Anime di metallo

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    CITAZIONE (GÆBRIEL @ 12/6/2013, 13:25) 
    A dire il vero l'avevo letto ieri sera, ma ho dimenticato a commentare. XD

    Non preoccuparti! :D

    CITAZIONE
    Allora sono sempre della stessa idea, secondo me Ronnie (poretto lui) sta entrando in un gioco malvagio dato dalla mente di qualcuno che sta lo sta comandando come se fosse un burattino.

    Credo che questa sia un'interpretazione molto interessante! In effetti la situazione per lui potrebbe essere più complessa di come possa apparire in un primo momento...

    CITAZIONE
    Naive però mi piace perchè ha tentato di farlo uscire da tale gioco. E secondo me Heaven potrebbe essere una sorta di chiave, di equilibro di tutto quello che sta accadendo intorno ai protagonisti.,

    Naive e Heaven avranno un'importanza maggiore soprattutto nella terza parte (la prima è quasi finita, mancano due capitoli che ho già abbozzato - non sembra ma quelle che ho messo finora sono oltre 60 pagine word in times new roman 12 XD), però in effetti anche questa interpretazione potrebbe essere simile a quella che farai quando arriverai alla terza parte! :D


    PS. vado un po' off topic, ma ti pregherei di visualizzare un messaggio per te tu-sai-dove! XD
     
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  2. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 12/6/2013, 15:07) 
    CITAZIONE
    Allora sono sempre della stessa idea, secondo me Ronnie (poretto lui) sta entrando in un gioco malvagio dato dalla mente di qualcuno che sta lo sta comandando come se fosse un burattino.

    Credo che questa sia un'interpretazione molto interessante! In effetti la situazione per lui potrebbe essere più complessa di come possa apparire in un primo momento...

    Lo credo fortemente! Povero Ronnie... chissà quante ne deve passare ancora.

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 12/6/2013, 15:07) 
    CITAZIONE
    Naive però mi piace perchè ha tentato di farlo uscire da tale gioco. E secondo me Heaven potrebbe essere una sorta di chiave, di equilibro di tutto quello che sta accadendo intorno ai protagonisti.,

    Naive e Heaven avranno un'importanza maggiore soprattutto nella terza parte (la prima è quasi finita, mancano due capitoli che ho già abbozzato - non sembra ma quelle che ho messo finora sono oltre 60 pagine word in times new roman 12 XD), però in effetti anche questa interpretazione potrebbe essere simile a quella che farai quando arriverai alla terza parte! :D

    :woot: 60 pagine word! Wow!
    Domandina: quante parti saranno in tutto?

    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 12/6/2013, 15:07) 
    PS. vado un po' off topic, ma ti pregherei di visualizzare un messaggio per te tu-sai-dove! XD

    Risposto! :D
     
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    Lo credo fortemente! Povero Ronnie... chissà quante ne deve passare ancora.

    Tante... troppe forse! :D

    CITAZIONE
    60 pagine word! Wow!
    Domandina: quante parti saranno in tutto?

    62 per l'esattezza fino a lì.
    Con i capitoli già abbozzati ma da rivedere (15 e 16) arriviamo a 60.
    Dovrebbero essere tre parti in tutto, intorno alle 65-70 pagine ciascuna, ma non escludo che possano variare in seguito, dato che al momento la storia ce l'ho in testa fino alla fine della seconda parte (anche se qualche piccola variante potrebbe esserci), ma per quanto riguarda la terza è ancora in fase di definizione. ^^
     
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  4. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 12/6/2013, 18:49) 
    62 per l'esattezza fino a lì.
    Con i capitoli già abbozzati ma da rivedere (15 e 16) arriviamo a 60.
    Dovrebbero essere tre parti in tutto, intorno alle 65-70 pagine ciascuna, ma non escludo che possano variare in seguito, dato che al momento la storia ce l'ho in testa fino alla fine della seconda parte (anche se qualche piccola variante potrebbe esserci), ma per quanto riguarda la terza è ancora in fase di definizione. ^^

    Beh il fatto che tu ce l'abbia tutto in testa è un ottima cosa!

    E ora ho un'altra domanda: quando posti il 15° capitolo?
     
