mi sa che ci finiremo entrambe di questo passo! ahahahah

    Per delle novità sono disposta ad aspettare! Uh, non vedo l'ora di leggereeeeeee!
     
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    Ci sta moolto bene, direi! Però è una bella frase, ma bella bella e che soprattutto condivido in pieno!

    *______*

    CITAZIONE
    Semmai me lo faccio io!

    Perché io mi aspettavo un commento del genere? :P
     
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  11. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 18/6/2013, 02:19) 
    CITAZIONE
    Semmai me lo faccio io!

    Perché io mi aspettavo un commento del genere? :P

    Perchè oramai mi conosci troooooppo bene! :lol:
     
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  12.     +1   -1
     
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    Ecco la prima parte del capitolo 19.



    Capitolo 19.
    La grafia ordinata di Yuma era inconfondibile: anche senza la sua firma, Michel l’avrebbe riconosciuta lontano un miglio. Ciò che la ragazza aveva scritto gli appariva più enigmatico di quanto non gli fosse sembrato ad una prima lettura, come se tra le righe ci fosse qualcosa in più rispetto a quello che aveva sempre saputo.

    Quando leggerai questo biglietto, probabilmente io sarò già partita: non so dirti se e quando potrò tornare. Sarò io a mettermi in contatto con te. Andrò da Naive e da mia sorella, non so quanto mi fermerò.
    Ti chiedo di perdonarmi per non averti comunicato prima la mia intenzione di andarmene, ma ho dovuto fare tutto molto in fretta: stasera mio padre andrà a giocare a biliardo insieme alla sua amica, quella che di tanto in tanto viene a trovarlo a casa nostra, e devo approfittare della sua assenza. La situazione non è peggiorata più di tanto, ma dato che non accenna a migliorare devo essere io ad agire in prima persona.
    Ti chiamerò appena mi sarà possibile.

    Yuma.

