Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Finalmente uno spiraglio di luce si faceva largo tra le tenebre.
    La voce di una donna risuonava.
    Yuma.

    Ronnie riaprì gli occhi, chiedendosi dove fosse. Aveva la vista annebbiata e udiva delle voci senza riuscire a distinguere le parole. Una di queste era la voce di Yuma.
    A poco a poco riuscì a fare chiarezza: lui e Michel erano entrati nel casolare, ma mentre Michel era rimasto in attesa accanto alla porta d’ingresso, lui si era diretto verso la stanza in cui aveva sentito qualcuno parlare. Aveva visto Yuma legata a una sedia e suo padre di fronte a lei. Per un attimo si era domandato cosa fare, ma non aveva avuto il tempo materiale per darsi una risposta. Melvin Emerson l’aveva messo fuori combattimento spruzzandogli addosso uno spray urticante. Ronnie sapeva per certo di avere perso i sensi mentre una lama gelida gli sfiorava il collo, ma nel momento in cui rinvenne si rese conto di non avere idea di quanto tempo fosse passato. Il suo maglione grigio era macchiato di un inequivocabile liquido scuro. Sperò che la ferita non fosse troppo profonda, ma si rese conto che questa eventualità non avrebbe cambiato di molto la situazione. Si trovava su una sedia, alla sinistra di Yuma, a sua volta legato da nastro isolante.
    Melvin si rivolse immediatamente a lui: «Vedo che adesso sei lucido abbastanza per starmi a sentire.»
    Ronnie si sentiva tutto fuorché lucido, ma preferì evitare di contrariarlo. Si limitò a rimanere in silenzio.
    «Stavo raccontando a Yuma di come Margot abbia manomesso la tua macchina nella speranza di liberarsi di un certo Ralph Craven.»
    «Lo so perfettamente» rispose Ronnie, con voce piatta. In realtà il coinvolgimento di Margot Emerson era una novità, ma preferì non ammettere di ignorare quella parte di verità. «Mi sono serviti anni, ma sono riuscito a fare due più due.»
    Yuma si girò quasi impercettibilmente verso di lui.
    «Tu sapevi che...»
    «Taci, puttana!» la zittì Melvin, fulminandola con lo sguardo. «Nessuno ha chiesto il tuo parere.» Si girò verso Ronnie. «Se sei riuscito a fare due più due, per citare le tue stesse parole, che cosa ne diresti di raccontarmi quello che sai? Potrebbe essere divertente verificare che tu sia riuscito a raccogliere tutti gli indizi.»
    «Dean Tray voleva sbarazzarsi di Ralph, ma scambiò Rick per lui e si accertò che la macchina non potesse rimanere in strada.» Cercò di rievocare quanto fosse accaduto la notte dell’incidente. «Forse ha manomesso i freni.»
    Melvin scosse la testa.
    «Non è stato Dean.»
    «È stata Margot» azzardò Ronnie.
    «Esatto» confermò Melvin, nonostante non si trattasse di una domanda. «Dean e Kenneth si sono limitati a fare da supervisori. L’amico di Kenneth, invece, si è rivelato un immenso codardo e ha preferito evitare di immischiarsi in quella faccenda.»
    Ronnie si sentì sollevato.
    Non era riuscito a immaginarsi Gabriel nei panni di un sabotatore di automobili o in un assassino di mogli di trafficanti e fu lieto di scoprire che non lo era.
    «Anch’io ho fatto due più due» lo informò Melvin a quel punto. «Il fatto che così tanta gente sia convinta che al volante non ci fosse tuo fratello, ma che stessi guidando tu stesso, mi ha aperto gli occhi. A questo proposito ho avuto una conversazione illuminante con una certa signorina Kelly James.»

