Anime di metallo

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Milly Sunshine
        +1   -1
     
    .
    Avatar


    Group
    Founder
    Posts
    70,943
    Scrittore
    +1,079

    Status
    Anonymous
    EPILOGO

    Ottobre 1997

    Non appena Michel riattaccò, Patricia gli domandò: «Come sta?»
    Lui le lanciò un’occhiata assente.
    «Come, scusa?»
    «Yuma» specificò Patricia. «Eri al telefono con lei, no? Come sta?»
    Michel alzò gli occhi al cielo.
    «È quello che ho cercato di scoprire, peraltro senza risultato. Non ha fatto altro che ripetermi che deve vedermi, perché ha qualcosa di molto importante di cui parlarmi...»
    «Allora perché non vai da lei?»
    Michel abbassò lo sguardo.
    «Non so se sia la cosa migliore da fare. Sono successe tante cose...»
    «Sì, per esempio un paio di giorni fa hai rischiato di essere ammazzato.» Patricia rabbrividì al solo pensiero. «È stata una fortuna, comunque, che tu abbia deciso di parcheggiare proprio lì vicino, credo che sia stata la presenza di quella macchina a salvarvi.»
    Michel annuì.
    «A ripensarci, penso che tu abbia ragione.»
    Patricia si morse il labbro inferiore, chiedendosi se fosse il caso di fare a Michel quella che le appariva come un’importante rivelazione.
    “No, sarebbe assurdo, è meglio fare finta di niente.”
    Si rese conto di non essere un genio nel rendersi impassibile non appena Michel le domandò: «C’è qualcosa che dovresti dirmi?»
    «Mhm... no.»
    Michel sorrise, ed era la prima volta in cui Patricia lo vedeva sorridere, da quando Kelly James era morta.
    «Io penso di sì, invece.»
    «Forse dovresti andare da Yuma» gli suggerì Patricia. «Ti ha spiegato che deve parlarti con una certa urgenza, no?»
    «Qualche minuto in più non cambierà le cose» obiettò Michel. «Adesso è il tuo turno.»
    Patricia fece un profondo respiro.
    «Non so come dirtelo, ma...»
    S’interruppe.
    “No, non posso continuare. Mi renderei soltanto ridicola.”
    «Quando hai creduto che io fossi morto ti è mancata la terra sotto ai piedi?» azzardò Michel. «Oppure pensi che io sia sprecato accanto a una come Pamela? Lo penso anch’io, in effetti. Tra tutte le donne che sono cadute ai miei piedi, è di gran lunga la peggiore.»
    Patricia scoppiò a ridere.
    «Te l’hanno mai detto che ti dai troppe arie?»
    «Me l’hanno detto più o meno tutte quelle a cui ho fatto questo discorso» la rassicurò Michel. «Non sei la prima... ma spero che tu sia l’ultima.»
    Patricia lo guardò con occhi carichi di gratitudine.
    «Lo spero anch’io.»