    Che cosa poteva spingere una ragazza, che qualche mese prima aveva fatto il possibile e l’impossibile per allontanare una bambina di undici anni da suo padre, a lasciare la propria casa? Per quanto aveva sempre saputo Melvin Emerson era un uomo molto invadente nei confronti della figlia maggiore, che non le lasciava la possibilità di frequentare chi voleva. Ma era davvero così? Un padre che dettava legge era un motivo valido per sparire nel nulla – o quasi – dopo avergli lasciato una busta con dentro un biglietto nella cassetta della posta?
    Era in un momento come quello che Michel rimpiangeva l’assenza di Ronnie: il suo coinquilino era partito la domenica precedente diretto nella propria città natale, dove si sarebbe fermato per oltre una settimana. Era stata una sua collega a convincerlo ad accettare l’invito di sua madre, quella fantomatica Patricia Spencer che già da molto tempo avrebbe desiderato portarlo all’altare e che, Michel ne era fermamente convinto, ci sarebbe riuscita senza problemi se solo non avesse avuto così tanti anni in più rispetto a lui.
    “Ronnie avrebbe sfoderato la sua migliore espressione da bravo ragazzo e mi avrebbe senz’altro consigliato la cosa migliore da fare, in una situazione di questo tipo” valutò. “A quel punto sarebbe stato tutto molto più semplice, dato che mi sarebbe bastato fare l’esatto opposto.”
    Infilò il biglietto in tasca, avvicinandosi all’insegna al neon del localetto da quattro soldi che Melvin Emerson e la sua fantomatica amica – probabilmente una donna di mezza età dall’aria rozza che gli scaldava il letto – erano soliti frequentare.
    Non sapeva cos’avrebbe detto a Melvin, una volta che l’avesse raggiunto nel locale. Anzi, non sapeva nemmeno se sarebbe entrato.
    Guardò la porta spalancarsi. Ne uscì una ragazza che doveva avere più o meno la sua età, o forse qualche anno in più. Portava una giacca di lana abbinata a una gonna scozzese e aveva i capelli castani raccolti in un’antiquata acconciatura.
    “E questa chi è?” si domandò Michel. “Sembra mia nonna con cinquant’anni di meno!”
    Proprio mentre continuava a fissare l’insegna del locale, la ragazza gli andò vicino e gli domandò, con un sorrisetto a stento trattenuto: «Ti stai chiedendo se valga la pena di entrare in quel luogo di perdizione oppure no?»
    Michel spalancò gli occhi.
    «Luogo di perdizione?» ripeté, domandandosi chi diamine fosse quella sconosciuta e, soprattutto, che cosa volesse da lui.
    La ragazza rise.
    «Scherzavo, naturalmente. È un posto che fa veramente schifo, c’è solo gente di mezza età che beve di più di quanto dovrebbe.»
    «Non m’importa di chi sia la clientela target» ammise Michel. «Sono qui perché dovrei parlare con una persona.»
    La ragazza annuì.
    «Capisco, e sei qui che ti chiedi se sia il caso di farlo oppure no.»
    Michel rabbrividì.
    Perché aveva l’impressione che quella maledetta sconosciuta sapesse perfettamente perché si trovava lì?
    Lei, da parte sua, riprese a ridere.
    «Ti chiedo come faccio a saperlo, non è vero?»
    «Beh, sì...» ammise Michel.
    «Ho una certa esperienza in fatto di ragazzi che non sanno prendere la decisione giusta. Rimangono lì per ore, in attesa di ricevere da Dio in persona un’illuminazione e capire quale sia la cosa migliore da fare.»
    «Mi dispiace deluderti, ma non credo in Dio.»
    «Allora farai parte di quell’altra categoria di indecisi, quelli che sanno che, comunque vada, tutto è già scritto nel loro destino e...»
    «Non credo nemmeno nel destino.»
    La ragazza sbuffò.
    «Che palle! Possibile che tu non creda in nulla?»
    «Credo nell’intelletto umano» ribatté Michel, ormai convinto che quella ragazza non potesse essere in alcun modo pericolosa. Era soltanto la prima venuta che, per il semplice fatto di averlo trovato sulla sua strada, si sentiva autorizzata a sommergerlo con chiacchiere senza alcuno scopo. «La mia mente mi indicherà quale sia la strada migliore da percorrere.»
    Lei alzò gli occhi al cielo.
    «Beato te! Anch’io vorrei tanto essere capace di credere in me stessa.»
    Michel osservò, a quel punto: «Potresti accompagnarmi dentro. Magari potrei darti qualche lezione su come credere in te stessa.»
    La ragazza gli lanciò un’occhiataccia.
    «Pensi che io voglia venire a chiudermi insieme a te nel cesso di un locale malfamato?»
    «Non ho detto niente di tutto questo.»
    «Meno male!» ribatté lei. «Credo che l’ultima volta che hanno pulito quei cessi non avessero ancora inventato l’anticalcare! Sono davvero orripilanti. Ci sono posti molto più invitanti in cui...»
    Michel la interruppe: «Non ho questa intenzione. Non è mia abitudine rimorchiare le perfette sconosciute.»
    Lei rise.
    «Perfetto, allora mi presento. Io sono Pam.»
    «Piacere di conoscerti, spero che tu non abbia nulla in contrario se non ti dico come mi chiamo. Oltre a non scoparmi le sconosciute, non ho nemmeno l’abitudine di informarle dei miei dati personali.»
    Pam annuì.
    «Come ti pare. Tanto sono convinta che un giorno ci rivedremo... e chissà, magari allora si saranno decisi a disinfestare i bagni di questo locale.»
    «O magari tu avrai incontrato l’uomo della tua vita» suggerì Michel, «E non vorrai più saperne di provarci con me.»
    «Non ci stavo provando.»
    «Ah, no?»
    «Mi piace essere corteggiata» ribatté Pam. «Speravo che fossi tu a provarci con me.»
    «Allora mi spiace deluderti, perché ho qualcosa di molto più importante da fare.»
    Si avvicinò alla porta ed entrò, ritrovandosi sommerso da un odore di fumo talmente forte da fargli lacrimare gli occhi, nonostante ci fosse abituato.
    Prese a guardarsi intorno, alla ricerca di Melvin Emerson. Non gli volle molto per individuarlo: era seduto ad un tavolo insieme a una donna con i capelli raccolti in una coda, che Michel vedeva soltanto di spalle.
    “Immagino che quella sia la sua amica.”
    Si avvicinò in fretta, perché sapeva che se non l’avesse fatto subito avrebbe finito per cambiare idea. I motivi per cui avrebbe potuto farlo erano tanti: Yuma non voleva che suo padre venisse a sapere che loro due si frequentavano ancora, ma soprattutto aveva lasciato Black Hill a sua insaputa e avrebbe potuto reagire molto male se Michel l’avesse informato di questa sua decisione.
    “È inutile farsi paranoie” concluse infine, quando ormai era a due passi dal tavolo al quale Melvin era seduto insieme all’accompagnatrice. “Vada come vada, è giusto che quest’uomo sappia che cosa penso di lui.”
    I due, ancora immersi in un’amabile conversazione, non si accorsero di lui, che rimase per qualche istante in attesa.
    «Melvin?» lo chiamò infine.
    Il padre di Yuma alzò gli occhi verso di lui.
    Alla donna sfuggì un’esclamazione: «E tu che ci fai qui?»
    Michel si girò di scatto.
    «Che cosa ci faccio io? Che cosa ci fai tu, piuttosto?!»
     