    Kelly James.
    Il nome della sua amica risuonò nella mente di Michel. Per un attimo si sentì come se gli mancasse la terra sotto ai piedi.
    Che cosa c’entrava Melvin con Kelly?
    Perché era andato da lei?
    Cos’era successo a Kelly dopo il loro incontro?
    Michel si accorse di non avere la minima voglia di scoprire quale fosse la risposta a quei dubbi atroci.
    Avvertì la voce di Ronnie.
    «Perché hai messo in mezzo Kelly?»
    Melvin rise.
    «Non penso che questi siano cazzi tuoi.»
    «Non avresti dovuto» intervenne Yuma. «Quella ragazza non c’entra niente con...»
    Melvin la interruppe: «Il tuo parere non è richiesto. Se non sai cosa fare nel poco tempo che ti rimane da vivere, sfruttalo in un modo più sensato. Per esempio potresti metterti a pregare affinché io decida di risparmiare la vita al bambolotto che hai messo al mondo.»
    «Non lo troverai» replicò Yuma. «Non mi preoccupo per lui.»
    «Io non trovo qualcuno solo quando non voglio trovarlo» precisò Melvin. «Ti conviene non sottovalutarmi.» Si rivolse poi a Ronnie: «La vuoi sapere una cosa, Ronald?»
    «No.»
    Michel ammirò l’amico per quella risposta. Era proprio quello che avrebbe detto a lui, se si fosse trovato in una situazione del genere.
    “E mi troverò presto in una situazione come la sua, se non mi invento qualcosa” valutò. “Non gli vorrà molto per scoprire che sono qui.”
    Lui e Ronnie si erano introdotti insieme in quell’edificio e, mentre Ronnie aveva deciso di intervenire in prima persona, lui aveva preferito attendere. Probabilmente non era stata la migliore decisione.
    Ipotizzò di salire al piano superiore, dove Melvin non si sarebbe accorto di lui, ma scartò l’idea sul nascere: avrebbe significato allontanarsi, avrebbe l’impossibilità di tenere sotto controllo l’evolversi degli eventi.
    «Risposta sbagliata, Ronald. Se non mi stessi divertendo nel vedere l’espressione spaventata di quella stupida di mia figlia, non avrei esitato a ucciderti. È chiaro che lo farò, ma per il momento preferisco aspettare.» Melvin fece una pausa che a Michel sembrò interminabile. «Per quanto riguarda Kelly, puoi stare tranquillo: se n’è andata in fretta, senza soffrire.»
    Michel si sentì stordito.
    Kelly era morta?
    “No, non può essere.”
    Sperò che si trattasse di un bluff, ma intuì ben presto che non lo era.
    «Che cosa le hai fatto?» mormorò Ronnie.
    «Non è affare tuo» replicò Melvin. «Ha solo avuto quello che si meritava. Forse ti farà piacere sapere che in punto di morte ha pronunciato il tuo nome. Mi sembra che abbia detto di amarti, o qualcosa del genere.»
    Michel aveva gli occhi che gli bruciavano per le lacrime che tratteneva.
    Kelly era inconfondibile.
    Ora, però, Kelly era morta.
    L’uomo che l’aveva ammazzata era nella stanza attigua.
    Avrebbe ucciso anche Yuma e Ronnie, se nessuno l’avesse fermato.
    Michel sapeva di doverlo fermare.
    Prima di venire a sapere della morte dell’amica si era illuso di potere, in qualche modo, farlo ragionare, magari suggerendogli di sparire per sempre dalle loro vite in cambio del loro silenzio su tutto quello che aveva fatto.
    “Quello che ha fatto a Kelly, però, cambia le cose.”
    Non era possibile fermare Melvin in un modo che fosse indolore per tutti... e anche se lo fosse stato, non voleva lasciargli questa possibilità.
    Melvin aveva ucciso Kelly.
    Questo significava una sola cosa: per quanto lo riguardava, quell’uomo doveva morire.
    “E deve morire subito.”
    Melvin era talmente preso dal piacere che provava nel vedere Yuma e Ronnie totalmente inermi, il loro destino assoggettato alle sue volontà, da non fare caso a null’altro.
    Michel s’infilò nella stanza e si avventò su di lui con l’immagine di Kelly che gli chiedeva se il loro saluto fosse un addio scolpita nella mente.
     
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