    Quando Michel suonò il campanello fu la stessa Yuma ad aprirlo.
    «Tu e il bambino siete soli?» le domandò.
    Yuma scosse la testa.
    «C’è anche Heaven. Eric, invece, è fuori con suo padre e con la signora Mendez. Penso che siano andati a fissare la data del funerale.»
    A Michel bastò un istante per sentirsi totalmente impotente. D’altronde lo era chiunque, di fronte alla morte.
    «Mi dispiace per quello che è successo alla tua amica» mormorò Yuma. «Non sapevo niente di lei, ma senza dubbio non se lo meritava.»
    «No» confermò Michel, «Non lo meritava affatto.»
    «E questo contribuisce a farmi sentire ancora peggio.»
    «Perché dovresti?»
    Yuma abbassò lo sguardo.
    «È stato mio padre a ucciderla.»
    «Avrebbe ucciso anche te» le ricordò Michel. «Avrebbe ucciso tutti noi. Non devi sentirti in colpa per quello che ha fatto lui.»
    «Non posso farne a meno. Sono stata io che...»
    Michel la interruppe: «Mi hai chiamato qui solo per dirmi questo? Pensavo che ci fosse qualcosa di molto più importante.»
    Yuma gli porse una busta.
    «Puoi darla a Ronnie? Scusa se non ti faccio entrare in casa, ma prima risolviamo e meglio è...»
    Michel la prese.
    «A... a Ronnie?»
    Yuma annuì.
    «Sto partendo. Non posso dargliela io.»
    Michel spalancò gli occhi.
    «Stai partendo? Per andare dove?»
    «Non ha importanza» replicò Yuma. «Quello che conta è mettere tanto più spazio possibile tra me e le persone a cui voglio bene. Nessuno merita di soffrire per colpa mia.»
    «Mi stai dicendo che la tua partenza sarebbe un addio definitivo?»
    «Sì.»
    Michel scosse la testa.
    «A meno che tu non sia impazzita completamente, non ti credo.»
    «Faresti meglio a credermi, invece» replicò Yuma. «Abbiamo rischiato tutti di morire, ma Ronnie è quello che ci è andato più vicino, e ora è in ospedale per causa mia. Senza contare che, molti anni fa, avrebbe potuto morire a causa di mia madre. Siamo già a due componenti della mia famiglia che hanno attentato alla sua vita, non pensi che sia abbastanza?»
    «Fammi capire, lo stai lasciando perché hai paura di essere tu la prossima?» ribatté Michel. «So bene che a volte la sua presenza può diventare molto stressante, ma sono sicuro che te la caveresti alla grande.»
    «È strano che sia proprio tu a dirmelo.»
    «Non capisco cosa ci sia di strano.»
    «Sei stato tu stesso, pochi giorni fa, a farmi capire che era un errore rimanere accanto a lui.»
    «Rimanere dove tuo padre e Dean potevano trovarti era un errore» puntualizzò Michel. «Adesso nessuno dei due può più farti del male. Tra l’altro, a proposito di Dean, grazie a lui ho rivalutato le mie convinzioni.»
    «Cioè?»
    «Anche un grande idiota può avere un’intuizione geniale.»
    Non c’era dubbio che quella di Dean lo fosse stata: le probabilità che Melvin Emerson salisse sulla sua automobile erano state abbastanza elevate da spingerlo ad agire di conseguenza, facendo ciò che sapeva fare meglio, con il risultato che la vita di Melvin era finita nel momento in cui era andato a impattare contro un albero uscendo di strada in una curva.
    «Sì» ammise Yuma. «Forse, se siamo vivi, è anche grazie a Dean.»
    «Perché?» si ritrovò a chiederle Michel. «Pensi che potesse ripensarci e tornare indietro?»
    «No, ma quando si tratta di mio padre non c’è mai da stare sicuri. Era un uomo pericoloso, non posso negarlo.»
    «Lo so, ma tu sei diversa.»
    Proprio mentre Yuma stava per obiettare, Heaven li raggiunse.
    «Sei sempre la solita! Ti hanno mai insegnato che è educazione far entrare in casa gli ospiti, invece di lasciarli ad attendere in eterno sulla porta?»
    «Non ti preoccupare» si affrettò a rispondere Michel. «Per me non c’è problema.»
    «E poi Michel se ne stava andando» aggiunse Yuma, accennando alla busta. «Ci stavamo soltanto salutando.»
    Heaven la fulminò con lo sguardo.
    «Non dire idiozie. Sai benissimo che lasciare Starlit Spring sarebbe una grandissima stronzata.»
    «Non lo è.»
    Heaven sospirò, poi si rivolse a Michel.
    «Ti prego, convincila.» Gli strappò di mano la lettera che Yuma aveva scritto per Ronnie e se la infilò in tasca. «Non può scappare, sarebbe un’assurdità.»
    «Gliel’ho già detto» precisò Michel. «Purtroppo non sembrava molto intenzionata a starmi a sentire.»
    «Da lei non potevo aspettarmi nient’altro. Possibile che non si renda conto che Ronnie la sta aspettando? A proposito, sai come sta?»

    Victoria lo aspettava davanti al portone. Ralph attirò la sua attenzione con un cenno e lei gli venne incontro. Erano passati mesi dal loro ultimo incontro, e in quei mesi tutto era cambiato.
    Si scambiarono uno sguardo carico di tristezza.
    «Mi dispiace» mormorò Ralph. «Avrei dovuto capire che Nat era in pericolo.»
    Victoria gli si avvicinò.
    «Non è stata colpa tua.»
    «Sì, invece. Non facevo caso a tutte le sue stranezze.»
    Victoria sorrise.
    «Mia sorella è sempre stata molto strana, è normale che tu non te ne sia accorto.»
    Le parole di Victoria lo assolvevano, ma Ralph si sentiva ugualmente colpevole.
    «Poi, quando è morta, non ho pensato ad altro che a lei e a tutto quello che avevo perso. Anche Ronnie e i suoi amici hanno rischiato di morire...»
    «A proposito, come sta tuo fratello?» gli chiese Victoria. «Ho sentito dire che era ferito e che ha perso molto sangue.»
    «Ora sta abbastanza bene. È stato dimesso dall’ospedale stamattina, l’ho accompagnato a casa io. Poi...»
    Ralph s’interruppe. Non c’era alcun bisogno di riferire a Victoria che una perfetta sconosciuta - una tizia dai capelli biondo platino vestita in maniera bizzarra - incontrata per strada subito dopo gli aveva fatto delle avance.
    “Tanto, chiunque fosse, non la rivedrò mai più.”

