Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Michel si rese immediatamente conto, non appena riuscì ad aprire gli occhi, di essere legato a una sedia, proprio come Ronnie, che si trovava alla sua destra, e Yuma, che era la più vicina alla parete.
    Notò sul collo di Ronnie un taglio ancora sanguinante. Melvin doveva averlo ferito col coltello che al momento si trovava ancora sul tavolo.
    «Non ho avuto il tempo di dirtelo prima» esordì Melvin, «Ma è giusto che tu sappia che la tua cara amica Kelly James è morta.»
    Michel non disse nulla.
    Sapeva perfettamente che Kelly era stata uccisa.
    Era quella la ragione per cui aveva preso l'avventata decisione di palesare la propria presenza.
    «Non ha sofferto.»
    Michel guardò Melvin con disprezzo.
    «Spero che, quando arriverà il tuo turno, soffrirai anche per quello che non ha sofferto lei.»
    Melvin rise.
    «Vedo che sei rimasto molto colpito dal suo triste destino. Sei davvero sicuro che tu e lei foste solo amici?»
    Solo?
    Per lui che non aveva legami, Kelly era diventata una delle persone più importanti della sua vita.
    «Perché l'hai fatto?» domandò, stavolta con un tono piuttosto pacato, che forse avrebbe potuto essergli d’aiuto. «Lei non c'entrava niente.»
    «Non è stata colpa mia» rispose Melvin, come se ne fosse davvero convinto. «Purtroppo Dean ha sempre avuto l'abitudine di fare dei casini. Stavolta ha pensato bene di portarsi a letto una cara amica di Kelly: un'oca svampita secondo lui, ma che in realtà ci ha messo poco per capire che fine avesse fatto, in realtà, il cugino di Dean. Quando lei ha iniziato ad accusarlo, lui se n'è sbarazzato. Peccato che, nel frattempo, Kelly sapesse tutto delle frequentazioni della sua amica.»
    Michel approfittò della situazione per riferire a Melvin il suo punto di vista su Dean.
    «A proposito di Tray, mi permetti una considerazione?»
    «Tutto quello che vuoi.»
    «È un imbecille patentato. Avresti potuto trovare un collaboratore più intelligente.»
    Melvin rimase in silenzio per qualche istante.
    «Non lo è più» gli rivelò, infine. «La sua vita è finita poche ore fa.»
    Per un attimo Michel ipotizzò che Melvin gli stesse mentendo. Dean avrebbe potuto essergli ancora utile, era davvero possibile che si fosse sbarazzato di lui?
    Melvin lo fulminò con lo sguardo.
    «Cosa c'è, non mi credi?»
    «Non vedo perché dovrei risponderti.»
    «È un vero peccato» osservò Melvin. «Sei l'unico, al momento, che sembra avere qualcosa da dire. Mi dispiacerebbe se perdessi la lingua anche tu.»
    «Non vedo che cosa dovremmo dire» intervenne Yuma. «C'è soltanto una cosa che vorrei comunicarti, ma penso che tu possa arrivarci anche da solo.
    Melvin annuì.
    «So come ragionate voi ragazze. Probabilmente hai da dirmi qualcosa sulla fine ingloriosa che ha fatto tua madre e sul fatto che non la meritassi. In tal caso, puoi anche risparmiare la voce.»

    «È meglio se lasciamo la macchina qui.»
    Quello di Patricia non era un consiglio, ma un ordine al quale non avrebbe tollerato repliche.
    Naive obbedì senza fiatare.
    «Bene» osservò Patricia. «Adesso è il caso di proseguire a piedi per il breve tratto che ci separa dalla nostra meta.»
    Gabriel, che fino a quel momento aveva mantenuto un religioso silenzio per evitare di innervosire Patricia, azzardò a chiederle: «Quanto manca esattamente?»
    «Poco.»
    «Cosa intendi per poco?»
    Patricia non gli diede una risposta, mentre scendevano dall'automobile.
    Soltanto poco dopo precisò: «Anch'io ho molto da perdere, quindi vi prego di non farmi sprecare del tempo inutilmente. Anche la vita di Michel è preziosa, per quanto mi riguarda.»
    A Gabriel non sfuggì lo ritardo carico di stupore di Naive.
    «Michel?!»
    Vide Patricia annuire.
    «Sì, stiamo parlando della stessa persona.»