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    La prima parte la posto adesso. :D



    Capitolo 15.
    Ronnie si era dato una scadenza e questa era abbondantemente superata: quando non era riuscito a scoprire nulla chiamando Naive aveva deciso che avrebbe atteso fino all’ultimo giorno di settembre poi, se Yuma non si fosse fatta viva, si sarebbe deciso e sarebbe ripartito per Black Hill e riprendere la propria vita di tutti i giorni. La sua partenza improvvisa non gli aveva nemmeno causato problemi al lavoro – essere al primo posto nella lista che Patricia Spencer teneva a proposito degli uomini che le sarebbe piaciuto frequentare talvolta gli garantiva uno status privilegiato – e doveva approfittare almeno di quella fortuna.
    Inoltre era già il 2 ottobre: aveva deciso di attendere Yuma per tutto il weekend, prolungando l’attesa quindi anche alla domenica, primo giorno del mese, ma ancora una volta non era cambiato nulla, quindi non valeva più la pena di attendere.
    Non era cambiato nulla, almeno in apparenza, ma Ronnie non negava che rivedere Ralph ancora una volta – per caso, non aveva certo cercato lui quell’incontro – aveva complicato le cose e l’aveva costretto ad affrontare un’altra notte di incubi.
    Affacciandosi alla finestra dalla quale non vedeva certo il migliore dei panorami – forse era questa la ragione per cui la giovane cameriera con cui aveva parlato giorni prima trovava così tanto fascino nei pavimenti che contemplava come se fossero stati una delle sette meraviglie del mondo – si domandò se dare la colpa a Ralph non fosse soltanto una scusa. Forse lo era: se avesse avuto la coscienza pulita, non avrebbe avuto alcun problema ad affrontare le accuse che suo fratello un tempo si limitava a lanciargli soltanto velatamente e che adesso gli metteva davanti senza usare mezzi termini.
    «Convincerò Kelly a confessarmi tutto» l’aveva avvertito, comparendo all’improvviso alle sue spalle.
    Ronnie si era girato di scatto; non l’aveva sentito arrivare.
    «Che cosa ci fai qui?»
    «Potrei farti la stessa domanda» aveva replicato Ralph, «E ti ricordo che tra noi due sono io quello che risiede a Starlit Spring e che quindi ha tutti i diritti di stare qui.»
    «Non sapevo che a Starlit Spring non fossero ammessi i non residenti... o meglio, quelli che non abitano più qui dopo averci trascorso oltre vent’anni!»
    «Quelli che non hanno scheletri nell’armadio non mi danno fastidio. Tu, però, non appartieni a quell’innocua categoria.»
    Ronnie aveva obiettato: «Se la mia presenza ti infastidisce così tanto, nessuno ti obbliga a venirmi a parlare se mi vedi per strada.»
    «Ne farei volentieri a meno» aveva risposto Ralph, «Ma ritenevo opportuno dirti che cos’ho intenzione di fare.»
    «Me l’hai appena detto, appunto.»
    «Ma non ho finito...»
    Ronnie aveva alzato gli occhi al cielo.
    «Allora finisci, così puoi andartene una volta per tutte.»
    Ralph gli era sembrato divertito, mentre replicava: «Niente finisce così, una volta per tutte, quindi ti sarà molto difficile liberarti di me, a meno che tu non scelga di tornartene da dove sei venuto e di permettere a tutti noi di non doverci più sorbire la tua presenza!»
    «Concludi il tuo discorso, in ogni caso» l’aveva esortato Ronnie. «Non ho tempo da perdere.»
    «Fai bene a non voler perdere tempo» aveva rimarcato Ralph. «Niente finisce così, una volta per tutte, tranne la vita. Quante persone ci sono che muoiono senza nemmeno rendersi conto che la loro vita sta terminando?»
    Ronnie aveva abbassato lo sguardo.
    «Tante, suppongo.»
    «Esatto, specie quando la sorte avversa ci si mette di mezzo.» Ralph si era interrotto e l’aveva fissato a lungo, prima di proseguire: «Oppure, certe volte, non è una questione di mera sfortuna. Si può morire anche perché qualcuno aiuta la sfortuna a far capitare certe cose. Immagino che tu e Kelly ne sappiate qualcosa.»