    «Certo che avresti potuto offrirmi qualcosa di meglio di un succo di pompelmo da quattro soldi» protestò Pamela.
    Era seduta di fronte a Tom Harvey, che continuava a ridacchiare.
    «E così hai tentato di sedurre Ralph Craven per il semplice fatto che è single e ricco.»
    «Unite al fatto che è piuttosto carino, mi sembrano giustificazioni più che sensate» obiettò Pamela, infastidita dalla reazione che suo cugino aveva avuto nell’udire il racconto di quanto accaduto quella mattina. «Non posso farci niente se ha deciso di trascorrere tutto il resto della sua vita a disperarsi per avere perso quella svampita della sua ragazza.»
    «Sei un’insensibile!»
    «E tu sei un impiccione.»
    Tom annuì.
    «Certo, mia cara. Un buon detective deve esserlo.»
    «Tu sei un buon detective?» ribatté Pamela. «Mi risulta che, con la tua ricerca delle sorelle Emerson, non sei riuscito a concludere nulla.»
    «Non è certo colpa mia se quell’imbecille di Michel Sallivan si è lasciato incantare e ha preferito salvaguardare la vita della sua amica piuttosto che dirmi dov’era.» Tom si fece improvvisamente cupo. «Sai cosa ti dico? Quel figlio di puttana deve pagare per quello che ha fatto. Stai sicura che prima o poi tornerò a Dark River e avrà quello che si merita.»
    Pamela gli lanciò un’occhiata carica di preoccupazione.
    «Non avrai intenzione di farlo ammazzare dai tuoi amici di Dark River?!»
    Tom alzò gli occhi al cielo.
    «Per chi mi hai preso, Pam? Io non ho mai fatto uccidere nessuno, specie quelli che, prima o poi, potrebbero tornarmi utili. Al massimo chiederò ai miei amici di Dark River di rompergli qualche osso.»
    «Allora dì ai tuoi amici di fare attenzione» gli suggerì Pamela. «È molto probabile che Michel torni a Dark River insieme a una bodyguard d’eccezione. Mia sorella non scherza, quando si tratta di calpestare testicoli coi tacchi a spillo.»
    «A proposito di Patty, cos’ha combinato?» le domandò Tom, a quel punto. «Mi risulta che abbia salvato la vita alla figlia di Melvin, al suo ragazzo e purtroppo anche a quel cretino di Sallivan... Come ha fatto?»
    «Questo dovresti chiederlo a lei» ammise Pamela. «O a lei, o alla cognata di Melvin, o al tizio che c’era con loro.»
    «Oppure non lo chiederò a nessuno e me ne sbatterò le palle, dato che da questa storia non ci ho guadagnato un soldo» concluse Tom, portando alla bocca il proprio bicchiere. «Dovrai accontentarti del succo di pompelmo del discount ancora per un po’!»

