Anime di metallo

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  1. Milly Sunshine
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    Ma non ti starò viziando un po' troppo? :P
    Tu chiedi e io posto...




    Capitolo 62.
    Dimenticare la voce della signora Tray - si chiamava Sylvia ed era la moglie di Kenneth da poco meno di due anni - non era possibile, questo Gabriel lo sapeva bene: erano passate un paio d’ore dal loro incontro, ma non riusciva a togliersela dalla testa, e difficilmente ci sarebbe riuscito, almeno nel giro di poco tempo.
    «Siete stati così gentili a venire.» Forse si era accorta del suo sguardo assente, dal momento che aveva preferito rivolgersi a Maya, piuttosto che a lui. «Sono sicura che Kenneth sarebbe felice di sapere che siete qui.»
    Di che cosa potesse davvero interessare a Kenneth, Gabriel non era affatto sicuro, ma sospettava di gran lunga che avrebbe preferito poter vivere la propria vita, piuttosto che vedersela stroncare a trentasei anni.
    «Non potevamo mancare» le aveva risposto Maya. «Gabe è davvero molto provato dalla morte di Kenneth.»
    Gabriel non sapeva se fosse il termine giusto.
    Sì, forse lo era.
    Non era stata la morte di Kenneth, però, a sconvolgerlo così tanto.
    «Non è più in lui» aveva proseguito Maya. «Spero che possa riuscire ad accettare la realtà.»
    Realtà.
    Qual era la realtà?
    Era quella che appariva sempre più evidente o quella che lo stesso Gabriel aveva cercato di negare?
    Kenneth era morto.
    Kenneth era stato ucciso.
    La consapevolezza era sempre più forte; tra le due facce della stessa medaglia era quella che Gabriel aveva sotto gli occhi.
    Girare la medaglia sarebbe servito soltanto a notare qualcosa di ben più sconvolgente, che confermava la veridicità anche del lato più visibile.
    «Sylvia è una persona a posto» osservò Maya, distraendolo soltanto per un istante dai suoi pensieri. «Probabilmente anche Kenneth era cambiato.»
    Gabriel annuì.
    «Probabilmente sì.»
    Il funerale si sarebbe svolto l’indomani, nelle prime ore del pomeriggio. Dopo lui e sua moglie sarebbero ripartiti per Starlit Spring. Si prospettava una lunga agonia.
    «Senti, Gabe...»
    Maya s’interruppe.
    Gabriel alzò gli occhi verso di lei.
    «Dimmi.»
    La vide scuotere la testa.
    «No, non era niente di importante.»
    Sembrava stanca. Era una di quelle sere in cui probabilmente le sarebbe bastato stendersi sul letto per sprofondare nel sonno.
    “Meglio così” si ritrovò a considerare.
    Il pensiero successivo lo folgorò come una saetta. Doveva fare una telefonata urgente.

    Kelly alzò il ricevitore.
    «Chi parla?»
    «Scusa per l’ora.» Sembrava la voce di Gabriel. «E scusa anche se non mi senti bene. Mi è stato difficile trovare un posto da cui telefonare.»
    Kelly aggrottò le sopracciglia.
    «Che ore sono?»
    «Mezzanotte passata. Dormivi?»
    «Ovvio che dormivo» rispose Kelly. «Mio zio s’è beccato un virus intestinale e mi toccherà aprire il bar all’alba!»
    «Scusami...»
    «Mi sembri fuori di te» osservò Kelly, a quel punto. «È successo qualcosa al funerale?»
    «Deve ancora esserci, il funerale.»
    «Comunque è successo qualcosa?»
    «Forse.»
    Kelly sbuffò.
    «Mi hai chiamato per parlarmi dei tuoi dubbi interiori o hai qualcosa di più sensato da dirmi?»
    «Hai ragione, scusami.»
    «Quante volte hai intenzione di chiedermi scusa?»
    «Lo so, Kelly, hai ragione... Però c’è una cosa importante di cui dovrei parlarti di persona. Possiamo vederci nel pomeriggio?»
    «Non sarai al funerale?»
    Gabriel la lasciò spiazzata.
    «Non credo che ci andrò. Non posso aspettare. Devo tornare a Starlit Spring prima che sia troppo tardi.»
    «Troppo tardi per che cosa?»
    Gabriel non le rispose.
    «Ci vediamo domani, Kelly. Ti chiamo io appena arrivo a Starlit Spring.»
    «Aspetta un attimo» lo pregò Kelly. «Dimmi almeno cos’hai in mente.»
    «Non posso farlo ora» ribadì Gabriel. «Ho un’altra chiamata da fare, e non mi resta altro che sperare di ricevere risposta.»

    Naive era in attesa, seduta sui gradini davanti alla porta, quando Gabriel arrivò. Erano le undici e tre quarti del mattino, passate da pochi minuti.
    «Spero che quella che mi hai descritto come una questione di vita o di morte lo sia davvero» disse, alzandosi in piedi. «Se continuo a saltare giorni di lavoro, non so come la prenderanno al salone.» Si avvicinò a lui. «Per fortuna tutte le clienti concordano sul fatto che nessuna fa i colpi di luce bene come me... e se non sarò licenziata sarà soltanto per questo.»
    Gabriel la guardò con occhi assenti.
    «Quanto tempo credi che impiegheremo per raggiungere Starlit Spring?»
    «Dipende dal traffico» rispose Naive. «In un’ora potremmo cavarcela. Almeno hai una vaga idea di cosa fare, una volta che sarai là.»
    Gabriel scosse la testa.
    «A parte parlare con Kelly, no.»
    «Kelly?»
    «Devo chiederle conferma di un fatto... soltanto lei potrebbe saperlo, oltre al diretto interessato.»
    «Dato che non hai idea di cosa fare, entra in casa» gli suggerì Naive. «Potremmo riflettere, studiare un piano d’azione...»
    Gabriel annuì.
    «Forse dovremmo.»
    «E forse dovresti anche spiegarmi cos’hai in testa.»
    Finalmente vide Gabriel sorridere.
    «Cosa faresti se ti dicessi che non lo so, che cos’ho in testa?»
    «Chiamerei tua moglie e la pregherei di venirti a prendere immediatamente.» Naive gli lanciò uno sguardo perplesso. «A proposito, come sei arrivato fino qui? Non mi sembra di vedere la tua macchina.» Rovistò nella borsa alla ricerca delle chiavi. «Vieni dentro.»
    Aprì la porta, mentre Gabriel la informava: «Sono venuto in treno. Prendere l’auto di Maya avrebbe significato allarmarla.»
    Naive spalancò gli occhi, girandosi verso di lui.
    «Maya non sa che sei qui?»
    «Le ho lasciato un biglietto» ammise Gabriel. «Sono uscito mentre lei si faceva la doccia, dicendole che andavo a fare due passi. In realtà ho preso un taxi per andare in stazione e sono partito. Nelle poche righe che le ho scritto l’ho pregata di andare da sola al funerale di Kenneth, di inventarsi una scusa e di pregare affinché non mi succeda niente.»
    Naive alzò gli occhi al cielo.
    «Non le hai chiesto anche di riflettere attentamente prima di chiederti il divorzio?»
    «Spero che non ce ne sarà bisogno.»
    «Lo spero per te. Ora, però, pretendo una spiegazione dettagliata, dall’inizio alla fine, dei motivi per cui mi hai chiamato all’una meno un quarto e ti sei presentato qui stamattina.»
     
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