    Ronnie aveva finalmente annuito.
    «Appunto, è quello che immagini, come tu stesso hai appena detto.»
    «Vuoi forse negare che sia la verità?»
    «Il tuo problema, Ralph, è che credi di avere in mano una verità di cui in realtà non hai alcuna prova» aveva puntualizzato Ronnie. «Sei talmente tanto convinto che Rick non possa essere responsabile della propria morte che ritieni che tutto quello che pensi sia necessariamente vero. Ti è mai venuto il sospetto che non possa essere veramente così?»
    «A volte sì» aveva ammesso Ralph, «Ma mi è bastato guardarti negli occhi per capire che avevo ragione. Tu e Kelly volevate vivere la vostra tresca alla luce del sole e avete pensato bene di liberarvi di Rick!»
    Ronnie l’aveva guardato con gli occhi spalancati per lo stupore.
    «Tu... tu pensi che...?»
    Ralph l’aveva interrotto: «Mi sono chiesto per anni quali fossero le ragioni. Non appena ho scoperto che cosa c’era tra te e lei, ho capito che il motivo doveva essere questo. Poi, ovviamente, deve essere successo qualcosa di poco piacevole tra di voi, altrimenti avreste recitato la parte delle persone addolorate che, dopo un tempo sufficientemente ragionevole, capiscono di essere fatte per stare insieme.»
    «Queste sono soltanto fantasie» aveva replicato Ronnie, contento di potere finalmente dare una risposta sincera. «Non ho mai sentito niente di più ridicolo e non credo di avere motivi validi per starti ad ascoltare.»
    Aveva voltato le spalle al fratello e aveva fatto per andarsene, fermandosi soltanto quando aveva udito la sua voce ancora una volta.
    «Lo vedi? Invece di dare la tua versione dei fatti te ne vai. Questa è l’ennesima prova che hai qualcosa da nascondere.»
    «Per me non c’è niente di più irrilevante del tuo parere» aveva replicato Ronnie, pronto ad andarsene davvero.
    Si era fermato ancora una volta quando Ralph gli aveva confidato: «Penso di avere trovato un modo per costringere Kelly a raccontarmi per filo e per segno che cos’avete fatto. Sono pronto a fare qualsiasi cosa pur di scoprire che cos’è successo davvero a Rick.»
    «Potresti accontentarti di quello che già sai» gli aveva suggerito Ronnie. «Non sono convinto che Kelly possa dirti molto.»
    Sapeva che, sebbene Kelly fosse al corrente di tutto quello che era successo, non avrebbe mai parlato: nessuno aveva la benché minima prova contro di lei, a parte lo stesso Ronnie, che ovviamente non avrebbe mai permesso che il loro segreto venisse alla luce. Tutto quello che Ralph gli aveva detto il giorno precedente non lo spaventava. Non era nemmeno stato in grado di replicare alle sue parole, probabilmente aveva già esaurito tutte le possibili accuse e aveva capito che più si arrampicava sugli specchi e più si allontanava dalla verità che aveva intuito.
    “Dovrebbe mettersi il cuore in pace” pensò Ronnie, “almeno lui che quella sera preferì rimanere a casa a studiare piuttosto che uscire con noi.”
    Quella mattina non fu costretto a sforzarsi troppo per scacciare quelle riflessioni: sapeva già che non poteva fare null’altro, se non andarsene una volta per tutte da Starlit Spring.
    Raccolse i propri effetti personali, lasciò la stanza, saldò il conto – quello di Yuma risultò essere stato già pagato, anche se non da lei in prima persona – e salutò per l’ultima volta la giovane cameriera che, nel weekend appena trascorso, non aveva visto nemmeno una volta.
    «Spero che possa rivedere presto la sua amica» aggiunse lei, un attimo prima di scomparire per sempre dal suo campo visivo.
    «Lo spero anch’io» mormorò Ronnie, tra sé e sé, mentre usciva, anche se sospettava fortemente di dover attendere il proprio rientro a Black Hill per poter vedere di nuovo qualcuno di sua conoscenza.
    Le sue aspettative vennero smentite all’istante Ronnie strabuzzò gli occhi per la sorpresa nel vedersi apparire davanti Michel.
     