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    Parte conclusiva del capitolo 19.



    Rachel rise, divertita.
    «Che cosa credi, Michel, che io non abbia una vita privata al di fuori del lavoro?»
    «Diciamo che mi sembra strano trovarti qui.»
    «Strano... Tutto quello che non ci aspettiamo può sembrarci strano. Che cosa ne sai di me, alla fine?»
    “Niente.”
    Rachel era la cugina di Tom Harvey e gli faceva da segretaria, ma se avesse dovuto aggiungere qualcos’altro, Michel non avrebbe saputo farlo nemmeno lontanamente. Potevano esserci mille ragioni per cui si trovava proprio lì, seduta di fronte a Melvin Emerson.
    «Tu, piuttosto, che cosa ci fai qui?»
    «Cercavo una persona» ammise Michel, «Qualcuno che è seduto al tuo stesso tavolo.»
    Melvin, che fino a quel momento non aveva proferito parola, si rivolse a lui: «Non vedo il motivo per cui un ragazzo della tua età debba venire qui a cercare me. Non mi pare che ci conosciamo, io e te.»
    «Noi due no» convenne Michel, «Ma conosco Yuma.»
    Melvin annuì.
    «Già. Sei quello che ha tentato di allontanare mia figlia dalla retta via. Fortunatamente, da quando non ti frequenta più, si è tolta dalla testa alcune di quelle sue idee assurde che avrebbero potuto rivelarsi parecchio dannose per lei.»
    «Io non ho tentato di allontanare nessuno dalla retta via. E poi...»
    S’interruppe, e Melvin lo esortò a proseguire: «E poi?»
    Michel era stato sul punto di rivelare all’uomo che aveva davanti che non aveva smesso di vedere Yuma, ma era sicuro che la sua ragazza non avrebbe approvato, se l’avesse fatto. Rispose, perciò: «E poi credo che tua figlia sia grande abbastanza per decidere chi vedere.»
    «Mia figlia è ancora una bambina» replicò Melvin. «È meglio che non frequenti certa feccia. Tu le hai messo strane idee in testa e lei ha cercato di andarsene. Per fortuna sono riuscito a farla ragionare.»
    «Forse non tanto quanto speri» lo informò Michel, a quel punto. «Magari, proprio in questo momento, tua figlia sta progettando di andarsene via di nuovo.»
    «Yuma non lo farebbe mai.»
    «Ne sei proprio sicuro?»
    Prima che Melvin potesse replicare, Rachel intervenne: «Conosco quella ragazza quanto basta per poter dire che ha imparato dai propri errori e che non li ripeterà. Se n’è andata una volta, è vero, ma non lo rifarà.»
    «Vedo che mi leggi nella mente» ribatté Melvin. «Mi dispiace davvero, quindi, escluderti, ma mi piacerebbe scambiare due parole in privato con questo individuo. Che ne dici di lasciarci soli?»
    «Ma neanche per sogno!» sbottò Rachel. «Questo è il nostro tavolo e gli sconosciuti sono pregati di andarsene.»
    «Io non sono uno sconosciuto» le ricordò Michel. «Anzi, si può quasi dire che io e te lavoriamo insieme.»
    Melvin rise.
    «Vedi, Rachel? Te l’ho sempre detto che faresti bene a cambiare lavoro e ad avere a che fare con persone di maggiore classe.»
    «Si vede che le persone di alta classe non le interessano» replicò Michel. «Altrimenti non starebbe qui insieme a te.»
    Melvin lo fulminò con lo sguardo.
    «Non sei nella posizione migliore per poter dire qualcosa contro di me.»
    «Penso che possa valere anche l’opposto.»
    «Pensi male, allora. Io so tante cose di te.»
    «Non penso proprio» ribatté Michel. «Non sembri il padre ideale con il quale confidarsi... e dubito fortemente che Yuma l’abbia fatto!»
    «Ci sono tanti modi per raccogliere informazioni, senza dover ascoltare le parole senza senso di una ragazzina senza cervello.»
    «Yuma non è...»
    Melvin lo interruppe: «Non siamo qui per discutere di cosa sia o cosa non sia Yuma, e onestamente non credo proprio che spetti a te giudicare. Qualsiasi puttanella di età inferiore ai vent’anni ti farebbe lo stesso effetto. Questo è uno dei tanti motivi per cui mi chiedo perché tu ti sia fissato proprio con mia figlia, ma direi che possiamo lasciar perdere. Ti stavo dicendo che ci sono tanti modi per raccogliere informazioni, e proprio tu che lo fai per mestiere dovresti saperlo. Io so tutto di te.»
    Michel scosse la testa.
    «Io non ne sarei tanto sicuro.»