    Yuma sapeva che suo padre non avrebbe ascoltato le sue suppliche. Era questa la ragione per cui non l'aveva pregato di risparmiarle la vita, magari con la promessa di trascorrere ancora molti anni al suo fianco.
    "La situazione, però" rifletté, "è molto cambiata adesso."
    Suo padre aveva ucciso Dean, e questo poteva spingersi a tollerarlo. Dopo, però, era venuto il turno di Kelly James, colpevole soltanto di avere avuto un'amica che conduceva una vita sessuale un po' troppo movimentata: quel secondo delitto non era facile da sopportare, ma non c'era niente che Yuma potesse fare.
    Ora che era il suo turno, Melvin si era messo in testa che anche Ronnie e Michel dovessero morire.
    Non era giusto.
    Ronnie era l'uomo che amava e che, a causa della sua famiglia, aveva già dovuto sopportare anche troppo.
    "Dean e mia madre hanno ucciso suo fratello, lui s'è salvato per miracolo e ha passato anni e anni a colpevolizzarsi per qualcosa che non è successo per causa sua. Dean ha tentato ed volte di ucciderlo, lui stesso ha tentato il suicidio..."
    Non era giusto che Ronnie morisse.
    Poi c'era Michel, accomunato dallo stesso destino.
    "Avrebbe dovuto consegnare me e Heaven al detective ingaggiato da mio padre, ma non l'ha fatto... e ha salvato la vita di Ronnie, mentre io scappavo per sfuggire a Dean."
    Nemmeno Michel doveva morire.
    Questa consapevolezza la spinse a parlare.
    «È me che vuoi, lascia andare Ronnie e Michel. Loro non c'entrano niente con te. Mi spieghi che senso avrebbe ammazzare anche loro?»
    «Puro divertimento» si limitò a rispondere Melvin. «Non dovrebbe essere poi così male uccidere entrambi davanti ai tuoi occhi. Sono sicuro che, fino all'ultimo, mi imploreresti di non farlo.» Il suo sguardo si spostò su Ronnie. «Tra l'altro risolverei un problema. Dean sosteneva che chi è scampato alla morte non merita di continuare a vivere. Nonostante il modo increscioso in cui è andata a finire, rimango del parere che Dean avesse ragione. La tua vita doveva finire undici anni fa, Ronald.»
    Yuma si accorse che Ronnie stava per rispondere.
    Si chiese se dovesse fermarlo, dire qualcosa al posto suo, che potesse cambiare le cose.
    No, non doveva.
    Nulla sarebbe cambiato.

    Quando Gabriel la afferrò per un braccio, Naive si voltò di scatto.
    «Cosa c'è?» sibilò. «Guarda.»
    Gabriel le indicò una direzione.
    «Quella è la mia macchina.»
    Patricia si schiarì la voce per attirare la loro attenzione. «Laggiù, invece», indicava la direzione opposta, «ce n'è un'altra.»
    Naive cercò di mettere a fuoco.
    «È quella di Melvin?»
    Patricia scosse la testa.
    «No, è quella di Dean.»
    «È assurdo» obiettò Gabriel.
    «Oh, no, ti assicuro che non lo è» replicò Patricia. «Niente di quello che Melvin fa lo è, anche se lui si diverte a farcelo credere. Probabilmente Dean era da queste parti, quando è stato ucciso.»
    «E perché non sbarazzarsi della macchina?» obiettò Naive.
    Si sentiva confusa, come se qualche dettaglio fondamentale le stesse sfuggendo.
    «Non dobbiamo dimenticare qual era la specialità di Dean» rispose Patricia. «Falsificava documenti. Quell'auto potrebbe essere intestata a chiunque.»
    «Ma non a Melvin, questo è poco ma sicuro.»
    Patricia annuì.
    «Appunto. Anche Melvin dispone sicuramente di documenti falsi. È impensabile che possa seminare cadaveri senza fare nell'occhio. Lascerà la città il prima possibile, spacciandosi per qualcuno che non esiste, prima di essere ufficialmente ricercato... e probabilmente prenderà la macchina di Dean. Mi chiedo se...»
    Patricia s'interruppe.
    Naive la esortò: «Se...?»
    «Dean sapeva che Melvin voleva ucciderlo, e forse sapeva anche che sarebbe scappato con la sua auto.»
    Gabriel intervenne: «Questo significa che...»
    Patricia annuì.
    «Vedo che anche tu inizi a ragionare.»
    Naive guardò prima uno e poi l'altra, invocando una risposta che non arrivava.
    Dean sapeva che sarebbe morto, se fosse rimasto in città. Possibile che potesse avere escogitato qualcosa di così intelligente da meritare l'attenzione di Gabriel e Patricia? Lui, che era rimasto ad attendere l'inevitabile anziché fuggire sotto falso nome?
    "A meno che..."
    Ad un tratto le fu tutto molto chiaro.
    Qualunque idea avesse in mente Melvin, si ritrovò a sperare che il piano di Dean potesse andare a buon fine.
     
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