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    «Cosa ci fai qui?»
    «Forse dovrei chiederti cosa ci fai tu a Starlit Spring» ribatté Michel. «Io ti avevo detto che sarei partito.»
    «Che saresti partito per la tua città natale, per l’esattezza» puntualizzò Ronnie. «Devo pensare che tu sia stato a trovare i tuoi familiari a Dark River e che poi per caso ti sia ritrovato a passare da queste parti?»
    Michel rise.
    «Diciamo che la mia destinazione era un segreto professionale.»
    «Uno dei tanti.»
    Michel annuì.
    «Noi professionisti ci teniamo alla nostra privacy!»
    Ronnie non poté fare a meno di chiedergli: «Perché eri qui?»
    Michel riprese a ridere.
    «Non c’è motivo per cui dovrei dirtelo.»
    «Non c’è motivo per dirlo a me
    «Già» confermò Michel. «Mi è stato detto che tu abbia portato Yuma qui a cercarmi.»
    «Le notizie volano» osservò Ronnie. «Potrei sapere come fai a saperlo?»
    «Le notizie volano, l’hai detto tu» precisò Michel. «Anche questo, comunque, è un segreto professionale.»
    «Hai troppi segreti professionali.»
    «Sì, può darsi» ammise Michel. «Il punto, però, è un altro: mi è chiaro che hai portato Yuma qui e poi hai trascorso il tempo rimanente insieme alla tua famiglia...»
    Ronnie lo interruppe: «Non è andata proprio così.»
    «Intendi dire che i tuoi rapporti con la tua famiglia sono pessimi quasi quanto i miei rapporti con la mia?»
    Ronnie rifletté.
    «Forse di più.»
    Per quanto ne sapeva, a scatenare dissapori tra Michel e i suoi genitori era stata la sua decisione di non occuparsi delle imprese di famiglia e di lasciare Dark River. Senza ombra di dubbio, Ronnie lo sapeva, la situazione sarebbe stata ben diversa – molto più leggera – se anziché essere stato coinvolto nell’incidente in cui Rick era morto si fosse limitato a lasciare lo studio commerciale di suo padre, dove aveva lavorato anni prima, e a trasferirsi in un’altra città.
    Michel, poco convinto, scosse la testa.
    «Credo sia impossibile.»
    «Mi sottovaluti, allora» ribatté Ronnie.
    «Mi sembra improbabile. Tu non sei uno scapestrato, non capisco come potrebbe la tua famiglia avere qualcosa da ridire su di te.»
    «È meglio che tu non lo sappia, allora.»
    Michel annuì.
    «Può darsi che sia così. Veniamo a qualcosa di più importante, però: da quanto tempo Yuma, convinta che io fossi davvero a Dark River, se n’è tornata a casa?»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Perché, Yuma per caso ti ha detto che tornava a Black Hill?»
    «Beh, no, ma l’ho immaginato, anche se in realtà non sono riuscito a contattarla.»
    «Forse, allora, non è tornata a casa» osservò Ronnie.
    «E dove potrebbe essere andata?»
    «Se ha scelto di venire a cercarti è perché ha avuto dei problemi e non poteva più stare a casa con suo padre.»
    «Te ne ha parlato?»
    «Più o meno.»
    «Complimenti, allora, se sei riuscito a strapparle qualche parola di bocca» replicò Michel. «Un giorno dovrai spiegarmi come hai fatto.»
    «Diciamo che ha dovuto per forza dirmi qualcosa» precisò Ronnie. «Dopotutto sono stato io quello da cui ha preteso di essere accompagnata a casa di sua zia.»
    «Naive?»
    Ronnie annuì.
    «Vedo che ti ha parlato almeno di lei.»
    «Sì, sua madre e Naive erano molto legate – anche se la loro situazione familiare non era esattamente idilliaca: avevano lo stesso padre, ma madri diverse – e anche Yuma vuole molto bene a sua zia» gli spiegò Michel. «Quello che non capisco, però, è perché Yuma sia andata da lei. Non era me che cercava?»
    «Diciamo che cercava te, ma anche un modo per risolvere, almeno in parte, i problemi che ha con suo padre. Ha accompagnato sua sorella da Naive e ora sua sorella è con lei.»
    «E anche Yuma, immagino.»
    Ronnie confermò, seppure non ne fosse del tutto convinto: «Probabilmente è così.»
    «Probabilmente?» ripeté Michel. «Vuoi dire che non ne sei sicuro?»
    «Se n’è andata da un giorno all’altro senza avvertirmi. Pensavo che ti avesse trovato e avesse deciso di tornare a Black Hill insieme a te, ma dato che non è stato così non ci sono altre spiegazioni plausibili.» Quando Ronnie aveva telefonato a Naive lei gli era sembrata sincera, ma poteva essere stata la stessa Yuma a chiederle di coprirla; era evidente che, se lei stessa l’avesse desiderato, sua zia l’avrebbe assecondata. «D’altronde era passato già un po’ di tempo dalla tua partenza, non era così impossibile che tu fossi tornato a casa.»
    «Non avevo ancora portato a termine il mio compito» obiettò Michel. «Lo sai bene che, quando mi prendo un impegno, non desisto finché non sono arrivato a una conclusione.»
    «E ora hai ottenuto quello che cercavi?» volle sapere Ronnie. «Oppure devi fermarti ancora qui?»
    «Non ho ottenuto quello che cercavo» rispose Michel, «Ma temo di non essere stato messo nelle condizioni di riuscirci. È da giorni che non riesco più a contattare quell’imbecille del mio informatore – non ho idea di come il mio capo possa fidarsi di quel coglione – e ho l’impressione che mi abbia sempre nascosto qualcosa.»
    «Dovresti trovarti un lavoro più tranquillo» gli suggerì Ronnie, «Di qualsiasi cosa tu ti stia occupando adesso.»
    «Sì, forse dovrei» ammise Michel. «Ora, comunque, ho intenzione di tornarmene a Black Hill a breve.»
    «Ottima idea.»
    Michel annuì.
    «Ovviamente sì: Dean può anche andare a farsi fottere, per quanto mi riguarda. Ho avuto sue notizie per l’ultima volta martedì scorso, poi il nulla. Considerando che non faceva altro che cercarmi per i motivi più assurdi, ho l’impressione che ci sia qualcosa che non torna. Tra l’altro è da giovedì che cerco di telefonargli e che continua a non rispondermi... proprio da quando ho avuto modo di incontrare una persona di cui avremmo dovuto parlare.»
    «E questo informatore cos’avrebbe dovuto dirti esattamente?»
    «Non c’era niente che dovesse dirmi lui, a proposito di Natascha Harris.»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Natascha Harris?!»
    «Oh, giusto, tu sei nato a Starlit Spring» osservò Michel. «Avrei dovuto immaginarmi che tu la conoscessi.»
    «È un amica di mio fratello.»
    «Ottimo. Allora, prima di ripartire, potresti convincerlo a farmi parlare con lei.»
    Ronnie scosse la testa.
    «Non è il caso.»
    «Sì, invece. Natascha potrebbe rispondere a qualche mia domanda.»
    «Non è il caso, ti ho detto» ribadì Ronnie. «Quando ho specificato che non sono in buoni rapporti con la mia famiglia, non mi riferivo soltanto ai miei genitori. Non ho intenzione di chiedere niente a mio fratello.»
    Michel sospirò con aria rassegnata.
    «Come ti pare. Vorrà dire che sarà Tom Harvey a rispondere a qualche mia domanda, non appena ritornerò a Black Hill.»
    «Tom Harvey?»
    «Il mio capo.»
    Ronnie annuì.
    «Direi che questa idea è senza ombra di dubbio migliore.»
     