    «Se vuoi illuderti che non sia così, sei libero di farlo. Per quanto mi riguarda so perfino che tuo padre ti ritiene un fallito e che non vuole più avere a che fare con te. Non hai certo una buona reputazione.»
    «Purtroppo nessuno può scegliere come devono essere i propri figli» replicò Michel. «Allo stesso modo non possiamo sceglierci i genitori. Mio padre è sfortunato a non avere il figlio perfetto che desiderava, Yuma è stata sfortunata perché ha un padre come te!»
    «Sfortunata?» replicò Melvin. «Non penso proprio. Anzi, direi che è stata fortunatissima. Sono sempre stato un buon padre per lei.»
    «Non ne sono tanto convinto.»
    Rachel s’intromise: «Qualsiasi siano le tue convinzioni, però, potresti anche andartene.» Melvin la guardò con aria di approvazione, mentre proseguiva: «Io e Mel non abbiamo tempo da perdere con te.»
    «Perché? Il torneo di biliardo inizierà a momenti?» azzardò Michel. «Pensavo fosse già finito.»
    Melvin gli lanciò un’occhiataccia.
    «Come fai a sapere del torneo?»
    «L’hai detto tu stesso, raccogliere informazioni è il mio lavoro.»
    Melvin si alzò in piedi, di scatto.
    «Te l’ha forse detto quella testa di cazzo di mia figlia? Vi sentite ancora?»
    «C’era gente che ne parlava, tutto qui, non c’è bisogno che ti scaldi tanto. E poi dovresti finirla di insultare tua figlia.»
    «Non sei nessuno per dirmi chi posso e chi non posso insultare.»
    «E tu non sei nessuno per dirmi che devo andarmene.» Guardò Rachel. «Anzi, voi non siete nessuno.»
    La segretaria di Harvey rise.
    «Fai attenzione a quello che dici, Michel. Io ho molta influenza su Tom.»
    «Sì, devo ammettere che sei molto importante per lui: se non gli ricordassi di andare a pagare la bolletta della luce, gli avrebbero già staccato la corrente da un pezzo.»
    Rachel sospirò.
    «Ci vuole qualcuno che si occupi anche di questo, non credi?»
    «Suppongo di sì.»
    «Perfetto. Allora vattene.»
    Michel sorrise.
    «Le due cose sono forse connesse l’una con l’altra?»
    «È la nostra volontà che decide che cosa sia connesso e che cosa non lo sia. In questo momento io ho deciso che non ti voglio tra le palle.»
    «Non esprimerti come uno scaricatore di porto» le suggerì Michel. «Il tuo linguaggio non è adeguato a una signora.»
    «E tu non sei adeguato in questo locale» intervenne Melvin. «Vattene, prima che chiami gli addetti alla sicurezza.»
    Michel si guardò intorno.
    «Non mi pare di vederne. E soprattutto per quale motivo loro dovrebbero intervenire? Non ho fatto niente di male.»
    «Ci stai disturbando» puntualizzò Rachel. «Non hai nessuna ragione per stare qui. Sparisci, prima che sia troppo tardi.»
    «Faresti meglio ad ascoltarla» le fece eco Melvin. «Hai già sprecato anche troppo tempo qui.»
    «Come vuoi, me ne vado» concesse Michel. «Prima, però, spero che mi permetterai di mettere in chiaro una cosa.»
    Melvin annuì.
    «Come vuoi.»
    «Raccogliere informazioni è il mio lavoro, l’hai detto tu stesso.»
    «Credo che sia una buona definizione.»
    «Appunto» convenne Michel. «Tieni presente che, se dovessi scoprire informazioni sgradevoli sul tuo conto, potresti fare una brutta fine.»
    «Allora non ho niente da temere» ribatté Melvin. «Io non ho niente da nascondere.»
    «Eppure tua figlia non ti ritiene adeguato a crescere una bambina» gli ricordò Michel. «Inizia a pregare che sia solo perché trascorri il tuo tempo libero a giocare a biliardo in questo locale da quattro soldi!»
     
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  14. GÆBRIEL
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    Michel e Melvin... mi aspetto scintilleee! ahahah!

    Chissà Melvin come prenderà la decisione di Yuma...

    Inutile che te lo dica, vero?
     
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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 18/6/2013, 16:01) 
    Inutile che te lo dica, vero?

    Che vuoi Ronnie o che vuoi il seguito?
    Perché se vuoi la seconda parte del capitolo, l'ho aggiunta tipo due minuti fa! XD
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
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