    «Sei sicuro che vada tutto bene?» chiese Naive, dall’altro capo del telefono.
    «Certo» confermò Gabriel. «È tutto a posto.»
    «Anche con tua moglie?»
    «Soprattutto con mia moglie.»
    Quando aveva raccontato tutto a Maya, lei non aveva voluto credergli. Fortunatamente sia Naive sia Patricia le avevano confermato la stessa versione dei fatti.
    «Sei un incosciente» aveva concluso Maya, infine, «Ma se non lo fossi Ronnie, Yuma e il loro amico sarebbero morti, quindi è un bene che tu lo sia.»
    Non era andata male nemmeno quando le aveva raccontato tutto il resto.
    «Ora sa tutto» confidò a Naive.
    «Tutto nel senso di... tutto
    «Tutto nel senso di tutto, esatto» ribatté Gabriel. «Alla fine non ha potuto fare altro che accettare la realtà ed esserne soddisfatta.»
    «Soddisfatta?!»
    Dalla voce con cui parlava, Naive sembrava sconcertata.
    “In effetti chiunque lo sarebbe, nel sentirmi dire che mia moglie sia contenta di sapere che qualche anno fa avevo tra le mie amicizie dei sabotatori di automobili.”
    Si affrettò, quindi, a spiegarle: «È felice che ci sia una ragione, se mi sono comportato in modo strano per giorni. E anche di sapere che, nonostante gli amici che avevo, io non ho mai fatto niente di male.»
    «Meglio così.»
    «Già, meglio così.»
    I due si salutarono e Gabriel si chiese se lui e la sua amica di un tempo si sarebbero mai risentiti.
    «Probabilmente sì.»
    Maya comparve all’improvviso alle sue spalle.
    «Con chi parli?»
    Gabriel si girò.
    «Ero al telefono con Naive.»
    «Lo so, te l’ho passata io» gli ricordò Maya. «Ti chiedevo con chi stessi parlando adesso.»
    «Da solo» ammise Gabriel. «Però non sono pazzo, ormai te l’ho dimostrato.»
    «Sì, forse me l’hai dimostrato» ribatté Maya, «Però ho ancora qualche dubbio. Spero che, da adesso in poi, non capiteranno più fatti insoliti.»
    «Dipende cosa intendi per fatti insoliti.»
    «Che tu vada in giro a fare il supereroe o che la tua macchina sparisca quando è parcheggiata in cortile.»
    «Farò il supereroe solo per te» scherzò Gabriel. «E comunque non è certo colpa mia se Ronnie si è messo in testa che, per andare a salvare la sua ragazza, doveva usare proprio la mia auto! In ogni caso non lo rifarà: gli ho spiegato che, se vuole avere qualche speranza di vivere a lungo, quello non è il modo migliore per riuscirci!»
    «Per sicurezza non lasciare le chiavi in bella vista» gli suggerì Maya, con un radioso sorriso. «Sai, è una bella macchina, mi dispiacerebbe se qualcuno te la rubasse e poi te la facesse ritrovare con qualche graffio...»