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  7. GÆBRIEL
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    E quando c'è Ronnie io sono pienamente feliceee!

    Vorrei tanto sapere dove si sono cacciati Dean e Yuma... e Michel secondo me sa più cose di quante ne vorrebbe ammettere.
     
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    Per il momento mi astengo dal rispondere su Michel... ma Yuma ricomparirà moooolto presto! :D
    Sarà protagonista assoluta del capitolo 16. ^^
     
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  9. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 13/6/2013, 20:58) 
    Per il momento mi astengo dal rispondere su Michel... ma Yuma ricomparirà moooolto presto! :D
    Sarà protagonista assoluta del capitolo 16. ^^

    Oh bene, così mi scioglierò i dubbi! ^_^

    Quando posti? :bounce.gif:
     
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    Prima parte del capitolo 16.



    Capitolo 16.
    Yuma era seduta al tavolo della cucina e stava sfogliando distrattamente un giornale, quando vide suo padre entrare nella stanza.
    «Perché non risolviamo tutto nel più semplice dei modi?» gli propose, per l’ennesima volta, sperando che si rendesse conto che le alternative c’erano – perché dovevano esserci, Yuma ne era sicura. «Non credo che tu abbia molte altre soluzioni.»
    «Sei tu che non hai soluzioni» replicò Melvin. «Seguire Dean e farti riportare a casa era l’unica cosa che potevi fare. Hai fatto una scelta molto intelligente.»
    Yuma obiettò: «Non sono sicura di essere riuscita, dopo essere stata narcotizzata, a fare delle scelte...»
    «Queste sono sottigliezze: non c’erano altri modi per convincerti a tornare» replicò Melvin. «Lo sai che né io né te staremmo bene, se fossimo separati l’uno dall’altra. Nessuno può dividerci: nessuno ha mai potuto farlo e non inizierà a succedere ora.»
    Yuma alzò gli occhi e lo fissò duramente.
    «Tu sei malato.»
    «No» obiettò suo padre. «Io non potrei fare a meno dell’unica donna che amo.»
    «Io sono tua figlia. Per quanto non ti piaccia questa idea – e puoi stare sicuro che io stessa ne sono disgustata – devi accettare la realtà: non c’è niente che tu possa fare, devi solo arrenderti e, se non riesci a stare da solo, trovare una donna che possa amarti per quello che sei.» Yuma abbassò lo sguardo. «Se lo farai e riuscirai a provare un amore sincero per una donna, o anche soltanto una banale attrazione sessuale, non farò niente per metterti i bastoni tra le ruote: non le rivelerò mai tutto il male che mi hai fatto.»
    «Io non ti ho mai fatto del male» la contraddisse Melvin. «Tu sei quello che rimane di Margot! Non puoi non essere lei, sei la donna che amo tornata in un altro corpo, un regalo che non pensavo di meritare.»
    «Io non sono Margot in un altro corpo» replicò Yuma. «Se lo pensi davvero sei pazzo... e se lo dici per giustificare tutto quello che mi hai fatto, la situazione forse è ancora peggiore. Devi farti curare, perché stai diventando più pericoloso di quanto tu sia mai stato.»
    Melvin scosse la testa.
    «Io non sono pericoloso.»
    «Sì, invece. Hai fatto del male a me e stavi per farne a Heaven.»
    «Tu l’hai portata via.»
    Yuma sospirò.
    «Cos’altro potevo fare? Dovevo proteggerla.»
    «Non ce n’era bisogno» rispose Melvin. «Sai bene che, finché tu sarai qui, insieme a me, non la toccherò.»
    «Lo stavi per fare e io ti ho colto sul fatto» gli ricordò Yuma. «Se così non fosse stato, non l’avrei portata via.»
    «È stato un errore, non avrei dovuto» ammise Melvin. «Sei tu quella che amo.»
    «Non dire cazzate.»
    «Non lo sto facendo. Io ti amo e so che tu ami me. Tu sei la mia Margot.»
    Yuma si chiese se valesse la pena di rispondergli e optò per rimanere in silenzio. S’irrigidì quando vide suo padre avvicinarsi.
    «Lasciami in pace» lo pregò, scattando in piedi.
    «Quando ammetterai che io e te siamo anime gemelle, tutto sarà più semplice.»
    Yuma scosse la testa.
    «Sono stanca di queste risposte.»
    «E io sono stanco di vederti mentre tenti di sfuggirmi e fingi di poter vivere anche senza di me, Margot!»
    Yuma spalancò gli occhi.
    Margot.
    Suo padre era arrivato a chiamarla Margot. Si ritrovò a domandarsi quale sarebbe stato il passo successivo e sperò di non scoprire mai quale fosse la risposta.
    «Margot» ripeté, «Perché non dici nulla?»
    «Se la tua Margot, quella vera, fosse qui e potesse vederti, inorridirebbe» puntualizzò Yuma. «Non è fingere che io sia lei il modo migliore per onorare la sua memoria, non credi?»
    «Io la amavo e lei mi è stata portata via» insisté Melvin. «Ho avuto la fortuna di riaverla, non puoi essere tu a negarmela.»
    «Non...»
    Melvin la interruppe: «Dimmi che la vera Margot sei tu. Dimmelo, Yuma, oppure non sarò mai in grado di avere pace.»
    Margot.
    La vera Margot.

    Yuma si chiese per l’ennesima volta come sarebbero andate le cose se sua madre non fosse stata assassinata da ignoti in quella che doveva essere una normale notte di Starlit Spring.
    Melvin non era pazzo, prima di perderla, e non aveva mai mostrato un interesse morboso e malato nei suoi confronti.
    “Ma è davvero così?”
    Il ricordo improvviso di un giorno come tanti, uno di quelli che aveva cercato di lasciarsi alle spalle da quando sua madre era morta ed era iniziato quell’incubo che non sembrava poter finire almeno a breve, la portò a chiedersi se quello che aveva sempre considerato un dato di fatto corrispondesse a una verità innegabile.

    Si era fatto ormai troppo tardi e Yuma era uscita dal cancello: non voleva che qualche insegnante le chiedesse come mai i suoi genitori non fossero ancora venuti a prenderla un’ora e mezza dopo l’inizio delle lezioni. Non c’era più nessuno in giro, ma nonostante questo non aveva avuto paura, anche se prima di allora sua madre non aveva mai ritardato così tanto.
    Il cielo si era fatto sempre più grigio e qualche goccia aveva iniziato, a poco a poco sempre più intensamente, a cadere.
    Yuma si era seduta sul marciapiede accanto al parcheggio ed era rimasta in attesa, senza guardare l’orologio: non le interessava sapere che sua madre avrebbe dovuto essere lì molto tempo prima, quello che contava era che sarebbe venuta: questo non l’aveva messo in discussione nemmeno per un istante.
    Le prime gocce di pioggia si erano intensificate in pochi minuti in una cascata d’acqua. Yuma era inzuppata quando finalmente aveva visto sua madre venirle incontro.
    Era bagnata quanto lei. Correva sui tacchi alti.
    «Yuma!» l’aveva chiamata a gran voce. «Yuma, sono qui!»
    A quel punto si era alzata di scatto e le era corsa incontro.
    «Mamma!»
    «Scusami» aveva mormorato sua madre, abbracciandola. «Non volevo fare tardi.»
    Yuma si era accorta che aveva gli occhi lucidi.
    «Non preoccuparti» l’aveva rassicurata, stringendola forte tra le braccia.
    Aveva sentito che tremava, forse non solo per il freddo.
    «Cos’è successo, mamma?»
    Sua madre si era liberata dal suo abbraccio e aveva scosso la testa.
    «Lascia stare.»
    Yuma l’aveva guardata con aria implorante.
    «A me puoi dirlo.»
    «No, Yuma» aveva replicato sua madre. Aveva sorriso, nonostante le lacrime che, confondendosi con la pioggia, le scendevano lungo le guance. «Forse un giorno capirai, anche se spero che tu non sia mai messa di fronte al fatto di dover comprendere. Comunque vadano le cose, ti prometto che non permetterò a nessuno di farti del male.»
    «Chi dovrebbe farmi del male?»
    «Dico così, per dire.» L’aveva fissata a lungo. «Ora, però, devi essere tu a farmi una promessa, va bene?»
    Yuma aveva annuito.
    «Va bene.»
    «Se qualcuno dovesse comportarsi in modo strano con te, tu mi avvertirai.»
    «In modo... strano?»
    Sua madre aveva annuito.
    «Tutto quello che non ti sembra normale» le aveva spiegato. «Intendo dire, se qualcuno dovesse avvicinarsi a te... in modo diverso dal solito.»
    Seppure non avesse capito che cosa intendeva dirle sua madre, Yuma aveva accettato: «Prometto che ti dirò tutto.»
    «Anche se a comportarsi in modo strano fosse qualcuno di cui ti fidi?» aveva aggiunto sua madre, a quel punto. «Qualcuno a cui vuoi bene?»
    Yuma aveva confermato: «Sì.»
     