    Il campanello trillò. Ronnie si alzò in piedi e si diresse verso il citofono. Non aveva idea di chi potesse essere a quell’ora e si sorprese nello scoprire che si trattava di Michel. Gli aprì la porta, sentendosi un po’ deluso. Aveva sperato fino all’ultimo che si trattasse di Yuma, della quale non aveva più notizie.
    Quando Michel entrò, Ronnie fece per richiudere la porta.
    «Aspetta» lo avvertì Michel. «Non sono venuto da solo.»
    Ronnie lo fulminò con lo sguardo.
    «Che cosa ti ha fatto pensare che avessi voglia di ricevere degli ospiti?»
    «Penso che per lei farai un’eccezione» ribatté Michel, «Anche perché ho dovuto praticamente costringerla a venire qui.»
    Entrò Yuma.
    Ronnie si sentì quasi ipnotizzato.
    «Finalmente sei qui.»
    Yuma richiuse la porta alle proprie spalle e rimase a guardarlo in silenzio.
    «Mi sei mancata.»
    Finalmente la vide sorridere.
    «Anche tu. Scusami.»
    «Per che cosa?»
    «Volevo andarmene.» Yuma abbassò lo sguardo. «Da quando mi hai conosciuta nella tua vita ci sono stati solo casini. Volevo sparire una volta per tutte, senza nemmeno dirti addio, perché credevo che, se ti avessi guardato negli occhi ancora una volta, non ce l’avrei fatta.»
    Ronnie si sentì mancare.
    «Quindi sei venuta per dirmi addio?»
    Yuma negò.
    «Ti ho appena detto che, se ti avessi guardato negli occhi, avrei capito che la mia vita è con te. Non avrei...»
    Michel la interruppe: «Adesso non essere troppo sdolcinata, però.»
    Yuma lo fulminò con lo sguardo.
    «Bada ai fatti tuoi! E lasciaci soli.»
    «Non ancora» ribatté Michel. «Ronnie non mi ha ancora ringraziato per averti convinta a venire da lui.»
    «Convinta? Mi hai praticamente scortata!»
    «Dovevo farlo.» Michel si rivolse a Ronnie: «Se non l’avessi portata fino qui, probabilmente sarebbe scappata a gambe levate non appena svoltavo l’angolo.»
    «Hai fatto bene a costringerla» convenne Ronnie. «Mi hai risparmiato di doverla cercare fino in capo al mondo.» Guardò Yuma negli occhi. «Pensavi che, se tu te ne fossi andata davvero, ti avrei permesso di escludermi dalla tua vita?»
    «Forse sarebbe stata la soluzione migliore per tutti» obiettò Yuma. «Un giorno potresti pentirti di...»
    «Non mi pentirò di un bel nulla» la interruppe Ronnie. «E poi che cosa significa soluzione migliore per tutti? Dobbiamo pensare a quello che è meglio per noi, fregandocene degli altri.» Lanciò un’occhiata a Michel. «Anche di quelli che stanno qui a guardare invece di andarsene e tornare in un momento più opportuno.»
    Michel ridacchiò.
    «Ti ho detto che sto ancora aspettando un ringraziamento.»
    Ronnie sospirò.
    «Grazie, Michel, per la prima volta nella tua vita ti sei dimostrato utile. Sei contento adesso?»
    «Diciamo che può andare» ribatté Michel, «Anche se avrei preferito che, in segno di gratitudine, ti mi avessi chiesto di farti da testimone al vostro matrimonio.»
    Ronnie spalancò gli occhi.
    «Quale matrimonio?»
    «Tanto lo so che prima o poi vi sposerete... e probabilmente non dovrò nemmeno aspettare troppo tempo.»
    Yuma sorrise.
    «In fondo non è un’idea così pessima, che cosa ne dici, Ronnie?»
    «Intendi l’eventualità di avere Michel come testimone?»
    Yuma sbuffò.
    «Questo è irrilevante! Intendevo l’eventualità di avere me per moglie! Che cosa importa se mio padre era un assassino e se mia madre aggiustava auto rubate? In fondo nemmeno la tua famiglia è perfetta, hai un fratello piromane!»
    Ronnie scosse la testa.
    «Ralph non c’entra niente con l’incendio dello Starlit Café.»
    Yuma avvampò.
    «Scusa, pensavo che...»
    «Non c’è niente di cui tu debba chiedermi scusa» la rassicurò Ronnie. «Anch’io ho avuto quel sospetto, ma mia madre mi ha assicurato che non è andata così... e nessuno può saperlo meglio di lei.»
    «Cosa vuoi dire?»
    «Forse un giorno te lo spiegherò.»
    Era stata una vera sorpresa scoprire la verità su un fatto che aveva sempre ritenuto irrilevante. Quando sua madre, il giorno precedente, in ospedale, durante l’orario di visite, gli aveva fatto quella rivelazione, in un primo momento non aveva voluto crederle.
    «Ho letto la lettera che avevi scritto a Yuma e ho pensato che fosse tutta colpa di Kelly» gli aveva spiegato. «Temevo che non ti saresti risvegliato mai più... e ho deciso di vendicarmi nell’unico modo in cui potevo farlo.»
    Non era il momento adatto per raccontare a Yuma come fossero andate davvero le cose: prima o poi l’avrebbe fatto, ma adesso aveva qualcosa di più importante di cui occuparsi.
    «Che cosa ne dici di lasciarci soli?» domandò a Michel. «Hai detto tu stesso che non partirai per Dark River prima che venga celebrato il funerale di Kelly, quindi avremo sicuramente occasione di rivederci.»
    «Già» confermò Michel. «Credo che per me sia giunto il momento di togliere il disturbo.»
    Aprì la porta e se ne andò.
    «È bello essere finalmente da sola con te» gli disse Yuma, avvicinandosi.
    Ronnie la strinse a sé.
    «Sì, è stupendo averti qui.»
    «Peccato che non potrò restare molto.» Yuma indietreggiò, sciogliendo il loro abbraccio. «Ho lasciato Ron con Heaven e...»
    «Potremmo andarlo a prendere» propose Ronnie. «Potreste fermarvi a casa mia per un po’ di tempo... anzi, per molto tempo. A proposito, mi hai fatto una domanda, prima, o sbaglio?»
    Yuma annuì.
    «Temo di averti chiesto se vuoi sposarmi.»
    «Allora credo che sia giunto il momento di darti una risposta. Sì; e ha ragione Michel, lo faremo il prima possibile.»

    FINE




    Un sentito ringraziamento a Gabriel e Pavone Bianco, che con i loro commenti mi hanno invogliata, giorno dopo giorno, a continuare... e ad arrivare a una conclusione.

    PS. In prima pagina ho aggiornato con la copertina. ^^
     
    Top
    .
587 replies since 18/5/2013, 16:33   3129 views
  Share  
.