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  11. GÆBRIEL
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    Suo padre è un pedofilo psicopatico!
    Oddio fossi in Yuma non resisterei!

    Riguardo alla madre, vuoi vedere che è la donna che è stata uccisa la stessa notte della morte di Rick? Qui gatta ci cova...

    Continuaa!
     
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    Suo padre è un pedofilo psicopatico!
    Oddio fossi in Yuma non resisterei!

    Condivido in pieno. :D
    Comunque più avanti usciranno i motivi per cui Yuma per il momento sta resistendo...

    CITAZIONE
    Riguardo alla madre, vuoi vedere che è la donna che è stata uccisa la stessa notte della morte di Rick? Qui gatta ci cova...

    Non dico nulla. u.u

    Nel pomeriggio posterò la seconda parte del capitolo 16. ^^
     
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  13. GÆBRIEL
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    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/6/2013, 15:32) 
    CITAZIONE
    Suo padre è un pedofilo psicopatico!
    Oddio fossi in Yuma non resisterei!

    Condivido in pieno. :D
    Comunque più avanti usciranno i motivi per cui Yuma per il momento sta resistendo...

    Lo sospettavo! :D


    CITAZIONE (»Milù Sunshine» @ 14/6/2013, 15:32) 
    Nel pomeriggio posterò la seconda parte del capitolo 16. ^^

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    Ecco il tanto atteso aggiornamento! :D
    Con il capitolo 16, che si conclude, si conclude anche la prima parte del romanzo.



    “No, non è così.”
    Yuma sentì gli occhi inumidirsi, ma si sforzò di trattenere le lacrime. Quel ricordo era la conferma di quanto aveva sempre rifiutato di accettare. Il desiderio perverso che suo padre aveva nei suoi confronti non dipendeva affatto dalla tragica morte della donna che sosteneva di amare con tutto se stesso. Aveva già avuto comportamenti deviati in precedenza, comportamenti che Yuma non aveva notato – aveva undici anni, dodici al massimo, quando sotto al diluvio nel parcheggio vicino alla scuola che frequentava all’epoca sua madre le aveva fatto quel discorso – ma di cui Margot si era accorta.
    Finalmente, dopo tanto tempo, Yuma accettò un’idea che la faceva sentire impotente di fronte agli eventi: gli abusi sessuali che aveva subito negli ultimi tre anni sarebbero iniziati prima, se sua madre non fosse stata abbastanza determinata da impedire a Melvin di farle del male.
    Si era lasciata ingannare, a quindici anni, il giorno in cui lui le si era avvicinato, guardandola con occhi carichi di dolcezza.
    «Quei pantaloni sembrano sdruciti» si era limitato a osservare.
    «Vanno benissimo» aveva obiettato Yuma.
    Lui, però, aveva insistito: «Fammi vedere, non voglio che tu vada in giro conciata come una barbona.»
    Si era avvicinato di scatto, fino a spingerla contro la parete.
    «Papà, lasciami!» aveva urlato Yuma. «Vuoi soffocarmi?»
    Aveva sentito la sua mano destra scattare rapidamente per sbottonarle i jeans, mentre gli occhi di suo padre scrutavano i suoi.
    «Sei identica a tua madre, Yuma» aveva mormorato Melvin, a quel punto. «Tu non puoi essere che la mia Margot.»
    Yuma, sconvolta, non era stata capace di opporre resistenza.

    «Dimmi che sei la vera Margot» la pregò ancora una volta suo padre. «Dimmi che non puoi vivere senza di me, che mi starai accanto per tutta la vita.»
    «Non ti dirò niente di tutto questo» sbottò Yuma. «L’unica cosa che posso dirti è che dovrai passare sul mio cadavere per fare a mia sorella quello che hai fatto a me!»
    «Tua sorella non c’entra adesso» obiettò Melvin.
    «C’entra eccome, invece! Se ho avuto il coraggio di ribellarmi alla vita di merda che mi costringi a vivere è stato per lei e...»
    Suo padre la interruppe: «Non si è rivelata una scelta molto sensata, dato che Dean è riuscito a portarti a casa. Credevi di avere vinto, Yuma, ma la realtà è che hai perso da ogni punto di vista, e prima l’accetti e meglio sarà per te.»
    «Sei tu, adesso, quello che crede di avere vinto» replicò Yuma. «La realtà, però, è diversa: Heaven è lontana da te... e ci resterà.»
    «Questo è il tuo più grande errore, te l’ho già spiegato» le ricordò Melvin. Forse si era reso conto che la farsa del cercare la sua Margot dentro di lei non le faceva alcun effetto, perciò aveva deciso di cambiare tattica, cercando di essere più convincente. «Ti avevo lasciato la possibilità di essere libera, ma volevo Heaven in cambio. Tu, invece, hai deciso di portarla da quella stronza di Naive. Io l’ho accettato, ma adesso devi essere tu ad accettare quello che ti chiedo. Non è altro che uno scambio equo.»
    «Non prendermi in giro» ribatté Yuma. «Tu non sai nemmeno che cosa sia uno scambio equo!»
    «Forse non lo so, hai ragione, ma sono io che detto le regole ed è opportuno che tu te lo tenga bene in mente.»
    Aveva perfettamente ragione, Yuma lo sapeva: era stata capace di andarsene, ma non era riuscita a rimanere dov’era. Se n’era andata in spiaggia da sola e, quando uno sconosciuto l’aveva avvicinata facendole credere di avere informazioni sull’assassinio di sua madre, si era istintivamente fidata di lui al punto da salire sulla sua automobile. Se in un primo momento non aveva avuto alternative, avrebbe potuto almeno fermarsi a riflettere quando era tornata all’hotel in cui alloggiava insieme a Ronnie. Dean Tray non l’aveva costretta a salire una seconda volta sulla sua macchina, eppure lei l’aveva fatto. A quel punto Dean l’aveva drogata e tutto doveva essergli sembrato maledettamente facile.
    «Che cosa vuoi esattamente?» domandò Yuma.
    Ormai era pronta a sottostare a qualsiasi accordo, almeno temporaneamente.
    «Nonostante tu ti sia comportata male con me, scappando di casa, le cose non cambieranno» rispose Melvin. «Ti avevo chiesto di rimanere qui e di chiudere con il tuo ragazzo e adesso ti faccio ancora le stesse richieste. Se non vuoi farlo sai dov’è la porta, ma sai anche che, non appena ne uscirai, entrerà tua sorella. È figlia mia e tante persone sono disposte a testimoniare che sono un padre modello. Di fatto tu e tua zia l’avete rapita, pensi che possa avere qualche difficoltà a riprendermela a casa?»
    «Se io ti denunciassi...»
    Melvin la guardò con un’espressione di trionfo.
    «Ti ho chiesto di chiudere con Michel Sallivan, ma non posso certo pretendere che tu lo cancelli dalla tua mente da un momento all’altro.»
    «E quindi?»
    «Quindi suppongo che, anche se lo lasciassi, potrebbe dispiacerti molto nell’apprendere la notizia della sua morte.»
    Yuma spalancò gli occhi.
    «C-cosa vuoi fare?»
    «Non voglio fare niente» la rassicurò suo padre, «Proprio come tu non vuoi sporgere denuncia, vero Yuma?»
    Non le fu facile rispondergli, ma si sforzò di farlo.
    «No, non voglio denunciarti.»
    Melvin annuì, con aria di approvazione.
    «Sapevo che mi avresti dato questa risposta: di te ci si può fidare.»
    «Anche di te, allora» mormorò Yuma. «Resterò con te e lascerò Michel, ma a due condizioni.»
    «Sono io a dettare le condizioni» le ricordò Melvin.
    «Infatti una di queste è quella che hai suggerito tu: Heaven resterà con Naive.»
    «Su questo eravamo già d’accordo e ti deve bastare.»
    «L’altra è una piccola cosa» puntualizzò Yuma. «Voglio poter continuare a lavorare.»
    Melvin sbuffò.
    «Ti piace così tanto fare la cameriera? Posso pensarci io a te, lo farei molto volentieri.»
    «Ti darò tutto il mio stipendio fino all’ultimo centesimo» aggiunse Yuma. «Tu stesso ci guadagneresti.»
    Suo padre sospirò.
    «Se proprio non puoi fare a meno del tuo lavoro, tienilo pure.»
    Yuma avvertì un intenso sollievo.
    «Grazie.»
    Continuare a lavorare era l’unico modo che aveva per poter uscire di casa, e uscire di casa era l’unico modo che aveva per incontrare Michel di nascosto. Sapeva di potercela fare: aveva frequentato diversi ragazzi prima di lui, spinta dal desiderio di non doversi concedere soltanto a un uomo che la costringeva ad avere rapporti con lui, e suo padre non aveva mai scoperto nulla. Se era venuto a sapere che stava insieme a Michel era soltanto perché la loro frequentazione era durata più di quanto Yuma aveva previsto inizialmente e, nel corso dei mesi, il suo livello di attenzione era calato. Finché non si era resa conto che Melvin aveva delle mire su Heaven, era convinta che per lei fosse giunto il momento di farsi una propria vita.
    “E ce la farò” si disse. “Anche se dovessi aspettare anni, prima o poi ce la farò a liberarmi di questo schifo, senza che tocchi a Heaven prendere il mio posto.”

    Fine prima parte

     
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  15. GÆBRIEL
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    Che finale di prima parte travolgente!

    Wooowww!

    :g-milu:

    Continuaaaa!
     
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587 replies since 18/5/2013, 16:33   3088 views
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